Letteratura Umberto Saba

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Letteratura Umberto Saba

UMBERTO SABA

 

La vita

Umberto Saba è nato a Trieste nel 1883, da madre ebrea. La sua giovinezza non è stata particolarmente felice in quanto la madre fu abbandonata dal marito, e frequenti erano le liti tra i due coniugi. Questo l’ha portato a soffrire di malinconia per la lontananza del padre.

La sua carriera scolastica è stata irregolare: smise di frequentare il ginnasio (da cui subì un’influenza dannunziana) e frequentò per qualche mese l’Accademia di commercio e nautica. Per qualche tempo fu imbarcato come mozzo su un mercantile.

Nel 1908 è chiamato a prestare il servizio militare, questa sua esperienza si rifletterà nei “Versi militari”.
Nel contempo adotta, al posto do Poli, cognome paterno, lo pseudonimo Saba.

In quel periodo ha dei contatti e delle influenze dell’ambiente fiorentino.
Sono del 1909 Sposa Carolina Woelfler, la Lina del Canzoniere.
Nel 1912 scrive “Con i miei occhi”, opera che lo farà conoscere da pubblico e critica.
Dopo un soggiorno a Firenze, torna a Trieste ed apre una libreria antiquarie, che dirigerà fino alla morte.

La cultura di Saba si è formata nell’ambiente triestino e della Venezia Giulia, cioè un’area caratterizzata da apporti della “Mittel - Europa” e aperto alle influenze di Nietzsche e Freud.
Questo poeta si trova in contrasto e polemica con il frammentismo e il formalismo, egli tende, infatti, ad una rappresentazione del mondo che nasce da un appassionato amore per la vita, anche se è consapevole del dolore, che egli definisce <<serena disperazione>>.
Le creature di cui parla nelle sue poesie (le donne amate, Lina soprattutto, la figlia, Trieste, gli animali, la nutrice ,ecc.) non sono simboli e allusioni, ma realtà concrete, gli fanno provare forti sentimenti, nel corpo e nell’anima, che egli esterna con un linguaggio chiaro e semplice.

Nel 1928 la rivista <<Solaria>>, con un <<omaggio a Saba>>, lo impone all’attenzione nazionale. Successivamente, l’affermarsi dell’ermetismo, fa cadere il silenzio sulla poesia di Saba.

Nel 1929 scrive all’amico Comisso che i suoi disturbi nevrotico - depressivi di cui già prima soffriva.

Nel 1941, a causa della legislazione razziale, è costretto a lasciare il paese, dove poi tornerà, dopo una permanenza a Parigi. Durante l’occupazione tedesca vive nascosto a Roma.

Nel 1946, l’affermarsi del neorealismo, porterà ad una valorizzazione della sua poesia, gli viene, infatti, assegnato il premio Viareggio.

Nel 1955 viene ricoverato per disturbi nervosi in una clinica di Gorizia. Morirà il 25 agosto del 1957 proprio a Gorizia.

Oltre alle opere già ricordate, possiamo trovare:

  • Nel 1947 le poesie successive alla raccolta “Il Canzoniere”, sono riunite in “Mediterraneo” e in “Uccelli
  • è del 1951 “Quasi un racconto
  • Per la comprensione delle opere di Saba è di grande utilità “storia e cronistoria del Canzoniere” del 194; un’altra importante opera in prosa è Scorciatine e raccontini.
  • Dopo la sua morte, la figlia, Linuccia, pubblicherà un romanzetto, “Ernesto”, in cui Saba narra, con grande semplicità e purezza le sue giovanili esperienze sessuali

                        La collocazione storica e la poetica

Collocare storicamente questo autore è difficile, non solo perché la sua produzione copre circa mezzo secolo, ma anche perché rimase sempre al di fuori delle correnti dominanti; lui stesso cercò di spiegare la propria situazione nella “Storia e cronistoria del Canzoniere”.

Anche se il periodo dell’attività di Saba è estremamente lungo, nella sua poesia egli rispetta le forme metriche tradizionali e adotta un linguaggio molto chiaro in maniera abbastanza coerente nel tempo (questo forse è il motivo per cui Saba ha voluto dare un titolo come “Il Canzoniere” alla sua raccolta, titolo che rimanda chiaramente ad un legame con la tradizione).
Una vera e propria dichiarazione di poetica si può trovare nella lirica “Il borgo” della raccolta “Cuor morituro”:

La fede avere
                                    di tutti, dire
                                    parole, fare
                                    cose che poi ciascuno intende, e sono,
                                    come i bimbi e le donne,
                                    valori di tutti.

Tutto questo si trova in contrasto con le tendenze di inizio secolo: con i futuristi, con gli ermetici, con i crepuscolari e soprattutto con l’egemonia della produzione di D’Annunzio, che aveva disarticolato le forme metriche tradizionali, creando un linguaggio di preziosistica letterarietà e opponendo sul piano etico - ideologico l’individualismo estetizzante ai “valori di tutti”. In particolare Saba oppose Manzoni a D’Annunzio, ritenendo “onesti” lo stile e la produzione del primo e artificiosi ed esagerati le tematiche e lo stile dell’altro.
Per Saba il poeta “onesto” non doveva mai sforzare l’ispirazione, per ambizione o voglia di successo, tendere non al bello ma al rispetto dell’anima propria e dei propri sentimenti, senza sconvolgerli, ma ricercando il vero: soltanto ritrovando se stessi si riesce ad essere originali.

                        La poesia

Le componenti di fondo della poesia di questo autore sono:

  • l’esigenza, come già si è detto, di una poesia onesta;
  • la celebrazione del quotidiano;
  • l’adozione di parole senza storia.

Per quanto riguarda la celebrazione del quotidiano, Saba ha trattato tantissimi aspetti della vita giornaliera nella loro realtà più dimessa, nella gamma degli affetti.
Sotto questo punto di vista possiamo fare un parallelo con le tematiche crepuscolari, infatti, mentre questi ultimi (come per esempio Gozzano), aderiscono a questo mondo fatto di piccole ed umili cose, con distacco ironico e compiaciuto, Saba vi si avvicina con una diversa disposizione d’animo, attenendosi alla sua aspirazione: <<esser uomo tra gli umani>>.
Saba, infatti, ritrae questi aspetti “giornalieri”, umili e dimessi, con una tale simpatia da diventare parte integrante di essi.

Troviamo, poi, il tema amoroso, che viene trattato attraverso la rappresentazione del suo rapporto con la moglie Lina e il suo amore per Trieste, la sua città natale: egli li ama per quello che hanno di proprio e di inconfondibile. Questo amore è riscontrabile in poesie come “A mia moglie” (da “Casa e campagna”, 1909 - 10), dove il poeta paragona la moglie Lina a vari animali, mettendone in rilievo le caratteristiche belle e profonde; l’amore per Trieste, invece, si può riscontrare in poesie come “Trieste” (da “Trieste e una donna”, 1910 - 12), prima poesia in cui il poeta testimoni di voler cantare questa città per quello che è, non perché sua città natale. Trieste in questa sua opera diventa espressione e proiezione dello stato d’animo del poeta: <<il soggettivo e l’oggettivo si identificano con assoluta fusione lirica>>.

L’adozione di “parole senza storia” significa che Saba sceglie la parola non per il suo potenziale di risposte e suggestioni, musicali o analogiche, ma per la sua carica di significato, cioè per la sua concretezza  e capacità di oggettiva definizione di della realtà da descrivere.
In Saba non ci sono mediazioni della cultura, che creano dietro le parole collegamenti oscuri o strani, che fanno si che ci possano essere diverse chiavi di interpretazione. Le parole di questo poeta sono domestiche, le prime venute, appunto, parole senza storia.
Per comprendere quest’assenza di complicazioni intellettualistiche, basta pensare che in origine Saba voleva chiamare “Chiarezza” quello che poi è stato il “Canzoniere”.

                        Il <<momento oggettivo>> e il <<momento speculativo>>

Giacomo De Benedetti distingue questi due “momenti”: il primo, l’oggettivo, è caratterizzato da una narrazione fata in tono dimesso, il secondo da riflessioni su di sé e sul dramma esistenziale dell’uomo contemporaneo.
Queste due componenti sono compresenti nella poesia di Saba e portano a parlare di un “verismo lirico”, di suggestione leopardiana
Come gli idilli leopardiani, anche le poesie di Saba partono da una notazione realistica o narrativa e si elevano, poi a considerazioni universali, espresse con la pacata di una saggezza biblica.
Questo aspetto è fondamentale nelle opere di questo poeta, anche nel Canzoniere, dove possiamo trovare il sentimento del dolore e dell’angoscia esistenziale, attenuato dalla Grazia, cioè dagli affetti gentili come l’amore, la famiglia, l’amicizia, la bontà, la contemplazione della natura e delle piccole cosa fatta con estrema semplicità di cuore.

                        Il cambiamento della tematica

Per il lavoro di scavo interiore e la ricerca della verità umana, la produzione di Saba fa sempre più posto a tematiche, non assenti nella produzione precedente, ma, a differenza di queste ultime, molto più malinconiche, non più caratterizzate dal puro amore per la vita, ma da un doloroso amore per la vita. Quindi tristezza, malinconia, dolente consapevolezza del vivere, meditazione sul declinare della giovinezza, che diventa saggezza e maturità.
In lui rimane comunque una totale accettazione della vita, una coesistenza dell’animo giovanile e della voce dell’esperienza: per esempio in “Preludio e fughe” troviamo Le Fughe sono voci che si parlano tra di loro, dicendosi ora cose contrastanti, ora concordanti. Queste voci, in realtà, sono la voce di Saba, l’espressione del suo amore - odio per la vita, una è, infatti, una voce lieta e ottimista e l’altra è malinconica e pessimista. Egli passa da un piano esistenziale ad uno storico, prima compiangerà il destino di un popolo già sotto il dominio della dittatura fascista, poi sarà un giudizio etico e storico dei perseguitati e dei persecutori, poi esprimerà, nel Primo congedo la sua disperazione e la sua speranza che non tutto sia ancora perso.
C’è un legame, quindi, tra storia privata e storia di un popolo, ravvisabile sia nelle sue liriche che nella sua produzione immediatamente posteriore alla seconda guerra mondiale. In Saba non troviamo, inoltre la retorica dei facili entusiasmi, a volte considerata limite del clima resistenziale.

Sera di febbraio è una poesia scritta nel 1943 e fa parte della raccolta “Ultime cose”. Questi versi sono stati scritti dal 1935 al 1943, appartengono, quindi alla tarda produzione di Saba. Nelle liriche di questo periodo ricorre sempre più frequentemente un senso di cupa solitudine, di disperazione: cosa che non stupisce se si considera che molte poesie di questa raccolta sono state scritte sotto la minaccia razziale. Sera di febbraio e caratterizzata da una notevole novità: per la sua essenzialità, per il cupo senso di estraneità alla vita degli altri che la anima.

Spunta la luna.
Nel viale è ancora
giorno, una sera che rapida cala.
Indifferente gioventù s’allaccia;
sbanda a povere mète.
Ed è il pensiero
della morte che, in fine aiuta a vivere.
Possiamo notare già dal v. 3 che l’animo del poeta è colmo di cupo e dolente senso del vivere, non un semplice dato paesistico (“una sera che rapida cala”). Poi, nei vv. 6 - 7, il poeta mostra la sua condizione, la vita per lui è diventata un peso, sopportabile solo pensando che alla fine ci sarà la morte. E’ una conclusione molto pessimistica e sfiduciata.

                        La prosa

La prosa di questo autore dimostra, come la poesia, una volontà di analisi, scoperta e conoscenza della propria identità: troviamo esempi di questo genere nel ciclo Gli ebrei (scritto nel 1919 - 12, ma pubblicato solo nel 1953), e nel romanzo (pubblicato postumo) Ernesto, che rappresenta turbamenti adolescenziali e iniziazione all’amore.
Molto importante è anche “Storia e cronistoria del Canzoniere”(1944 -48), dove possiamoriscontrare generi diversi, come il saggio critico e il racconto autobiografico, e in cui Saba polemizza con i suoi critici, autoesaltandosi candidamente e fornendo indicazioni sulla sua produzione poetica.
In “Scorciatoie” (1934 - 48), l’autore riflette sui vari aspetti della realtà, le sue riflessioni assumono la forma di “Illuminazioni”, imprevedibili prospettive le cui basi sono poste da Freud e Nietzsche.

 

 

Fonte: http://www.luigisaito.it/appunti/umberto_saba.doc

Sito web da visitare: http://www.luigisaito.it/

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