Africa ricchezza e povertà

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Africa ricchezza e povertà

In Africa molte furono le principali merci di esportazione per centinaia di anni prima della colonizzazione europea. L’imporsi del dominio europeo a partire dal XVIII secolo determinò subito un incremento sia della domanda di schiavi pretesi in maggiore quantità rispetto ai secoli precedenti, sia della richiesta di nuovi prodotti agricoli e minerari ed in più anche della forza-lavoro (lavoratori).
Fu introdotto così un nuovo sistema di comunicazione basato sull’economia di scambio; spesso, però, le industrie e l’artigianato locale non ressero la concorrenza delle merci europee più economiche e soprattutto prestigiose.
Infatti, mentre il prezzo delle merci d’importazione aumentava, ciò non accadde altrettanto sui mercati mondiali, in gran parte africano.
Il debito estero e i gravi problemi negli scambi internazionali hanno paralizzato la volontà dei paesi industrializzati di abbattere le barriere commerciali per i beni prodotti e lavorati in Africa aggravando, così, il malcontento della popolazione.
Negli anni Ottanta, carestie e siccità hanno colpito molte regioni del centro-nord del continente portando all’emigrazione milioni di cittadini.
Il protrarsi della grave crisi economica ha diminuito il peso politico internazionale dell’Africa che, attualmente, sta vivendo da una parte un violento scontro di interessi economici e culturali tra gli USA e la Francia, e dall’altra il tentativo di imporre la propria superiorità, fondamentale per la religione islamica.
All’inizio degli anni Novanta i conflitti locali ed etnici, in particolare quelli del Ruanda, hanno causato la destabilizzazione dei governi, l’arresto del progresso economico e sociale e la perdita di molte vite umane.
La fine dei regimi, avvenuta grazie all’intervento di Nelson Mandela, ha suscitato nuove speranze per l’Africa, legata particolarmente ai valori tradizionali, considerati un ostacolo per il raggiungimento del progresso.
La storia africana del XX secolo è caratterizzata da tre momenti fondamentali: il colonialismo, la fase della decolonizzazione e l’indipendenza. Con quest’ultima si è potuto riscoprire il continente, ovvero il suo formale inserimento nel mondo attuale.
Con le colonie sono state esportate molte forme di modernità in vari settori: tuttavia lo sviluppo è disuguale perché si concentra maggiormente sull’estrazione delle risorse di cui l’Africa ne è piena. In passato, con la presenza delle varie colonie, si è cercato di impiantare nel continente un modello di sviluppo basato sull’economia e la politica occidentale, ma poiché l’Africa non aveva le premesse e le strutture di base, questo processo si è rivelato molto complicato da realizzare.
Dunque la diversità africana non consiste nella sua resistenza tradizionale alla modernità, ma nelle forme subordinanti e disuguali con cui la tradizione è stata modellata e strumentalizzata nelle forme di sfruttamento economico lasciate dal colonialismo dall’estrema disparità nell’accesso ai mercati e alle risorse della modernità fra le regioni di uno stesso paese.
L’Africa è un paese fortemente legato al ruolo di produttore di materie prime, agricole e minerarie di cui, però, non controlla i mercati.
Quasi la metà delle entrate, provenienti dal commercio dei minerali, è fornita dalla Repubblica Sudafricana dove si trova la maggiore concentrazione di miniere d’oro ( ¾ a livello mondiale), diamanti, cromo, amianto, carbone e rame (il 20% delle riserve mondiali).
Il sottosuolo africano è, infatti, caratterizzato da un’immensa concentrazione di risorse che lo rendono una delle aree più ricche del mondo, ma la presenza di multinazionali straniere è spesso dannosa in quanto tendono a controllare gran parte dei mercati: le materie prime vengono esportate direttamente senza essere state trasformate in prodotti finiti e successivamente venduti a basso prezzo, ma nel momento in cui devono essere riacquistate il loro costo è molto alto. Questo patrimonio minerario non è servito al continente africano per la ricchezza della propria popolazione a causa di investimenti esteri che producono in un territorio dove la manodopera costa meno e dove c’è la possibilità di sfruttare le zone minerarie senza legislazioni contrarie.
Il Commercio Equo e Solidale nasce, appunto, allo scopo di trasformare in ricchezza le risorse degli stati africani, togliendo, così, l’opportunità ai paesi occidentali di impossessarsi sempre meno delle risorse altrui per trasformarle in beni propri.
Allo scarso sviluppo industriale si aggiunge il problema dell’acqua, indispensabile sia per la sopravvivenza sia per l’agricoltura che, essendo di sussistenza, è poco redditizia.
La povertà è, infatti, una caratteristica diffusa in gran parte dell’Africa moderna. La maggior parte dei paesi africani si colloca agli ultimi posti di tutte le principali classifiche di ricchezza nazionale, come quelle basate sul reddito pro capite, pur disponendo spesso di ingenti risorse naturali. Gli ultimi 25 posti della classifica stilata dalle Nazioni Unite (ONU) sulla qualità della vita sono da sempre appannaggio di nazioni africane. Nell’elenco delle 50 nazioni meno sviluppate del mondo stesa dall’ONU nel 2006, 34 posizioni sono occupate da paesi africani.
In epoca coloniale gli europei hanno introdotto in Africa coltivazioni esogene, come il mais, sostituendo in molti casi, le coltivazioni tradizionali. Inizialmente, queste nuove colture hanno prodotto ottimi risultati, causando una rapida conversione delle abitudini agricole e alimentari di molti africani. In epoca post-coloniale, la carenza di fertilizzanti e di sistemi di irrigazione efficienti ha portato a una declino della produttività di queste nuove colture, meno adatte di quelle tradizionali al clima africano. Il passaggio dai metodi agricoli tradizionali alla monocoltura ha rapidamente impoverito il terreno.
Nonostante la grande disponibilità di terreno coltivabile a sud del Sahara, le modalità si sfruttamento sono in genere inefficaci per garantire la sussistenza delle popolazioni rurali. In molte nazioni, il terreno è tuttora proprietà dei discendenti dei coloni europei; il caso più eclatante è probabilmente il Sudafrica, dove circa l’82% della terra coltivabile appartiene ai bianchi che costituiscono una percentuale minima della popolazione.
I sistemi di registrazione della proprietà terriera sono spesso carenti, cosa che favorisce gli insediamenti abusivi e il furto di terra. Come conseguenza indiretta, gli agricoltori hanno difficoltà ad ottenere mutui e altri tipi di finanziamento perché spesso non sono in grado di dimostrare in modo soddisfacente i loro diritti di proprietà.
I paesi africani ricevono abbastanza regolarmente donazioni da parte dei paesi del mondo occidentale, ma c'è un ampio consenso sul fatto che questi aiuti diretti abbiano prodotto pochi benefici a lungo termine. Analogamente hanno contribuito poco al benessere della popolazione, alla lotta contro la povertà e agli ingenti debiti contratti dai paesi africani dopo l’indipendenza.
La povertà diffusa nei paesi africani genera una vasta disponibilità di manodopera a basso costo. Questa libertà ha, in alcuni casi, contribuito negativamente allo sviluppo economico della regione, per esempio, favorendo il diffondersi di pratiche agricole e industriali inefficienti.
Il sistema scolastico della maggior parte dei paesi africani è poco sviluppato, a volte anche inesistente, e nella classifica dei paesi con il maggior tasso di alfabetizzazione, l’Africa si colloca in genere agli ultimi posti. Le università sono poche o inaccessibili ad una vasta maggioranza di popolazione; di conseguenza il continente è sostanzialmente privo di scienziati, ingegneri e persino insegnanti.
Sullo sviluppo economico del continente e sulle condizioni di vita delle fasce meno abbienti della popolazione grava anche una situazione sanitaria in molti casi drammatica. La diffusione dell’AIDS in Africa costituisce, da oltre un decennio, una vera e propria crisi della sanità con un numero di morti stimato intorno alle 3.000 unità al giorno.
Tuttavia, l’AIDS e altri virus letali come Ebola, hanno un effetto sulla mortalità in Africa meno rilevante rispetto a quello derivante da patologie da lungo tempo debellate nel mondo occidentale, come la malaria, la tubercolosi, la dissenteria e il verme solitario.
A queste si aggiungono malattie native come l’infermità del sonno.
In molte regioni la scarsità o l’assenza d’acqua incontaminata contribuisce al diffondersi di patologie pericolose soprattutto per i bambini e i giovani.
La gran parte delle infrastrutture presenti in Africa sono state realizzate in epoca coloniale con obiettivi, in generale, del tutto indipendenti da quello dello sviluppo del paese ospitante. Per esempio, la maggior parte delle ferrovie e delle strade realizzate precedentemente servivano soprattutto a collegare alcuni luoghi dell’entroterra dove si producevano particolari risorse con i porti sulla costa dove tali risorse venivano imbarcati verso l’Europa o le altre colonie. Soltanto in pochi casi, ad esempio in Sudafrica, si può parlare di una vera e propria rete ferroviaria o stradale in grado di supportare gli scambi commerciale interni ad un determinato paese.
L’Africa è uno dei continenti più tormentati da conflitti armati, sia da guerre civili (come quelle in corso in Darfur e nella Repubblica Democratica del Congo) sia da scontri fra nazioni.
Il fenomeno dei rifugiati è diffuso in gran parte del continente; in generale, essi si rifugiano in una nazione confinante, non essendo in condizione di emigrare altrove, e ciò causa spesso ulteriori conflitti, come gli episodi di intolleranza avvenuti nel 2008 in Sudafrica nei confronti degli zimbabwesi.
Per i paesi africani più poveri, già in difficoltà a gestire i problemi della popolazione locale, gli asili ai rifugiati rappresentano spesso un problema di difficile soluzione dal punto di vista economico, logistico, sanitario ...
I conflitti, molte volte, hanno l’ulteriore effetto di paralizzare o danneggiare l’economia dei paesi in cui si svolgono e spesso anche di quelli confinanti che dipendono in qualche misura da traffici internazionali.
La più diretta conseguenza della povertà in Africa è il livello generalmente basso della qualità della vita, soprattutto in termini di beni di consumo.
Più in generale, i paesi africani (fatte le consuete eccezioni per il Sudafrica, le piccole nazioni turistiche come le Seychelles, alcuni stati del Maghreb e pochi altri) si trovano nelle ultime posizioni del mondo rispetto a parametri come mortalità infantile, aspettative di vita, alfabetizzazione e istruzione ecc...
Anche la penetrazione in Africa non solo di Internet, ma anche delle telecomunicazioni e della tecnologia, è ai minimi mondiali.
I livelli bassi di alfabetizzazione, di istruzione scolastica e universitaria perpetuano nel continente il problema della mancanza di professionisti qualificati in settori chiavi come le tecnologie e l’insegnamento, tramandando le situazioni di dipendenza culturale dell’Africa dall’ Europa.
I pochi africani che riescono ad attenere buoni risultati negli studi spesso sono costretti a trasferirsi all’estero per frequentare università più prestigiose o, successivamente, per trovare lavoro.
La debolezza del sistema economico africano fa sì che in molti paesi si assista a un fenomeno di iperinflazione. Il caso più paradigmatico è quello dello Zimbabwe, ma altri tassi di inflazione si registrano in molti altri paesi.
La disoccupazione è certamente molto diffusa, anche se per la maggior parte delle nazioni mancano stime precise. Le dimensioni del fenomeno si possono comunque valutare considerando che la maggior parte delle città africane è circondata da vaste aree di baraccopoli abitate principalmente da persone disoccupate o sottoccupate.

“L’Africa è la Terra Madre dell’uomo, e nasconde una serie di risorse che è possibile esplorare solo se ci si allontana dalla visione comune che ci viene offerta in occidente.”

 

 

Giulia D'Arrigo
Linda Di Mauro
IV I

 

Fonte: https://www.wikispaces.com/file/view/Ricchezza+e+povert%C3%A0+in+Africa.doc

Sito web da visitare: https://www.wikispaces.com

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