Il lavoro notturno

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Il lavoro notturno

 

TUTELE DEI LAVORATORI IN CASO DI LAVORO NOTTURNO E/O ISOLATO

Sono riportati nel seguito gli obblighi a carico del datore di lavoro per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nell’ambito di lavoro notturno e/o lavoro solitario o isolato.

 

OBBLIGHI DI CARATTERE GENERALE

La legislazione vigente sulla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori è il D.Lgs.81/08 e s.m.i..
Tale Decreto, pur non entrando nel merito specifico dei rischio da lavoro notturno e/o  isolato, pone dei principi fondamentali di tutela che sono alla base delle considerazioni che verranno specificate in seguito.

Relativamente alla verifica dell’idoneità psicofisica del lavoratore a svolgere lavoro notturno, a livello generale il D.Lgs.81/08 stabilisce che essa debba essere preventivamente e periodicamente accertata nell’ambito della sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41, comma 2, lettere a), b), c), secondo il quale:
La sorveglianza sanitaria comprende:

  • visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica;
  • visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica [...];
  • visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell'attività lavorativa svolta [...]”.

L’obbligo di avviare i lavoratori alla sorveglianza sanitaria è a carico del datore di lavoro o dei dirigenti, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera g):
Il datore di lavoro e i dirigenti devono inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto”.
Il mancato adempimento di tale obbligo da parte del datore di lavoro o dei dirigenti è reato penale sanzionabile, ai sensi dell’articolo 55, comma 5, lettera e) del D.Lgs.81/08  con l’ammenda da 2.000 a 4.000 euro.

L’obbligo di effettuare la sorveglianza sanitaria è invece a carico del medico competente, ai sensi dell’articolo 25, comma 1, lettera b):
Il medico competente programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati”.
Il mancato adempimento di tale obbligo da parte del medico competente è reato penale sanzionabile, ai sensi dell’articolo 58, comma 1, lettera b) del D.Lgs.81/08  con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 300 a 1.200 euro.

In caso di non idoneità rilevata nell’ambito della sorveglianza sanitaria, sempre a livello generale, l’articolo 42 del D.Lgs.81/08 prevede che:
Il datore di lavoro [...] attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un'inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori, garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza”.
In merito alla valutazione dei rischi e alle relative misure di prevenzione e protezione da adottare in caso di lavoro notturno e/o isolato l’articolo 28, comma 1, del D.Lgs.81/08 definendo l’oggetto della valutazione dei rischi specifica che:
La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all'età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro”.
Tale comma, oltre a evidenziare che obbligo non delegabile del datore di lavoro (ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a) è valutare “tutti i rischi” per la salute e per la sicurezza, specifica in maniera esplicita che nella valutazione di tali rischi occorre considerare anche quelli “connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro”.
Appare pertanto evidente che a carico del datore di lavoro vige l’obbligo di considerare, nel caso in esame, anche i rischi derivanti da orari di lavoro comportanti lavoro notturno, in quanto direttamente correlabili alla tipologia contrattuale applicata.

Si ricorda poi che, il documento di valutazione dei rischi, deve contenere oltre a una relazione su tutti i rischi individuati (articolo 28, comma 2, lettera a) anche (e soprattutto) l’indicazione delle misure di prevenzione e protezione attuate relativamente a tali rischi (articolo 28, comma 2, lettera b) e l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure di prevenzione e protezione da realizzare (articolo 28, comma 2, lettera d).
L’omessa redazione del documento di valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro è reato penale sanzionabile, ai sensi dell’articolo 55, comma 1 del D.Lgs.81/08  con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro.
La redazione da parte del datore di lavoro del documento di valutazione dei rischi omettendo la relazione su tutti i rischi individuati è reato penale sanzionabile, ai sensi dell’articolo 55, comma 4 del D.Lgs.81/08  con l'ammenda con l’ammenda da 1.000 a 2.000 euro.
La redazione da parte del datore di lavoro del documento di valutazione dei rischi omettendo l’indicazione delle misure di prevenzione e protezione e le relative procedure di attuazione è reato penale sanzionabile, ai sensi dell’articolo 55, comma 3 del D.Lgs.81/08  con l'ammenda 2.000 a 4.000 euro.

In merito all’organizzazione del primo soccorso in caso di malori o infortuni, l’articolo 45, comma 1 del D.Lgs.81/08, specifica, a carattere generale che:
Il datore di lavoro, tenendo conto della natura della attività e delle dimensioni dell'azienda o della unità produttiva, sentito il medico competente ove nominato, prende i provvedimenti necessari in materia di primo soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati”.
E’ evidente che nel tenere conto “della natura della attività”, il datore di lavoro per garantire sempre un adeguato livello di efficienza del servizio di primo soccorso deve tenere anche conto della possibilità di lavoro notturno e/o isolato, sia per monitorare costantemente lo stato di salute dei lavoratori, sia per permettere un tempestivo ed efficace intervento degli addetti al primo soccorso e dei soccorritori esterni.
La mancata organizzazione del primo soccorso è reato penale sanzionabile, ai sensi dell’articolo 55, comma 5, lettera a) del D.Lgs.81/08  con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 750 a 4.000 euro.

OBBLIGHI RELATIVI AL LAVORO NOTTURNO

Gli obblighi di carattere generale di cui sopra, relativi alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, sono ripresi e meglio specificati per il lavoro notturno all’interno del D.Lgs.66/03 e s.m.i. (“Attuazione delle Direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro”).
Tale Decreto specifica innanzitutto in maniera rigorosa cosa si intende per lavoro notturno.
Infatti all’articolo 1, comma 2, lettera d) il D.Lgs.66/03 definisce come periodo notturno:
periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino”.
Inoltre all’articolo 1, comma 2, lettera e) il D.Lgs.66/03 definisce come lavoratore notturno:

  • qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
  • qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. In difetto di disciplina collettiva é considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga per almeno tre ore lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno; il suddetto limite minimo é riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale”.

Va osservato a tale proposito che i due requisiti di cui sopra sono entrambi necessari e sufficienti a definire la figura di lavoratore notturno.
In altri termini è da considerare lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dalla contrattazione collettiva, purché comunque per almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero e indipendentemente dal  numero delle giornate lavorative annue di attività del dipendente (vedi anche Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro Sentenza - 24 giugno - 30 luglio 2008, n. 20724).

Il D.Lgs.66/03 inoltre all’articolo 2 definisce il campo di applicazione degli obblighi di cui al Decreto medesimo, specificando, al comma 1, che:
Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano a tutti i settori di attività pubblici e privati con le uniche eccezioni del lavoro della gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE, del personale di volo nella aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE e dei lavoratori mobili per quanto attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/CE”.
Il successivo comma 2 stabilisce che per alcune categorie professionali “le disposizioni contenute nel presente decreto non trovano applicazione in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato”. Tra tali categorie non vengono menzionati gli infermieri. Il D.Lgs.66/03 trova quindi piena applicazione per gli infermieri di strutture pubbliche o private.

Come sopra menzionato, secondo il D.Lgs.81/08, la verifica dell’idoneità alla mansione per il lavoro notturno è un obbligo a carico del datore di lavoro per tramite del medico competente.
Oltre a ciò l’articolo 11 comma 1 del D.Lgs.66/03 stabilisce che:
L'inidoneità al lavoro notturno può essere accertata attraverso le competenti strutture sanitarie pubbliche”.
I successivi commi dell’articolo 11 pongono dei vincoli all’effettuazione del lavoro notturno da parte di lavoratrici in gravidanza e madri fino a un anno di età del figlio e di lavoratrici o lavoratori in casi di figli fino a tre anni o di disabili a carico.

Il successivo articolo 14, comma 1 specifica meglio che:
La valutazione dello stato di salute dei lavoratori notturni deve avvenire a cura e a spese del datore di lavoro, o per il tramite delle competenti strutture sanitarie pubbliche di cui all'articolo 11 o per il tramite del medico competente di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, attraverso controlli preventivi e periodici, almeno ogni due anni, volti a verificare l'assenza di controindicazioni al lavoro notturno a cui sono adibiti i lavoratori stessi”.  
Ricordo che ai sensi dell’articolo 304 comma 3 del D.Lgs.81/08 “laddove disposizioni di legge o regolamentari dispongano un rinvio a norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni [...], tali rinvii si intendono riferiti alle corrispondenti norme del presente decreto legislativo”. Pertanto il D.Lgs.626/94 citato nell’articolo 14 comma 1 di cui sopra (come in ogni altra successiva ricorrenza) va inteso come D.Lgs.81/08.

Pertanto nel caso del lavoro notturno, la verifica preventiva e periodica dell’idoneità alla mansione, ovvero dell'assenza di controindicazioni al lavoro notturno, anche su richiesta del lavoratore può essere svolta, oltre che dal medico compente, anche da strutture sanitarie pubbliche sempre e comunque a carico del datore di lavoro.
Il mancato adempimento dell’obbligo di cui all’articolo 14, comma 1 del D.Lgs.66/03 da parte del datore di lavoro è reato penale sanzionabile, ai sensi dell’articolo 18-bis, comma 2 del medesimo Decreto con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 1.549 euro a 4.131 euro.

Né il D.Lgs.81/08, né il D.Lgs.66/03 forniscono indicazioni di dettaglio su quali possono essere le condizioni di salute che possono comportare la non idoneità al lavoro notturno oppure su cui deve essere posta particolare attenzione e cautela.
Tali indicazioni si possono comunque reperire nella letteratura scientifica.
Ad esempio nella pubblicazione del dottor Giovanni  Costa “Lavoro a turno e salute” (Med-Lav 1999; 90, 6: 739-751), vengono definite come “patologie che possono costituire inidoneità al lavoro notturno” le seguenti:

  • disturbi cronici del sonno;
  • gravi malattie gastrointestinali;
  • malattie cardiovascolari;
  • malattie cerebrali con sequele ed epilessia;
  • gravi disturbi mentali;
  • diabete insulino-dipendente;
  • importanti alterazioni ormonali della tiroide e del surrene;
  • nefropatie croniche;
  • tumori.

Nella medesima pubblicazione vengono indicate come “condizioni su cui prestare particolare attenzione e cautela” in caso di lavoro notturno le seguenti:

  • patologie respiratorie croniche;
  • alcolismo o assunzione di psicofarmaci;
  • grave emeralopia o deficit visivo;
  • persistenti disturbi digestivi;
  • donne con bambini piccoli;
  • donne con importanti disturbi mestruali;
  • persone di età superiore a 50 anni;
  • persone con lunghi tempi di pendolarismo e/o precarie condizioni abitative;
  • soggetti con spiccate caratteristiche di nevroticismo, “mattutinità” e rigidità nelle abitudini del sonno.

In caso di non idoneità al lavoro notturno, l’articolo 15, comma 1 del D.Lgs.66/03 prevede che:
Qualora sopraggiungano condizioni di salute che comportino l'inidoneità alla prestazione di lavoro notturno, accertata dal medico competente o dalle strutture sanitarie pubbliche, il lavoratore verrà assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni equivalenti, se esistenti e disponibili”.
Tale garanzia per i lavoratori è ripresa integralmente dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro integrativo del CCNL del personale del Comparto Sanità del 7 aprile 1999.

Oltre alla sorveglianza sanitaria preventiva e periodica per accertare l’idoneità alla mansione dei lavoratori adibiti al lavoro notturno, il D.Lgs.66/03 prevede specifiche misure di prevenzione e protezione per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, in funzione della particolarità e dei possibili rischi specifici relativi al lavoro notturno.
L’articolo 14, comma 2 di tale Decreto prevede infatti che
Durante il lavoro notturno il datore di lavoro garantisce, previa informativa alle rappresentanze sindacali [...], un livello di servizi o di mezzi di prevenzione o di protezione adeguato ed equivalente a quello previsto per il turno diurno”.
Mentre il comma 3 del medesimo articolo prevede che:
Il datore di lavoro, previa consultazione con le rappresentanze sindacali [...], dispone, ai sensi degli articoli 40 e seguenti del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per i lavoratori notturni che effettuano le lavorazioni che comportano rischi particolari di cui all'elenco definito dall'articolo 13, comma 3, appropriate misure di protezione personale e collettiva”.
Per la definizione dei “rischi particolari” citati dall’articolo 14 comma 3, l’articolo 13, comma 3 rimanda a un Decreto Ministeriale che in realtà non è mai stato emesso.
In mancanza di tale Decreto Ministeriale, per definire quali siano le mansioni lavorative che comportano rischi particolari, ci si può riferire a dati di letteratura.
L’articolo “Lavoro notturno. Tutela della salute e sicurezza dei lavoratori” di Leopoldo Magelli (Agenzia sanitaria regionale dell'Emilia-Romagna), Claudio Arcari (AUSL Piacenza), Marta Ferrari (AUSL Parma), Stefano Arletti (AUSL Modena), Loris Costellati e Anna Mandes (AUSL Bologna), Alfonsino Ferretti e Stefania Principe (Direzione regionale del lavoro, Ministero del Lavoro), Venere Pavone (AUSL Bologna), pubblicato sull’inserto 5/2004 (supplemento al numero 11/2004) della rivista “Lavoro e salute” definisce come lavorazioni che comportano i “rischi particolari” di cui all’articolo 14 comma 3 del D.Lgs.66/03, le seguenti (elenco indicativo e non esaustivo):

  • lavorazioni edili, stradali e di scavo;
  • lavorazioni estrattive;
  • lavorazioni a caldo (siderurgia, laminatoi, fonderie, ecc.) e con esposizione ad alte temperature;
  • lavorazioni con movimentazione di carichi pesanti;
  • lavori in cui l'operatore è solo all'interno dell'azienda;
  • lavori che comportano il controllo di impianti e quadri segnaletici e di comando;
  • lavori con attività di guardiania e vigilanza;
  • lavori in campo di ordine pubblico, polizia, protezione civile, pronto intervento, incluse le attività gestite dai VVFF;
  • lavori in ambito sanitario-assistenziale, in situazioni a connotazione particolarmente stressante (pronto soccorso, astanteria, 118, rianimazione, terapia intensiva, chirurgia;
  • d'urgenza, unità coronaria, centri trapianti, traumatologia, ecc.);
  • lavorazioni con attività di abbattimento di animali;
  • lavorazioni comportanti l'uso di macchine complesse;
  • lavorazioni in aziende o aree a rischio di esplosione e rischio elevato di incendio;

lavorazioni in aziende che ricadono nel campo d'applicazione del D.Lgs.334/99 [aziende a rischio di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose];

  • lavorazione in aziende con impianti chimici complessi;
  • lavorazioni con attività di esazione e maneggio denaro (ad esempio caselli autostradali, biglietterie, casse, distributori di carburante, ecc.).

INDICAZIONI AGLI OPERATORI
All’interno dei commi 2 e 3 dell’articolo 14 del D.Lgs.66/03 è chiaramente specificato che i servizi e i mezzi di prevenzione e protezione in caso di lavoro notturno devono essere  “adeguati ed equivalenti” a quelli presenti nel caso lavoro diurno, mentre nel caso di lavorazioni notturne che comportano rischi particolari devono anche essere adottate misure di prevenzione e protezione “appropriate”.
Per servizi “adeguati” si deve intendere che tali servizi devono tener conto di un “rischio aggiuntivo” dovuto al fatto che il lavoratore si trova in una condizione potenzialmente di disagio, di maggiore vulnerabilità, di minor performance.
Per servizi “equivalente” si deve intendere che tali servizi garantiscano le stesse prestazioni di protezione e di riduzione del danno che vengono garantite durante il giorno.
Per misure di protezione “appropriate” infine si deve intendere che la protezione da adottare, quando rischi particolarmente gravi siano svolti durante il lavoro notturno, debba essere graduata e rivista in base alla diversa entità e specificità del rischio.

Per quanto riguarda il servizio di primo soccorso (articolo 45 del D.Lgs.81/08) deve essere garantita l’equivalenza al lavoro diurno del servizio stesso, sia nei suoi aspetti gestionali (procedure di intervento e di allerta), che materiali (numero di addetti al servizio, disponibilità dei presidi sanitari).
In particolare in caso di lavoro isolato (notturno o diurno), l'equivalenza del servizio di primo soccorso presuppone che sussista la medesima possibilità di allertare gli addetti al servizio o i soccorritori esterni (118) in caso di malore o infortunio per il lavoratore.
Ciò deve avvenire con sistemi automatici ed efficienti di riconoscimento dello stato del lavoratore o in caso di mancanza possibilità di adottare tali sistemi, ciò deve portare a considerare inammissibile il lavoro notturno solitario.
Medesime considerazioni valgono per il servizio di antincendio e di gestione delle emergenze, per il quale devono essere garantire di notte le medesime caratteristiche gestionali e materiali del periodo diurno.
Oltre a quanto sopra occorre modificare (anche in funzione della presenza di lavorazioni con rischi specifici) le singole procedure di emergenza, tenendo conto della minore disponibilità di tutti i servizi interni dell'azienda che possono fornire un'eventuale assistenza in caso di emergenza.

Al di là dell’aspetto emergenziale, inoltre tutti gli altri servizi e aspetti che possono impattare sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori durante il lavoro notturno, devono essere del tutto equivalenti a quelli previsti per il lavoro diurno.
Tra tali servizi e aspetti si possono citare:

  • servizi tecnici aziendali (manutenzione anche di pronto intervento, impianti telefonici e informatici, impianti di allarme, ecc.);
  • illuminazione (sufficiente a garantire la visibilità, il mantenimento dello stato di veglia, la corretta esecuzione delle lavorazioni);
  • servizi accessori (piena disponibilità di servizi igienici e spogliatoi di mense e locali di riposo);
  • segnaletica di avvertimento e di sicurezza (che deve essere adeguatamente illuminata oppure autoilluminata per garantirne la piena visibilità anche di notte);
  • ritmo di lavoro e carico mentale (che devono essere adeguati alle mutate condizioni psicofisiche dei lavoratori e quindi né particolarmente affaticanti, né monotone);
  • organizzazione dei turni (per permettere un’adeguata preparazione al lavoro notturno e un adeguato recupero dopo il lavoro notturno).

 

OBBLIGHI RELATIVI AL LAVORO ISOLATO

Relativamente al lavoro solitario o isolato (attività lavorativa in cui il lavoratore si trova ad operare da solo, senza alcuna collega accanto e senza nessun contatto diretto con altri lavoratori), sia diurno che notturno, la vigente normativa non prevede obblighi particolari, con eccezione di quanto stabilito per lavorazioni in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti (articoli 66 e 121 del D.Lgs.81/08 e D.P.R.177/11).

E’ però sempre valido il principio che all’interno del documento di valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a) del D.Lgs.81/08, come detto in precedenza devono essere valutati tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, compresi quindi anche quelli derivanti da particolari condizioni lavorative, come appunto il lavoro solitario e di conseguenza devono essere adottate le necessarie misure di prevenzione e protezione e le relative procedure per eliminare o ridurre le conseguenze dei rischi individuati.

Nel caso di lavoro solitario il fattore di rischio principale (da valutare e per il quale adottare misure e procedure di prevenzione e protezione) è relativo all’organizzazione dei soccorsi in caso di malore o infortunio del lavoratore.
In tal caso i fattori addizionali di rischio sono i seguenti:

  • impossibilità o limitata capacità, da parte del lavoratore stesso, di allertare i soccorsi all'esterno del luogo di lavoro
  • difficoltà o impossibilità dei soccorritori, se e quando allertati, di accedere all'interno del luogo, dove è necessario l'intervento
  • ulteriore difficoltà ad individuare esattamente, una volta all'interno, il punto intervento in caso di situazioni complesse.

Tali fattori addizionali di rischio comportano inevitabilmente il ritardo dell'intervento con effetti a volte fatali.
In caso di lavoro notturno tali fattori addizionali di rischio sono aggravati anche dal fatto che viene pure a mancare la presenza casuale di persone che a diverso titolo possono frequentare il luogo di lavoro (fornitori, clienti, collaboratori, controllori, ecc.).

Il datore di lavoro deve pertanto (in virtù degli obblighi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a) ) prevedere sistemi per monitorare in tempo reale lo stato di salute del lavoratore attraverso il controllo del suo stato di coscienza.
Allo stato attuale esistono diverse soluzioni di tipo tecnico per garantire questo monitoraggio:

  • telefono cordless o cellulare;
  • ricetrasmettitore collegato a soggetti addetti a servizi di sorveglianza;
  • trasmettitore di segnale di allarme punto-punto con attivazione manuale;
  • trasmettitore automatico collegato ad un sensore di postura del lavoratore (busto eretto = OK, busto orizzontale = allarme);
  • sistema a chiamata (manuale o automatica) e risposta manuale (risposta = OK, mancata risposta = allarme).

I primi tre sistemi, essendo ad azionamento manuale volontario, offrono sicuramente sicurezza psicologica, ma dimostrano scarsa efficacia, che diventa addirittura nulla in caso di perdita di coscienza del lavoratore.
I sensori di postura non sempre sono adatti al tipo di mansione (ad esempio manutentore coricato).
Il sistema a chiamata/risposta sembra essere il più efficace, anche se presenta alcuni limiti legati alla frequenza di chiamata (se è troppo bassa rischio comunque di non individuare tempestivamente una situazione di pericolo, se è troppo alta può portare a aumento del carico mentale e a distrazioni).

Rimane in ogni caso non risolto, anche con l’ausilio di soluzioni tecniche, la possibilità di accesso da parte dei soccorsi esterni al luogo di lavoro e la immediata individuazione della posizione del lavoratore.
Queste ultime problematiche devono essere risolte dal datore di lavoro, ai sensi dell’obbligo di cui all’articolo 45, comma 1, lettera a) (“Il datore di lavoro [...] prende i provvedimenti necessari in materia di primo soccorso e di assistenza medica di emergenza, [...] stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati”), fornendo ai soccorritori esterni, preventivamente informazioni su come accedere ai luoghi di lavoro e sulla possibile ubicazione dei lavoratori che operano in lavoro isolato.

E’ evidente che, a seguito di analisi condotta, nell’ambito del processo di valutazione del rischio, con particolare riferimento alle tipologie lavorative e ai rischi specifici e alle dimensioni e alla complessità dell’azienda, ove i sistemi di monitoraggio e allerta  automatici, comportassero comunque un rischio residuo non accettabile per la salute e la sicurezza, il datore di lavoro deve considerare che il lavoro solitario sia un rischio non accettabile e modificare l’organizzazione del lavoro in modo da garantire sempre almeno la presenza nello stesso luogo di lavoro di due lavoratori. 

 

GIURISPRUDENZA

A conferma di quanto sopra esposto giova segnalare quanto espresso da alcune sentenze della Corte di Cassazione relativamente a infortuni accaduti a lavoratori operanti in condizioni di lavoro notturno e/o isolato o in caso di malore

Relativamente al caso di un operaio morto durante le operazioni di pulizia all’interno di un silos, durante le quali operava in un ambiente completamente isolato dall’esterno, ad eccezione della botola di accesso posta sulla sommità del silos e senza l’assistenza di un collega, la Suprema Corte di Cassazione Sezione n.4 Penale con Sentenza del 4 febbraio 2010, n. 4917 ha affermato che “Come correttamente sottolineato dai giudici del merito, l'adozione di una delle misure di prevenzione ipotizzate dai giudici stessi (assistenza nell'operazione di pulizia da parte di un secondo operaio, al fianco del P. oppure affacciato all'imbocco del silo, ovvero l'utilizzazione da parte dell'operaio P. di un congegno di allarme idoneo a segnalare all'esterno una situazione di pericolo o di difficoltà all'interno del silo) avrebbe scongiurato l'evento con elevato grado di credibilità razionale, in quanto avrebbe reso possibile un tempestivo soccorso”.

Con riferimento poi alla necessità che le misure di prevenzione e protezione adottate dal datore di lavoro debbano tenere in considerazione anche eventi eccezionali, ma comunque prevedibili, la Suprema Corte di Cassazione Sezione n.4 Penale con Sentenza del 6 maggio 1985, n. 114/86 ha affermato che “le prescrizioni poste a tutela del lavoratore sono intese a garantire l'incolumità dello stesso anche nell'ipotesi in cui, per stanchezza, imprudenza, inosservanza di istruzioni, malore od altro, egli si sia venuto a trovare in situazione di particolare pericolo".

Marco Spezia
ingegnere e tecnico della sicurezza

Fonte: http://lavoroprivato.cobas.it/lavoroprivato/content/download/763/5047/file/lavoro%20notturno%20e%20isolato.doc

Sito web da visitare: http://lavoroprivato.cobas.it

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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