Letteratura Umanesimo

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Letteratura Umanesimo

UMANESIMO E RINASCIMENTO
A) SIGNIFICATO DEI TERMINI
Il termine "umanesimo" deriva dalle espressioni latine, frequentemente adoperate dagli umanisti, "studia humanitatis", "humanae litterae", "humanitas": espressioni tutte che riconducono ad "homo"(uomo). Infatti, a partire dalla metà del '300 e con una convinzione sempre più radicata, la letteratura classica (latina e, successivamente, greca) fu considerata lo strumento indispensabile per la formazione morale e civile dell'uomo, la via per la completa realizzazione delle sue facoltà spirituali.
Il termine "rinascimento" sta a significare, appunto, la "rinascita", il risorgere, dopo l'"avvilimento" medievale, della serenità dello spirito, della fiducia nelle energie creatrici dell'uomo, della esaltazione orgogliosa dell'ingegno umano.
B) LIMITI CRONOLOGICI
Con le parole "Umanesimo" e "Rinascimento"si indica un unico, grandioso fenomeno culturale, un unico periodo della civiltà italiana, che occupa, all'incirca, due secoli: il 1400 e il 1500. Di tale periodo l'Umanesimo rappresenta la fase iniziale e si estende per tutto il '400; il Rinascimento (che coincide con il '500) è considerato come continuazione, sviluppo ed esaurimento della cultura espressa dall'Umanesimo.
Bisogna osservare però che, come tutti i grandi movimenti di idee e di cultura (ad es.Illuminismo, Romanticismo, ecc.), l'Umanesimo non sorge all'improvviso, nel giro di pochi anni; , invece, un lungo processoche, avviato nell'età dei Comuni (a partire, grosso modo, dal 1000/1100), prima di giungere alla sua piena ed organica espressione agli inizi del '400, è rintracciabile in scrittori, fatti e idee, per cui si parla, a ragione, di PREUMANESIMO.
- Dante, indubbiamente uomo di cultura medievale, ammira i grandi scrittori dell'antichità (IV Canto dell'Inferno) e in particolar modo Virgilio, che egli considera suo maestro, non solo di stile poetico, ma anche di vita. Esalta l'intelligenza dell'uomo e la sua sete di sapere, pur riconoscendone l'insufficienza (XXVI Canto dell'Inferno).
- Petrarca nutrì un vero e proprio culto per i classici, che sentiva spiritualmente vicini a sè; scrisse in latino le opere dalle quali si aspettava la gloria; mostrò indifferenza per la filosofia tomistica (teologica e dogmatica) e, fece centro dei propri interessi il proprio animo (e cioè l'uomo)
- Boccaccio ebbe una concezione serena, "laica" della vita e cioè non aduggiata da preoccupazioni ultraterrene.
- Albertino Mussato e i circoli culturali di Padova, Vicenza e Verona espressero fastidio per la teologia, dimostrarono preparazione filologica e attaccamento alla cultura classica, affermando il valore morale degli studi letterari.
C) CARATTERI
1) Innanzi tutto un nuovo modo di leggere i classici, nei quali si vollero vedere anche dei maestri di vita; per cui, della letteratura classica, si sottolinearono idee ed aspetti fino ad allora trascurati o deformati per l'assenza di prospettiva storica, tipica della cultura medievale.
Ma è bene precisare subito che tale modo nuovo di leggere i classici non fu la causa, ma la conseguenza delle mutate condizioni culturali; esso, cioè, non sarebbe stato possibile, se gli umanisti non fossero stati capaci, preventivamente, di un
atteggiamento critico, consapevole, che era il frutto della evoluzione della cultura medievale.
Questa prospettiva diversa da cui si guardò alle opere latine (e poi greche) resta l'aspetto più importante e significativo, nonostante le immense scoperte (lettere di Cicerone, Lucrezio, Quintiliano, ecc.) e nonostante la conoscenza diretta delle opere della letteratura greca, a seguito della caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi (1453)
E proprio questo atteggiamento critico spiega il nascere della FILOLOGIA (che è la disciplina che ricostruisce ed interpreta correttamente i documenti letterari di un definito ambiente culturale). D'altra parte il culto e lo studio dei classici comportò l'IMITAZIONE, per la convinzione che essi avessero espresso, in forma perfetta, quegli ideali di vita che gli umanisti riconoscevano come loro propri. Perciò l'impiego del latino ed il rifiuto del volgare nella prima metà del '400 e l'esaltazione e l'imitazione di Cicerone, sia pure tra polemiche e dissensi, considerato modello insuperato di lingua e di stile. (Ciceronianismo)
Tale imitazione, in ambienti culturalmente vivi e in scrittori ricchi di sensibilità e di pensiero, non ne soffocò la personalità, ma quando col passare del tempo si affievolirono le spinte innovatrici e vennero meno le condizioni che le favorivano (fine dei Comuni e affermarsi delle Signorie), l'imitazione cercò di mascherare il vuoto di pensiero, la perdita di contatti con la realtà umana e sociale e divenne qualcosa di passivo e di ripetitivo, privo di vita.
Anche il MECENATISMO (e cioè la protezione che i Signori accordavano ad artisti e scrittori, per calcolo politico oltre che per amore delle lettere e dell'arte) comportò il rischio di una riduzione della libertà dell'artista, che si sentiva, più o meno direttamente, condizionato.
2) Ma l'Umanesimo non è solo letteratura e filologia, è soprattutto una CONCEZIONE DELLA VITA.

I punti più importanti di tale concezione possono essere così riassunti:
a) Nuovo concetto dell'uomo e del suo rapporto con Dio.
L'uomo è tra le creature, quella più perfetta, quella che più somiglia al Creatore. Non è perciò un essere debole, fragile, ma ha in sè le qualità necessarie per farsi padrone del proprio destino, per essere signore delle cose. L'uomo è "collaboratore" di Dio, in quanto ne continua l'opera creatrice. L'Umanesimo non è perciò, ateo, ma è animato da una religiosità molto diversa dall'ascetismo medievale.
b) La storia è considerata il prodotto dell'attività umana; protagonista è l'uomo, mentre nella convinzione medievale protagonista della storia era Dio, e gli uomini erano strumenti inconsapevoli di cui Dio si serviva per attuare i suoi misteriosi progetti.
c) La Teologia perde d'importanza, a vantaggio della filosofia, intesa come libera ricerca di verità ancora sconosciute; mentre fino ad allora le verità erano già date, definite dalla teologia, erano dogmi, e quindi l'intelligenza, il pensiero umano potevano esercitarsi solo nello scoprirne e nel dimostrarne la giustezza e la validità.
d) La morale è separata dalla religione. Cioè le norme del comportamento umano vengono suggerite da altre fonti (ad esempio la cultura classica), da una osservazione spregiudicata della realtà, dalla coscienza personale. Non è più la religione a dettarle ed a farle coincidere col suo insegnamento.
e) La natura non è più "ancella" o "ministra" di Dio, ma una realtà autonoma; il che promuove lo sviluppo delle scienze (Leonardo)
f) In letteratura si assiste alla fine dell'allegoria e degli scopi morali e didascalici; l'arte, infatti, è concepita come la suprema manifestazione e realizzazione dell'uomo, fornita di valori autonomi e tale da avere in se stessa la sua giustificazione. Non è più "al servizio" di categorie più nobili (religione, morale).
La concezione pedagogica (che era stata, tra gli altri, anche di Dante) lascia il posto alla concezione edonistica dell'arte, alla quale, cioè, si deve chiedere solo che si esprima in modo da procurare quel particolare godimento, detto, appunto, estetico. Cosicchè il giudizio è guidato da criteri estetici (bello-brutto) e non più da criteri etici (buono-cattivo).
D) CENTRI dell'UMANESIMO
- FIRENZE - Signoria: Medici
Interesse prevalentemente filosofico
Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Coluccio Salutati, Poggio Bracciolini, Leonardo Bruni
- ROMA - Papi: Niccolò V e Pio II
Interesse particolare: filologico e archeologico
- NAPOLI - Signoria: Aragonesi
Giovanni Pontano, Jacopo Sannazzaro
Interesse dominante: la letteratura
- Altri centri importanti: Milano, Mantova, Ferrara, Urbino

LETTERATURA del 1400
- I metà - Letteratura umanistica in LATINO (trattatistica)
Letteratura minore in volgare - Burchiello, L.Giustinian, Bernardino da   Siena, Feo Belcari, Masuccio Salernitano 
- II metà - Ritorno al VOLGARE (Certame Coronario 1441)
Leon Battista Alberti, Leonardo da Vinci, Lorenzo il Magnifico, Angelo   Poliziano, Luigi Pulci, Jacopo Sannazzaro,    Matteo Maria Boiardo.

U M A N E S I M O

 

I) L'Umanesimo è un movimento culturale che si afferma in Italia nel 1400, cioè in un periodo storico in cui :

1) tutti i tentativi di creare uno Stato unitario (almeno nell'Italia centro-settentrionale) erano falliti; cinque Stati regionali avevano imposto a tutta la penisola una politica di equilibrio e di spartizione delle zone d'influenza (Milano, Venezia, Firenze, Roma e Napoli);

2) l'Umanesimo nasce per primo in Italia perché qui, prima o più che altrove, esistevano le condizioni favorevoli alla nascita dei rapporti economici capitalistici. Nei secoli XIV e XV l'Italia era uno dei paesi più progrediti del mondo. Già nel XIII sec. le città italiane avevano difeso vittoriosamente, nella lotta contro l'impero tedesco, la propria indipendenza. Verso la metà del XIII sec. in molte città-stato repubblicane era avvenuta l'emancipazione dei contadini dalla servitù della gleba, anche se a ciò non corrispondeva quasi mai un'equa distribuzione della terra. La libertà conquistata dai contadini era più che altro "giuridica", il che non poteva impedire loro di trasformarsi in operai salariati nelle fabbriche di panno (opifici) o in braccianti, sfruttati da artigiani arricchiti, i quali consegnavano loro la materia prima o semilavorata ricevendo in cambio il prodotto finito; dai maestri delle corporazioni, che spesso li costringevano a restare garzoni e apprendisti per sempre; da mercanti-imprenditori, che li utilizzavano nelle loro manifatture solo per produrre merci d'esportazione, offrendo loro salari molto bassi, orari molto pesanti, mansioni parcellizzate, pochissimi diritti e stretta sorveglianza sul luogo di lavoro; da altri ricchi contadini neo-proprietari o persino dagli stessi feudatari di prima che ora li sfruttano con altri metodi (ad es. la rendita in denaro).

3) La più famosa rivolta dei contadini italiani fu quella guidata da Fra Dolcino, agli inizi del '300. Si può anzi dire che la repressione di tutti i movimenti ribellistici di quell'epoca (cardatori della lana, lanaioli, ecc.: vedi ad es. il tumulto dei Ciompi a Firenze), contribuì anch'essa all'istituzione di signorie e principati, cioè di governi centralizzati e autoritari.

II) L'avvento delle Signorie, iniziato nel Trecento, aveva determinato l'estendersi territoriale dei confini dei Comuni più grandi, ma anche la fine dell'autonomia di molti altri Comuni e soprattutto la sostituzione del principio politico della repubblica con quello della monarchia. Tuttavia le Signorie sono state anche una risposta (seppure autoritaria) alle continue lotte intercomunali e intracomunali.

III) La formazione delle Signorie contribuisce allo sviluppo dell'Umanesimo, perché: 1) organismi territoriali molto estesi, dotati di un complesso apparato burocratico-amministrativo e diplomatico, di corti culturali e politiche, portavano ad aumentare la richiesta di personale qualificato; personale che le Università tradizionali, ancorate ai programmi e alla didattica dell'enciclopedismo scolastico-aristotelico, non potevano fornire; di qui la nascita di nuove scuole (private) e accademie presso le corti; 2) oltre a ciò va considerato il fatto che il processo di formazione dei Comuni (iniziato sin dal mille e protrattosi fino all'avvento delle Signorie) aveva sì favorito l'autonomia economica e sociale dei ceti borghesi e commerciali, ma non era ancora riuscito a darsi una giustificazione teorica, di tipo etico-politico, filosofico-morale. E' appunto dal mondo antico che l'Italia umanistica delle Signorie trarrà gli spunti e gli esempi più significativi di virtù civili, di gloria militare, di eroismo personale, di autocontrollo delle passioni, di raffinato gusto estetico, che le serviranno per legittimare la propria diversità dal Medioevo (dall'"età di mezzo" -come veniva chiamato, in quanto, secondo gli umanisti, li divideva dall'epoca classica). Probabilmente i risultati più significativi e duraturi l'Italia li ottenne non sul terreno economico e politico, ma su quello culturale, con la nascita dell'Umanesimo prima e delle arti rinascimentali dopo.

 

CARATTERISTICHE DELLA CULTURA UMANISTICA

I) Riscoperta del mondo classico greco-latino (si studiano le lingue classiche, si ricercano antichi testi da interpretare in maniera filologica, erudita, razionale e critica: ad es. i testi degli antichi vengono analizzati attraverso il confronto fra i vari codici). La preoccupazione è quella di ristabilire l'esatto testo degli autori antichi, non più accettati nella lezione tradizionale medievale. Umanista non è solo -come nel Medioevo- lo studioso di retorica e di grammatica, ma un soggetto di "nuova umanità", cioè non solo nel senso che studia poesia, retorica, etica e politica (humanae litterae), senza più fare riferimento alla teologia scolastica, ma anche nel senso che lo studioso non è soggetto a una tradizionale autorità, essendo capace di autonomia critica e di senso storico, dovuto alla sua altissima cultura. L'umanista imita, stilisticamente, Cicerone nella prosa, Virgilio nell'epica, Orazio nella lirica: cerca addirittura di riproporre i loro problemi e di imitarli nelle loro virtù morali e politiche, nel loro razionalismo e naturalismo. Il Medioevo invece si era più che altro preoccupato di "ribattezzarli" secondo le esigenze della religione cristiana.

II) Chi sono dunque gli umanisti? Sono intellettuali al servizio di una corte signorile, sono ricercatori eruditi e collezionisti di codici antichi, studiati in maniera filologica, al fine di stabilirne l'autenticità, la provenienza, la storicità (ad es. Lorenzo Valla dimostrò che la Donazione di Costantino è un falso medievale dell'VIII sec. elaborato per giustificare le pretese temporali del papato). Alcuni metodi di critica testuale o filologica sono validi ancora oggi: ad es. il carattere disinteressato della ricerca, per "amore" della verità. Grazie a loro nascono le prime biblioteche (quella Malatestiana a Cesena è del 1447-52) e nuove figure professionali: mercante di codici, libraio, tipografo...

III) L'Umanesimo, riscoprendo il valore dell'autonomia creativa dell'uomo, superando i concetti tradizionali di autorità, rivelazione, dogma, ascetismo, teologia sistematica, tradizione con l'esigenza prioritaria di una riflessione personale, critica, Rompendo in sostanza l'unità enciclopedica medievale, inizia il processo di autonomia delle singole discipline, permettendo all'uomo di conoscere e dominare le leggi della natura e della storia. La riscoperta dell'autonomia della natura, con le sue leggi specifiche, porta allo sviluppo delle scienze esatte e applicate. Leonardo da Vinci traduce in scienza applicata le sue intuizioni nel campo dell'ottica, della meccanica, della fisica in generale. Architetti e ingegneri passano dalla progettazione di singoli edifici a quella di intere città. Geografi e cartografi saranno di grandissimo aiuto ai navigatori e agli esploratori dei nuovi mondi (vedi ad es. l'uso della bussola e delle carte geografiche). Grande sviluppo ebbero la medicina, la botanica, l'astronomia, la matematica, le costruzioni navali... La borghesia aveva bisogno dello sviluppo delle scienze basate sull'esperienza e sul calcolo, indispensabili alla produzione e al commercio dei beni di consumo.

 

LE CONTRADDIZIONI DELL'UMANESIMO

I) Esso afferma la dignità e l'autonomia dell'uomo nel momento in cui diventa cortigiano al servizio delle Signorie, per le quali la cultura è un elegante forma di pubblicità o un mezzo di evasione. Spesso infatti gli umanisti si consideravano una casta intellettuale al disopra del popolo. L'Umanesimo in sostanza esalta lo spirito critico mentre si estingue la dinamica politica del Comune, soffocata dalla dittatura delle Signorie.

II) Esso acquisisce il senso della storia quando l'Italia viene tagliata fuori dal grande processo di formazione degli Stati nazionali. Paradossalmente, l'umanesimo, senza saperlo, prende a modello il mondo classico mentre la società borghese del '400 si stava avviando alla decadenza.

III) Esso afferma degli ideali di rinnovamento socio-culturale, ma l'intellettuale resta isolato dalla società: ama la solitudine, rivaluta la tranquillità della campagna, usa il latino quando scrive, rinunciando al volgare (che tutti possono capire), tende all'idillio in letteratura, esaltando il valore della bellezza e dell'armonia formale. Non dimentichiamo che l'umanista è anche colui che giustifica l'idea secondo cui il successo rende leciti i mezzi con cui lo si consegue. Essendo fondamentalmente individualista, l'umanista considerava la soddisfazione delle esigenze dell'individuo un fine in se stesso. Sotto questo aspetto, le personalità che più si dovevano stimare -secondo l'umanista- erano quelle "emergenti" per ricchezza, cultura e potere.

IV) Gli umanisti non furono contrari al cristianesimo ma alla scolastica medievale: furono anzi i primi a evidenziare una notevole autonomia di giudizio, eppure non ebbero mai la forza di creare un movimento di riforma religiosa analogo a quello protestante.

Perché queste contraddizioni? Perché pur esistendo in Italia, a quel tempo, l'esigenza di superare la tradizione medievale e il particolarismo locale, non si aveva la sufficiente forza per realizzare questa esigenza di unificazione nazionale.

 

Fonte: http://www.luigisaito.it/appunti/umanesimo_generale.doc

Sito web da visitare: http://www.luigisaito.it

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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