Fonologia nome e preposizione

Fonologia nome e preposizione

 

 

 

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Fonologia nome e preposizione

LA GRAMMATICA
- una scienza unitaria che studia la lingua nella sua globalità perche il testo - messaggio in cui la lingua si manifesta è globale, compatto e indivisibile.

Tuttavia per analizzare da vicino la struttura della lingua e opportuno ripartire il discorso e procedere per successivi livelli di analisi. Pertanto esistono le seguenti parti della grammatica:

LA FONOLOGIA che studia i fonemi cioè i suoni della lingua dal punto di vista della loro funzione e del loro organizzarsi in parole;

LA MORFOLOGIA che studia le parole occupandosi delle diverse forme che esse assumono nell'ambito di una frase a seconda del loro significato e a seconda della funzione che svolgono nella frase stessa;

LA SINTASSI che studia i rapporti secondo cui le parole si combinano a formare le proposizioni e le proposizioni formano i periodi;

LA LESSICOLOGIA che studia l'origine e la forma delle parole, in ordine al loro significato;

LA SEMANTICA  - parte della linguistica che studia il significato delle parole.

 

Ogni lingua, come un fatto orale,  è costituita da suoni o fonemi prodotti dall'apparato fonatorio. I suoni sono poi rappresentati con simboli grafici, detti lettere o grafemi che costituiscono l'alfabeto.

I suoni di una lingua vengono prodotti dall'aria emessa dai polmoni che, passando attraverso la laringe per uscire dalla bocca, incontra molti ostacoli che la modulano. Alla produzione dei suoni contribuiscono molti organi che vengono stimolati e coordinati dal nostro cervello (da una particolare area celebreale). Tutti questi organi costituiscono l'apparato fonatorio (polmoni, le corde vocali, il velo palatino («palato molle») con l'ugola,  il palato, la lingua, gli alveoli, i denti, le labbra e la cavità nasale.

I suoni che l'uomo può articolare mediante gli organi fonatori sono molto numerosi, circa un centinaio. Ma una lingua utilizza solo una trentina di questi suoni. I suoni articolati che vengono utilizzati in una lingua si chiamano fonemi e loro contribuiscono alla formazione dei morfemi, delle parole, delle frasi, periodi, testi.
La fonologia si interessa dei suoni distintivi di una lingua, di quei suoni al cui cambiamento corrisponde un cambiamento di significato.

Il fonema è qualcosa di diverso dal suono.

Il suono (che per convenzione viene scritto tra parentesi quadre) è qualsiasi suono articolato prodotto dagli organi fonatori, il prodotto della fonazione studiato nel suo aspetto fisico e fisologico: ad esempio il suono [p] e un'occlusiva bilabiale sorda (fonetica).

Il fonema (che per convenzione viene trascritto tra due barrette oblique /p/) è un suono che si individua come tale per alcune caratteristiche particolari, o «tratti distintivi» che lo oppongono ad altri fonemi della lingua. Esso si riconosce solo in opposizione ad altri fonemi attraverso i suoi «tratti distintivi». Cosi /p/ è un fonema in quanto basta da solo ad individuare la parola pane come diversa dalle parole cane e rane le quali iniziano con i fonemi /k/ e /r/ (fonologia).

 

3. La trascrizione dei fonemi: l'alfabeto e l'alfabeto fonetico

I fonemi si percipiscono soltanto con l'udito ma essi possono essere anche visualizzati e sono stati trascritti in simboli grafici che si chiamano lettere o grafemi  che nel loro insieme costituiscono il cosidetto alfabeto.

L'ALFABETO ITALIANO

 

L'alfabeto italiano deriva da quello latino che a sua volta deriva da quello greco ed è costituto da 21 lettere che possono essere scritte con caratteri minuscoli o maiuscoli.

A         B         C        D        E        F         G        H        I          L         M
a          bi         ci        di       e         effe     gi        acca    i          elle     emme

N         O        P         Q        R        S         T        U        V        Z
enne   o         pi         qu      erre     esse    ti         u          vu       zeta

A questi 21 segni vanno aggiunti altri 5 segni che servono per trascrivere alcuni suoni particolari o per trascrivere suoni da parole straniere:

    J                     K                     W                            X                  Y
i lunga                       cappa         doppia vu                    iks         ipsilon o i greca

 

L'alfabeto italiano pero è un sistema di scrittura imperfetto perché non riesce a realizzare una perfetta corrispondenza tra fonemi e grafemi: non è possibile rappresentare ogni suono da un solo segno.

  • presenta una corrispondenza precisa tra fonemi e lettere in 13 casi: a, b, d, f, i, l, m, n, p, r, t, u, v;
  • è mancevole in 6 casi in cui si serve di una sola lettera per trascrivere due suoni; le vocali e e o e le consonanti c, g, s, z (cinema, cane; gatto, giro, sale, mese, danza, zeta);
  • è  manchevole perché non presenta lettere per trascrivere i tre fonemi gl + i, gn e sc + e o i e li rende con due o tre lettere: gli, gn, sce i sci;
  • è sovrabbondante perché presenta una lettera, la h, a cui non corrisponde alcun suono;
  • è antieconomico perché presenta una lettera, la q, che è un doppione delle lettere c+u; infatti uno stesso fonema può essere trascritto in due modi: ora con cu (scuola) ora con qu (squadra).

 

I FONEMI DELL'ITALIANO (30)
I fonemi della lingua italiana si distinguono in due gruppi: le vocali e le consonanti.

LE VOCALI

Le vocali sono i fonemi piu semplici: per pronuncare basta far uscire l'aria dalla bocca senza frapporre alcun ostacolo al suo passaggio. La lingua italiana possiede 7 fonemi vocalici:
ae aperta,  e chiusa,  io aperta,  o chiusa,  u
ma solo 5 segni per rappresentarli graficamente.

Le vocali italiane sono orali e sonore.

 

La distinzione tra la pronuncia aperta o chiusa delle vocali e e o toniche è essenzialmente un fatto di proprietà espressiva. In genere solo i toscani (in particolare i fiorentini) che la sentono istintivamente e coloro che lo imparano (ad esempio gli attori) la rispettano. La maggior parte degli italiani non fa distinzione tra vocali chiuse e aperte riducendo le vocali da 7 a 5.

Ma la distinzione deve essere conservata e rispettata nel caso di omografi, cioè di quelle parole che si scrivono in modo identico ma hanno significato diverso.

Il contesto può aiutare a distinguere l'esatto significato dei vari omografi. Il dizionario li registra tutti distinguendoli l'uno dall'altro attraverso l'accento.

vènti (plurale di vento)                   vénti (numerale)
affètto (amore)                                 affétto (da affettare)

LE CONSONANTI

 

Le consonanti vengono articolate con il canale vocale chiuso, tutto o in parte. La varietà delle consonanti è il risultato di tre diversi fattori che insieme determinano i tratti distintivi di ogni consonante cioè le caratteristiche particolari che permettono di distinguere una consonante dall'altra:

  • il modo di articolazione (occlusiva,  nasale)
  • il luogo di articolazione (palatale, velare...)
  • il grado di articolazione (sorda o sonora)

 

Secondo il luogo di articolazione le consonanti si distinguono in bilabiali, labiodentali, dentali, alveolari, prepalatali, palatali e velari.

Secondo il modo d'articolazione le consonanti si distinguono in occlusive, continue e semiocclusive.

Secondo il movimento del velo palatino le consonanti possono essere orali o nasali (m,n...)
Le consonanti quando si trovano in posizione intervocalica, possono realizzarsi come tenui (o brevi) oppure come intense (o lunghe o doppie):
caro    carro
camino cammino

 

Particolarità nella pronuncia delle consonanti

 

I due suoni di c e g

Le lettere c e g rapppresentano due suoni:

  • un suono duro o velare /k/ e /g/ davanti alle vocali a, o, u, davanti a un'altra consonante o in fine di parola: cane, corvo, curvo, gatto, gusto, gonna, grave, basic;

c + a,o,u = /ka/, /ko/, /ku/
g + a,o,u = /ga/, /go/, /gu/

un suono dolce o palatale /c/ e  /G/ davanti alle vocali palatali e, i:
c + e, i = /ce/ /ci/  cena, cinema
g + e, i = /Ge/ /Gi/  gelato, giro

 

Per indicare che una c o g sono velari anche se seguite da e, i si inserisce una h:
ch+i,e = /ki/, /ke/  pochi, chitarra
gh+i,e = /gi/, /ge/ luoghi, ghepardo

Per indicare che una c o g sono palatali anche se seguite da a, o, u si inserisce una i (che non si pronuncia – la i diacritica):
ci + a,o, u =   /ca/   /co/  /cu/       caccia, bacio, ciurma
gi + a, o, u =  /Ga/  /Go/  /Gu/        giallo, giocare, giuria

In alcune parole, la vocale i dopo la c appare anche davanti alla vocale e

  • per motivi etimologici: deficiente, sufficiente, efficiente, societa, specie
  • nelle parole cielo, cieco dove il gruppo ie e il risultato dell'evoluzione linguistica del dittongo latino ae;
  • nelle parole in cui la i fa parte del suffisso derivativo – iere: artificiere, arciere

La i davanti alla e si conserva, per motivi etimologici, anche dopo la g nelle parole effigie e igiene.

I due suoni di s e z

Le lettere s e z rappresentano due suoni, uno sordo (seta, danza) e uno sonoro (rosa, zeta).
La s sorda (seta)      /s/

  • all'inizio della parola seguita da vocale; santo, sale
  • all'inizio o nel corpo della parola seguita da consonanti sorde c, p, t, f, q: scale, spada, stoffa, squadra, trasferire
  • quando nel corpo della parola è preceduta da una consonante: polso, borsa, psicologo, mensa;
  • quando è doppia: rosso, disse, fossa.

La s sonora (rosa)   /z/

  • all'inizio o nel corpo della parola seguita da consonanti sonore b, d, g, l, m, n, r, v: sbandire, disdire, sgusciare, slavato, sradicare, sveglia
  • tra due vocali: mese, viso, esame (ma spesso intervocalica sorda: casa, cosa, naso, riso);
  • nelle parole in –aso,-esi, -isi, -osi:  stasi, genesi, dialisi, nevrosi.

La z sorda (danza) /q/

  • seguita da gruppi ai, ie, io; grazie, lezione;
  • quando è doppia: pazzo, ruzzolare;
  • nelle parole terminanti in –anza, -enza, -ezza: costanza, frequenza, bellezza.

La z sonora (zero) /Q/

  • in principio della parola: zeta, zefiro, zaino;
  • quando si trova tra due vocali: azalea, azoto;
  • nei suffissi –izzare, -izzazione: nazionalizzare, nazionalizzazione

 

La consonante h

- non rappresenta nessun suono, è una lettera muta – segno diacritico. Essa si usa:

  • per formare i digrammi ch e gh, cioè per rendere velare il suono di c e di g seguite dalle vocali e e i: cherubino, chilo, ghetto, ghiro;
  • Nella prima, seconda, terza persona singolare e nella terza persona plurale del verbo avere: ho, hai, ha, hanno per evitare equivoci con altre parole di suono uguale;
  • in alcune interiezioni: ah, ahi, ahimè, eh, oh, ohimè.

La consonante q

    • si usa sempre seguita dalla semivocale u e da un'altra vocale: quadro, quando, questo, liquido, quoziente
    • q+u+vocale   = c + u(cuore, scuola)
    • lettera inutile, forte tradizione ortografica che distingue l'uso delle q e delle c in base ai criteri etimologici
    • La lettera q raddoppia solo nella parola soqquadro. In altri casi il suo rafforzamento viene indicato con la grafia cq: acqua, acquistare, nacque.

 I digrammi

 

DIGRAMMA – due lettere che rappresentano un solo suono

In italiano ci sono sette digrammi:

  ci (+a,o,u)        gi (+a,o,u)        ch (+e,i)      gh (+e,i)         gl (+i)       gn        sc (+e,i)
/c/                     /G/                     /k/                 /g/                 /L/           /N/           /S/
ciao                  gioia            chitarra           laghi              figli        ogni       scimmia

gl + i : egli, figli, degli  (digramma)
gli +a, o, u, e  figlia, moglie, aglio            → TRIGRAMMA
(gruppo di tre lettere  = un fonema)

gn + vocale : degno, legna, compagnia

sc + e, i: scena, scivolo (digramma)

sci + a, o, u; sciarpa, sciocco, asciugare → TRIGRAMMA
Eccezione: sci + e nella parola scienza e sciente e nei loro derivati: coscienza, scienziato, cosciente...

 

Le lettere straniere

j (i lunga) – un tempo era usata per indicare la i semiconsonantica (jeri) o la doppia i delle desinenze plurali (vizj). Oggi si conserva nei rari nomi propri: Jugoslavia, Jolanda.
Si usa come consonante nelle parole inglesi per trascrivere una g palatale : jazz, jet, jungla (anche giungla)

k (kappa) poker, folk

w (doppia vu) – nelle parole di origine tedesca si pronuncia come /v/ italiana  wurstel, nelle parole di origine inglese come /u/ italiana whisky

x (iks) – si pronuncia come /ks/ xenofobia, taxi

y (ipsilon) – si pronuncia come la vocale /i/ italiana: boy, derby, yogurt.

LE SEMICONSONANTI E I DITTONGHI

Semiconsonanti – il canale vocale si stringe più che per le vocali chiuse = suono intermedio tra quello delle vocali e quello delle consonanti.

L'italiano possiede la semiconsonante palatale /j/ detta jod, e la semiconsonante velare o labiovelare /w/, detta uau.

Le semiconsonanti compaiono esclusivamente nei dittonghi – unità formate da una i o da una u senza accento e da una vocale con o senza accento:

i,u  (senza accento) + altra vocale = dittongo

SEMICONSONANTE

DITTONGO

ESEMPIO

 

/j/

ia
ie
io
iu

piano
ieri
piove
chiudi

 

/w/

ua
ue
uo
ui

guardo
guerra
uomo
guida

Dittonghi ascendenti – ia, ie, io, iu, ua, ue, uo, ui (la semiconsonante precede la vocale)

Dittonghi discendenti –dai, sei, poi, pneumatico (la vocale precede la semivocale).

Trittongo – unione della i, della u (atone) e qualsiasi altra vocale, generalmente accentata:
suoi, guai, aiuole

IATO – si ha quando due vocali, pur essendo vicine, non formano dittongo (iato – lat. apertura, distacco). C'è iato, per esempio:

  • Quando non ci sono né la i né la u: pa-e-se, cor-te-o;

 

  • Quando la i o la u sono accentate: spì-a, pa-ù-ra;
  • Dopo il prefisso ri-, -bi, -tri: ri-u-ni-o-ne, ri-a-ve-re, bi-en-nio o tri-an-go-lo

 

I dittonghi mobili  sono due   e e si chiamano cosi perché perdono le semiconsonanti -u e -i quando l'accento si sposta su un'altra sillaba.

o

 

e

muòvere

movimènto

 

piède

pedèstre

suòno

sonòro

 

liève

levità

scuòla

scolàro

 

piètra

petròso

buòno

bontà

 

Sièna

senèse

muòre

morte

 

siède

sedèvano

Nell'italiano c'è la tendenza a conservare i dittonghi -uo e –ie:

  • Nelle parole composte e avverbi in – mente: buongustaio, fuoribordo, lietamente, nuovamente
  • I verbi nuotare, vuotare, abbuonare hanno in tutta la coniugazione uo (nuotiamo, abbuoniamo...) per distinguerli dalle forme simili notare, votare, abbonare.
  • Anche nei derivati (fieno fienile, piede-piedistallo) e nei superlativi assoluti (nuovissimo, buonissimo).

La sillaba


La sillaba è la più piccola combinazione di suoni (o fonemi) in cui può essere scomposta una parola. Essa si pronuncia con un'unica emissione di voce.
Una sillaba può essere composta :

  • da una vocale (A-o-sta)
  • da un dittongo (uo-vo)
  • da un trittongo (a-iuo-la)
  • da una o più consonanti seguite o precedute da una vocale o da un dittongo  (ma-ti-ta, fiu-me, al-ber-go)

Sillabe con dittonghi e trittonghi. Lo iato
Quando una a, una e oppure una o (dette vocali "forti") si incontrano con una i o una u (dette vocali "deboli"), si crea un dittongo. Anche l'incontro di due vocali "deboli" genera un dittongo
Nel dittongo le vocali non devono essere mai divise tra due sillabe: 
a-ria, spe-cie, uo-vo, au-to, fiu-me, fiu-to

  • Il trittongo si forma dall'unione di tre vocali: due "deboli", una "forte" .

Come nel dittongo, anche nel trittongo le vocali che lo costituiscono non possono essere mai separate:
 a-iuo-la 

  • Se nel gruppo di vocali la "debole" è accentata, non si ha dittongo: si genera invece uno iato. Anche l'incontro di due vocali "forti" genera uno iato

Nello iato le vocali fanno parte di sillabe differenti:
-o, pa-ù-ra, ma-e-stra,  po-e-ta

Come dividere le parole in sillabe 

  • Ogni sillaba deve avere almeno una vocale:

a-mi-che-vol-men-te

  •  Una vocale o un dittongo, posti all'inizio di una parola e seguiti da una consonante, costituiscono una sillaba:

o-ra-rio, au-gu-rio

  •  Le vocali dei dittonghi e dei trittonghi non si dividono mai:

mie-le, a-iuo-la

  •  Una consonante semplice forma una sillaba con la vocale e il dittongo che la seguono:

co-ro-na, piu-ma, 

  •  Le consonanti doppie e quelle del gruppo cq si dividono tra due sillabe: 

ap-pal-lot-to-la-re, 
ac-qua

  •  I 'digrammi' e i 'trigrammi', gruppi di lettere che formano un solo suono, non si dividono mai.

Essi sono: 
gl + i:  e-gli
gn + vocalegno-mo
sc + le vocali e, i :   sce-na, sci-vo-lo
ch + le vocali e, ichi-mi-co, o-che
gh + le vocali e, i: ru-ghe, a-ghi
ci e gi + le vocali a, o, u: ca-mi-cia, mi-cio, gio-va-ne, giu-sto
gli + vocale: a-glio, mo-glie
sci + vocale: li-scio, a-sciu-ga-re

  •  I gruppi formati da  due o tre differenti consonanti + una vocale costituiscono una sillaba, se con questo insieme di lettere può iniziare una parola della lingua italiana:

re-cla-mo, a-pri-re, a-stra-le re-cri-mi-na-re, pro-ble-ma

  •  Gli insiemi di due o tre consonanti che non potremmo mai trovare all'inizio di una parola italiana: rt, cn, lt, mbr, nfr, e così via, devono essere divisi tra due sillabe, come negli esempi seguenti: 

cor-to, tec-ni-co, al-to, om-bra, in-fran-ge-re

  •  La s seguita da una o più consonanti forma generalmente una sillaba con la vocale seguente, noncon quella che la precede:

a-stro, ri-spon-de-re, di-sprez-zo

  •  Nelle parole composte, nelle quali il primo elemento termina per i  e il secondo elemento comincia per vocale, l'insieme delle vocali risultante da tale unione non deve essere considerato un dittongo e va diviso tra due sillabe:

chi-un-que, ri-e-du-ca-re

  •  I prefissi come dis-, tras-, trans-, in-, ben-, mal- possono essere separati dalla radice e formare una sillaba a sé oppure divisi, secondo le regole generali della divisione in sillabe:

dis-a-bi-ta-to  / di-sa-bi-ta-to, 
tras-por-ta-re  / tra-spor-ta-re,
mal-in-ten-zio-na-to  / ma-lin-ten-zio-na-to
Oggi, però, si tende a seguire le regole generali e prevale la seconda delle possibilità.

In fin di riga. Apostrofo:  sì o no?
Fino a qualche tempo fa, la regola impediva di lasciare l'apostrofo alla fine di una riga. 
Se avessimo dovuto scrivere, ad esempio, la frase: "Per caso ho incontrato quell'uomo" e fosse stato necessario andare a capo dopo la parola quell', secondo la regola sarebbe stato corretto aggiungere alla parola la vocale mancante "o":
quello
uomo
oppure andare a capo dopo la prima sillaba:
 quel-
l'uomo
Quest'ultima soluzione è tuttora considerata corretta.
La prima soluzione, al contrario, è oggi da evitare. Anzi, da molti è considerato un vero e proprio errore  aggiungere la vocale mancante in parole che nel testo originale, per effetto dell'elisione, sono scritte con l'apostrofo.
Nella stampa di libri e di giornali è sempre più frequente incontrare esempi di parole con l'apostrofo in fin di riga. Le grammatiche più moderne registrano questa tendenza e ne ammettono la legittimità:
quell' 
uomo
 

USO DELLA MAIUSCOLA

 

Nella scrittura si usano normalmente le lettere minuscole. Le maiuscole si usano all'inizio di parola:

  • All'inizio di un testo e dopo ogni punto fermo;
  • All'inizio di un discorso diretto;
  • Dopo il punto interrogativo e il punto esclamativo (se le domande o escalmazioni sono più di una, si può anche usare la lettera minuscula) Lo conosci? C(c)hi è?
  • In tutti i nomi di persona, nei cognomi, nei soprannomi: Paolo Bianchi, i Gonzaga, Angelo Beolco detto il Ruzzante.
  • Il nome Dio quando è usato per indicare la divinità di una religione monoteistica e tutte le parole che si riferiscono a Dio (Onnipotente, Egli) ai personaggi sacri (la Madonna, l'Immacolata), ai simboli e oggeti del culto (il Credo, la Croce)
  • nei nomi propri geografici: Milano, Francia, Asia, Pirinei, Tamigi, i monti Pirinei, la città di Firenze, il fiume Trebbia, il Lago Maggiore, il Mar Rosso, la Città del Capo
  • nei nomi di vie, viali, piazze e palazzi: V(v)ia del Corso, V(v)iale della Libertà, P(p)iazza del Mercato, Palazzo Strozzi, Ponte Vecchio
  • nei nomi di festività civili e religiose: Pasqua, Natale, Capodanno, il Primo Maggio;
  • nei nomi delle stelle e dei pianeti: Marte, Giove, Venera, Terra, Sole, Luna (con maiuscola solo quando sono usati nel senso astronomico);
  • negli aggettivi derivanti dai nomi propri di città o di località, quando sono usati per indicare la zona geografica: nel Senese, il Biellese;
  • nei nomi indicani istituzioni, enti, associazioni, partiti, squadre sportive: Alitalia, Senato, Università, la Juventus (la NATO, l'ONU).
  • nei nomi di secoli e di periodi storici: il Cinquecento, il Rinascimento
  • nei nomi che indicano gli abitanti di una città o di un paese: i Fiorentini, gli Olandesi (gli aggettivi corrispondenti con minuscola: i musei fiorentini, i fiori olandesi). Ormai, però questi nomi si scrivono con  l'iniziale minuscola (i milanesi si lamentano del traffico) e l'iniziale maiuscola distingue i popoli antichi da quelli moderni (i Romani/ i romani)
  • nei nomi che indicano alcune alte cariche: il Presidente della Repubblica, (il presidente Napolitano), il Papa,  (papa Benedetto)
  • Mezzogiorno, Est, Ovest, Occidente quando indicano zone geopolitiche
  • nei nomi personificati: la Patria, la Libertà, la Giustizia, la Vita, nomi di animali umanizzati (il Gatto, la Volpe), il Libro (la Bibbia):
  • nei titoli di libri, film, opere musicali e figurative, giornali e riviste: Storia della letteratura italiana, Il barbiere di Siviglia, la Pietà, il «Corriere della sera» o «Corriere della Sera», «La stampa» o «La Stampa».

Infine ci sono le maiuscole reverenziali nelle lettere: Nel ringraziarLa, porgo a Lei e alla Sia Signora distinti saluti. Oggi questo uso è meno frequente, continua ad essere comune nelle lettere commerciali: in risposta alla spettabile Vostra del 10 u.s., Vi comunichiamo che...

L'obbligo della maiuscola è di norma limitato all'inizio di un testo (dopo un segno di interpunzione forte e all'inizio di discorso diretto) e ai nomi propri o considerati come tali.
Negli altri casi l'uso della minuscola è oscillante e la tendenza della lingue è quella di sostiturla con la minuscola che di fatto ormai tende a prevalere. Spesso, l'uso della maiuscola è il frutto di una scelta stilistica, retorica o ideologica.

L'ARTICOLO

  • la parte variabile del discorso, individua il nome dandogli un senso preciso
  • GRUPPO NOMINALE = articolo + nome
  • può sostantivare tutte le parole (tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare)

 

Funzioni:

  • sul piano morfologico marca il genere e il numero del nome:                                                il lupo, la lupa               il collega, la collega
  • sul piano semantico

1) individua il significato quando esso varia a seconda del genere
il boa (serpente)  / la boa (galleggiante)
2) dà al nome senso preciso o senso generico – opposizione «noto»/»nuovo»
Ho chiamato il medico/un medico.
3) opposizione classe/ membro
L'aereo è un mezzo di trasporto veloce e sicuro. L'aereo è atterrato in orario.

L'ARTICOLO DETERMINATIVO

  • indica una cosa ben definita per chi parla e per chi ascolta: Hai visto il professore?

L'ARTICOLO DETERMINATIVO

 

maschile

femminile

singolare

il,     lo, l'

la, l'

plurale

i,       gli

le

Si usa:

  • con i nomi che indicano persone o cose che sono già note sia all'emittente sia al ricevente del messaggio
  • con nomi che indicano persone o cose di cui si è parlato in precedenza
  • con nomi che indicano persone o cose non ancora note ma precisate all'interno del messaggio stesso (Ho perso il maglione che mi avevi regalato)
  • con nomi che indicano cose uniche in natura o comunque inconfondibili (il sole, l''equatore, il papa, la pioggia, la neve, il terremoto);
  • con nomi che indicano materia (il petrolio non è inesauribile)
  • con nomi che indicano un concetto astratto: la ragione, il bene, il male;
  • con nomi usati per indicare una categoria, un tipo, una specie o un insieme: Il cavallo è un quadrupede.

Può assumere la funzione  e il valore:

  • di un aggettivo dimostrativo: Entro la settimana. Non conosco il ragazzo che sta parlando con mio fratello.
  • di un pronome dimostrativo: Dei due frateli preferisco il più giovane.
  • di un aggettivo indefinito con valore distributivo: Il sabato pomeriggio vado in piscina (ogni sabato)
  • di una determinazione temporale: Partirò il mese prossimo (durante, nel mese prossimo)

Forme dell'articolo determinativo

il, i – con i nomi maschili che cominciano per consonante (tranne s impura -preconsonantica, z, y, x, i gruppi pn, ps e i digrammi gn, sc, la semiconsonante i/j/) 
il cane    i cani

lo (l'), gli  - con i nomi maschili che cominciano

  • per vocale (l'articolo si elide in l'): l'albero, l'odioso fatto;
  • con s impura: lo sbaglio, lo scandalo, lo slittino, lo smalto, lo straccio, lo specchio;
  • con z: lo zaino, lo zio, lo zoccolo, lo zucchero;
  • con x: lo xilofono, lo xilografo;
  • con y; lo yogurt
  • con i gruppi pn e ps: lo pneumatico, lo pseudonimo, lo psicologo;
  • con i digrammi gn e sc: lo gnocco, lo gnomo, lo sceicco, lo sceriffo, lo scimpanzé;
  • con la semiconsonante i /j/: lo iato, lo iettatore
  • con j: lo Jugoslavo

Eccezioni: per lo più, per lo meno, gli dei

la (l'), le - con tutti i nomi femminili
la ragazza, le ragazze; la spada, le spade
La si elide in l' davanti a parole che cominciano per vocale, ma non davanti alle semivocali i e j:  l'amica, l'eredità, l'isola;   
ma: la ionosfera, la Jugoslavia

L'ARTICOLO INDETERMINATIVO
-  indica una cosa generica, indefinita che si considera come non ancora nota
Funzioni:

  • introduce nel discorso un nome di cui non si era parlato in precedenza: Chiamerò un medico
  • indica una categoria, un gruppo o un'intera specie: Un atleta deve allenarsi costantemente (ogni)
  • indica approssimazione se collocato prima di un numerale cardinale: Ancora un'ottantina di chilometri e siamo arrivati
  • nel linguaggio parlato per esprimere ammirazione o senso superlativo: Ho avuto una paura! Ho una fame! Ha fatto una faccia!

 

Forme dell'articolo indeterminativo

L'ARTICOLO INDETERMINATIVO

 

maschile

femminile

singolare

un, uno

una, un'

un – con i nomi maschili singolari quando la parola che segue inizia con una vocale o con una consonante diversa da x, y, z, s impura, gruppi pn, ps, digrammi gn, sc, semivocale i e j: un allievo, un cane, un ottimo strumento

uno – davani ai nomi maschili con cominciano con x, y, z, s impura, gruppi pn, ps, digrammi gn, sc,  semivocale i, j.
uno sceicco, ono pneumatico, uno zio, uno iato, uno Jugoslavo.

una- davanti ai nomi femminili elidendosi in un' davanti a vocale (ma non davanti alla i semiconsonante) una casa, una giacca, una iena
un'anima, un'isola, un'ombra, un'unghia, un'elica

 

Errore frequente: un'anno

L'articolo indeterminativo non ha plurale: ci sono le forme del partitivo dei, degli, delle o gli aggettivi indefiniti qualche, alcuni, alcune.
Un'altra possibilità – plurale senza nessuna indicazione: Ho ancora dubbi.

 

L'ARTICOLO PARTITIVO
L'ARTICOLO  PARTITIVO

 

Maschile

femminile

singolare

del, dello (dell')

della (dell')

plurale

dei, degli

delle

  • indica una parte, una quantità indeterminata

 

al singolare l'articolo partitivo significa «un po', alquanto»
dammi dell'acqua; compra del pane, hai dello zucchero da darmi?

al plurale sostituisce l'inesistente plurale dell'articolo indeterminativo ed equivale a «qualche» o «alcuni, alcune»
sento dei rumori, abbiamo degli ospiti, ci sono delle novità

USI PARTICOLARI DELL'ARTICOLO

 

L'ARTICOLO CON I NOMI PROPRI DI PERSONA
 I nomi propri di persona di norma rifiutano l'articolo

Lo richiedono invece:

  • quando sono preceduti da un nome comune o da un aggettivo: Il principe Carlo;  Il pestifero Pierino; Sei tu il Piero che telefona sempre a mia sorella.
  • quando sono usati in senso traslato per indicare il titolo di un'opera lirica Questa sera danno l'Aida

 

COGNOMI

  • con i cognomi l'articolo è facoltativo (prevale la forma senza)
  • se il cognome si riferisce a un'intera famiglia, si usa l'articolo /Nell'atrio ho visto i Rossetti/
  • tradizionalmente si usa se il cognome si riferisce a una donna /Come insegnante di matematica abbiamo la Moretti/

I cognomi e nomi propri vogliono AD o AI quando sono usati con valore di nomi comuni (Si crede un Picasso) o quando sono usati per indicare un'opera di un determinato artista o scrittore: Hai visto i Rembrant  del Museo reale all'Aia?

ARTICOLO CON I NOMI GEOGRAFICI

 

tra i nomi geografici vogliono l'articolo

  • i nomi dei monti: le Alpi, i Pirinei, l'Etna
  • i nomi dei fiumi: il Tevere, il Tamigi, l'Arno, il Danubio;
  • i nomi dei laghi, dei mari e degli oceani: il Garda, il Mediterraneo, l'Adriatico;
  • i nomi delle regioni, degli stati, dei continenti e delle isole maggiori: il Lazio, la Campagna, l'Italia, la Sicilia, le Antille (questi nomi rifiutano l'articolo quando sono introdotti dalla preposizione in: andare in Francia, vivere in Australia; - con i nomi femminili l'articolo tende a mancare (in Calabria, in Toscana)– è presente con quelli maschili o plurali (negli Abruzzi, nelle Marche)

tra i nomi geografici, rifiutano l'articolo:

  • i nomi delle isole minori (Zacinto è la patria di Ugo Foscolo) eccezioni: l'Elba, il Giglio, la Maddalena)
  • i nomi di città (eccezioni: La Spezia, L'Aquila, L'Aja, L'Avana, Il Cairo, Il Pireo, La Mecca, La Valletta... Andiamo all'Aquila). I nomi di città richiedono l'articolo quando sono accompagnati da un aggettivo, complemento di specificazione o prop.relativa: la Milano medievale, la Vienna degli Asburgo.

OMISSIONE DELL'ARTICOLO

 

  • davanti ai nomi che si uniscono strettamente al verbo formando un'unica espressione: aver sonno, fame, sete, caldo, freddo, dare importanza, fare amicizia, trovar lavoro, aver mal di testa
  • davanti ai predicativi del soggetto o dell'oggetto: Hanno eletto presidente il tuo amico o Il tuo amico è stato eletto presidente
  • nelle enumerazioni: l'aereo sorvolò città, laghi, monti, mari e isole
  • nella maggior parte delle locuzioni avverbiali: in realtà, in apparenza, di proposito
  • nelle espressioni con valore modale o strumentale: andare a piedi, a. in bicicletta, viaggiare in treno, in pullman, parlare con calma, agire con giudizio, con intelligenza
  • nelle locuzioni in cui un nome integra il significato di un altro: abito da cerimonia, camera da letto
  • in alcuni modi di dire ormai fissi, in cui nomi casa, scuola, chiesa, ufficio, giardino sono usati in complementi di luogo: vado in chiesa, sono in giardino, sono in ufficio, vive in città (Ma, vengo dalla chiesa, arrivo dall'ufficio)
  • con i nomi plurali quando si vuole lasciare indeterminato un oggetto: Vende libri, Ci sono fiori?
  • nelle espressioni esclamative: Ragazzi, è pronto! Cameriere, un gelato per favore.
  • nelle frasi negative: Non c'è più vino;
  • con i nomi retti dalla preposizione di (per indicare materia): una statua di marmo, un orologio d'oro, un burattino di legno;
  • nelle frasi proverbiali: Paese che vai usanza che trovi, A nemico che fugge ponte d'oro
  • nei titoli dei libri e giornali, nelle iscrizioni e nelle insegne: Storia della letteratura italiana, Attacco aereo sulle base dei ribelli, Arrivi, Partenze, Piazza Roma, Sale e Tabacchi

 

LE PREPOSIZIONI ARTICOLATE

di, a, da, in, su + articolo determinativo

 

PREPOSIZIONI SEMPLICI

ARTICOLI

il

lo

la

l'

i

gli

le

di

del

dello

della

dell'

dei

degli

delle

a

al

allo

alla

all'

ai

agli

alle

da

dal

dallo

dalla

dall'

dai

dagli

dalle

in

nel

nello

nella

nell'

nei

negli

nelle

su

sul

sullo

sulla

sull'

sui

sugli

sulle

 

Con le preposizioni con e per le forme articolate non sono più in uso (solo col nel linguaggio parlato).

IL NOME O SOSTANTIVO

  • è la parte del discorso con la quale si designano esseri animati, cose, idee, concetti, stati d'animo, azioni o fatti.

 

Alberto, un mio amico di Roma, correndo in moto a forte velocità, ha fatto una brutta caduta e si è slogato un polso.

Classificazione

 

Il numero dei nomi è praticamente illimitato (i nomi seguono più da vicino l'evoluzione della lingua: nascono, mutano significato, tramontano, muoiono).
I nomi si dividono in base a significato, aspetto morfologico e forma:

concreti
astratti

significato                            comuni
propri

collettivi
individuali
_____________________________
maschili
femminili
aspetto morfologico                     
singolari
plurali
_____________________________

                                               primitivi
derivati

forma                                     alterati (diminutivi, accrescitivi, vezzeggiativi, dispregiativi)

                                               composti

  • Il nome: aspetto semantico

 

Dal punto di vista semantico i nomi si dividono in: nomi concreti e nomi astratti, nomi propri e nomi comuni, nomi individuali e nomi collettivi. Ogni nome, come è ovvio, può appartenere a più categorie semantiche: può essere un nome comune e concreto, un nome proprio e concreto e simili.

    • I nomi concreti e i nomi astratti

I nomi concreti designano esseri, oggeti o fenomeni che appartengono al mondo esterno e sono percettibili con i sensi o si immagina che esistano e appartengano a questo mondo anche se non sono percettibili con i sensi: bambino, leone, casa, medico, Pierino, abete, sedia, pioggia, Tevere.

I nomi astratti invece designano entità non percettibili con i sensi ma raffigurabili soltanto a livello mentale, come sentimenti, stati d'animo, concetti, qualità morali, proprietà di essere o di cose e anche semplici azioni:

  • bellezza, speranza, giustizia, maturità, lealtà

Nella pratica la distinzione fra nomi concreti e nomi astratti è molto meno semplice di come potrebbe apparire a prima vista: malattia – nome concreto: condizione fisica ben precisa e percettibile vs. nome astratto – concetto astratto: infatti è la «persona malata» che ha un preciso riscontro nella realtà sensibile.
Angelo – un essere ben definito, può essere anche raffigurato graficamente, ma la sua esistenza non è certo percettibile attraverso i sensi. Secondo questa definizione angelo sarebbe nome conreto come Giove, Dio, fantasma, ma secondo altri studiosi sarebbe nome astratto.

- partenza, corsa, salto, lettura indicano al tempo stesso un concetto astratto e un'azione percettibile con i sensi, anche se priva di consistenza materiale (alcuni studiosi alle due classi tradizionali aggiungono una terza: nomi indicanti azione)

bellezza -  Tutti amano la bellezza / Laura è una bellezza
succo -  succo di frutta / il succo della facenda

    • I nomi comuni e i nomi propri

I nomi comuni indicano persone o cose in senso generico, designandoli come individui o elementi qualsiasi di una medesima specie, categoria o classe:

  • ragazzo, dottore, fiume, cavallo, sedia, zio.

I nomi propri indicano un solo individuo particolare di una specie o di una categoria in modo tale da distinguerlo da tutti gli altri della medesima specie o categoria:

  • Paolo, Rossi, Adige, Palermo, Maria

La differenza tra nomi propri e comuni è evidente nei gruppi nominali: la zia Maria, il fiume Adige, il dottor Rossi.
I nomi che indicano gli abitanti di una nazione sono considerati i nomi propri anche se non designano un individuo determinato, ma categorie di individui.
Sul piano grammaticale e sintattico:

  • i nomi propri non possono essere usati al plurale
  • i nomi comuni sono sempre preceduti dall'articolo (almeno quando il gruppo nominale è in funzione di soggetto o oggetto), mentre la magior parte dei nomi propri lo rifiutano.
  • i nomi propri richiedono la maiuscola.
    • I nomi individuali e i nomi collettivi

 

I nomi individuali designano una singola entità – essere vivente, oggetto o concetto – indicandola con il suo nome proprio oppure con il nome comune:

  • Gianni, ragazza, cavallo, imbuto.

Ovviamente, essi possono indicare più individui, ma solo al plurale.

I nomi collettivi sono nomi che, pur essendo di numero singolare, indicano una pluralità di persone, di animali o di cose sia numericamente indeterminata:
            gente, popolo, folla, squadra, gregge, sciame, fogliame, vasellame
sia numericamente determinata:
            coppia, paio, dozzina, centinaio
Al plurale, i nomi collettivi indicano due o più gruppi: popoli, greggi, sciami.
Concordanza con il predicato:
in funzione di soggeto = verbo al singolare: La folla aspettava l'oratore
accompagnato da una specificazione che indica «di chi» o «di che cosa» = verbo sia al singolare che al plurale (Una parte degli abitanti ha lasciato / hanno lasciato il paese).

  • Il nome - aspetto morfologico

 

Dal punto di vista della forma, il nome ha una caratteristica fondamentale che lo individua e lo distingue dal verbo: di solito ha forme diverse per esprimere il genere (maschile/femminile) e il numero (singolare, plurale). Il verbo varia nel tempo, modo, persona

Ogni nome è formato da due parti, ciascuna delle quali è fornita da un significato. La prima parte, che si chiama morfema lessicale o radice contiene il significato di base del nome; la seconda parte che si chiama morfema grammaticale o desinenza, contiene le indicazioni grammaticali: il genere e il numero.

gatto
gatt-o
radice + desinenza
mamifero dei felini, quadrupede   + maschile, uno solo

Ogni desinenza combina insieme due tipi di informazioni: quella relativa al numero e quella relativa al genere.
la declinazione (o flessione) - l'insieme delle desinenze che si possono aggiungere a un nome

Alcuni nomo sono declinabili solo quanto al numero del nome: il preside/la preside, i presidi, le presidi.
Altri sono indeclinabili: il cinema, i cinema

2.1. Il genere del nome: maschile e femminile

Il genere del nome è un fatto importante perché dal genere del nome dipendono le concordanze degli aggettivi che si riferiscono al nome.
Non bisogna confondere il genere naturale con il genere grammaticale che è un genere formale. Il genere naturale conicide con il sesso.

Il genere grammaticale coincide con il genere naturale con i nomi che indicano esseri animati (padre, sarto, lupo, gatto – madre, sarta, lupa, gatta)

Eccezioni:
la spia, la guardia, la guida, la recluta, la sentinella – con questi nomi aggettivi e participi pasati devono essere accordati al femminile, perché quello che conta è il genere grammaticale del nome: La sentinella è stata molto scrupolosa.

il soprano, il mezzosoprano, il contralto – indicano donne: Luisa Verdi è una famoso soprano.
Per i nomi di cosa,  cioè per i nomi che indicano oggetti, concetti astratti o azioni, la distinzione tra genere maschile e genere femminile è del tutto arbitraria – il genere è fissato dall'uso e dalla consuetudine linguistica. GG ha importanza solo ai fini della grammatica, cioè ai fini della concordanza di eventuali articoli, aggettivi o participi passati riferiti al nome.

Due elementi possono aiutare a individuare il genere di un nome: la desinenza e il significato.

In rapporto alla desinenza sono maschili:

  • i nomi con la desinenza in –o: il treno, il prato, il sonno, il discorso. Molti nomi pur avendo la desinenza in -o sono femminili: la mano, la dinamo, la radio, la biro. La parola eco, al singolare di preferenza femminile, al plurale sempre maschile. Sono femminili molti nomi che terminano in –o  per effetto di accorciamento come ad esempio: la moto, la foto, l'auto;
  • i nomi che terminano con una consonante (di origine straniera): il bar, il camping, il computer, lo sponsor, lo slogan, il toast, l'ananas, ma: la star, la miss, l'holding perché sono femminili nella loro lingua originaria.

Sono, invece, femminili:

  • i nomi con desinenza in-a: la casa, la luna, la sedia, la bellezza. Numerosi, però sono i nomi che, pur avendo la desinenza in -a (in particolare quasi tutti quelli in –ema e in –ma) sono maschili: il poema, il problema, il teorema, il cinema, il telegramma, il programma, lo stemma e nomi propri: Andrea, Luca, Elia, Enea, Cosma...
  • i nomi con la desinenza in –i: la crisi, l'analisi, la tesi, la sintesi, l'oasi (Alcuni sono maschili: il brindisi, il bisturi, il safari, l'alibi);
  • i nomi che terminano in -tà o -tù: la bontà, la virtù, la viltà, la gioventù. Maschili nomi in di origine straniera: il caucciù, il tabù.

I nomi con la desinenza in -e possono essere tanto di genere maschile quanto di genere femminile: il mare, il dente, il piede, un ente, la nave, la neve.

In rapporto al significato sono maschili:

  • i nomi degli alberi: il ciliegio, il melo, il pioppo ma la vite, la quercia, la palma
  • i nomi dei metalli, dei minerali e degli elementi chimici: l'oro, l'argento, lo stagno
  • i nomi propri dei mari, dei monti, dei fiumi e dei laghi: il Cervino, i Carpazi,  gli Appenini, lo Ionio, il Ticino, il Tevere, ma sono numerosi anche quelli femminili le Alpi, le Ande, la Senna...

Sono invece femminili:

  • i nomi dei frutti: l'arancia, la pera, la banana, l'uva
  • i nomi delle scienze: l'astronomia, la matematica, la psicologia
  • i nomi degli stati e delle regioni: l'Italia, la Francia, le Marche (ma il Belgio, gli Stati Uniti, gli Abruzzi)
  • i nomi dei continenti, delle città e delle isole: l'Europa, l'Asia, l'affollata Milano, la Sicilia (ma il Cairo, il Pireo, il Madagascar, il Borneo)

Alternanza di genere e significato (falsi mobili)

Alcuni nomi di cose presentano due desinenze diverse, una per il maschile (-o) e una per il femminile (-a). Sono nomi diversi che al maschile hanno un significato e al femminile ne hanno un altro. Per esempio:

il buco (foro) – la buca (fossa)                             il busto – la busta
il regolo – la regola                                                 il caso – la casa
il pianto – la pianta                                                 il gambo – la gamba
il baleno - la balena                                                il cero - la cera                                
il porto – la porta                                                    il corso – la corsa                           
il tappo – la tappa                                                   il banco – la banca
il manico – la manica                                             il palmo – la palma
il palo – la pala                                                        il panno – la panna
il pezzo – la pezza                                                  lo spillo –la spilla
il suolo – la suola
Ci sono poi alcuni nomi di cose che sono identici nella forma, ma che hanno un significato completamente diverso a seconda che siano preceduti da un articolo maschile o femminile. Per esempio:
il capitale – la capitale                               il boa – la boa
il fine – la fine                                             il pianeta – la pianeta
il fronte – la fronte
il lama – la lama
Genere dei nomi di professione: il presidente, la presidente o la presidentessa:

Alcuni nomi di professione in –essa, e in –trice sono di uso comune: dottoressa, poetessa, professoressa, studentessa; ambasciatrice, attrice, levatrice, scritrice, ricamatrice etc.

  • non lasciare il nome maschile riferito a una donna, usare il femminile: La ministra Franca Rossi (non il ministro)
  • non aggiungere la parola donna al nome  maschile che indica la professione: donna poliziotto, donna magistrato...sono espressioni che spostano l'attenzione sul sesso della persona invece che sul ruolo professionale.
  • evitare i nomi di professione che terminano in –essa, tranne quelli gia affermati: termini come giudichessa, ministressa, sindachessa hanno una sfumatura ironica o peggiorativa.

 

maschile

femminile

maschile

femminile

il pilota

la pilota

l'architetto

l'architetta

l'assessore

l'assessora

l'avvocato

l'avvocata

il dottore

la dottoressa

il bagnino

la bagnina

il professore

la professoressa

il chirurgo

la chirurga

il questore

la questora

il deputato

la deputata

il cancelliere

la cancelliera

il magistrato

la magistrata

l'ingegnere

l'ingegnera

il ministro

la ministra

il finanziere

la finanziera

il notaio

la notaia

l'usciere

l'usciera

il poliziotto

la poliziotta

il giudice

la giudice

il sindaco

la sindaca

il presidente

la presidente

il soldato

la soldatessa

lo studente

la studentessa

il vigile

la vigile

il presidente

la presidente

il preside

la preside

il senatore

la senatrice

l'ispettore

l'ispettrice

il consigliere  comunale

la consigliera comunale

il direttore

la direttrice

il colonello

la colonella

l'ambasciatore

l'ambasciatrice

l'amminstratore delegato

l'amministratrice delegata

 

 

 

 

 

 

 

IL NUMERO DEL NOME: SINGOLARE E PLURALE

Formazione del plurale

  • nella maggior parte dei casi mutando la desinenza  morfologica del singolare
  • i nomi si possono dividere in tre classi, a seconda della desinenza del singolare

 

CLASSE

SINGOLARE

PLURALE

1a

nomi -a

maschile in –i
femminile in –e

2 a

nomi in -o

maschile e femminile in –i

3 a

nomi in -e

maschile e femminile in –i

1a CLASSE – NOMI IN -a

il problema / i problemi
il poeta / i poeti

la rosa / le rose               Ecc.    l'ala – le ali
la casa / le case                          l'arma – le armi

I nomi in –ca e –ga conservano il suono velare (duro) della c e della g.
Maschili:
-chi, -ghi
il duca – i duchi                         la piega – le pieghe
il collega – i colleghi                l'alga – le alghe
ma: Il Belga – I Belgi

I nomi femminili in -cia e -gia con i tonica, cioè accentata, formano il plurale regolarmente in -cie e -gie conservando la i:
la farmacia – le farmacie
la bugia – le bugie

I nomi femminili in –cia e –gia con i atona (cioè non accentata) conservano la i se le consonanti c e g sono precedute dalla vocale:      → la i diacritica

la camicie / le camicie
la ciliegia / le ciliegie               
la valigia / le valigie                 

formano il plurale in –ce e –ge se le consonanti c e g sono precedute da consonante:
la buccia / le bucce                                           la doccia – le docce
la mancia / le mance                                       la pioggia – le piogge
la provincia – le province                               

 

I nomi femminili in –scia fanno il plurale in –sce
la fascia / le fasce                      la striscia – le strisce
la biscia – le bisce

alcuni nomi maschili in –a sono invariabili presentano una forma uguale per il singolare

il boa i boa                                             il delta – i delta
il cinema i cinema                                 il vaglia – i vaglia
il gorilla / i gorilla                                

 

2a CLASSE – NOMI IN –o

Nomi maschili e femminili formano il plurale in –i

 il tavolo / i tavoli                                             la mano / le mani

I nomi in –co e –go  -chi, -ghi

il banco – i banchi                     l'albergo –gli alberghi

CO- GO             →        -CI , -GI se sono sdruccioli, accento sulla terzultima sillaba

 

il sindaco – i sindaci                 l'asparago – gli asparagi
l'archeologo – gli archeologi   il medico – i medici

Eccezioni: antropòfago, esòfago, fàrmaco, stòmaco, sarcòfago

Nomi in –logo
se si riferiscono a persone                     -logi (glottologi, psicologi,  sociologi, teologi)
se si riferiscono a cose                          -loghi (dialoghi, prologhi)

- fago antropofagi    sarcofaghi

  • i nomi uscenti in –io con la i tonica  formano regolarmente il plurale in –ii

lo zio – gli zii, il pendio – i pendii

  • -io con i atona  = -i: il cambio – i cambi, l'occhio
  • il figlio – i figli, il bacio – i baci
  • il principio – i principi; il principe – i principi

 

  • l'uomo, il dio, il tempio: gli uomini, gli dei, i templi
  • l'eco – gli echi – al singolare femminile - diventa maschile al plurale

 

  • alcuni nomi di genere maschile in –o diventano al plurale di genere femminile e assumono la desinenza –a: il paio - le paia, l'uovo – le uova (il migliaio, il riso, il centinaio, il miglio)
  • quasi tutti i nomi femminili –in o sono invariabili: la biro, la moto

 

3a CLASSE – NOMI IN –e

il padre – i padri
la nave – le navi
il bue – i buoi

  • i nomi in –ie sono di solito invariabili: la specie – le specie

ecc. l'effigie, le effigi, la superficie – le superfici, la moglie- le mogli

 

I NOMI INVARIABILI – la stessa forma al singolare e al plurale

  • i nomi monosillabi terminanti in vocale: il re, lo sci
  • I nomi terminanti in vocale accentata: il caffè, la città
  • i nomi delle lettere dell'alfabeto: la effe-le effe, l'acca-le acca
  • i nomi di origine straniera: il film, lo sport, il memorandum, l'album, la polis (curricula, memoranda)
  • i nomi in -i (per lo più femminili): l'analisi, la crisi
  • alcuni nomi maschili terminanti in -a: il boia, il cinema, il gorilla
  • quasi tutti i nomi femminili in -o: la moto, la foto, l'auto, la radio
  • i nomi che terminano in -ie: la specie, la serie

 

I NOMI DIFETTIVI

Solo al plurale:

  • i nomi che indicano oggetti formati da una coppia di elementi uguali: gli occhiali, le molle, le redini, le bretelle, le forbici, le tenaglie, le mutande, i calzoni
  • alcuni nomi che indicano un insieme di cose o di atti: le stoviglie, i viveri, le viscere, i dintorni, gli annali, le gramaglie (crnina), le masserizie (pokućstvo)
  • alcuni nomi di origine latina: le nozze, le esequie, le ferie, le vestigia (ruševine), i posteri, le tenebre, le calende, le interiora

Solo al singolare:

  • la maggior parte dei nomi astratti; la pietà, il valore, la dolcezza
  • i nomi di metalli o di elementi chimici: il ferro, il petrolio, il bronzo, l'oro
  • i nomi che indicano le cose uniche in natura: l'universo, l'equatore
  • alcuni nomi di prodotti alimentari: il latte, il miele, il pepe, il riso, il grano
  • alcuni nomi di malattie: la peste, il tifo, il morbillo
  • altri nomi come: l'aria, la fame, la sete, il sangue, il fiele

I NOMI SOVRABBONDANTI – hanno due forme per il plurale, maschile e femminile di solito con significati diversi:

il braccio                               il fuso
il budello                              il grido,    il gesto
il calcagno                            il labro
il cervello                             il lenzuolo
il ciglio                                  il membro
il corno                                  il muro
il cuoio                                  l'osso
il dito                                     l'urlo
il filo
il fondamento

 

IL NOME : ASPETTO FORMALE

Dal punto di vista della loro forma, o meglio, in rapporto al modo in cui sono formati come parole, i nomi possono essere:

  • PRIMITIVI
  • DERIVATI
  • ALTERATI
  • COMPOSTI

I NOMI PRIMITIVI – quando non derivano da nessun'altra parola della lingua di cui fanno parte: fiore, uomo, cane, pagina
Nomi primitivi =
morfema lessicale (radice) + morfema grammaticale (desinenza)

Essi sono il punto di partenza per la formazione di derivati, alterati e composti.

 

I NOMI DERIVATI – nomi che si sono formati dalla radice di altri nomi:
fiorista, fioraio, fioreria, fioritura
radice + affisso (suffisso o prefisso) fior –ista

 

I NOMI ALTERATI – nomi che mediante appositi suffissi «alterano» cioè modificano lievemente il loro significato che assume particolari sfumature qualitative.
A seconda dei suffissi che li modificano e quindi, dalla sfumatura qualitativa, si dividono in diminutivi, vezzeggiativi, accrescitivi, peggiorativi

 

NOMI

SUFFISSI

ESEMPI

nomi diminutivi
(indicano piccolezza)

-ino
-etto
-ello
-icello
-icciolo

tavolino
libretto
bambinello
monticello
porticciolo

nomi vezzeggiativi
(indicano piccolezza con una sfumatura di simpatia e di gentilezza)

-uccio
-otto
-acchiotto
-olo
-uzzo

cavalluccio
bambinotto
orsacchiotto
figliolo
labruzzo

nomi accrescitivi (indicano grandezza)

-one
-accione
-acchione

librone
omaccione
fratacchione

nomi peggiorativi
(indicano disprezzo e avversione)

-accio
-astro
-ucolo
-azzo
-onzolo
-uncolo
-uzzo
-iciattolo

libraccio
medicastro
poetucolo
amorazzo
mediconzolo
uomo-omunculo
viuzza
fiumiciattolo

  • il nome alterato conserva per lo più lo stesso genere del nome da cui deriva. Talvolta può essere di genere diverso – soprattutto con suffisso

- one: una donna – un donnone; una bottiglia – un bottiglione, anche una tigre – un tigrotto (due forme in –one: una medagliona,  un medaglione)

  • il cambiamento del genere  spesso nei diminutivi: il sapone – la saponetta
  • i nomi astratti generalmente non vengono alterati tranne: vizio – vizietto, viziaccio; amore – amoretto, amorazzo, amoruciio,amorino; capriccio – capriccetto.
  • il suffisso –aglia trasforma i nomi in nomi collettivi: soldataglia, ragazzaglia
  • talvolta si uniscono più  suffissi alterativi: fior-ell-ino, cas-ett-ina
  • possono essere alterati i nomi propri di persona: Carlino, Carletto, Graziella, Carlone. Alterati mediante l'abbreviazione Giuseppe - Pino, Pinuccio, Luigi - Gigi, Gino, Antonia – Nina.

 

 

 

 

 

I NOMI COMPOSTI sono nomi formati dall'unione di due o più parole: pescespada, portalettere, aspirapolvere

  • fusione dei singoli significati
NOME + NOME: pesce + cane = il pescecane
  • se sono dello stesso genere formano il plurale modificando la desinenza del secondo nome: il cavolfiore – i cavolfiori, la madreperla – le madreperle
  • se sono di genere diverso, il primo elemento assume la desinenza del plurale: il pescespada – i pescispada
  • ma: la ferrovia – le ferrovie, la banconota – le banconote
  • il crocevia, il fondovalle, il cruciverba rimangono invariati al plurale

 

NOME + AGGETTIVO

  • al plurale modificano la desinenza entrambi gli elementi

la cassaforte – le casseforti  la terracotta – le terrecotte
Ma: il camposanto – i camposanti, il palcoscenico – i palcoscenici, il pianoforte -  i pianoforti, il pellerossa – i pellerossa, i pellirosse

 
AGGETTIVO + NOME

(maschile)     il bassorilievo - i bassorilievi
il gentiluomo – i gentiluomini    - cambia il nome
* l'altopiano – gli altopiani/altipiani
il bassofondo – i bassofondi/bassifondi 
composti con sangue – invariati al plurale: il purosangue, il mezzosangue
(femminile)   la malalingua – le malelingue
la mezza luna – le mezzelune – ambo elementi desinenza plurale
* la mezzanotte – le mezzanotti/ le mezzenotti
   la piattaforma – le piattaforme

AGGETTIVO + AGGETTIVO
- cambia solo la desinenza del secondo elemento: il sordomuto – i sordomuti

VERBO + NOME
passa + porto = il passaporto
Se il nome è singolare maschile , in plurale cambia: il parafango – i parafanghi
Se il nome è femminile, in plurale rimane invariato: l'aspirapolvere – gli aspirapolvere

Fanno eccezione: l'asciugamano/i, il battimano /i, il corrimano/i

Se il nome è plurale, il nome composto rimane invariato: il portaombrelli, il mangianastri

 
VERBO + VERBO

dormi+veglia = il dormiveglia, il pigiapigia
I nomi composti rimangono invariati

VERBO + AVVERBIO
posa + piano = il posapiano
- NC invariati

PREPOSIZIONE + NOME

sopra + nome = il soprannome
Se il nome è maschile, il nome composto cambia la desinenza:
il contrattacco/i contrattacchi
il sottopassaggio/ i sottopassaggi

* il fuoricorso e il senzatetto rimangono invariati.

Se il nome è femminile, il nome composto rimane invariato:
il doposcola – i doposcuola
il retroterra – i retroterra
* la sottoveste fa le sottovesti e composti con sopra: la soprattassa – le soprattasse

AVVERBIO + AGGETTIVO: sempre + verde = il sempreverde – i sempreverdi

  • cambia la desinenza dell'aggettivo

AVVERBIO + VERBO: bene + stare = il benestare – invariati al plurale

NOME + PREPOSIZIONE + NOME: fico + di + India = il ficodindia
il ficodindia-i fichidindia
il pomodoro – i pomidoro, i pomodori, i pomidori

Nel caso di incertezza è opportuno ricorrere al dizionario che registra il plurale di tutti i nomi composti.

 

PREPOSIZIONE

Caratteristiche e funzioni della preposizione
Le preposizioni sono parole invariabili che precedono un nome, un pronome o un verbo all'infinito e hanno la funzione di mettere in relazione tra loro due elementi di una frase:
Vado a casa di Maria.
o due o più frasi:
Vado a casa di Maria /per studiare (finale implicita)

L'insieme preposizione+nome (o pronome o verbo) dipende da un'altra parola o da un'intera frase:
a casa dipende da vado, di Maria dipende da casa, per studiare dipende dall'intera frase Vado a casa di Maria.
Solo il soggetto, il predicato e il complemento oggetto sono introdotti direttamente, senza le preposizioni (Maria lava i piatti).
Le preposizioni hanno una funzione subordinante e introducono tutti i complementi indiretti in una frase.
Le preposizioni statisticamente più frequenti sono di (può elidersi davanti ad altra vocale), a (si può avere ad, in particolarmente davanti ad a).

Classificazione

  • preposizioni proprie:     a) semplici: di, a,  da, in, su, con, per, tra/fra

b) articolate: del, degli, dei, al, allo ecc.

  • preposizioni improprie:            davanti, dietro, dopo, fuori, senza, lungo
  • locuzioni prepositive:   lontano da, fuori di, vicino a, insieme con

 

La preposizione «di»

indica un collegamento, un rapporto tra due elementi della frase.
La preposizione di introduce i seguenti complementi indiretti:

  • specificazione: Devo comprare il libro di geografia; Abbiamo ammirato gli affreschi di Giotto, specificazione possessiva:hai visto la nuova macchina di Andrea?
  • denominativo: nella città di Milano, nel mese di luglio
  • partitivo: uno di noi sarà eletto capoclasse; il più bravo della squadra
  • paragone: Paolo è più educato di te. La rosa è meno profumata del giglio.
  • materia: Ti piace questa borsa di pelle?
  • argomento: Abbiamo parlato di politica.
  • mezzo: Bisogna ungere la padella di burro.
  • abbondanza o privazione: Ho l'armadio pieno di vestiti. E completamente privo di ironia.
  • limitazione: soffre spesso di reumatismi
  • valori locativi; moto da luogo, moto per luogo: se passo di là te lo farò sapere
  • origine/provenienza: sono di Spalato
  • tempo/età: D'estate fa caldo; ho una figlia di sei anni.
  • colpa: quest'uomo è accusato di omicidio.
  • qualità: mia madre è una donna di bassa statura.
  • quantità: qual muro di 3 metri non si può superare
  • modo o maniera: i miei figli studiano di malavoglia.
  • causa: ieri sera non sono uscita perché morivo di sonno.
  • fine: ogni ristorante deve avere un'uscita di sicurezza
  • prezzo: il suo prezzo è di circa due milioni

 

La preposizione «a»

Il valore fondamentale della preposizione a è quello di «direzione».
La preposizione a introduce i seguenti complementi indiretti:

  • termine (a chi o a che cosa e destinata l'azione espressa dal verbo): regalare un disco a un amico; chiedilo a Roberto
  • stato in luogo: abitare a Roma, restare a casa.
  • moto a luogo: vado a Firenze, non vengo al cinema con voi
  • tempo: svegliarsi all'alba, a mezzogiorno
  • età: Leopardi morì a trentanove anni.
  • modo: palare a voce bassa, imparare a memoria, pasta al sugo, bistecca ai ferri
  • mezzo: andare a piedi, barca a vela
  • causa: rise alla battuta
  • fine: andare a caccia
  • vantaggio/svantaggio: il fumo fa male al cuore e ai polmoni
  • prezzo, misura: ho comprato queste scarpe a 55 Euro.
  • limitazione: a parole sono tutti disponibili
  • qualità: un maglione a collo alto, una villa a due piani
  • distanza: abita a cento metri da casa mia

La preposizione «da»

Il valore fondamentale della preposizione da è quello di provenienza.
La preposizione da introduce i seguenti complementi indiretti:

  • moto da luogo: vengo da Milano
  • moto a luogo: arrivo subito da te
  • stato in luogo: ti aspetto dall'avvocato
  • moto per luogo: sono fuggiti dall'uscita di servizio
  • agente (qualcuno che compie un'azione passiva) e causa efficiente (qualcosa che compie un'azione passiva: il papa è stato applaudito da tante persone; la barca fu travolta dalle onde
  • causa: piangeva dalla gioia
  • separazione, allontanamento: i Pirinei dividono la Francia dalla Spagna, non riesce a staccarsi da quegli amici
  • origine, provenienza: la lingua italiana deriva dal latino
  • tempo: non lo vedo da molti anni
  • mezzo: giudico le persone dai fatti, non dalle chiacchere
  • fine: carte da gioco, sala da pranzo, spazzolino da denti
  • qualità: una ragazza dagli occhi azzurri
  • limitazione: non sento bene dall'orecchio destro.
  • stima, prezzo: un'automobile da sette milioni
  • modo: agire da galantuomo, trattare da amico
  • predicativo: fare da padre, fungere da presidente

La preposizione «in»

Il valore fondamentale della preposizione in è quello di «collocazione» nello spazio o nel tempo.
La preposizione in introduce i seguenti complementi indiretti:

  • stato in luogo: sto in ufficio; vivo in città; abito in via Cairoli,
  • moto a luogo: quest'estate vado in Francia, scendo in cantina, vado in ufficio
  • tempo determinato: sono nato nel 1950;verrò nel mese di maggio
  • tempo continuato: finirò il lavoro in due settimane, ho letto il libro in poche ore
  • modo: essere in dubbio, stare in ansia; vivere in solitudine; riso in bianco, patate in umido
  • quantità: In quanti siete? Siamo in sei.
  • fine: venire in soccorso, mandare in omaggio
  • limitazione: laureato in medicina, bravo in matematica
  • mezzo: andare in treno, pagare in contanti, venire in moto
  • materia: mobili in noce, scultura in bronzo
  • predicativo: prendere in moglie

La preposizione «su»

Indica fondamentalmente «approssimazione» e «posizione superiore»
La preposizione «su» introduce i seguenti complementi indiretti:

  • stato in luogo: il libro è sul tavolo; un neo sulla guancia
  • moto a luogo: andiamo sul terrazzo; rimetti la penna sulla mia scrivania. Può significare «verso»: le finestre danno sul giardino o «contro»: la pioggia batte sui vetri
  • argomento: Ho letto un libro su Cristoforo Colombo
  • tempo determinato: sul far della sera
  • tempo continuato: rimarrò fuori casa sui quindici giorni (circa)
  • età: una donna sui trent'anni
  • stima, prezzo: Il costo dell'auto si aggira sui ventimila euro
  • quantità, misura: Andrea è alto sul metro e settantacinque
  • modo: lavorare su ordinazione

La preposizione «con»

Il valore fondamentale è quello di «unione o partecipazione».
La preposizione con introduce i seguenti complementi indiretti:

  • compagnia o unione: vado con lui, arrosto con patate; è sposata con un americano
  • relazione: ho un appuntamento con il medico, combattere con i nemici
  • mezzo: battere con un martello, arrivare con l'aereo
  • modo: guardare con attenzione; lavorare con impegno
  • qualità:una ragazza con i capelli biondi
  • causa: con questo caldo è difficile lavorare
  • limitazione: come va con lo studio?
  • tempo: le rondini se ne vanno coi primi freddi

La preposizione «per»

Il valore fondamentale della preposizione per è quello di «tramite».
La preposizione per introduce i seguenti complementi indiretti:

  • moto per luogo: passare per Milano; uscire per la porta.
  • moto a luogo: partire per l'America, l'autobus per la stazione
  • stato in luogo: era seduto per terra
  • tempo continuato: ho lavorato per tutta la notte
  • tempo determinato: l'appuntamento è fissato per stasera
  • mezzo: comunicare per telefono; inviare per posta
  • causa: soffrire per la lontananza
  • fine: combattere per la libertà
  • vantaggio/svantaggio: meglio (peggio) per loro; sacrificarsi per i figli
  • modo: chiamare per ordine alfabetico; raccontare per filo e per segno
  • prezzo, stima, misura: per quanto hai venduto la moto?; danni per oltre un miliardo
  • limitazione: per me ha ragione, per questa volta ti perdono.
  • distributivo: in fila per due; dividersi per classi
  • colpa, pena: sarà processato per furto; una condanna per omicidio
  • predicativo: lo prenderanno per matto
  • sostituzione: capire una cosa per altra; sono venuto io per lui

Le preposizioni «tra» e «fra»

  • indicano una posizione intermedia tra due elementi; non ci sono differenze di significato tra le due forme (è meglio dire fra travi e tra frati)

Le preposizioni tra  e  fra introducono i seguenti complementi indiretti:

  • stato in luogo: una casa tra gli alberi
  • compagnia: ama stare fra gli altri; Parla pure, siamo tra amici!
  • relazione: tra moglie e marito non mettere il dito
  • partitivo: sei il migliore tra i miei amici
  • tempo: arriverà tra due ore; sono libero tra le otto e le nove
  • distanza: tra due chilometri c'è un benzinaio
  • moto a luogo: tornerà fra noi per le vacanze
  • moto per luogo: Il sole filtra tra i rami

Altre preposizioni
davanti, dietro, contro, dopo, prima, insieme, sopra, sotto, dentro, fuori, lungo, vicino, lontanto, salvo, secondo, durante, mediante, nonostante, escluso, eccetto, tranne ecc.
Queste si chiamano preposizioni improprie perché sono anche avverbi o aggettivi
L'ho rivisto dopo molto tempo (prep) / L'ho rivisto dopo (avv.)
Camminare lungo la riva (prep.) /Un lungo cammino (agg.)

 

Fonte: https://www.ffst.unist.hr/_download/repository/fonologia,_nome,_preposizione.doc

Sito web da visitare: https://www.ffst.unist.hr/

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