Pirandello il suo linguaggio

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Pirandello il suo linguaggio

LUIGI PIRANDELLO.
Nacque ad Agrigento nel 1867 e morì a Roma nel 1936; due anni prima gli venne assegnato il premio Nobel. Pirandello studiò all’università di Bonn e li si laureò nel 1891. La sua vita di uomo fu toccata da un gravissimo episodio legato alla figura della moglie che si ammalò di una grave malattia mentale. La sua fama di scrittore  gli arrivò intorno al 1904 con il romanzo “IL fu Matia Pascal”. Scrisse molto anche per il teatro e nel 1915 fondò a Roma il “Teatro dell’Arte” e il Pirandello oltre che autore fu anche regista delle sue opere, coadiuvato dall’attrice Marta Abba che gli fu seviziosa e affettuosa compagna. Dopo il 1934, politicamente aderì al fascismo ma questa adesione era fondata su un sentimento ideale di “Italia Grande” e si discostò comunque da ogni atteggiamento estremo del regime. La sua produzione può essere distinta in due periodi. Nel primo che giunge fino alla Grande Guerra, predomina l’interesse narrativo, nel secondo quello per il teatro. Scrisse oltre 225 novelle mentre i romanzi più importanti restano “Il fu Matia Pascal”, “I vecchi e i giovani”, “Quaderni di Serafino gubbio operatore”, “Giustino Porcella nato boggiolo”, “Uno, nessuno, centomila”. Le opere teatrali più note sono: “Pensaci Giacomino”, “Liolà”, “Questa sera si recita a soggetto”, “Così è se vi pare”, “Enrico IV”e “Sei personaggi in cerca di autore”. Con le opere teatrali uscì dal circuito nazionale per entrare in quello della cultura internazionale e viene ricordato assieme ad altri grandi del teatro, quali O’Neill, Ionesco, Bechtt.
IL PENSIERO
Pirandello si pone interrogativi drammatici inerenti alla vita. E’ stato osservato che i grandi problemi dibattuti a teatro ed il rapporto con sé stessi e con gli altri impone l’analisi della “Maschera” di ciascuno di noi e quindi di ciascun personaggio. Il problema delle maschere sociali viene mutato da Pirandello attraverso lo studio della psicoanalisi assunta da Froeud e da Gustav Joung. L’autore Pirandello scava attraverso le apparenze per studiare e proporre le problematiche del mondo contemporaneo. I personaggi pirandelliani sono si solito piccolo-borghesi dall’esistenza sofferta che si oppongono in qualche modo al conformismo e alle regole di una società di crisi, ma che bramerebbero di essere qualcuno e di trovare anche un significato alla loro pena di vivere. In realtà l’uomo crede di lottare per una libertà che non c’è e la sua vita è solo proiettata nel nulla. Pirandello è consapevole che tutto il malessere del ‘900 deriva da fratture storiche, risultato della disgregazione della società romantica e borghese. Dietro una realtà sofferta, Pirandello scopre il distacco e la malattia, non vuole indagare le cause sociali di una forma storica di incomunicabilità e di alienazione, ma ne fa una tipica forma della condizione umana. Il suo interesse si appunta nel dibattersi dell’Io quando giunge a  capire il caos della realtà che si trova sia nell’inconscio individuale che nell’inconscio collettivo.
La produzione pirandelliana nasce immagine all'oggettività verista anche se supera quel movimento con la spinta al paradosso ed è una ironia corrosiva. Pirandello è interessato fondamentalmeente ai drammi dell'uomo e della società ed evidenzia l'angoscia e la solitudine umana così come le difficoltà, le umiliazioni e le pasantezze di un'esistenza che si conforma su modelli borghesi che egli supera. Pirandello così come Svevo e i grandi della letteratura del Novecento pone il dito nella piaga di una società sofferente, di una società malata che cerca disperatamente e talvolta inutilmente una via di scampo. Pirandello, come scrittore e uomo del suo tempo è consapevole della frattura che deriva dalla trasformazione della società romantica in società borghese. Dietro una realtà difficile, Pirandello non dà giudizi e non ricerca le cause morali, fa vivere i suoi personaggi in modo libero e ne mette in evidenza l'alienazione. Il Pirandello infatti ha scoperto la teoria psicanalitica, partendo da una situazione oggettiva, in quanto la propria moglie ha manifestato profondo disadattamento e ha evidenziato una patologia mentale da più cui non è ritornata.

IL FU MATIA PASCAL
Il fu Matia Pascal, dopo una vita poco intensa sposò Romilda e fu costretto a vivere con la suocera, donna difficile, a causa del suo sfascio economico. in paese trovò lavoro come bibliotecario, ma dato l'ambiente, la biblioteca era poco frequentata e Matia Pascal si annoiava e sognava. Stanco di questa vita cerca l'evasione, fuggendo a Montecarlo, dove al casinò vince una considerevole somma, che gli avrebbe potuto assicurare una vita serena. Soddisfatto prende posto in un treno per tornare a Miragno, suo borgo. Leggendo nello scompartimento il giornale apprende che proprio in paese è successa una disgrazia e tutti pensano che il morto sia proprio lui. I suoi sogni prendono corpo e improvvisamente pensa di non tornare più e cambiare identità. Ormai per lo stato civile è morto e nel suo nuovo modo di proporsi prende il nome di Adriano Meis e si stabilisce a Roma. Nella città sembra tutto bello e incontra persino una ragazza, Adriana, di cui si innamora. Apparentemente è tutto perfetto ma i problemi nascono in cui si decidono le nozze. La ragazza prepara i documenti ma quali documenti potrà preparare il fu Matia Pascal? Pensa di simulare un suicidio per scomparire da Roma e nella sua mente di sviluppa l'idea di un ritorno a Miragno. Arrivato alle origini, nemesi del suo destino, trova anche lì tutto cambiato. Sua moglie lo pensava morto e si era risposata ed aveva persino avuto una bambina. La vicenda incalza una serie di avvenimenti e alla fine per non turbare ulteriormente una situazione già scossa il redivivo Matia Pascal accetta la sua solitudine e a sottolineare la tristezza, l'abbandono e di più l'incomunicabilità di questo personaggio, l'autore, ironicamente, lo proietta in un cimitero mentre porta i fiori alla sua tomba.
Attraverso il romanzo si evidenziano il senso di paradosso e l'ironia, tipici del Pirandello e di tutta la sua scrittura ma ciò che rende sempre attuale questo romanzo è il concetto di solitudine, quello di non finito, il sogno imperante di ciascun essere umano è che mai si concretizzerà nella realtà, nonostante ci si batta per questo. Infine un'altra componente è legata al concetto che nessuno può sfuggire a se stesso, le imprevedibilità dell'esistenza faranno scontrare gli uomini con situazioni non volute e che spesso l'abbandono delle cose si rivolta come un boomerang come un'umanità senza identità. Questo romanzo farà entrare il Pirandello nei circuiti della letteratura mondiale assieme a Svevo, Kafka, Musill e Joyce.
LINGUAGGIO.
Molto curato, scorrevole, quasi verista nel gioco delle parole e nelle ambientazioni. Si avverte la coloritura dei personaggi tipici del Verga e del Capuana ma con una ironia in più che è tutta pirandelliana. I cambiamenti di questo romanzo sono essenzialmente fasce borghesi medie e medio piccole.
TEMPO DELL'OPERA.
1904
TEATRO DELL'OPERA.
La Sicilia e Roma.

L'UMORISMO DI PIRANDELLO
Il saggio sull'umorismo è costituito da una raccolta di lezioni, tenute dall'autore nel 1908 nella facoltà di Magistero dell'Università di Roma. Pirandello definisce l'umorismo come "sentimento del contrario", una forma di comico che si serve del paradosso. Un esempio tipico dell'umorismo è dato dallo spettacolo di una anziana donna imbellettata, che dietro la goffa apparenza, nasconde la volontà di piacere al più giovane innamorato. I personaggi pirandelliani affrontano situazioni paradossali, nella consapevolezza dell'assurdo "che si avvertono come pazzia". La scoperta del nulla, del vuoto, dell'assurdo porta l'autore a una visione proposta dalla filosofia esistenzialista che concepisce l'esistenza umana come scissione, frattura insanabile verso l'assurdo.

LE NOVELLE
Sono raccolte in "Novelle per un anno", nel numero di 225 e occupano la vita dell'autore dal 1884 fino alla morte. L vasta galleria di persone e spaccati di vita propone una generale immagine del vivere, animata da un senso morale ironico e sofferto.

LA PATENTE
ANALISI DEL TITOLO
Analizzando il titolo si può subito individuare un primo messaggio dell'autore sull'argomento della Novella. Per patente si intende, comunemente, un documento attraverso il quale si ottiene l'autorizzazione a procedere in un certo campo. La più comune, oggi, è la patente legata alla guida di una autovettura o di un motociclo Sappiamo che quando scrisse Pirandello ciò non poteva essere e dunque il documento che fa da perno all'opera è senz'altro orientato verso una tipologia particolare da verificare alla lettura.
TEATRO DELL'OPERA
Sicilia.
LINGUAGGIO
Risente di coloriture regionalistiche pur essendo corretto.
COSA HA VOLUTO DIRE L'AUTORE
Pirandello attraverso i personaggi tipici siciliani ha messo in rapporto due diversità, contrapposte ad un conformismo ambientale. L'autore propone la vicenda e i suoi eroi attraverso un esame psicologico comportamentale sottolineano le vicende col consueto paradossale umorismo che porterà ad un epilogo aperto in cui niente è predeterminato. L'abbraccio in qualche modo assolutorio tra due vite problematicamente assurde chiude una scena inconclusa, in un divenire strano e assurdo.
BREVE STORIA
I protagonisti sono essenzialmente due, il giudice D'Andrea, personaggio borghese, e Chiàrichiaro, personaggio popolare. I due si incontrano a causa di una denuncia del Chiarchiaro per una diffamazione nei suoi riguardi da parte di due giovani paesani che lo definiscono iettatore. Attraverso il racconto, il Pirandello fa notare, senza per altro giudicare, come nella realtà popolare la Sicilia sia presente la superstizione. I due giovani hanno come difesa due avvocati del luogo, che attraverso i loro modi di fare, alimentano beffa e superstizione. Uno di essi, Manin Baracca tiene bene un corno dentro il panciotto mentre si reca in tribunale e non si perita di nascondere modi ed espressività più tipiche dell'uomo medievale che di quello moderno. Il giudice D'Andrea rappresenta il dovere per eccellenza ma anche questo dovere sconfina nell'eccesso e quindi nell'assurdo. Il suo stesso fisico risente del "male interiore" del personaggio, la cui realtà va a scontrarsi con il mondo notturno delle sue fantasie. Il suo Io viene talvolta sublimato dalle grandi idealità del Super Io ma anche turbato dalle forze della istintualità. Il Chiarchiaro rappresenta il reietto della società, l'ultimo degli ultimi. Per la sua bruttezza ha perso il posto di lavoro poichè nessuno vuol farsi servire da lui e da beffa si aggiunge pure la beffa della vita. Pensa dalla  disperazione per non poter più mantenere la famiglia, vorrebbe trarre giovamento da ciò di cui viene accusato e quindi ottenere la patente di iettatore ufficiale. In quel modo ogni contadino e ogni commerciante per allontanarsi dalle botteghe e dalle campagne lo pagherebbe in denaro o in derrate alimentari, così che la sua famiglia ne avrebbe vantaggio. Le scene s'incalzano in una sorta di incredibile e non potendo emettere nessuna sentenza, il giudice esprime la sua solidarietà all'altro debole della società, abbracciandolo. L'autore apre il discorso a mille risposte diverse, lasciando l'interpretazione al lettore.

 

 

Fonte: http://magikbox.altervista.org/sito/archivio/LUIGI_PIRANDELLO.doc

Sito web da visitare: http://magikbox.altervista.org

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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