Elementi della retribuzione

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Elementi della retribuzione

Gli elementi della retribuzione

La retribuzione presenta una struttura composita perché "pur essendo il corrispettivo della prestazione di lavoro può essere utilizzata, a causa della sua intrinseca elasticità, per realizzare determinati scopi aziendali" (MAZZIOTTI). Dunque essa si compone di vari elementi, quali:

  • la paga base, il cui ammontare è fissato dai contratti collettivi per l'orario normale di lavoro, corrispondentemente alle varie categorie e qualifiche. Ad essa si aggiungono i c.d. scatti di anzianità, aumenti percentuali della retribuzione, previsti dalla contrattazione collettiva, con frequenza generalmente biennale;
  • le attribuzioni patrimoniali accessorie, previste dai contratti collettivi ed individuali, consistenti, nella maggior parte dei casi, in attribuzioni corrisposte, in aggiunta alla paga base, in maniera saltuaria o, più spesso, continuativa. Rientrano nella categoria:
    • i superminimi, incrementi collettivi od individuali che corrispondono a quella parte di retribuzione che supera i minimi tariffari;
    • le maggiorazioni per il lavoro straordinario, notturno e festivo;
    • le gratifiche (si pensi, ad esempio, alla tredicesima mensilità o gratifica natalizia, istituita nel periodo corporativo e poi ridisciplinata, alla fine di quest’ultimo, con un accordo interconfederale);
    • i premi di produzione o di rendimento.

Un cenno a sé merita l'indennità di contingenza, istituto volto a correggere, almeno in parte, la natura della retribuzione come credito di valuta e, quindi, ad adeguarne il valore nominale a quello reale. Il sistema si è basato, fin dall'origine, sulla c.d. scala mobile, meccanismo che comporta un adeguamento automatico del livello retributivo al costo della vita attraverso il riferimento alle variazioni dei prezzi di particolari beni costituenti il c.d. paniere. Tuttavia, a partire dalla metà degli anni Settanta, l'istituto della scala mobile è entrato in crisi e, dopo vari interventi legislativi, è stato soppresso con il protocollo triangolare di intesa tra Governo e parti sociali del 31 luglio 1992. L’intera materia della dinamica salariale è stata oggetto di una completa ridefinizione con il protocollo di intesa del 1993. Con tale accordo triangolare le parti sociali ed il governo hanno infatti concordato un nuovo ed organico assetto del sistema retributivo, impegnandosi nel contempo a rendere la contrattazione collettiva in materia salariale compatibile con le politiche economiche ed in particolare con le esigenze di controllo delle spinte inflative. L’accordo individua due livelli contrattuali, quello nazionale di categoria e quello aziendale. Al primo continua ad essere attribuita la tradizionale funzione di fonte generale di regolamentazione dei rapporti di lavoro, ma con la previsione di un ritmo quadriennale per il rinnovo della parte normativa, e di un ritmo biennale per il rinnovo della parte economica. In questo modo è assicurata la possibilità di una dinamica retributiva relativamente frequente, non automatica, ma volta a volta oggetto di negoziazione tra le parti sociali. Con l’importante, previsione, peraltro, che in caso di ritardo del rinnovo contrattuale superiore a tre mesi, sia corrisposta ai lavoratori un’indennità di vacanza contrattuale, di importo pari al 30% (50% dopo il sesto mese) del tasso di inflazione programmato in sede governativa, calcolato sui minimi contrattuali vigenti. Alla contrattazione aziendale è invece attribuita la funzione di definire istituti retributivi diversi rispetto a quelli disciplinati dal contratto nazionale e, specificamente, di prevedere erogazioni correlate ai risultati di produttività e all’andamento economico complessivo dell’azienda, nell’ambito dei programmi concordati tra le parti.

Il principio di omnicomprensività della retribuzione

Problema particolarmente discusso in dottrina ed in giurisprudenza è quello dell'individuazione delle attribuzioni patrimoniali da far rientrare nel concetto giuridico di retribuzione. Esso inerisce alla sussistenza o meno, nel nostro ordinamento, del principio di omnicomprensività della retribuzione, per il quale essa ricomprende non solo il compenso che costituisce il diretto corrispettivo della prestazione lavorativa, ma anche tutti gli emolumenti che presentano carattere continuativo, periodico o costante nel tempo. Tale principio non è privo di risvolti sul piano pratico: primo fra tutti, quello dell'individuazione delle erogazioni che possono essere prese in considerazione per il calcolo di istituti che assumono la retribuzione come base di computo. La giurisprudenza era, in passato, nel senso della omnicomprensività della retribuzione, sostenuta sulla base di una congerie di argomentazioni, delle quali la più rilevante era quella dell'applicazione estensiva dell'art. 2121, c.c.. Oggi, anche a causa della modifica di tale articolo ad opera della L. 297/1982, tale orientamento è mutato e prevale quello per cui non esiste nel nostro ordinamento un concetto monolitico di retribuzione ed è da escludere che l'omnicomprensività valga oltre i casi richiamati espressamente dalla legge e dai contratti collettivi.

 

Fonte: http://www.controcampus.it/wp-content/uploads/2012/03/Mazziotti-Compendio_Di_Diritto_Del_Lavoro__Aggiornato_.doc

Sito web da visitare: http://www.controcampus.it

Autore del testo: M. De Stasio www.studiodestasio.it

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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