Linguistica

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Linguistica

 

EDUCAZIONE LINGUISTICA

Un po’ di linguistica testuale

Prof. Manzoni Luca

INDICE

1. Che cos’è un testo?

                   § 1.1 Il testo secondo De Beaugrande e Dressler.

 

2. I criteri  della comunicazione testuale?

                               § 2.1 La coerenza

                        § 2.2 La coesione

                        § 2.3 La intenzionalità

                        § 2.4 La accettabilità

                        § 2.5 La informatività

                        § 2.6 La situazionalità

3. Le funzioni linguistiche – testuali

       § 3.6  I FÓRICI ( o PRO-FORME o SOSTITUENTI )
§ 3.6  LA ELLISSI
§ 3.6  LA COLLOCAZIONE
§ 3.6  I CONNETTIVI
§ 3.6 LA DEISSI

                  
4. Esercizi sulla testualità

 

5. Soluzioni agli esercizi.

 

 

Che cos’è un testo?

§ 1.1 Il testo secondo De Beaugrande e Dressler

 

            Il testo è l’unità fondamentale dell’attività comunicativa umana, la manifestazione linguistica di un messaggio inviato da un emittente a uno o più destinatari affinché questi possa comprenderlo  da un punto di vista morfologico ( = forma esteriore delle parole ), sintattico ( = funzionamento logico delle parole) e semantico ( = significato delle parole): la correttezza di un testo dipende dalla compresenza di questi tre livelli testuali; se manca uno dei tre, il testo perde di correttezza
La testualità non è dunque una caratteristica intrinseca di un insieme di enunciati: è attribuita a un oggetto linguistico da un essere senziente che lo sottopone a scrutinio e valutazione di natura morfologica,  sintattica e semantica ( = significato del testo)
( ex.  “Idee verdi dormono furiosamente” = è un testo ?? > problem solving in classe ).
La nozione di testualità ha affascinato i linguisti, dando vita a numerosi modelli teorici. Nello specifico, secondo il noto modello di Robert-Alen de Beaugrande e Wolfgang Ulrich Dressler, il testo è un’occorrenza comunicativa che soddisfa sette criteri, in parte inerenti al testo, in parte incentrati sugli utenti o sulla situazione comunicativa.

  • Quanti e quali sono i criteri  della comunicazione testuale?       

 

La comunicazione testuale è definita come “qualsiasi forma di comunicazione che avviene mediante testi, scritti o orali”; la comunicazione testuale si basa su sette criteri costitutivi che possono essere inerenti al testo stesso (= COESIONE ; COERENZA), inerenti agli utenti del testo, lettori  ascoltatori  (=INTENZIONALITA’; ACCETTABILITA’), oppure inerenti alla situazione comunicativa (=INFORMATIVITA’, SITUAZIONALITA’, INTERTESTUALITA’).

§ 2.1 Criteri inerenti al testo

1.   la coesione          (1)      

La coesione è l'insieme di meccanismi di cui un testo si serve per assicurare il collegamento tra le sue parti al livello profondo. Essa è paragonabile ad un muro il quale superficialmente appare come compatto grazie all’uso della tintura, ma sotto questo strato è costituito da mattoni resi uniti e compatti dal cemento: la coesione testuale è proprio questa compattezza profonda, ottenuta attraverso l’uso di “parole – collante” che rendono appunto coese (= compatte) le frasi e le sequenze / paragrafo ( = mattoni ) che formano il testo.
Il grado di coesione testuale è dato quindi dalla sintassi superficiale del testo: le ripetizioni, le unità tempo aspettuali, i parallelismi, i deittici sono fenomeni che garantiscono coesione al testo.

Ad esempio in un testo si verificano spesso ripetizioni di elementi (ricorrenza); ciò avviene in particolare nella lingua parlata, perché non c'è il tempo di pianificare l'enunciazione e perché il testo di superficie si disperde facilmente; per evitare queste ripetizioni al livello formale esistono dei meccanismi particolari quali i FÓRICI e le ELLISSI.

I  FORICI sono parole che “fanno le veci” di termini o di espressioni già nominate o che devono ancora essere nominate; le parole per eccellenza che possono esprimere questa funzione fòrica sono i pronomi dimostrativi e determinativi ( Cfr. etimologia = PRO = “al posto di” + NOMEN = “nome” ).

Dal punto di vista della funzione testuale, i pronomi si distinguono in anaforicie cataforici, mentre il termine con cui “conferiscono” ( = a cui si riferiscono ), è detto co-referente, e questo può trovarsi prima ( = fisicamente a sinistra) o dopo ( = fisicamente a destra ) nel testo.
Si dicono pronomi anaforici quei pronomi che vengono usati DOPOil co-referente ad esempio:
c'era una volta una ragazza, ella era bionda.
Si dicono pronomi cataforici quei pronomi che vengono PRIMA del co-referente:
non so se egli avesse ragione, ma Gianni sembrava convinto

Le ELLISSI sono mezzi di coesione che consistono nella cancellazione degli elementi che vengono ripresi in un testo. In italiano, ad esempio, si verifica molto spesso l'ellissi del soggetto:
Lory non riusciva a seguire il film, quindi[0] si addormentò.
Hai visto nessuno? No[0](non ho visto nessuno)
Le ellissi occorrono anche in inglese:
Do you want a cup of tea? Yes I do [0] (want a cup of tea).
Un altro mezzo di coesione è costituito dai giuntivi, ossia le congiunzioni (e), le disgiunzioni (o) le controgiunzioni (ma, però), le subordinazioni, tutte relazioni di coerenza che tengono connesse le frasi tra loro.
Per garantire la coesione di un testo esiste anche un procedimento mediante il quale, utilizzando particolari elementi linguistici, i deittici, si mette in rapporto l’enunciato con la situazione spazio-temporale a cui si riferisce. I deittici in senso stretto possono essere personali e sociali, spaziali e temporali,
La deissi personale riguarda la codifica del ruolo dei partecipanti all'evento comunicativo; sono deittici i pronomi tonici: la 1° persona singolare (io), indica il riferimento del parlante a se stesso, la 2° persona (tu) indica il riferimento del parlante a chi parla e la 3° persona (egli) indica un riferimento a persone assenti; e i pronomi atoni o clitici (ne, lo, la, li, ecc.) che sono usati per riprese anaforiche, a breve distanza dall'elemento cui si riferiscono nel testo come nell’esempio:
sto preparando il caffè, ne vuoi una tazza?
Fanno parte della deissi personale anche gli appellativi (chi) e gli allocutivi (signora, ehi, lei ecc).
I deittici sociali sono quelli che vengono usati per esprimere il rapporto di ruolo che lega i partecipanti all'interazione. Gli allocutivi naturali (tu) si usano nei rapporti paritari, mentre nei rapporti gerarchici si usano gli allocutivi di cortesia (lei, voi). Attraverso la scelta dell'allocutivo chi parla segnala la propria valutazione del rapporto di ruolo esistente fra se e l'interlocutore e del ruolo sociale dell'interlocutore e anche del grado di formalità della situazione.
La deissi spaziale riguarda la codifica delle collocazioni spaziali relativamente alla posizione dei parlanti nell'evento comunicativo; i deittici spaziali possono essere prossimali o distali.
I principali deittici spaziali sono gli avverbi di luogo: qui, qua, lì, là, che situano l'oggetto rispetto al luogo in cui si trovano i parlanti e i pronomi dimostrativi: questo, codesto quello situano l'oggetto rispetto ai singoli interlocutori e i pronomi personali: costui, costei, colui colei coloro situano l'oggetto rispetto agli interlocutori anche se hanno connotazione negativa.
La deissi temporale codifica in punti ed in intervalli di tempo relativamente al momento in cui viene pronunciato l'enunciato; sono deittici temporali sia gli avverbi di tempo, sia i tempi grammaticali che distinguono il tempo di codifica dal tempo di ricezione.
Tra i tipi di deissi Levinson[3] annovera anche la deissi testuale, che concerne l'uso, all'interno di un enunciato, di espressioni che si riferiscono ad una parte del discorso che contiene tale enunciato come ad esempio, l'uso di espressioni quali: comunque, o di espressioni temporali per fare riferimento a porzioni di discorso: l'ultimo passaggio, il primo verso, la frase precedente ecc.
Nella categoria della deissi testuale rientra anche l’articolo: la scelta fra l'articolo determinativo e l'articolo indeterminativo è definita infatti dalle caratteristiche del referente e dall'organizzazione informativa del testo. Se il referente è costituto da una categoria generale si usa l’articolo determinativo: il gatto è un felino; se invece il referente è costituito da un termine che indica un individuo specifico si usa l'articolo indeterminativo: Ho visto un gatto nero.
Rispetto alla struttura informativa se l'articolo riguarda un referente già menzionato (dato) si usa l’articolo determinativo, altrimenti, nel caso di un referente nuovo, cioè menzionato per la prima volta in quel punto del testo e non presente nelle conoscenze condivise dei parlanti, si usa l’indeterminativo; ad esempio: c'era una volta un re...il re disse.

2.   la coerenza         (2)
Concerne la configurazione di concetti e relazioni tra concetti soggiacente al testo di superficie. In parole più semplici, la coerenza è la caratteristica di un testo che presenti contenuti logicamente ben collegati tra di loro, ed è pertanto il risultato dei processi cognitivi degli utenti, volti al recupero delle informazioni implicite contenute in uno scambio comunicativo.
Alcuni testi risultano immediatamente coerenti: “Mario, quando vide le prime gocce cadere, aprì precipitosamente l’ombrello”. Altri necessitano sforzi maggiori: “Mario, quando vide le prime gocce cadere, chiuse precipitosamente l’ombrello”; in questo secondo caso, l’interprete deve compiere una serie di inferenze: deve cioè ipotizzare che nella situazione descritta dal testo Mario si trovi sulla soglia di casa, in procinto di uscire con l’ombrello aperto, e che, vedendo cadere con violenza le prime gocce, abbia deciso di rientrare.
La coerenza, a differenza della coesione, è data invece ad un livello più profondo, cioè quello della continuità di senso che caratterizza un testo. Essa riguarda la struttura semantica di un testo e la struttura logica e psicologica dei concetti espressi. Un testo produce senso se esiste una continuità di senso all'interno del sapere attivato con le espressioni testuali; un testo privo di senso è un testo in cui i riceventi non riescono a rilevare una tale continuità.
Il testo: I passeggeri del volo BZ415 per Milano sono pregati di ritirare il loro bagaglio presso il settore 5, è coerente, perché comprensibile e organizzato secondo il rispetto puntuale di regole e modalità di uso; ciò consente ai destinatari del messaggio di capire il fine del messaggio e conseguentemente di recarsi al settore 5 per ritirare il proprio bagaglio.
Mentre un testo come quello che segue:
                        I passeggeri del bagaglio BZ415 sono pensati di pregare il loro calzolaio nella presso volo
è incoerente perché contiene due verbi (pensare e pregare) che non hanno alcun rapporto né fra loro né col contesto in cui figurano, un nome (calzolaio) che è del tutto fuorviante, un avverbio (presso) e una preposizione articolata (nella) male adoperati; di conseguenza anche se passeggeri, bagaglio, BZ415 e volo appartengono allo stessa area di significato, il messaggio risulta incoerente ed incomprensibile perché nessuno dei destinatari riuscirà a capire il fine con il quale è stato emesso.
La coerenza di un testo non risiede solo nelle sue caratteristiche propriamente linguistiche, ma anche nell'insieme delle conoscenze enciclopediche preesistenti con cui il ricevente elabora il testo e lo confronta; un testo risulta coerente quando nel riceverlo il destinatario è in grado di attivare (cioè di richiamare alla memoria) una serie di conoscenze già immagazzinate e condivise: l’insieme di conoscenze reciproche che il parlante e l’ascoltatore hanno di loro stessi, l’insieme delle conoscenze riguardo le eventuali precedenti interazioni comunicative che l’uno presuppone nell’altro e viceversa e  l’insieme di conoscenze della realtà esterna..
Quando si usano espressioni linguistiche in una funzione comunicativa si attivano le relazioni ed i concetti corrispondenti in uno spazio di lavoro mentale; questo spazio, o deposito, può accogliere un numero limitato di unità da memorizzare contemporaneamente, ma  se tra le unità ci sono invece collegamenti concettuali, il deposito riesce a memorizzare un numero più ampio di concetti. Di conseguenza si presuppone che il sapere alla base dell'uso testuale sia organizzato in pattern globali, ossia in schemi che funzionano come centri di inquadramento di determinate conoscenze e che, essendo molto frequenti, permettono delle previsioni sul senso dei vari concetti .
Quindi quando si analizza un testo a livello superficiale si attiva sia una analisi di tipo grammaticale, sia un’analisi di tipo concettuale, volta a ricostruire la continuità di senso all’interno del  messaggio.

 

§ 2.2 Criteri inerenti agli utenti del testo ( emittente e destinatario )

            I legami pertinenti alla conformazione di un testo non rappresentano una condizione necessaria e neppure sufficiente a determinare coerenza ed efficacia performativa. Ci occorrono, pertanto, anche nozioni incentrate sull’emittente e sul destinatario, i cui ruoli sono fondamentali per la buona riuscita di qualsiasi evento comunicativo:

III. l’intenzionalità           (3)
Il criterio dell'intenzionalità riguarda l’intenzione di chi produce un testo coeso e coerente, ovvero l'atteggiamento del locutore rispetto al conseguimento di determinati scopi.
Già Austin[4] e Searle[5] a partire dagli anni ’50 si erano dedicati ad analizzare e a schematizzare le intenzioni di chi produce atti linguistici. Secondo il punto di vista di Austin e Searle, chi parla compie, attraverso l’uso della lingua, una serie di atti di volontà di diverso tipo: vuole convincere, chiedere, invitare, negare e via dicendo. Quando si dice qualcosa, si possono sortire degli effetti sui sentimenti, sui pensieri e sulle azioni degli ascoltatori, del parlante o di altre persone. L'espressione può essere prodotta con il piano o con l'intenzione di suscitare qualche effetto; il parlante è dunque realizzatore di un'azione e la realizzazione di tale azione è un atto perlocutivo.
Austin afferma che dire qualcosa equivale quindi, a compiere tre atti simultanei:
un atto locutorio, un atto illocutorio, un atto perlucotorio.
L'atto locutorio è la produzione fisico-austica dell'atto linguistico, ma anche la sua organizzazione sintattico-semantica. E siccome parlare non si esaurisce nel dire qualcosa, perché  chi parla intende che il proprio interlocutore recepisca ciò che viene detto, l’atto locutorio è anche un atto illocutorio. Per realizzare un atto illocutorio è sufficiente che il parlante formuli un espressione con la quale si obbliga a compiere determinate azioni, l'ascoltatore la comprenda e accetti le sue condizioni.
L'atto illocutorio sortisce un effetto sull'ascoltatore, sui suoi sentimenti e sui suoi pensieri e sulle sue azioni e per questo l’atto illocutorio è un atto perlocutorio, ossia un atto eseguito col dire qualcosa: ispirare, impressionare, imbarazzare, intimidire, persuadere..., azioni linguistiche che sortisconosul destinatario un effetto corrispondente ad un intenzione del parlante. La forza perlocutoria si può dedurre in base all'effetto dell'atto linguistico sull'ascoltatore.
Inoltre Austin classificò gli atti linguistici in cinque classi:
1) verdittivi: con cui si esprime un giudizio, un verdetto (valutare, condannare, ecc.)
2) esercitivi: con cui si fa riferimento all'esercitazione di un potere (ordinare, licenziare,ecc.)
3) commissivi: con cui  ci si assume un obbligo o la dichiarazione (promettere, giurare, ecc.)
4) espressioni di comportamento: che  includono la nozione di reazione ai comportamenti degli altri (scusarsi, ringraziare ecc.)
5) espositivi con i quali si chiariscono ragioni, si argomenta (affermare, negare, spiegare, ecc.).

IV. l’accettabilità             (4)
Il criterio dell'accettabilità riguarda invece, il ricevente: un testo coeso e coerente prodotto con una certa intenzionalità deve essere accettato dal ricevente sullo sfondo di un determinato contesto sociale e culturale; l'accettazione del ricevente prevede sia la tolleranza di determinati disturbi comunicativi, sia la ricerca di una coesione e di una coerenza anche dove queste potrebbero mancare. Inoltre l’accettabilità di un testo si riferisce anche alla disponibilità del ricevente di prendere parte alla conversazione.
.
§ 2.3 Criteri inerenti alla situazione comunicativa

V. l’informatività              (5)
Il criterio dell’informatività si riferisce al grado di prevedibilità o probabilità che determinati elementi o informazioni compaiano nel testo. L'informatività è collegata all'attenzione: testi maggiormente informativi richiedono un'attenzione maggiore rispetto a testi altamente prevedibili.
I principali fattori che contribuiscono alla informatività sono l'intonazione e la struttura dato/nuovo e tema/rema.
L’intonazione, le pause, il ritmo, la quantità, le variazioni di timbro e di velocità di eloquio, sono tutti tratti soprasegmentali che assumono un ruolo rilevante nel processo di produzione e comprensione di un enunciato. Essi segnalano le intenzioni di chi parla (in italiano la differenza tra una frase interrogativa ed una frase dichiarativa è data solo da un diverso contorno intonativo) i confini interni dell’enunciato (le pause e le variazioni della frequenza fondamentale, caratterizzano la struttura informativa del testo) e i punti di maggiore enfasi all’interno dell’enunciato. I tratti relativi alle variazioni timbriche (falsetto, sussurro, bisbiglio, voce rauca) ci forniscono invece informazioni riguardo allo stato emotivo e allo stato di salute del parlatore[7].
L’opposizione dato/nuovo riguarda l'informatività dal punto di vista dell'ascoltatore. Lo scambio enunciativo è reso possibile dal fatto che l’emittente e l’ascoltatore hanno in comune una base di conoscenze; queste conoscenze possono essere sia ricavate da porzioni precedenti dell’enunciato, sia da riinvii all’esperienza extralinguistica, per questo l’enunciato può rinviare anche a qualche cosa che sta al di fuori di esso: l’emittente in questo caso da per scontato che il ricevente possa facilmente ricostruire l’argomento di cui si sta parlando anche se l’argomento non è esplicitamente formulato. Ad esempio:


Ti piace Matisse?

C’è una sua esposizione a Roma

dato

nuovo

Questo enunciato dal punto di vista del ricevente è diviso in due parti: l’informazione data che rinvia ad una conoscenza già acquisita (l’emittente presuppone che il reicevente conosca l’artista Matisse) e l’informazione nuova che integra una nuova conoscenza nel ricevente.
La distinzione tema/rema non coincide con quella dato/nuovo; la prima è incentrata sull’emittente, il quale stabilisce l’argomento di cui vuol parlare, mentre la seconda è incentrata sul ricevente.
Il tema è l'argomento già noto, mentre il rema è ciò che si dice a proposito del tema. In genere il tema in italiano si trova in prima posizione nella frase e spesso corrisponde al soggetto, inoltre da un punto di vista prosodico il tema è caratterizzato da prominenza enunciativa.[8]


Ti piace

Matisse?

Rema

tema

 

VI. La situazionalità         (6)
Per situazione comunicativa si intende l’insieme delle circostanze, sia linguistiche sia sociali, nelle quali l'atto linguistico viene prodotto; pertanto in una situazione si possono riconoscere:
a) un contesto extralingusitico, vale a dire l’insieme di dati, di eventi concreti al momento della comunicazione,
b) un tempo, vale a dire il momento determinato in cui avviene l’atto linguistico
c) un luogo specifico
d) dei ruoli esibiti o attesi dal parlante e dagli ascoltatori
e) un enciclopedia, ossia un insieme di conoscenze reciproche che il parlante e l’ascoltatore hanno di loro stessi, della realtà esterna e delle eventuali precedenti interazioni comunicative che l’uno presuppone nell’altro e viceversa.
La situazione in cui un testo viene prodotto ne decide il senso e l’uso. Un testo come “Portaaaa!” ha senso se pronunciato in una stanza in cui qualcuno ha aperto una porta che dovrebbe restare chiusa; non ne ha se pronunciato in mezzo a una distesa verde e priva della pur minima struttura architettonica.

VII. l’intertestualità       (7)
L’intertestualità è la caratteristica di un testo di istituire rapporti con altri testi compresenti o presenti nel contesto culturale di fruizione e, dunque, depositati in qualche modo nel patrimonio mnemonico dell’interprete. Ad esempio, un testo come “Non ho capito” è strettamente dipendente da uno fruito in precedenza, così come “Ho raggiunto il mezzo del cammin di nostra vita” richiama il più noto dei testi letterari italiani.

 

3.  Quali sono i mezzi / funzioni linguistiche  per ottenere la coesione e la coerenza  testuali?

    • I FÓRICI ( o PRO-FORME o SOSTITUENTI )
    • LA ELLISSI;
    • LA COLLOCAZIONE
    • I CONNETTIVI
    • LA DEISSI

L’etimologia della parola testo (dal lat. textus ‘tessuto’, insieme di parti collegate e strette da una rete di rapporti) pone l’accento su un aspetto importante della testualità: la connettività. Il testo infatti è un’unità comunicativa coerente e compiuta, a prescindere dall’estensione e dal canale scritto o orale, le cui componenti di superficie sono connesse tra loro da un sistema di dipendenze grammaticali e di relazioni semantiche che trascendono la struttura della frase, assicurando la tessitura dei fili del discorso e la progressione tematica.  Frequentemente si usano mezzi di coesione che accorciano o semplificano il testo di superficie:

  • I FORICI ( o PRO-FORME o SOSTITUENTI)  

            i  FORICI ( o PRO-FORMA o SOSTITUENTI ) sono parole economiche, brevi e prive di significato particolare che possono presentarsi nel testo di superficie per far le veci di espressioni determinate che attivano un contenuto. Esse consentono agli utenti del testo di tenere il contenuto a portata di mano nella propria memoria senza dover ripetere tutto ( quindi,  importantissime nel processo di traduzione, per esempio, dal latino !!! ).
I FORICI più noti sono i pronomi che svolgono la funzione di “conferire con il sostantivo al posto del quale vengono usati ( Cfr. Etimologia “PRO” – NOMEN = “ al posto del nome” !!!): è come se nome e pronome sostituente fossero collegati nel testo da un filo invisibile che rende il testo coeso ( metafora del textum = tessuto con trame ben fitte e unite = coese ! ).
I pronomi che “conferiscono” con un termine detto in precedenza nel testo ( = fisicamente a sinistra ) è detto ANAFORICO (ex. “Ho preso un gelato e l’ ho sbranato” );
Gli anaforici si possono classificare in:

  • anaforici di tipo sintattico, come quelli realizzati con i pronomi o con la ripetizione dell’antecedente preceduto dall’articolo determinativo (ad esempio, “ritirai il pacco e lo consegnai a Marco”; “Una fioriera è caduta da un davanzale al quinto piano. La fioriera è rimasta intatta, ma un passante si è rotto la testa.”).
  • anafore di tipo semantico, caratterizzati da relazioni di sinonimia: “Gli insegnanti elementari sono in soprannumero; il provveditore cercherà di destinare alcuni maestri a mansioni d’ufficio”. Iponimia: “Giuseppe ha finalmente comprato un’automobile nuova; è stato a lungo incerto tra una Fiat e una Ford” . Meronimia: “Luisa attraversò il corridoio; aprì la porta della camera da letto ed entrò nel bagno attiguo” (relazione ‘parte di’ senza la menzione del nome sopraordinato). Incapsulamento: “I ragazzi vorrebbero andare a Milano con l’aereo. Questa soluzione mi sembra troppo dispendiosa.” (ripresa di un’intera parte del testo attraverso un sintagma nominale generico).
  • anafore di tipo pragmatico, in cui il rapporto di coreferenza si instaura in base a conoscenze extralinguistiche condivise dal ricevente; questo tipo di anafora può essere però un modo per trasmettere all’ascoltatore/lettore nuove informazioni: “Arrigo Sacchi parteciperà a un nuovo programma di sport. L’ex allenatore della nazionale di calcio svolgerà il ruolo di commentatore”.

 

Se invece il pronome “conferisce” con un termine posto dopo ( = fisicamente a destra nel testo ), esso è detto CATAFORICO (es. “Silvia lo aspettava ormai da diversi giorni, quando all’improvviso lui si fece vivo con una telefonata. La sua voce aveva un tono preoccupato, e Silvia pensò che Giovanni fosse di nuovo nei guai”).
Anaforici e cataforici permettono al lettore / ascoltatore di “muoversi” fisicamente nel testo,  a sinistra o a destra, attivando significati che rendono coeso il contesto ( ex. “Ragazzi! Vi dico questo …” L = ??? ).

  • ELLISSI

Chi produce il testo può omettere componenti strutturali, a condizione che in qualche punto vicino si manifesti la loro versione completa (ad esempio, “Carlo è arrivato tardi e Ÿ si è scusato” – ellissi del soggetto).

  • COLLOCAZIONE

La coesione può essere assicurata anche da gruppi di parole che tendono a presentarsi insieme così da costituire una combinazione stabile e privilegiata, come ad esempio nel caso “Ho saputo che fra un mese al comune sarà bandito un concorso per un posto da geometra”, in cui le parole bandire e concorso sono spesso ‘collocate’ l’una a fianco dell’altra.

 

  • CONNETTIVI

L’uso di espressioni “giuntive” (dette anche connettivi), che la grammatica tradizionale chiama tutte indistintamente congiunzioni è un chiaro dispositivo per segnalare le relazioni fra avvenimenti e situazioni. Generalizzando, quattro sono i tipi di giunzione:

  • I connettivi ( o congiunzioni ) coordinanti, che collegano cose dello stesso status, sul medesimo piano sintattico, in un rapporto di GIUSTAPPOSIZIONE, per cui la frase coordinata PUO’ sussistere in modo autonomo, avendo un senso proprio compiuto:

- connettivi coordinanti copulativi = entrambe le cose sono vere nell’ambito del mondo testuale, ad esempio:  (e, inoltre, anche, oltre a ciò, ecc.);
- connettivi coordinanti disdgiuntivi = collegano due cose di cui una soltanto può essere vera nel mondo testuale , ad esempio: (o, o…o, né…né, oppure, altrimenti);
- connettivi coordinanti avversativi = le due cose risultano come incongruenti o inconciliabili nell’ambito del mondo testuale, ad esempio: una causa ed un effetto inattesi , ad esempio (ma, però, invece, tuttavia, comunque, ecc.);
- connettivi coordinanti dichiarativi = collegano due cose delle quali la seconda spiega / dichiara / specifica i contenuti della prima, ad esempio (infatti, difatti, oppure il segno di interpunzione dei 2 punti : );
- connettivi coordinanti conclusivi = collegano due cose correlate da un rapporto di causa – effetto, ad esempio ( quindi, dunque, perciò …).

  • I connettivi ( o congiunzioni subordinanti , che collegano cose per le quali lo status di una dipende da quello dell’altra, in un rapporto GERARCHICO = SUB-ORDINATO, per cui la  frase subordinata NON PUO’ essere autonoma, non avendo un proprio senso compiuto.

La funzione di connettivo può essere svolta anche da AVVERBI (ad esempio: AVVERBI DI LUOGO = “qui, laggiù, dove …”; AVVERBI DI TEMPO = “ieri, allora, anticamente …”)e da LOCUZIONI (ad esempio: LOCUZIONI DI TEMPO = “da allora, nei tempi antichi, alla fine …”; LOCUZIONI LOGICHE: “in base a ciò, per tutte queste ragioni, in primo luogo / inoltre / infina …) che svolgono sempre questa funzione di congiunzione logica / temporale al fine di conferire coesione al testo
In base al tipo di relazione instaurata – prescindendo quindi dalla categoria grammaticale di appartenenza – si può abbozzare un altro elenco dei principali legamenti sintattici e testuali :


relazione di…

 

tempo

Dapprima, in un primo tempo, all’inizio, allora, il giorno dopo, due mesi prima, poi, più tardi, in seguito, successivamente, dopo di che, alcuni giorni dopo, l’anno dopo, da ultimo, alla fine, infine, ora, mentre, intanto, contemporaneamente ecc.

luogo

– Dal significato generico: qui, da questa parte, su, giù, lì, là, sopra, sotto ecc.
– Indicano nei singoli testi con le forme più varie circostanze di luogo particolari e specifiche.

causa-effetto

Perché, poiché, giacché, dato che, sicché, a causa di, per via di, in seguito a, in conseguenza di, per effetto di, per tutte queste ragioni, perciò, (ragione) per cui, è per questo che, da ciò deriva che ecc.

ordine

Prima di tutto, innanzitutto, in primo luogo, inoltre, poi, e poi, in secondo luogo, si aggiunga, infine, da ultimo, per finire, da… a, fra l’altro ecc.; numeri cardinali e ordinali

simmetria o opposizione

Da una parte… dall’altra, da un lato… dall’altro, per un verso… per un altro, non tanto… quanto, non solo… ma anche, d’altronde, al contrario, invece, piuttosto, peraltro ecc.

argomentazione o dimostrazione

Se si ammette che, se è vero che, dando per certo che, immaginiamo, supponiamo, ipotizziamo che… ne dedurremo, avremo, troveremo che, ebbene, infatti, in realtà, per la verità, in effetti, effettivamente, come si può notare, come tutti sanno, com’è evidente, ovviamente, cioè, naturalmente, comunque, in tal caso, allora, in ogni caso, in fondo, ad esempio, quindi, dunque, insomma, in conclusione, si potrebbe obiettare che, ti domanderai perché ecc.

valutazione

A mio/nostro giudizio/avviso/parere, secondo me, ritengo che, direi che, per fortuna, finalmente, purtroppo, incredibilmente, certamente, senza alcun dubbio, si spera che, sarebbe giusto che, sottolineo, ribadisco, sia ben chiaro ecc.

struttura

Come abbiamo già visto, ritornando all’ipotesi di partenza, a pag. … abbiamo già spiegato che…, tratteremo ora di…, in questo paragrafo ci occuperemo di…, come vedremo più avanti, avremo modo di riprendere questo discorso ecc.

  • I connettivi di suono e di ritmo; i fenomeni intonativi (nel parlato) e la punteggiatura (nello scritto).

 

  • LA DEISSI

Per garantire la coesione di un testo esiste anche un procedimento mediante il quale, utilizzando particolari elementi linguistici, i deittici, si mette in rapporto l’enunciato con la situazione spazio-temporale cui si riferisce. I deittici in senso stretto possono essere personali, sociali, spaziali, temporali e testuali.

  • La deissi personale riguarda la codifica del ruolo dei partecipanti all’evento comunicativo e include: i) i pronomi tonici: la I persona singolare (io), indica il riferimento dell’emittente a se stesso, la II persona (tu) indica il riferimento dell’emittente al ricevente e la III persona (egli) indica un riferimento a persone assenti; ii) i pronomi atoni o clitici (ne, lo, la, ecc.) che, come si è visto, sono usati per riprese anaforiche o cataforiche; iii) gli appellativi (chi); iv) gli allocutivi (Signora, hei, Lei, ecc.).
  • La deissi sociale esprime il rapporto di ruolo che lega i partecipanti all’interazione. Gli allocutivi naturali (tu) si usano nei rapporti paritari, mentre nei rapporti gerarchici si usano gli allocutivi di cortesia (Lei, Voi).
  • La deissi spaziale riguarda la codifica delle collocazioni spaziali relativamente alla posizione dei parlanti nell’evento comunicativo. I principali deittici spaziali sono: i) gli avverbi di luogo (qui, qua, , ) che situano l’oggetto rispetto al luogo in cui si trovano i parlanti; ii) i pronomi dimostrativi (questo, codesto, quello) che situano l’oggetto rispetto ai singoli interlocutori; iii) alcuni pronomi personali (costui, colui, coloro, ecc) che situano le persone (talvolta in maniera spregiativa) rispetto agli interlocutori o al contenuto del testo.
  • La deissi temporale codifica i punti e gli intervalli di tempo relativamente al momento in cui viene pronunciato l’enunciato; sono deittici temporali gli avverbi di tempo (ora, poi, ecc.).
  • La deissi testuale concerne l’uso, all’interno di un enunciato, di espressioni che si riferiscono a una parte del discorso che contiene tale enunciato (comunque, inoltre, ecc.) o di espressioni temporali per fare riferimento a porzioni di discorso (l’ultimo passaggio, il primo verso, la frase precedente, ecc.). Nella categoria della deissi testuale rientra anche l’articolo: la scelta fra l’articolo determinativo e l’articolo indeterminativo è definita infatti dalle caratteristiche del referente e dall’organizzazione informativa del testo. Se il referente è costituito da una categoria generale si usa l’articolo determinativo (il gatto è un felino); se invece il referente è costituito da un termine che indica un individuo specifico si usa l’articolo indeterminativo (ho visto un gatto nero). Rispetto alla struttura informativa, se l’articolo riguarda un referente già menzionato (dato) si usa l’articolo determinativo, altrimenti, nel caso di un referente nuovo, cioè menzionato per la prima volta in quel punto del testo e non presente nelle conoscenze condivise degli utenti, si usa l’indeterminativo (C’era una volta un re […] il re disse).

Cogliere la differenza tra i concetti di anafora/catafora e deissi non è affatto immediato. È bene sottolineare che assolvono entrambe la funzione indicativa, ma attraverso due diverse modalità: di indicazione oggettuale la deissi, poiché si riferisce direttamente al mondo degli oggetti effettivamente presenti nel contesto, inteso come mondo extratestuale; di indicazione sintattica l’anafora/catafora, facendo riferimento a elementi che appartengono al discorso, che si radicano nel testo stesso. Non è sempre facile, tuttavia, decidere se un’espressione sia propriamente deittica o anaforica perché aspetti intratestuali ed extratestuali appaiono spesso strettamente combinati (si veda il caso della deissi testuale).

 

Esercizi sulla testualità

1. Rispondi alle seguenti domande:

  • Che cos’è un testo?
  • Quali sono i principi costitutivi di un testo?
  • Che cosa s’intende per coesione di un testo?
  • Cosa si intende per “pro-forme”?
  • Definisci i concetti di anafora e catafora.
  • In che cosa consiste la coerenza di un testo?
  • Che cosa s’intende per intenzionalità di un testo?
  • Da che cosa dipende l’accettabilità di un testo?
  • Quando si può dire che un testo è altamente informativo?
  • Che cos’è la situazionalità di un testo?
  • Che cosa s’intende per intertestualità?

2. Segnala, per ciascun elemento che compone la tabella, se si tratta di un testo (T) o se non lo è (NT).

Una riga di un romanzo

T

NT

Una data

T

NT

Un racconto

T

NT

Una ricetta di cucina

T

NT

Una conferenza

T

NT

Una proposizione di un periodo

T

NT

Dieci righe di un libro di storia

T

NT

Una terzina di un sonetto

T

NT

Una firma

T

NT

Una barzelletta

T

NT

3. Indica, motivando, quali degli esempi sottostanti possono essere definiti ‘testi’:

a) «Shh!»
b) CARTOLERIA
c) (a + b)² = a² + 2ab + b²
d) Baby-sitter offresi zona provincia. Max serietà ed esperienza, disponibilità sera. No festivi.

4. Verifica il principio della coerenza nei testi seguenti:

a) C’era una volta un re. Questo re aveva un figlio a cui voleva molto bene. Il ragazzo volle partire in cerca di fortuna. Stette via sette anni e tornò con un bastimento carico d’oro. Il re ne fu felice.
b) C’era una volta un re. Questo re aveva un figlio a cui voleva molto bene. Il ragazzo volle partire in cerca di fortuna. Giunse la notizia della sua morte; il re ne fu felice e organizzò una grande festa.
c) C’era una volta un re. Questo re aveva un figlio a cui voleva molto bene. Il ragazzo volle partire in cerca di fortuna. La Ferrari vincerà quest’anno il campionato del mondo. Stette via sette anni e tornò con un bastimento carico d’oro. Il re ne fu felice.
d) Anna, l’ho incontrata una volta, alla Stazione centrale e abbiamo scambiato qualche parola davanti alla biglietteria. Rimasi lì per lì colpito dal suo profumo e soprattutto dal suo sguardo profondo, malinconico. Ma poi non ci pensai più fino a quando…
e) Anna, l’ho incontrata una volta, alla Stazione centrale. Con Dora siamo stati compagni di classe. Enrico proprio non lo conosco…
f) Anna, l’ho incontrata una volta, alla Stazione centrale. L’abigeato è stato soppresso come reato autonomo. Digli di smettere, adesso!…
g) Le lune sono sorte.
h) Si recò all’indirizzo che gli era stato indicato. L’atmosfera era fredda. Gli uomini e le donne apparivano ingessati nei loro abiti da cerimonia. Al momento del brindisi il padrone di casa restò in silenzio.
i) Ho ricevuto in regalo un magnifico mazzo di fiori. Torna a fiorir la rosa che pur dianzi languìa.
l) Ho ricevuto in regalo un magnifico mazzo di fiori. Chissà perché, mi è tornato alla mente il pariniano “Torna a fiorir la rosa che pur dianzi languìa”.

5. Verifica i principi dell’informatività, dell’efficienza e dell’efficacia nel messaggio di una compagnia telefonica americana, riportato di seguito nella sua formulazione originale (a) e in una riscrittura più esplicita (b):

 

a) Chiamateci prima di fare degli scavi. Dopo forse non potrete più farlo.
b) Chiamateci prima di fare degli scavi. Nei pressi della vostra casa potrebbe esserci un cavo. Se lo strappate, non solo non sarete più collegati, ma potreste anche prendervi una violenta scarica elettrica. A questo punto non sareste più in grado di telefonarci.

6. Riconosci i coesivi forici (anaforici e cataforici) che collegano tramite rinvio ad altri punti del testo:

 

anaforico

cataforico

1. L’innalzamento della temperatura potrebbe causare lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello dei mari. Una simile contingenza comporterebbe conseguenze disastrose.

 

 

2. Le insegnanti consegnarono i giochi ai bambini, ma essi avevano deciso di rifiutarli.

 

 

3. Solo le gigantesche dimensioni sembrerebbero accomunare elefanti e balene. Molto più numerose sono in realtà le caratteristiche comuni ai due mammiferi.

 

 

4. Vi avremmo raggiunto lì già da due giorni; ma abbiamo avuto problemi con il lavoro e arriveremo a Londra solo sabato.

 

 

5. I giovani esploratori potrebbero perdere l’orientamento nella giungla: le liane rendono il paesaggio sempre uguale; gli strani versi degli uccelli distraggono la mente; la palude è molto insidiosa per il rischio di sabbie mobili; la paura di incontrare serpenti velenosi è paralizzante.

 

 

6. Quarantotto ore alla verità. Fra due giorni, infatti, sarà possibile conoscere l’esito della perizia.

 

 

7. Il professor Rossi si è dedicato allo studio dei disturbi neurologici infantili. Il direttore della clinica universitaria è infatti noto grazie a una serie di cure che si sono rivelate nel corso degli anni efficaci e sicure.

 

 

8. Hai visto il mio temperino? È una cosa che perdo sempre.

 

 

9. Che fine ha fatto? Forse si nasconde? Forse è gravemente ferita? La principessa Gloria von Thurn è scomparsa da una settimana.

 

 

 

7. Dal testo sono stati espunti alcuni connettivi che trovi elencati in ordine sparso nel riquadro sottostante. Inseriscili correttamente nel brano, ripristinando le connessioni logiche e linguistiche.

“L’intelligenza umana: che cos’è?”
La questione può sembrare oziosa, ……….    ………. si parla d’intelligenza tutti capiscono di che cosa si tratta, ……….   ……….   ………. entrano subito in contrasto se sono richiesti di dare una definizione precisa. ………. le discordanze affiorano quando si cerca di definire i confini e le origini: ………. alcuni diranno con sicurezza che l’intelligenza è ciò che distingue l’uomo dagli animali attraverso la capacità di ragionamento logico e pianificazione, altri che anche gli animali possono pensare, nel senso di apprendere, ricordare, formulare piani e ………. usare un linguaggio. ………. l’origine dell’intelligenza può essere attribuita all’ereditarietà, alla trasmissione dell’informazione genetica, all’evoluzione biologica della specie, ………. all’ambiente culturale, all’apprendimento attraverso la trasmissione delle conoscenze e l’imitazione sociale. Entrambi gli aspetti – confini e origine – sono legati ………. a una definizione qualitativa dei caratteri specifici dell’intelligenza, che la distinguono da concetti affini, ……….. successo, capacità di adattamento, capacità di ragionamento logico e simbolico, originalità. Come avviene in molti altri concetti, vi è un nucleo centrale di caratteristiche che tutti attribuiscono all’intelligenza (………. la capacità di ragionamento, la soluzione di problemi), ………. i margini sono più o meno sfocati con caratteristiche che appartengono a elementi isolati o, ………., riconosciuti solo da alcuni, come le capacità emozionali e pratiche, le abilità corporee; le differenze di definizione nascono anche dal fatto che il problema è stato affrontato ………. da scienze diverse […]; ………., i tentativi di usare l’intelligenza come criterio per educare, istruire o selezionare persone nei più diversi campi e nelle più diverse età hanno continuato ad arricchire la lista degli elementi da considerare […]. Per tutte queste ragioni le definizioni d’intelligenza sono cambiate nelle varie epoche storiche e quando si è cominciato a usare questo concetto ………. per questioni filosofiche ………. per dispute intellettuali ………. per scopi pratici, si è preferito orientarsi ………. sugli aspetti di valutazione studiando l’affidabilità e la capacità predittiva delle varie tecniche in situazioni di scuola e lavoro.
O. Andreani Dentici, Intelligenza e creatività, Carocci, Roma 2001

piuttosto, mentre, visto che, oppure, o, infine, anche se, persino, come, poi (2), infatti, di volta in volta,
non… ma, per esempio, quando, meglio, analogamente, soprattutto
Nota: i connettivi costituiti da gruppi di parole (ad es. di volta in volta) occupano un solo spazio vuoto.

Soluzioni

 

1.  Si rimanda alla lettura diretta della sezione teorica.

2. Prima di affrontare l’esercizio è bene ricordare che un’enunciazione ha lo status di testo quando possiede le caratteristiche di unità e autonomia e adempie (in un gioco d’azione comunicativo) una funzione riconoscibile per i partecipanti alla comunicazione. Alla luce di tutto ciò, ‘enunciazioni’ come un racconto, una ricetta di cucina, una conferenza, una barzelletta, sono ovviamente da considerarsi ‘testi’.
Più problematica è l’interpretazione di una data o di una firma: senz’altro si tratta di enunciazioni dotate di unità (veicolano un contenuto preciso, ‘contenendolo’ tutto e senza bisogno di aggiungere alcunché); ma sono dotate anche di autonomia? Adempiono una funzione riconoscibile per gli interlocutori? La risposta è affermativa quando una firma o una data sono poste in calce a una lettera, ad esempio. In questo caso i principi della situazionalità, dell’intertestualità, dell’intenzionalità e dell’accettabilità assicurano autonomia e riconoscibilità. Per converso, una firma o una data sulla porta di un ascensore avrebbero senso solo se chi le leggesse fosse anche a conoscenza delle circostanze extratestuali in cui sono state scritte. In situazione contraria, è arduo che il ricevente possa attivare la propria enciclopedia e riconoscere il messaggio come un testo.
Nel caso di una riga di un romanzo, una proposizione di un periodo, dieci righe di un libro di storia, una terzina di un sonetto, l’attribuzione della testualità è ancor più critica, se così si può dire. Oltre a mancare di autonomia queste enunciazioni non sono unitarie (o lo sono solo in maniera fortuita), perché estrapolate a caso da un testo che le circonda. Certo, imbattersi nella lettura di una terzina estratta da un sonetto studiato in precedenza, cambia le carte in tavola: il principio d’intertestualità ci aiuterebbe a comprendere il senso di quei contenuti, anche se poi i principi della situazionalità e dell’accettabilità ci farebbero rigettare quel testo se non riuscissero a trovare una giustificazione valida della sua esistenza ‘emancipata’. Similmente si deve ragionare analizzando i casi di una riga di un romanzo, di dieci righe di un libro di storia, ecc. Per essere considerata un testo, una sequenza di frasi deve presentare unità e coerenza di contenuto e rispettare le regole grammaticali della lingua italiana, facendosi portatrice di significati che vanno al di là del semplice contenuto proposizionale di ogni singola frase.

3.  Tutti i quattro esempi sono ‘testi’: a. per il principio della situazionalità (in una biblioteca, in direzione di qualcuno che sta parlando, ad esempio). b. per il principio della situazionalità (scritta sopra l’ingresso di un negozio) e per il principio dell’intertestualità (si tratta di un’insegna, cioè di un tipo di messaggio che riconosciamo come familiare nei nostri paesaggi urbani, e che rispecchia determinati canoni: è ben visibile, colorata, luminosa ecc.). c. formula che rispetta tutti i principi della testualità: è coesa perché segue la ‘grammatica’ matematica; è coerente perché soddisfa l’universo delle conoscenze matematiche; soddisfa i principi dell’intenzionalità e dell’accettabilità (tra due persone che abbiano almeno frequentato la scuola media), nonché della situazionalità (magari si troverà all’interno di un’espressione o di una funzione) e dell’intertestualità (tutti i ‘quadrati’ di a+b si sciolgono in a² + 2ab + b²). d. Apparentemente non coeso, questo testo risponde a esigenze di intertestualità e situazionalità (di norma, gli annunci sui giornali si scrivono in stile telegrafico, per risparmiare denaro); grazie a questi principi e a quelli dell’intenzionalità e dell’accettabilità, il ricevente ricostruisce facilmente la coesione sparita in superficie ma rimasta a livello profondo.

4. a. coerente. b. incoerente: dal nostro “pacchetto” di conoscenze sul mondo sappiamo che un padre amorevole non può festeggiare la morte del figlio. c. incoerente: mancano i nessi logici d. coerente: rispecchia il nostro schema mentale di un fuggevole, ma intenso, incontro tra un uomo e una donna (quest’ultima sessualmente connotata dal profumo e dallo sguardo). e. coerente: può essere la risposta a chi ci ha appena chiesto se conosciamo queste tre persone. f. incoerente: mancano i nessi logici. g. può essere ritenuto coerente se letto in un romanzo fantascientifico, ove si descriva il cielo di un pianeta diverso dalla Terra. h. coerente: la sequenza è disordinata e incompleta, ma rappresenta una situazione-tipo che accende un determinato schema mentale, in questo caso quello relativo al partecipare a una festa. i. incoerente: nonostante la presenza di un iperonimo (fiori) e di un iponimo (rosa), gli enunciati non costituiscono un testo. l. coerente: è stato ripristinato il passaggio logico tra un’informazione e l’altra.

5.  Non sempre la chiarezza è il fine principale della comunicazione. La produzione e l’interpretazione dei testi risulta regolata anche dall’informatività. Essa è molto alta in (a): gli elementi testuali proposti sono inattesi e, per capire il senso del messaggio, è necessario compiere una elaborazione inferenziale molto impegnativa (bassa efficienza); però, l’efficacia è massima, perché il testo colpisce il suo lettore. Per converso, (b) è più efficiente (si comprende facilmente), ma è scarsamente informativo ed efficace.

6.

 

anaforico

cataforico

1. L’innalzamento della temperatura potrebbe causare lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello dei mari. Una simile contingenza comporterebbe conseguenze disastrose.

proforma
anafora semantica:
capsula

 

2. Le insegnanti consegnarono i giochi ai bambini, ma essi avevano deciso di rifiutarli.

proforme
anafore sintattiche

 

3. Solo le gigantesche dimensioni sembrerebbero accomunare elefanti e balene. Molto più numerose sono in realtà le caratteristiche comuni ai due mammiferi.

proforma
anafora semantica: iponimi vs iperonimo

 

4. Vi avremmo raggiunto già da due giorni; ma abbiamo avuto problemi con il lavoro e arriveremo a Londra solo sabato.

 

proforma
catafora sintattica

5. I giovani esploratori potrebbero perdere l’orientamento nella giungla: le liane rendono il paesaggio sempre uguale; gli strani versi degli uccelli distraggono la mente; la palude è molto insidiosa per il rischio di sabbie mobili; la paura di incontrare serpenti velenosi è paralizzante.

proforma
anafora semantica: meronimia

 

6. Quarantotto ore alla verità. Fra due giorni, infatti, sarà possibile conoscere l’esito della perizia.

proforma
anafora
semantica: sinonimia

proforma
catafora semantica:
capsula

7. Il professor Rossi si è dedicato allo studio dei disturbi neurologici infantili. Il direttore della clinica universitaria è infatti noto grazie a una serie di cure che si sono rivelate nel corso degli anni efficaci e sicure.

proforma
anafora
pragmatica

 

8. Hai visto il mio temperino? È una cosa che perdo sempre.

proforma
anafora semantica

 

9. Che fine ha fatto Ÿ? Forse Ÿ si nasconde? Forse Ÿ è gravemente ferita? La principessa Gloria von Thurn è scomparsa da una settimana.

 

ellissi cataforica del soggetto

7.
“L’intelligenza umana: che cos’è?”
La questione può sembrare oziosa, visto che quando si parla d’intelligenza tutti capiscono di che cosa si tratta, anche se poi entrano subito in contrasto se sono richiesti di dare una definizione precisa. Soprattutto le discordanze affiorano quando si cerca di definire i confini e le origini: infatti alcuni diranno con sicurezza che l’intelligenza è ciò che distingue l’uomo dagli animali attraverso la capacità di ragionamento logico e pianificazione, altri che anche gli animali possono pensare, nel senso di apprendere, ricordare, formulare piani e persino usare un linguaggio. Analogamente l’origine dell’intelligenza può essere attribuita all’ereditarietà, alla trasmissione dell’informazione genetica, all’evoluzione biologica della specie, oppure all’ambiente culturale, all’apprendimento attraverso la trasmissione delle conoscenze e l’imitazione sociale. Entrambi gli aspetti – confini e origine – sono legati poi  a una definizione qualitativa dei caratteri specifici dell’intelligenza, che la distinguono da concetti affini, come successo, capacità di adattamento, capacità di ragionamento logico e simbolico, originalità. Come avviene in molti altri concetti, vi è un nucleo centrale di caratteristiche che tutti attribuiscono all’intelligenza (per esempio la capacità di ragionamento, la soluzione di problemi), mentre i margini sono più o meno sfocati con caratteristiche che appartengono a elementi isolati o, meglio, riconosciuti solo da alcuni, come le capacità emozionali e pratiche, le abilità corporee; le differenze di definizione nascono anche dal fatto che il problema è stato affrontato di volta in volta da scienze diverse […]; infine, i tentativi di usare l’intelligenza come criterio per educare, istruire o selezionare persone nei più diversi campi e nelle più diverse età hanno continuato ad arricchire la lista degli elementi da considerare […]. Per tutte queste ragioni le definizioni d’intelligenza sono cambiate nelle varie epoche storiche e quando si è cominciato a usare questo concetto non per questioni filosofiche o per dispute intellettuali ma per scopi pratici, si è preferito orientarsi piuttosto sugli aspetti di valutazione studiando l’affidabilità e la capacità predittiva delle varie tecniche in situazioni di scuola e lavoro.

 

Dettico dal greco deìknymi, mostrare.

Nei testi orali inoltre l'intonazione svolge una importante funzione coesiva perché fornisce indicazioni riguardo alle attese, agli atteggiamenti, alle intenzioni e alle reazioni dei parlanti.

Il concetto è una configurazione di conoscenze, che possono essere attivate o richiamate alla coscienza con maggiore o minore unitarietà e consistenza. Il significato di un concetto è vago e varia a seconda dei contesti comunicativi. I concetti che di volta in volta si incontrano nel testo vengono elaborati in funzione del fine che si intende raggiungere con quel testo, ma globalmente l'elaborazione procede attraverso la ricerca dei centri di controllo, cioè dei punti strategicamente più importanti per capire l'unità e la continuità del testo.
Vi sono poi schemi che funzionano come centri di inquadramento di determinate conoscenze, che per la loro alta frequenza, sono memorizzati in modo tale da consentire alcune previsioni sul senso da dare ai vari concetti inseriti nel testo.

La traccia dell'esperienza passata accumulata nella memoria lascia nella conoscenza delle tracce che  permettono di collegare le frasi di un testo tra loro, anche quando ci sono lacune di informazione

Sia l’anafora sia la catafora fanno affidamento sulla possibilità che emittente e destinatario riconoscano la salienza di una particolare unità del testo.
Ad esempio, si legga come segue: “Ieri sul giornale c’era un lungo articolo sul nuovo libro di Eco. Anche la televisione ne ha parlato. Io l’ho letto e l’ho trovato molto interessante.” Qui il pronome anaforico “lo” può richiamare il termine “articolo” oltre che “libro”. Che quest’ultimo vada però individuato come regione saliente del testo è indicato dal fatto che “articolo” è più lontano di “libro”; inoltre, è quest’ultimo il focus del discorso: si fa riferimento all’articolo di giornale solo per parlare delle novità che riguardano Eco. Senza la nozione di esperienza intersoggettiva, di memoria comune, la referenza anaforica non potrebbe essere spiegata. Anche alcuni dati della ricerca psicolinguistica confermano quest’ipotesi: i bambini di circa 5 anni, nel narrare una storia illustrata, utilizzano il pronome per il personaggio che viene concettualizzato come protagonista della storia, mentre si riferiscono ad altri personaggi con il nome pieno, anche quando esso suona come una ripetizione.

Cfr Massimo Prada, Laboratorio di scrittura, LED, Milano 2004, pp. 93-4.

Fonte: http://www.atuttascuola.it/collaborazione/manzoni/italiano/linguistica_testuale/teoria_linguistica_testuale.doc

Sito web da visitare: http://www.atuttascuola.it/

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