Ingegneria produzione dell' acciaio

Ingegneria produzione dell' acciaio

 

 

 

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Ingegneria produzione dell' acciaio

L’acciaio

L’acciaio è ottenuto dalla ghisa greggia ottenuta nell’altoforno. Sia la ghisa d’altoforno e l’acciaio sono leghe ferro – carbonio, ma la ghisa contiene al massimo il 4% di carbonio, mentre l’acciaio ne contiene circa il 2,11%. L’ acciaio è quindi ottenuto privando la ghisa di buona parte del carbonio in essa contenuto. Questo processo prende il nome di affinazione della ghisa. Per tale processo ci si serve di appositi forni fusori o convertitori, i quali vengono riempiti di ghisa liquida e successivamente viene aggiunta dal fondo attraverso dei fori dell’aria producendo così una reazione chimica tra il carbonio contenuto nella ghisa e l’ossigeno stesso che libera CO e CO2. Alla ghisa liquida vengono inoltre aggiunte altre sostanze come calce e calcare che  servono a far addensare le impurità che diventano quindi particelle solide facilmente asportabili.
Tipologie di acciai
A seconda del processo di produzione, della composizione chimica, della struttura e dell’impiego prevalente possiamo distinguere le seguenti cinque categorie di acciai:

  • Acciai al carbonio costituiscono oltre il 90% di tutti gli acciai e contengono una quantità variabile (inferiore al 2%) di carbonio, un massimo di 1.65% di manganese, lo 0.60% di silicio e lo 0.60% di rame. A seconda della percentuale di carbonio li dividiamo in:

acciai extradolci con meno dello 0.15 % di carbonio;
acciai dolci dallo 0.15 % allo 0.25% di carbonio;
acciai semiduri dallo 0.25 % allo 0.50% di carbonio;
acciai duri con più dello 0.50 % di carbonio.
La maggior parte delle strutture in acciaio degli edifici, degli scafi delle navi, di chiodi, di viti e di bulloni è costituita con acciai al carbonio.

  • Acciai legati sono caratterizzati da una percentuale variabile, maggiore rispetto a quella che caratterizza gli acciai al carbonio, di elementi come il vanadio, il molibdeno, il manganese, il silicio e il rame. Vengono utilizzati nella produzione di bielle, alberi, perni, assi dei veicoli.  
  • Acciai debolmente legati ad alta resistenza sono la categoria più recente  e sono noti con la sigla HSLA (high – strength low – alloy). Essi contengono piccolissime quantità di altri elementi come il vanadio e quindi sono generalmente più economici degli acciai legati. Questi sono caratterizzati da un’elevata resistenza meccanica (subire deformazioni esterne) e da una resistenza alla corrosione superiore rispetto a quella degli acciai al carbonio conferita mediante determinate procedure.
  • Acciai inossidabili contengono cromo (tra il 12 e il 30%), nichel (fino al 35%) e altri elementi che li rendono brillanti e li proteggono dagli agenti atmosferici e dagli acidi corrosivi. Sono dotati di un’elevata resistenza meccanica sia alle alte temperature che a quelle basse. Sono impiegati nella costruzione di tubature, strumenti chirurgici, protesi dentarie, pentolame, posate e altri utensili da cucina.
  • Acciai da utensili si usano per produrre la maggior parte degli utensili per le lavorazioni meccaniche; sono detti acciai rapidi quelli che contengono tungsteno, molibdeno e altri elementi che ne aumentano la resistenza all’usura in lavorazioni ad alta velocità; extrarapidi o super – rapidi quelli che contengono anche cromo.

Elementi come lo zolfo, il fosforo, l’ossigeno, l’idrogeno sono invece dannosi per l’acciaio.
Tipologie di convertitori
Sono degli apparecchi  grazie ai quali avviene la decarburazione della ghisa per la produzione dell’acciaio. La produzione può essere di due tipi:

  • A carica liquida dove si ricorre all’utilizzo di convertitori ( Bessemer, Thomas, a ossigeno);
  • A carica solida dove si utilizzano forni caricati prevalentemente con rottami di ferro, frammenti di ghisa e calcare.

Il convertitore Bessemer ha una capacità di circa 10 o 20 t di ghisa liquida e può avere un’altezza variabile tra i 4 e i 6 metri e un diametro di 3 o 4 metri. Ciò che caratterizza i convertitori non sta nella struttura esterna ma nel rivestimento interno che, nei convertitori Bessemer è costituito da materiale acido (es. materiali argillosi o alluminosi) più adatti ad affinare ghisa contenente alte percentuali di silicio, mentre in quelli Thomas il rivestimento interno è di natura basica più adatto alle lavorazioni della ghisa ricca di fosforo. Tuttavia questi convertitori sono oggi praticamente abbandonati.
Convertitore a ossigeno
B.O.P. o L.D.
Costruito nel 1935 in Austria nelle città di Linz e Donawitz e, mentre in Europa è conosciuto con la sigla L.D., in America lo ritroviamo con la sigla B.O.P. (Basic Oxygen Process). Questo convertitore è caratterizzato per il fatto che sulla ghisa liquida è sparato a gran velocità un getto di ossigeno puro al 99.5% mediante una lancia raffreddata internamente ad acqua. Questo convertitore è molto utilizzato in quanto riesce a produrre una colata di acciaio di ottima qualità ogni 40 – 50 min. Il convertitore ha un rivestimento basico.
O.B.M.
Questo processo fu ideato da una società tedesca Maximilian Hütte, la sigla significa Oxygen Boden Max - Hütte. Dal fondo del convertitore, attraverso dei fori, viene soffiato dell’ossigeno puro il quale si miscela con metano o propano precedentemente aggiunto. Mentre l’ossigeno serve per la decarburazione della ghisa, l’aggiunta di metano o propano ha lo scopo di raffreddare la zona del convertitore dove l’ossigeno entra in contatto con la ghisa. La reazione di piroscissione che avviene nel metano o nel propano è stata impiegata per evitare la rapida corrosione del fondo del convertitore.
Convertitore A.O.D.
Argon Oxygen Decarburation è la decarburazione per mezzo di argon e ossigeno e viene utilizzato a partire dal 1970 circa. E’ utilizzato per la produzione dell’acciaio inossidabile (inox) in coppia con un altro forno dal quale riceve l’acciaio già parzialmente decarburato. Attraverso dei tubi posti appena al di sopra della base del convertitore viene in esso immesso argon miscelato con dell’ossigeno che abbassa la temperatura del prodotto e riduce la reattività che avrebbe il solo ossigeno con il carbonio e il cromo; presente negli acciai inox per circa il 18% garantirne l’inossidabilità. Questo convertitore è particolarmente utilizzato per la produzione dei cosiddetti acciai Low Carbon ovvero con una bassissima percentuale di carbone: appena lo 0.01%.

 

Tipologie di forni

Forno Martin – Siemens
Ideato nel 1865 in Francia da dai fratelli Martin e Siemens che vollero recuperare il calore dei fumi rendendo così possibile un aumento delle temperature. Il forno ha un rivestimento interno acido dove i fumi di scarico anziché essere dispersi nell’aria vengono convogliati in delle particolari camere dette di rigenerazione, le quali sono in genere quattro, dove all’interno di esse cedono parte del loro calore a dei gas (es. il metano) o all’aria e quindi alle pareti delle camere costituite da dei mattoni refrattari. Quando gas e aria entrano nel laboratorio, cioè dove c’è la ghisa,  bruciano tra di loro e producono una grande fiamma che riscalda così il prodotto fino al raggiungimento di 1800 gradi. A intervalli di circa mezz’ora il ciclo della miscela di aria e gas viene invertito e fatto passare nelle stesse camere, cosicché la miscela viene riscaldata dagli stessi mattoni delle camere. Il forno vero e proprio misura circa 6m per 10m ed è alto 2.5m. Oltre alla ghisa liquida, il forno viene caricato con rottami d’acciaio, ghisa fredda, calcare, minerale di ferro e fluorite. Le impurità come silicio, fosforo, manganese e zolfo  vengono eliminate facilmente in quanto si combinano con il calcare. Sebbene con questa tipologia di forno è possibile effettuare ben cento tonnellate di acciaio in undici ore, il forno non viene più costruito dal 1967 e quelli tuttora esistenti saranno, nel momento in cui SI ROMPONO da convertitori L.D. o da forni elettrici.

Forno elettrico
È forse oggi il più utilizzato soprattutto per il basso costo rispetto a un convertitore ma anche perché garantisce una maggiore elasticità di impiego (possono cioè essere prodotti anche acciai inox), i tempi di messa in moto sono notevolmente più stretti rispetto a quelli impiegati nell’accensione di un convertitore, c’è inoltre una maggior possibilità di controllare i processi di trasformazione chimica. Esso è costituito da dei mattoni refrattari (che resistono cioè alle alte temperature) tenuti uniti da una lamiera di acciaio; è in genere caricato con rottami di ferro, calcare e dei piccoli frammenti di ghisa. Prima di iniziare l’affinazione viene spruzzato dell’ossigeno puro che innalza la temperatura velocizzando così il processo. I forni possono essere di due tipi:

  • Forni ad arco
  • A corrente alternata Il forno è costituito da tre elettrodi di grafite disposti in linea oppure formanti un triangolo equilatero i quali, una volta caricato il forno, vengono immersi nel prodotto e da qui viene data corrente che si trasmette da un elettrodo all’altro sotto forma di archi elettrici che riscaldano quindi il prodotto fino a circa 1600 gradi.
  • A corrente continuaIl forno è costituito da  un solo elettrodo di grafite posto centralmente. L’arco viene scoccato tra l’elettrodo (catodo) e tre “anodi” posti sul fondo del forno, a triangolo. In questo modo la corrente è costretta a passare attraverso il prodotto, fondendolo. L’elettrodo in questo caso non tocca mai il prodotto.
  • Forni ad induzione Sono costituiti da un porta oggetti attorno al quale è avvolta una bobina d’induzione. Il complesso è sistemato sopra un recipiente contenente il liquido raffreddante. La bobina è alimentata con corrente alternata ad alta frequenza, nasce quindi un flusso magnetico variabile che si concatena col pezzo da trattare. Dalla variazione del flusso magnetico e dalla velocità con cui varia, dipenderà poi la tensione indotta.   

 

Quando l’acciaio è pronto un pistone posto alla base del forno alza quest’ultimo che scivola su una culla metallica e dal canale di colata esce quindi l’acciaio fuso.

Colata  acciaio
Una volta ottenuto l’acciaio per affinazione della ghisa, ancora allo stato liquido, viene versato in un contenitore detto siviera dove sul fondo è posto un foro di colata con apertura regolabile tramite un tampone di chiusura.

Colata in lingottiera
In questo tipo di colata vengono riempiti dei particolari contenitori detti lingottiere in ghisa. Queste hanno basi diverse a seconda del peso dei lingotti che si vogliono ottenere: hanno una base a forma quadrata per i lingotti più piccoli (300 – 400 kg) e rettangolare per quelli più grandi (20000 – 30000 kg). Versato l’acciaio nelle lingottiere viene fatto raffreddare affinché si solidifichi e, per evitare che questo si attacchi alle pareti, su di esse viene talvolta distribuita della vernice isolante. Le lingottiere hanno inoltre una conicità dell’ 1 – 3% appunto per rendere meno difficoltosa la fase dello strippaggio (estrazione del lingotto dalle lingottiere). Segue la fase dello scriccaggio nella quale viene eliminata, grazie a delle mole abrasive, la parte più esterna del lingotto avendo una grana più grossa ed essendo quindi ricca di molti difetti. Il lingotto viene poi laminato e in questa fase vengono asportate la “base” e la “testa” e si utilizza quindi, per le lavorazioni, solo il vero e proprio corpo del lingotto. Talvolta, per ridurre al più possibile i difetti dovuti alla colata in lingottiera appena vista, si ricorre alla cosiddetta colata in lingottiera sotto vuoto. In questo caso, al di sotto del recipiente scaricatore contenente l’alluminio liquido, si trova una camera sotto vuoto. Tra il recipiente scaricatore e la camera sotto vuoto si trova un’apertura, chiusa però da un disco di alluminio il quale nel momento in cui l’acciaio viene a contatto con esso, questo si fonde e l’acciaio entra nella camera sotto forma di goccioline.     

Colata in sorgente
Detta anche colata a sifone consiste nell’avere al centro un certo numero di lingottiere (4, 8, 16) disposte in cerchio, un canale verticale di alimentazione comune alle lingottiere detto colonnetta. A partire dal fondo della colonnetta partono dei tubi orizzontali che andranno poi ad alimentare le varie lingottiere. L’acciaio è quindi versato dalla siviera alla colonnetta e , per il principio dei vasi comunicanti, le varie lingottiere si riempiono contemporaneamente. Questo tipo di colata è sicuramente più veloce di quello in lingottiera.
Le principali forme che possiamo trovare sono:

  • Blume quadrato è una barra a sezione quadrata con spigoli arrotondati e con un lato solitamente compreso tra 130 e 400 mm.
  • Blume rettangolareè una barra a sezione rettangolare con spigoli arrotondati. In particolare il rapporto tra lato maggiore e minore deve essere compreso tra 1 e 2, l’area deve essere maggiore di 14.400 mm2.
  • Billetta è una barra a sezione quadrata con spigoli arrotondati e con lato compreso tra i 50 e i 200 mm.
  • Bramma o sleboè una barra a sezione rettangolare con spigoli arrotondati. In particolare il lato minore deve essere minore di 60 mm e il lato maggiore deve essere maggiore di 120 mm e allo stesso tempo minore del quadruplo del lato minore.
  • Bramma appiattitaè una lastra a sezione rettangolare con spigoli arrotondati e avente il lato minore maggiore di 50mm e il rapporto tra il lato maggiore e quello minore deve essere maggiore di 4.

Colata continua
Questo sistema di produzione dell’acciaio risale agli anni Settanta e oggi ricopre ben l’ 80% della produzione italiana di acciaio. Infatti con questo metodo si possono ricavare molto facilmente blumi, bramme e billette in quanto non sono più necessarie le lingottiere e quindi lo strippaggio e le successive lavorazioni come la laminatura (che necessitano di un nuovo riscaldamento). L’acciaio viene versato a una temperatura di 1600 gradi dalla siviera in un recipiente detto paniera al di sotto del quale ci sono tanti fori quante sono le lingottiere da alimentare. Queste lingottiere sono di rame raffreddate ad acqua, l’acqua è inoltre impiegata, poi, nel raffreddamento del semilavorato. Oltre gli spruzzatori di acqua troviamo poi dei rulli che hanno il compito di piegare il semilavorato dalla posizione verticale a quella orizzontale e ancora delle lame che tranciano, alla lunghezza voluta, il semilavorato. Con la tranciatura vengono inoltre schiacciate le estremità del semilavorato così da impedire all’aria di ossidare eventuali cavità  presenti al suo interno. Tali cavità sono dette cono di ritiro secondario. Con questo tipo di colata si saltano, come abbiamo visto, molte fasi della lavorazione e l’acciaio è pronto in tempi relativamente brevi; l’unico difetto può essere l’elevato costo dell’impianto di produzione.                                                                                                                       

Laminazione
Dopo una di queste tecniche di colata, oltre la colata continua, i lingotti devono subire una lavorazione, per poi divenire prodotto finale, che prende il nome di laminazione. Si distinguono:
Laminazione a caldoIl lingotto viene prima riscaldato a circa 1200 gradi e quindi portato alla forma finale da una serie di cilindri in acciaio o ghisa disposti in diverse posizioni per conferire allo stesso uno determinato spessore. Un difetto può essere l’ossidazione che normalmente viene eliminata una volta terminato il processo con la sabbiatura.
Laminazione a freddo Lo scopo di questa lavorazione è quello di ottenere, senza apporto di calore, una superficie del metallo più compatta e liscia e quindi una migliore finitura superficiale dovuta anche dal fatto che, a differenza della laminazione a caldo, il materiale non si ossida. La laminazione può, ad esempio, essere effettuata con laminatoi:
A duo reversibile Quando i rulli girano alternativamente in sensi opposti, il laminato passa quindi più volte sugli stessi rulli per essere rimodellato.
A duo non reversibile Quando i rulli girano sempre nello stesso verso.
A duo universale Sonosovrapposti più di due rulli per cui il materiale transita in versi opposti. Questo tipo di laminatoio è utilizzato per ridurre la superficie occupata dall’impianto di laminazione.
A quarto Quando i rulli sono 4 (2 cilindri di lavoro motorizzati e due di supporto posti all’esterno rispetto a quelli motorizzati e aventi una funzione di irrigidimento della struttura e quindi per evitare che gli sforzi dovuti alla laminazione non modifichino i rulli di lavoro).  
Sendzimir Quando i rulli sono 20 (2 di lavoro principali e più piccoli, 4 primi intermedi, 6 secondi intermedi e 8 di spallamento per evitare fenomeni di modifica dei cilindri motori).

                                                                                                                            Federico Scacco, Matteo Camporese, Matteo Tonello

 

Fonte: http://digilander.libero.it/clangilda/Produzione%20dell'acciaio.doc

Sito web da visitare: http://digilander.libero.it/clangilda

Autori del testo: sopra indicati nel documento di origine

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