Letteratura Romantica

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Letteratura Romantica

1. LA LETTERATURA ROMANTICA

la società ottocentesca e i suoi conflitti
La caduta di Napoleone e il tentativo di ritorno al passato attraverso la restaurazione dei regimi monarchici non riuscirono a cancellare l'eredità della Rivoluzione. La borghesia non accettò di perdere quello che aveva conquistato e si organizzò, prima segretamente, poi in maniera sempre più palese per contrastare i tradizionalisti. Si creò un altro conflitto sociale, legato ai fenomeni di industrializzazione e di urbanizzazione e all'organizzazione capitalistica del lavoro. Nacque una nuova classe sociale, il proletariato.

movimenti politici e filosofici
In questo periodo gli orientamenti del pensiero furono molteplici:
l’idealismo tedesco, un movimento i cui filosofi più rappresentativi furono Fichte, Schelling e Hegel, che aveva profondi legami con la sensibilità romantica di cui condivideva i valori fondamentali;

  • il pensiero reazionario (de Maistre, Bonald), proprio di quei pensatori che volevano un ritorno all'Ancien Régime e alla sua organizzazione sociale e politica;
  • il pensiero scientifico e positivo che voleva riorganizzare la società affidandola a amministratori e scienziati (Saint-Simon, Comte);
  • il pensiero liberale che si opponeva al ritorno al passato e che era diviso in monarchici e democratici, accomunati comunque dalla richiesta di una costituzione. Al pensiero liberale appartenevano anche le varie correnti politiche che incontriamo nel Risorgimento italiano: neoguelfi (Gioberti, Manzoni), monarchici (D'Azeglio, Balbo), radicali (Cattaneo, Ferrari), repubblicani (Mazzini).

In questo periodo nacque anche un movimento per i diritti delle donne, che si manifestò per la prima volta negli scritti della Wollstonecraft e si concretizzò poi nella battaglia per il diritto di voto in Inghilterra, appoggiata anche da alcuni uomini come il filosofo John S. Miti.

le poetiche romantiche
I principali caratteri delle poetiche romantiche in questa fase sono: l'irrazionalismo; l'interesse per la storia; la descrizione attenta dei sentimenti e ­delle passioni umane; la predilezione per la cultura medievale; l'interesse per i temi religiosi; l'esaltazione della nazione e della libertà (individuale e dei popoli); una forte caratterizzazione nazionale; lo sviluppo di temi ­etnici e nazionali. A essi si aggiunge in alcuni esponenti l'analisi della realtà umana e storica sia del proprio tempo sia delle altre epoche storiche, particolarmente evidente nelle riflessioni di Hugo, Balzac e Manzoni.
Questi elementi comuni di poetica vennero però realizzati in modo diverso a seconda della nazionalità degli artisti e intellettuali. Questo è ­coerente con l'attenzione dedicata ai temi della ­storia e della cultura popolare e nazionale, ai quali si richiama, per esempio, lo scritto di Madame de Stael, che consiglia ai letterati di prendere a modello la letteratura europea per ­creare una propria scuola in cui manifestare il carattere della nazione, invece di continuare a ispirarsi a modelli classici. L'invito venne raccolto da Berchet e altri che promossero la nascita del movimento romantico in Italia (1816), mentre altri polemizzarono ferocemente con la scrittrice francese (polemica classico-romantica).

i generi letterari
Nell'ambito dei generi letterari la situazione ­durante la stagione romantica fu la seguente:

  • la lirica conobbe un grande sviluppo e una grande varietà di toni, in Italia in particolare;
  • il romanzo ebbe la sua massima fioritura sia come romanzo d'ambiente, capace di rappresentare la società del tempo, come nel caso dell'opera di Balzac, sia che come romanzo storico, che ebbe il suo capofila in Walter Scott;
  • la memorialistica fu un genere molto diffuso sia come espressione individuale sia come riflessione sulle vicende politiche.

 

2. IL ROMANZO OTTOCENTESCO
Nell'ottocento il romanzo raggiunge un consolidamento sul piano narrativo e una dignità letteraria che lo affiancano ai generi alti della tradi­zione come l'epica e la tragedia.

Il romanzo specchio della società industriale
Il romanzo, nell'età borghese, diventa, insieme alla no­vella, al racconto e al bozzetto, il modo più consueto di far letteratura, gradito da tutti gli strati sociali e con toni assai diversi.
Il filosofo G.W.F. Hegel (1770-1831) per primo definisce il romanzo «la moderna epopea bor­ghese»; si può infatti considerare il romanzo, e la nar­rativa in generale, come il genere più adatto ad espri­mere gli affetti, i problemi, le condizioni sociali e po­litiche di una società in continua evoluzione, orientata a strutturarsi sulle nuove conquiste politiche ed economiche legate all'industrializzazione.

L'influenza del Romanticismo
Sul finire del Settecento si impone un rinnovamento culturale e spirituale, il Romanticismo, che, nato in Germania, viene subito accolto in Inghilterra e, più lentamente, penetra nei paesi latini, come la Francia e l’Italia.
Anche se il Romanticismo fu un movimento culturale complesso e assunse caratteristiche diverse a seconda delle condizioni culturali, politiche e sociali dei paesi in cui si diffuse, si può tentare una sintesi delle novità che introdusse nel campo del pensiero e della poetica.
Nel campo del pensiero sono messi in primo piano:

  • il mondo interiore dei sentimenti, delle passioni, della fantasia dell'individuo (spiritualismo), contro il culto della ragione stabilito dall'Illuminismo;
  • la religiosità, contro l'ateismo e il deismo illumini­sta;
  • la storia e la sua funzione educativa (storicismo);
  • il valore della libertà, sia dell'individuo che delle na­zioni.

Nel campo letterario si affermano il principio secondo il quale l'arte deve essere vera e spontanea, svin­colata da regole e modelli rigidi, e il principio della mescolanza dei generi letterari. Da questo concetto deriva che anche il romanzo deve "mescolare" i generi, accogliendo così stili e contenuti propri dell'epi­ca, della lirica, della tragedia o della commedia.

I generi del romanzo ottocentesco
Da questi principi derivano generi e prodotti diversi: la tendenza spiritualista dette luogo a una produzio­ne di lirica sentimentale e romanzi di tipo autobiografico e sentimentale, come il Werther di Goethe e l'Ortis di Foscolo o di argomento fantastico, come Lo strano caso del dottor J­ekyll e mister Hyde dello scozzese Robert Louis Stevenson (1850-1894).
Lo storicismo, dal canto suo, ha prodotto romanzi sto­rici e drammi storici. Il gusto romantico della rico­struzione storica è alla base del successivo romanzo realista, che alla descrizione di ambienti e paesaggi lontani nel tempo sostituisce la rappresentazione del­la realtà contemporanea.
E per finire la dimensione religiosa rivalutata dal Ro­manticismo influenzò potentemente i capolavori ot­tocenteschi come I promessi sposi di Alessandro Manzoni e, in Russia, quelli di Lev Tolstoj e di Fiodor Dostoevskij; mentre gli ideali patriottici furono il pun­to di forza della maggior parte della letteratura italia­na del primo Ottocento.
Accanto alle opere di fantasia, come romanzi, raccon­ti o poesie, l'impegno ideologico e politico per la ri­nascita nazionale italiana venne raccontato all'interno della produzione memorialistica, in cui molti dei pro­tagonisti di quegli anni accompagnano alla descrizio­ne delle vicende in cui furono coinvolti quella delle lo­ro riflessioni e delle loro motivazioni.

3. IL ROMANZO FIN DE SIÈCLE TRA PASSIONE E DESCRIZIONE

le poetiche tra otto e novecento
Nel periodo tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento le poetiche più rappresentative e diffuse in Europa sono il Naturalismo francese, il Verismo italiano e il Decadentismo. Ricordiamo in breve le foro caratteristiche.

il romanzo naturalista
Nella seconda metà dell'Ottocento con il romanzo naturalista francese e il romanzo verista italiano la verosimiglianza della storia diventa realismo, un principio di poetica che intende ritrarre la realtà contemporanea in modo scientifico, oggettivo e impersonale.
La grossa novità introdotta dal romanzo naturalista non riguarda tanto i temi affrontati, quanto il metodo narrativo; ritrarre la realtà così com'è implica, infatti, l'applicazione di alcune strategie, come:

  • la scomparsa dell'eroe o del personaggio problematico, sostituito da individui comuni, per lo più tratti dalle classi inferiori e sconfitti dal sistema sociale;
  • un'esposizione lineare delle vicende;
  • l'uso di un narratore che non faccia parte della storia e che non giudichi le azioni dei suoi personaggi (narratore esterno, impersonale);
  • uno stile preciso e analitico e un linguaggio semplice.

Non fu facile attenersi rigidamente a questi principi di poetica: perfino Zola, considerato il caposcuola del Naturalismo, scrisse in uno stile tutt'altro che freddo e da referto scientifico, ma ricco di simbologie e allusioni caricaturali ai mali del mondo esterno e agli istinti dell'uomo.

il romanzo verista
Il verismo è l'espressione italiana del Naturalismo francese. Diversa è la situazione sociale, diversa è la materia narrativa: l'economia italiana è ancora prevalentemente rurale. Perciò i personaggi dei romanzi veristi non possono essere gli operai delle fabbriche e la materia narrativa non può riguardare la disumanizzazione dell'individuo nell'epoca dell'industrializzazione e dell'urbanizzazione di massa; l'attenzione dei più grandi romanzieri veristi, tutti di provenienza siciliana, si concentra sul mondo dei poveri contadini, ancora più poveri se vivono nell'arretrato Sud.
Tra gli scrittori veristi, Capuana adotta un narratore esterno, ma più volte cede a descrizioni pittoresche e a toni fortemente drammatici. Attentissimo al rispetto dei canoni dell'impersonalità e dell'oggettività dell'opera narrativa è Verga: nei Malavoglia il narratore non è più esterno, ma interno: è la voce popolare, la voce attraverso cui si esprimono i valori, le esperienze, la cultura, la mentalità del mondo rappresentato. Attraverso il discorso indiretto libero i personaggi comunicano direttamente al lettore i loro pensieri, i loro sentimenti, il loro vissuto. Mentre il Naturalismo francese, direttamente collegato al pensiero positivista, era caratterizzato dall'ottimismo; dalla fiducia nel progresso umano, dall'intenzione sincera di fare della letteratura uno strumento per formare la coscienza popolare e per contribuire al miglioramento sociale, i veristi italiani nutrirono un amaro e profondo pessimismo, suggerito dalla realtà stessa che rappresentavano, una realtà immobile, statica, che gli eventi economici di respiro europeo e quelli politici italiani non avevano affatto scalfito.

il romanzo nell'età del decadentismo
Contemporaneamente al Naturalismo e al Verismo si andava affermando un'altra corrente, quella del Decadentismo. Il Decadentismo è una delle forme artistiche di rifiuto del Naturalismo e, più in generale, di una visione scientifica e positiva della vita. Il Decadentismo è una corrente vasta e variegata, le cui radici si possono ricondurre al Simbolismo francese. Esso subisce l'influenza culturale della filosofia di Nietzsche, della psicanalisi di Freud e della filosofia di Bergson. Le caratteristiche principati del Decadentismo in letteratura sono:

  • l'affermazione dell'arte per l'arte, come valore assoluto;
  • il rifiuto di porre l'arte al servizio di una qualsiasi causa sociale;
  • la presenza di elementi che denunciano la crisi del mito della ragione e della scienza, nonché del tramonto della civiltà;
  • il culto della bellezza, l'estetismo, presente anche come artificiosità del linguaggio;
  • la presenza dell'eroe decadente o eroe negativo;
  • l'introspezione psicologica.

i temi
Dal punto di vista tematico emerge una una grande insofferenza per la società contemporanea e un forte disagio esistenziale. La normalità è spesso una gabbia troppo stretta e può condurre a varie forme di malattia: la nevrosi di Des Esseintes, il rifiuto dell'invecchiamento e la fragilità di fronte alla bellezza di Aschenbach, il narcisismo vittimistico di Andrea Sperelli e quello privo di coscienza dì Dorian Gray.

 

4. LA POESIA FIN DE SIÈCLE TRA DANNAZIONE E SPERIMENTAZIONE

Tra le fine dell'Ottocento e la prima guerra mondiale si verifica un mutamento culturale che coinvolge la lirica e la figura stessa del poeta. Il modello tardo-romantico e la ribellione alla mentalità positivista danno vita sia a varie correnti sia a poetiche originali sviluppate da singole personalità.

il simbolismo francese
Alla corrente dei Parnassianesimo (che teorizza il ritorno al classicismo e il concetto dell'arte per l’arte) si contrappone la poetica dei cosiddetti “poeti maledetti" (tra cui Verlaine, Baudelaire e Rimbaud), esponenti del Simbolismo francese le cui linee possono riassumersi nei punti seguenti:

  • sfiducia nella ragione e scoperta dell'intuizione come mezzo di conoscenza;
  • tensione e verso l’Assoluto e verso la realtà nascosta dietro le apparenze;
  • ricerca delle corrispondenze tra i vari elementi della realtà;
  • scoperta di un nuovo linguaggio analogico, fondato sui simboli, capace di esprimere la realtà più profonda;
  • concezione del poeta come veggente, l'unico capace di intuire l'unità dell'universo e di esprimerla.

altre voci poetiche europee
Due sono i protagonisti della produzione poetica europea:

  • il praghese Rainer Maria Rilke, la cui poesia interiore e spirituale raggiunge i vertici della poesia pura ed eserciterà un forte influsso sui poeti del primo Novecento;
  • il russo Vladimir Majakovskij, appartenente alla corrente futurista, che propone un'arte innovativa, protestataria e polemica. La sua prima innovazione fu nel lessico essenziale e spregiudicato, ricco di espressioni popolari e di immagini.

l’italia tra scapigliatura e ritorno al classicismo
La produzione italiana di fine Ottocento si contraddistingue per due opposte tendenze. La prima, come reazione al tardo Romanticismo, è caratterizzata da:

  • ribellione contro la società borghese;
  • rifiuto del Romanticismo italiano e interesse per quello straniero;
  • ricerca di forme e contenuti insoliti e scandalosi.

La seconda tendenza, invece, teorizza un ritorno al classicismo ed è caratterizzata da:

  • recupero di forme e valori classici;
  • rinascita della poesia patriottica con Giosue Carducci;
  • mito dei poeta-vate.

il decadentismo italiano, il crepuscolarismo e i vociani
Il panorama italiano della lirica tra fine Ottocento e, soprattutto, primi dei Novecento è dominato dalla poetica del Decadentismo. A questa si possono ricondurre le due massime personalità del periodo:

  • Giovanni Pascoli, che si concentrò sui temi della natura dando vita a una poesia ricca di allusioni e analogie simboliche;
  • Gabriele D'Annunzio, il quale, ispirato alla corrente europea dell'Estetismo, si orientò verso il mito della bellezza, da lui resa attraverso un linguaggio musicale e raffinato.

Accanto a queste due figure principali, il Decadentismo trovò espressione anche nella poesia dei crepuscolari (tra cui Guido Gozzano e Sergio Corazzini e, ai suoi esordi, Aldo Palazzeschi), i cui temi ricorrenti sono:

  • sfiducia nel progresso;
  • attenzione verso le piccole cose quotidiane;
  • sentimenti di malinconico rimpianto verso un'epoca finita;
  • linguaggio piano, semplice, familiare.

Altro esito dei Decadentismo in Italia fu l'esperienza dei vociani, poeti e letterati legati all'ambiente della rivista «La Voce» (1908-1916). La poetica dei vociani fu caratterizzata da:

  • recupero dell'idea di poesia pura;
  • scelta del frammento come mezzo privilegiato di espressione.

Tra i vociani ricordiamo:

  • Dino Campana, che accolse il modello e la poetica simbolista di Baudelaire, sviluppandola in modo originalissimo e di straordinaria modernità;
  • Camillo Sbarbaro, ritenuto il modello da cui trasse ispirazione l'Ermetismo.

il futurismo
Un radicale bisogno di rottura con la tradizione letteraria del passato animò i futuristi come
Filippo Tommaso Marinetti, Corrado Govoni e, dopo il distacco dal Crepuscolarismo, Aldo Palazzeschi, che miravano a riprodurre la simultaneità tra espressione e impressione attraverso la fusione delle arti e la distruzione della sintassi e del linguaggio. I temi ricorrenti dei ­poeti futuristi sono:

  • fiducia nel progresso;
  • esaltazione delle macchine e della velocità:
  • destrutturazione della forma poetica.

5. DALL’ETÀ DEL POSITIVISMO ALLE AVANGUARDIE

Presupposti filosofici
Intorno alla seconda metà dell'Ottocento al Romanticismo si contrappose il Positivismo, una corrente di pensiero della quale fu teorico il filosofo e sociologo francese Auguste Comte, il quale sostenne che la conoscenza si deve basare esclusivamente sui dati dell'osservazione e della sperimentazione. Egli applicò il metodo sperimentale allo studio della società aprendo la strada alla nascita della sociologia. Al Positivismo si ricollegò il naturalista Charles Darwin, che formulò la teoria dell'evoluzione e della selezione naturale.

Conseguenze nella politica , nella società e nell’economia
La cultura positivista portò all'affermazione di una politica reale, basata sulla strategia delle alleanze e delle relazioni diplomatiche. I fatti più importanti in Europa, tra il 1850 e il 1870, furono l’unificazione dell'Italia e della Germania e la corsa al colonialismo.
La fiducia nella scienza e nel progresso dette un grande impulso all'industria e alla tecnica, che a loro volta contribuirono a elevare il tenore di vita delle popolazioni. Non di tutti gli strati sociali però: se la borghesia poteva godere di una discreta agiatezza, il sottoproletariato urbano, gli operai nelle fabbriche e i contadini nelle campagne soffrivano gravi disagi economici.

Cultura e letteratura
La cultura della seconda metà dell'Ottocento fu caratterizzata da una forte tendenza a esplorare la realtà. L'uomo, le sue condizioni di vita, le sue relazioni con la società; i suoi valori morali furono esaminati con gli stessi metodi della scienza. Nelle arti, per esempio nell'architettura, prevalse la tendenza al concreto e al funzionale; la pittura abbandonò i soggetti storici per rappresentare soggetti reali e fatti di cronaca.
La letteratura scelse soggetti veri e situazioni reali e il romanzo fu il genere più corrispondente alle aspettative e alle esigenze del pubblico, e il più adatto alla rappresentazione della realtà sociale. La letteratura realista ebbe le sue più valide espressioni in Francia e in Italia.

Il naturalismo francese
In Francia la letteratura realista si espresse nella corrente del Naturalismo, i cui maggiori esponenti furono i fratelli Goncourt, Emile Zola e Guy de Maupassant. l princìpi della poetica del Naturalismo sono:
• l'analisi, condotta con metodo scientifico, dei costumi della società, delle patologie umane, della vita quotidiana delle classi inferiori;
• l'impersonalità dell'opera letteraria;
• il rifiuto della letteratura di pura evasione;
• il valore etico del prodotto letterario, considerato come uno strumento per il miglioramento sociale.

Il verismo italiano
Dalle tendenze realiste già presenti nella letteratura romantica, sorse in Italia il movimento del Verismo. I più significativi esponenti di questa corrente furono: Luigi Capuana, Giovanni Verga, Federigo De Roberto, Matilde Serao, Grazia Deledda, Federigo Tozzi. Questi i princìpi della poetica verista, espressi da Capuana e Verga:
• l'abbandono del romanzo romantico storico-­politico per il romanzo di costumi contemporanei;
• la rappresentazione del fatto vero;
• l'analisi scientifica dei fenomeni psicologici (scienza dal cuore umano, Verga);
• l'importanza della fantasia e dell'immaginazione per dare alla narrazione colore, movimento, vita vera (Capuana);
• l'adozione del canone dell'impersonalità.

Dal simbolismo francese alla scapigliatura italiana
Nell'ultima parte dell'Ottocento e nella prima parte del Novecento esiste, a fianco della letteratura realista e naturalista, un diverso tipo di poetica e di letteratura che esalta l'arte in sé, senza intenti morali o realistici. I germi di questa poetica sono presentì già nella poesia di Baudelaire e, più in generale, nel Simbolismo francese e nella scuola dei Parnassiani.
In Italia questo rifiuto della ragione e della scientificità applicata alla letteratura diede vita al gruppo della Scapigliatura milanese, che si ispirò ai seguenti princìpi di poetica:
• il rifiuto della tradizione poetica tardo­romantica e di quella manzoniana;
• la rappresentazione delle esperienze di vita di ogni giorno;
• l'attrazione per le situazioni patologiche, per il mostruoso, il macabro e il funereo;
• l'uso di un lessico spigliato, libero da canoni letterari.

Il decadentismo
Tutte queste tendenze confluiranno nel Decadentismo, una corrente letteraria e poetica che, pur presentando varie sfaccettature, aveva come principio comune a tutti l'arte fine a se stessa, senza intenti di denuncia o di critica sociale. I princìpi base del Decadentismo furono:
• l'estetismo, l'amore per la bellezza (W. Pater, O. Wilde);
• l'esaltazione del superuomo (G. D'Annunzio);
• la presenza dell'eroe decadente, dell'antieroe o dell'eroe negativo;
• una comune sensazione della perdita di valori condivisibili all'interno della società;
• l'evasione dalla realtà (G. Pascoli).

le avanguardie storiche
Nei primi anni del Novecento, sino alla metà degli anni Venti circa, si diffondono in Europa le cosiddette Avanguardie storiche le quali condividono con Decadentismo e Simbolismo la rottura con i codici artistici tradizionali e con le convenzioni borghesi, portando però tali rotture ad un livello assai più alto, sino a mettere, addirittura, in discussione il valore stesso dell'arte la quale non deve più essere solo oggetto di contemplazione, ma deve scuotere, sconvolgere, scatenare energie ed uscire da accademie e musei.
Prendono vita, in quest'ottica, diverse correnti in Europa, come l'Espressionismo - che nasce in Germania e che rifiuta la descrizione oggettiva della realtà, invitando a deformarla, al contrario, con sguardo soggettivo -e il Futurismo, che nasce ufficialmente dalla pubblicazione del Manifesto del futurismo (1909) di Filippo Tommaso Marinetti e che rifiuta ogni «passatismo» e tradizionalismo in nome di un'arte che esalti e traduca la potenza delle macchine e delle nuove tecnologie.
Si sperimentano, attraverso queste nuove teorie sull'arte, nuovi modi di comunicazione, più adatti a un mondo nel quale le nuove scoperte (radio, cinema, macchine) hanno "velocizzato" la realtà, utilizzando, ad esempio, nel linguaggio lirico gli accostamenti analogici; impiegando sostantivi e aggettivi messi gli uni accanto agli altri, senza utilizzare gli avverbi; sconvolgendo l'aspetto grafico della pagina mediante l'uso di caratteri tipografici diversi o sostituendo la punteggiatura con segni matematici.
Ricca e vivace la narrativa europea nell'età delle Avanguardie, con autori importanti che introducono nei propri romanzi idee e forme di racconto che sono lo specchio della storia e delle filosofie contemporanee. Tra gli autori più noti: T. Mann, F. Kafka, M. Proust, J. Joyce e, in Italia, I. Svevo e L. Pirandello.
Per quanto riguarda le esperienze poetiche in Italia nell'età delle Avanguardie, le più significative furono quelle dei futuristi (Marinetti, Govoni, Palazzeschi, Soffici), dei crepuscolari (poetica delle «piccole cose» di Govoni, Gozzano, Moretti e Corazzini), dei poeti «vociani» (poetica del «frammento» di Campana, Rebora e Sbarbaro) e di Giuseppe Ungaretti.

 

6. IL PRIMO NOCEVENTO: TRA LE DUE GUERRE

L’Europa fra le due guerre
L'Europa del dopoguerra presentava dei caratteri profondamente mutati rispetto al passato: il primato economico mondiale apparteneva ormai agli Stati Uniti e furono essi a finanziare i paesi europei. Le innovazioni del sistema industriale e quelle tecnologiche si trasferirono dalla produzione bellica a quella civile. Nonostante questo negli anni Trenta il crollo della finanza americana si riflettè anche sulla situazione europea e si sommò al conflitto ideologico fra la borghesia e i ceti operai. Da questo scontro emersero movimenti nazionalisti e razzisti, ostili a tutto ciò che era estraneo alla nazione di appartenenza, che presero il potere in Germania e in Italia a causa della crisi dei vecchi sistemi liberali, mentre Francia e Inghitterra riuscirono a superare questa crisi. Le novità più grandi dal punto di vista sociale furono l'avvento della società di massa, la nascita dei mass media e la mutata condizione sociale delle donne.

la crisi della ragione
La crisi del Positivismo, già evidente a inizio secolo, si fece più profonda ed emersero movimenti irrazionatistici in ogni sfera della cultura. Il mondo scientifico vide la crisi della metodologia tradizionale ad opera della teoria della relatività dei concetti di spazio e tempo di Einstein; proseguì l'influsso della psicanalisi di Freud che sviluppò il suo pensiero introducendo accanto alta sua teoria della sessualità, l'analisi di una pulsione aggressiva che egli definì come «pulsione di morte»; in ambito filosofico si fece sempre più ampia l'influenza dell'intuizionismo, delle filosofie della vita e dell'idealismo di Croce, che sviluppò anche una teoria estetica basata sull'intuizione. Una teoria diversa fu l'attualismo sostenuto da Gentile, massimo esponente culturale del fascismo.

la guerra e gli intellettuali
La prima guerra mondiale si rivelò un'esperienza tragica i cui effetti si impressero fortemente nelle coscienze degli intellettuali: un esempio di ciò lo si può cedere in Renato Serra che scopre come la guerra non renda gli uomini migliori e più capaci di comprensione verso gli altri. La guerra è una tragedia che non cambia nulla. A questo Gramsci aggiunge la consapevolezza che il conflitto e la sofferenza non riescono neppure a far superare le profonde divergenze ideologiche che infatti permangono anche di fronte alla sofferenza e diverranno ancora più profonde nel dopoguerra.

fascismo e antifascismo
Il regime fascista ebbe con la cultura un rapporto piuttosto complesso: da un alto esso favorì quegli aspetti e quei personaggi che potevano fornire un appoggio al proprio potere, dall'altro esso combatté e censurò tutte le forme di libero pensiero e ogni manifestazione di critica nei suoi confronti, abolendo la libertà di stampa e sciogliendo tutti gli altri partiti politici. Anche gli intellettuali si schierarono in questa opposizione fra fascismo e antifascismo e così nel 1925, pochi mesi dopo la presa di potere di Mussolini, apparvero a poche settimane di distanza l'uno dall'altro un Manifesto degli intellettuali fascisti ­promosso da Gentile e un Manifesto degli intellettuali antifascisti il cui primo firmatario fu Croce. Croce rivendicava l'autonomia della letteratura dalla politica proprio per sfuggire al controllo del regime, posizione assunta anche da Piero Gobetti, il pensatore liberale a cui si deve la definizione del fascismo come «autobiografia della nazione» cioè come espressione della debolezza morale e del conformismo del popolo italiano.

I movimenti di avanguardia e la letteratura europea
Negli anni Venti vi fu anche una nuova stagione delle Avanguardie, che si concretizzò soprattutto in due movimenti letterari e artistici: il Dadaismo e il Surrealismo.
Il primo, espresso in una serie di manifesti pubblicati fra il 1916 e il 1920 da Tristan Tzara a Zurigo, aveva un forte accento ideologico, si basava sul rifiuto della guerra e sulla dissacrazione dell'arte borghese.
Il secondo nacque a Parigi nel 1924 dove André Breton scrisse un manifesto per celebrare un'arte fondata sull’immaginazione, capace di esprimere la profondità della coscienza attraverso il metodo della scrittura automatica da lui inventato.

Le riviste letterarie
In Italia durante il Ventennio nacquero numerose riviste letterarie, per la maggior parte a Firenze. Ognuna di esse presentava dei caratteri peculiari:
«La Ronda», rivista romana, esce dal 1919 al 1923; tra i redattori, vi era il poeta Vincenzo Cardarelli; di ispirazione classicista;
«Solaria», rivista mensile fiorentina che uscì dal 1926 al 1936; di ispirazione europeista, particolarmente attenta alla narrativa contemporanea (Svevo, Proust, Joyce, Kafka, Mann) su cui scrissero Eugenio Montate, Natalia Ginzburg, Elio Vittorini e Carlo Emilio Gadda;
«Il Baretti», rivista torinese, diretta da Piero Gobetti, uscì dal 1924 al 1928 come supplemento letterario a «Rivoluzione Liberale» e vi collaborarono, tra gli altri, i maggiori intellettuali torinesi dell'epoca, tra cui Cesare Pavese, Carlo Levi, Leone Gìnzburg;
«Il Selvaggio», uscì nel 1924 a Colle Vai d'Elsa, in provincia di Siena, poi fu trasferita in varie città e infine a Roma. La rivista fu diretta da Mino Maccari e difese lo squadrismo e l'italianità (fu schierata con «Strapaese»); fu antieuropeista;
«900», fondata nel 1926 da Massimo Bontempelli e Curzio Malaparte; pubblicata inizialmente in lingua francese; redazioni a Parigi e a Roma, orientamento europeista; all'inizio il comitato direttivo della rivista era composto unicamente da scrittori stranieri, tra cui James Joyce e Rainer Maria Rilke;
«Il Frontespizio», usci nel 1929 come bollettino della Libreria Editrice Fiorentina dell'Opera del Cardinal Ferrari. Nel 1931 venne rilevata dall'editore Vallecchi e, dal 1938, fu diretta da un comitato composto, tra gli altri, da Giovanni Papini; di ispirazione cattolica; su di essa comparve nel 1938 un saggio di Carlo Bo ritenuto il manifesto dell'Ermetismo.

7. IL ROMANZO NOVECENTESCO

quando è nato il romanzo moderno?
Nel Settecento si affermò una concezione dell'arte e della letteratura secondo la quale il «bello» non deri­vava dall'imitazione dei modelli tradizionali, ma dalla verosimiglianza. Nel campo della narrativa è in que­sto secolo che in Inghilterra comincia a essere usato il termine romanceper indicare le opere narrative pro­dotte fino al Seicento, caratterizzate da un grande ri­corso agli elementi immaginosi e fantastici, e il ter­mine novelper indicare un nuovo tipo di romanzo, il romanzo realistico, in cui eventi e personaggi, anche se frutto dell'inventiva dell'autore, erano comunque credibili e verosimili. È a questo punto che nasce quello che noi intendiamo per romanzo moderno: il racconto, in prosa, di una storia di lunga durata. Lo schema riassume le caratteristiche del romanzo moderno.

la  crisi del concetto di realtà
Si può affermare che l'Ottocento è il secolo di mag­gior gloria del romanzo moderno fondato sul princi­pio di verosimiglianza. Il narratore è guidato dalla convinzione di potere riprodurre la realtà servendosi di alcune tecniche che vanno progressivamente perfezionandosi fino ad arrivare al principio della poetica naturalistica del romanzo come documento umano e a quello della totale impersonalità dell'opera lettera­ria e artistica. Ricordiamo alcune di queste caratteristiche:

  • la rappresentazione di personaggi tipizzati, spesso caratterizzati come eroi o eroine;
  • l'ampia e dettagliata descrizione di ambienti e di figure umane;
  • il trattamento del tempo del racconto in modo lineare e più possibilmente vicino al succedersi delle cronologiche e logiche della vicenda;
  • un intreccio fortemente strutturato;
  • l'impiego di numerosi dialoghi;
  • l'uso della terza persona narrante.

Il romanzo realista dell'Ottocento è retto da un preci­so patto narrativo: il narratore racconta una storia che il lettore deve credere vera, come realmente accaduta. Fermenti di crisi di questa concezione serpeggiano già in pieno Ottocento tra alcuni degli esponenti più importanti del Realismo, come Gustave Flaubert (1821-1880), l'autore di Madame Bovary, e il suo discepolo Guy de Maupassant (1850o-1893), entrambi pervenuti alla conclusione che la realtà dei romanzi è puramente illusoria e che il romanziere, per quanti sforzi sinceri faccia, non può arrivare a renderla vera: il romanzo è pur sempre il racconto di una storia, che può riprodurre la realtà ma non coincidere con essa. La cri­si della concezione realista si consuma alla fine del secolo, quando viene messa in discussione la nozione stessa di realtà. I filosofi e gli scienziati dell'epoca dimostrano che è impossibile definire «realtà» il mon­do fenomenico perché non esiste per tutti una mede­sima realtà, oggettivamente e universalmente valida. La realtà non può essere ricostruita sulla base di un meccanismo secondo il quale ogni causa determina un effetto, come avevano creduto di poter fare i ro­manzieri naturalisti francesi. La realtà scaturisce da un atto di intuizione individuale, dalla coscienza del singolo. Quale realtà, dunque, rimane al romanzo? Quale verosimiglianza?

le nuove frontiere del romanzo novecentesco
Qui è sufficiente puntualizzare alcune delle innovazioni significative:

  • la concentrazione su un solo personaggio, spesso in chiave antieroica (come la figura dell'inetto, del malato);
  • la rinuncia alle lunghe e dettagliate descrizioni di ambienti e di caratteri umani, a favore di una maggiore caratterizzazione psicologica, o anche l'uso di imma­gini e tratti fisici in chiave simbolica;
  • il trattamento del tempo del racconto in modo deformato e subordinato ai ritmi dell'attività interiore (pensieri e ricordi dilatano il tempo «normale» del rac­conto, mentre l'ellissi di intere parti dell'esistenza ha l’effetto di ridurlo); la conseguenza più vistosa è l'impossibilità di riconoscere l'evoluzione da un prima a un poi della storia;
  • un intreccio debole, talvolta assente o difficilmente ricostruibile, spesso sostituito da microunità narrati­ve/riflessive (vedi la narrazione di Virginia Woolf e di James Joyce) o da macrounità tematiche (vedi la nar­razione di Svevo);
  • l'impiego di strategie narrative, come il monologo interiore e il flusso di coscienza, che permettono di registrare in forma diretta ciò che avviene nella co­scienza del personaggio;
  • l'uso frequente della prima persona narrante.

Si può concludere osservando che il vecchio patto narrativo su cui si era basato il romanzo realistico del Settecento e dell'Ottocento, nel Novecento è invali­dato e sostituito da un nuovo patto: il narratore par­la di una realtà soggettiva, che non ha la pretesa di verità universale o scientifica; anzi, il lettore è chia­mato ad assumere una posizione critica, cioè attiva e riflessiva sulla realtà che gli viene presentata: il ro­manzo (ma anche un quadro, una scultura) può con­tenere una serie di significati e perciò si presta ad es­sere letto in numerose chiavi interpretative.

 

8. IL SECONDO NOVECENTO: DAL DOPOGUERRA AI GIORNI NOSTRI

La rinascita dell’umanesimo e la critica alla tecnica
La tragedia della guerra e la straordinaria ferocia dimostrata dagli apparati bellici, la consapevolezza della Shoah, il clima di tensione internazionale che permaneva a causa della competizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica, furono tutti fattori che favorirono la rinascita dell’Umanesimo. Facendo appello alla miglior tradizione occidentale, l’uomo divenne nuovamente il centro della riflessione teorica e dell’attività politica degli intellettuali. Anche perché un nuovo pericolo sì profilava all’orizzonte: quello di un predominio della tecnica che può portare ad una società disumanizzata, cioè una società in cui gli uomini non sono più padroni dei loro destino perché la tecnica è diventata una realtà di cui è impossibile liberarsi.

Pensiero critico ed esistenzialista
Questa consapevolezza è il prodotto di un pensiero critico verso la tecnica e verso la sua capacità di manipolare e controllare la via degli uomini, di serializzare e massificane tutti gli aspetti della cultura e dell'arte. Esso sorse in Germania ad opera di pensatori modo distanti tra loro come Heidegger, Benjamin, Adorno, Marcuse.
In Francia, invece, nel dopoguerra nacque l’Esistenzialismo, una corrente filosofica che affermava il valore dell’esistenza umana, della sua libertà. Tra i più importanti esponenti vi fu Sartre, per il quale l'esistenza è una condizione di piena libertà in cui ciascuno è chiamato a scegliere chi e che cosa vuol essere e ad impegnarsi per realizzare questa scelta. Una versione personale della concezione umanistica eistenziasta è stata quella della compagna di vita e di attività filosofica e politica di Sartre, S. de Beauvoir, che ha pubblicato un testo fondamentale per la riflessione femminista in cui afferma che l’eguaglianza delle donne è solo una conquista apparente fin quando le donne non saranno libere di realizzare la propria individualità al di fuori del modello dì vita e di pensiero maschili.

Partito comunista e marxismo critico
Nel dopoguerra molti italiani videro nel Partito comunista il luogo in cui era possibile combattere la cultura tradizionale e crearne una nuova che si ponesse come scopo quello di cambiare la realtà politica e sociale e di migliorare le condizioni di vita del popolo. Nasceva una figura di intellettuale attivo, animato dalla volontà di spiegare e di educare. Il modello di questo intellettuale era indicato da Gramsci nei suoi Quaderni dal carcere, pubblicati in quegli anni. In essi Gramsci esprimeva l'ideale di una cultura nazìonal-popolare, cioè tale da porre i valori del popolo come base dell’identità nazionale. Ma il clima interno al partito non favori la permanenza di intellettuali critici come Víttorini e Pavese che ben presto se ne allontanarono perché non sopportavano i limiti imposti dal dogmatismo del partito. Un'altra forte perdita di consensi negli anni successivi fu causata dall'appoggio totale dato all'Unione Sovietica in occasione dell'invasione dell'Ungheria, 1956, quando si allontanò dal partito anche Calvino.

Il neorealismo
La stagione del Neorealismo fiorì nell'immediato dopoguerra, in un'Italia ridotta alla fame e stremata dagli eventi bellici e dalla guerra civile. Il sollievo procurato dal ritorno alla libertà dopo il crollo del fascismo determinò nella popolazione, malgrado la povertà e i vari problemi legati alla ricostruzione del paese, sentimenti di ottimismo e di fiducia nel futuro. Nel mondo della cultura questo nuovo clima sociale dette luogo ad un intenso dibattito sul ruolo degli intellettuali nella mutata realtà e su come la letteratura potesse contribuire al processo di rinnovamento del paese. Il Neorealismo si espresse principalmente nel campo del cinema e della narrativa anche se la sua influenza si diffuse in tutti i campi della produzione culturale.

La narrativa neorealista
In campo letterario l’orientamento neorealista si espresse nella produzione di romanzi e racconti centrarti da una parte sulla ricostruzione documentaria dei fatti appena accaduti, per non disperderne la memoria e l'insegnamento; dall'altra sulla descrizione delle condizioni di vita delle classi umili ed emarginate. Il linguaggio era semplice, colloquiale, ricco di forme dialettali, teso a rappresentare il più fedelmente possibile la realtà. Tra gli autori più significativi del primo filone narrativo ricordiamo: Vittorini, Pavese, Fenoglio, Carlo Levi, Primo Levi, Viganò; del secondo: Pratolini, Carlo Cassola e i "regionalisti" Dessì e Ortese.
Anche Calvino e Moravia si cimentarono nella produzione di romanzi neorealisti.

Voci isolate
Voci non riconducibili nell'ambito del Neorealismo furono quelle di Brancati, Buzzati, Landolfi e Gadda. Nell'opera di questi autori non prevalse la descrizione oggettiva della realtà, ma una rappresentazione di questa deformata in chiave critica.
In particolare Gadda attraverso un originalissimo impasto linguistico condusse una violenta polemica nei confronti della società contemporanea, mettendone in risalto con corrosiva ironia, vizi e debolezze.

La crisi del neorealismo
A partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta la letteratura italiana entrò in una nuova fase, non più prevalentemente caratterizzata dall'impegno e dall'interesse per la realtà politica e sociale. Gli autori di questo periodo recuperarono temi legati alla dimensione interiore, allo scavo nella memoria e nei sentimenti. Ciascuno di questi autori rappresenta un caso a sé, ma sono tutti esponenti di una fase che si può definire di crisi del Neorealismo.
Tra questi autori citiamo Bassani, Tomasi di Lampedusa e Sciascia.
Anche Calvino si distaccò ben presto dalla narrazione neorealista, che aveva contraddistinto la sua prima produzione, raccontando storie fantastiche ricche di ironia.

Neoavanguardie e «letteratura industriale» in italia
Non si può parlare di una vera e propria narrativa neoavanguardistica: mossi da intenti provocatori e di ribellione contro la cultura contemporanea e suoi linguaggi, gli intellettuali del Gruppo 63 (Balestrini, Sanguineti, Pagliarani) attuarono sperimentazioni linguistiche e stilistiche tese a disgregare l'impianto narrativo e lirico tradizionale. La cosiddetta «letteratura industriale» analizza, invece, l'alienazione nelle fabbriche con toni di forte polemica sociale. Tra gli autori più noti: Ottieri, Parise, Arpino e Volponi.

La figura di pier paolo pasolini
Intellettuale impegnato nei più vari campi della letteratura e dell'arte (saggistica, narrativa, poesia, giornalismo, cinema, teatro) Pasolini è una personalità che, collocabile al confine tra il Neorealismo e la Neoavaguardia, fece propri contenuti e forme espressive di questi due movimenti dando luogo a un’opera complessa e molto originale, basata sull'indagine del mondo reale, con un accentuato interesse per la dimensione popolare, e costantemente volta alla denuncia delle ingiustizie sociali.

La letteratura europea dopo gli anni cinquanta
I processi di modernizzazione e di critica verso la tradizione letteraria che in Italia portarono alla crisi del Neorealismo si manifestarono anche nella letteratura mondiale, sia in Europa che ne paesi extraeuropei. Particolarmente vivaci furono le riflessioni di poetica in Francia (dove oltre l'Esistenzialismo, troviamo l'école du regard, il gruppo «Tel Quel» e il gruppo Oulipo) in Inghilterra (dove negli anni Sessanta sorse il movimento degli angry young men) e negli Stati ­Uniti dove prese avvio il movimento della beat generation che avrebbe influenzato l'intera cultura giovanile mondiale. Molti sono stati anche i grandi narratori che non possono esser ricondotti ad una poetica precisa, come Nabokov, Hemingway, Böll, Grass, Golding, Pasternak, Bulgakov, Borges, Canetti e García Màrquez.

 

 

Fonte: http://www.luzappy.eu/sintesi/sintesi.doc

Sito web da visitare: http://www.luzappy.eu/

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