Rime baciate alternate incrociate

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Rime baciate alternate incrociate

 

Alcuni elementi di metrica italiana
(appunti per una applicazione pratica)

1) I versi sono dei segmenti linguistici definiti dal numero delle sillabe metriche, segmenti il cui confine è segnato a destra dall’ultima sillaba  portatrice di ictus(accento).

2) sillaba linguistica (o grammaticale) e sillaba metrica; le figure metriche (sinalefe/dialefe; sineresi/dieresi )
Per riconoscere un verso e dargli un nome occorre contare le sillabe delle parole che lo compongono (questa operazione si chiama scansione). Questa operazione può coincidere con la divisione grammaticale in sillabe delle parole, ma non è sempre così. Per questo si parla di sillaba metrica, che è diversa dalla sillaba grammaticale. In effetti, ogni volta che si trovano due vocali a contatto, la scansione metrica ha diverse possibilità, e dà luogo a diverse figure metriche.

Prendiamo alcuni esempi di scansione di endecasillabi della Divina Commedia:

es: 1) Nel/ mez/zo/  del/ cam/min/ di/ no/stra/ vi/ta

se conto le sillabe, sono 11. In questo caso, scansione metrica e scansione grammaticale coincidono.

es: 2)  si volse a retro arimirar lo passo

in questo caso le sillabe grammaticali sono 13, ma (importante!)  non le sillabe metriche: le sillabe metriche sono 11. Perché? Tra volse/a  e retro/a  si incontrano due vocali; queste si “fondono” e danno luogo a un’unica sillaba metrica: questo fenomeno si chiama sinalefe.

es: 3)  E altro disse, ma non l’ho a mente

se applicassimo il criterio della sinalefe appena esposto, questo verso avrebbe 9 sillabe metriche; eppure è un endecasillabo. In realtà non sempre si ha sinalefe. Talvolta si verifica il fenomeno opposto, cioè la dialefe: vale a dire che le due vocali contigue: E al  e l’ ho a  non si fondono, ma restano distinte;  il verso, che è un endecasillabo,  va così scandito:
E/al/tro/ dis/se, /ma/ non/ l’ho/a/ men/te

si ha sinalefe quando la vocale finale di una parola e quella iniziale della successiva si fondono, cioè si contano come un’unica sillaba metrica. All’opposto, si ha dialefe, quando la vocale finale di una parola e quella iniziale della successiva restano distinte.

Se le vocali a contatto appartengono alla stessa parola, si parla di sineresi (due vocali distinte valgono un’unica sillaba metrica)
es: 4) Disse: “Bea/trice loda di Dio vera

secondo la scansione grammaticale: Be-a-tri-ce, con uno iato tra e e a; ma secondo la scansione metrica: Bea-tri-ce(sineresi)

la dieresi è il fenomeno opposto. Questa è facilmente riconoscibile perché di solito è segnalata con due puntini sopra il dittongo coinvolto:
es: 5) la Somma Sapienza e ‘l Primo Amore
scansione grammaticale: Sa-pien-za (tre sillabe); scansione metrica: Sa-pi-en-za(quattro sillabe metriche)

versi piani, sdruccioli e tronchi:
Per individuare un verso bisogna dunque contare le sillabe metriche, ma si deve tenere presente anche l’ultima sillaba tonica (quella accentata) , cioè l’ultima sillaba accentata dell’ultima parola del verso: questo accento è come una barriera, e tutto quello che segue non conta ai fini dell’individuazione del verso.
Questo spiega perché versi come:
1°) “Tanto gentile e tanto onesta pàre”, 2°) “Dinanzi a me sen va piangendo Alì”, 3°) “Forse era ver, ma non però credìbile”, sono tutti e tre equivalenti: in tutti e tre i casi, l’ultimo accento cade sulla decima sillaba metrica, con la sola differenza che nel 1° caso, segue una sillaba atona (senza accento); nel 2°, no; e nel 3° seguono due sillabe atone.
Tutti e tre sono endecasillabi: 1°)= endec. piano (parola con accento sulla penultima sillaba); 2°)= endc tronco (con accento sull’ultima sillaba); 3°)= sdrucciolo (parola con accento sulla terzultima sillaba). L’endecasillabo sdrucciolo è più raro, perché sono più rare in italiano le parole sdrucciole e per questo, dal punto di vista stilistico, è significativo.
La forma più frequente del verso, in italiano, è quella piana (piane sono le parole con accento sulla penultima sillaba, e in italiano sono la maggior parte) e dal numero di sillabe metriche di questa forma prende nome il verso.

3) Ritmo:
L’elemento fondamentale (ma non l’unico) che determina il ritmo nella versificazione italiana è l’accento, ossia l’alternanza di sillabe toniche (con accento) e di sillabe atone (senza accento): il ritmo di un dato verso può essere definito come la particolare successione di sillabe toniche e sillabe atone presenti in quel verso.
Lo schema ritmico di un verso è la successione delle sue sillabe toniche:

Trovòmmi Amòr del tùtto disarmàto  (Petrarca): schema ritmico dell’endecasillabo: 2°-4°-6°-10°

Un ùrlo improvvìso alle pòrte (Pascoli): schema ritmico del novenario: 2°-5°-8°

Lo schema ritmico rappresenta lo scheletro sonoro di un verso, indipendentemente dal contenuto semantico. Grazie a questa elementarità, i diversi schemi ritmici tendono a fissarsi nella memoria dei poeti e dei lettori e a riprodursi nella storia della versificazione: per questa ragione essi rappresentano anche un fondamentale segno di riconoscimento del verso. Nella poesia italiana esistono per ogni verso degli schemi ritmici preferenziali e più ricorrenti, ma tutti i versi ammettono più schemi ritmici: questo vuol dire che, a parte l’ultima sillaba metrica di ogni verso, nessuna altra sillaba deve portare necessariamente un ictus, e viceversa, tutte possono portarne uno.
Il solo requisito indispensabile per la correttezza ‘ritmica’ di un verso è dunque l’ictus sulla sillaba metrica che ne segna il confine a destra (la decima per l’endecasillabo, l’ottava per il novenario, la sesta per il settenario…)

 

4) I versi canonici della poesia italiana sono l’endecasillabo e il settenario (nella trascrizione grafica dello schema metrico di un componimento, l’endecasillabo è indicato con la lettera maiuscola, il settenario con la lettera minuscola).

 

Per la sua definizione, importante è non limitarsi a dire che l’endecasillabo è “un verso di undici sillabe”, perché questo, da quanto si è visto finora,  non è sempre vero. Bisogna dire che è un verso il cui accento principale e obbligatorio cade sulla decima sillaba metrica; (esso può essere piano, tronco o sdrucciolo a seconda dell’uscita dell’ultima parola).
Gli schemi più diffusi dell’endecasillabo sono due e vengono identificati tramite la posizione di un secondo accento obbligatorio.
Primo caso: endecasillabo a maiore, ictus obbligatorio di 6°
es: Nel mezzo del cammin // di nostra vita

questo è un endecasillabo a maiore ( l’espressione latina significa che il 1° emistichio è più lungo: l’ictus di 6° (cammìn) divide il verso in due emistichi, dei quali il 1° è un settenario, avendo appunto un ictus di 6°, ed è più lungo del 2° emistichio, che è un quinario.  La pausa, in questo caso, divide il verso in due unità sintattiche (logiche) e anche metriche.

Secondo caso: endecasillabo a minore, ictus obbligatorio di 4°
es: mi ritrovài // per una selva oscura

qui la prima unità è più breve (è un quinario piano, e l’end. si chiama a minore perché la prima unità è più breve). L’ictus di 4° divide il verso in due emistichi: il 1° è un quinario e è più breve (a minore) del secondo (settenario). Nell’endecasillabo a minore  è frequentissimo un ictus in 8° posizione. Dunque nella maggioranza dei casi, gli accenti dell’endecasillabo a minore sono: 4°-8°-10°.

Questi due tipi fondamentali di endecasillabo sono detti endecasillabi canonici, perché sono quelli canonizzati dalla tradizione.

 

5) La rima
In generale, la rima è l’identità di suoni (omofonia) della parte finale di due o più parole, a partire dalla loro ultima vocale tonica.
In un componimento in versi, la rima è il principale fenomeno acustico che lega la fine di un verso a un altro successivo. Nella metrica tradizionale la rima marca il confine del verso (ha una funzione demarcativa); la rima mette in rapporto tra loro i versi rimati e permette di costituire degli “schemi” nelle sequenze di versi (funzione architettonica o strutturante): es. lo schema delle rime nel sonetto, nell’ottava ecc.
Come esistono versi piani, tronchi e sdruccioli, così esistono rime piane, tronche e sdrucciole.
La sede per eccellenza della rima è alla fine dei versi; ma può comparire anche all’interno del verso:
a) rima interna:  rima tra una parola in fine verso e una che occupa una posizione nel verso che non coincide con la parte centrale di questo:
es:
Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea col moto alterno ( Montale, Ossi di seppia, Riviere )

b) rima al mezzo: tra una parola a fine verso e una nella zona centrale di un altro verso
Passata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina (Leopardi, Canti, La quiete dopo la tempesta)

 Rima  perfetta: quando c’è identità di suoni (vocalici e consonantici) a partire dall’ultima vocale tonica
Meriggiare pallido e assòrto
 presso un rovente muro d’òrto   (Montale, Meriggiare…, Ossi di seppia)

 

Rima imperfetta: quando l’identità dei suoni è parziale:
1) assonanza: quando c’è identità dei soli suoni vocalici
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani                    (Leopardi, L’infinito)

2) consonanza: quando c’è identità di suoni delle sole consonanti
Il fiore che ripete
Dall’orlo del burrato                                     (Montale, Il fiore…, Occasioni)

3) rima ipermetra: tra una parola piana e parte della terminazione di una parola sdrucciola
Il viaggio finisce qui:
nelle cure meschine che divìdono
l’anima che non sa più dare un grìdo  (Montale, Casa sul mare, Ossi di seppia)
---------------------------------
Un’altra rima frequente:
rima ricca: quando l’identità di suoni si estende anche a quelli che precedono l’ultima vocale accentata:
o segui sui tigli, tra gl’irti
pinnacoli le accensìoni
del vespro e nell’acque un avvampo
di tende da scali e pensìoni                      (Montale, Dora Markus, Occasioni)

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Successione delle rime:
rima baciata: AA BB
rima alterna o alternata: AB AB
rima incrociata: ABBA
schemi metrici:
sonetto: è una forma monostrofica (un’unica strofa) di 14 versi, tutti endecasillabi, suddivisa in due quartine e due terzine:
nelle quartine (i primi 8 versi) lo schema delle rime può essere: a rime alternate (ABAB…) o a rime incrociate (ABBA…); nelle terzine, invece è variabile.

ottava: è una forma metrica di 8 endecasillabi: i primi 6 sono a rima alternata (ABABAB); gli ultimi due a rima baciata (CC).


Sineresi e sinalefe hanno in comune il prefisso “sin”che in greco significa unire”; dialefe e dieresi, hanno in comune il prefisso “dia”, che significa separare. Tenendo presente questo, è più facile ricordarsi il fenomeno che descrivono.

Il verso è infatti un fenomeno ritmico-acustico, dunque l’accento è un elemento fondamentale, ancora prima del significato delle parole che lo compongono

Fonte: http://omero.humnet.unipi.it/matdid/530/brevissime%20nozioni%20di%20metrica.doc

Sito web da visitare: http://omero.humnet.unipi.it

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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