Emigrazione italiana

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Emigrazione italiana

L’ Emigrazione Italiana tra il XIX ed il XX secolo

Nel periodo compreso tra il 1861 e il 1985 più di 29 milioni di Italiani hanno dovuto lasciare la propria terra.  Nell'arco temporale di poco più di un secolo più dell’equivalente della popolazione al momento dell'Dell’UNITA’ D’ITALIA cioè il 1861, che era pari a 25 milioni, fu costretta a trasferirsi in quasi tutti gli Stati del mondo occidentale e in parte del Nord Africa.
Si trattò di un esodo che interessò tutte le regioni italiane. Tra il 1876 e il 1900 l'esodo interessò prevalentemente le regioni settentrionali, elemento questo che andremo ad analizzare dopo. Il 47% dell’Emigrazione fatta registrare in quel periodo era costituita da Tre regioni,: il Veneto con 17,9%, il Friuli Venezia Giulia con il 16,1% ed il Piemonte con il 12,5%. Nei due decenni successivi il fenomeno migratorio passò ad interessare maggiormente le regioni meridionali. Su quasi nove milioni di persone emigrate, quasi tre milioni erano rappresentate da Calabresi, Siciliani e Campane.
Potremmo pertanto distinguere o meglio suddividere l'emigrazione italiana in due grandi periodi: quello della grande emigrazione rilevata  tra la fine del 1800 e i primi tre decenni del XX secolo. gli anni trenta del XX secolo dove fu preponderante l' emigrazione americana.
Potremmo prendere in considerazione una terza fase quella degli anni 50 caratterizzata da una emigrazione verso gli stati europei in particolare grazie alla legge disumana che nel 1945 l’Italia sottoscrive con il Belgio, il quale fornirà 24 quintali di carbone all’Italia per ogni italiano che andrà a lavorare nelle sue miniere, dato che i cittadini belgi si rifiutavano. In questa fase particolarmente interessata fu la popolazione veneta con oltre 23.000 persone.
Qui desidero innestare una mia personale riflessione, non sempre riportata sui libri di testo e l’eventuale analisi che in alcuni casi è stata effettuata ha generato risultati che io ritengo errati se non addirittura offensivi per le popolazioni del sud d’Italia.
Come è stato detto prima, nel primo periodo della grande emigrazione le popolazioni interessate dal fenomeno migratorio furono quelle settentrionali, e solo verso la fine  del secolo XIX il flusso s’invertì divenendo predominante la fonte meridionale.
E sapete perché? Perché le regioni settentrionali erano più socialmente progredite e con popolazioni più numerose, contrariamente a quelle meridionali meno densamente popolate, più ignoranti, più isolate anche per la scarsezza dei mezzi di trasporto e delle vie di comunicazione, e per inferiori necessità economiche derivanti da una vita esclusivamente agricola e patriarcale.
Chi ha scritto queste considerazioni, che auguro siano state buttate giù in buona fede, denota una scarsa conoscenza delle condizioni economiche, sociali e culturali dell’Italia del periodo risorgimentale.

 

Perché non è stato invece riportato che la politica protezionistica posta in essere nel 1887 da parte del De Pretis, salvaguardò gli interessi dell’industria, applicando dazi esosi all’importazione dei prodotti che non fossero utilizzabili dall’industria. Ciò penalizzò l’agricoltura, che se è vero che i dazi avrebbero dovuto aiutare la produzione interna, non fece i conti con le ovvie ed immediate ritorsioni dei mercati esteri. Numerosissime furono le colture specializzate dell’Italia meridionale che dovettero cessare, contribuendo così ad incrementare l’emigrazione.
E’ stato accertato e condiviso dagli economisti che la politica protezionista del De Pretis favorì solo una parte dell’industria, ma nel complesso per l’economia italiana fu un insuccesso.
Emblematica e alquanto rappresentativa delle condizioni economiche di tanti milioni d’italiani del Sud della fine del XIX secolo fu  questa domanda che un anonimo fece ad un ministro di allora:
Piantiamo grano ma non mangiamo pane bianco. Coltiviamo la vite, ma non beviamo il vino. Alleviamo animali, ma non mangiamo carne. Ciò nonostante voi ci consigliate di non abbandonare la nostra Patria? Ma è una Patria la terra dove non si riesce a vivere del proprio lavoro?
Il Ministero degli Esteri nel 1995 parlava di 58,5 milioni di oriundi, di cui 38,8 milioni in America Latina, 16,1 milioni in America del Nord, 2 milioni in Europa e 0,5 milioni in Oceania: nel 2000, secondo una stima dello stesso Ministero, il numero dovrebbe collocarsi tra i 60 e i 70 milioni.
Sconcertante poi quanto il fenomeno dell’emigrazione sia conosciuto dai giovani. Nel 2000 fu fatta una indagine tra i ragazzi veneti, una delle ragioni più delle altre ha patito tale condizione necessaria alla sua sopravvivenza.
Questo è il risultato:

  • Il 32% non sa assolutamente nulla sull’emigrazione italiana;
  • Il 37% quello che sa lo deve alla TV
  • IL 22% ne ha sentito paralre in casa dai loro vecchi.

Un ultimo particolare interessante, e per certi versi curioso, per poter capire l’andamento economico  del nostra paese è che dall’analisi dell’andamento dei flussi migratori, cioè il differenziali tra emigrati e immigrati, sostanzialmente sempre negativo dal 1861 al 1985, fa segnare un trend positivo, cioè i rimpatri risultarono maggiori degli espatri fu complessivamente il decennio dal 1931 al 1940 

Analisi del processo migratorio nel Mediterraneo

Possiamo affermare che I Flussi Migratori sono stati  delle Odissee dei popoli, attraverso i quali si è formato il processo storico  ed evolutivo dell’umanità.  Nell’età antica il Mediterraneo e l’Italia furono al centro della migrazione di grandi masse di uomini e lo sviluppo storico, culturale, sociale e politico del Mediterraneo altro non è che il risultato di una  lenta fusione di popoli migratori, che grazie all’apporto delle loro esperienze e conoscenze, ed alla sinergie multidisciplinare di queste, si è venuta a formare quella che non a torto è stata definita la base formativa e culturale dell’Europa, su cui si è sviluppata  l’espressione più alta e sublime della cultura moderna.  
Parlare di emigrazione ritengo sia alquanto difficile, soprattutto per poter dare una giusta interpretazione al fenomeno che si vuole esaminare. Numerose sono le discipline scientifiche necessarie per una corretta disamina di un flusso migratorio. Ritenere di poter interpretare il movimento di un popolo o di una sua parte, quale conseguenza di una mera crisi economica, risulterebbe riduttivo ed il risultato che otterremo potrebbe essere falsato. 
Particolare rilievo assume nella disamina generale del fenomeno migratorio che ha interessato numerosi popoli, quello della migrazioni forzata alquanto diffusa per tutta l’antichità, con espulsioni di popolazioni intere, ma anche di gruppi più ristretti (famiglie di maggiorenti, categorie professionali) quale conseguenza di guerre e rovesciamenti politici. Elemento quest’ultimo presente tutt’ora in forme alquanto evidenti ma altrettanto dimenticato e trascurato dal resto mondo, è quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi nel continente africano.
Un ulteriore  elemento da annoverare,   che ha contribuito pesantemente al fenomeno migratorio, peraltro espressione della bassezza comportamentale dell’uomo, sono state le deportazioni di schiavi, partecipando, oltre che alla crescita economica dei loro “negrieri” alla formazione di una società multietnica non priva di disuguaglianze e da conflitti interni che ancora in molte aree del mondo ne ostacolano l’integrazione.  Ricordiamo che nell’antica Roma non poche sono state le influenze derivanti dall’arrivo di schiavi di diverse etnie frutto delle vittoriose campagne militari.
Un aspetto controverso, e spesso non fatto rientrare nello studio dei flussi migratori, in quanto frutto di ideologie razziali o religiose, sono  le persecuzioni, che se pur in presenza di mostruosi massacri, hanno anch’essi contribuito, per sfuggire a tali massacri di massa, a intraprendere il viaggio della speranza in un futuro migliore in stati più rispettosi dei diritti dell’uomo.  E non possiamo tacere che le pagine di storie più orrende sono state scritte proprio nell’era moderna dell’uomo ed alcune di esse sono tutt’ ora in corso sempre nella martoriata quanto splendida Africa.  In particolare la storia del secolo scorso ha fatto purtroppo registrare uno spaventoso numero di popoli coinvolti  nelle guerre, con molti morti dovuti ad eccidi, genocidi, violenze e persecuzioni razziali, politiche o religiose. Spesso, in modo sistematico o programmato, come nel caso dell’Olocausto (la persecuzione degli ebrei) o delle persecuzioni degli Armeni e dei greci del Ponto da parte dei Turchi, dei Curdi da parte di Saddam , dei Tutsi in Africa. Potremmo definire il secolo scorso il paradosso storico-sociale. Nonostante l’uomo avesse raggiunto i  livelli più alti nelle scienze, nella filosofia nello studio della sociologia e psicologia, non è stato capace di frenare la sua arrogante e stupida onnipotenza. 

La Diaspora Greca ovvero il Genocidio Greco del Ponto (1908-1923)

Definiamo “DIASPORA GRECA”  la persecuzione  seguite tra il 1908 e il 1923 da parte dalle autorità ottomane, il cui risultato fu lo sradicamento dei greci dalle terre rimaste sotto il dominio turco, peraltro ricordato anche come il “Genocidio Greco”.Il  genocidio contro i greci ebbe luogo negli stessi anni del genocidio di popolazione armene e del genocidio di popolazione assire. I greci del Ponto , detti anche pontici o greci del Mar Nero (iΠόντιοι, Ποντιακοί), sono una popolazione greca originaria della regione Pontiaca,  che è una regione storica che si estendeva nella zona nordorientale sino all'Asia Minore,  comprendendo all'incirca le province di  Samsun, Amasya, Tokat, Ordu, Giresum, Gumushane, Trabzon, Rize, Artvin, sulle coste del "Mar Nero"  .  Il territorio del Ponto corrispondeva ai territori denominati Trebisonda, durante il periodo medievale.  Fin dall'epoca greca arcaica, il Ponto  è sempre stato di grande interesse politico-strategico a causa della sua posizione, che, tra il Mare Nero  rotta principale
per i carichi  provenienti dal  Nord e dall' Europa orientale destinati all'occidente, ha spesso fruttato proficui guadagni e un grande peso politico. I greci del Ponto parlano una variante del greco detto pontico.  
Tornando al periodo storico preso in esame cioè i primi due decenni del XX secolo, risulta difficile stimare il numero esatto dei greci del Ponto. Attualmente sono stati stimati coloro che lasciato il Ponto, si sono sparsi nel mondo. Secondo alcuni studi, le comunità di pontici o discendenti di pontici più numerose del mondo oggi risiedono in : Grecia (più di un milione di persone), Russia e altri paesi dell'ex-URSS (500.000), Ucraina (120.000), Georgia (50.000,), Stati Uniti (80.000), Australia (56.000), Kayakistan,  (25.000), Canada (20.000), Uzbekistan,  (11.000), Siria (5.000), Armenia (2.000). Secondi alcuni studiosi, tra cui soprattutto Omer Asan,  in Turchia vi sarebbero ancora 300.000 greci del Ponto, abitanti soprattutto nella provincia di Trebisonda. Si tratterebbe per lo più di greci convertiti in passato alla religione islamica e, proprio per questo, rimasti in Turchia.  Cospicua è la presenza dei greci del Ponto in Germania e a Cipro. 

Il genocidio Ellenico è stato rappresentato dal massacro e dalla pulizia etnica di diversi milioni di  elleni  perpetrato dai turchi in Asia Minore, Costantinopoli (Istanbul chiamata dai turchi), Tracia orientale, Imvros,  Tenedos, Macedonia, Ponto e Cappadocia tra l'inizio del 1890 e la fine della 1950.  Milioni di bambini, uomini e donne sono stati torturati e massacrati o espulsi dalle loro case solo per essere Elleni. Negli stessi luoghi e spesso allo stesso tempo, sono stati torturati e massacrati  milioni di Armeni e Assiri di tutte le età.  La loro unica colpa di quei milioni di persone è stata quella di vivere dove i loro antenati avevano vissuto per migliaia di anni prima della invasioni turche. Alla luce dei documenti e delle ricostruzioni effettuate, si può asserire che i governanti turchi hanno posto in essere con crudeltà inimmaginabile il loro piano di creare un "Turchia per i turchi".  La politica di sterminio dei Greci era già state applicata alla popolazione dell'isola di Chios,  nel 1822, Esattamente un secolo dopo l'esercito turco ha distrutto la città di Smirne.  Circa tre quarti della popolazione greco-ortodossa pari a circa 120.000 vengono uccisi, ridotti in schiavitù o morire di malattia. Dei sopravvissuti, quasi tutti fuggono come rifugiati.  Il Genocidio dei Greci di Chios è stata un'anticipazione del genocidio ellenico, perpetrato   nel corso dei primi decenni del ventesimo secolo.
Esattamente un secolo dopo, nel 1922  l'esercito turco distrusse  la città di Smirne.  Nei primi decenni del XX secolo,   Smirne aveva oltre 250.000 abitanti, dei quali 2/3 erano greci. Dopo l'invasione greca dell'Asia minore e la sconfitta greca a Dumlupinar,  la città fu riconquistata dall'esercito turco (1922) repubblicano comandato da Mustafa Kemal Ataturk .  L'esercito turco a Smirne  incendio e devastò gran parte della città vecchia, mentre la popolazione greca e armena (in parte massacrata) si imbarcava sulle navi delle nazioni aderenti all'INtesa,  alla fonda nel porto, trovando poi rifugio in Grecia.

Il genocidio più noto, l’ Olocausto, Perpetrato dai tedeschi  nella seconda guerra mondiale, non lo si può comprendere completamente,  senza capire prima i genocidi che lo hanno preceduto e reso possibile. Aggiungerei come mia personale opinione, l’aggravante dell’indifferenza politica, vista la superficiale attenzione riposta e quel che per me è ancora peggio, il fatto che questi crimini contro l’umanità siano poi rimasti impuniti. Non è forse questa impunità, questa fredda indifferenza, quasi che il problema non interessi se non quei poveri disgraziati che l’hanno subito, sia l’atavico rancore tra tanti popoli che basta una controversia per poi far riaffiorare.

I fatti storici del genocidio greco ebbero inizio il 1908, quando i Giovani Turchi proclamarono che “la Turchia appartiene ai turchi”, e terminarono con l’interscambio di popolazioni stipulato nel Trattato di Losanna nel 1923 che sancì la fine della Guerra d’indipendenza turca. Le vittime del Genocidio Greco, stimate da parte greca, durante questo periodo oscillano tra  1,5 – 2 milioni di persone, l’alto numero sarebbe dato sommando quelle dell’Asia Minore, di Costantinopoli, della Cappadocia e del Ponto.
Il riconoscimento formale dell’esistenza del genocidio greco, è diventato recentemente un caso internazionale, amplificato dalla mai sopita conflittualità greco-turca e riacceso dai recenti riconoscimenti internazionali dati al genocidio armeno in concomitanza della richiesta turca di ingresso nella Comunità Europea. Ne sono risultate particolari prese di posizione nelle aree ove vivono minoranze di origine greca, come negli Stati Uniti, dove i governi di alcuni stati hanno preso un posizione di riconoscimento ufficiale del genocidio, tra questi il Massachusetts , la Florida , la Pennsylvania , la South Carolina, New Jersey (che peraltro nella sua risoluzione limita il numero delle vittime a 335000 greci del Pontico) .
Nel dicembre 2007 la Scholars  Associazione internazionale di studiosi di genocidio un’organizzazione che riunisce importanti studiosi dei fenomeni di genocidio, ha approvato a larga maggioranza una risoluzione in cui afferma che la campagna del 1914-1923 contro i greci dell’Impero Ottomano costituì un vero e proprio genocidio.  In precedenza altri riconoscimenti erano arrivati quello dallo Stato greco, che con la legge del 1994 stabilisce il 19 maggio come giorno del ricordo ; e la proclamazione del governatore di New York George Pataki, in cui il 19 maggio viene dichiarato “Giorno in memoria del genocidio dei greci del Ponto”. Da parte loro, i turchi sostengono che non sia mai esistito un tale genocidio, ma ricollocazioni delle popolazioni greche come risultato dell’incursione greca in Asia Minore.
            Pompeo Maritati
Fonti utilizzate: Comune di Neas Kios nell’Argolide (Grecia)

 

Fonte: http://www.associazioneitaloellenica.org/wp/wp-content/uploads/2011/02/BISCIEGLIE-Definitivo-Possiamo-affermare-che-I-Flussi-Migratori-altro-non-sono-state-che-delle-Odissee-di-popoli-attraverso-i-quali-si-%C3%A8-formato-il-processo-storico-dell.doc

Sito web da visitare: http://www.associazioneitaloellenica.org

Autore del testo: sopra indicato nel documento di origine + Club Unesco Bisceglie

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