Decadentismo e simbolismo

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Decadentismo e simbolismo

TRA OTTOCENTO E NOVECENTO: DECADENTISMO E SIMBOLISMO

1. L’irrazionalismo antipositivista
Negli anni fra il 1870 e il 1900, accanto ai fattori che alimentano la tendenza positivisti sta, se ne sviluppano altri che – inizialmente diffusi solo in gruppi minoritari di intellettuali – concorrono a generare valori di ordine assai diverso, sintetizzabili, in ambito filosofico, sotto la denominazione di irrazionalismo, da intendersi come tendenza a negare la razionalità della realtà e la possibilità della ragione di conoscerne e governarne le leggi e, perfino, di rappresentarla con verosimiglianza in ambito artistico, data la sua sostanziale non conoscibilità da parte dell’uomo.
I fattori che spingono in tale direzione, destinati ad affermarsi negli anni della Prima Guerra Mondiale, la cui deflagrazione, per taluni aspetti, contribuiscono a determinare, possono essere sintetizzati in alcuni punti fondamentali.

  • La politica di potenza delle principali nazioni europee, l’imperialismo, il colonialismo e le lotte sociali e civili all’interno delle nazioni, vengono percepiti da alcuni pensatori come trionfo dell’uso della violenza e della legge del più forte, che sostituiscono le norme del diritto.
  • In un crescendo di azioni aggressive miranti alla “spartizione del mondo”, entrano in crisi i valori liberali attorno a cui si sono costituite le moderne nazioni europee, in assenza di alternative e in un clima generalizzalo di crisi delle certezze.
  • L’ideale romantico di patriottismo si trasforma in esasperato nazionalismo, disposto a scatenare guerre per affermare la potenza del proprio Paese, mentre i princìpi egualitari della Rivoluzione francese del 1789 vengono negati dall’affermazione della supremazia dell’Europa sui popoli colonizzati, definiti “incivili”.
  • Gli strumenti della ragione, della scienza e della tecnica, cari al Positivismo, da un numero crescente di intellettuali sono ritenuti inadeguati a dare risposta ai grandi interrogativi che l’uomo si pone e al mistero dell’esistenza.
  • L’ottimistica fiducia positivista nel progresso umano è smentita, nella riflessione e nelle opere di importanti pensatori ed artisti – già a partire da scrittori veristi come Giovanni Verga – dalla realtà delle malattie, della miseria, del dolore, delle ingiustizie, della morte stessa.
  • Il trionfo della società industriale si accompagna a una crescente massificazione, che molti intellettuali interpretano come negazione della libertà dell’individuo e principalmente del libero pensatore, dell’artista e dello scrittore, che si sentono soffocati dall’imposizione di norme e comportamenti che tendono sempre più ad imporre il conformismo.
  • La crisi del Cristianesimo, dovuta al divorzio dalla scienza e dalla modernità in occasione dello scontro con il darwinismo e il Positivismo, è testimoniata dal fenomeno del Modernismo ed è da alcuni intellettuali come la perdita di un importante punto di riferimento nella propria ricerca della verità.
  • La concezione positivista della vita e dell’arte, rigorosamente e talora rigidamente razionalista e scientista, pare sempre più cancellare o sottovalutare pesantemente altre componenti, non meno importanti, della psiche e della creatività. Nuove tesi avanzate dagli stessi scienziati tendono sempre più ad evidenziare che la scienza non fornisce risposte definitive e muove da postulati – vale a dire, princìpi primi non dimostrabili – che rappresentano convenzioni e non verità eterne.

Di fronte al progressivo manifestarsi di tale crisi, fra gli intellettuali si diffondono sempre più concezioni antipositiviste. Emergono così nuovi atteggiamenti, nell’ambito della filosofia, della cultura e della politica, che si intrecciano con l’affermazione, in ambito letterario ed artistico, di Decadentismo e Simbolismo. In estrema sintesi, le principali nuove tendenze sono rappresentate dalle concezioni qui di seguito elencate.

  • L’esaltazione delle facoltà irrazionali dell’uomo: istinto, intuizione, sensualità, che si spinge, talvolta, fino all’elogio della violenza e alla glorificazione della guerra, considerata, secondo i princìpi estremizzati del darwinismo sociale, come igiene del mondo, in quanto consente la selezione e la vittoria del più forte sul più debole.
  • L’espansione, fra le masse e l’opinione pubblica, del nazionalismo più acceso, talora giustificato come diritto del più forte, talora come necessità per il più debole, talora come “rivincita” per veri o presunti torti subìti dalla propria patria, talora come valore ideale legato al mito del coraggio o a un glorioso passato.
  • L’accentuazione dell’individualismo e del soggettivismo, contrapposti alla crescente massificazione del la società industriale.
  • Il rifiuto delle norme e dei valori prevalenti nella società del tempo e il disprezzo dei comportamenti conformisti, diffusi a livello di massa, in nome di un atteggiamento di ribellione, che può assumere forme anarchiche, rivoluzionarie o semplicemente trasgressive, provocatorie ed antisociali.
  • La sfiducia nella scienza e nella tecnica, le cui certezze vengono d’altronde messe in discussione già da scienziati come Jules-Henri Poincaré (1854-1912), il quale, dalla elaborazione delle geometrie non euclidee – che rifiutano cioè i postulati, ovverosia i princìpi basilari indimostrabili, sui quali il greco Euclide e i suoi continuatori hanno edificato la disciplina – trae la conclusione che in ogni campo scientifico a possibile creare diverse teorie ipotizzando differenti postulati, giacché essi non sono princìpi eterni ed immutabili ma convenzioni stabilite dagli uomini. La concezione di Poincaré, ribadita da successive scoperte di grandi scienziati (Einstein, Heisenberg), determina il venir meno dellavisione secondo cui la scienza è sicuro criterio per stabilire la verità.
  • L’estetismo, inteso come atteggiamento che a tutto antepone il culto della raffinata bellezza e la personalità dell’individuo superiore, dell’artista, dello scrittore affermando in particolare il primato dei valori estetici sui princìpi morali.
  • Il disprezzo della moderazione, del pensiero equilibrato, dell’azione ponderata, cui viene contrapposto l’attivismo.
  • Un profondo senso del mistero e della crisi di ogni certezza, al quale si accompagnano, talora, una religiosità mistica – cui fa però da contraltare il diffondersi dell’ateismo –o, più frequentemente, l’attribuzione del carattere di superuomo o profeta all’artista, in una sorta di “religione dell’arte”; in altre tendenze, invece, prevalgono il pessimismo, l’angoscia ed il più totale disinteresse per ogni ideale o ipotesi interpretativa della realtà.

La caratteristica più evidente della tendenza irrazionalista che emerge dal tramonto dell’età del Positivismo è la sua disorganicità: essa è cioè accomunata dal rifiuto delle concezioni precedentemente prevalenti, ma è lacerata al proprio interno da contraddizioni e non costituisce un’unitaria visione del mondo. La tendenza antipositivisia, sul piano filosofico, ha fra i suoi punti di riferimento alcuni importanti pensatori e scrittori, da Friedrich Nietzsche (1844-1900), che proclama il morte delle illusioni metafisiche, allo spiritualista francese Henri Bergson (1859- 1941), che contrappone al tempo lineare la durata interiore e al razionalismo scientista l’intuizione, ai quali si affianca il padre della psicanalisi Sigmund Freud (1856-1939).

 

2. Il Decadentismo
Radicalmente contrapposta alle concezioni positiviste, naturaliste e veriste, negli ultimi decenni dell’Ottocento, si afferma una nuova corrente letteraria che, nella nostra trazione critica, prende il nome di Decadentismo.
Del termine è invalso un duplice uso: in senso lato, esso indica una tendenza che, sviluppando princìpi e intuizioni di precursori quali lo statunitense Edgar Allan Poe (1809-1849) e il francese Charles Baudelaire (1821-1867), ha come principali esponenti, in ambito lirico, i poeti francesi Arthur Rimbaud (1854-1891) e Paul Verlaine (1844-1896) considerati, insieme a Stéphane Mallarmé (1842-1898), i “padri” del Simbolismo, stile che influenza gran parte della poesia del Novecento, e come principali modelli di narratori, il francese Joris-Karl Huysmans (1848-1907) e l’irlandese Oscar Wilde (1854-1900) che introducono la figura dell’antieroe esteta e decadente.
In quest’ultima accezione più estesa, il Decadentismo include importanti scrittori italiani che si ricollegano alle sue concezioni, a partire da Giovanni Pascoli e da Gabriele d’Annunzio, suoi iniziatori nella penisola, per giungere a Italo Svevo e a Luigi Pirandello.
Il Decadentismo inteso in senso storicamente determinato si afferma a Parigi nel decennio 1870-1890, prendendo le mosse dal distacco, da parte di un gruppo di poeti francesi, dalla poesia accademica rappresentata dai cosiddetti Parnassiani e dal rifiuto del culto del dato oggettivo teorizzato da Positivismo e Naturalismo. Intellettuali, artisti e scrittori si ritrovano e si riconoscono in concezioni comuni; fra le loro riviste, fondata nel 1886, emerge Le Décadent, che prende spunto dal primo verso di Langueur, un sonetto pubblicato nel 1883 da Paul Verlaine: «Je suis l’Empire à la fin de la décadence». All’ottimismo dei contemporanei, gli scrittori denominati con disprezzo decadenti dai detrattori oppongono la propria condizione di sradicati, ostentano pessimismo e disgusto per il mondo, contrappongono a quella che considerano la grigia realtà e l’ipocrisia sociale la fuga verso una bellezza insolita e preziosa, nascosta nel mondo del mistero e dell’ignoto. Per raggiungere tale scopo, da assaporare nella solitudine o con un piccolo gruppo di eletti compagni, lo scrittore decadente, come il giovane Arthur Rimbaud, fa uso di alcool e droghe che lo mettano in contatto con un mondo allucinatorio, che egli ritiene magico e sacro, nascosto sotto l’apparenza della percezione sensibile. Il poeta si trasforma così, come scrive Rimbaud, in un veggente, poiché la sua sensibilità coltivata esasperatamente lo mette a contatto con realtà misteriose che egli esprime nei propri versi ma anche in maledetto, per la vita sregolata che deve condurre e per il suo conflitto con la realtà e con le regole sociali.
In sintesi, le caratteristiche che accomunano i Decadenti, che pure spesso si rifanno a concezioni, poetiche, modi di vivere e scrivere anche assai diverse, possono essere riassunte in alcuni punti fondamentali, che si intrecciano in misura più o meno accentuata con le tendenze irrazionaliste coeve.

  • Opposizione al razionalismo, al Positivismo e alle poetiche da esso ispirate, cui vengono contrapposte concezioni dell’arte e indirizzi che respingono l’imitazione della realtà; in primo luogo l’uso del simbolo opera attraverso immagini che rappresentano qualcosa di diverso rispetto alla realtà e sostituisce al discorso logico una ghirlanda di corrispondenze (la natura, come scrive Baudelaire, è una foresta di simboli).
  • Rifiuto delle norme e della morale, cui viene contrapposta la concezione dell’estetismo secondo cui la bellezza è il valore supremo e l’artista ne è il sacerdote, al tempo stesso maledetto, incompreso, isolato dalla società e superiore al “gregge” degli ipocriti e dei conformisti.
  • Attrazione per gli aspetti irrazionali e oscuri della psiche, come l’istinto, l’inconscio, gli stati morbosi, le alterazioni della mente provocate dalle malattie.
  • Attribuzione all’arte, da considerare fine a se stessa (teoria dell’arte per  l’arte), di una funzione conoscitiva superiore a quella della scienza e intrecciata alla sfera del sacro, o sostitutiva di essa, in una continua alternanza fra slanci ideali e attrazioni per pratiche perverse e perfino sataniche.
  • Rifiuto della concezione ottocentesca del poeta quale interprete di un popolo, cui viene contrapposta una figura di artista che scava nell’interiorità umana e nel mistero dell’ignoto velato dalle percezioni.
  • Disponibilità alle più diverse e libere sperimentazioni formali, che producono  opere d’arte e testi di grande valore innovativo, il cui significato è spesso assai lontano dal senso comune e al cui interno la polisemia, la musicalità e l’immagine hanno un peso determinante.
  • Tendenza a ristabilire un legame di forte intreccio fra tutte le espressioni artistiche e la collaborazione fra gli artisti e apertura alle culture e alle letterature dei popoli non europei.
  • Irrequietezza, ricerca di ciò che rappresenta la fuga dalla realtà – viaggi, alcool, droghe, esotismo –, identificazione con chi vive ai margini della società: Rimbaud esalta lo zingaro (in francese: bohémien), altri il deviante o il folle. – 
  • Consapevolezza di una situazione conoscitiva caratterizzata da assenza di certezze.
  • Sostituzione all’eroe del romanzo tradizionale di un antieroe,  comunque in rotta con la società: o perché artista ed esteta, o perché “inetto”, come il protagonista del capolavoro di Italo Svevo La coscienza di Zeno, o perché comunque legato a una concezione dell’esistenza opposta a quella dei contemporanei e che, frequentemente, mette in luce soprattutto la negatività e il male di vivere.

 

3. Il Simbolismo
Il Simbolismo, anch’esso nato a Parigi, imprime alla tendenza decadente un’ulteriore svolta, destinata ad influenzare la poesia europea del XX secolo. Ufficialmente, il movimento ha origine con la pubblicazione, sul quotidiano Le Figaro, del manifesto letterario del poeta Jean Moréas (1856-1910), nel quale si afferma che la poesia deve basarsi sul puro suono della parola: il simbolo si stacca così da ogni riferimento alla realtà esterna ed entra in relazione con l’interiorità del poeta, fondando la poesia pura ed acquisendo una valenza polisemica nuova, in quanto aperta a innumerevoli interpretazioni. Il principale esponente del tendenza è il grande poeta parigino Stéphane Mallarmé (1542-1898), precedentemente incluso nell’antologia Poètes maudits (“Poeti maledetti”, 1861) curata da Paul Verlaine. Nel periodico Le Symboliste (edito dal 1886), nei suoi interventi critici e nelle sue opere sono espressi, al più alto livello, i princìpi della poetica e i migliori risultati artistici della tendenza.

  • I Simbolisti cercano di rendere la poesia simile alla musica e alla nascente pittura astratta, i cui dipinti sono basati principalmente sull’effetto suscitato dall’accostamento dei colori. In altre parole, la poesia simbolista - che, attraverso lo sperimentalismo tecnico, si evolve nella direzione del verso libero - non si propone di rappresentare o cantare aspetti della realtà, sia pure misteriosi per la ragione e i sensi, ma di creare una nuova realtà, evocandola attraverso “pitture” e “musiche” costituite da parole che rappresentano simboli dell’ignoto e dell’Assoluto.
  • Il principio de l’art pour l’art (scopo dell’arte è l’arte stessa), comune a Decadenti e Simbolisti, non spinge i Simbolisti nella direzione di un’esistenza “maledetta”. Stéphane Mallarmé, a differenza di scrittori dall’esistenza trasgressiva come Verlaine e Rimbaud, è sposato, inserito nel ceto medio e, nel contempo, caposcuola di una poesia che rivoluziona la letteratura, proponendosi, come scrive all’amico Cazalis, di dipingere non la cosa ma l’effetto che essa produce. La sperimentazione di Mallarmé giunge, in testi come Un coup de dès jamais n’abolira le hazard (“Un colpo di dadi non abolirà mai il caso”), a scomporre i versi sulla pagina in totale libertà. In una serie di lettere del 1867 il poeta, alludendo a Dante, già affermava: «la distruzione divenne la mia Beatrice», aggiungendo di essere penetrato nelle tenebre assolute per scoprire la poesia pura, in cui la parola poetica è l’unica realtà esistente in un mondo la cui reale esistenza è negata. Per dirla con Mallarmé: «Io dico: un fiore [...] e musicalmente s’innalza, idea stessa e soave, l’assente da ogni mazzo». Lo scrittore intende affermare che la poesia è Assoluto e, contemporaneamente, annullamento della cosa concreta percepita dai sensi: scrivendo «fiore» il poeta evoca la realtà della parola, unica vera esistenza in un mondo ritenuto assenza e vuoto (perciò il fiore della poesia è detto l’assente da ogni mazzo).
  • All’arte viene affidato il compito di salvare e riscattare l’uomo da quella che è ritenuta una grigia e squallida realtà. Poiché l’intreccio fra le parole e le immagini, in tale creazione di magia o sogno, è una sorta di arabesco aperto ad infinite interpretazioni, il simbolismo di Mallarmé diviene negazione dell’oggettività, cui viene sostituita, come nelle veglie notturne dello scrittore, la pura creazione linguistica, in cui sarebbe vano ritrovare un senso univoco se non, come nella musica, di ordine complessivo (non sono, infatti, le singole note che suscitano emozioni, ma la composizione nell’insieme).

 

Giovano a chiarire la poetica e le caratteristiche del Simbolismo due esemplari quartine di un sonetto senza titolo redatto da Mallarmé nel 1887, proposte qui di seguito: «Ses purs angle très haut dédiant leur onyx, / L’Angoisse, ce minuit, soutient, lampadophore, / Maint rêve vespéral brûlé par le Phénix/ que ne recueille pas de cineraire amphore // Sur les crédences, au salon vide: nul ptyx, / Aboli bibelot d’inanité sonore / (Car le Maître est allé puiser des pleurs au Styx / Avec ce seul objet dont le Néant s’honore)».
Questa la traduzione: «Con le sue pure unghie che dedicano alto l’onice / L’Angoscia, questa mezzanotte, sostiene, portatrice di fiaccola, /Vari sogni vesperali, arsi dalla Fenice, / E non accolti da alcuna anfora cineraria // Sulle credenze nella sala vuota: nessuna increspatura, / Fronzolo abolito d’inanità sonora / (Poiché il Maestro è andato ad attingere pianti allo Stige / Con quell’unico oggetto di cui il Nulla si onora)».
Anche se la lirica verte sull’evocazione di un’angoscia e di un’assenza metaforicamente personificate in simboli fino a costituire figurazioni allegoriche, vano sarebbe cercare di dare un senso logico a tutti gli elementi che compongono le quartine, accomunate innanzitutto dall’eleganza e dalla bellezza delle immagini e dei suoni. Ciò che indubbiamente si percepisce, è il senso di frantumazione e di sconfitta che predomina al di là delle splendide forme verbali, metaforiche e sonore che costituiscono il testo.
Alla poesia di Mallarmé e al senso di scacco, inutilità e frammentazione presente nei suoi versi si riallacceranno, direttamente o indirettamente, tutti i principali poeti europei del primo Novecento: si pensi, in area anglosassone, al celebre verso di The Waste Land di Thomas Stearns Eliot (1888-1965): These fragments I have shored my ruins.
Vi sono critici che pongono in relazione la concezione pessimistica dell’arte decadente e simbolista con la crisi novecentesca del ruolo sociale del letterato. Senza negare l’influenza di tale fattore, la causa della crisi che si protrae per l’intero secolo, è molto più profonda e complessa, come evidenziano altre ipotesi. Non va però dimenticato che, nei Paesi extraeuropei e nell’Europa stessa, esistono scrittori che si collocano al di fuori della tendenza decadente e simbolista: da un lato, autori
che si ispirano a ideali religiosi, di impegno politico e sociale o, semplicemente, non legati a una visione pessimista della realtà e della vita; dall’altro, gli autori della cosiddetta letteratura di consumo che non possono essere ignorati.

 

Fonte: http://www.luzappy.eu/Decadentismo%20e%20simbolismo.docx

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