Il contratto collettivo di lavoro

Il contratto collettivo di lavoro

 

 

 

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Il contratto collettivo di lavoro

 

CENNI SUL DIRITTO DEL LAVORO
Il diritto del lavoro è il complesso delle norme che regolano il rapporto di lavoro e che tutelano i diritti fondamentali del lavoratore.
E’ composto da norme che disciplinano i rapporti tra lavoratore e datore di lavoro e dal diritto sindacale, che tratta delle associazioni che rappresentano le parti del rapporto.
L’oggetto specifico, quindi, del diritto del lavoro, nel suo complesso, è la disciplina delle relazioni tra datore di lavoro e lavoratore, che ha la propria fonte in un contratto (anche se, leggendo l’articolo 2126 del codice civile, sembrerebbe di capire che fonte del rapporto non sia in realtà il contratto di lavoro, ma la prestazione lavorativa di fatto).
Tenendo conto, infine, che, quanto meno economicamente, il lavoratore si trova in una posizione di inferiorità con il datore di lavoro e, rispetto a questo, è sicuramente la parte più debole, il diritto del lavoro ha come fine primario quello di tutela e di garanzia del prestatore di lavoro.
LE FONTI DEL DIRITTO DEL LAVORO
Le fonti del diritto del lavoro si possono riassumere nei seguenti tre punti, che qui di seguito andremo ad esaminare:
- fonti statuali o legislative,
- fonti internazionali, o sopranazionali,
- fonti contrattuali e sindacali.

(1) Le fonti statuali o legislative
La Costituzione
- art. 1: l'Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro,
- art. 4: la repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto,
- art. 35: la repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni,
- art. 36: il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa,
- art. 37: parità di trattamento fra uomo e donna e tutela del lavoro dei minori,
- art. 38: diritto alla previdenza ed assistenza.
Le leggi ordinarie e gli atti aventi forza di legge
e quindi le leggi ordinarie del parlamento e gli atti aventi forza di legge, quali il decreto legislativo ed i decreti legge.
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Sono da ricordare in particolare:
- il codice civile, che tratta del lavoro nel libro quinto,
- la legge 15/7/1966 n. 604, modificata dalla legge11/5/1990 n. 108 sui licenziamenti individuali,
- legge 20/5/1970 n. 300, nota come “statuto dei lavoratori”,
- legge 11/8/1973 n. 533 sulle controversie individuali di lavoro,
- legge 9/12/1977 n. 903, integrata poi dalla successiva legge 10/4/1991 n. 125, sulla parità tra uomo e donna in materia di lavoro,
- legge 12/6/1990 n. 146 sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali,
- legge 28/2/1987 n. 56 e legge 27/7/1991 n. 223 sul mercato del lavoro,
- legge 8/8/1995 n. 335 sulla riforma del sistema pensionistico
- legge 30/3/2003, detta anche “riforma Biagi”.

Regolamenti di attuazione o di esecuzione degli atti aventi forza di legge
emanati dal governo o dai ministri o da altre autorità competenti. Tali atti contengono norme giuridiche con efficacia di atti amministrativi, pur non essendo leggi in senso formale, né atti con forza di legge.
(2) Fonti internazionali o sovranazionali
Trattati internazionali
(ai sensi art. 35 cost.)
- carta internazionale del lavoro di Versailles del 1919,
- dichiarazione di Filadelfia del 1944,
- carta sociale europea di Torino del 1961,
- codice europeo di sicurezza sociale del 1964,
- patto delle Nazioni Unite del 1966.

Convenzioni dell’O.I.L. (organizzazione internazionale del lavoro)
che sono fonti indirette, poiché necessitano di un intervento legislativo da parte dello Stato che le ha ratificate, per diventare effettive (come previsto dall’art. 19 della carta costitutiva dell’OIL).
Regolamenti e decisioni della CE (comunità europea) e della CECA (comunità europea del carbone e dell’acciaio)
tali regolamenti e decisioni costituiscono fonti normative dirette ed obbligano,, quindi, direttamente gli stati membri, senza dover ricorrere a leggi di ratifica; ricordiamo, fra i provvedimenti più importanti:
- la libera circolazione dei lavoratori all’interno della comunità,
- la sicurezza sociale dei lavoratori emigrati,
- il fondo sociale europeo.

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(3) Fonti contrattuali e sindacali
Contratto individuale di lavoro
con il quale l’accordo viene raggiunto direttamente tra il singolo datore di lavoro ed il singolo prestatore di lavoro,
I contratti collettivi di lavoro
ricordiamo, a questo proposito, che possono contenere solo norme più favorevoli ai lavoratori, rispetto alle leggi, ma non possono peggiorare la disciplina posta da una legge. E' in sostanza il principio del favore per i lavoratori subordinati.
Ricordiamo che il Ministro del lavoro, nel 2001, ha presentato un progetto per dare l’addio ai contratti collettivi nazionali, che si vorrebbero sostituire con un contratto cornice contenente le regole minime sul rapporto di lavoro e dare quindi via libera alla contrattazione individuale, con salari differenziati a seconda della produttività aziendale e dell’area geografica.
Nota
l’articolo 2078 del codice civile dispone:
“in mancanza di disposizioni di legge o di contratto collettivo, si applicano gli usi (consuetudine). Tuttavia, gli usi più favorevoli ai prestatori di lavoro prevalgono sulle norme dispositive di legge. Gli usi non prevalgono sui contratti individuali di lavoro”.
Quindi gli usi prevalgono sulle disposizioni di legge se più favorevoli ai prestatori di lavoro, contrariamente a quanto previsto normalmente dall’art 8 delle disposizioni sulla legge in generale del codice civile.
IL CONTRATTO DI LAVORO
1) II contratto collettivo di lavoro
è un accordo fra una categoria di datori di lavoro ed una associazione di lavoratori (sindacato) per regolare i rapporti di lavoro di una data categoria di lavoratori. Ciò che viene deciso vale anche per i lavoratori non iscritti al sindacato, ma appartenenti al settore produttivo a cui il contratto collettivo si riferisce. (diciamo meglio che questo tipo di contratto stabilisce le regole generali di comportamento di una categoria e getta le basi sulle quali poi impostare i singoli personali contratti);
2) Il contratto individuale di lavoro subordinato
trattasi di accordo privato fra una persona, che si impegna a lavorare alle dipendenze e sotto la direzione di un datore di lavoro e quest'ultimo appunto, che si obbliga a pagare una retribuzione (articoli da 2094 a 2134 e articoli da 2239 a 2246 del codice civile).
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Il contratto di lavoro è:
- a prestazioni corrispettive,
- oneroso, tipico, consensuale,
- a tempo determinato o a tempo indeterminato,
- inter vivos.

Caratteristiche
- occorre l’accordo delle parti,
- l’oggetto (che è la prestazione del lavoro e la relativa retribuzione),
- la retribuzione, che può essere a tempo (per esempio un tanto all’ora o al mese), oppure a cottimo, se è commisurata al risultato.
- la retribuzione potrebbe anche venire commisurata ai guadagni dell’imprenditore ed allora si dice che è “con partecipazione agli utili”.

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LA LEGGE BIAGI
(riforma del lavoro)
(legge 276 del 30/3/2003 – formata da 89 articoli)
Il 24 ottobre 2003 è entrato in vigore, quindici giorni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dello Stato, il decreto legislativo 276/2003, cosiddetto Legge Biagi. In realtà le nuove disposizioni legislative non prevedono una piena attuazione fin dalla data annunciata. Il decreto, infatti, in molte sue sezioni, fa espresso rinvio alla previsione di una normativa di secondo livello da emanarsi con decreti ministeriali. Vediamo brevemente alcuni di questi casi, fra i più importanti e significativi, soprattutto in termini operativi:
Le nuove Agenzie per il lavoro
Potranno essere autorizzate solo sulla base di un regolamento, che il Ministero del Lavoro dovrà emanare con proprio decreto entro 30 giorni. Il regolamento, previsto dal quinto comma dell’art. 5, disciplinerà tra l’altro:
- modalità di presentazione della richiesta di autorizzazione,
- criteri per la verifica del corretto andamento dell’attività svolta,
- organizzazione e modalità di funzionamento delle Agenzie.

Inoltre, poiché le stesse Agenzie, per i compiti che riguardano intermediazione, ricerca e selezione del personale, assistenza alla ricollocazione (e quindi non somministrazione) potranno ottenere anche autorizzazioni a livello regionale, nei medesimi 30 giorni, sempre a cura del Ministero del Lavoro, è prevista l’emanazione di un regolamento che detti le modalità di costituzione delle sezioni regionali dell’albo delle Agenzie e relative procedure.
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A loro volta, le regioni e le province autonome, a cui sono demandate le operazioni di accreditamento per l’operatività a livello locale delle medesime Agenzie, dovranno stabilire, con propri provvedimenti:
- le forme della collaborazione tra soggetti pubblici ed operatori privati
- i requisiti minimi richiesti per l’accreditamento a livello regionale
- le procedure di accreditamento e per la verifica di efficienza ed efficacia
- le modalità di tenuta dei criteri di verifica.

Per l’emanazione dei provvedimenti regionali non sono stabiliti termini temporali. Invece, sempre entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto, il Ministro del Lavoro è tenuto, con apposito provvedimento, a definire la disciplina transitoria e di raccordo per le società di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale, ricollocamento professionale già autorizzate ai sensi della disciplina previgente.
Modalità di trattamento dei dati personali
Ai sensi del secondo comma dell’art. 8, dovranno essere stabilite con decreto del Ministro del Lavoro, da emanarsi entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo.
Borsa continua nazionale del lavoro
Sarà ancora una volta un decreto del Ministro del Lavoro, che dovrà stabilire entro 30 giorni: gli standard tecnici ed i flussi informativi di scambio nella borsa nazionale del lavoro, nonché le sedi tecniche per il coordinamento del raccordo a livello nazionale.
Apprendistato
L’apprendistato viene separatamente definito come: (1) apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione – (2) apprendistato professionalizzante – (3) apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. Per le prime due forme, i profili formativi e per la terza la durata sono rimessi ad una regolamentazione a carico delle singole regioni. In attesa di tale regolamentazione, afferma il terzo comma dell’art. 47, continua ad applicarsi la vecchia normativa.
Collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co.) e lavoro a progetto
Infine, le disposizioni che più hanno suscitato interesse e discussioni, trovano attenuazioni e sospensive proprio nell’ultimo articolo, il numero 86, dedicato alle norme transitorie e finali. Con esso si dispone:
- che le collaborazioni attualmente in essere, e che non possano essere ricondotte ad un progetto o ad una sua fase, mantengano efficacia fino

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alla loro scadenza, ma al massimo non oltre un anno dall’entrata in vigore del decreto
- che comunque possano essere previsti termini diversi e quindi anche superiori all’anno, sia pure nell’ottica della fase transitoria, a condizione che ciò avvenga a mezzo di accordi sindacali, stipulati in sede aziendale, con le istanze aziendali dei sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale.

Ma vediamo ora i punti più significativi della riforma Biagi:
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La introduzione di nuovi modelli contrattuali e la modifica di alcuni altri, e precisamente:
La somministrazione di lavoro
(detta anche “staff leasing”)
sostituisce il lavoro interinale e consiste nella fornitura professionale di lavoratori (singoli o gruppi); quindi una impresa di fornitura (agenzia di collocamento privato) che pone uno o più lavoratori, da essa assunti, a disposizione di un’impresa che ne utilizza la prestazione lavorativa per il soddisfacimento di esigenze di carattere temporaneo;
Il part-time
Il datore di lavoro ed il lavoratore possono concordare direttamente clausole elastiche e flessibili, anche in assenza di previsione dei contratti collettivi. Diventa possibile per il contratto di lavoro a tempo determinato, per la sostituzione di lavoratrici in maternità e per l’assunzione agevolata di lavoratori in mobilità. Il “part-time” può essere
- verticale, se prevede l’attività lavorativa a tempo pieno solo in alcuni giorni (con facoltà di svolgere prestazioni lavorative straordinarie, applicando ovviamente la disciplina legale e contrattuale vigente in materia di lavoro straordinario nei rapporti di lavoro a tempo pieno)
- orizzontale, se prevede la riduzione della prestazione lavorativa giornaliera, che è resa in tutti i giorni (con facoltà del datore del lavoro di richiedere l’effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare, nel rispetto di quanto previsto nei contratti collettivi)
- misto, se prevede l’abbinamento dei primi due ed è definita dai contratti collettivi.

Il lavoro intermittente
(detto anche a chiamata o “job on call”)
Con questo contratto il lavoratore (disoccupati con meno di 25 anni o lavoratori con più di 45 anni iscritti alle liste di collocamento) si mette a disposizione del datore di lavoro aspettandone la chiamata. Il lavoratore non lavora quindi in via continuativa, ma svolge prestazioni di carattere discontinuo o intermittente.
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Il lavoro ripartito
(detto anche “job sharing”)
In pratica due lavoratori si ripartiscono un posto di lavoro e, accodandosi con il datore di lavoro, garantiscono insieme una determinata prestazione di lavoro; entrambi i lavoratori sono responsabili dell’esecuzione della prestazione (il datore di lavoro non può sottoscrivere il contratto con più di due persone).
Il lavoro occasionale ed accessorio
Oggetto di questo tipo di contratto sono prestazioni lavorative occasionali di cura ed assistenza:
piccoli lavori domestici, babysitting, lavoro di badante, lezioni private, giardinaggio, collaborazioni esterne con organizzazioni di volontariato,
rese da determinati soggetti iscritti in apposite liste tenute presso i centri per l’impiego e cioè:
i disoccupati, le casalinghe, gli studenti, i pensionati, i disoccupati.

Il contratto di inserimento
destinato a sostituire il contratto di formazione e lavoro.
I nuovi percorsi dell’apprendistato
I cui contenuti precisi saranno definiti dalle Regioni e dalle Province Autonome di Bolzano e di Trento. Sono previsti tre differenti casi:
- 1) apprendistato per istruzione e formazione (fra i 15 ed i 18 anni e con durata non superiore ai tre anni)
- 2) apprendistato professionalizzante, che è rivolto ai giovani fra i 18 ed i 29 anni; si tratta di una specializzazione o approfondimento e può durare dai 2 ai 6 anni)
- 3) apprendistato per ottenere un diploma o una alta formazione universitaria (età fra i 18 ed i 29 anni.

Il tirocinio estivo di orientamento
In sostanza, gli adolescenti ed i giovani, iscritti regolarmente presso scuole superiori od università, possono svolgere un tirocinio estivo presso un’azienda, per una durata non superiore a tre mesi. Tale tirocinio non costituisce un rapporto di lavoro. (adolescenti con età tra i 15 ed i 25 anni – giovani con età tra i 18 ed i 29 anni).
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(2)
Apertura del collocamento ai privati
I centri per l’impiego vengono modificati e le vecchie strutture lasciano il posto ad “agenzie per il lavoro”, che avranno il ruolo di operatori polifunzionali collegati fra loro in rete, facendo nascere una vera e propria borsa del lavoro. Ora quindi i servizi privati potranno affiancare il pubblico nel facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta del lavoro, ma anche nel fornire ai lavoratori attività di sostegno e di orientamento.
(3)
Modifica delle collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co.)
Tali collaborazioni dovranno essere legate ad un progetto, specificato in forma scritta, così come la sua durata ed il relativo corrispettivo. In tal modo, tutto ciò che non rientra in questa formula sarà considerato lavoro subordinato, a tempo determinato o a tempo indeterminato (vengono esclusi dalle nuove regole: i pensionati di vecchiaia, le professioni intellettuali con iscrizioni in albi professionali, le co.co.co rese ad associazioni e società sportive, i componenti di organi di amministrazione di società, i partecipanti a commissioni e collegi).
(4)
Staff leasing
Strumento assai diffuso negli USA. Si tratta cioè della possibilità di ricorrere all’affitto di manodopera a tempo indeterminato e per interi staff. Ricorso che può scattare solo in presenza di ragioni di carattere tecnico produttivo ed organizzativo, individuate dalla legge e dai contratti collettivi.
Nota del ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla riforma Biagi
La riforma Biagi vuole aumentare in tempi brevi il numero delle persone che lavorano regolarmente. Lo sviluppo economico si deve infatti accompagnare ad una più elevata capacità di produrre posti di lavoro aggiuntivi. Le regole attuali hanno in parte la responsabilità di avere fatto dell’Italia il Paese con il più basso tasso di occupazione regolare ed il più alto numero di lavoratori “in nero” in tutta Europa. La riforma Biagi vuole occupare in particolare più giovani nel Mezzogiorno, e più donne e più anziani nell’intero Paese.Questo obiettivo si realizza con un mercato del lavoro trasparente, nel quale viene tempestivamente monitorata la condizione di ciascuna persona in età di lavoro, e con un sistema di servizi pubblici e privati che, in rete tra di loro, accompagnano e facilitano l’incontro tra coloro che cercano lavoro e coloro che cercano lavoratori. Regole
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più moderne e più europee vogliono favorire il reciproco adattamento fra le esigenze dei lavoratori e quelle delle imprese, con particolare riguardo all’orario di lavoro. In ogni caso, la riforma Biagi ha lo scopo di promuovere un lavoro regolare e non precario e di fornire tutele effettive. Al contrario, le regole tradizionali hanno nei fatti prodotto tanti lavori “in nero” od insicuri, come nel caso di molte collaborazioni coordinate e continuative.
In Italia lavora regolarmente solo un cittadino su due tra 15 e 65 anni e solo il 42 per cento delle donne: le percentuali più basse d’Europa. Solo un cittadino su due paga il sistema previdenziale, mentre nei Paesi più evoluti si raggiungono livelli superiori al 70 per cento. In Italia sono disoccupate 9 persone su 100 (18 in alcune aree del Mezzogiorno); in particolare, molto debole è nel mercato del lavoro la condizione delle donne, degli adulti over 45 e dei giovani. I giovani italiani abbandonano precocemente i percorsi scolastici e partecipano ad attività formative meno dei coetanei europei, ma in Italia la disoccupazione giovanile e la disoccupazione di lungo periodo (più di dodici mesi senza lavoro o formazione) è a livelli tra i più alti d’Europa. L’Italia senza lavoratori del Nord Est si contrappone all’Italia senza lavoro del Mezzogiorno; l’assenza di adeguati servizi all’impiego aggrava le caratteristiche strutturali e permanenti nel tempo della disoccupazione meridionale. Il lavoro nero ed irregolare assume in Italia dimensioni molto superiori rispetto alla media degli altri Paesi europei, superando, secondo stime recenti, i cinque milioni di posizioni lavorative.
In Italia solo il 4 per cento dei rapporti di lavoro passa dagli attuali servizi per l’impiego, nati recentemente dal monopolio pubblico degli uffici di collocamento dedicati solo a pratiche burocratiche. Gli operatori privati sono rappresentati quasi soltanto dalle agenzie che forniscono lavoro in affitto a tempo determinato. Così, chi cerca lavoro o cerca lavoratori brancola nel buio e si affida a meccanismi inefficienti (le reti degli amici, i passaparola, le conoscenze dei genitori, ecc.). Con il decreto legge 297 del dicembre 2002, anch’esso disegnato da Marco Biagi, è stata prioritariamente riformata la funzione pubblica dei servizi all’impiego. Sono finiti i libretti di lavoro e le vecchie procedure burocratiche di autorizzazione, per fare posto all’anagrafe del lavoratore. La conoscenza immediata della posizione di ciascuno rispetto al lavoro consente di erogare tempestivi servizi di orientamento a chi cerca lavoro e di indirizzare le attività di formazione secondo gli effettivi bisogni prioritari dei cittadini e delle imprese. Il decreto legislativo di attuazione consentirà ora lo sviluppo e la diffusione degli operatori privati, cui sarà consentito, a determinate condizioni, di erogare tutti i servizi (collocamento, ricerca e selezione, orientamento e formazione, somministrazione di lavoro, ecc.) nella nuova denominazione di agenzie per il lavoro. I Comuni potranno fare collocamento con particolare attenzione ai soggetti svantaggiati, per i quali sono incentivate le forme di collaborazione con gli operatori privati e privato/sociale. Scuole ed Università potranno collocare i propri allievi nel mercato del lavoro attraverso tirocini e contratti di lavoro, sviluppando le relazioni con le attività produttive
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del territorio e realizzando progetti di trasferimento tecnologico con dotazione di risorse umane. I servizi privati sono gratuiti per i lavoratori ed onerosi solo per le imprese. Operatori pubblici e privati saranno presto collegati tra di loro attraverso un sistema informatico nella borsa continua nazionale del lavoro…….
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OBBLIGHI
DEL LAVORATORE E DEL DATORE DI LAVORO
Del lavoratore
- eseguire con diligenza e correttezza la prestazione stabilita nel contratto,
- obbligo di obbedienza alle direttive di lavoro,
- obbligo di fedeltà all'azienda, e quindi anche divieto di fare concorrenza,
- osservare il segreto professionale e non divulgare, quindi. ad estranei notizie fatti od atti che riguardano l'attività di lavoro.
-

Del datore di lavoro
- servirsi dell'ufficio di collocamento,
- verificare che il lavoratore abbia il libretto di lavoro,
- pagare la retribuzione stabilita,
- rispettare le ore di lavoro stabilite,
- concedere le ferie annuali,
- rispettare le assicurazioni di legge,
- pagare il trattamento di fine rapporto.

Nota
a proposito di ferie annuali, ricordiamo la sentenza numero 14020/2001 delle sezioni unite della corte di cassazione, depositata il 12 novembre 2001. In sostanza, ai fini del calcolo delle ferie, i giorni trascorsi in malattia vanno equiparati a quelli di lavoro effettivamente svolto. Sono quindi illegittime tutte le disposizioni contrattuali che stabiliscono il contrario. E le imprese dovranno allora riconoscere e ricostruire ai lavoratori il monte ferie annuale maturato.
Il rapporto di lavoro autonomo (art. 2222 del codice civile)
una persona, professionista o artigiano, si obbliga a compiere, verso corrispettivo, un’opera o un servizio, con lavoro proprio e senza subordinazione, nei confronti di un committente. Tale rapporto, di regola, non forma oggetto del diritto del lavoro, ma viene disciplinato normalmente dal diritto commerciale.
I DIRITTI DEL LAVORATORE
Libertà di opinione
L'articolo 21 della Costituzione e l’articolo 1 della legge 300/1970 (detta anche "statuto dei lavoratori") dicono che ognuno può liberamente manifestare il
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proprio pensiero nei luoghi di lavoro. Sono vietati da parte del datore di lavoro atti discriminatori (cioè vendette personali, dettate da antipatia, pregiudizio, intolleranza, arroganza, eccetera),
Diritto alla salute
vedi articoli 32 e 38 della Costituzione e la citata legge 300/1970. Inoltre, sul supplemento ordinario n. 226 alla gazzetta ufficiale 8/9/2001 n. 209, è stato pubblicato il decreto ministeriale 2/5/2001, che definisce i criteri per l’individuazione e l’uso di dispositivi di protezione individuale (Dpi) e quindi qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore per proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento od accessorio destinato a tale scopo. Tra le figure professionali interessate all’uso dei dispositivi di protezione individuale, in un ente locale, possiamo menzionare: l’elettricista, il manutentore, il disinfestatore, l’idraulico, l’addetto ai servizi cimiteriali, l’addetto agli impianti di depurazione, il magazziniere, eccetera. Per quanto riguarda le sanzioni, il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni, se non forniscono i lavoratori di dispositivi di protezione individuale, se questi non sono conformi alla normativa vigente e se non vengono addestrati all’uso degli stessi; mentre sono puniti con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da lire un milione a lire cinque milioni, se non forniscono istruzioni comprensibili e se il lavoratore non viene informato preliminarmente dei rischi, dai quali il dispositivo di protezione individuale lo protegge.
Privacy: i dati sanitari del dipendente
Il garante, per la protezione dei dati personali, ha stabilito che le informazioni sullo stato di salute del dipendente devono essere conservati separatamente dalle altre di natura personale. Il fascicolo del lavoratore, che raccoglie gli atti relativi alla nomina, al percorso professionale ed ai fatti più significativi della carriera individuale, può mantenere la sua unitarietà, purché si adottino particolari cautele. Il garante ha sottolineato che la normativa vigente, pur non arrivando a stabilire un obbligo del datore di lavoro di provvedere all’assoluta ed integrale segregazione dei dati sensibili dei dipendenti, ha introdotto una serie di obblighi e cautele da rispettare nel trattamento dei dati personali. I datori di lavoro sono quindi tenuti ad impiegare tecniche, codici, o altri sistemi che permettano di identificare gli interessati solo in caso di necessità ed unicamente per lo svolgimento di rilevanti finalità di interesse pubblico (articolo 3 del decreto legislativo numero 135199).
Diritto di svolgere attività sindacale
Interessante ricordare che la corte di cassazione, con la sentenza numero 7091, ha stabilito che rischia il licenziamento il rappresentante sindacale, che distribuisce volantini contro il datore di lavoro, rappresentandolo con vignette ingiuriose. Ancora, la suprema corte afferma che le norme del codice civile, ed
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in particolare l'articolo 2043, contemplano una tutela più ampia della persona offesa, rispetto alle norme del codice penale.
Diritto di sciopero
La legge vuole comunque che siano assicurati sempre i servizi vitali ed essenziali dei cittadini,
Diritto alla retribuzione
- il datore di lavoro deve consegnare il prospetto paga (“busta paga”) e la paga minima è fissata dai contratti collettivi,
- l’articolo 36 della Costituzione dice, inoltre, che la retribuzione deve assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa,
- elementi della retribuzione sono: la paga base, che è fissata dai contratti di lavoro; l'indennità di contingenza, che è un elemento che varia con il variare del costo della vita; gli scatti di anzianità, che sono calcolati sulla anzianità di servizio; il premio di produzione, che è un premio per la operosità dei lavoratori, con lo scopo di stimolare l'aumento della produttività aziendale.

Nota
nel caso che un lavoratore debba essere punito, per scorrettezze od altro, esiste sempre il diritto alla difesa e quindi di essere sentito a discolpa. Qualsiasi tipo di sanzioni, che un datore di lavoro ritenga di dover applicare nei confronti dei dipendenti, deve essere portato a conoscenza di tutti i lavoratori dell'azienda, mediante affissione di appositi manifesti in una bacheca..Infine, nessun provvedimento disciplinare può essere applicato prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto.
IL LAVORO A DOMICILIO
legge 18/12/1973 n. 877 – legge 16/12/1980 n. 858
Lavoratore di questo tipo è considerato chiunque, con vincolo di subordinazione, esegue nel proprio domicilio o in un locale di cui abbia la disponibilità, anche con l’aiuto di membri della sua famiglia conviventi a carico (ma con esclusione di manodopera salariata e di apprendisti), un lavoro retribuito per conto di uno o più imprenditori, utilizzando materie prime ed attrezzature proprie o dello stesso imprenditore, anche se fornite da terzi. Il lavoratore a domicilio deve possedere, a cura dell’imprenditore, uno speciale libretto di controllo, che deve contenere la data e l’ora di consegna del lavoro a lui affidato, la descrizione del lavoro, la qualità e la quantità del lavoro da eseguire, la quantità e la qualità dei materiali consegnati, l’indicazione della misura della retribuzione, dell’ammontare delle eventuali anticipazioni, nonché la data e l’ora della riconsegna del lavoro eseguito con specificazione della quantità e qualità, degli altri materiali eventualmente restituiti e l’indicazione della retribuzione corrisposta, dei singoli elementi di cui questa si compone e delle singole trattenute. Il libretto personale di controllo, sia all’atto della consegna del lavoro affidato, che all’atto della
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riconsegna del lavoro eseguito, deve essere firmato dall’imprenditore o da chi ne fa le veci e dal lavoratore a domicilio. Il libretto personale di controllo sostituisce a tutti gli effetti il prospetto di paga ed è l’unico sistema valido, per l’imprenditore, per poter verificare con esattezza le ore impiegate per lo svolgimento del lavoro e di conseguenza calcolare la retribuzione spettante al lavoratore. Le varie festività esistenti nell’annata hanno lo stesso valore ed efficacia anche per i lavoratori a domicilio.
Il lavoratore a domicilio può gestirsi in maniera elastica l’orario di lavoro, organizzandosi al meglio. E’ infine vietato alla aziende, interessate da programmi di ristrutturazione riorganizzazione e di conversione, che abbiano comportato licenziamenti o sospensioni dal lavoro, affidare lavoro a domicilio per la durata di un anno, rispettivamente dall’ultimo provvedimento di licenziamento o dalla cessazione delle sospensioni.
“STATUS” DI DISOCCUPAZIONE
Nella primavera del 2000, il consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo che fissa la definizione di "status di disoccupazione" e mira a coinvolgere sempre più i disoccupati di lunga durata in iniziative di formazione e di lavoro.
Disoccupato di lunga durata è chi ha perso il lavoro o cessato un'attività e cerca nuova occupazione da più di dodici mesi.
La condizione di disoccupazione, però, verrà riconosciuta solo se le persone interessate si presenteranno agli uffici di collocamento entro 180 giorni dall'entrata in vigore del decreto.
Solo da allora scatteranno tutti i benefici previsti dalla legge e si potrà usufruire dei colloqui di orientamento e dei corsi di formazione e riqualificazione professionale che i servizi all'impiego dovranno organizzare. I colloqui dovranno avvenire entro sei mesi dall'inizio dello stato di disoccupazione. Severe le norme nei confronti di chi non si presenterà al colloquio di orientamento e di chi rifiuterà un'offerta di lavoro a tempo pieno e indeterminato, o determinato, o di missione superiore almeno a quattro mesi e con sede lavorativa nel raggio di 50 chilometri dal suo domicilio (perderà l'anzianità nello stato di disoccupazione).
In vista del riordino degli incentivi all'occupazione e della riforma degli ammortizzatori sociali - si legge in una nota del ministero del lavoro - il decreto contribuisce a cambiare radicalmente le politiche dell'impiego, in linea con la riforma del collocamento. In particolare - prosegue la nota - si passa ad una politica attiva, al centro della quale i servizi per l'impiego, decentrati alle competenze regionali, opereranno per far incrociare la domanda e l'offerta di lavoro e quindi per prevenire sia la disoccupazione giovanile che quella di lunga durata.
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Nota
Il decreto legge n. 346/2000 stabilisce che l’assegno di disoccupazione passi dal 30% al 40% e ripristina il diritto alla pensione di reversibilità.
La retribuzione cui si deve fare riferimento per la determinazione dell’indennizzo è quella media goduta nei tre mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione. L’ammontare dell’assegno mensile non può comunque superare un determinato tetto prestabilito dalle leggi in materia.
Il diritto all’indennità giornaliera sorge con il concorso di due requisiti contributivi: almeno due anni di assicurazione per la disoccupazione ed almeno 52 contributi settimanali nel biennio precedente la data di cessazione del rapporto di lavoro.
Il trattamento spetta per un periodo massimo di 180 giorni (sei mesi quindi) al dipendente rimasto senza lavoro in seguito a licenziamento.
Dal primo gennaio 1999 non è più riconosciuto nei confronti di chi si dimette volontariamente. Dal primo dicembre 2000, altra novità, per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a 50 anni, il periodo massimo indennizzabile sale a nove mesi. Infine è bene ricordare che se si perde il lavoro, sia in caso di licenziamento che di sospensione, occorre iscriversi subito al “servizio per l’impiego” (ex ufficio di collocamento), sia per il diritto di precedenza che per l’eventuale diritto alla disoccupazione. Quando, infatti, termina il periodo di lavoro, si può usufruire di determinati sussidi economici.
Un decreto, infine, del consiglio dei ministri, di data 11/4/2002, ha stabilito che sono considerati disoccupati di lunga durata i soggetti alla ricerca di una occupazione da più di 12 mesi (sei mesi se giovani con meno di 25 anni) e che spetterà alle regioni stabilire i modi di accertamento e di verifica periodica dello stato di disoccupazione.
LA TUTELA DEL MINORE
legge 17/10/1967 n. 977
dpr. 432/1976 – dlgs 9/9/1994 n. 566
La legge citata opera una distinzione fra fanciulli ed adolescenti, intendendosi per fanciulli i minori che non hanno compiuto i 15 anni e per adolescenti coloro che hanno una età compresa fra i 15 ed i 18 anni.
Le particolarità di rilievo sono le seguenti:
- a parità di inquadramento formale del minore, deve essere garantito un trattamento economico pari a quello spettante al lavoratore adulto; come pure un periodo minimo di ferie annuali retribuite, indipendentemente dall’anzianità di servizio,
- una visita medica deve sempre precedere l’assunzione e nel corso del rapporto lavorativo vanno effettuate periodicamente ulteriori visite,

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- per quanto riguarda l’attività lavorativa, è prevista l’età di 14 anni per l’agricoltura e per i servizi familiari; 15 anni per gli altri lavori, a condizione che si tuteli la salute e l’obbligo scolastico; 18 anni per i lavori sotterranei (miniere), per la somministrazione di bevande alcoliche e per i lavori notturni.

LA TUTELA DEL LAVORO FEMMINILE
L 'articolo 37 della Costituzione dice che deve essere garantita l'uguaglianza fra uomo e donna.
Tutte le attività che hanno come scopo quello di favorire l'uguaglianza fra uomo e donna nell'ambiente di lavoro si chiamano: "azioni positive".
- ad uomo e donna, a parità di lavoro, deve essere garantita la stessa retribuzione,
- la donna lavoratrice ha diritto, nel primo anno di vita del bambino, alla astensione facoltativa dal posto di lavoro, con conservazione di detto posto, e così per malattie del bimbo fino ai tre anni di vita,
- è vietato licenziare una lavoratrice durante il periodo della maternità (vedasi la legge del 30 dicembre 1971 n. 1204 sulla tutela delle lavoratrici madri),
- è vietato pure licenziare una lavoratrice per matrimonio della stessa, ed i licenziamenti fino ad un anno dalle nozze si presumono fatti per questo motivo (il periodo di un anno dal matrimonio si chiama anno sospetto).

Nota
una lavoratrice incinta non sempre appare ben vista dal datore di lavoro. La legge però la tutela in modo particolare, proprio contro il licenziamento. La protezione offerta alla donna incinta contro il licenziamento è considerevole. Essa, infatti, non può essere licenziata per tutto il periodo che va dall’inizio della gestazione e fino ad un anno dal parto.
Il datore di lavoro può, tuttavia, procedere al licenziamento quando ricorrono le seguenti circostanze:
- per gravi e comprovate negligenze nel lavoro,
- se l’Azienda cessa la propria attività,
- se l’assunzione è stata a tempo determinato.

Per lo stesso periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non può neppure essere sospesa dal lavoro, a meno che lo stesso provvedimento non riguardi l’intera Azienda o l’intero reparto.
Per poter godere dei benefici garantiti dalla legge, la lavoratrice deve far pervenire al suo datore di lavoro un certificato di gravidanza che, tra gli altri, deve riportare il mese di gestazione e la data presunta del parto.
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Se la lavoratrice viene illecitamente licenziata, ha diritto ad essere reintegrata nel proprio posto.
A questo scopo, entro novanta giorni dal suo allontanamento dal lavoro deve presentare un certificato, dal quale risulti che al momento del licenziamento la gravidanza era già in corso.
Un sistema piuttosto usato, per aggirare le norme sul licenziamento, era quello di far firmare alla donna, al momento dell’assunzione, una lettera di dimissioni in bianco, da usare in seguito al momento opportuno.
Ecco perché la legge sulla tutela delle lavoratrici madri prevede che le dimissioni volontarie, presentate durante il periodo di gravidanza, debbano essere sempre convalidate dall’Ispettorato del Lavoro.
In caso contrario, il contratto di lavoro rimane in vigore. Eventuali dimissioni devono essere confermate dalla stessa interessata all’Ispettorato del Lavoro.
Il lavoro durante la gravidanza
- nel periodo della gravidanza è vietato assegnare alla lavoratrice mansioni pesanti. Se queste fanno parte del lavoro abituale della lavoratrice, il suo compito deve essere momentaneamente cambiato,
- nel periodo in cui la lavoratrice viene assegnata a mansioni diverse, deve comunque mantenere la qualifica e la retribuzione originale,
- l'ispettorato del lavoro può anticipare il periodo di assenza obbligatoria se ci sono complicazioni nella gestazione o se le condizioni ambientali o di lavoro pregiudicano la salute della donna o del bambino o se non è possibile assegnare la lavoratrice ad altre mansioni,
- anche nei primi periodi successivi al parto (e comunque nei mesi stabiliti dalla legge), si deve rispettare il divieto di assegnare la lavoratrice al trasporto o al sollevamento di pesi, a lavori pesanti, faticosi ed insalubri.
Nota
con il decreto 26/3/2001, recante il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità (che riassume ed ordina la disciplina della legge 53/2000), è stata estesa alla lavoratrice domestica la tutela prevista per le lavoratrici madri, in materia di astensione obbligatoria e facoltativa nel periodo di gravidanza e puerperio ed in materia di divieto di licenziamento durante lo stesso periodo.
Anche il collaboratore domestico, inoltre, ha diritto alle ferie e non possono computarsi come ferie il periodo di preavviso, i giorni di malattia ed il congedo matrimoniale.
Il mancato godimento delle ferie è considerato un illecito arricchimento del datore di lavoro. Infine, anche i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari, sono soggetti alle prestazioni previdenziali di legge.

Fonte: http://www.centrostudiatena.it/assets/diritto-del-lavoro.docx

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