Letteratura Umberto Saba A mia moglie

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Letteratura Umberto Saba A mia moglie

UMBERTO SABA
A MIA MOGLIE

 

È Saba stesso in Storia e cronistoria del Canzoniere a informarci sulle circostanze in cui nacque A mia mo­glie, la più celebre delle sue poesie. «Un pomeriggio d'estate - racconta Saba - mia moglie era uscita per re­carsi in città. Rimasto solo, sedetti, per attenderne il ritorno, sui gradini del solaio. Non avevo voglia di leg­gere, a tutto pensavo fuori che a scrivere una poesia. Ma una cagna, la "lunga cagna" della terza strofa, mi si fece vicino, e mi pose il muso sulle ginocchia, guardandomi con occhi nei quali si leggeva tanta dolcezza e tanta ferocia. Quando, poche ore dopo, mia moglie ritornò a casa, la poesia era fatta».
Tuttavia, la poesia, in cui Saba paragona Lina ad alcune «femmine» di «sereni animali che avvicinano a Dio» (la gallina, la giovenca, la cagna, la coniglia, la rondine, la formica, l'ape), non piacque subito alla mo­glie. Lasciamo di nuovo la parola al poeta: «Mi aspettavo un ringraziamento ed un elogio; con mia grande meraviglia, non ricevetti né una cosa né l'altra. Era rimasta invece male, molto male; mancò poco litigasse con me. Ma è anche vero che poca fatica durai a persuaderla che nessuna offesa ne veniva alla sua persona, che era anzi la mia più bella poesia, e che la dovevo a lei».
Anche ai lettori capita, di solito, di ripercorrere l'itinerario di Lina: la prima lettura provoca «allegre risate» e suscita «un po' di scandalo», per usare ancora le parole dell'autore; le letture successive portano ad apprez­zare la spontaneità, la freschezza, la grazia particolare delle immagini che la sensibilità del poeta ha saputo trovare per celebrare la compagna della sua vita e permettono di capire il significato profondo della poesia. All'origine dello «scandalo» sono ragioni, in parte inconsce per i lettori, chiaramente portate alla luce da Lo­renzo Renzi, a cui si deve un'analisi illuminante della poesia, condotta con il metodo dello strutturalismo. «Quanti lettori si meravigliavano e si meravigliano - scrive il critico - che una donna, la moglie, sia identifi­cata, affettuosamente, ad animali, e per lo più ad animali da cortile! Un rapporto tra questo scandalo con il significato della poesia c'è. Fuori dal testo, per cominciare, che cosa richiamano questi animali? La gallina e­voca stupidità; la vacca (ingentilita in giovenca), la cagna, la coniglia evocano sessualità. Questi sono i si­gnificati della lingua comune che rendono tabù il loro uso riferito alla donna, tabù che è violato qui da Sa­ba. Ebbene, nessuno di questi significati è evitato nel testo (...J. Molti lettori troppo gentili "rimuovono" im­mediatamente questi significati, l lettori che si scandalizzano dimostrano di riconoscerli, anche se non sanno andare oltre». «La violazione di tabù sociali - prosegue Renzi - è conforme alla funzione che Saba attribui­sce alla poesia, come forza liberatoria: liberatoria dal "malessere della civiltà"». Saba nell'autocommento ha parlato di una «poesia "religiosa" scritta come altri reciterebbe una preghiera». Dove ritrovare tale significa­to? - si chiede il critico. Nella struttura parallelistica delle strofe, che rimanda alla preghiera - è la sua rispo­sta; in base a tale struttura, che organizza i contenuti in modo tale che si attui una progressione, dagli ani­mali "ignobili" a quelli "nobili"; la poesia acquista, secondo Renzi, un significato religioso e «finisce elevan­dosi in grazia e serenità»

 

Tu sei come una giovane,
una bianca pollastra.
Le si arruffano al vento
le piume, il collo china
per bere, e in terra raspa;
ma, nell'andare, ha il lento
tuo passo di regina,
ed incede sull'erba
pettoruta e superba.
È migliore del maschio.
È come sono tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio.
Così se l'occhio, se il giudizio mio
non m'inganna, fra queste hai le tue uguali
e in nessun'altra donna.
Quando la sera assonna
le gallinelle,
mettono voci che ricordan quelle,
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali,
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave c triste
musica dei pollai.

Tu sei come una gravida
giovenca;
libera ancora e senza
gravezza, anzi festosa;
che, se la lisci, i1 collo
volge, ove tinge un rosa
tenero la sua carne.
Se l'incontri e muggire
l'odi, tanto è quel suono
lamentoso, che l'erba
strappi, per farle un dono.
È così che il mio dono
t'offro quando sei triste.

Tu sei come una lunga
cagna, che sempre tanta
dolcezza ha negli occhi,
e ferocia nel cuore.
Ai tuoi piedi una santa
sembra, che d'un fervore
indomabile arda,
e così ti riguarda
come il suo Dio e Signore.
Quando in casa o per via
segue, a chi solo tenti
avvicinarsi, i denti
candidissimi scopre.
Ed il suo amore soffre
di gelosia.

Tu sei come la pavida
coniglia. Entro l'angusta
gabbia ritta al vederti
s'alza,
e verso le gli orecchi
alti protende e fermi;
che la crusca e i radicchi
tu le porti, di cui
priva in sé si rannicchia,
cerca gli angoli bui.
Chi potrebbe quel cibo
ritoglierle? Chi il pelo
che si strappa di dosso,
per aggiungerlo al nido
dove poi partorire?
Chi mai farti soffrire?

Tu sei come la rondine
che torna in primavera.
Ma in autunno riparte;
e tu non hai quest'arte.
Tu questo hai della rondine:
le movenze leggere;
questo che a me, che mi sentiva ed era
vecchio, annunciavi un'altra primavera.

Tu sei come la provvida
formica. Di lei, quando
escono alla campagna,
parla al bimbo la nonna
che l'accompagna.
E così nella pecchia
ti ritrovo, ed in tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio;
e in nessun'altra donna.

 

Fonte: http://www.calamandrei2013.altervista.org/SABA_a%20mia%20moglie.doc

Sito web da visitare: http://www.calamandrei2013.altervista.org

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