Come cambiano il lavoro e i lavoratori

Come cambiano il lavoro e i lavoratori

 

 

 

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Come cambiano il lavoro e i lavoratori

- Dinamiche del mercato del lavoro:

  • Tasso medio di disoccupazione poco sotto 10% (elevati tassi di disoccupazione giovanile)
  • Instabilità occupazionale crescente

Alcuni effetti psicosociali:

  • Rischio di "sottoutilizzo delle risorse"
  • "Effetti di scoraggiamento"
  • Tensioni collettive
  • Modifiche dei significati del lavoro, dell'impegno sociale etc…

Caratteristiche dei lavoratori
Età:

  • Difficoltà d'inserimento nella fascia giovanile (fino a 32 anni)
  • Decrementi della fascia d'età sopra i 55 anni (con previsione di inversione)
  • Espansione dei middle-aged

Alcuni effetti psicosociali:

  • Riduzione di posizioni di responsabilità e competizione di status
  • Ricerca di alternative da parte del lavoratore maturo, professionalmente qualificato

Livelli di istruzione:

  • Tendenziale crescita (dominanza di bassi/medio -bassi livelli)
  • Nette differenze delle "filiere formative"
  • Variazione del work entry level e difficoltà di riutilizzo di lavoratori poco secolarizzati

Alcuni effetti psicosociali:

  • Possibili conflitti intergenerazionale
  • Cambiamento di atteggiamenti e attese nei confronti del lavoro
  • Effetti sociali del ritardato ingresso lavorativo (famiglia)

Femminilizzazione:

  • Tendenziale aumento degli ingressi lavorativi di donne
  • Persistenza di differenze di status, salariali, di prestigio delle professioni "femminilizzate", etc.

Alcuni effetti psicosociali:

  • Doppia carriera (e il problema della conciliazione dei tempi)
  • Fattori specifici di stress (ostacoli alla carriera, rapporti inadeguati, etc.)
  • Stereotipi sessisti e harassment

Gruppi di minoranza
Disabili

- Cambiamenti nei contesti lavorativi

  • Downsizing e ristrutturazioni
  • Fusioni e incorporazioni
  • Nuovi compiti e ruoli lavorativi
  • Nuovi sistemi di competenze
  • Tipi di relazioni di lavoro
  • Qualità della vita lavorativa

 


2. Psicologia del lavoro: campi di indagine e di intervento

Definizione
La psicologia del lavoro si occupa:
Dei sentimenti delle persone, dei loro atteggiamenti, delle condotte e dei processi cognitivi e socio-psicologici che le attivano e sostengono in un dato contesto organizzativo (Chimel 1998).

L'oggetto di studio concerne la persona in situazione e comprende:
Corporeità, processi cognitivi/sentimenti, condizioni ambientali, significati attribuiti all'esperienza

L'attenzione è posta:

  • Sul lavoratore come parte di un sistema tecnico
  • Sul lavoratore come parte di un sistema sociale
  • Sull'interazione con il contesto e sui risvolti interni di tale relazione

Tale interazione:

  • Si svolge per un arco temporale assai ampio e si diversifica nel tempo
  • Influenza l'assetto personale, lo sviluppo e l'esperienza dell'individuo in molte sfere della sua vita
  • Produce esiti sul suo livello di benessere psicosociale
  • Produce effetti di natura sociale, economica, culturale riferiti allo spazio di vita della persona (ad esempio della famiglia) e della struttura sociale

Lo studio di questa interazione svolge:

  • Una funzione conoscitiva
  • Una funzione applicativa
  • Una funzione emancipatoria (ri-progettazione di forme di interazione sociale più equilibrate)

Nomenclatura

  • Psicotecnica, psicologia industriale
  • Psicologia dell'occupazione (nel mondo anglosassone), psicologia del lavoro
  • Psicologia del lavoro e delle organizzazioni, comportamento organizzativo

In ambito europeo:

  • Psicologia del lavoro
  • Psicologia delle organizzazioni
  • Psicologia delle risorse umane

Campi d'indagine
I campo di studio è stato segmentato selezionando problemi concreti e cercando soluzioni applicabili, nel rispetto del valore dell'evidenza empirica.

Fattori considerati per la condotta lavorativa:

  • Organizzativi
  • Interni
  • Di gruppo
  • Legati ai compiti
  • Extra-lavorativi
  • Outcomes
  • Legati alle tecnologie
  • Dell'ambiente fisico
  • Legati al ruolo sociale e organizzativo

Livelli di analisi (Leplat e Cuny 1984)

  • Livello organizzativo
  • Livello di gruppo (team)
  • Livello individuale (posto di lavoro)

 


3. I valori e significati del lavoro

I valori del lavoro  possono essere definiti come un insieme di costrutti ipotetici che delineano idealmente:

  • Cosa dovrebbe essere il lavoro in termini di finalità e di scopi per la persona e la società (finalismo)
  • cosa dovrebbe essere giusto fare e quali condotte tenere dei differenti contesti lavorativi (etica del lavoro)
  • valori condivisi in una certa cultura che hanno la qualità di attrarre e sostenere l'azione degli individui o al contrario di respingere certe direzioni di azione (valenza motivazionale)

Da un lato, nei valori lavorativi si sottolinea il significato di sistema etico, di criteri sociali  standard per valutare gli oggetti lavorativi, per interpretare gli avvenimenti, per scegliere gli scopi, guidare le azioni che risultano socialmente desiderabili; dall'altro lato ci si riferisce a ciò che le persone desiderano dal lavoro, agli oggetti lavorativi che sono investiti di valore, ai ricavi significativi che possono rispondere meglio ai bisogni personali. Mentre nel primo caso i valori si collegano ad altri concetti della psicologia sociale come quello di credenze e rappresentazioni sociali, nel secondo caso ci si avvicina ai concetti di livello più individuale come motivazioni, atteggiamenti e interessi.

Prospettiva individuale: fanno parte della definizione dei valori del lavoro le preferenze e le convinzioni personali sugli esiti che ci si dovrebbe aspettare dal lavoro operando in un certo modo: un'esistenza confortevole, la sicurezza personale e familiare, un senso di realizzazione e di dignità personale, il riconoscimento pubblico di se stessi e una esperienza stimolante. Il sistema di credenze sul lavoro  si arricchisce poi a livello di comportamenti e di qualità da privilegiare: autocontrollo, deferenza, creatività e centratura sui risultati, onestà, fiducia, altruismo e cooperazione, equità procedurale e distributiva nello scambio sociale, etc.

Valori del lavoro intrinseci: lavoro interessante, stimolante, dove si può apprendere, al quale si può contribuire personalmente, che permette di sviluppare le proprie potenzialità, che offre responsabilità e autonomia, creativo

Valori del lavoro estrinseci: un lavoro che assicura un elevato stipendio, sicurezza e benefit, che fornisce uno status sociale soddisfacente, che permette interazioni sociali, che garantisce tempo per sé, per la famiglia per i propri hobby.

Prospettiva sociale: l'accento è posto su un insieme di criteri socialmente condivisi che orientano le interpretazioni e le scelte individuali e definiscono le modalità e le forme di appartenenza sociale.

L'indagine empirica, in realtà, a trovato numerose contraddizioni e una distanza abbastanza ampia tra i valori del lavoro definiti in termini così generali e sistemi di credenze dei gruppi sociali concreti; per non dire dell'alta variabilità degli atteggiamenti e dei comportamenti individuali e collettivi che occupano l'intero continuum ai cui poli stanno l'adesione e il rifiuto dei valori del lavoro.

Le cinque dimensioni operazionalizzate del gruppo di ricerca Meaning of work:

  1. Centralità del lavoro (relativa e assoluta): grado di importanza del lavoro per l'individuo misurata sia confrontando il lavoro con le altre dimensioni della vita personale e sociale sia in assoluto, mediante l'utilizzo di una lottery question.
  2. Importanza di aspetti specifici intrinseci/estrinseci
  3. Scopi generali del lavoro (cosa si vuole raggiungere: status, prestigio, successo, utilità sociale, etc.)
  4. Diritti e doveri (livello di percezione dell'obbligo di contribuire e dell'essere protetto)
  5. Identificazione con il ruolo professionale vista come una componente della valorizzazione della funzione lavorativa correlata con l'intenzione di impegno personale sul lavoro

Esempio empirico: Social forces, 2002
(valori del lavoro nei giovani; longitudinale; scale da1=min a 4=max preferenza)

  • Valori intrinseci, 3.5, relativamente stabili
  • Sicurezza, 3.3, relativamente crescente
  • Altruismo, 3.2, nettamente decrescente
  • Interazioni sociali, 3.1, nettamente decrescente
  • Valori estrinseci, 3, lievemente decrescente
  • Influenza, 2.6, lievemente decrescente
  • Leisure, 2.5, lievemente crescente

 

Quando il confronto tra il valore del lavoro e la altre sfere della vita viene effettuato in termini generali si osserva una grande omogeneità e stabilità nelle attribuzioni e una tendenza ad assegnare al lavoro una posizione molto alta nella scala di importanza adottata dalle persone, almeno quando sono richieste di effettuare delle comparazioni.

Il quadro dei dati empirci sembra invece modificarsi quando le valutazioni del lavoro sono effettuate a partire da condizioni concrete di esperienza lavorativa ovvero si tiene conto della storia lavorativa delle persone, dei contesti attuali di esperienza e degli scopi personali che si intendono raggiungere.

In altri termini, tornando per un momento a considerare la duplicità individuale-sociale, si potrebbe sostenere che questa ultima indagine si esplicita un interesse per comprendere non solo ciò che la persone vedono come giusto, corretto, utile nel lavoro, ma anche ciò che riguarda più direttamente ciò che ha un valore per la propria vita personale e dunque appare desiderabile da raggiungere.

In sintesi, riprendendo la riflessione di Dose (1997), i valori del lavoro possono essere considerati all'interno di un continuum che vede ad un polo le preferenze individuali connesse con i bisogni che le persone vogliono soddisfare nel lavoro e all'altro polo le connotazioni di dover essere (obblighi morali e indicazioni prescrittive su ciò che è buono e giusto fare, cioè le grandi finalità desiderabili pere la persona e la società). Pertanto, i valori del lavoro sono degli standard valutativi collegati al lavoro e al contesto lavorativo con i quali gli individui riescono a discernere ciò che è giusto e valutare l'importanza delle loro preferenze. Alcuni valori del lavoro possono avere il grado di consenso sociale come base per la loro sottoscrizione mentre altri valori lavorativi sono egualmente ritenuti accettabili in base alle scelte di ciascun individuo.
Funzioni e significati del lavoro

  • Individuazione di "attributi" specifici rispetto ad altre attività, infatti il lavoror è un'attività coatta, un comportamento caratterizzato dai vincoli connessi con le esigenze del compito da svolgere. Quindici differenzia il lavoro dall'attività umana, intesa come espressione di condizioni ottimali di libertà e di esigenze profonde della personalità. (Wallon, Faverge)
  • Finalizzazioni del comportamento lavorativo: il lavoro è un'attività diretta al perseguimento di scopi che hanno un valore per la persona e che nella loro continua variabilità vanno contestualizzati sia sul piano storico sia rispetto alle fasi personali del lavoratore. Neff riprende la connotazione strumentale per definire il lavoro come goal directed action; questa fa parte del senso comune in cui il lavoro è una tipica attività tesa procurare i mezzi di sussistenza, a mantenere la continuità della specie e a modificare certi aspetti dell'ambiente in modo che sia adatto alla vita umana.(doverosità sociale, Neff, Brown)
  • Funzione manifesta e funzioni latenti del lavoro: modello delle funzioni latenti, uno schema di carattere normativo dal quale derivare previsioni sugli effetti di deprivazione del lavoro e che risulta basato sull'assunzione che il lavoro, oltre alla funzione manifesta di procurare proventi economici per la sussistenza psicofisica, offra un'ulteriore serie di benefici significativi e apprezzati dalle persone; si tratta delle funzioni latenti che permettono alla persona di progettare e realizzare un'esperienza significativa per messo del lavoro: il lavoro struttura e organizza il tempo; permette e facilita i contatti sociali; contribuisce alla creazione di u ruolo sociale e dell'identità; fornisce un collegamento tra scopi individuali e sociali; rinforza le possibilità di svolgere attività. (M. Jahoda)
  • Esperienza della "maturazione" della personalità: nell'ambito della psicoanalisi sono emerse riflessioni stimolanti sul significato del lavoro in rapporto ad aspetti della personalità, ipotizzando che il comportamento lavorativo dell'adulto sia collegato direttamente alle modalità di soluzione dei conflitti affettivi della prima infanzia. Jacques parte dal presupposto che tale attività sia fondamentale per l'equilibrio psicologico e la sanità mentale dell'individuo che lavora per vivere. Occorre precisare che Jacques definisce come lavoro nojn tanto lo svolgimento del compito, quanto piuttosto l'applicazione di conoscenze e l'esercizio di discrezionalità all'interno di uno spazio di azione che trova i suoi confini nelle prescrizioni dettate dall'esterno. In altri termini, viene messo in risalto il momento di elaborazione mentale interposto tra stimoli/richieste ambientali e risposte significative. (Eriksson, Jaques).
  • La sintesi della  Shimmin (1966) sui criteri per delineare in generale in significato del lavoro per le persone:
  • Attività dotata di scopi
  • Carattere di "strumento per…"
  • Richiede la spesa di energie diverse
  • Presenta caratteri di obbligo e costrizione
  • Si specifica nell'esperienza concreta
  • Prevede un riconoscimento sociale
  • Variabilità si significati attribuiti (legittimazione)
  • Prevede prese di posizione (scelte, giudizi, contrasti ideologici e culturali, …)

Questa serie di criteri va poi completata, per ridurne il grado di astrazione, tenendo conto delle caratteristiche strutturali dell'ambiente in cui si opera, del tipo di lavoro svolto, dalla qualità dei ricavi nello scambio effettuato con la propria organizzazione, delle differenze di storia lavorativa e personale tra gli stessi lavoratori.

Il lavoro va considerato come un impiego all'interno del sistema sociale ed economico che è percepito dall'individuo come la sua occupazione principale, per la quale egli è riconosciuto dagli altri e da cui deriva il proprio ruolo nella società.

Rappresentazioni sociali e atteggiamenti

  • La ricostruzione sociale dei significati del lavoro. Semplificazioni, dizionario concreto dei significati (differenze tra valori dichiarati ed effettivi), la differente salienza dei contesti di esperienza, le differenze tra bad jobs e good jobs, etc.
  • Le rappresentazioni sociali come conoscenze collettive finalizzate a: familiarizzarsi con un ambiente; condividere pratiche sociali; usare criteri di giudizio comuni o compatibili; influenzare la condotta.
  • Mentre i valori hanno una funzione generale di criterio di valutazione e sono quindi  relativamente aspecifici, gli atteggiamenti verso il lavoro riguardano oggetti ben delimitati  o aspetti della situazione concreta in cui opera la persona. Essi dunque sono assai più numerosi dei valori e sono più vicini allo spazio decisionale quotidiano (esempio: atteggiamenti verso la sicurezza lavorativa, lo stipendio, la soddisfazione, il coinvolgimento lavorativo, i sistemi premianti, ect)
  • Loro variabilità ed evoluzione temporale
  • Modulazione della fase pre-lavoro, dell'esperienza diretta di lavorare, delle appartenenze al gruppo, etc.
  • Le rappresentazioni sociali non hanno solamente la caratteristica di rendere più semplice la descrizione della realtà lavorativa alla diretta portata delle persone, ma di orientare le persone stesse a valutarla, dunque si arricchiscono le componenti valutative e l'interazione persona-realtà lavorativa.
  • In sostanza si può affermare che gli atteggiamenti svolgono un ruolo di mediazione tra rappresentazione sociale del lavoro e condotta.

valori à cultura
rappresentazioni sociali à gruppo
atteggiamenti à individuo

  • Atteggiamenti come forme di rappresentazione di un oggetto sociale  (il lavoro) che hanno differenti componenti (cognitiva, affettiva e comportamentale);
  • Teoria del comportamento pianificato (Ajzen e Madden)  riconosce una relazione non immediata tra atteggiamenti e condotte; il comportamento si spiega soprattutto dalle intenzioni comportamentali a loro volta connesse con la percezione di controllo della situazione (quanto una persona crede di poter efficacemente svolgere il comportamento richiesto dalla situazione) sia con le norme soggettive (le opinioni degli altri e il loro grado di congruenza con le proprie opinioni) sia infine con gli atteggiamenti, espressi non in generale ma come valutazione delle conseguenze del comportamento considerato.
  • In un certo senso le rappresentazione sociali some insiemi di credenze e di significati socialmente condivisi sul lavoro plasmano gli atteggiamenti rispetto al lavoro stesso fornendo un dizionario di significati, di concetti comuni e i tratti centrali, distintivi e valorizzanti dell'oggetto lavoro così come è rappresentato in modo consensuale in una concreta comunità professionale.

 

Work moods

  • Collegabili alla componente affettiva degli atteggiamenti. Gli stati d'animo e reazioni affettive esprimono "l'altra faccia" dell'esperienza soggettiva.
  • Effetti a breve e lungo termine
  • Interferenze sul processamento e sull'azione
  • Relazioni con il benessere della persona, con la qualità della vita lavorativa
  • Esigenze di un "lavoro emozionale" e di una competenza per affrontarlo
  • Molti fattori lavorativi e non lavorativi possono causare un cambiamento nello stato affettivo-emozionale e nelle risposte comportamentali senza necessariamente determinare - se non dopo un certo tempo -. cambiamenti di atteggiamento o, con un tempo ancora più lungo, modifiche nelle rappresentazioni del lavoro o nei valori di fondo.

 


4. Analisi psicologica del lavoro

 

Significato di lavoro:

  • Richieste di un'organizzazione espresse sotto forma di compiti, mansioni e ruoli lavorativi assegnati alle persone
  • Classe particolare di condotte umane definite e influenzate dalla natura delle richieste stesse e dall'insieme di aspettative, desideri e progetti delle persone stesse.

Elementi nella determinazione delle condotte lavorative espressione dell'interazione tra una persona e il suo contesto lavorativo:

  • Corporeità
  • Funzioni mentali
  • Sentimenti ed emozioni
  • Significati dell'esperienza lavorativa

Tali dimensioni sono analizzate sia come antecedenti sia come ingredienti della costruzione delle risposte lavorative, sia come esiti dell'esperienza del lavoratore.
Esse si esplicano in un contesto che è in continua evoluzione.

Livelli di analisi della condotta lavorativa

  • Livello individuale: si considerano gli attributi della persona e i processi che caratterizzano il suo rapporto con il contesto lavorativo (posto, mansione, ruolo).
    • Interventi professionali: selezioni, diagnosi del potenziale individuale, addestramento e formazione, analisi dei compiti, valutazione delle prestazioni, etc.
  • Livello di gruppo: per sapere se l'individuo intraprende con facilità relazioni interpersonali, comunica con efficacia, coopera con i collegi, manifesta capacità di leadership o assume ruoli positivi o negativi nelle relazioni sociali di lavoro si deve considerare la sua partecipazione ad un gruppo di lavoro. In altri termini si allarga il livello di analisi alle situazioni formali e informali che contribuiscono a caratterizzare il contesto lavorativo e dunque anche il tipo di interazione tra persona e lavoro.
    • Interventi professionali: progettazione e ristrutturazione del lavoro,  team building, valutazione della produttività di gruppo, la formazione e lo sviluppo di abilità sociali e comunicative, la rimotivazione, etc.
  • Livello di organizzazione: è abbastanza noto che le caratteristiche di un'organizzazione, intesa come sistema sociale fatto di molti gruppi che interagiscono tra loro per ragioni funzionali, influenzano i singoli lavoratori e i gruppi di lavoro. Gli eventi si determinano in gran parte come espressione delle appartenenze sociali e delle interazioni tra i gruppi sociali. Ciò è tanto più evidente quanto più tali interazioni assumono un carattere pubblico e formale e esistono elementi di competizione sociale o di vero e proprio conflitto.
    • Interventi professionali: interventi multidisciplinari di diagnosi organizzativa, di analisi del clima psicosociale, di formazione e addestramento su tecniche di negoziazione, di progettazione di cambiamenti tecnici e organizzativi, di verifica dei sistemi premianti e delle tecniche di gestione delle risorse umane.

Modello logico per l'analisi del lavoro (Leplat e Cuny 1984)

E' uno schema che semplifica le complesse interconnessioni persona-contesto e sottolinea che:

  • il lavoro non è un contenitore di azioni indipendenti dalle persone, ma un sistema di cognizioni e pratiche concrete, storicamente e culturalmente definite
  • che gli scopi e le condizioni delle varie pratiche [I riga] (influenzano e sono influenzate da) le rappresentazioni cognitive e l'espressione comportamentale [II e III riga].
  • che il sistema è costruito socialmente e modificabile (effetti di interazione e di retroazione delle variabili in gioco)

Caratteristiche delle persone:
Le modalità con cui il lavoratore affronta la serie di compiti assegnati ovvero si sforza di conseguire gli obiettivi non dipendono solamente dalle condizioni di esecuzione o dalla chiarezza degli obiettivi, ma anche dal possesso di requisiti, di risorse di competenze adatte ai compiuti stessi.

  • caratteristiche fisiche generali: livello di integrità sensoriale e salute psicofisica
  • caratteristiche biografiche: età, genere, esperienze lavorative precedenti, livello di scolarizzazione e formazione professionale)
  • caratteristiche cognitive e di competenza professionale (memoria e tempi di reazione, ma anche conoscenze generali, capacità tecnico professionali, che definiscono il saper fare e competenze trasversali che riguardano il modo di situarsi positivamente nel contesto lavorativo)
  • livelli motivazionali (aspettative, livelli di committment, preferenze di rinforzi, etc.)
  • rappresentazioni e significati del lavoro (orientamento espressivo o strumentale, orientamento verso ricavi di natura intrinseca o estrinseca)
  • aspetti rilevanti la personalità (ottimismo, fiducia organizzativa, autoefficacia, locus of control, self, stima si sé, etc.)

 Obiettivi:

  • Sono ciò che l'organizzazione vuole perseguire
  • generali-specifici
  • Dichiarativi-effettivi: scostamenti tra obiettivi dischiarati e obiettivi da raggiungere di fatto.
  • Compresenza di obiettivi diversi
  • Evoluzione nel tempo
  • Gli obiettivi mostrano le esigenze lavorative:
    • Esigenze fisiche
    • Esigenze sensoriali
    • Esigenze senso-motorie
    • Esigenze cognitive
    • Esigenze relazionali/comunicative
    • Esigenze di fronteggiamento

Condizioni di esecuzione:

  • Organizzazione del lavoro (divisione dei compiti, modalità di esecuzione, di pianificazione, di decisione e controllo)
  • Tecnologie di produzione: in genere ci si riferisce al livello di complessità delle tecnologie usate:
  • Lavoro manuale mediato da utensili semplici in cui esiste un comune spazio di lavoro con azioni sull'oggetto tramite l'utensile e retroazioni informative dirette dall'oggetto all'operatore e indirette tramite l'utensile.
  • maggiore livello di complessità dove il comune spazio di lavoro è caratterizzato da azioni e reazioni che derivano da organi di comando e da dispositivi di segnalazione.
  •  si presenta come uno spazio di lavoro in cui la distanza tra operatore e oggetto risulta ancora più a,pia con l'introduzione oltre che di dispositivi di comando, di strumenti di controllo automatico per mezzo di un computer.

 

  • Ambiente sociale: il contesto sociale entro cui si svolgono le attività lavorative viene operazionalizzate rispetto almeno queste caratteristiche:
  • la relazione tra organizzazione e ambiente esterno
  • le caratteristiche dell'organizzazione
  • le caratteristiche dei gruppi di lavoro
  • Ambiente fisico

 

Attività:
Dalla prescrizione formale al compito effettivo attraverso:

  • Percezione e rappresentazione
  • Interpretazione e ridefinizione in rapporto alle risorse, al contesto, alle aspettative personali
  • Formulazione di ipotesi e piani d'azione
  • Decisione finale sui corsi d'azione da seguire

Questa traduzione soggettiva o mediazione, tiene conto del sistema di relazioni, del livello di cooperazione, dei criteri di valutazione oggettivi e soggettivi.

Prestazioni e conseguenze per il lavoratore:

  • Prestazioni: valutazioni quantitative e qualitative
  • Conseguenze: fatica, carico mentale, errori
  • Soddisfazione, benessere psicologico
  • Stress acuti e cronici

Le conseguenze per il lavoratore hanno un collegamento con le condizioni di lavoro mediato dall'attività e che, con levata probabilità, producono effetti di retroazione su molte caratteristiche dell'operatore considerate tra le condizioni di avvio dell'attività di lavoro.

Funzioni dell'analisi psicologica del lavoro
La disponibilità di informazioni precise sul comportamento lavorativo rende possibile una migliore comprensione dei fattori in gioco nella determinazione delle condotte dei lavoratori, sia la progettazione di interventi di miglioramento delle condizioni di lavoro sia infine l'espletamento in differenti funzioni organizzative.
Alcune delle principali finalità sono:

  • Politiche del personale: valutazione delle prestazioni, selezione del personale, reclutamento, pianificazione strategica del personale, sistema premiante, etc
  • Job design
  • Scurezza lavorativa
  • Formazione
  • Orientamento

Risultati dell'analisi

  • La descrizione del lavoro (gli obiettivi, le procedure, le condizioni di lavoro, etc) à job analysis work-oriented
  • La specificazione del lavoro come caratteristiche dell'operatore (espressa in termini di: conoscenze, skills, abilità, caratteristiche personali) à job analysis worker-oriented

Va rimarcata l'importanza del coinvolgimento del lavoratore come fonte di informazioni e come occasione per cogliere le connessioni tra l'agire lavorativo, il sapere, il voler agire e le condizioni dell'agire.

Descrizione del lavoro

  • Lavoro in sé
  • Obiettivi
  • Modalità e procedure
  • Condizioni di lavoro
  • Risultati del lavoro

Specificazione del lavoro

  • Mentre la descrizione del lavoro illustra come è fatto un lavoro in sé, astraendosi dal lavoratore che lo svolge, la specificazione del lavoro si sofferma sulla persona che lavora.
  • Sul piano empirico l'analisi e la valutazione delle competenze effettivamente possedute dal lavoratore esperto che si sta analizzando di9vengono un elemento di conferma dei requisiti che dovrebbero essere richiesti al lavoratore per entrare in una certa posizione e svolgere quel tipo di job.
  • L'attenzione e posta su questi quattro attributi in sede d'analisi:
    • Job knowledge (K): insieme di informazioni e nozioni (formali, disciplinari oppure informali, derivanti dall'esperienza)
    • Skill (S): capacità messe in atto nella prestazione mediante gesti, sequenze di azioni, etc.
    • Abilities (A): abilità numerica, spaziale, abilità cognitive come quella induttiva, deduttiva, di previsione, di analisi, di sintesi, etc.
    • Other characteristics (O): estroversione, sociabilità, elementi del self, etc.
  • E' implicito in tale uso operativo, ormai condiviso da gran parte degli analisti, che K e S risultano osservabili in termini di condotta, mentre A e O sono osservabili indirettamente, cioè sono inferiti dalle condotte.

 
Metodi per l'analisi del lavoro:

  • Metodi "data based" o di archivio: soprattutto nella fase iniziale di un'analisi del lavoro non si dorrebbero trascurare le numerose informazioni esistenti sul lavoro e sul contesto ove viene eseguito. In questa fase, tra l'altro la presenza di conoscenze di natura interdisciplinare può contribuire ad avere con rapidità un quadro realistico della situazione in esame caratterizzare il tipo di analisi, le sue tappe successive e i livelli di approfondimento.   
  • Tipi di informazioni rilevabili: assenteismo, turnover, incidenti (qualunque anomalia nello svolgimento normale del lavoro), infortuni (incidenti che determinano effetti dannosi sulla persona), gusti, difetti di produzione, etc.)
  • Metodi diretti o osservativi: modalità classiche di analisi del lavoro come quelle che risalgono all'inizio del taylorismo fondate sull'analisi dei tempi di realizzazione dei vari compiti con l'intenzione di ottimizzare le varie operazioni e renderle standard.
  • Studi sperimentali (più rari)
  • Studi di osservazione (più comuni)

 

  • Metodi indiretti o soggettivi (partecipativi e psicometrici): metodi che richiedono una forte partecipazione alle varie fasi dell'indagine da parte delle persone che sono oggetto dell'analisi. Nel caso di metodi indiretti si chiede esplicitamente al lavoratore di collaborare nella raccolta delle informazioni rilevanti , nella identificazione dei passaggi cruciali dell'esperienza lavorativa, anche di quelli non previsti dall'analista, nella valutazione soggettiva dei vari fattori che incidono sulla condotta lavorativa e dei riscolti anche emozionali del lavoro attuato. 
  • Partecipativi: si basano sulla narrazione di eventi e riflessione guidata sulle loro caratterisctice (incidente critico, diari delle attività, interviste individuali, gruppi di discussione, focus group)
  • Psicometrici: sono organizzati mediante: scale rating o ranking, check-list, questionari, self-report, test

In tutti tre i casi sono indispensabili il consenso e la partecipazione attiva dei lavoratori.

Possibili errori e distorsioni informative

  • Si possono considerare alcuni errori che provengono dalle stesse fonti di informazione. Infatti, spesso gli strumenti usati richiedono competenze verbali e di autodescrizione non equamente possedute dai lavoratori analizzati.
  • Inoltre, se non opportunamente coinvolti, essi possono manifestare resistenze o la paura della  valutazione mediante risposte inadeguate o laconiche.
  • Se i lavoratori non hanno una buona esperienza potrebbero sovra o sottostimare molti aspetti delle descrizioni del lavoro richieste , mentre al contrario lavoratori molto esperti e allenati potrebbero esibire un livello di familiarità eccessiva con il lavoro.
  • Inoltre la necessità di un campione ampio e di verificare i risultati sulla base di metodi diversi si giustifica anche per il fatto che ciò che viene osservato è quello che vene fatto dal lavoratore e non quello che dovrebbe essere fatto.

Le pressioni temporali, i costi e una certa resistenza degli stessi attori (lavoratori e manager) possono spindgere a una mnore accuratezza e alla scelta di strumenti di rapido utilizzao, ma che intaccano la validità e l'attendibilità dell'analisi stessa. I possibili rimedi sono: utilizzo di differenti fonti di informazione e di diversi strumenti qualitativi e quantitativi; l'affidamento dell'analisi a diversi analisti addestrati e di formazione diversa (psicologo, esperto di organizzazioni, ingegnere); una sufficiente disponibilità di tempo e la possibilità di verificare gli strumenti usati e le diverse fonti informative.


5. Socializzazione lavorativa

Definizione

  • La socializzazione riferita al lavoro si riferisce a un lungo processo di acquisizione di conoscenze, capacità, atteggiamenti, valori adatti ad affrontare la vita lavorativa (compiti, relazioni, progetti, risultati…)
  • Viene rappresentato come un processo di interazione reciproca tra persona e contesto organizzativo
  • Ed enucleato in fasi di particolare salienza psicologica: pre-lavorativa, di ingresso, di stabilizzazione, di uscita.

Rappresenta anche un frame concettuale:

  • Per interpretare la storia evolutiva della persona in relazione al lavoro
  • Per riconoscere i punti critici su cui operare con interventi di sostegno, facilitazione dell'esperienza

Si utilizzano denominazioni differenti:

  • Socializzazione al lavoro
  • Socializzazione nel lavoro o lavorativa o occupazionale
  • Socializzazione organizzativa

Applicazioni della nozione di socializzazione lavorativa

  • Orientamento pre-lavorativo
  • Passaggio scuola-lavoro
  • Scelte scolastico professionali
  • Primi incontri con il lavoro (stage,tirocini, etc.)

Ingresso al lavoro

  • Allocazione appropriata
  • Contratto psicologico
  • Strategie di inserimento e di adattamento organizzativo

Sviluppo di carriera

  • Diagnosi del potenziale
  • Gestione dei cambiamenti
  • Mobilità verticale e orizzontale
  • Career counselling

Training

  • Percorsi di formazione
  • Riconoscimenti delle capacità

Qualità della vita lavorativa

  • Partecipazione
  • Condizioni lavorative

Ambiti di studio e di ricerca connessi:

  • Cambiamenti prodotti dal lavoro  sulle persone
  • Atteggiamenti verso il lavoro
  • Valori e significati del lavoro
  • Commitment, motivazioni, etc.
  • Identità sociale e professionale
  • Appartenenza e lealtà organizzativa
  • Cooperazione
  • Valutazione efficacia formazione

Fase pre-lavorativa
In questa fase, detta di socializzazione anticipatoria, si definiscono:

  • Rappresentazioni della vita lavorativa e valori
  • Informazioni sui lavori e sul mercato
  • Competenze (conoscenze, skills)
  • Conoscenze e immagini di sé
  • Preferenze, aspettative, progetti
  • Hanno un ruolo nei processi di selezione/attrazione verso un'area professionale o un'organizzazione

L'ingresso del lavoro come prototipo di socializzazione lavorativa:

  • L'ingresso lavorativo (e la socializzazione) dal punto di vista delle persone è interpretabile come transizione psicosociale

Una transizione psicosociale produce effetti di cambiamento in relazione:

  • al suo grado di prevedibilità
  • a quanto mette in discussione la rappresentazione della realtà (assumpive world)

Nicholson (1987) propone un modello - ciclo transizionale - per dar conto dei cambiamenti riguardanti:

  • aspettative, capacità e conoscenze, regole, self, modalità di interazione…

Il ciclo transizionale di Nicholson:
(*) Preparazione, aspettative, desideri, risorse à Incontro, fronteggiamento e attribuzione di senso à Adattamento, cambiamenti personali e di ruolo à Stabilizzazione, coinvolgimento ed efficacia operativa à (*)

Compiti della persona nella fase di ingresso:

  • Apprendimenti generali e specifici
  • Proattività e information seeking
  • Gestione dell'ingresso: innovazione di ruolo e cambiamento personale

Fattori di differenziazione:

  • Esperienze pre-lavorative (esiti cognitivi, affettivi, comportamenti della socializzazione pre-lavorativa)
  • Caratteristiche spronali (risorse, dinamiche dl self come la stima si sé o la self efficacy, etc)

L'ingresso lavorativo dal unto di vista delle organizzazioni: le "tattiche di socializzazione".

Problemi concettuali aperti:

  • Normalizzazione vs innovazione
  • Spazi di proattività e negoziazione

Esiti del processo di socializzazione lavorativa

  • Traiettorie di carriera (forme / caratteristiche)
  • Benessere psicologico
  • Capacità di prestazione
  • Impegno e continuità nell'apprendimento
  • Identità personale e sociale
  • Interazioni sociali
  • Attiva integrazione persona-organizzazione

6. Le variabili del constesto di lavoro

 

Uomo e contesto del lavoro:
Ambiente fisico   altre società / culture
Società / cultura
Organizzazioni
Gruppo
Individuo

Le principali variabili che interagiscono nelle organizzazioni di lavoro possono essere raggruppate in cinque categorie:

  • Variabili del compito

Si riferiscono al contenuto del lavoro, alla natura dei compiti professionali, a ciò che le persone in concreto fanno: esse riferiscono alla relazione che la persona intrattiene con i compiti che è chiamata a svolgere,
Esistono diverse tipologie dei compiti lavorativi riconducibili in quattro categorie:

  • Compiti operativi
    • Richiedono una modesta competenza professionale
    • tendono ad essere ripetivi e monotoni
    • richiedono attenzione, ma un modesto coinvolgimento emotivo e cognitivo
  • Compiti tecnico-specilistici
    • implicano un ferimento ad uno specifico ambito scientifico- disciplinare
    • richiedono competenze complesse acquisibili dopo un lungo percorso formativo
    • ricorrono a precise metodologie e tecniche d'intervento
    • consentono di esprimere le capacità individuali, di attualizzare le potenzialità, di riconoscere la qualità della performance lavorativa
  • Compiti gestionali
    • includono una serie di attività di previsione, pianificazione, programmazione, organizzazione, coordinamento e controllo
    • comportano un forte  investimento della persona nel lavoro
  • Compiti manageriali
    • sono deputati all'individuazione - nell'ambito della missione dell'organizzazione - degli obiettivi generali da raggiungere ed alla definizione delle relative strategie.
  • Variabili organizzative
  • Gli obiettivi dell'organizzazione
    • Rappresentano la strategie di fondo di un'organizzazione
    • sono i parametri, gli standard rispetto ai quali commisurare i risultati
    • gli obiettivi riguardano le aree dalle quali dipende la sopravvivenza dell'organizzazione. Sono:
      • obiettivi di marketing
      • obiettivi di innovazione
      • obiettivi di produttività
      • obiettivi di responsabilità sociale
  • La struttura dell'organizzazione
    • la complessità, si riferisce al grado di differenziazione o di divisione delle attività all'interno dell'organizzazione (differenziazione orizzontale, verticale e spaziale)
    • la formalizzazione, si riferisce al livello di standardizzazione del lavoro e delle procedure)
    • la centralizzazione, indica il luogo in cui risiede l'autorità per la presa di decisone.

Le strutture dal punto di vista descrittivo possono raggrupparsi come: per funzioni, per prodotto, matriciale.

  • I sistemi tecnologici
    • Problema del rapporto tra cultura dell'organizzazione e innovazione tecnologica.
    • Questione da affrontare e risolvere sul piano del clima organizzativa del confine tra rispetto delle prassi interiorizzate e necessità di una loro evoluzione, del complesso rapporto tra prescrizione e discrezionalità dei singoli operatori.
  • I sistemi normativi e retributivi
  • L'ambiente e l'organizzazione del lavoro
    • Temperatura, illuminazione, contenimento del rumore, disposizione spaziale di apparecchiature e arredi sono elementi che caratterizzano la scenografia organizzativa, personalizzano la singola organizzazione, predispongono lo sfondo ambientale,il palcoscenico sul quale avviene la complessa rappresentazione quotidiana che si concretizza nella produzione di beni o servizi. L'ambiente di lavoro e il suo allestimento rappresentano uno degli indicatori più elementari della cultura e del clima organizzativo e anche della raffinatezza e della professionalità di un'organizzazione.
  • Le culture dell'organizzazione

Vedi oltre.

  • Variabili soggettive individuali e di gruppo
  • Caratteristiche dell'individuo che lavora, sue abilità e capacità, personalità, bisogni, desideri personali, stili individuali di lettura e interpretazione della realtà e variabili relative ai processi e alle dinamiche nei gruppi di lavoro.

 

  • Variabili del ruolo
  • Leadership
  • Variabili socioculturali
  • Contesto storico, economico, culturale e sociale nel quale l'organizzazione è inserita che influenza con i suoi valori, le sue norme e i suoi modelli di comportamento l'operato dei singoli e dell'intero agire organizzativo.

 
La cultura nell'organizzazione: definizione classica
"E' un insieme di assunti di base, inventati, scoperti o sviluppati dai membri di un'organizzazione per affrontare problemi di adattamento esterno o di integrazione interna che si è dimostrato così funzionale da essere considerato valido e, conseguentemente, da essere indicato ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, di pensare, di sentire in relazione a quei problemi" (Schein, 1990)

Nel'analisi della cultura o delle culture si possono distinguere tre livelli (Schein, 1980):

  1. Artefatti: l'ambiente fisico e sociale, la tecnologie impiegata, il linguaggio scritto e parlato, i comportamenti manifesti)
  2. Valori: convinzioni e opinioni fondamentali su ciò che è preferibile e auspicabile nella realtà e nella vita di un'organizzazione.
  3. Assunti di base: assunti impliciti che orientano il comportamento e danno indicazioni su come intervenire nella realtà. Secondo Schein, sono:
    • Rapporto con l'ambiente fisico e socio-culturale (di dominanza, di sottomissione, di equilibrio, etc)
    • La concezione della realtà e della verità (criteri e processi di costruzione del reale e di determinazione di ciò che si considera vero, fondato)
    • La concezione di base del tempo e dello spazio
    • Le concezioni sulla natura dell'uomo (assunzioni meta-scientifiche sulla natura umana e sulle potenzialità di cambiamento)
    • Il valore e il significato dell'attività lavorativa (considerazione e valutazione dell'apporto imano al contesto lavorativo, investimento personale, rilevanza o disconoscimento della soggettività lavorativa)
    • La concezione degli stili di convivenza interumana (cooperazione e competizione, individualismo e integrazione, valorizzazione del carisma, delle norme, della competenza, del consenso)

Categorie di eventi attraverso i quali si consolida e si trasmette la cultura di un'organizzazione:

  • Cerimonie: eventi speciali nei quali i membri di un'organizzazione celebrano i miti, gli eroi, i simboli della loro cultura.
  • Riti e rituali organizzativi: attività cerimoniali finalizzate ad inviare particolari messaggi o ad assolvere specifici obiettivi.
  • Storie: come resoconti di eventi passati che sono riprodotti ed enfatizzati per renderli comuni e familiari ai membri di un'organizzazione quali dati esemplificativi di valori culturali.
  • Miti: come particolari tipi di storie che forniscono una spiegazione enfatizzata ma plausibile per qualcosa che, altrimenti, potrebbe apparire misteriosa o incomprensibile.
  • Simboli: come oggetti, azioni od eventi ai quali i membri di un'organizzazione hanno attribuito speciali significati.
  • Linguaggio: come sistema di simboli che i membri di un'organizzazione usano per comunicare idee e significati culturali.

Tipologia delle culture organizzative (Enriquez, 1970):

  • Cultura autoritaria

Caratterizzata dalla presenza di un capo carismatico. I criteri sui quali si fondano la valutazione dell'operato e l'avanzamento di carriera sono: l'identificazione con l'autorità, l'ammirazione incondizionata del capo, la subordinazione nei sui confronti. E' caratterizzata da una comunicazione ad una via in senso discendente e a livello di gruppo si riscontra l'assenza di vincoli solidaristici, essendo richiesta ed incentivata la competizione tra operatori dello stesso livello.

  • Cultura burocratica

Il valore fondamentale è l'osservanza della norma che regolamenta la definizione dei ruoli, delle responsabilità, la progressione di carriera. Il capo è il garante dell'osservanza delle norme, i rapporti tra le persone e tra capi tendono ad essere formali e anonimi.

  • Cultura paternalistico-clientelare

Il valore fondamentale è l'appartenenza al gruppo. L'organizzazione assume un volto bifronte: da un lato la struttura formale, gli obiettivi dichiarati, dall'altra l'organizzazione informale, i gruppi di potere, verticali, orizzontali e trasversali con i loro valori.

  • Cultura tecnocratica

Bandisce l'obbedienza all'autorità o l'osservanza delle norme; l'autorità assume la funzione dinamica di ottimizzare la prestazione dei singoli e di gruppi incoraggiando l'iniziativa, la capacità di rinnovarsi. Il valore fondamentale è la competenza professionale.

  • Cultura cooperativa

il valore centrale è la partecipazione e il consenso. Si lavora in gruppo; la comunicazione è fluida e informale. I conflitti non sono nascosti o negati. Ritiro e disimpegno sono stigmatizzati.

Definizione di sottocultura organizzativa (Van Maanen, Barley, 1985):
"Il sottoinsieme dei membri di un'organizzazione che interagiscono regolarmente tra loro, si identificano come gruppo distinto all'interno dell'organizzazione, condividono un insieme di problemi che vengono considerati comunemente problemi di tutti ed agiscono abitualmente sulla base di schemi collettivi di comprensione specifici del gruppo".

Tipologie di sottoculture

  • Rafforzativa: fervida adesione ai valori della cultura dominante
  • Ortogonale: alcuni valori pur diversi non configgono con la cultura dominante
  • Controcultura: i valori centrali sono una sfida diretta ai valori della cultura dominante.

7. Motivazoni al lavoro

 

Definizione
Complesso processo di forze che attivano, dirigono e sostengono il comportamento lavorativo nel corso del tempo.

Teorie del contenuto riguardano l'individuazione e l'analisi dei bisogni e delle mete che attivano e dirigono il comportamento lavorativo.
Teorie del processo spiegano la scelta. l'intensità e la persistenza di una determinata strategia comportamentale.

Classificazione delle teorie sulla motivazione al lavoro (Kanfer, 1990):

  • Approccio bisogni-motivi-valori
  • Approccio scelta cognitiva
  • Approccio autoregolazione

Approccio bisogni-motivi-valori

  • Orientamento centrato sulla soddisfazione dei bisogni (Maslow, Alderfer, Herzbrg, McClelland)
  • Orientamento centrato sulla giustizia e sull'equità (la teoria dell'equità di Adams)

Teoria dello sviluppo sequenziale dei bisogni di Maslow
Maslow propone cinque categorie di bisogni, in rapporto gerarchico:

  • Bisogni fisiologici
  • Bisogni di sicurezza
  • Bisogni di appartenenza
  • Affetto e stima
  • Autorealizzazione

Dal punto di vista dell'organizzazione ciò può significare:

  • Cercare di identificare i tipi di bisogni del lavoratori
  • Verificare la possibilità di creare le condizioni per soddisfarli
  • Stabilire una connessione tra condotte lavorative da privilegiare e i bisogni da soddisfare.

Alcune considerazioni:

  • Difficoltà di misurare le variabili e verificare le ipotesi
  • Considera i bisogni presenti in tutti i contesti culturali
  • Non prevede variazioni dei bisogni nel corso della vita
  • Centratura della motivazione all'interno dell'individuo (e uguale per tutti gli individui)
  • Assume che l'uomo di attivi per la semplice circostanza che la deprivazione di un bisogno gli suggerisce automaticamente cosa fare

Teoria ERG (Alderfer, 1969)
Bisogni:

  • Sopravvivenza
  • Relazione
  • Crescita

A differenza di Maslow questi si sviluppano lungo un continuum, non in modo gerarchico.
La frustrazione di bisogni di livello superiore può comportare una regressione e una riaffermazione di bisogni di più basso livello.

Teoria bifattoriale di Hertzberg
Bisogni:

  • Igienici: retribuzione, condizioni di lavoro, relazioni interpersonali
  • Motivanti: opportunità di avanzamento, responsabilità, soddisfazione

Gli atteggiamenti positivi sono relativi ai fattori motivanti, intrinseci al lavoro.
Gli atteggiamenti negativi sono legati ai fattori igienici, sono di natura estrinseca al lavoro.

Questi non sono da considerarsi su di un continuum.

L'assenza di fattori igienici causa insoddisfazione, la presenza indifferenza.
La presenza di fattori motivanti causa soddisfazione, l'assenza genera indifferenza.

Commento: l'attribuzione della responsabilità dei fattori motivanti all'interno e di quella dei fattori igienici all'esterno dell'individuo può anche essere un artefatto metodologico molto noto dovuto al self-serving bias; l'individuo attribuisce ad un:
- outcome positivo, una causa interna
- outcome negativo, una causa esterna.

Teoria della motivazione al successo di McClelland (1953)

  • Bisogno di successo: è un bisogno acquisito, non innato, è il desiderio di fare le cose nel modo migliore, di conseguire risultati sempre più avanzati, ricercare e misurarsi con situazioni di complessità crescente, di competere secondo uno standard di eccellenza.

 

  • Bisogno di affiliazione: inteso come esigenza di stabilire, mantenere e promuovere relazioni affettive positive con altre persone.
  • Bisogno di potere: inteso come esigenza di lasciare traccia significativa di sé nella realtà, di influenzare gli altri, di controllare gli altri.

 

Teoria delle caratteristiche del lavoro di Hackman, Oldham (1976)
Job design per la progettazione di lavori che avrebbero una funzione motivante per la persona  in quanto collegabili a sue esigenze interne.
Le caratteristiche sono:

  • Variabilità
  • Identità
  • Compito significativo
  • Autonomia
  • Feedback

La soddisfazione risulta dalla somma dei primi tre fattori (che esprime il significato del lavoro) moltiplicata per l'autonomia (che esprime il grado di responsabilità legato al compito) e per il feedback (che è indice dei risultati).

Approccio della scelta cognitiva (Vroom, Raynor, Weiner, Atkinson)

La teoria dell'aspettativa di Vroom : VIE (Valence, Instrumentality, Expectancy)
Parte dal presupposto che l'uomo sia un decisore fortemente razionale e cosciente, che sia motivato all'attività di lavoro. La motivazione a tenere un certo comportamento lavorativo dipende:

  • Risultati del lavoro: un aumento di retribuzione, una promozione, un trasferimento, etc.
  • La valenza:il valore associato dal singolo a ciascuno dei possibili risultati del lavoro
  • La strumentalità: il grado di relazione tra la prestazione lavorativa e il conseguimento del risultato atteso. Probabilità percepita che quel certo atto porti ad un determinato risultato lavorativo.
  • L'aspettativa:credenza soggettiva che l'esercizio di un certo livello di impegno porterà alla riuscita della prestazione. Indica, pertanto la relazione che viene percepita tra impegno e prestazione.
  • La forza: ammontare dello sforzo, pressione all'interno dell'individuo, ad essere motivato. Quanto più è intensa la forza, tanto più rilevante risulterà l'ipotizzata motivazione. E' il prodotto della valenza, per la strumentalità per l'aspettativa.

Limiti dell'approccio

  • Valenza ed aspettativa non necessariamente sono mutuamente interdipendenti
  • L'influenza, sul processo motivazionale, di altri aspetti (colleghi, superiori, dipendenti) è del tutto trascurata.
  • Il modello uomo razionale e sempre cosciente degli obiettivi da raggiungere e dei diversi possibili percorsi per conseguirli.
  • La valutazione della forza  motivazionale non risulta influenzata dalla storia dell'individuo.
  • la teoria sembra più adatta a spiegare le scelte professionali e di mestriere piuttosto che la motivazione al lavoro.
  • la capacità predittiva della teoria è migliore quando applicata al confronto tra soggetti rispetto all'applicazione sul singolo
  • non per tutti i soggetti la relazione tra i tre fattori è di tipo moltiplicativo, per alcuni è di tipo sommativi

Teoria dell'equità di Adams (1965)

  • Chi lavora preferisce condizioni di equità negli scambi con l'ambiente
  • L'ingiustizia genera tensione
  • Chi sperimenta situazioni di non equità è motivato e ridurre la tensione.
  • Lo stato di equità si determinerebbe quando la percezione dell'individuo sul rapporto tra ciò che egli porta nello scambio e ciò che viene dallo scambio coincide con l'analogo rapporto in un'altra persona assunta come oggetto di confronto.
  • Lo stato non di equità si determinerebbe quando il rapporto tra risultati conseguiti (outcome) e apporti individuali (input) del soggetto A non coincide con lo stesso rapporto del soggetto B. Ciò determinerebbe tensione, motivando l'individuo a ridurre la dissonanza.

Esempi di reazioni individuali allo stato di non equità:

  • Modifica di input o di outcome
  • Modifica dei referenti utilizzati
  • Modifica delle percezioni relative all'input /outcome
  • Abbandono della situazione

Teoria della giustizia (Greenberg, 1958)
La comprensione del comportamento lavorativo risulta parziale se ci si limita a considerare le spinte interne (bisogni) o i meccanismi cognitivi con cui si valutano le connessioni tra aspettative, attività e risultati e non il peso delle regole e dei contesti sociali ove tali processi psicologici vengono operati.
In questo approccio si devono considerare:

  • il concetto di giustizia distributiva inteso come la credenza  circa il fatto che i ricavi siano corrispondenti alle attese e non determinino tra i lavoratori situazioni di non equità
  • la nozione di giustizia procedurale, che riguarda la credenza sull'adeguatezza dei modi di allocare e distribuire le risorse, i premi o le risorse tra le persone.

Quando si percepisce che le modalità di procedere e di decidere sulla distribuzione dei ricavi sono adeguate, corrette e trasparenti appare più probabile lo sviluppo di comportamenti motivati rispetto ad un dato obiettivo.

Approccio dell'autoregolazione

  • Teoria dell'apprendimento sociale (Bandura)
  • Il modello del Goal setting (Locke)

Il modello del Goal setting (Locke, 1967)

  • Gli obiettivi sono: le più forti determinanti cognitive del comportamento lavorativo che influenzano direzionando l'attenzione, mobilitando la concentrazione, incoraggiando la persistenza e facilitando lo sviluppo di strategie (Locke).
  • Gli obiettivi ardui, impegnativi inducono ad una prestazione lavorativa superiore a quella connessa con obiettivi semplici ed elementari.

Principali esiti della ricerca sul Goal Setting

  1. Obiettivi ardui, impegnativi inducono una prestazione lavorativa superiore
  2. Obiettivi specifici sollecitano una migliore prestazione che non l'assenza di obiettivi o obiettivi generici
  3. Perché la determinazione degli obiettivi eserciti un'influenza sulla prestazione sono necessari frequenti feedback
  4. L'assegnazione non è, in linea generale, influenzata dalla partecipazione alla loro individuazione, ma è influenzata dai fattori quali l'aspettativa di successo dell'obiettivo e del valore di tale successo.
  5. Le differenze individuali non appaiono consistentemente correlate all'efficacia del sistema di definizione degli obiettivi, specialmente quando essi risultano assegnati e non autodefiniti.

10 semplici regole per demotivare chi lavora nelle organizzazioni:

  1. Non fornire una visione che dia il senso all'operato individuale e collettivo.
  2. Individuare obiettivi ripetitivi e privi di interesse e di sfida.
  3. Incrementare il sentimento di non equità.
  4. Considerare chi lavora come un numero, disconoscere i bisogni di riconoscimento.
  5. Non valorizzare le differenze e scoraggiare apporti creativi.
  6. Affrontare problemi nuovi con categorie del passato.
  7. Decretare il trionfo del fare sul pensare.
  8. Far prevalere la logica e la prassi dell'editto su quelle dell'ascolto.
  9. Far prevalere un'autorità inibitoria anziché promotrice.
  10. Valorizzare solo la razionalità e atrofizzare le emozioni.

Teoria dell'apprendimento sociale
Assunti teorici:

  • la capacità dell'individuo di sospendere l'influenza della pressione ambientale. Questa capacità di autoregolazione è resa possibile dall'abilità dell'individuo di anticipare le conseguenze delle proprie azioni e di impegnarsi nella rappresentazione simbolica degli eventi (Bandura, 1977)
  • la possibilità che i comportamenti possano essere acquisiti e cambiati in assenza di un'esperienza diretta ma come conseguenza della mediazione cognitiva.

Le teorie dell'apprendimento sociale e i più recenti contributi di Bandura rappresentano una schema di riferimento integrato per comprendere gli effetti interattivi dei dati ambientali, delle emozioni e dei processi cognitivi sul comportamento.

L'autoregolazione comprende tre componenti:

  • auto-osservazione o automonitoraggio
  • autovalutazione
  • reazioni del sé

Bandura ha esteso il modello aggiungendo la self-efficacy (agenticità umana) come insieme delle aspettative che si riferiscono alla percezione di quanto le proprie capacità siano funzionali al perseguimento di un obiettivo specifico e dipendono da una varietà di fonti: il feedback della performance, esperienze simili, storia lavorativa precedente, influenza sociale, etc.

Le formulazioni su processi di autoregolazione forniscono un utile schema di riferimento per comprendere le determinanti cognitive del comportamento diretto al conseguimento di un obiettivo. La motivazione al lavoro è vista in termini  di n influenza congiunta delle aspettative sull'efficacia della propria azione e delle reazioni alla discrepanze tra performance effettivamente svolta e lo standard assunto come riferimento.

7a. Il contratto psicologico

Reciprocazione: il rapporto tra la persona e l'organizzazione risponde alla norma di reciprocità. Si riferisce all'uguale distribuzione di diritti e doveri tra partner di una relazione ed è intesa come regola sociale di preservazione della loro identità e del loro valore.

I cambiamenti nella natura dei contratti di lavoro e l'estendersi di relazioni di lavoro ad elevata variabilità normativa sembrano giustificare una conseguenza principale: il cambiamento del modo con cui le persone concepiscono la loro relazione con il contesto lavorativo e graduano il loro coinvolgimento personale.

Appartenere ad una comunità sociale ed organizzativa può rappresentare la base dell'impegno motivazionale che si estende oltre il livello dei diritti e doveri reciproci poiché sostiene l'identità della persona e la sua piena cittadinanza organizzativa (membership).

Definizioni:
nell'accezione usata da Schein la nozione di contratto psicologico implica una bilateralità: un insieme di aspettative circa gli obblighi reciproci che una relazione di scambio deve comportare. Dunque sono in gioco i due partner della relazione che condividono le aspettative reciproche altrimenti in contratto psicologico non potrebbe esistere né durare a lungo.

Le difficoltà di operazionalizzate questa definizione (l'organizzazione non è una persona e dunque come valutare che fa le promesse, chi confronta le aspettative?) di procedere a verifiche empiriche hanno spinto a spostare l'attenzione su uno solo dei partner: sul lavoratore, soprattutto sulle sue credenze personali e sull'interpretazione che egli dà delle promesse avanzate dall'organizzazione.

Rousseau (1998): contratto psicologico come un insieme di credenze circa gli obblighi reciproci che si instaurano tra il lavoratore stesso e l'organizazione. Esso ha origine quando la persona inferisce promesse che generano tali credenze, da:

  • Esplicite promesse organizzative di persone significative, rappresentative dell'organizzazione
  • Da inferenze e interpretazioni di certe esperienze lavorative passate
  • Dell'apprendimento per osservazione e imitazione

Guest (1998): sostiene la necessità di considerare il contratto psicologico come basato sull'interazione tra individuo e organizzazione e non solamente sulle percezione del lavoratore. L'eccessiva soggettività farebbe perdere importanza agli elementi di reciprocità e di accordo tra le parti che caratterizzano una forma contrattuale effettiva.

Funzioni del contratto psicologico:

  • aumentare i legami significativi tra persona e organizzazione
  • ridurre l'incertezza organizzativa delineando rappresentazioni soddisfacenti delle proprie posizioni e prospettive di ruolo
  • aumentare la percezione di poter contare nell'organizzazione
  • autoregolare i propri investimenti personali nell'organizzazione

Si tratta in un certo senso di una funzione igienica: buoni contratti psicologici non garantiscono di per se stessi una performance superiore, ma contratti psicologici poveri tendono a demotivare le persone e si traducono a lungo andare in un abbassamento dell'impegno, un aumento dell'assenteismo e del turnover.

Contenuti del contratto psicologico:

  • obblighi organizzativi che possono essere oggetto di promesse come: ricavi del lavoro, informazioni e sviluppo professionale, contesto del lavoro, etc.
  • obblighi del lavoratore come rispetto degli orari del lavoro, svolgere un lavoro valido per qualità e quantità, assicurare onestà nelle relazioni interne e con l'esterno, lealtà, mantenere una buona presentazione si sé, assumere atteggiamenti di flessibilità sul lavoro e sulle cosa da fare.

Tipologie contrattuali

  • contratto transizionale è fondato sullo scambio economico, cioè su obblighi monetizzabili, riguardanti compiti specifici, che interessano un limitato arco temporale e non prevedono un intenso coinvolgimento da parte degli attori sociali.
  • contratto relazionale concerne invece impegni e accordi di lunga durata, non traducibili in compiti specifici e ben quantificabili in termini monetari; essi presuppongono l'esistenza di una relazione più profonda tra gli attori sciali, con connotazioni anche affettive, che richiede lealtà, atteggiamenti di sostegno sociale, percezioni di giustizia ed equità e considerazione della reputazione reciproca.

La violazione delle promesse
Si intende per violazione la percezione di un fallimento negli adempimenti previsti per uno o più obblighi. La rottura sottolinea, comunque:

  • la presenza di un ampia diffusione di mancati adempimenti degli obblighi da parte delle organizzazioni.
  • il riconoscimento che tali inadempimenti riguardano più spesso singoli aspetti dello scambio lavorativo e non una rottura globale del contratto psicologico
  • gli effetti di una rottura del contratto psicologico hanno un ampia portata: aumento dell'insoddisfazione tra i lavoratori, riduzione del coinvolgimento e degli impegni con l'organizzazione, diminuzione del senso di appartenenza e cittadinanza organizzativa, riformulazione di nuovi contratti psicologici  con il passaggio da quelli relazionali a quelli a maggiore componente transizionale.

Secondo Morrison e Robinson (1997) la percezione della rottura del contratto deriva da due possibili fonti:
a) reneging, cioè si percepisce che l'organizzazione rinnega le sue promesse
b) incongruence, si percepisce un'incongruenza tra le credenze del lavoratore sugli obblighi reciproci e quelle detenute dai rappresentanti dell'organizzazione.

La percezione che le promesse non siano mantenute risulta modulata da due fattori psicologici:

  • Il grado di salienza psicologica ovvero di importanza e di vividezza delle promesse fatte per la persona stessa
  • Il livello di vigilanza, quindi quanto il lavoratore si impegna attivamente nel monitorare l'andamento delle relazioni al lavoro e il rispetto degli obblighi reciproci.

In sintesi il contatto psicologico costituisce una nozione interessante per intercettare i cambiamenti in atto nelle relazioni di lavoro, per decifrare le forme di relazione personalizzata tra lavoratore e organizzazione che sono di fatto incentivate dalle nuove relazioni di lavoro e per comprendere la possibilità che si instaurino ancora legami importanti, anche affettivi e di identificazione con i contesti organizzativi, nonostante le molte discontinuità nei percorsi di carriera lavorativa.

8. Ruolo e leadership nel gruppo di lavoro

 

Definizione di ruolo

  • L'insieme dei comportamenti che caratterizzano la posizione di una persona nei contesti di lavoro
  • L'insieme delle aspettative che la persona stessa e gli altri soggetti che interagiscono nell'ambiente hanno nei confronti di chi occupa una data posizione
  • Il ruolo esiste solo in relazione ad altri ruoli
  • Ogni ruolo e determinato da confini, ma il rapporto tra ruoli non è statico, è soggetto a continue trasformazioni che incidono sulla mappa complessiva dell'organizzazione.
  • Ogni ruolo è contraddistinto da vincoli interni ed esterni
  • Ogni ruolo ingloba una dimensione prescrittiva e una soggettiva
  • Ogni ruolo si gioca intorno tre poli: potere, risorse e vincoli
  • Ogni ruolo si muove tra la dimensione della prescrittività e quella della discrezionalità
  • Ogni ruolo soggiace ad un duplice sistema di valutazione

Caratteristiche specifiche dei ruoli lavorativi (Schein, 1980)

  • Dimensione funzionale del ruolo
  • Dimensione gerarchica del ruolo
  • Dimensione della centralità/perifericità del ruolo

Definizione di potere (McMurray, 1975)
Abilità di influenzare la condotta degli altri e di resistere alle influenze indesiderate messe in atto nei propri confronti.

Bisogno di potere significa desiderio di lasciare la propria traccia nella realtà, in incidere, di contare, fino ad assumere la forma dell'esigenza di controllare gli altri, di manipolarli, di renderli soggetti a sé.

Fonti e tipi di potere nelle organizzazioni (French, Raven, 1959)

  • Potere di posizione
  • Potere di competenze
  • Potere di carisma
  • Potere di coercizione
  • Potere di riconoscimento

Il potere trae origine anche:

  • Dalla struttura delle attività di lavoro
  • Dal flusso delle informazioni
  • Dalla capacità di gestire eventi critici

Altre tattiche per acquisire potere:

  • Promuovere coalizioni o aggregazioni per perseguire interessi comuni
  • Fare favori agli altri, inducendo sentimenti di riconoscenza e di debito
  • Integrare e neutralizzare gli avversari (es. cooptazione)
  • Uso della seduzione e della cura dell'immagine

La leadership nel gruppo di lavoro (Jago, 1982)
Uso di un'influenza non coercitiva per dirigere e coordinare le attività dei membri del gruppo organizzato verso il raggiungimento degli obiettivi del gruppo.

Le funzioni della leadership nel gruppo di lavoro:

  • Generare e mantenere il livello di impegno
  • Direzionare lo sforzo
  • Gestire i compiti del gruppo
  • Mantenere l'appartenenza al gruppo

Le teorie della leadership

  • Teorie universalistiche: studio dei tratti e dei comportamenti del leader; griglia manageriale
  • Teoria della contingenza: Contingency model di Fielder, teoria sul ragionamento degli obiettivi, modello di contingenza di Vroom e Yetton, leadership situazionale)
  • Gli sviluppi più recenti negli studi sulla leadership: teorie dell'attribuzione, leadership carismatica, teorie trasformazionali

Lo studio dei tratti del leader

  • Intelligenza: capacità critica, decisionalità, conoscenza, facilità di parola
  • Personalità: adattabilità, attenzione, creatività, sicurezza e fiducia in se stessi, capacità di controllare le emozioni, indipendenza, socievolezza
  • Abilità: abilità nell'ottenere cooperazione, abilità nel cooperare, popolarità e prestigio, tatto, diplomazia, abilità nel dirigere.

Le prime concezioni sostengono che leader si nasce ed impossibile imparare a diventarlo; successivamente si è sostenuto che alcune caratteristiche individuali sono la chiave per una leadership di successo ma non si ritiene che queste caratteristiche debbano essere necessariamente innate.

Problemi concettuali e metodologici:

  • (forse la più importante) i leader che falliscono come leader, sia gli individui che non hanno mai ricoperto funzioni di vertice spesso possiedono gli stessi tratti di un leader di successo.
  • gli attributi psicologici non possono essere osservati, la loro esistenza può solo venir inferita dal comportamento ed è attraverso questo processo di inferenza che possono essere tratte conclusioni discutibili
  • i tratti posseduti dal leader sono invariabilmente giudicati come positivi
  • c'è poco consenso sul significato di alcuni termini che sono stati usati per indicare i tratti (esempio indipendente)
  • non c'è accordo globale sulla misurazione dei tratti
  • Inoltre lo studio dei tratti non ha mai considerato che è l'ambiente spesso a determinare quali tratti possono essere più necessari.
  • Nonostante questo, l'approccio non è completamente invalidato infatti la visione che la leadership derivi completamente da variabili situazionali e che le caratteristiche personali non predicano la leadership sembra sovrastimare la natura situazionale della leadership e sottostimare la natura personale.

Lo studio dei comportamenti dei leader
A differenza delle teorie sui tratti, questo approccio esamina cosa i leader fanno, non chi sono in termini di caratteristiche individuali sempre, però, alla ricerca di uno stile di leadership ottimale ed efficace in tutte le situazioni.

Le due tipologie di leadership di Bales (1953)

  • Il leader orientato al compito
  • Il leader orientato alle relazioni

I due ruoli si possono porre in conflitto e possono essere ricoperti da due persone diverse. Le due dimensioni sono rappresentate su due assi separati, non lungo un continuum.

Limiti del modello:

  • Semplicità (solo due dimensioni di leadership) sia la mancanza di generalizzabilità
  • Fiducia troppo ingenua che le risposte al questionario sicuramente potessero misurare la leadership efficiente
  • Assunto che considerazione (orientamento alla relazione) e struttura di iniziazione (orientamento al compito) siano indipendenti
  • Anche questo approccio ignora le variabili ambientali.

Comunque questo approccio è piaciuto immediatamente ai manager sia perché sembra più facile identificarsi con specifici comportamenti che con tratti di personalità, sia perché essi potevano tentare di mettere immediatamente in pratica i comportamenti suggeriti.

La griglia manageriale
la griglia manageriale identifica cinque diversi stili di leadership ottenuti componendo come fattori l'orientamento al dipendente e l'orientamento al compito.

  • Esaurito: basso compito e basso dipendente
  • Circolo ricreativo: basso compito e alto dipendente
  • Compito: alto compito e basso dipendente
  • Metà strada: medio compito e medio dipendente
  • Squadra: alto compito e alto dipendente

La griglia manageriale tende ad essere un modello attitudinale che misura valori o sentimenti di un leder.

Le teorie della contingenza

Il modello della contingenza di Fielder
Riconosce che un leader efficace dipende dalla capacità di sapere diagnosticare e di sapersi adattare alle dinamiche di una particolare situazione. Un elemento significativo che appare nei più moderni approcci  situazionali sottolinea che i leader debbano esercitare funzioni completamente differenti in situazioni nelle quali i compiti sono diversi. Quindi non esistono, secondo questo approccio leader in assoluto.

Un leader con buona capacità diagnostica non si può esimere dal considerare questi cinque fattori:

  • Caratteristiche personali
  • Caratteristiche dei collaboratori
  • Caratteristiche del compito
  • Caratteristiche dell'organizzazione
  • Caratteristiche dell'ambiente esterno

Fielder parte dall'ipotesi ce una persona reagisce all'ambiente che lo circonda secondo il modo in cui lo percepisce. Egli utilizza il processo di similarità/dissimilarità come punto cardine delle sue indagini. Crea a tale proposito un parametro di similarità assunta (AS) definita cioè la differenza tra l'autopercezione di un soggetto e la sua predizione dell'autopercezione dell'altro e tale parametro misura un tratto psicologico per percepente, cioè la distanza psicologica che egli interpone tra sé e l'altro

Una persona quindi con bassa ASO è una che disprezza il suo collega meno preferito  mentre una persona con alta ASO lo giudica meno severamente.

Una persona con bassa ASO tende a giudicare la personalità altrui sulla base della sua abilità a compiere un lavoro. Una personalità con alta ASO invece riesce ad accettare anche coloro con cui riesce a lavorare meno bene, probabilmente perché non subordina le sue relazioni personali all'abilità nel lavoro.

L'esito delle ricerche nel verificare questa ipotesi è stato però alterno.

Limiti:
Esistono un numero di variabili situazionali che possono modificare  la relazione tra leader e collaboratori che non sono state prese in considerazione, quali:

  • Aspettative dei collaboratori nei riguardi del comportamento del leader
  • La congruenza degli stili di leadership con i vari modelli organizzativi
  • L'abilità del leader di influenzare i propri superiori

La leadership situazionale (Hersey e Blanchard)
Tre forze della leadership:

  • Caratteristiche del leader
  • Carateristiche degli altri membri del gruppo
  • La situazione

Stili di leadreship a matrice derivato dalla combinazione del comportamento supportivo (orientato alla relazione) e quello direttivo (orientato alla produttività).

  • Telling: molta guida e poco sostegno
  • Selling: molta guida e molto sostendo
  • Participating: poca guida e molto sostegno
  • Delegating: poca guida e poco sostegno

Analisi del livello di maturità
Intesa come capacità di stabilire obiettivi elevati ma raggiungibili, volontà di assumersi responsabilità e come competenza e esperienza di un individuo o di un gruppo. Lo stile di leadership da adottare in funzione della maturità dei collaboratori.

  • M1: maturità bassa - il collaboratore a poche capacità, è riluttante o insicuro
  • M2: maturità medio-bassa - il collaboratore ha poche capacità ma è disponibile
  • M3: maturità medio-alta - il collaboratore è capace, ma la disponibilità e variabile
  • M4: maturità alta - il collaboratore è capace / competente e sicuro di sé

Stile di leadership a seconda del livello di maturità

  • Prescrivere è per una bassa maturità, fornisce supervisione, direttive specifiche
  • Addestrare è per una maturità medio-bassa, comportamento direttivo ma anche di sostegno
  • Coinvolgere è per una maturità medio-alta, alto comportamento di relazione e basso comportamento direttivo
  • Delegare è per una maturità alta, poco comportamento sia direttivo che di sostegno

Sviluppi più recenti negli studi sulla leadership

Le teorie dell'attribuzione
Con teoria dell'attribuzione si indica un insieme di principi teorici che sono stati proposti per spiegare  il modo in cui le persone traggono inferenze causali sul comportamento altrui. Le origini di queste teorie vanno ricercate nell'opera di Heider il quale sottolineò che è molto importante per la nostra immagine dell’ambiente sociale l'attribuzione degli eventi a fonti causali.
Il comportamento può essere cognitivamente attribuito a fattori:

  • Interni/esterni, secondo il grado in cui le persone attribuiscono il successo o il fallimento a caratteristiche personali (interno: abilità, impegno) o situazionali (esterno: difficoltà del compito, fortuna)
  • Stabile/instabile, secondo il grado in cui le cause percepite alla base della performance sono di natura relativamente permanente (abilità, difficoltà del compito) od occasionale (impegno, fortuna)

Problema dell'attribuzione nel campo della teoria dell'informazione (Kelley, 1967)
Nel fare attribuzioni infatti le persone usano informazioni e quindi le attribuzioni risultano dipendono dalla natura delle informazioni di cui i soggetti dispongono.
Nel caso in cui un soggetto abbia a disposizione poche informazioni al di là dell'osservazione diretta della situazione e dei sui risultati l'individuo può fare un'attribuzione causale.Si baserà su quello che Heider definisce psicologia ingenua dell'azione che si basa sull'utilizzo delle conoscenze non formulate o quasi formulate sui rapporti interpersonali che derivano dall'esperienza personale o dalla saggezza popolare.

In condizioni ottimali invece la persona ha accesso ad un tasso di informazioni maggiore riguardanti il soggetto, la situazione, il loro rapporto. Tali informazioni diminuiscono la probabilità che l'osservatore attribuisca le proprie impressioni a qualche sua caratteristica interna. Queste informazioni possono essere condensate in tre proprietà:

  • la specificità, si riferisce al grado in cui il soggetto si comporta in un determinato modo solo in presenza di quello stimolo
  • la coerenza, riguarda il grado in cui l'elemento al quale è attribuito il ruolo di causa produce effetti uguali in tempi diversi e in situazioni diverse
  • il consenso si ha quando tutti tendenzialmente reagiscono in modo simile in presenza dell'elemento cui è attribuito il ruolo di causa.

Leder come agente causale
La leadership esiste solo come percezione derivata dalle inferenze fatte sul comportamento e/o i suoi effetti poiché è un processo che dipende dalle attribuzioni fatte dai componenti del gruppo più che dalle azioni dei leader.
Solo il comportamento e i risultati da esso derivanti vengono accettati come potenziali rilevatori della leadership e riescono a distinguere un  soggetto da un altro quando nono visti come originati da qualità personali del soggetto. Per fare queste attribuzioni, evidentemente, gli osservatori devono possedere delle teorie implicite secondo le quali la leadership produce determinati comportamenti e non altri. Se tali comportamenti o effetti vengono realmente osservati e se possono venire attribuiti a qualità del soggetto, l'osservatore dichiarerà che quell'individuo ha dimostrato capacità di leadership. Il leader esiste solo quando gli altri lo giudicano tale.

La letteratura sull'attribuzione causale suggerisce che c'è un fattore che potrebbe aumentare la possibilità che un leader possa essere percepito come la causa più plausibile della performance: la salienza del leader.
Alcune ricerche recenti suggeriscono che cause o persone su cui gli osservatori focalizzano l'attenzione o riguardo alle quali ci sono più informazioni disponibili in memoria sono maggiormente percepite come spiegazioni causali di un evento. La gente infatti trascura di considerare tutte le informazioni disponibili in una situazione e si rifà soltanto alle informazione che sono più facilmente accessibili.

La leadership carismatica (Boarl e Bryson, 1988)
Il leader carismatico tenta di costruire un nuovo o differente mondo che sia fenomenologicamente valido per lui e per i suoi collaboratori.

  • I leader carismativi visionari sono quelli che producono effetti carismatici soprattutto attraverso l'aiuto a rafforzare le corrispondenze interne per i collaboratori individualmente e il coordinamento interno del gruppo(iniziano con le teorie e si muovono verso l'azione)
  • I leader carismatici prodotti dalla crisi ottengono effetti principalmente attraverso l'aiuto a rafforzare la corrispondenza esterna per i collaboratori individualmente e l'efficacia del sistema per il gruppo (iniziano con l'azione e si muovoo verso schemi interpretativi per giustificare l'azione)

Validità fenomenologica della situazione:
Quando una persona decide se una situazione sia rela,e devono verificarsi sue corrispondenze:

  • Corrispondenza interna tra i sentimenti di una persona e il suo comportamento; se la corrispondenza è alta può essere classificata come intrinsecamente valida.
  • Corrispondenza tra un comportamento di na persona e le conseguenze; se la corrispondenza è alta allora può essere classificata come estrinsecamente valida.

Quando le situazioni sono intrinsecamente e estrinsecamente valide allora sono fenomenologicamente valide. Sono presentate quattro situazioni basate su possibili combinazioni differenti di corrispondenza interna ed esterna:

  • Interazione ordianaria: in sitauzioni reali le azioni aspeimono cognizioni e sentimenti realii e appropriati al comportamento e suscitano reazioni reali e appropriate
  • Alienazione: le azioni sucscitano conseguenze, ma non espimono le reali condizioni e sentimenti di una persona
  • Fantasia: situazioni in cui le persone agiscono in base ai propri sentimenti, ma le conseguenze non sono reali (Monopoli)
  • Gioco di ruolo: non c'è né corrispondenza interna né corrispondenza esterna.

 

Le teorie trasformazionali (Burns, 1978)

  • I leader trasformazionali cambiano i corsi degli eventi, motivano i collaboratori a lavorare per obiettivi altissimi invece che per interessi immediati e per l'automotivazione piuttosto che per la sicurezza.
  • I leader transazionali migliorano le situazioni esistenti, aiutano i collaboratori a riconoscere quali sono i ruoli e chiarire le richieste dei compiti, aumentano il livello motivazionale del gruppo.
  • Due fattori transazionali rilevanti regolano l'interazione tra leader e collaboratori:
    • Ricompensa contingente: è la meta verso la quale il leader indirizza gli sforzi dei collaboratori
    • Gestione per eccezioni: il leader interviene solo quando gli standard non vengono raggiunti.

Anche se entrambi gli approcci sono orientati al conseguimento di alcuni obiettivi, essi differiscono rispetto al processo per mezzo del quale il leader trasmette energia per raggiungerli. Un leader trasformazionale può comunicare al collaboratore una visione talmente eccitante da essere capace di motivarlo a lavorare duramente e a lungo per realizzarla. Il leader quindi comunica una visione al collaboratore è autopremiato dal convertirla in realtà.

I leader carismatici e trasformazionali cambiano i corsi dell'azione. La leaderhip trasformazionale è caratterizzata da alti punteggi nei segiuenti fattori:

  • Carisma: il leader genera orgoglio, fiducia e rispetto, ha il dono di vedere quello che è realemte importanete e ha una visione efficacemente articolata
  • Considerazione individualizzata: il leader delega la pianificazione di progetti per stimolare e creare esperienze di apprendimento nei collaboratori. Presta attenzione personalmente ai bisogni dei singoli, specialmente quelli che sembrano isolati e tratta ogni collaboratore con rispetto.
  • Stimolazione intellettuale: il leader fornisce idee che portano ad un ripensamento delle vecchie metodologie, permette ai collaboratori di guardare ai problemi da molte angolature e risolve situazioni che sembravano arrivate ad un punto morto.

I leader trasformazionali, non reagiscono necessariamnete alle circostanze ambiantale, ma le crano. Cio non significa che la situaione dovrebbe essere ignorata ma che grazie all'abilità a concretizzare una visione a cambiare gli schemi cognitivi il leader trasformazionale è in grado di far reagire gli altri in modo che la situzione diventi un fattore secondario.

Evidentemente anche qui per carisma non si intende un tratto innato ma una funzione di come i collaboratori percepiscono il leader.
Sebbene i risvolti nel breve termine possono essere identici, i leader trasformazionale construiscono negli altri la volontà e ma motivazione a sviluppare schemi e nuove regole che potrebbero ancare oltre la visione originale.

Il lavoro del leader:

  • Leader analista del contesto
  • Leader dispensatore di energia
  • Leader etsore della complessità
  • Leader garante della giustizia
  • Leader costruttore dell'efficazia collttiva

 

9. Le competenze professionali

Il termine risorse è utilizzato per indicare tre grandi insiemi di caratteristiche o attributi della persona che sono in genere considerati per diagnosticare, comprendere e intervenire sulla relazione tra persona e lavoro. Esse sono:

  • Abilità cognitive: abilità di tipo intellettivo raggruppate in maniera gerarchca con a livello più generale il fattore G di intelligenza generale (Spearman) e al di sotto abilità:
    • Verbali
    • Di ragionamento
    • Numerica
    • Spaziale
    • Di deduzione
    • Di ricordo
    • Prontezza percettiva

Lo studio dei processi cognitivi sia dal punto di vista del loro funzionamento sia da quello defa parte della psicologia generale

 

Fonte: http://azpsicologia.altervista.org/Appunti/Psicologia%20del%20lavoro/Riassunto%20delle%20videolezioni%20di%20Sarchielli%20e%20Avallone%20di%20Psicologia%20del%20lavoro.doc

Sito web da visitare: http://azpsicologia.altervista.org/

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