Letteratura Giuseppe Parini

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Letteratura Giuseppe Parini

 
Giuseppe Parini
(1729 - 1799)

 

Biografia intellettuale dello scrittore nella Milano dell’Illuminismo

Giuseppe Parini  nacque nel 1729 a Bosisio, in Brianza, presso l’ameno lago di Pusiano. A nove anni andò a Milano, affidato alla  zia Anna Maria.
Dopo avere frequentato le scuole dei Barnabiti, il Parini, che dalla zia aveva ricevuto una eredità a patto che si facesse sacerdote, venne ordinato prete nel 1754.
Alla giovinezza  appartiene la prima raccolta di 52 poesie composte in stile classico, ricche di motivi pastorali ( la memoria della vita campestre e del dolce paesaggio della Brianza) e di argomenti morali; si intitolano Alcune poesie di Ripano Eupilino.
A Milano, città illuminista, tutta protesa verso una nuova cultura fondata sulla esaltazione dei valori morali, città inoltre ricca di moderne Accademie desiderose di aprirsi al dibattito, questa raccolta di poesie fu apprezzata e gli valse due passaggi importanti:
- l’ammissione all’Accademia dei Trasformati, un gruppo di intellettuali moderno, razionalista e disposto a lavorare per la trasformazione della letteratura
- l’ingresso come precettore (insegnante privato) in casa Serbelloni, una delle famiglie più in vista della città.
La sua presenza nel gruppo dei “Trasformati” e la vita presso i nobili Serbelloni maturano in Parini due fondanti riflessioni, la prima di natura letteraria, la seconda di natura sociale: a) che la lingua letteraria doveva essere svecchiata, resa più attuale, pur senza perdere la bellezza e l’equilibrio della tradizione classica; insomma egli matura il rifiuto della lingua arcaica; b) che troppo grande era la disparità delle classi sociali e che soprattutto la nobiltà viveva di privilegi vuoti e, soprattutto nella società aveva perso ogni funzione morale.
Intanto per l’Accademia dei Trasformati Parini compose le prime e più importanti Odi  : la Vita rustica  e la Salubrità dell’aria .
Nel 1762 il Parini si licenziò dai Serbelloni in seguito a uno screzio con la padrona di casa. L’anno successivo pubblicò anonimo il Mattino , seguito dal Mezzogiorno .
Nel 1769 divenne redattore della “Gazzetta di Milano”, il giornale del governo lombardo; inoltre ottenne la cattredra di eloquenza e belle lettere,  poi la docenza alla Accademia di belle Arti fondata dall’imperatrice Maria Teresa.
Intanto a Milano le cose cambiano: nel 1780 muore l’imperatrice Maria Teresa e si chiude la fase più interessante e ottimistica dell’illuminismo lombardo, l’eco della rivoluzione francese fa presagire in tutta Europa un periodo di profondi cambiamenti. Parini, moderato e saggio qual era, non poté mai apprezzare il periodo del terrore. Quando nel 1796 i francesi occupano la Lombardia egli fu chiamato a far parte del governo, ma dopo poco congedato.
Quando gli austriaci nel 1799 rientrarono a Milano Parini ne salutò il ritorno, ma non si può dire che il suo sia stato un atteggiamento servile; non entrò infatti a loro servizio, cercava soltanto una vita civile giusta e senza repressioni. Morendo, nel 1799, lasciò incompiuto il Giorno.

 

Alcuni temi  illuministici:
Il problema della lingua, l’essenza e lo scopo della letteratura, i valori sociali.
a) Parini in area illuminista italiana è il primo grande scrittore; prima di lui ci sono stati fenomeni come il barocco, tutto diretto alla ricerca della forma, della straordinarietà delle immagini, poi l’arcadia che aveva come intento di ricomporre un equilibrio classico; in realtà la lingua dell’arcadia risultava arcaica, antiquata, fuori luogo per la società presente.
Parini avverte con urgenza la necessità dello svecchiamento della lingua, ma soprattutto ha ben chiaro come la forma, colta, classica, ma moderna debba corrispondere a dei contenuti altrettanto significativi, attuali, densi di moralità; insomma che la forma debba contenere cose vere  e cose utili .
Una lingua classica, colta, ma moderna presiede infatti alla pubblicazione delle prime Odi , La Vita rustica e la Salubrità dell’aria ; a questa lingua corrisponde un contenuto di grande significato e di grande attualità e che furono proprio gli illuministi, francesi prima e italiani poi, a individuare: il rapporto o la diversità tra città e campagna.
Il poeta medita sui valori della vita campestre che permette all’uomo ritmi naturali, che lascia lo spazio della contemplazione, che lascia intatta l’integrità dell’individuo; e della campagna loda la salubrità dell’aria differenziandola da quella della vita cittadina. Già alla fine del settecento Parini inizia a intravedere, con spirito moderno, la città come un turbinìo di folle, di rumori, come un luogo di lavoro, di produzione, di traffici, ma anche di alienazione e soprattutto insalubre.
Questo messaggio delle Odi non era certo retorico, anzi rifiutava la retorica ; era un  messaggio attuale, moderno, ricco di sensibilità illuminista e per questo tipo di contenuto la lingua pur mantenendo una eleganza classica, deve essere attuale e coinvolgente “dipingendo le cose in modo che siano gli affetti di chi legge”; così scrive l’autore.

b) S’individua così l’altro punto centrale della poetica di Parini: l’essenza e il fine della letteratura. La letteratura persegue contenuti di alto significato morale ( l’analisi della società, l’educazione, i valori della società, i valori dell’uomo, come la libertà e la giustizia ) tanto che il suo fine non è il diletto, bensì un fine educativo; attraverso il diletto, però, cioé la bellezza della forma, l’equilibrio della stessa, la letteratura attrae e coinvolge all’argomento. In Parini si verifica una interessante congiunzione tra modernità illuminista, rappresentata dai temi dell’attualità, e uso della tradizione classica. Ne deriva un classicismo moderno, illuminato, usato per dare messaggi di grande attualità contro i pregiudizi, ed anche per diffondere le moderne nozioni. Naturalmente è chiaro quanto Parini si distingua, per questa sua moderata modernità, dagli illuministi dell’Accademia dei Pugni e dagli illuministi del “Caffé”, molto più dinamici e spregiudicatamente anticlassicisti.

c) Lo stesso spirito moderato lo si ritrova nelle considerazioni sociali che egli ha modo di elaborare a contatto, lui  sacerdote e maestro non ricco, ovvero ricco solo di cultura,  a contatto con la società nobiliare.
Parini è lucidissimo nel suo giudizio critico sulla classe nobiliare che domina la società del suo tempo; ne riconosce l’inutilità, i privilegi,  la vita dispendiosa che la nobiltà conduce senza dare alcun apporto, né culturale, né economico, alla società. Dietro questo suo giudizio si intravedono gli stessi valori che ispirano l’illuminismo e la rivoluzione francese: l’eguaglianza degli uomini,  la giustizia, il rispetto della libertà.
Però egli non abbraccia mai una ideologia rivoluzionaria; infatti egli non aspira alla distruzione della nobiltà, ma alla critica del suo comportamento effimero, immorale e parassitario. Vorrebbe una nobiltà, piuttosto che fosse portatrice e interprete di valori positivi e di ideali. Una nobiltà che invece di succhiare le ricchezze vitali della società, le ispirasse e le promuovesse per il bene comune. Per questo all’ozio della nobiltà Parini oppone gli antichi modelli classici di laboriosità e di autentico eroismo.
In definitiva nella visione sociale moderata del Parini le classi più umili hanno  il compito di eseguire il lavoro manuale e di prestare la fatica; la classe nobile dovrebbe avere il compito di offrire un modello morale ed educativo basato sull’esercizio della ragione. Questa prospettiva classicista- moderata è evidente nel Dialogo sopra la nobiltà (1757).

 

Il Giorno
Il Giorno  è l’opera di un’intera vita senza che il Parini sia riuscito a concluderla. Così come noi lo leggiamo, articolato in quattro parti, Il Mattino, Il Meriggio, Il Vespro  e La Notte , fu stampato nel 1801 a cura di un fedele allievo del Parini, Francesco Reina.
L’opera intera si può dire che sia un’opera in movimento, dove l’autore ha continuamente apportato delle modifiche e delle aggiunte; un’opera per cui il poeta ha trovato sempre nuove soluzioni, senza mai riuscire a compierla.
Le prime due parti, Il Mattino  e Il Mezzogiorno , apparvero a Milano nel 1763 e nel 1765. Esse riprendevano la polemica contro la società nobiliare già affrontata nel Dialogo sopra la nobiltà. Il contenuto di tutto il poema è comunque la narrazione, sapientemente sceneggiata, della vita che quotidianamente conduce un “giovin signore”, cioè un giovane aristocratico. Il racconto si snoda lungo tutti i particolari della giornata, mettendo in luce l’inutilità e la vanità di ogni momento. La critica è però sempre condotta non sul filo della polemica, bensì dell’ironia sottile e tagliente. Apparentemente sembrerebbe che Parini voglia fare la glorificazione del “giovin signore”, come di un illustre campione, in realtà opera il totale svuotamento del personaggio, illuminandone tutta l’inutilità e il vuoto morale.
Il Mattino inizia con il “risveglio” del giovin signore che è rincasato a notte alta dopo il ballo e si alza faticosamente quando il sole è già alto e da tempo gli uomini della campagna hanno iniziato il lavoro quotidiano.
Seguono la descrizione minuziosa della vestizione, delle conversazioni col maestro di ballo, di musica, di violino, di francese; la descrizione della lunga e laboriosa pettinatura, quindi l’uscita dal palazzo e la lunga e frenetica corsa in carrozza verso il palazzo della dama prediletta.
Nel Mezzogiorno l’ambiente muta  e i personaggi si moltiplicano intorno al protagonista. Siamo infatti alla tavola della dama e le conversazioni si intrecciano nei modi più stravaganti:arte, commercio, industria, scienze, ma tutto con molta fatuità. Si ha così un chiaro esempio di enciclopedismo salottiero, di cultura ridotta a futile mondanità. Tra tante chiacchiere e racconti, il più magistrale è certo quello della “vergine cuccia”: la dama narra come un suo servitore avesse osato, con un involontario calcio, far guaire la sua “divina cagnetta” e come per questo fosse stato giustamente punito con la espulsione dalla casa. Con questo frammento Parini aspramente ironizza sul totale capovolgimento di valori  presso la classe nobiliare: gli animali vengono adorati; gli uomini impietosamente cacciati.
Dopo il pranzo il caffé, mentre fuori dal palazzo s’ingrossa la turba degli infelici che attendono di che sfamarsi.
Il quadro narrativo si chiude con il gioco del tric-trac.
nel Vespro , uscito postumo come la Notte , si assiste alla corsa della carrozza dei due amanti attraverso la città per le visite di dovere o di semplice curiosità agli amici e quindi alla grande sfilata nel corso dei cocchi. E’ una interessante mostra dei tipi più diversi: dal bellimbusto al nuovo titolato, dalle vecchie madri che esibiscono le figlie da marito, alle dame d’alta nobiltà. Ma la notte incalza e scendono le prime tinte scure che precedono la Notte con la sua lugubre intensità.
Nella Notte  subentra la descrizione del ridotto notturno e della folla che lo frequenta. La scena qui si fa grottesca. A notte alta compaiono le carte, la disposizione delle coppie, la varietà dei giocatori. La giornata si chiude con la vanità del gioco, come si era aperta con la vanità dell’imbelletamento. Sui giocatori disposti a cerchio circolano i gelati ristoratori, i caffè, le cioccolate. Tanti eroi disposti a cerchio splendono, nelle tenebre, della loro luce fatua. L’inutile rito della giornata della classe aristocratica così si conchiude.


 

Fonte: http://www.istitutomontani.it/appunti/132/PARINI.DOC

Sito web da visitare: http://www.istitutomontani.it

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