Metrica italiana

Metrica italiana

 

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

Metrica italiana

 

La metrica italiana si fonda su un sistema sillabico accentuativo: in un verso contano il numero delle sillabe e il ritmo, che regola l’alternanza di sillabe toniche (arsi) e sillabe atone (tesi). Per lungo tempo è stata importante anche la rima, a cui oggi si tende ad attribuire un rilievo minore.

 

Il computo delle sillabe nei versi

 

Sillaba grammaticale (unità fonologica minima) e sillaba metrica possono non coincidere, perché quasi sempre all’individuazione della sillaba metrica concorrono fenomeni (figure di suono) che riguardano l’incontro di vocali all’interno della parola o del verso. Cfr.1

Esempio:       

Cigola la carrucola nel pozzo                        (11 sillabe grammaticali, 11 sillabe metriche)
L’acqua sale alla luce e vi si fonde               (13 sillabe grammaticali, 11 sillabe metriche)           

 

Il verso tipico della tradizione poetica italiana è il verso piano, con accento sulla penultima sillaba (come piane sono moltissime parole della nostra lingua).  Ne deriva che il verso tronco (con accento sull’ultima sillaba) presuppone idealmente una sillaba in più e il verso sdrucciolo (con accento sulla terzultima sillaba) una sillaba in meno.

Esempio di versi endecasillabi piani e tronchi alternati:

Signorina Felicita, è il tuo giorno!                 (endecasillabo piano)
A quest’ora che fai? Tosti il caffè:                (endecasillabo tronco)
e il buon aroma si diffonde intorno?             (endecasillabo piano)
O cuci i lini e canti e pensi a me,                  (endecasillabo tronco)
All’avvocato che non fa ritorno?                   (endecasillabo piano)
E l’avvocato è qui: che pensa a te.                (endecasillabo tronco)

 

Esempio di versi endecasillabi sdruccioli e piani alternati:

M’apparisti così come in un cantico             (endecasillabo sdrucciolo)
del Prati, lacrimante l'abbandono                  (endecasillabo piano)
per l’isole perdute nell'Atlantico;                  (endecasillabo sdrucciolo)
ed io fui l’uomo d’altri tempi, un buono       (endecasillabo piano)
sentimentale giovine romantico...                  (endecasillabo sdrucciolo)
Quello che fingo d’essere e non sono!          (endecasillabo piano)

In conclusione, contribuiscono alla definizione del verso sia il numero delle sillabe metriche che lo compongono sia, e di più, la sede sillabica (la posizione) su cui poggia l’ultimo accento. Un endecasillabo, in altri termini, si qualifica in primo luogo come il verso che presenta un accento fisso sulla decima sillaba (il decasillabo sulla nona e analogamente per gli altri versi).

 

  1. Dittonghi e figure di suono

I dittonghi sono unità sillabiche formate da una “i” o da una “u” senza accento e da una vocale con o senza accento. (“ia”, “ie”, “io”, “iu” e “ua”, “ue”, “uo”, “ui”: dittonghi ascendenti; “ai”, “ei”, “oi”, “ui” e “au”, “eu”, “ou”, “iu”: dittonghi discendenti).

Esempio: «Né più mai toccherò le sacre sponde» (nel verso, endecasillabo, abbiamo due dittonghi: il dittongo ascendente “iù”, ove a non essere accentata è la prima vocale, “i”; e il dittongo discendente “ai”, ove a non essere accentata è la seconda vocale, “i”)
In questo caso, sillabe grammaticali e sillabe metriche coincidono.

 

Quando due vocali, sebbene contigue, non formano un dittongo, si parla di iato.
Tale fenomeno avviene:
1. quando si incontrano due vocali “forti” , sia che l’accento cada sulla prima sia che cada sulla seconda vocale (come nelle parole “paese”, “eroe”, “reo”);
2. quando una vocale “forte” incontra una vocale “debole” che è però accentata (“mio”, “tuo”, “paura”);
3. dopo il prefisso ri-.

Nella metrica italiana si indica col termine dïeresi la divisione in due sillabe metriche di un gruppo vocalico all’interno di una stessa parola in modo che le vocali non formino un dittongo.

Esempio: «invidierà l’illusïon che spento» (10 sillabe grammaticali diventano 11 sillabe metriche grazie a un fenomeno di iato, o dïeresi, evidenziato in rosso; «illusion» è una parola trisillaba che diventa quadrisillaba per esigenze di natura metrica)

 

In ambito metrico si indica invece col termine sinèresi il fenomeno opposto ovvero la fusione in un’unica sillaba metrica di due vocali contigue, che non formano dittongo, all’interno di una parola.

Esempio: «Venere, e fea quelle isole feconde» (14 sillabe grammaticali diventano 11 sillabe metriche grazie un fenomeno di sinèresi [la parola “fea” è infatti bisillaba da un punto di vista grammaticale], evidenziato in blu, e a due fenomeni di sinalèfe, evidenziati in rosso)

Quando a fondersi sono le vocali presenti alla fine e al principio di due parole consecutive abbiamo il fenomeno della sinalèfe: tale fusione è di norma obbligatoria nella metrica italiana quando a incontrarsi sono due vocali atone; è invece facoltativa se una o entrambe le vocali sono accentate.

Esempio: «Tu non altro che il canto avrai del figlio» (13 sillabe grammaticali diventano 11 sillabe metriche grazie a due fenomeni di sinalèfe, evidenziati in rosso)

 

Lo iato, inteso in senso lato, può riguardare non soltanto l’incontro di vocali all’interno di una parola (nel fenomeno che abbiamo indicato col termine di dïeresi), ma anche l’incontro di vocali alla fine e in principio di due parole consecutive: si genera, in tal caso, il fenomeno della dialèfe. Tale fenomeno si verifica, di norma, quando la prima o entrambi le vocali sono accentate; più raramente quando è accentata solo la seconda e in altri casi.

Esempio: «Ciò ch’io dico di me, di sé intende» (è uno dei casi “comuni”, in cui soltanto la prima delle due vocali implicate è accentata: “è” e “i” vanno computate come sillabe metriche distinte; il verso è dunque un endecasillabo)

 

 


2. Gli accenti nel verso

La posizione degli accenti all’interno del verso determina il suo ritmo. I versi bisillabi e trisillabi, in quanto brevi, usati raramente e per lo più in funzione d’intercalare rispetto a versi lunghi, non presentano ricorrenze significative; negli altri versi, dal quadrisillabo all’endecasillabo, si registrano accenti secondari e accenti principali mobili o fissi. Per gli accenti principali vale la seguente tabella:    

 

Verso

Esempi

Accenti principali sulle sillabe:

Quadrisillabo
o quaternario, fortemente ritmato, è verso per “canzonette” e filastrocche. Compare spesso in alternanza con l’ottonario.

Damigella
tutta bella
(Chiabrera: 1-3)

 

1 (più raro2)

3

Quinario, di ritmo variabile ma incalzante è utilizzato parimenti nella poesia popolare e nella poesia d’arte.    

Mentre ne’calici
il vin scintilla
(Carducci: 1-4 e 2-4)

1 o 2

4

Senario, verso in genere della poesia popolare e satirica (ma non mancano altri impieghi)   

Un popolo pieno
di tante fortune
(Giusti: 2-5)

 

2

5

talvolta 1 5

Settenario, tipico della poesia lirica, dove compare spesso in alternanza con l’endecasillabo (con il quale condivide la grande varietà degli accenti principali mobili) 

 

L’albero a cui tendevi
La pargoletta mano
Il verde melograno
Da’ bei vermigli fior
(Carducci: 1-6, 2-6, 2-6, 2-4-6)

Che pur dianzi languia
(Parini: 3-6)

Sparsa le trecce morbide
Sull’affannoso petto
(Manzoni: 1-4-6, 2-4-6)

1 o 2 o 3 o 4

6

Ottonario, fortemente ritmato, nella tradizione è verso per “canzonette”e “canzoni a ballo”.  Ma non mancano altri impieghi e in Pascoli figura con un andamento ritmico molto diverso.  


Belle rose porporine
che tra spine
sull’aurora non aprite
(Chiabrera: 1-3-5-7, 1-3, 1-3-7)

Sul castello di Verona
Batte il sole a mezzogiorno.
(Carducci: 1-3-7, 1-3-5-7)

Questo è dall’ombre un ritorno
Dante Alighieri ha sorriso. 
(Pascoli: 1-4-7, 1-4-7)

1  3

(5)

7

Novenario, inizialmente considerato verso ‘popolare’ acquista con Pascoli un ampio rilievo nella poesia d’arte.

Dov’era la luna? ché il cielo
Notava in un’alba di perla
(Pascoli: 2-5-8)

2

 

5

 

8

Decasillabo, verso abbastanza raro è conosciuto soprattutto nelle varianti ritmiche proposte da Manzoni e da Pascoli, che lo articola talvolta nella forma del quinario doppio.

 

S’ode a destra uno squillo di tromba
A sinistra risponde uno squillo
(Manzoni: 3-6-9)

Al mio cantuccio // donde non sento
Se non le reste // brusir del grano
(Pascoli: 2-4 // 1-4, 2-4 // 2-4)

3

 

6

 

9

(altri, poco frequenti)

Endecasillabo
Il verso più nobile e più diffuso della tradizione italiana, tipico della poesia lirica.

 

Nel mezzo del cammin di nostra vita

(Dante: 6-10)

Mi ritrovai per una selva oscura

(Dante: 4-8-10)

Per me si va nell’eterno dolore

(Dante: 4-7-10)

 

 

6

 

10

4

8

10

Meno frequenti:
.

 

4

 

7

 

10

6

7

10

Altri

 

Oggi si ritiene che il fenomeno della cesura, indicativa di una pausa metrica  all’interno del verso, sia rilevante soltanto in caso di cesura fissa, rintracciabile nei versi doppi o accoppiati. Di cesura mobile, tuttavia, si parlava in passato in riferimento all’endecasillabo, che la cesura avrebbe diviso in due parti (emistichi) diseguali, corrispondenti nelle forme più diffuse a un quinario + un settenario o a un settenario + un quinario.  Da qui la distinzione, ormai superata, fra
endecasillabi a minore (quelli con accento principale mobile in quarta posizione, divisi dalla cesura in un quinario + un settenario) :  «Tu lascerai // ogni cosa diletta»
endecasillabi a maiore (quelli con accento principale mobile in sesta posizione, divisi in un settenario + un quinario): «L’amor che move il sole // e l’altre stelle»

 

 

  1. La rima

 

La rima, caratteristica della tradizione poetica italiana ma nel Novecento poco usata, o variamente mascherata,  consiste nell’uguaglianza del suono finale di due parole all’uscita del verso, a partire dall’ultimo accento tonico.

Esempio:

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza.

 

Se a essere uguali sono solo le vocali si tratta di una assonanza vocalica; quando a essere uguali sono invece le consonanti si chiama assonanza consonantica.

Esempio:

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest’odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.

I versi montaliani qui riportati sono ricchi di figure di suono: se “gazzarre” e “azzurro” sono in assonanza consonantica, “muove” e “odore”, così come “terra”, “dolcezza” e “inquieta” sono in assonanza vocalica; è per di più presente un fenomeno di rima interna: “muove” con “piove”.

 

Si definisce rima al mezzo quella collocata alla fine del primo emistichio, rima interna, più genericamente, quella collocata all’interno del verso.

Esempio di rima al mezzo:

Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.

 

Esempio di rima interna:

volgi al mio dubbio stato
che sconsigliato a te ven per consiglio.

G. Gozzano, La signorina Felicita, vv. 7-12.

G. Gozzano, La signorina Felicita, vv.  429-434.

U. Foscolo, A Zacinto, v. 1.

Sono considerate “forti” le vocali “a”, “e” e “o”; sono “deboli” le vocali “i” e u”.

U. Foscolo, Dei sepolcri, v. 24.

U. Foscolo, A Zacinto, v. 5.

U. Foscolo, A Zacinto, v. 12.

Va infine notato che la fusione delle vocali in sinalèfe è un fenomeno che riguarda il metro del verso in questione e non la sua pronuncia; il dodicesimo endecasillabo di A Zacinto non va perciò letto: Tu - non - al-tro - chil - can-ta-vrai - del - fi-glio!

D. Alighieri, Paradiso, III, v. 112.

D. Alighieri, Inferno, XXVI, vv. 118-120.

E. Montale, I limoni, vv. 11-17.

E. Montale, I limoni, vv. 1-3.

F. Petrarca, Canzoniere, canto 366, vv. 25-26.

Fonte: http://www.archivio.formazione.unimib.it/DATA/Insegnamenti/8_1805/materiale/abc%20di%20metrica.doc

Sito web da visitare: http://www.archivio.formazione.unimib.it

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.

 

Metrica italiana

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

Metrica italiana

 

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco

www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve

 

Argomenti

Termini d' uso, cookies e privacy

Contatti

Cerca nel sito

 

 

Metrica italiana