Lezioni di filosofia

Lezioni di filosofia

 

 

 

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Lezioni di filosofia

1. Filosofia frutto della meraviglia

1. Sul crinale fra discipline “umanistiche” e “scientifiche”

  • Diversi approcci: filosofia per problemi o filosofia come storia della filosofia.
  • Diversità anche geografico-culturali: dove e come è praticata e insegnata.
  • Tradizione italiana: filosofia in chiave storica, come disciplina umanistica.
  • Uso dei testi scritti dai “grandi del passato” (diversamente dalle scienze), ma uso critico di tali testi (diversamente dalle discipline umanistiche).

2. La filosofia della meraviglia

  • Presentazione aristotelica di cosa è il filosofare: nasce dalla curiosità, che è per natura.
  • Appagamento per ogni acquisizione di informazioni. a partire dall’uso dei sensi.
  • La curiosità è sollecitata dalla meraviglia, da ciò che è insolito, che non ci si sarebbe aspettato.
  • La curiosità si estende dai fatti più prossimi e circoscritti a quelli più generali.
  • Il filosofare è imparentato con l’”amore per le narrazione”, per i miti.

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Studiare mod.1 parr.1-5.
Letture T1 e T2 (testo greco sul sito della scuola)
2. Credere e argomentare

1. Pensare, credere, argomentare

  • Pensare ciò che è, ciò che potrebbe essere, ciò che non potrebbe essere. Non possiamo pensare ad alcunché di impensabile.
  • Il contenuto di un pensiero: esprimibile a parole, mediante proposizioni.
  • Credere come ritenere vero. Crediamo solo in alcune cose che pensiamo.
  • Se ammettiamo che sia legittimo credere cose diverse, parliamo di opinioni.
  • Credere è inevitabile e necessario per la vita degli individui, e condividere credenze è inevitabile e necessario per la vita delle comunità.

2. Argomentare e concludere

  • Spesso il credere richiede di essere giustificato da buone ragioni.
  • Fornire buone ragioni a sostegno di una credenza significa argomentare.
  • Ma si può anche procedere inversamente: se certe proposizioni fossero vere, cose ne seguirebbe?
  • Credere e argomentare, comunque, non coincidono.
  • Natura di un argomento: passare da premesse a una conclusione.
  • Alcune premesse possono rimanere implicite, o invece dover essere rese esplicite, a seconda del contesto argomentativo.
  • Per costituire buone ragioni, le premesse devono essere credibili.

3. Risalire ai presupposti

  • Ci possono essere più argomenti a sostegno di una data conclusione.
  • Da una conclusione possiamo partire per nuove argomentazioni.
  • Idea di una concatenazione di argomentazioni a scendere, da premesse a conclusioni.
  • Ma anche di una concatenazione a salire, da conclusioni a premesse.
  • Spesso le premesse sono più generali delle conclusioni.
  • Le premesse paiono dipendere da ulteriori premesse, in una risalita all’infinito
  • Non potendo risalire più di tanto, ci si ferma a premesse prime: i presupposti del nostro argomentare, che spesso sono lasciati impliciti.
  • Ma ogni presupposto può essere esplicitato e messo in discussione.

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Studiare mod.1 parr.1-3.
3. Alla ricerca della spiegazione

1. L’esperienza

  • Abbiamo esperienza diretta della realtà mediante i sensi.
  • L’esperienza riguarda oggetti, ma verte principalmente su fatti.
  • I fatti possono essere descritti.
  • Le descrizione possono essere più o meno fedeli.

2. La spiegazione

  • Alcuni fatti sono insoliti e richiedono una spiegazione.
  • La spiegazione non riguarda solo i fatti insoliti.
  • La spiegazione di un fenomeno fornisce una buona ragione per credere che esso si verifichi.
  • La predizione è una sorta di spiegazione al futuro.

3. Le cause

  • Per lo più si cercano spiegazioni di ciò che muta.
  • La spiegazione per lo più è realizzata individuando una causa.
  • Per un effetto ci possono essere molte concause.
  • Le cause si dispongono entro una catena di cause.
  • Non tutte le argomentazione servono per spiegare o predire.

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Dispensa on-line, con esercizi da svolgere.

4. Le origini della filosofia

1. Partire dai dati

  • Aristotele fa consistere il filosofare nella capacità di provare meraviglia.
  • Aristotele fa nascere la filosofia da Talete. In generale, Aristotele è stata la bussola per la storia della filosofia più antica, ma egli non mirava a far storia della filosofia.
  • Documentazione degli autori più antichi: testimonianze e frammenti (Diels-Kranz).
  • È una documentazione ‘tendenziosa’ oltre che scarsa.

2. La filosofia e il mito

  • La tesi del ‘miracolo greco’: filosofia greca come incarnarsi della Ragione eterna nel tempo.
  • Dubbi: somiglianze fra il pensiero filosofico e il precedente pensiero mitico; presenza del mito e dell’irrazionale entro la stessa cultura greca.
  • Le cosmologie dei filosofi riprenderebbero prolungandoli i miti cosmogonici, per rispondere allo stesso tipo di domanda: come un mondo ordinato ha potuto emergere dal caos?
  • Tradizione orfica: colpa verso gli dèi (legata alla morte di Dioniso), dualismo, con anima imprigionata nel corpo e trasmigrante fra corpi. Liberazione legata a una vita ascetica.
  • Dal sec.VII a.C. vanno distinguendosi diversi tipi di intellettuali, fra cui i filosofi.
  • La prima filosofia non è ancora pensiero scientifico, ma già ha elementi distintivi dalle altre forme di produzione culturale:
  • 1. ha per protagonisti elementi naturali (pur sempre animati e ’divini’) anziché dèi individualizzati;
  • 2. adotta un principio ordinatore razionale, di equilibrio e simmetria, che porta alla nozione di cosmo;
  • 3. il principio non è instaurato successivamente, ma è presente da sempre nella natura;
  • 4. verte su ciò che è invariante piuttosto che sul mutevole succedersi di vicende.
  • Passaggio dal mito alla filosofia influenzato forse da mutamenti politici: dal palazzo del sovrano alla città di tutti (Vernant).
  • Curiosa transizione storica nel ruolo di mythos e logos.
  • Perché la filosofia si originò in Ionia nel sec.7 a.C.

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Studiare mod.1 parr.4-6. Letture T1-T5.

5. I filosofi di Mileto

1. La tradizione presocratica

  • La tradizione presocratica, pur non unitaria, merita di essere riconosciuta: autori di un’unica opera, memorabile e compiuta, col convincimento di trovare la verità, poi quasi perduta.
  • Periodo in cui si intersecano vari saperi discorsivi: di storici e naturalisti, di sapienti e specialisti di singole tecniche.
  • La filosofia si distingue perché 1. interessata a tutte le cose e 2. dotata di un’attitudine critica, verso il passato e verso gli altri saperi.
  • La verità è concepita come una e conquistabile compiutamente in un discorso realizzato da un singolo aiutato dalla divinità, in competizione con gli altri discorsi su di essa.
  • Nessun autore riconosce debiti verso predecessori, dubita della verità della propria dottrina o prospetta la possibilità di sviluppi.
  • I presocratici non propongono un razionalismo antireligioso ma nemmeno una ‘teologia’ della natura.
  • La verità riguarda il principio, l’arché del tutto. Principio come origine piuttosto che come causa in senso aristotelico (anticipazione sulla teoria aristotelica delle 4 cause).

2. La ‘scuola’ di Mileto e Talete (c.630 – 548)

  • I rapporti di discepolato fra i pensatori di Mileto sono da intendersi solo in senso lato.
  • Nei Milesi ricorrono spiegazioni naturalistiche e non sovrannaturali dei fenomeni naturali.
  • Inoltre, spiegazioni riduttivistiche: riconduzione della complessità dei fenomeni a un insieme minimo di principi.
  • Talete, per Aristotele, avrebbe individuato l’acqua come principio: l’acqua accompagna la vita e assume sembianze diversificate.
  • Talete va annoverato fra i sapienti piuttosto che fra i filosofi in senso stretto

3. Anassimandro (c.610 – 547)

  • Anassimandro: dire come il mondo realmente è, con una visione generale e distaccata.
  • Originaria mescolanza caotica del tutto, l’apeiron o “illimitato”: principio impersonale, ma non immediatamente riconoscibile.
  • Creazione del mondo come separazione progressiva dei contrari mediata dal caldo – freddo, e nascita di tensioni.
  • “Ingiustizia” costantemente limitata: nessun principio costitutivo deve avere il sopravvento.
  • Zoogonia come passaggio dall’ambiente marino a quello terrestre.
  • Anche l’uomo è una parte di questo tutto, nel quale è andato sviluppandosi.
  • Legge cosmica imperniata su un principio di equilibrio dinamico.
  • Cosmologia basata su un principio di indifferenza.
  • Analogia col processo di secolarizzazione giuridico-politica di Solone (c.638 – 558).

4. Anassimene (c.586 – 528)

  • Rispetto ad Anassimandro, ritorna verso un principio più naturale, seppure la forma più sottile e indefinita di elemento naturale: l’aria.
  • Le trasformazioni dell’aria per cui può diventare tutte le cose sono la rarefazione e la condensazione.
  • Anche l’aria, come l’acqua, è strettamente congiunta alla vita, tramite la respirazione.

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Studiare mod.2 par.1
Letture: T1-T3 (pagg.42-6).

6. I pitagorici

1. Pitagora

  • Distinguere i fatti storici della scuola pitagorica dalle sovrapposizioni fantastiche.
  • Pitagora esperto di destino dell’anima, capace di far prodigi, capo di una setta religiosa.
  • Anima immortale e transmigrante, condannata a una serie di incarnazioni. Cfr orfismo.
  • Etica religiosa. La vita corporea va riscattata con pratiche ascetiche.
  • Pitagora è presentato come dotato di conoscenze straordinarie grazie all'esperienza di molte vite, di cui può conservare memoria.
  • La figura di Pitagora come matematico e come cosmologo non è suffragata.

2. I pitagorici

  • Problema del passaggio da Pitagora ai “cosiddetti pitagorici”. Disciplina di scuola, parziale eccezione all’individualismo competitivo dei pensatori antichi.
  • Cose, relazioni fra cose, relazioni esprimibili matematicamente. Alla ‘isonomia’ di Anassimandro subentra la armonia, come rapporto fra diversi.
  • Spiegazione numerica complementare rispetto a quella ‘materiale’.
  • Generazione dei numeri, limite e illimitato, polarizzazione in coppie di contrari.
  • Il ‘significato’ dei numeri: aritmetica o numerologia.
  • Cosmologia: terra sferica in movimento.
  • Problema dei numeri irrazionali.

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Studiare mod.2 par.2 (pagg.48-55).

7. Eraclito

1. Il personaggio

  • Atteggiamento ‘profetico’: araldo di una verità che gli uomini già dovrebbero possedere.
  • Atteggiamento sentenzioso: si esprime con frasi brevi ma dense, enigmatiche, non chiaramente connesse fra loro.
  • Atteggiamento critico: gli uomini preferiscono ‘dormire’, i predecessori non comprendono.

2. Il divenire universale

  • Platone attribuisce a Eraclito il panta rei; Aristotele gli attribuisce il principio del fuoco.
  • Interpretazione tradizionale: tutto cambia, ogni cosa fluisce coincidendo con il suo opposto, contraddittorietà del reale.
  • Caso emblematico: il fiume che è la sua acqua, che cambia sempre.
  • Oppure: alcune cose permangono solo cambiando.
  • Natura processuale del reale (fuoco): ciò che permane sono i modi del cambiamento.
  • Cambiamento secondo il logos; permanere del cosmos.
  • Le trasformazioni in contrari sono non contraddittorie: parziali, conservative, reversibili.
  • Armonia segreta dei contrari. La contesa principio della vita

3. La conoscenza per pochi

  • Conoscere realmente richiede impegno e sforzo.
  • La realtà non coincide col mondo che percepiamo, ma si fa trovare sotto le apparenze.
  • Il logos è comune, ma gli uomini perseguono forme particolari di sapere.
  • L’anima come fuoco, è un momento del divenire in cui il mondo divente trasparente a se stesso

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Studiare mod.2 par.3. Letture T4 e T5.

8. Le due vie di Parmenide

1. L’ontologia di Parmenide

  • Il poema, la sua ambientazione religiosa, il suo tono sapienziale.
  • Esperienza sacra della ricerca e della scoperta della Verità.
  • Richiamo agli ambiti principali della filosofia: metafisica, gnoseologia, etica.
  • Centralità della nozione di “essere”: nascita dell’ontologia.
  • Le due vie, dell’essere e del non essere.

2. Rigida corrispondenza fra essere e pensiero

  • Pensare e dire l’essere: i rapporti fra realtà, pensiero e linguaggio.
  • Parmenide adotta un rigido parallelismo fra realtà, pensiero e linguaggio.
  • Non si può pensare l’essere se non come essere necessario.
  • Impossibilità di pensare e dire il non essere.

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Studiare mod.2 par.4 (pagg.59 – 61).
Lettura T6: Parmenide “Il sentiero dell’essere” (B 1 – 2).
Appunti on-line su “Realtà, pensiero e linguaggio”.
9. Modalità
Vedi appunti.

10. L’essere secondo Parmenide

1. La ben rotonda verità

  • Che cosa è e non può non essere? Ciò che penso e dico: il pensiero e il dire è solo dell’essere.
  • Ciò che è, è ingenerato e imperituro. Problema se abbia un’esistenza temporale ininterrotta o un’eternità atemporale.
  • Ciò che è, in quanto ingenerato, ha un’esistenza uniforme.
  • Ciò che è, ha un’esistenza uniforme, è indivisibile e continuo e dunque è uno.
  • Ciò che è, è immobile.
  • Ciò che è, è perfetto, compiuto, senza diversità di sorta.

2. Eventuale possibilità di un altro tipo di discorso

  • La via del non essere è sicuramente sbagliata.
  • Possibilità di una terza via, in cui essere e non essere siano mescolati: la via del divenire.
  • Seguendo il mondo del divenire, gli uomini diventano bicefali: accettano pensieri contraddittori, sull’essere e il non essere della medesima cosa.
  • Da ultimo non si distingue adeguatamente fra essere e non essere, riconoscendo che anche il non essere è.
  • La via del divenire è ricondotta allora alla via del non essere. Non si danno gradi di realtà, intermedi fra l’essere e il non essere.
  • Non con i sensi, ma solo con la ragione si deve giudicare.

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Studiare mod.2 par.4 (pagg.61 – 65).
Letture T7 (B 6) – 8 (B 7) – 9 (B 8).

11. I paradossi di Zenone

1. L’argomentazione indiretta

  • Dimostrazione per assurdo: la negazione della tesi conduce ad un’assurdità.
  • Nozione di implicazione e di assurdità.
  • Legge logica della doppia negazione.

2. La ragione contro i sensi

  • I sensi mostrano che il movimento esiste, la ragione mostra l’inaccettabilità del concetto di movimento.
  • La pretesa dei sensi è assurda: se il movimento è concettualizzato, entra in conflitto con i sensi stessi.

3. Gli argomenti di Zenone

  • Argomento della dicotomia e argomento di Achille e la tartaruga: il movimento è impossibile perché si realizza in un’infinità di spazi.
  • Argomento della freccia: il movimento è impossibile perché avviene in istanti successivi.
  • Argomento del Grande e del Piccolo: nulla è (anche solo concettualmente) divisibile. Divisibilità significherebbe infinite parti, che non si concilierebbero con la finitezza del tutto di cui sono parti.

4. Melisso

  • L’essere parmenideo, non essendo limitato da altro, è infinito.
  • È infinito anche nel tempo: eternità come durata infinita.
  • Essendo infinito spazialmente, per non aver parti deve essere incorporeo.

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Studiare mod.2 par.4 (completamento). Lettura T10.

12. Il naturalismo pluralista

1.I pluralisti

  • Ricerca di un accordo fra sensi e ragione.
  • Insufficienza di un unico principio (monismo), necessità di “ampliare la tavolozza” (pluralismo).
  • Molteplicità di elementi ‘parmenidei’ qualitativamente differenziate e variamente composti.
  • Regola del rasoio: individuare l’insieme più ristretto di principi compatibile con la spiegazione della varietà empirica.

2. Empedocle

  • Congiunzione di elementi già singolarmente utilizzati da predecessori: acqua, terra, aria, fuoco.
  • Interpretazione delle ‘radici’ in termini di coppie di qualità basilari: caldo-freddo, secco-umido.
  • Coppia di principi attivi contrapposti: amore e odio, ossia composizione e scomposizione.

3. Anassagora

  • Difficoltà di ridurre la enorme varietà di qualità alla composizione di poche qualità di base.
  • Semi: tanti sono gli elementi di base quante sono i tipi di cose macroscopici; p.es. del latte, dell’erba, del dente.
  • Tutto è in tutto: nell’erba il latte, nel latte il dente.
  • Modello del ‘filtraggio’: gli elementi prima in ‘minoranza’ diventano poi ‘maggioritari’.
  • Sostanziale vacuità della mente quale supposto principio attivo.

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Studiare mod.2 par.5 (pt.1: pagg.70 – 75).

13. La fisica di Democrito

1. Atomi a fondamento della realtà fisica

  • Ciò che è infinitamente divisibile si riduce ad un punto, che è un non essere: e dal non essere non si può ottenere l’essere.
  • Allora, mentre in geometria ogni grandezza va considerata come divisibile, nel mondo fisico i corpi vanno considerati come riducibili a particelle minime che sono indivisibili, gli atomi.
  • Gli atomi hanno caratteristiche dell’”essere parmenideo”: ingenerabili e indistruttibili, continui, unità perfette.
  • L’atomismo non cade prigioniero dei paradossi di Zenone.
  • Materialismo: tutto ciò che esiste è costuito da corpi composti esclusivamente di materia.
  • Concezioni opposte al materialismo: p.es. il dualismo, l’idealismo.
  • Gli atomi non hanno qualità, ma solo determinazioni quantitative: forma, posizione, ordine.
  • Esistono infiniti atomi e infinite varietà di atomi.
  • Differenze rispetto a Empedocle e Anassagora: gli atomi non sono “colori su una tavolozza”, non sono portatori di qualità osservabili da mescolarsi in quantità opportune.

2. I moti degli atomi

  • Gli atomi, in quanto costituitivi di un mondo fisico che cambia, cambiano a loro volta.
  • Ma l’unico cambiamento che gli atomi possono subire è di posto: ogni cambiamento nel mondo fisico dipende da un cambiamento di posto degli atomi.
  • Perché gli atomi possano muoversi deve esistere il vuoto, che paradossalmente ha caratteristiche del “non essere parmenideo”: quindi, il ‘non-essere’ esiste quanto l’essere!
  • La posizione eleatica: “siccome il vuoto non esiste, allora il moto non è possibile” viene ribaltata: “siccome il moto è possibile (giacché esiste), allora anche il vuoto esiste”.
  • Alternativa per una fisica del tutto-pieno: i vortici.
  • Gli atomi non possono generare il proprio movimento, dovendolo ricevere dall’esterno.
  • In particolare, gli atomi non hanno pesantezza intrinseca.

3. Interazioni fra atomi

  • Il movimento degli atomi è ingenerato e indistruttibile, al pari degli atomi stessi.
  • Gli atomi si scambiano reciprocamente il movimento mediante urti.
  • Meccanicismo: contatto o urto come unica interazione dinamica possibile fra corpi.
  • Concezioni opposte al meccanicismo: p.es. l’azione a distanza.
  • Determinismo: i fenomeni che accadono non possono non accadere, ossia accadono in modo necessario; ogni fenomeno è necessariamente causato dalle circostanze antecedenti.
  • Concezioni opposte al determinismo: p.es. il caso.
  • In che senso Democrito può essere considerato colui “che 'l mondo a caso pone” (Dante).
  • Ogni stato di cose è spiegato in termini di stati di cose precedenti, senza che ci sia una spiegazione iniziale.
  • Assenza di un principio esterno attivo e ordinatore.

4. Atomi, corpi e mondi

  • Gli atomi costituiscono i corpi macroscopici in quanto si aggregano reciprocamente.
  • Mentre gli atomi sono eterni, i corpi non lo sono.
  • Aggregazione fra atomi: incastri e uncini. Confronto con le concezioni scientifiche moderne.
  • L’aggregazione è favorita nel caso in cui gli atomi, con moti circolari (vortici), possono raccogliersi in gruppi omogenei (solo principio d’ordine possibile).
  • Aggregazioni su larga scala costituiscono interi mondi.

Per casa

Studiare mod.2 par.5 pt.2 (pagg.76 – 78)
Lettura T13: Democrito “Logica non contro, ma con l’esperienza” (titolo poco convincente!).

14. Il corpo, la mente e la società

1. Vita psichica

  • La vita psichica è dovuta esclusivamente alla presenza nell’organismo di ‘atomi psichici’, di natura simile al fuoco.
  • La vita psichica termina con la disgregazione del corpo.
  • Problema di come sia concepibile che la materia possa avere una vita psichica.

2. Gnoseologia materialistica

  • Sensazioni per contatto, in primo luogo il tatto. Gli altri sensi sono forme indirette di tattilità, mediante cui l’oggetto sentito entra in contatto con il soggetto senziente.
  • Teoria della visione fondata sugli εἴδωλα, superfici materiali che si staccano dall’oggetto e giungono al soggetto colmando l’intervallo spaziale.
  • Problemi della teoria degli εἴδωλα: ruolo della luce, consumo progressivo degli oggetti, rimpicciolimento ‘programmato’ degli εἴδωλα per poter entrare nell’occhio.
  • Qualità degli oggetti percepiti (in primis i colori) come modalità soggettive di risposta alla stimolazione sensoriale.
  • La conoscenza razionale supera e guida la conoscenza sensoriale. Ma anche il pensiero da ultimo si fonda sugli εἴδωλα.
  • Problema: come può un pensiero razionale, che si fonda sull’evidenza sensoriale, ritenere che in realtà le proprietà sensoriali non esistono.

3. Etica e politica

  • Etica immanentistica della tranquillità dell’animo. Interesse per se stessi come centro della moralità, benessere come scopo finale da raggiungere.
  • Convenzionalità del linguaggio e delle leggi.

4. Medicina ippocratica

  • Naturalismo medico: salute e malattia sono fenomeni naturali causati da altri eventi naturali.
  • Metodo che unisca esperienza e ragionamento. Dai sintomi alla diagnosi alla terapia.
  • Medicina non invadente né presuntuosa. Mira alla salute come armonia dei quattro umori.
  • Il giuramento ippocratico. Il principio di beneficenza. Gli assunti di base della bioetica.

Per casa

Studiare mod.2 par.5 pt.3 (pagg.79 – 82).
Lettura on-line: “Il giuramento ippocratico”.
Lettura: “Ippocrate e la bioetica” (pagg.109-10).

15. I sofisti

1. La varietà degli interessi

  • Nella democrazia ateniese esiste un mercato per insegnamenti volti a migliorare le capacità concernenti gli ambiti politico e giudiziario.
  • Sofisti sono detti coloro che si propongono per tali insegnamenti, dalla grammatica alla retorica.
  • Argomentazione senza verità, rispetto alla verità senza argomentazione dei presocratici.
  • Varietà di interessi e di punti di vista nella partecipazione alla vita della città: necessità di un uso flessibile del discorso.
  • Centralità delle virtù politiche possedute da tutti gli uomini ma che devono essere sviluppate mediante l’educazione.
  • Conosciamo i sofisti prevalentemente dai dialoghi platonici, in cui essi sono descritti come falsi filosofi, contrapposti a Socrate, vero filosofo.

2. Il relativismo di Protagora

  • Disponibilità a prendere qualsiasi parte in una discussione, rendendo più forte il discorso più debole. La disputa con l’ex-allievo insolvente Evalto (il paradosso dell’avvocato).
  • Incertezza sulle questioni fondamentali: la vita umana è troppo breve e la questione troppo oscura perché si possa sperare di stabilire se gli dèi esistono.
  • Relativismo gnoseologico: uomo misura di tutte le cose. Verità relativizzata a singoli punti di vista: non “vero” ma “vero-per-qualcuno”. È una forma di scetticismo?
  • Differenza rispetto a Democrito: non esiste una verità assoluta oltre l’apparenza soggettiva.
  • Varie interpretazioni: uomo come individuo, come gruppo sociale, come specie.
  • Fenomenismo: la realtà coincide con ciò che appare.
  • Relativismo etico. Diversità di valori e di costumi, non passibile di discussione razionale.
  • Punto di vista ulteriore al relativismo: l’utilità.

3. Il nichilismo di Gorgia

  • Grande retore, nell’encomio di Elena fornisce un esempio della forza del discorso, sollevando anche il tema della libertà del volere.
  • Rovesciamento del parallelismo parmenideo fra realtà, pensiero e linguaggio.
  • Nichilismo ontologico: niente esiste. Infatti l’essere non potrebbe essere né generato né ingenerato (in tal caso sarebbe illimitato, ma allora nessun luogo potrebbe contenerlo).
  • Nichilismo gnoseologico: niente di ciò che esistesse sarebbe pensabile. Infatti, se esistono oggetti di pensiero che non esistono, allora tutti gli oggetti di pensiero non esistono. È un argomento valido?
  • Nichilismo linguistico: niente di ciò che fosse pensabile sarebbe dicibile. Infatti, sono eterogenei la parola e l’oggetto che essa dovrebbe esprimere.
  • Funzione esclusivamente persuasiva del linguaggio.
  • Prodico: il linguaggio è flessibile grazie anche alla presenza di sinonimi, che consentono di ‘cavillare’.

Per casa

Studiare mod.4 parr.1 – 3 (pagg.152 – 163).
Lettura T6: Protagora “L’uomo è misura di tutte le cose”.

16. Socrate e i sofisti

1. La critica di Socrate ai sofisti

  • Come con i sofisti, l’interesse riguarda il problema di come vivere.
  • La soluzione va trovata introspettivamente, consultando la propria anima: “conosci te stesso”.
  • L’aiuto di un interlocutore ci aiuta a trovare dentro di noi la soluzione (maieutica).
  • Socrate reagisce al relativismo dei sofisti: nella misura in cui si discute, si mostra di non accontentarsi del relativismo.
  • Socrate reagisce al presunto sapere dei sofisti: egli si considera filosofo anziché sapiente.
  • Per considerarsi filosofi bisogna ammettere di sapere di non sapere, e nondimeno di volere persistere nella ricerca del sapere.

2. Il dialogo socratico

  • Lo strumento privilegiato per la ricerca della verità è il dialogo.
  • Il dialogo consente un’indagine oggettiva.
  • Il dialogo si avvale delle regole della logica.
  • Il dialogo tende alla verità mediante la confutazione.
  • Nel dialogo vince solo la verità.
  • La preminenza della confutazione invita ad un atteggiamento ironico.
  • Il dialogo socratico prende spunto da aspetti comuni dell'esperienza di ogni uomo.

3. Ancoraggi per il linguaggio

  • L’indagine socratica mira a contrastare la mobilità e adattabilità linguistica patrocinata dai sofisti.
  • Un particolare uso linguistico può esemplificare un dato concetto, ma ogni concetto, per la sua generalità, trascende il caso particolare, e deve essere colto in ciò che accomuna tutti i suoi usi particolari.
  • Il difetto principale di chi non conosce il proprio oggetto è mancare di indicare l’essenza della cosa: p.es. di mostrare cosa renda santa un’azione che si ritiene santa.

4. La definizione

  • La definizione consiste nel dare il significato di un’espressione linguistica, tipicamente una parola.
  • Il significato ricercato viene espresso in termini di altre espressioni di cui già si conosca il significato. Quindi, la definizione di un’espressione si basa su concetti già posseduti.
  • Una definizione può concernere un’espressione linguistica di cui già si conosca il significato ma in modo solo approssimativo o intuitivo, al fine di precisarlo ed esplicitarlo utilizzando altri concetti posseduti in modo migliore.
  • In relazione ad un concetto approssimativo o intuitivo, la definizione non deve eccedere né per genericità né per specifcità.
  • Inoltre una definizione non deve essere circolare.
  • Criterio dell’intersostituibilità fra definiens e definiendum.
  • Una definizione può essere valutata come conveniente (per innovazioni linguistiche) o corretta (rispetto a usi linguistici preesistenti), ma non come vera: le definizioni hanno sempre una natura di convenzioni, di stipulazioni.
  • Altre proposizioni, per altro, possono essere considerate vere per definizione.

Per casa

Studiare mod.4 parr.5-6 (pagg.169-75).
Lettura T13: Socrate – Platone “La definizione di santità”.

17. Definire la virtù

1. La natura della virtù

  • Cosa è, per la cultura greco-antica, la virtù.
  • Varietà di virtù: giustizia, santità, coraggio, temperanza, sapienza.
  • Tutte le virtù sono riconducibili alla conoscenza.
  • La virtù, in quanto conoscenza, è una disposizione permanente ma rafforzabile.

2. Lettura dal dialogo platonico Protagora: ‘Coraggio e conoscenza’

  • Procedere dell’argomentazione attraverso proposte o contestazioni di connessioni concettuali: p.es. coraggio – temerarietà o buono – bello – piacevole.
  • Importanza delle domande ben poste: arte maieutica.
  • Opportunità di critica costruttiva offerto dal dialogo: interesse per l’interlocutore partecipante, disinteresse per l’opinione della gente.
  • Importanza che sui singoli passaggi sia recuperato il consenso fra gli interlocutori.
  • Dialogo come lunga catena argomentativa: conclusioni di passaggi precedenti diventano premesse di passaggi successivi.
  • Progressivo rimodellamente delle intuizioni iniziali, verso la tesi intellettualistica: non vi è virtù che non sia fondata sul sapere.

Per casa

Studiare mod.4 parr.7-8 (pagg.176 – 185).
Lettura on-line dal Protagora “Coraggio e conoscenza”.

Per casa (supplemento assegnato il 27.11)

Esercitarsi nel redigere uno schema logico per la lettura “Coraggio e conoscenza”.
18. Definire la definizione

1. Perché definire

  • La definizione concerne il rapporto fra un’espressione linguistica (una parola o un enunciato di una lingua data) e un significato: essa attribuisce a un’espressione il suo signiticato (concetto o proposizione).
  • Non si necessita di una definizione nella misura in cui si ha una conoscenza adeguata delle espressioni linguistiche con cui si opera.
  • Si necessità di una definizione se si vuole usare un’espressione linguistica di cui non si conosce il significato, p.es. un termine di una lingua strainera.
  • Specificare la definizione è necessaria anche se il significato, pur noto, è ritenuto non sufficientemente preciso. Ciò è quanto spesso appare nei dialoghi platonici.
  • La richiesta di definizioni risponde spesso ad un’esigenza pragmatica piuttosto che logica, in quanto la definizione ha per lo più un valore relativo alla situazione, e non assoluto.
  • Ma la ricerca della definizione in Socrate, e poi Platone, mira invece a definizioni dotate di valore assoluto, in quanto miranti a esplicitare in modo definitivo la natura ultima, l’essenza, delle cose cui il termine definito si applica.

2. Come definire

  • Formalmente la definizione è una sorta di equazione fra espressioni linguistiche:

……………………… =df ___________   _________   ___________  _________
dove le parti sottolineate sono lacune da riempire con espressioni linguistiche.

  • A sinistra è l’espressione da definire, detta definiendum. A destra l’insieme, detto definiens, delle espressioni che realizzano la definizione.
  • Una definizione è corretta se il significato del definiens è equivalente al significato del definendum.
  • Tipicamente le definizoni concernono termini linguistici, quali i nomi comuni, che esprimono proprietà universali. Il caso dei nomi propri viene qui lasciato da parte.
  • Per il suo carattere universale, il significato di un nome comune non può essere specificato facendo soltanto riferimento a casi particolari cui esso si applica.
  • Il significato delle espressioni nel definiens deve essere considerato, almeno provvisoriamente, come già posseduto.
  • Dubbi sul significato di un’espressione nel definiens la trasformano in un definiendum, e rendono necessaria un’ulteriore definizione.
  • Ma non si può richiedere che, affinché una definizione sia valida, ogni espressione nel suo definiens sia a sua volta definita: altrimenti si cadrebbe in un regresso all’infinito.
  • Non si può mettere contemporaneamente in discussione il significato di tutte le espressioni di un linguaggio.
  • Un complesso di definizioni può (ma non deve) metter capo ad un insieme di espressioni ‘primitive’, non introdotte mediante definizioni, e capaci di fornire i mezzi per definire tutte le altre espressioni del complesso. Vedi gli Elementi di Euclide.

3. Possibili difetti di una definizione

  • Una definizione è difettosa se:
    • se il defiendum (o un suo derivato morfologico) ricorre entro il definiens.
    • se il definiens non è sostituibile in ogni sua occorrenza al definiendum (in particolare, se non appartiene alla medesima categoria logico-grammaticale);
    • se qualche espressione nel definiens è meno 'accettabile' del definiendum, in quanto è meno comprensibili, dotati di un significato meno preciso o meno familiare.
    • se il definiens non si applica a tutti e soli gli individui (cose, oggetti) a cui si applica il definiendum, essere dunque più esteso o meno esteso.

4. Definizioni e cambiamento concettuale

  • Le definizioni servono a ‘fissare’ in modo univoco concetti a espressioni linguistiche.
  • Capita talvolta che un’espressione sia fissata a più significati: lo consideriamo un ‘incidente di percorso’, e parliamo di omonimia.
  • L’ominimia può essere ingannevole perché ingenera ambiguità; se non basta il contesto, possiamo evitare l’ambiguità di espressioni scritte con accorgimenti fonetici (p.es. “pèsca” vs “pésca”) o grafici (p.es. “Stato” vs “stato”) o altro ancora.
  • Si deve convenire sulle definizioni per potere dissentire su ciò che mediante tali espressioni si vuole esprimere. Due persone non possono essere in disaccordo effettivo sulla bontà di una terza persona se definiscono diversamente la parola “bontà”.
  • Quindi, una definizione è virtualmente pensata come ‘eterna’ da colui che la propone: quale che sia l’argomento, quella parola dovrebbe essere intesa sempre nello stesso modo.
  • Poi di fatto le cose non vanno così: la parola “virtù” è stata intesa in modo molto diversi da Omero ai nostri tempi. Ma capire come ciò accade richiede considerazioni più complesse.

Per casa

Appunti on-line: “Definire la definizione” con relativi esercizi.

19. La ricerca della virtù

1. L’anima e la virtù

  • L’uomo è fondamentalmente la propria anima, mentre ha il proprio corpo.
  • La virtù, per l’anima, consiste nell’esercizio delle funzioni razionali.
  • L’uomo deve prendersi cura della propria anima agendo virtuosamente.
  • Etica razionalistica e non relativistica.
  • Il bene coincide con la felicità, non sempre con il piacere.
  • La consapevolezza della propria ignoranza (“demone”) può indurre ad astenersi dall’agire.

2. Insegnamento della virtù

  • La virtù, in quanto conoscenza, è insegnabile.
  • L’insegnamento deve rivolgersi alla formazione di un’anima equilibrata, non alla formazione di capacità specialistiche
  • L’insegnamento deve prescrivere non singole azioni, ma un atteggiamento complessivo.

3. L’anima e la città

  • Per prendersi cura della propria anima è bene subire piuttosto che commettere ingiustizia.
  • Gratitudine verso la città: il filosofo deve impegnarsi per migliorare i suoi concittadini.
  • Lealismo verso la città: il cittadino, in quanto ha ricevuto benefici dalle leggi, deve anche accettarne eventuali danni.
  • Violare le leggi della città significherebbe contraddirsi consapevolmente e quindi rendere cattiva la propria anima.
  • Il rispetto assoluto delle leggi testimonia il superamento di una concezione elitaristica e amorale di virtù, in nome di una eguaglianza di tutti gli uomini di fronte alla legge.

Per casa

Letture T9 “La difesa di Socrate e l’importanza del filosofare”; T12 “Socrate e le leggi”.

20. Legge, natura e paradosso

1. Norme sociali

  • Natura descrittiva delle leggi di natura. Descrivono dati di fatto, un ordine immutabile. Utilizzabili per spiegare.
  • Natura prescrittiva delle leggi dello Stato. Indicano una norma che può essere violata, ma la cui violazone comporta una sanzione.
  • Altre forme di prescrizioni: educazione familiare, usanze sociali, bon ton.

2. Sofisti e socratici sulle norme sociali

  • Antifonte: leggi sociali come convenzioni che non reggono il confronto con le leggi di natura.
  • Trasimaco e Callicle: legge sociale come espressione dell’utile del più forte.
  • Cinici: autosufficienza e anarchia del filosofo, disprezzo per le convenzioni sociali.
  • Cirenaici: la felicità come uso ragionevole dei piaceri.

3. Dal sofisma al paradosso

  • Eristica come sviluppo della sofistica: fornire sofismi, ossia argomenti volti solo a vincere in una contesa, ma fallaci, ossia validi solo in apparenza.
  • Non sempre è facile comprendere cosa renda fallace un argomento: stimolo per la riflessione logica.
  • Alcuni sofismi si basano su ambiguità, evitabili con adeguate definizioni dei termini.
  • Radice di molti sofismi nell’ambiguità elatica fra essere esistenziale ed essere predicativo: “Teeteto non è sapiente”, quindi “Teeteto non è”, quindi “Teeteto è morto”.
  • Eredità zenoniana, ma il paradosso non è più usato per consolidare la posizione eleatica.
  • Non tutti i paradossi dipendono da fallacie; possono condurre a conclusioni vere, ma controintuitive e capaci dunque di scardinare opinioni consolidate

4. I paradossi megarici

  • Megarici: il paradosso come via al filosofare.
  • Paradosso dell’incapucciato.
  • Paradosso dell’uomo cornuto.
  • Paradosso dell’uomo calvo (o del mucchio).
  • Paradosso del mentitore.

Per casa

Studiare mod.4 parr.4 (pagg.165-167) e 9 (pagg.185-9).
Appunti on-line: “I paradossi”.

21. Platone: la comunicazione del sapere

1. Platone e Socrate

  • Continuità di temi da Socrate a Platone: filosofia come ricerca, centralità della virtù, la virtù come scienza.
  • Dialoghi giovanili, della maturità, della vecchiaia. Problemi di autenticità e datazione.
  • Proposta di una teoria metafisica a sostegno della concezione socratica sulla verità e la virtù.

2. La comunicazione delle conoscenze

  • L’assunzione del genere dialogico come il più vicino all’oralità.
  • Funzione subordinata della comunicazione scritta nei confronti della comunicazione orale.
  • Ricorso al mito: suo uso filosofico, meta-filosofico, pre-filosofico.
  • Presenza di dottrine platoniche non scritte.

3. Scrittura e apprendimento: lettura dal Fedro “Il mito di Teuth”

  • La scrittura come potenziale minaccia all’apprendimento.
  • Problema: dove sta la conoscenza? dove sta il nostro pensiero?
  • Problema: a quali condizioni un’affermazione diventa opinione? E conoscenza?
  • Problema: a quali condizioni un libro ci può parlare?

Per casa

Studiare mod.5 par.1 (pagg.244–9).
Lettura T1: dal Fedro “La scrittura e il dialogo: il mito di Theuth” (pagg.293-5).

22. L’ancoraggio del sapere

1. La conoscenza e la comunicazione esigono concetti perfetti, immutabili, condivisi

  • Gli uomini assumono comunemente di avere conoscenza.
  • La conoscenza deve render conto di sé. In primo luogo, deve rendere conto dei concetti che utilizza.
  • Possedere un concetto significa dire se e perché due cose particolari sono simili fra loro, ossia uguali sotto un certo punto di vista.
  • Giudicare l’uguaglianza di due cose comporta avere un criterio di uguaglianza.
  • Il possesso condiviso di concetti perfetti e immutabili garantisce il successo della comunicazione.

2. Antecedenza del criterio

  • Cose particolari, se uguali fra loro, lo sono solo in modo limitato, approssimativo, relativo.
  • L’uguaglianza fra cose particolari suscita il pensiero dell’uguale in sé.
  • L’idea dell’uguale in sé non deriva però dall’esperienza, perché non è ivi realizzata.
  • Il pensiero dell’uguale in sé è simile alla rievocazione di un ricordo.
  • L’idea dell’uguale in sé è presupposta dal giudicare come uguali due cose particolari.

3. La realtà delle idee

  • La mente ha idee di cose “in sé”: servono da criteri per l’esperienza, ma sono originate altrove.
  • Principio parmenideo: ad ogni pensiero deve corrispondere una realtà di livello adeguato.
  • Il contenuto superiore delle idee riflette un livello d’essere superiore a quello empirico.
  • Le idee sono enti perfetti, immutabili, separati, condivisi (accessibili a ciascun uomo), universali, unici (per ciascun genere di cose empiriche).
  • Le idee hanno un comune modo d’essere: sono tutte nell’iperuranio.

4. Le idee e il mondo empirico

  • Tre modi diversi di essere delle idee: separate, nelle cose empiriche, nelle menti.
  • Le idee nelle cose empiriche: imitazione, partecipazione, manifestazione.
  • Ogni cosa empirica, essendo di un certo genere, è copia di una idea, che essa imita.
  • Ogni cosa empirica, avendo certe qualità, partecipa di certe idee.
  • Le idee come causa delle corrispondenti cose empiriche: le fanno essere quello che sono.
  • Confronto fra causa fisica (movimenti della parti del corpo) e causa razionale (intenzione).
  • Le idee come vere cause esibiscono ciò che è il miglior modo di essere.
  • Risoluzione del problema del divenire: idee come essenze stabili di un esistente in continuo divenire.
  • Risoluzione del problema della molteplicità: più cose empiriche, pur distinte, possono essere copie di una medesima idea.

Per casa

Studiare mod.5 par.2 (fino a pag.257).
Lettura T6: dal Fedone “La seconda navigazione”
Lettura T7: dal Fedone “Perché le idee”.

23. L’anima e le idee

1. L’anima conoscitrice delle idee

  • L’anima coglie l’in sé, come criterio di giudizio per le cose empiriche.
  • L’esperienza non insegna l’in sé, ma consente solo di rievocarlo.
  • La conoscenza dell’in sé deve avere avuto orgine prima dell’esperienza.
  • Ipotesi ragionevole della preesistenza delle anime al corpo e di una loro frequentazione dell’iperuranio.
  • Argomento del Menone: non si può cercare ciò che non si conosce.

2. L’immortalità dell’anima

  • Argomento della ciclicità dei contrari.
  • Argomento della semplicità: connessione fra semplicità, immutabilità, intelligibilità, e fra composizione, mutevolezza, sensibilità.
  • Natura analogica dell’argomento della semplicità. Carattere induttivo dell’analogia.
  • Argomento dell’anima come principio di vita.

Per casa

Studiare mod.5 par.3 prima parte (pagg.257 – 260).
Lettura T13: dal Fedone “L’anima è simile alle idee: l’argomento dei composti”.

24. I desideri dell’anima

1. L’anima possiede le facoltà del conoscere e del desiderare

  • Tripartizione dell’anima, rappresentata dal mito della biga alata.
  • Parte irascibile: entusiasmo e determinazione a servizio di un ideale.
  • Parte concupiscibile: l’anima al servizio delle esigenze del corpo.
  • Lotta fra ragione e passioni. Il predominio della ragione consente all’anima di mantenere la propria unità.
  • Dualismo anima / corpo.

2. Il destino dell’anima

  • Periodico ritorno dell’anima alla contemplazione delle idee nell’iperuranio.
  • L’efficacia della contemplazione dipende da come viene effettuata: dipende dalla purificazione compiuta (esemplificata dalla docilità della coppia di cavalli).
  • Anche gli dèi si nutrono delle idee, contemplandole in modo completo.
  • Il destino di un’anima non è fissato una volta per tutte: una vita dedita alla purificazione consente di migliorare la propria vicinanza alle idee.
  • In base alla purificazione conseguita l’anima sceglie il nuovo corpo in cui reincarnarsi (mito di Er).

3. Sapere come passione

  • Il conoscere ha bisogno del desidero: la curiosità.
  • Disvelamento emozionante delle idee esemplificato dalle cose belle.
  • Amore intellettuale come ‘divina mania’ che ‘fa spuntare le ali’ all’anima.
  • Il conoscere le idee produce i segni della passione.

4. Il Simposio

  • I diversi discorsi:
  • Fedro: l’amore nobilita chi ama, il quale viene ad avere qualcosa di divino in sé;
  • Pausania: l’amore celeste distinto da quello volgare perché ha una norma spirituale;
  • Erissimaco: dimensione cosmica dell’amore, quale principio di armonia;
  • Aristofane: amore come forza metafisica che spinge al ricongiungimento;
  • Agatone: amore è il dio più nobile, che possiede le qualità migliori;
  • Socrate (Diotima): ciò può essere vera unità solo con il Bene,
  • Alcibiade: Socrate testimonia con la sua vita la tensione verso la vera bellezza.
  • Finale: la vera poesia pertiene non alla commedia o alla tragedia, ma alla filosofia.

5. Amore e generazione, nel corpo e nell’anima

  • La filosofia è come Eros, figlio di Poros e Penia.
  • Esistenza costantemente mediana fra l’avere e non avere, fra l’umano e il divino, tra la vita e la morte, tra il sapere e l’ignorare.
  • Eros non ha mai riposo, sempre alla ricerca di ciò che manca.
  • Eros non si accontenta di ciò che ha minor valore.
  • La ricerca del conoscere deve risalire alla realtà più fondamentale.
  • Accostamento fra amore e generazione, sia nel corpo che nell’anima (i discorsi).

Per casa

Studia mod.5 par.3 seconda parte (pagg.260 – 261) e par.4.
Lettura T14: “Il mito del carro alato”, T17: “L’amore come divina mania”.

25. Gradi di realtà e di conoscenza

1. Il mito della caverna

  • Nozione di livelli di realtà: criterio fondamentale della dipendenza (X non ci sarebbe se non ci fosse anche Y).
  • Criteri addizionali: naturale / artificiale, originale / copia, durevole / transitorio.
  • Riconduzione della sequenza di oggetti incontrati ad una gerarchia ontologica.

2. Valore simbolico del mito

  • Relazioni fondamentali nella caverna: fra 1. oggetti artificiali (copie di oggetti naturali) sporgenti dal muricciolo; 2. loro ombre proiettate sulla parete della caverna; 3. fuoco.
  • Corrispondenti relazioni fondamentali all’aria aperta: fra 1. alberi (oggetti naturali); 2. loro riflessi nel lago; 3. Sole.
  • Struttura comune: una realtà originaria si manifesta in una sua copia tramite un principio di vita (essere) e conoscenza.
  • Gli oggetti della caverna stanno agli oggetti all’aria aperta come tutte le cose del mondo empirico stanno alle idee.

3. Sole / Idea del bene

  • Il fuoco permette la vita, la conoscenza e la piacevolezza nella caverna, il Sole permette la vita, la conoscenza e la piacevolezza all’aria aperta.
  • Fuoco / Sole come principio ontologico, gnoseologico e assiologico.
  • Al Sole corrisponde nell’iperuranio la Idea suprema del Bene, che esprime in unità cosa hanno in comune tutte le idee.

4. La linea spezzata

  • La conoscenza di oggetti più elevati è una conoscenza più elevata.
  • Una conoscenza migliore fa capire meglio la natura dell’oggetto e la sua collocazione nel sistema di tutte le cose.
  • Divisione maggiore: opinione – intellezione, relative a: mondo del divenire – mondo delle essenze.
  • Divisione minore entro ciascun ambito: conoscenza originaria – conoscenza derivata.
  • Continuità di rapporto fra porzioni contigue. Le realtà sensibili consentono di proiettarsi sulle realtà intelligibili.

Per casa

Studiare mod.5 par.5
Lettura T10: “Il mito della caverna” e T11 “Il significato del mito”.

26. La giustizia nello Stato

1. La giustiza, individuale e collettiva

  • Giustizia come virtù riassuntiva, che qualifica le situazioni in cui le cose vanno come devono andare.
  • Difficoltà a specificare in che cosa la giustizia consista per il singolo individuo, giacché essa rimanda ad un orizzonte globale.
  • Più agevole l’analisi dellla giustizia nello Stato, inteso come individuo in grande. Modello organicistico dello Stato.

2. L’organizzazione dello Stato

  • La giustizia nello Stato può essere meglio compresa considerando come lo Stato nasce.
  • Modello genetico: se lo Stato non ci fosse, lo si dovrebbe realizzare.
  • Importanza delle istituzioni: anche se i cittadini fossero individualmente retti, potrebbero soffrire collettivamente.
  • Lo Stato deve ingrandirsi fino ad una dimensione ottimale in base al principio della cooperazione e della divisione del lavoro.
  • Le ‘tre ondate’.
  • 1. Uguaglianza di uomini e donne.
  • 2. Comunismo dei ‘privilegiati’. Collettivismo: a dover essere felice è la comunità piuttosto che l’individuo.
  • 3. Coincidenza fra sapere e saper fare. Dovere del governo.

3. L’educazione dei cittadini

  • L’educazione non può che perfezionare le disposizioni naturali.
  • Percorso di graduale selezione. Mito dei figli della terra.
  • Educazione iniziale ‘spartana’: ginnastica e musica, per sentirsi votati al gruppo di appartenenza.
  • Saperi superiori: come secondo la linea spezzata.
  • Estetica platonica: uso limitato della rappresentazioni artistiche. Arte come imitazione di imitazione. O anche: conoscenza dell’utilizzatore, del produttore, dell’artista.

4. Filosofia della storia

  • Lo Stato prospettato da Platone è un ideale, in cui il fattore umano prevale su quello istituzionale.
  • Ogni Stato può decadere perché ogni essere umano è soggetto all’errore.
  • Seconda scelta è lo Stato governato da leggi.
  • Possibile percorso di decadenza: aristocrazia – timocrazia – oligarchia – democrazia – tirannide.
  • Con le forme di Stato peggiorano i caratteri dei cittadini.
  • Ai cicli dello Stato corrispondono i cicli delle anime individuali: il mito di Er.

Per casa

Studiare mod.5 par.6.
Letture da La Repubblica. T20: “Il mito dei figli della Terra”, T21: “Il comunismo platonico”, Lettura T22: “Lo Stato e i cittadini”

29. Revisione della teoria delle idee

1. Le difficoltà del rapporto fra uno e i molti (dialogo “Il Parmenide”)

  • Non è plausibile ammettere idee per ogni genere di cose (non per le cose ‘sporche’).
  • Argomento del ‘terzo uomo’: si cade in un regresso all’infinito.
  • Se le idee sono ontologicamente diverse dalle cose molteplici, non possono interagire con esse, e quindi non possono spiegare né la loro esistenza né la loro conoscibilità.

2. Le relazioni fra idee e cose (dialogo “Il sofista”)

  • Prevalenza della relazione di partecipazione su quella di somiglianza.
  • Risolto il problema delle idee per le cose ‘sporche’.
  • Risolto il problema del terzo uomo: le cose non somigliano alle idee di cui partecipano.

3. Le relazioni fra le idee (dialogo “Il sofista”)

  • Le idee sono reciprocamente connesse, costituendo una rete gerarchica (sorta di anticipazione delle reti semantiche).
  • Alla sommità vi sono alcuni generi sommi: essere, identico, diverso, moto, quiete.
  • Il non-essere parmenideo è sostituito dal non-essere-qualcosa, ossia dall’essere-diverso-da: si può dunque pensare e dire il non-essere.
  • La dialettica viene reinterpretata come analisi dei rapporti fra idee.
  • Ricorso al metodo diairetico. La definizione di ciò che un oggetto è si ottiene anche attraverso il chiarimento di ciò che esso non è.

Diventa possibile definire cosa sia la verità e cosa la falsità: il discorso vero riflette la connessione delle idee.

 

  •  

4. Limiti della soluzione platonica

  • Suoi difetti: parte da proprietà di massima generalità (meno legate all’esperienza quotidiana); non fornisce indicazioni utili per la scoperta.
  • Risultato dell’applicazione del metodo diairetico: classificazione delle cose
  • Valore solo relativo (per la filosofia) della classificazione in generi e specie.
  • Si ha scienza solo delle connessioni necessarie fra idee.

Per casa

Studiare mod.5 par.7.
Lettura pag.354: Riassunto della Settima lettera.

30. Politica, cosmologia ed etica negli ultimi dialoghi

1. Le dottrine non scritte

  • Spesso Platone allude ad uno sviluppo della teoria delle idee riservata a un insegnamento solo orale.
  • La stessa critica alla teoria delle idee può essere intesa come preparazione ad un suo superamento mediante dottrine non scritte.
  • Platone aveva scritto dell’Idea del Bene come di un principio sommo, superiore all’essere stesso.
  • Il mondo ideale è ricondotto a due principi sommi: l’Uno (prinicpio di determinazione) e la Diade (principio di indeterminazione).
  • Bene come aspetto funzionale dell’Uno: esprime ciò che esso fa.
  • Uno come principio formale, Diade come principio materiale (seppur intelligibile).
  • Ogni cosa che esiste, è frutto dell’interazione dei due principi e in particolare grazie all’Uno, principio di essere, di verità, di valore.

2. Il divino risiede nella misura

  • Tentativo di avvicinare mondo delle idee e mondo sensibile: perfezione come misura.
  • Filebo: buona vita come giusta misura nella mescolanza fra piaceri e ragionamenti.
  • Politico: politico come colui che sa armonizzare fra innovatori e conservatori.
  • Governo delle leggi come approssimazione realizzabile del governo ideale dei filosofi.
  • Tutti i cittadini devono essere accompagnati mediante l’educazione ad una conformità con l’ordine civile.
  • Le punizioni servono a rieducare. Centralità politica della famiglia dotata di proprietà.
  • Anche i filosofi sono trattati come cittadini. Lo Stato è retto da un Consiglio notturno.
  • Pervasività etica dello Stato. La religione conferisce sacralità alla virtù.

3. Cosmologia

  • Religione cosmica: il divino si manifesta nell’ordine astrale. Provvidenza divina.
  • Timeo: Cosmologia come effettiva applicazione della scienza matematica astronomica.
  • Il problema della realizzabilità dell’ordine politico ideale è esteso all’ordine cosmico ideale.
  • Di ciò che muta vi può essere non vera scienza, ma solo un discorso ibrido, solo verosimile.
  • Mito del Demiurgo: imposizione di un ordine ideale ad una materia informe.
  • Anche nel mondo fisico ciò che esiste è frutto dell’incontro fra limite e illimitato.
  • Per determinare la partecipazione delle cose alle idee non bastano le sole idee: deve intervenire un qualche agente causale.
  • Il Demiurgo platonico è l’espressione più ampia di creazionismo entro la cultura ellenica: il “fare esistere” è inteso come portare all’ordine.
  • Universo dinamico, animato dall’Anima del mondo, che costituisce i circoli degli astri e con ciò fornisce le coordinate spazio-temporali.
  • Principio materiale come necessità bruta, come ricettacolo, indeterminazione, spazialità.
  • Associazione degli elementi naturali ai poliedri regolari.
  • Anticipazione della geometrizzazione della fisica.

Per casa

Studiare mod.5 par.8-10.

31. Aristotele. Logica quale strumento delle scienze

1. Logica come scienza del corretto ragionare

  • Aristotele usa il termine “analitica”: analisi del ragionamento nelle sue parti per individuarne le regole del suo corretto comporsi.
  • Distinzione della logica da altre discipline: retorica, psicologia, grammatica.
  • Analitica come organon, strumento comune ad ogni ricerca.
  • Carattere formale della logica: si applica ad ogni possibile ragionamento, non è legata ad alcuno specifico contenuto.
  • Uso aristotelico di schemi logici.

2. Le parti del ragionamento

  • Esempio di ragionamento: il sillogismo.
  • Analisi del ragionamento come insieme strutturato di proposizioni. Premesse e conclusione.
  • Un ragionamento è valido se la verità delle premesse sostiene la verità della conclusione.
  • Validità deduttiva: se le premesse sono vere, allora necessariamente la conclusione è vera.
  • Analisi della proposizione come insieme strutturato di termine-soggetto e termine-predicato.
  • Verità come corrispondenza fra discorso e cose: una proposizione è vera se e sole se cose stanno come la proposizione afferma.
  • Analisi dei termini a seconda del diverso contributo al significato.
  • Diversi livelli di regole logiche: di significato (termini), di verità (proposizioni), di validità (ragionamenti).

3. Analisi categoriale dei termini

  • Categorie come ambiti distinti di significazione. Analogia con i generi sommi platonici, e con i casi grammaticali.
  • Centralità della categorie di sostanza. Risponde alla domanda: che cosa è?
  • Collegamento fra logica e metafisica: le distinzioni linguistiche riflettono distinzioni reali.
  • Sostanza individuale o prima: è la sostanza in senso pieno, esprime il reale soggetto.
  • Sostanze seconde: di maggiore o minore generalità (o, inversamente, specificità).
  • Per le altre categorie non vale che se si è di una specie si è anche del genere. Confronto con le nozioni platoniche di imitazione e partecipazione.
  • Non si riconosce la fondamentalità della categoria di relazione. Differenza con il trattamento moderno.

Per casa

Studiare mod.6 par.2 (fino a pag.378).

32. Verità e validità

1. Gli enunciati dichiarativi

  • Un enunciato può essere usato per fare diversi “atti linguistici”: chiedere, pregare, ordinare, affermare, ecc.
  • Gli enunciati usati per dichiarare (o asserire) esprimono una proposizione (o giudizio), che può essere valutata come vera o falsa. Una domanda o una preghiera o un ordine, invece, non possono essere valutati come veri o come falsi.

2. Analisi della proposizione

  • Distinzione di quantità: universale – particolare; di qualità: affermativa – negativa.
  • Affermazione: κατάφασις, negazione: ἀπόφασις; universale: καθόλου; particolare: καθ'ἕκαστον.
  • Rappresentazioni insiemistica dei diversi tipi di proposizioni.
  • Il “quadrato logico”: rappresentazione grafica delle relazioni fra tipi di proposizioni.
  • Relazioni di: contrarietà, contraddittorietà, subalternità, subcontrarietà.
  • Una proposizione universale affermativa implica, non nega, la corrispondente particolare affermativa: se è vera “tutti gli A sono B”, allora necessariamente è vera anche “qualche A è B”.
  • Ne consegue che “qualche A è B” non esclude “tutti gli A sono B” (nel più è contenuto il meno).

3. Modalità

  • La qualificazione modale specifica il senso in cui una proposizione può essere vera o falsa.
  • Tipi di modalità: necessario, possibile, impossibile, contingente.
  • Definibilità di tutte le modalità a partire da una sola, p.es. da “possibile”, usando la negazione e la congiunzione.
  • Diverse accezioni dei termini modali: logica, naturale (fisica, biologica, ecc.), morale.
  • Le varie modalità interdefinite appartengono ad una medesima accezione.

4. Sillogismo

  • Sillogismo come schema di argomento: prevede 2 premesse e 3 termini. Il termin medio non compare nella conclusione.
  • Figure sillogistiche: a seconda di come il termine medio si dispone nelle premesse.
  • I sillogismi sono ragionamenti deduttivi: se sono validi, la verità della conclusione segue in modo necessario dalla verità delle premesse.
  • Verifica della validità dei sillogismo mediante rappresentazioni insiemistiche.
  • Solo 19 fra i possibili 256 modi sillogistici sono validi.
  • Denominazione (di origine medievale) dei modi sillogistici validi.
  • Per essere valido, un sillogismo deve avere almeno una premessa universale.

Per casa

Studiare mod.6 par.2 (continuazione: pagg.378 - 381).

34. La scienza e la dialettica

1. Dimostrazione

  • Dimostrare una proposizione significa stabilire in modo corretto la sua verità a partire da altre proposizioni.
  • Un ragionamento deduttivamente valido, limitandosi a trasmettere la verità dalle premesse alla conclusione, non dimostra di per sé la conclusione.
  • Per dimostrare la conclusione, allora, occorre stabilire anche la verità delle premesse.
  • La verità delle premesse può essere stabilita a partire da altre proposizioni (ossia, può essere dimostrata), la verità delle quali però deve a sua volta essere stabilita.
  • Non potendo regredire all’infinito, le premesse prime di una dimostrazione devono potersi assumere come vere senza essere dimostrate.

2. Conoscenza scientifica

  • È possibile conoscere in senso proprio solo l’universale, non il particolare, giacché 1. la mente è limitata mentre i particolari sono infiniti, 2. i particolari non sono permanenti.
  • Un oggetto è conoscibile scientificamente se è caratterizzabile mediante una definizione, che ne esprime la nozione universale.
  • Ogni scienza indaga propri oggetti, specie quelli primari, da cui gli altri sono ricavabili.
  • L’indagine scientifica mira a determinare l’esistenza, la natura, e specialmente la causa dei propri oggetti.
  • La vera conoscenza della causa può essere conseguita solo mediante dimostrazioni.

3. Principi evidenti

  • Ogni scienza procede dimostrativamente da premesse prime, o principi, massimamente generali, verso conclusioni sempre più specifiche.
  • Modello della scienza è la geometria, che procede deduttivamente dai suoi postulati.
  • Esistono alcuni principi che sono evidenti, ossia la cui verità si impone direttamente alla ragione, senza bisogno di dimostrazione.
  • Evidenti sono alcuni principi comuni a più scienze: p.es. “se da uguali sono sottratti uguali, i resti sono uguali”.
  • Fra i principi comuni sono quelli logici: di non contraddizione, di identità, del terzo escluso.
  • Il principio di non contraddizione, pur non dimostrabile, può essere sostenuto mostrando le contraddizioni a cui porterebbe la sua negazione.
  • Evidenti sono anche principi propri di ciascuna scienza: p.es. “per due punti passa una e una sola retta”.
  • Fra i principi propri sono le definizioni.
  • Il fatto che le scienze abbiano principi propri mostra esse possiedono una certa autonomia. Non esiste, allora, una unica scienza universale.

4. Astrazione induttiva

  • Le definizioni proprie di una scienza esprimono l’essenza dei suoi oggetti.
  • La definizione essenziale può essere raggiunta induttivamente (confrontando i dati dell’esperienza) o dialetticamente (discutendo le opinioni comuni).
  • Mediante l’astrazione induttiva l’intelletto isola singole proprietà, giungendo dal particolare all’universale, e così facendo stabilisce i principi propri di una scienza.
  • Mediante la discussione dialettica si mette a frutto l’indagine svolta dai predecessori, depositata nelle loro opere scritte e diffusa nelle opinioni comuni.

5. Argomentazione dialettica e retorica

  • La dialettica considerata in sé, non inserita nell’orizzonte scientifico, è ritenuta (diversamente da Platone) limitata solo all’orizzonte dell’opinione.
  • La discussione dialettica serve a mettere alla prova le opinioni correnti (di tutti, della maggioranza, dei più stimati) per saggiarne la persuasività.
  • Spesso l’argomentare in modo persuasivo si appoggia sullo schema di ragionamenti (induttivi) aventi premesse solo particolari.
  • Nel testo Topici Aristotele passa in rassegna una varietà di argomenti solo persuasivi.
  • La dialettica, dunque, non è mera propaganda, ma è una forma più debole di argomentazione.

Per casa

Studiare mod.6 cap.2 (conclusione: pagg.384-6).

35. L’essere in quanto essere

1. Scienza dell’essere

  • Mentre la logica è una scienza formale, le altre scienze indagano specifici aspetti di ciò che esiste.
  • Una scienza può essere più specifica di un’altra scienza, essendo compresa al suo interno: p.es. l’ottica geometrica è un ramo della geometria.
  • È concepibile una scienza che conduca la propria indagine con la massima generalità possibile: lo studio di tutto ciò che è semplicemente in quanto è (a prescindere da ogni specificazione).
  • Tale scienza può essere detta ontologia.

2. L’essere si dice in vari sensi

  • Aristotele, fondandosi in primo luogo su come il linguaggio ci consente di parlare dell’essere, sostiene che l’essere si dice in molti modi.
  • I diversi sensi dell’essere, poiché sono connessi fra loro, non producono una equivocità ma solo una plurivocità.
  • Fare un affermazione sull’essere può riguardare l’aspetto: 1. accidentale (dire il semplice darsi di qualcosa), 2. categoriale (dire il tipo fondamentale di essere di qualcosa), 3. veritativo (dire quali connessioni fra soggetto e predicato la mente è autorizzata a compiere), 4. attuativo (dire l’essere che è in corso di realizzazione).

3. Sostanza

  • Il senso principale di essere, attorno a cui ruotano gli altri, è quello di sostanza (οὐσία).
  • Sostanza è ogni cosa che, dal punto di vista ontologico, non dipende da altro, e alla quale si riferiscono le cose che, dal punto di vista ontologico, dipendono da altro.
  • Sostanza è, per esempio, un uomo; a lui devono fare riferimento le determinazioni che coinvolgono le altre categorie: il suo colore, il suo peso, le sue capacità professionali, ecc.

4. Forma

  • Due tipi di problemi: 1. che cosa unifica e 2. che cosa distingue diverse cose del medesimo tipo.
  • Soluzione platonica: più cose particolari appartengono a un medesimo genere perché imitano, o partecipano a, un’idea.
  • Ma: le idee, essendo separate, non sono causalmente rilevanti per le cose particolari.
  • Soluzione aristotelica: l’universale che determina l’appartenenza di più cose particolari a un medesimo genere è presente entro ciascuna di esse, ed è detta forma (εἶδος, μορφή).
  • La forma è la medesima in ciascun membro del genere perché si trasmette tale e quale mediante la generazione o produzione della cosa particolare da parte di altre cose che già la posseggono.
  • La forma è causalmente rilevante perché è un principio dinamico di organizzazione della materia di cui ciascuna cosa particolare è costituita.
  • Grazie alla forma che agisce all’interno, ogni individuo concreto ha un’essenza, ossia un insieme di proprietà imprescindibili, che esso condivide con tutti gli altri individui del medesimo genere, e per la quale l’individuo è quello che è (τὸ τί ἐστι, τὸ τί ἦν εἶναι).
  • La forma spiega tutto ciò che le idee spiegavano: 1) perché esistano dei generi naturali e 2) perché non sia ambiguo il discorso di più persone intorno a tali generi.
  • La forma spiega come possa una cosa particolare rimanere la medesima pur in presenza di un continuo ricostituirsi della sua materia.
  • La materia, invece, spiega perché si dà il divenire: una data quantità di materia perde una forma mentre ne acquista un’altra.

5. Materia e sinolo

  • La materia (ὕλη) spiega in che modo la forma possa essere replicata in più cose particolari.
  • Al limite, la materia spiega la possibilità di più cose particolari indiscernibili, ossia cose che possiedono esattamente tutte le proprietà esprimibili in termini universali (“due gocce d’acqua”).
  • Materia e forma sono due termini relativi, che si dicono l’uno rispetto all’altro: quindi, nella realtà concreta non ci può essere materia senza forma, o forma senza materia.
  • Il complesso inscindibile di materia e forma che costituisce ciascuna sostanze è detto sinolo (σύνολον), ovvero “tutt’uno”.

Per casa

Studiare mod.6 cap.1 e 3 (pt.1: pagg.387-92).
Lettura T3: Aristotele “Che cos’è la metafisica” (pagg.427-9).

37. Atto e potenza

1. Materia come privazione di forma

  • La materia, di per sé, è da pensare (non esiste mai come tale) come informe, pronta ad assumere una forma qualsiasi.
  • Nell’esperienza quotidiana facciamo esperienza di una materia in senso relativo, non in senso assoluto: gli ingredienti per una ricetta hanno già una loro forma.
  • Quanto più una materia ha già assunto di forma, tanto meno sarà suscettibile di assumere ulteriori forme: la materia che ha già la forma di farina può diventare pane ma non vino.

2. Divenire orientato

  • La materia oppone all’azione della forma una sorta di inerzia, di resistenza passiva.
  • La forma richiede tempo per agire sulla materia, e lo fa progressivamente.
  • La materia è un’occasione per la forma di operare.
  • Ciò che un essere è in potenza nel momento in cui una forma comincia ad agire su una materia, lo sarà in atto allorché la forma avrà già realizzato la sua opera sulla materia.
  • La compiutezza dell’azione della forma sulla materia si dice anche entelechia.
  • La resistenza della materia è anche responsabile delle imperfezioni e delle differenze reciproche delle sostanze di un medesimo tipo.

3. Priorità logica dell’atto

  • Ci possono essere gli ingredienti senza l’azione del cuoco ma non viceversa: cronologicamente viene prima la materia.
  • Ma la forma sottomette a sé la materia e non può derivare se non da qualcosa che già possieda quella forma.
  • L’atto precede la forma in senso logico e ontologico.

Per casa

Studiare mod.6 cap.3 (pt.2: pagg.392-3).
Lettura T5: “Potenza e atto” (pagg.430-2).

38. Teologia aristotelica

1. Atto puro

  • Come può essere concepita, come caso limite, la materia prima, così è concepibile anche un atto puro, senza residui materiali.
  • La nozione di atto puro esprime in termini filosofici, astratti, la nozione di Dio.
  • Dio, come atto puro e quindi privo di materia, va concepito come non soggetto al divenire, e quindi come eterno.

2. Dio come motore immobile

  • Dio come atto puro non è solo concepibile col pensiero, ma è anche esistente.
  • Dimostrazione dell’esistenza di Dio:
    • esiste un tempo eterno;

quindi

    • esistono sostanze che sono eternamente in movimento. Di fatto, sono gli astri;
    • tutto ciò che è mosso, è mosso da altro;
    • tutto ciò che è mosso, o è mosso da qualcosa a sua volta mosso da altro o no;
    • se tutto ciò che è mosso fosse mosso da qualcosa a sua volta mosso da altro si avrebbe un regresso all’infinito
    • il regresso all’infinito non è accettabile

quindi

    • esiste una causa prima del moto delle cose, non mosso da altro.
  • Dio è dunque concepito come motore immobile del mondo.
  • Connessione con le modalità: potenza come possibilità, atto come realtà, atto puro come necessità.
  • Necessità logica come sottrazione al divenire: uno stato di cose è necessario se esiste in ogni tempo, per l’eternità.

3. Dio come causa finale

  • Dio come atto puro è la causa ultima di ogni movimento, di ogni divenire.
  • Dio come atto puro non possiede alcuna materia.
  • Dio, in quanto privo di materia, non può mettere in moto i corpi, a partire dal primo cielo, entrandovi in contatto, altrimenti anch’egli dovrebbe muoversi.
  • Dio agisce come sul mondo intero come causa finale, come oggetto d’amore che attrae a sé ciò che lo ama.

4. Dio come pensiero di sé

  • Dio come atto puro deve svolgere l’attività massimamente nobile: il pensiero, inteso non come mera capacità ma come effettivo esercizio in atto.
  • Dio, essendo eternamente pensante, deve pensare solo oggetti eterni.
  • Eterni sono solo gli esseri intelligibili, principi dell’ordine di tutto ciò che esiste.
  • Dio è pensiero di pensiero.
  • Dio è pensiero di se stesso, come causa prima di tutti gli esseri intelligibili.
  • Il Dio aristotelico è impersonale, non conosce né tanto meno ama gli individui.
  • Il Dio aristotelico è un principio cosmologico di ordine, non è creatore del mondo.

Per casa

Studiare mod.6 cap.3 (pt.3: pagg.394-5).

39. Fisica aristotelica

1.Studio della natura

  • Natura come tutto ciò che è sottoposto ad un cambiamento determinato internamente.
  • Rivalutazione aristotelica dello studio della natura: la natura ha un’ordine intrinseco che è indagabile razionalmente.
  • Dialogo con i naturalisti: i contrari sono da menzionare come principi, ma non sono sufficienti.
  • I contrari presuppongono un sostrato di inerenza, la materia, non contrario a nulla.
  • Nel cambiamento in una data materia una forma scompare per lasciare il posto ad un’altra.

2. Analisi delle cause

  • Possibili diversi tipi di spiegazioni che coinvolgono rispettivamente la materia, la forma, la causa efficiente e la causa finale.
  • Finalismo: la causa finale è prevalente e dà il senso complessivo del cambiamento.
  • Esseri naturali ed esseri artificiali. Ogni cambiamento necessita un motore, che può essere interno o esterno.
  • Caso come causa accidentale.

3. Tipi di cambiamento

  • I cambiamenti possono essere sostanziale, quantitativo, qualitativo e locale.
  • Il cambiamento minimale è quello locale.
  • Il cambiamento massimale, in cui muta la forma, è quello sostanziale, di generazione o corruzione.
  • Nel cambiamento materia e forma non sono soggette a generazione o corruzione.

4. Spazio e tempo

  • Il cambiamento locale, o moto, rimanda alle nozioni di spazio e tempo.
  • La nozione di cambiamento è assunta da Aristotele come più fondamentale.
  • Il tempo si rende accessibile empiricamente mediante il movimento.
  • Lo spazio si rende accessibile empiricamente mediante il riferimento a corpi.

5. Dinamica aristotelica

  • La fisica aristotelica non è matematica.
  • Differenza essenziale fra il moto e la quiete. Il moto, ma non la quiete, necessita di essere spiegato. Ogni moto richiede una causa motrice, senza la quale tende verso la quiete.
  • I moti si distinguono in naturali e violenti, dipendendo da tipi diversi di cause.
  • Il moto naturale è causato da una tendenza interna del corpo. Tende ad accelerare per l’approssimarsi alla meta.
  • Il moto violento è causato da un motore esterno e tende a rallentare.
  • Se la forza non supera quella della resistenza, il moto non si produce.
  • La velocità di un corpo aumenta con la potenza della forza, e diminuisce con la resistenza opposta dal mezzo e (nel caso del moto violento) dal peso del corpo.
  • Problema dei proietti (ossia, dei corpi lanciati): cosa li mantiene in moto durante il percorso?

Per casa

Studiare mod.6 cap.4 (pagg.396-8).

40. Cosmologia aristotelica

1. Cosmologia aristotelica

  • L’Universo è spazialmente finito. Al di fuori di esso non vi è luogo, vuoto, tempo.
  • L’Universo è qualitativamente differenziato: esistono i luoghi naturali, resi manifesti dai moti naturali.
  • L’Universo è nettamente diviso in mondo terrestre e mondo celeste.
  • Il moto degli astri è eterno perché circolare, ed è circolare perché perfetto.
  • Lo studio degli astri è più prossimo alla precisione della matematica perché la materia degli astri è completamente subordinata alla rispettiva forma.
  • Il cielo delle stelle fisse è il primo mobile.
  • Il movimento del primo cielo è perfettamente regolare.
  • Sono più vicini alle stelle i pianeti che hanno moti propri più lenti.
  • Gli astri sono dotati di anima.

Per casa

Studiare mod.6 cap.4 (pagg.398-401).

41. Storia dell'astronomia: modello elementare dei cieli

1. Che cosa si vede degli astri

  • Osservazioni antiche: ad occhio nudo, sistematiche, particolareggiate, quantitative.
  • Si osserva: luminosità e colore per singoli astri; distanze angolari fra coppie di astri.
  • Luminosità e colore non sono utilizzabili per teorie significative.
  • Non si vede la distanza radiale da Terra né la dimensione assoluta degli astri.
  • L’osservazione prolungata delle distanze angolari mostra il moto degli astri.
  • L’assunto della stabilità della Terra, ossia dell’osservatore, fa sì che il moto degli astri sia considerato non solo apparente ma anche reale.

2. Astronomia e cosmologia

  • Due interrogativi fondamentali: 1. come si muovono gli astri, 2. che cosa sono gli astri e perché sono dove sono.
  • Astronomia: indaga il movimento degli astri. Una teoria astronomica deve consentire di:
  • A. spiegare le posizioni e i moti osservati degli astri mediante qualche teoria che ‘salvi i fenomeni’;
  • B. prevedere, mediante tale teoria, le posizioni degli astri che si osserveranno in futuro.
  • Cosmologia: spiega natura e origine degli astri a partire da qualche teoria metafisica (p.es. Anassimandro).

3. Il moto diurno dei corpi celesti

  • Tutti gli astri hanno sostanzialmente un moto diurno: ritornano nello stesso luogo (sulla volta celeste) circa ogni 24 ore. Tale moto, pertanto, è detto comune.
  • Il moto diurno è in realtà una proiezione del moto di rotazione compiuto dalla Terra.
  • Il moto diurno procede, relativamente all'orizzonte terrestre preso come sistema di riferimento, da est verso ovest.

4. Modello astronomico elementare: la sfera delle stelle fisse

  • Per il moto diurno gli astri percorrono dei cerchi più o meno ampi intorno a due punti fissi, i poli celesti.
  • Noi osserviamo il polo celeste settentrionale, che è indicato più o meno dalla Stella polare.
  • Quasi tutti gli astri possiedono solo il moto comune, e pertanto conservano sempre le medesime distanze angolari reciproche: sono le stelle fisse.
  • È ragionevole ritenere che le stelle, in quanto fisse, siano infisse tutte su di un supporto invisibile, che le muove tutte insieme; stesso moto, stesso supporto.
  • È ragionevole ritenere che il supporto delle stelle fisse sia una sfera avente per centro la Terra, e ruotante in modo uniforme intorno alla Terra.

Per casa

Presentazione on-line (su Dropobox): “Storia dell’astronomia 1” (diapo 1-14).

42. I moti propri di Sole e pianeti

1. Il moto del Sole e della Luna

  • Alcuni astri esibiscono solo approssimativamente il moto diurno, perché possiedono anche un loro moto proprio.
  • È ragionevole che un astro dotato di moto proprio sia sostenuto da una sfera distinta.
  • Moto proprio del Sole: è la proiezione del moto annuo di rivoluzione della Terra intorno al Sole.
  • Il moto proprio del Sole è da ovest verso est (esattamente come è il moto reale della Terra intorno al Sole). È molto più lento del moto comune (circa un grado al giorno) ed, essendo in direzione contraria, ne produce un piccolo rallentamento.
  • Per effetto del moto proprio, il Sole pare fare in un anno un giro completo attorno alla Terra, attraversando quelle costellazioni che chiamiamo Zodiaco.
  • La Luna compie il suo giro attorno alla Terra in circa 28 giorni.

2. Il moto dei pianeti

  • Gli astri dotati di moto proprio sono detti pianeti, da un termine greco che sta per “vagabondi”.
  • Tutti i pianeti, nella realtà (ossia dal nostro punto di vista eliocentrico!), hanno le loro orbite quasi complanari al piano dell’orbita terrestra, che è detta Eclittica.
  • E nella realtà, anche i pianeti, al pari della Terra, orbitano intorno al Sole procedendo da ovest ad est (ossia, in senso anti-orario se visti dal lato settentrionale dell’Eclittica).
  • Questi due aspetti: complanarità e moto verso est, possono essere colti nel complesso dalle osservazioni terrestri, ed erano noti agli antichi.
  • Criterio adottato dagli astronomi antichi per ordinare i pianeti, da quelli più vicini alla Terra a quelli più vicini alle stelle fisse: ordine, nel complesso, corrispondente al nostro (tranne per lo scambio fra Sole e Terra).
  • Peculiarità di alcuni pianeti: hanno elongazioni solo limitate. Oggi spieghiamo questa peculiarità in base al fatto che tali pianeti sono interni (hanno orbite intermedie fra Terra e Sole).
  • Poiché i singoli pianeti hanno moti propri differenti, non possono stare su medesime sfere: modello di molteplici sfere cristalline inscatolate.
  • Ne segue un modello elementare, di tipo solo qualitativo (non offre dati quantitativi), compatibile con la cosmologia aristotelica.

3. Il problema del moto retrogrado dei pianeti

  • I pianeti, il cui moto proprio è normalmente da ovest verso est, talora lo invertono per brevi periodi, producendo un moto retrogrado.
  • Il moto retrogrado è facilmente spiegabile se si ammette il moto di rivoluzione della Terra.
  • Per gli antichi, che non ammettevano il moto di rivoluzione della Terra, fu molto difficile spiegare il moto retrogrado dei pianeti.

4. Teoria delle sfere omocentriche

  • Una prima spiegazione del moto di retrogradazione dei pianeti viene dalla teoria delle sfere omocentriche (Eudosso di Cnido, sec.IV a.C.).
  • Per spiegare il moto di ciascun pianeta non basta una sola sfera: ce ne vogliono quattro, una dentro l’altra, con quella interna incardinata su quella esterna con asse inclinato per un angolo calcolato in modo opportuno.
  • Il pianeta fissato sulla sfera più interna viene a subire un movimento “a otto” (ippopede), che simula abbastanza bene il moto di retrogradazione.
  • La teoria delle sfere omocentriche richiede un totale di una cinquantina di sfera (sistema molto complesso).

Per casa

Presentazione power-point (su Dropobox): “Storia dell’astronomia 1” (diapo 15-38).
Inserto on-line sulla Teoria di Eudosso.

43. La vita e la conoscenza secondo Aristotele

1. L’anima come principio della vita

  • La forma degli esseri viventi è detta anima, così come la materia degli esseri viventi è il loro corpo. Confronto con la nozione platonica di anima.
  • L’anima in quanto forma di un corpo vivente cessa di esistere quando il corpo cessa di vivere, laddove la materia del corpo continua ad esistere.
  • Si distinguono diversi tipi di anima a seconda dei diversi tipi di viventi: vegetativa per le piante, sensitiva per gli animali, razionale per gli uomini.
  • L’anima di ciascun vivente, comunque, è unica, quelle superiori inglobando le funzioni di quella inferiori, secondo una scala della natura.
  • L’anima, in quanto forma, è entelechia, ma sussiste anche quando le facoltà non sono in atto.

2. L’anima umana

  • Specifico dell’uomo è di essere un animale razionale, ossia capace di pensiero razionale.
  • Esiste, dunque, una netta discontinuità ontologica fra uomo e i restanti animali.
  • La ragione consente all’uomo una conoscenza universale del reale.

3. Conoscenza sensibile

  • Ogni conoscenza trae origine dai sensi.
  • Conoscenza sensibile come incontro fra senso e sensibili, in cui entrambi passano all’atto, facendo tutt’uno.
  • Il senso coglie la forma sensibile dell’oggetto senza la materia.
  • Le sensazioni prodotte dai diversi sensi sono unificate da un senso comune.
  • Le sensazioni lasciano nell’anima dei residui: memoria, immaginazione.

4. Conoscenza intellettiva

  • L’intelletto ha una facoltà di astrazione, mediante la quale coglie la forma essenziale dell’oggetto.
  • L’astrazione intellettiva procede attraverso una progressiva comparazione di individui, cogliendone sempre meglio il loro principio di organizzazione interno.
  • Così facendo l’intelletto astrae la forma essenziale, comune a tutti i membri di un medesimo genere naturale, forma che, in quanto posseduta dall’intelletto, ne è un concetto.
  • L’intelletto contiene potenzialmente tutti i concetti.
  • Ma il passaggio dalla potenza all'atto richiede la presenza già di un atto come guida del processo.
  • In Platone tali concetti già in atto erano le idee, accessibili dalla mente mediante la reminiscenza.
  • Aristotele colloca i concetti già in atto in un non meglio precisato intelletto attivo.
  • L'intelletto attivo porta l'intelletto passivo a conformarsi agli oggetti conosciuti.
  • L’intelletto attivo è caratterizato come separato, immodificabile, immortale, agente in continuazione, privo di memoria.
  • Si è discusso se l'intelletto attivo sia esterno all'anima individuale.

Per casa

Studiare mod.6 cap.5.
Presentazione power-point (su Dropobox): “Storia dell’astronomia 1” (diapo 39-50).

44. Il bene secondo Aristotele

1. L’etica

  • Classificazione dei saperi: teoretici, pratici, poietici.
  • I saperi pratiche e poietiche sono relative all’agire volontario dell’uomo; i loro oggetti sono contingenti; dunque essi non possono essere rigorosi.
  • Il sapere pratico riguarda le azioni che hanno inizio e termine nel soggetto, aventi per scopo la realizzazione del vivere bene.
  • Sapere pratico per eccellenza è la politica, che si articola in etica (il bene del singolo) ed economia (il bene della comunità).
  • Esistono tre opere aristoteliche di etica, la principale delle quali è l’Etica Nicomachea.
  • Il testo aristotelico è la prima esposizione di una disciplina completamente nuova, dotata di una sua relativa autonomia rispetto alle altre parti del sapere.

2. Il bene

  • L'etica procede induttivamente dall'esperienza morale quotidiana.
  • Ci si interroga su quale sia il bene dell’uomo e della città, e il secondo è prevalente rispetto al primo.
  • La ricerca del bene individuale coinvolge l’ethos, il carattere, piuttosto che la coscienza.
  • Bene per qualcosa è il fine verso cui esso tende. Tanti sono i beni quanto le azioni che si compiono.
  • I beni intermedi convergono verso un bene sommo (τὸ ἄριστον), comunemente identificato con la εὐδαιμονία (benessere, buon vivere, felicità).
  • Felicità non possono essere il piacere, perché uguaglia alle bestie; l’onore, perché dipende da chi lo conferisce; la ricchezza, che è un mezzo per qualcos’altro.
  • Felicità per l’uomo è agire secondo la propria funzione specifica, realizzando la propria natura.

3. L’agire umano

  • Hanno rilevanza etica solo gli atti volontari (ἑκούσια): compiuti da sé e consapevolmente.
  • Il fine è determinato dalla volontà (βούλησις), che tende sempre al bene
  • Gli atti volontari consistono di una scelta (προαίρεσις), tramite deliberazione (βούλευσις) razionale sui mezzi
  • Si può agire volontariamente ma senza scelta: agendo all’istante.
  • Si può agire per desiderio ma senza scelta, nel caso di incapacità a controllarsi.
  • L’argomentazione etica si avvale del sillogismo pratico: un’azione è spiegata indicando a) lo scopo in vista di cui l’azione è stata compiuta e b) il ragionamento in base a cui l’azione è stata individuata come il mezzo migliore per conseguire quello scopo.

Per casa

Studiare mod.6 cap.6 (pt.1: pagg.405-6).
Letture T7: Aristotele “Che cosa è ‘volontario’?”.
Letture T8: Aristotele “La scelta etica”.
Letture T9: Aristotele “La responsabilità”.

45. Le virtù

1. Virtù, ragione e natura umana

  • La virtù non è innata; è un abito, una disposizione stabile acquisita vivendo in un certo modo.
  • La virtù è la disposizione all’esercizio di una capacità naturale ad operare.
  • Il bene è l’attività virtuosa.
  • La virtù non è innata, non precede ma segue le azioni, che sono volontarie perché sottoposte al controllo della ragione.
  • La ragione può esercitarsi nel governare sia la parte non razionale della natura umana (virtù etiche) sia la parte razionale (virtù dianoetiche).

2. Virtù etiche

  • Le virtù etiche consistono nell’obbedienza alla ragione.
  • La natura umana ha una compoente irrazionale, costituita dalla ricerca del piacere. L'etica deve fare in modo di rendere l'uomo partecipe del piacere senza renderlo schiavo di esso
  • Il controllo della ragione sulle parti non razionali dell'uomo formano in lui un buon «carattere» (ethos).
  • La perfezione del carattere mediante il governo della ragione sulle parti non razionali è data dal possesso delle virtù etiche.
  • Le virtù etiche consistono nell’obbedienza alla ragione e sono naturalmente subordinate alle virtù dianoetiche.
  • Le virtù etiche si apprendono mediante l’abitudine, ossia la ripetizione di una serie di azioni buone (e non solo mediante il convincimento astratto della loro bontà).
  • A seconda di come avviene l'apprendimento, la virtù sarà appresa bene o male. Cattive abitudini producono i vizi.
  • Virtù etiche come scelta del giusto mezzo, che comunque è relativo a colui che lo valuta. Gli estremi, invece, costituiscono i rispettivi vizi.

3. Giustizia

  • In senso lato giustizia è legalità, conformità alle norme. Come virtù particolare è equità (ἰσότης), rispetto di una qualche forma di uguaglianza nei rapporti tra gli uomini.
  • La giustizia come equità può essere:
    • 1. distributiva: dare a ciascuno ciò che gli spetta in proporzione ai suoi meriti,
    • 2. commutativa: uguaglianza tra gli scambi privati, indipendentemente dai meriti.
  • La giustizia distributiva ha una valenza pubblica, considerando la distribuzione di un bene comune, mentre la giustizia commutativa riguarda i beni individuali.
  • L’amicizia, quale disposizione affettuosa verso altre persone, è una delle massime virtù, condizione necessaria per una vera felicità.
  • L’amicizia è una virtà in quanto sia fondata non sul piacere o sull’utilità, ma sulla reciproca stima, in vista di una comunione di vita che serva al miglioramento reciproco.

4. Virtù dianoetiche

  • Le virtù dianoetiche riguradano l’uso della ragione.
  • Il controllo della ragione sulle parti razionali dell'uomo formano in lui un buon pensiero, capace di cogliere il vero.
  • La perfezione del pensiero mediante il governo della ragione sulle parti razionali è data dal possesso delle virtù dianoetiche.
  • Come le virtà etiche si acquisiscono con l’abitudine, così le virtù dianoetiche si acquisiscono mediante l’istruzione.
  • Le virtù dianoetiche concernono in primo luogo l’acquisizione del vero sapere, ma concernono anche l’azione e la produzione
  • Virtù dianoetiche sono:
    • 1) scienza (ἐπιστήμη): capacità di attingere la verità circa le realtà necessarie mediante dimostrazione;
    • 2) intelligenza (νοῦς): facoltà di cogliere i princìpi della dimostrazione;
    • 3) sapienza (σοφία): insieme di scienza ed intelletto;
    • 4) saggezza (φρόνησις): capacità di deliberare bene, trovando i mezzi più adatti alla realizzazione di un fine buono;
    • 5) arte (τέχνη): capacità di produrre bene («tecnica»).
  • Con le virtù dianoetiche rendono possibile la vita contemplativa, che è la massima realizzazione dell’uomo.
  • Le sapienza e la saggezza sono virtù indipendenti, e ai governanti si richiede la seconda piuttosto che la prima.

Per casa

Studiare mod.6 cap.6 (pt.2: pagg.406-10).

46. Politica ed estetica aristotelica

1. Dall'etica all'economia

  • Uomo come animale sociale: la natura ha dotato gli esseri umani del linguaggio, che consente di comunicare i concetti morali.
  • La famiglia nasce dalla naturale differenza e complementarità di maschio e femmina in vista della riproduzione.
  • La famiglia come realtà organica presenta ruoli e compiti che sono allo stesso tempo distinti e ordinati secondo relazioni di dipendenza.
  • La donna possiede una ragione, che però tende ad essere sopraffatta dalle emozioni.
  • La donna è dunque subordinata all'uomo, a cui spetta il comando della casa.
  • La famiglia comprende genitori, figli e schiavi. Tre relazioni fondamentali del capo famiglia: marito, padre, padrone.
  • Anche la schiavitù è un fatto naturale. Lo schiavo ha una natura in cui prevale la parte irrazionale su quella razionale, e deve dipendere per le sue azioni dalla ragione di un'altra persona.
  • Economia come scienza pratica, relativa alla conduzione della famiglia. Essa si estende dalla acquisizione dei beni di primaria necessità alla crematistica, ovvero alla produzione di beni scambiabili con altri.
  • Con l'introduzione della moneta, il possesso delle merci diventa meno importante dell'accumulazione di ricchezze.

2. Dall'economia alla politica

  • Molte famiglie costituiscono un villaggio; molti villaggi costituiscono una città o Stato.
  • Il limite di accrescimento di uno Stato è dato dal raggiungimento dell'autosufficienza.
  • Lo Stato deve essere abbastanza piccolo affinché i cittadini maschi adulti si conoscano tutti.
  • Famiglia e villaggio acquistano significato in quanto esistono nel quadro di uno Stato, che è il fine del processo.
  • La forma di uno Stato è determinata dalla sua Costituzione.
  • Costituzioni corrette o degenerato a seconda che il potere sia usato per il bene dei governati o dei governanti.
  • Monarchia / tirannia. Aristocrazia / oligarchia. Politia / democrazia.
  • Diversi popoli e condizioni di vita richiedono tipi diversi di costituzione. Ai barbari è più adatta la monarchia, ai greci la politia, in cui trionfa la medietà: dominio del ceto medio per una città di medie dimensioni.
  • Solo alcuni abitanti sono cittadini in senso pieno: quelli che si occupano di garantire non le risorse materiali, ma solo la difesa, l'amministrazione e la religione.
  • I cittadini devono in momenti diversi della vita accollarsi le principali funzioni civiche: prima guerriero, poi governante, poi sacerdote.

Aristotele, dunque, non accetta le 'tre ondate' platoniche: non uguaglianza delle donne agli uomini, non superamento della famglia, non governo dei filosofi.

 

3. Poesia e arte come imitazione

  • Poesia e arte sono oggetto delle scienze poietiche.
  • Poesia e arte come imitazione (come Platone). Si possono imitare oggetti diversi, con diversi mezzi (ritmo, linguaggio, armonia) e in diversi modi (narrazione o dramma).
  • In base alle persone scelte come oggetto, si hanno tragedie o epopee (con personaggi superiori al comune) o commedie (con personaggi inferiori al comune).
  • La tragedia e la commedia avrebbero tratto origine di precedenti forme imperfette, quali il ditirambo e i canti delle falloforie.
  • La tragedia è “imitazione di un'azione seria e compiuta in se stessa, che abbia una certa ampiezza, un linguaggio ornato in proporzione diversa a seconda delle diverse parti, si svolga a mezzo di personaggi che agiscano sulla scena, e non che narrino, e infine produca, mediante casi di pietà o di terrore, la purificazione di tali passioni”.
  • Funzione catartica della tragedia. Incertezza interpretativa: se purificazione delle passioni (in senso etico, come loro sublimazione), oppure purificazione dalle passioni (in senso psicologico, come distanziarle da sé).
  • Accezione omeopatica (simile mediante il simile) o allopatica (un’emozione ne scaccia un’altra) della catarsi tragica.
  • Emozioni catartiche principali: pietà (ἔλεος) e terrore (φόβος). Problema se si possa parlare di un piacere catartico.
  • L’azione tragica deve essere unitaria, così da potersi abbracciare nel suo insieme e nel suo ordinato svolgimento.
  • La tragedia ha una funzione conoscitiva. Suo oggetto è il verosimile più che il vero.
  • La poesia si distingue dalla storia e si avvicina alla filosofia: non fornisce una semplice imitazione delle cose, ma ne coglie i caratteri generali.

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Studiare mod.6 cap.7 e 8.

47. Logica stoica

1. Filosofia ellenistica

  • Ellenismo: lingua e cultura greche si espandono a vastissimi territori, perdendo però il radicamento nella realtà politica della polis greca.
  • L’individuo per un verso è facilitato a sentirsi cittadino del mondo, per altro verso è indotto a ripiegare nella propria interiorità, concentrandosi sui problemi dell’esistenza individuale.
  • Filosofia praticata entro scuole, si qualifica più come maestra di vita che come sistema di pensiero e metodo di indagine. La dottrina filosofica subisce una semplificazione.
  • Nella filosofia ellenistica è centrale l’etica, mentre logica e fisica sono preparatorie.

2. Logica stoica: il significato

  • Viene introdotto il termine “logica” per indicare la dottrina dei discorsi: si articola in retorica (discorsi lunghi e continui) e dialettica (discorsi brevi e articolati in domanda e risposta).
  • Superamento dell’ancoraggio aristotelico della logica all’ontologia (ragionamenti solo sull’essenza, categorie come modellamento dei tipi di predicazione sui modi di essere).
  • Dottrina del significato: le parole non si riferiscono direttamente alle cose. Distinzione fra segno [λέξις], significato [λεκτόν] e cosa significata [τὰ σημαινόμενα].
  • Un segno è chiarito in primo luogo dal suo significato. Ci sono segni che hanno significato, ma a cui non corrisponde alcuna cosa significata.
  • Il significato è incorporeo. Non è una realtà meramente psicologica: possono esistere significati che non sono pensati.
  • La logica in senso stretto riguarda il significato piuttosto che il segno.
  • Il significato può esssere incompleto (di un concetto) o completo (di una proposizione).
  • Svariati significati con contenuto proposizionale: affermazioni, preghiere, domande, ecc..

3. Logica stoica: il ragionamento

  • Un’affermazione è vera o falsa. È vera se e solo se corrisponde ad un fatto.
  • I fatti sono particolari. Un’affermazione universale («l'uomo è un animale razionale») è in realtà un’implicazione particolare («se qualcosa è un uomo, allora è un animale razionale»).
  • Un’affermazione può essere semplice o composta. Connettivi logici.
  • Schemi inferenziali ‘anapodittici’, ossia evidenti.
  • Forme valide: modus ponendo ponens e tollendo tollens.
  • Forme invalide: affermazione del conseguente, negazione dell’antecedente.

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Studiare mod.7 capp.1 e 2 (fino a pag.21).

48. Assenso, fato e dovere

1. Gnoseologia stoica

  • L’esperienza, che è alla base di ogni conoscenza, non è subita passivamente dalla mente.
  • La mente può concedere o meno il proprio assenso al contenuto sensoriale.
  • Sono solo i contenuti accettati che costituiscono conoscenza.
  • Sono accettabili le rappresentazioni evidenti, ossia in sé non contraddittorie e percepite in uno stato di coscienza affidabile.
  • Dopo l’assenso, la percezione è catalettica (“comprensiva”), ossia del tutto capace di afferrare il proprio oggetto.
  • La rappresentazione catallettica è infallibile.
  • I concetti universali sono frutto del depositarsi nella memoria di molte nozioni empiriche.
  • Il concetto funge da prolessi, consentendo di anticipare ciò che si apprenderà.
  • L’errore dipende dal modo non appropriato in cui la mente dà il proprio assenso.

2. Fisica stoica

  • Fisica del logos: anima universale, fuoco, principio attivo e razionale (vedi Eraclito).
  • Vige un rigido determinismo, illuminato da una razionalità cosmica: Dio coincide con il cosmo, panteisticamente. Il determinismo convive con il finalismo.
  • Inscritte nel mondo sono le ragioni seminali, che predeterminano ogni mutamento.
  • Esiste il fato, non il caso.
  • Essendo illuminato dalla ragione, lo svolgimento degli eventi è anche provvidenziale.
  • Il mondo presenta aspetti contrastanti ma anche complementari, che producono nel loro insieme un'armonia compiuta.
  • Prevale la nozione circolare del tempo, con il mito della ripetizione eterna dei cicli cosmici fra composizione e disfacimento.
  • L'anima ha una relativa immortalità in seno all’anima universale, per la durata del ciclo cosmico.
  • Si è liberi in quanto ci si sottomette al destino.

3. Etica stoica

  • È giusto vivere seguendo la voce della ragione, la quale spontaneamente indica come si debba agire.
  • Quello che l’animale compie istintivamente, l’uomo lo fa in modo razionale e consapevole.
  • Con il passare dell’età, cresce la comprensione della razionalità del dovere in termini di ordine globale della realtà.
  • Una consolidata disposizione a compiere il dovere razionale è la virtù.
  • La virtù è l'unico vero bene. Non lo sono salute, bellezza, ricchezza, potere, che sono dunque moralmente indifferenti.
  • La felicità è conseguibile solo come conseguenza del compimento del dovere.
  • Ogni passione è moralmente inaffidabile in quanto può contrastare la ragione.
  • L'uomo deve vincere le passioni estirpandole o controllandole, conseguendo l’atarassia.
  • Le passioni sono determinate da convinzioni inadeguate; si può dunque agire sulle passioni attraverso le convinzioni.
  • La filosofia aiuta l'uomo ad agire sulle passioni educandolo alla concessione razionale dell’assenso anche in questioni moralmente sensibili.
  • Fra le cose moralmente indifferenti alcune sono degne di essere scelte perché contribuiscono ad una vita conforme a ragione.
  • Anche in campo etico non esistono mezze misure: o un’azione è virtuosa, o non lo è.
  • Ogni situazione in cui l'autodeterminazione è diventa impossibile va respinta, anche con il suicidio.
  • L’uomo, animale socievole, deve impegnarsi nel compito famigliare, sociale e politico per cercare di correggere le storture della convivenza umana.
  • L’uomo deve sentirsi cittadino del mondo, considerarsi unito al resto dell'umanità; il suo impegno sociale deve avere un orizzonte cosmopolitico.

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Studiare mod.7 cap.2 (pt.2: pagg.22 – 33).

49. Filosofia epicurea

1. Sensazione evidente perché passiva

  • (Come per gli stoici) la conoscenza si fonda sulle sensazioni che sono evidenti (garantiscono per se stesse).
  • Problema: come considerare le illusioni sensoriali? Distinguere fra certezza della sensazione come fenomeno soggettivo e come resoconto oggettivo.
  • Concetti come impronte sedimentate di sensazioni (modello del sigillo sulla cera).
  • I concetti acquisiti come sedimentazione di sensazioni passate anticipano quelle future.
  • In quanto fondate sulle sensazioni, anche le anticipazioni sono evidenti.
  • L’errore può introdursi solo con le connessioni mentali e i ragionamenti.

2. Il caso

  • Assunzione del modello fisico atomistico, con qualche modificazione.
  • Argomento: se la scomponibilità della materia non avesse termine, tutto finirebbe per dissolversi.
  • I tipi di atomi sono moltissimi ma non infiniti.
  • Gli atomi, oltre ad avere proprietà spaziali, hanno anche un peso.
  • Il leggero è solo il meno pesante.
  • Muovendosi parallelamente a causa del peso, gli atomi possono scontrarsi solo mediante deviazioni.
  • La deviazione, o clinamen, è casaule.

3. Il piacere

  • Il bene materiale, legato alle sensazioni, è il piacere.
  • Il piacere o il dolore esperito è certo, non ci si può ingannare.
  • Il piacere è il fine di una vita felice.
  • Il saggio amministra il proprio piacere, evitando sia l'istinto immediato sia la proiezione in un oltre.
  • È preferibile il piacere stabile, durevole (catastematico).
  • L'unico reale pericolo per il piacere deriva da perturbazioni esterne. Il piacere stabile comporta aponia, atarassia, assenza di desideri inutili.
  • Il piacere non deve essere guastato da pregiudizi e false idee.
  • 1. Bisogna liberarsi dal timore degli dei.
  • 2. Bisogna liberarsi dal timore della morte.
  • 3. Bisogna liberarsi dal desiderio di cose non necessarie.
  • 4. Bisogna liberarsi dal timore del dolore
  • Desiderabilità di una vita privata, fra amici, lontana dai clamori della politica (λάθε βιώσας).

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Studiare mod.7 cap.3.
Lettura T5: Epicuro “Consigli contro le paure”.

50-1. Scienza ellenistica

1. Scienza ellenistica

  • Centralità di Alessandria di Egitto. Istituzioni scientifiche: Biblioteca e Museo.
  • Scissione fra filosofia e scienze, e loro crescente specializzazione; ogni scienza tende a strutturarsi con crescente autonomia.
  • Tendenza a strutturare deduttivamente, secondo relazioni logico-matematiche, i risultati entro ciascuna disciplina.
  • Grazie alla strutturazione deduttiva si possono ricavare nuove conclusioni da sottoporre al controllo sperimentale.
  • Questione della ricaduta pratica delle ricerche scientifiche. Legame con il persistere di un’economia basata sulla schiavitù.
  • Scomparsa in epoca successiva di molti risultati della scienza ellenistica.

2. Matematica euclidea

  • Sistematizzazione deduttiva dei risultati della matematica greca.
  • Ideale della dimostrazione (απόδειξις) di un teoremi (θεωρήμα) a partire dai postulati (αἰτήματα) di una teoria.
  • Scelta dei concetti primitivi: rette e circonferenze piuttosto che punti.
  • Geometria euclidea: scienza dei disegni idealmente eseguibili con riga e compasso.
  • Il ragionamento deduttivo si integra con procedure basate su calcoli o su disegni.
  • Importante la precisione dei disegni: non realizzati su tavolette di argilla (come invece in Mesopotamia).
  • Utilità della sistematizzazione deduttiva:
  • 1) Da verità intuitivamente vere se ne possono derivare altre molto meno evidenti;
  • 2) Aporie e paradossi (Zenone, Pitagorici) mostrano l’inadeguatezza del ragionamento ordinario nel trattare certe questioni.

3. Astronomia alessandrina

  • Aristarco di Samo: capacità di “salvare i fenomeni” da parte di un sistema astronomico eliocentrico, che conferisca alla Terra i moti di rotazione e di rivoluzione.
  • Conseguente problema dell’assenza di parallasse visibile e interesse per le dimensioni dell’Universo.
  • Metodo per determinare la distanze di Luna e Sole dalla Terra, utilizzando circostanze astronomiche speciali (Luna in quadratura, Luna in eclissi).
  • Uso del raggio terrestre come unità di misura.
  • Eratostene: metodo per determinare il valore assoluto del raggio terrestre.

4. Sistema tolemaico

  • Varietà di interessi di Tolomeo: astronomia, geografia. Anche astrologia.
  • Utilizzo del meccanismo epiciclico, introdotto da Apollonio di Perga.
  • Nuovi parametri quantitativi per “salvare i fenomeni”: introduzione di eccentrico ed equante.
  • Capacità del sistema tolemaico di approssimare il futuro sistema copernicano.
  • L’astronomia tolemaica rafforza lo sviluppo dell’approccio matematico allo studio dei cieli, in crescente divaricazione dall’approccio fisico-cosmologico, ancorato alla teoria di Aristotele.

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Studiare mod.7 cap.6.
Presentazione poiwer-point: fino alla scheda “Nuovi cieli” (Desktop e Dropbox).

52. Scetticismo e filosofia cristiana

1. Scetticismo cognitivo

  • Scetticismo in generale: non è possibile giustificare la tesi secondo cui le nostre facoltà cognitive sarebbero affidabili.
  • Svariate versioni di scetticismo, a secondo di quali facoltà cognitive siano messe in discussione e in quale maniera.
  • Argomento scettico contro la sensazione: i sensi sono affidabili solo per le apparenze, non per la realtà degli oggetti rappresentati, giacché le apparenze sono o ingannevoli o sottodeterminate rispetto alla realtà: esempio dei gemelli.
  • Replica stoica: veri gemelli non esistono, ogni cosa è diversa da ogni altra cosa.
  • Controreplica scettica: l’ipotesi stoica è gratuita; inoltre basterebbe anche solo poter pensare a cose ‘gemelle’, anche se non esistono.
  • Argomento scettico contro la logica: il valore cognitivo di un sillogismo dipende anche dal valore delle sue premesse, la quale però dipende dal valore della conclusione.
  • Gli sforzi di giustificare le premesse sono condannati o a presupporre ciò che è in discussione o a regredire all’infinito.
  • Ciò vale per il tentativo di giustificare un criterio di verità.
  • Argomento scettico su metafisica ed etica: le tante filosofie hanno tutte fornito argomenti persuasivi, le cui conclusioni però entrano in conflitto reciproco.

2. Scetticismo come filosofia

  • Sospetto di incoerenza: può lo scetticismo applicarsi a se stesso? Si può avere conoscenza del fatto che non si dà conoscenza?
  • Lo scettico, pur rinunciando a conoscere, può contentarsi di credere.
  • Lo scetticismo non è un sistema dogmatico, ma solo una mera ipotesi di ricerca.
  • Le tesi scettiche sono solo una specie di nota autobiografica, senza avanzare specifiche pretese circa la propria credibilità.

3. Etica scettica

  • Lo scettico è portato al relativismo e alla tolleranza.
  • Il saggio scettico non prende posizione, non decide, non dà il proprio assenso né all’evitare né al perseguire alcunché. Lo scettico sospende il giudizio.
  • La felicità, che per stoici ed epicurei si fondava su poche semplici evidenti certezze rassicuranti, può sopravvivere alla distruzione di tali certezze.
  • L’imperturbabilità e tranquillità deve fondarsi sull’inconoscibilità del reale, giacché ogni cosa che sembra un bene può rivelarsi un male, e viceversa.
  • Per vivere bene non è necessario appoggiarsi a qualche sistema teorico.
  • La vita umana ha in sé le risorse per un ordinato svolgimento, fondato su istinti e abitudini

4. Concezione pagana e cristiana di Dio

  • In comune: divinità come forma suprema, più piena, dell’essere, e, come tale, causa di se stesso ed essere spirituale.
  • Cultura greca: esistenza di una gerarchia di gradi del divino (politeismo, paganesimo).
  • Cristianesimo: unica divinità nettamente distinta dal resto del reale (monoteismo, trascendenza).
  • Cultura greca: divinità impersonale contemplante sé, appagata di sé, chiusa in sé.
  • Cristianesimo: divinità personale che si apre all’amore verso la creatura, per la quale si sacrifica.
  • Cultura greca: divinità necessitata dalla propria natura ad essere quello che è.
  • Cristianesimo: divinità che, in base alla propria natura, agisce con piena libertà.

5. Concezione del mondo

  • In comune: idea finalistica del mondo determinata da un disegno del divino.
  • Cultura greca: eternità del mondo, su cui il divino agisce solo come principio d’ordine.
  • Cristianesimo: creazione dal nulla del mondo, frutto di un atto libero e volontario divino.
  • Cultura greca: concezione ciclica del tempo, con un ripetersi periodico degli eventi.
  • Cristianesimo: concezione lineare del tempo, in cui ogni istante acquista senso come momento di uno svolgimento irreversibile.
  • Cultura greca: l’uomo è coronamento del mondo terrestre, più prossimo al divino.
  • Cristianesimo: il mondo ha come fine ultimo la presenza dell’uomo, affinché egli possa rendersi degno di contemplare il divino.

6. Concezione dell’uomo

  • In comune: valore dell’uomo per quello che è piuttosto che per quello che ha.
  • Cultura greca: eccellenza del sapiente, che conosce meglio degli altri.
  • Cristianesimo: eccellenza del santo, che si dona più degli altri.
  • Cultura greca: esistono differenze originarie nella ‘dotazione’ dei singoli individui.
  • Cristianesimo: sostanziale uguaglianza degli uomini, dotati di pari libertà nel rispondere al disegno divino su di loro.
  • Cultura greca: bene per l’uomo è vivere secondo la propria natura.
  • Cristianesimo: bene per l’uomo è fare la volontà di Dio.
  • Cultura greca: l’uomo è autonomo nel poter provvedere alla propria realizzazione.
  • Cristianesimo: l’uomo si affida per la propria salvezza all’aiuto divino.

Per casa

Studiare mod.7 cap.4; mod.8 cap.1 (pagg.100-113).

53. Neoplatonismo

1. Il primato della contemplazione

  • I corpi sono inseriti in una rete di reciproche influenze, che li modifica dall’esterno.
  • La vita attiva costringe a restare entro questa rete, dove l’agire è sempre anche un subire.
  • Niente che è in relazione solo con sé può subire il condizionamento da altro.
  • Ogni cosa tende a recuperare la propria unitarietà.
  • L'uomo deve sforzarsi di abbandonare il corpo, che lo lega alla molteplicità.
  • Il corpo ha un’esistenza che non coincide con quella del saggio, immersa nell’intelligibile.
  • Chi esercita contemplazione diventa tutt’uno col proprio oggetto.
  • La filosofia consente di realizzare il ripiegamento in se stessi e il ritiro dal mondo.
  • Concentrarsi su sé comporta anche dimenticare ciò che si era, il proprio passato.

2. L’Uno e l’emanazione

  • Ogni cosa, essendo quel che è grazie alla propria unità, partecipa dell’Uno.
  • L’Uno è la suprema realtà, il divino.
  • L’Uno, per la sua assoluta unitarietà, è indicibile, non è predicabile di alcunché.
  • Teologia negativa: della divinità si può dire solo ciò che non è.
  • Ciò che non è l’Uno deriva da esso per emanazione, come effetto necessario ed eterno della sua natura sovrabbondante.
  • L’emanazione accade non per intelligenza o volontà della fonte, né la modifica in alcun modo.
  • Il processo emanativo allontanandosi dalla fonte, percorre gradi decrescenti di realtà.
  • Ciascuna realtà del processo emanativo che sia capace di esistere indipendentemente è detta ipostasi.

3. Dall’Uno ai molti

  • Seconda ipostasi è l’Intelletto, al tempo stesso unità e molteplicità: contiene insieme, in unità, le molte idee, ciascuna delle quali è principio di unità.
  • All’Intelletto appartiene un tipo di pensiero intuitivo.
  • Terza ipostasi è l’Anima: è vita, movimento, e possiede un tipo di pensiero discorsivo.
  • L’Anima, similmente al Demiurgo platonico, considera le immagini delle idee nel generare il mondo sensibile. È dunque Anima del mondo.
  • L’Anima genera le cose sensibili nel tempo e conferisce loro ordine.
  • Dall’Anima del mondo discendono le anime particolari degli astri e degli uomini.
  • Successivamente alle anima particolari si producono i corpi materiali.
  • L’Anima non è corporea, ed è separata rispetto ai corpi.
  • La materia è il punto terminale dell’emanazione e non è a sua volta ipostasi.
  • La materia è mera mancanza di forma, di qualità, di bene.

4. Dai molti all’Uno

  • Ogni grado nel processo della derivazione è traccia e immagine di quello superiore.
  • Ogni essere cerca di imitare la perfezione della sua fonte, tornando alla causa che lo ha prodotto.
  • L’uomo è in grado di percorrere a ritroso i gradi della realtà scaturiti dall'Uno.
  • L’anima umana è costantemente sollecitata in entrambe le direzioni: verso i corpi ma anche verso l’Uno.
  • L’anima umana contiene in sé tutte le ipostasi divine, potendo vivere secondo ciascuna di esse.
  • L’anima del filosofo, facendo prevalere la pulsione verso l’alto, mira ad assimilarsi a Dio.
  • La risalita richiede purificazione intellettuale al fine di conseguire la virtù.
  • Esercitandosi intellettualmente mediante la dialettica si procede oltre la coscienza.
  • La parte finale della risalita richiede di oltepassare le distinzioni intellettuali.
  • L'amore mira alla bellezza che non è forma ma vita, non sensibile ma ideale.
  • Oltre la contemplazione del bello è l’estasi o unione mistica con l’Uno.

Per casa

Studiare mod.5 par.11; mod.8 par.2.

54. Agostino e la filosofia cristiana

1. Filosofia e teologia

  • La teologia cristiana si pone come riflessione razionale applicata ai dati della Rivelazione.
  • Ruolo dei teologi e degli ecclesiastici. La teologia è prima di tutto approfondimento del contenuto rivelato, e può anche allontanare dall’ortodossia.
  • Per Agostino, stretta relazione fra teologia e filosofia.
  • Stretta relazione fra fede e ragione: “Crede ut intelligas et intellige ut credas”.
  • La conoscenza di qualsiasi fatto richiede qualche forma di fiducia.
  • Le verità supreme, indagate da filosofia e teologia, sono realtà vitali, oggetto d’amore.
  • Percepita consonanza fra la filosofia platonica e il pensiero cristiano.

2. Cercare la verità

  • Fuori dall'esperienza si trovano anche le certezze più salde: verità della logica, della matematica, degli accadimenti interiori.
  • Falsità dello scetticismo: “si fallor, sum”.
  • La propria interiorità spirituale è la sede della verità.
  • Anti-empirismo di stampo platonico: giudichiamo l'esperienza sulla base di “regole eterne” che non sono derivati dall'esperienza stessa.
  • Le regole eterne non possono essere stati acquisiti in una vita precedente dell’anima.
  • Le regole eterne non possono derivare dall’esperienza.
  • Le regole eterne della verità sono interiori ma trascendono la stessa anima
  • Le regole eterne che la ragione trova entro di sé non possono derivare che da Dio.
  • Dio rivela direttamente all’anima le regole eterne tramite un’illuminazione.

3. Insegnare la verità

  • Ciò che colpisce i sensi è una stimolazione meramente fisica, non portatrice di significati.
  • Anche la voce del maestro è un mero rumore.
  • Sta a colui che ascolta interpretare, dare significato a queste stimolazioni.
  • Il significato è suscitato dalla sensazione ma si produce esclusivamente nella mente.

4. L’anima e il dialogo con Dio

  • La verità che si manifesta interiormente è eterna, e sopravvive a qualsiasi vicissitudine: è divina, è Verita, Verbum divino.
  • L’anima ha il suo fondamento in Dio; conoscendo sé, riconosce Dio come sua origine.
  • La filosofia, in quanto indagine della verità, è un dialogo interiore dell’anima con Dio. Paradigma delle Confessioni, intessute di citazioni bibliche.
  • La Verità che viene da Dio non solo appaga il desiderio di sapere, ma è anche una verità che salva, che fornisce all’uomo i mezzi per liberarsi dalla condizione di essere imperfetto.

5. Il male

  • La Bontà di Dio si manifesta nella verità concessa all’anima, ma il mondo che si rivela all’anima è intessuto di male.
  • Tentazione del manicheismo: esiste un Principio del male che rende cattivi, ma dal quale si può essere salvati.
  • Insostenibilità del manicheismo: Dio non può essere limitato o condizionato da altro.
  • In senso strettamente filosofico e teologico, il male è non essere, non è una sostanza.
  • Nessuna cosa è di per sé male; ogni cosa, in quanto esiste, possiede qualche bene.
  • Sul piano esperienziale, bisogna distinguere fra un male fisico e un male morale
  • Il male fisico può essere una conseguenza del male morale, oppure una prova a cui Dio sottopone l’essere umano, oppure un aspetto particolare di un tutto comunque buono.
  • Il male morale dipende esclusivamente dalla volontà dell’essere umano.

6. Le facoltà dell’anima

  • L’anima è una unità di tre facoltà. memoria, intelligenza e volontà, che sono alla base della natura personale dell’uomo.
  • Le facoltà dell’anima possono entrare in contrasto: la volontà può deliberare contrariamente a quanto l’intelligenza indica come il meglio, un volere può scontrarsi con un altro volere.
  • Gli errori non sono addebitabili dunque necessariamente a un difetto dell’intelligenza.

7. L’anima e la Trinità

  • La comprensione della propria interiorità aiuta la comprensione di Dio e quindi la fede in Lui.
  • Le tre funzioni dell’anima portano su tre aspetti della sua natura: dalla memoria l’essere, dall’intelligenza il sapere, dalla volontà l’amore.
  • Questi tre aspetti sono propri di un’unica realtà viva: ciascuno esiste in quanto è in relazione con i restanti.
  • L’unità dell’anima nelle sue articolazioni corrisponde all’immagine di Dio: l’essere al Padre, il sapere al Figlio, l’amore allo Spirito Santo.
  • Dio è tre persone in quanto esse sono in relazione, l’una nell’altra.

Per casa

Studiare mod.9 capp.1-3, 5 (pagg.164 – 172, 178-9).
Lettura on-line: Agostino “Rientrare in se stessi”

55. La grazia e la storia in Agostino

1. Il tempo e l’eternità

  • Con le sue facoltà l’anima si espande nel tempo per poterlo comprendere.
  • Solo il presente esiste realmente e può quindi essere direttamente compreso.
  • Mediante la memoria il passato è reso presente; mediante l’anticipazione della volontà il futuro è reso presente.
  • Non esiste un accesso oggettivo al tempo: la descrizione di un qualsiasi fenomeno fisico, presupponendo il tempo, non può quindi definirlo.
  • Dio crea il tempo, non crea nel tempo.
  • Non si pone dunque il problema di cosa Dio facesse nel tempo precedente la creazione.
  • Dio esiste in un’eternità che è meta-temporale, e non è identificabile con un tempo infinitamente esteso.

2. Debolezza del volere

  • L’anima è libera di volere in quanto non è succube di un principio che la domini dall’esterno.
  • Ciò non significa però che si trovi in uno stato di ‘equidistanza’ fra le possibilità fra cui deve scegliere.
  • Per Pelagio, l’uomo con la sua sola volontà può non peccare: se Dio richiede all’uomo la perfezione deve anche concedergli i mezzi per diventare perfetto.
  • Allora non può esistere un peccato originale che da Adamo si trasmetta ad ogni uomo.
  • Allora l’uomo può guadagnarsi la salvezza con i propri meriti, senza l’intervento di Dio o della Chiesa. Se pecca, ne ha piena responsabilità.
  • Per Agostino, l’uomo ha una volontà che è stata resa debole nel peccato originale.
  • Tutta l’umanità ha peccato in Adamo, divenendo una “massa dannata”.

3. Libertà e grazia

  • Prima del peccato originale, l’uomo poteva non peccare.
  • Con il peccato originale, l’uomo ha perso tale potere, e quindi non può non peccare.
  • La vera salvezza umana non può dipendere dai soli meriti umani, ma passa attraverso il riscatto operato da Cristo, e dalla grazia che ne discende e che è mediata dalla Chiesa.
  • La vera libertà del volere è riconquistata solo dopo l’intervento della grazia divina. Con essa l’uomo giunge a non poter peccare.
  • Solo gli uomini raggiunti dalla grazia divina sono veramente liberi e messi in condizione di salvarsi.

4. Libertà e predestinazione

  • Primo aspetto della predestinazione: Dio, in quanto presciente, sa che l'uomo peccherà.
  • Allora la prescienza divina pare necessitare l’atto peccanimoso, rendendolo non più libero.
  • Ma Dio prevede la nostra azione come dovuta alla nostra libera volontà, e quindi come non necessitata.
  • Secondo aspetto: la salvezza è un dono che Dio accorda indipendentemente dai meriti umani.
  • Dio dunque stabilisce coloro che si salveranno e coloro che saranno dannati.
  • Ma la predestinazione divina non rende inutili gli sforzi umani, in quanto nessuno è certo della sua salvezza o della sua dannazione.

5. La storia e la provvidenza divina

  • Esiste un senso profondo della storia, dato dal progetto divino sul mondo: creazione, del peccato originale, dell'incarnazione di Cristo, giudizio finale.
  • La storia umana non rappresenta un progresso lineare, ma è continuamente pervasa dalla lotta fra il bene e il male.
  • Il cristiano deve sforzarsi di cogliere il senso profondo anche negli eventi apparentemente negativi.

6. Città terrena e città celeste

  • L’umanità si trova divisa in due comunità o “città”: la città terrena fondata sull’amore di sé e sulla ricerca del potere fine a sé, e la città celeste fondata sull’amore di Dio e la carità.
  • Ogni città si fonda su una sua gerarchia, corrispondente all’ordine che si riconosce vero.
  • La città terrena non si identifica con lo Stato, né la città celeste si identifica con la Chiesa visibile.
  • Data la peccaminosità dell’uomo, l'autorità e l'obbedienza sono necessarie per impedire violenze reciproche.

7. La Chiesa

  • Per Donato, la Chiesa deve essere composta solo da non peccatori.
  • Per Agostino, poiché tutti gli uomini in quanto deboli di volontà, sono tendenzialmente peccatori, la Chiesa deve accogliere in sé anche i peccatori, per aiutarne la redenzione.
  • La peccamonisità di un sacerdote non inficia la validità del suo operato sacedotale. È Dio e non il sacerdote a dare efficacia al sacramento.
  • Solo alla fine dei tempi si comprenderà chi, membro della Chiesa visibile, è anche membro della vera Chiesa.

Per casa

Studiare mod.9 capp.4, 6 e 7.

57. La nascita della scolastica

1. Metodo scolastico

Scopo prioritario: comprensione approfondita del testo sacro.
Metodo scolastico: lettura (lectio) di testi, con commento (glossa) basato su citazioni da auctoritates.
Diversi livelli di comprensione: senso letterale, analogico, morale, anagogico.
Gerarchia delle auctoritates: dalla Bibbia ai testi non garantiti dalla Rivelazione divina, dai testi di ecclesiastici a quelli filosofici, da quelli cristiani a quelli di pagani e infedeli.
Dalla lectio alla quaestio: prospettazione di un problema (quaestio) e sua discussione (disputatio), conclusa dalla soluzione (determinatio) del maestro.
Tipi di opere filosofiche: Commenti, Quaestiones disputatae e quodlibetales, Summae.
Consolidarsi del curriculm scolastico, con le arti liberali seguite dalla teologia.
Divisione fra dialettici e anti-dialettici, circa l’uso della logica per analizzare la parola di Dio.
Per i dialettici la teologia si fa scienza.
Nascita della figura del pensatore, delle università con codificazione dei corsi.

2. Anselmo e la dimostrazione dell’esistenza di Dio

Valore di una dimostrazione dell’esistenza di Dio: non sostituisce la fede di chi già la possiede, ma può agevolarla in chi non la possiede.
Una dimostrazione mette in luce solo alcuni aspetti della divinità, che lo fede poi specifica.
Natura aprioristica dell’argomento di Anselmo: opera solo su concetti, su definizioni.
Definizione adottata di Dio: ciò di cui nulla può pensarsi di più grande.
Esistere è più che non esistere: dunque la nozione di un Dio non esistente è contraddittoria e la tesi atea è assurda.
Possibili obiezioni all’argomento.

3. Il problema degli universali

Nozione di universale: è universale ciò che può dirsi di un numero indefinito di cose particolari, ovvero che può essere partecipato da esse.
Problema: esistono gli universali? Se si, che genere di esistenza posseggono?
Soluzioni alternative: realismo, concettualismo, nominalismo.
Realismo: nella realtà esisto ‘nature’ al di là degli individui che le posseggono (natura umana, ‘cavallinità’, ecc.). Realismo di Platone e di Aristotele.
Concettualismo: in realtà esistono solo individui particolari, ma la mente è in grado di astrarre le note universali presenti nei casi particolari mediante l’astrazione e formare dei concetti universali.
Nominalismo: l’universale non è presente né nella realtà né nella mente, i cui contenuti  (sorta di immagini) sono relativi solo a cose particolari. L’universale compare solo nel linguaggio, nell’uso, perché conveniente, di nomi ‘comuni’, che si applicano a un numero indefinito di cose particolari.

4. Il problema dell’immortalità dell’anima

Importanza della questione per la visione religiosa della vita.
La filosofia di Platone sostiene l’immortalità, la filosofia di Aristote parrebbe negarla: anima come forma di un corpo vivente.
Ambiguità del testo aristotelico: riferimento ad un intelletto sempre in atto a fianco dell’intelletto passivo.
Interpretazione averroista di Aristotele: l’intelletto attivo, immortale, non è individuale ma collettivo, separato, contenuto in Dio.

Per casa

Studiare mod.10 capp.1 (pagg. 224-6, 230-3) e 4 (pagg.248-51).
Lettura T5: Anselmo “L’argomento a priori”.
Lettura T6: Gaunilone “L’obiezione dell’isola perduta”.
Lettura T7: Anselmo “Ma Dio non è un’isola perduta”.

59. Scuole filosofiche medievali

1. Tradizione platonica ed aristotelica

Consistente maggior disponibilità di testi antichi grazie alle traduzioni dall’arabo.
Sec.XIII: A quella platonica si affianca la tradizione aristotelica. Francescani e domenicani.
Differenze istituzionali: manuale vs commento; scuole cattedrali vs università.
Differenze di pensiero: ascesa progressiva verso Dio vs studio dei singoli sistemi di nature; illuminazione divina vs lume naturale.

Per casa

Studiare mod.10 par.5.

60. Tommaso d’Aquino

1. Fede e ragione in Tommaso

Tutto il pensiero di Tommaso ha per oggetto principale Dio.
Le verità rivelate si distinguono da quelle naturali per l’origine piuttosto che per il contenuto.
Le tesi aristoteliche in contrasto con la ragione o la rivelazione vanno considerate false.
La teologia razionale si dispone a sostegno della teologia rivelata fornendo preambula fidei.
La ragione gode di una propria autonomia rispetto alla fede nella ricerca della verità.
Filosofia e teologia studiano l’uomo in relazione al suo fine naturale o sovrannaturale.
La conoscenza rivelata non confligge necessariamente con la conoscenza naturale.
La conoscenza rivelata, basata sulla fede, perfeziona la conoscenza naturale, basata sulla ragione.
L’uso della sola ragione consente di dialogare con i pagani e i non credenti.

2. Essenza ed esistenza

Due sensi di essere: esistenziale (“Dio è”) e predicativo (“Dio è onnipotente”).
L’essenza di una cosa (il “che cos’è”) è data dalle proprietà predicabili con necessità di essa.
In termini aristotelici (modificati), l’essenza è data dalla corrispondente forma in quanto impressa in una data materia.
Ma un’essenza (un insieme di proprietà) potrebbe rimanere un mero ente logico, senza essere realizzata in alcun ente reale.
Le proprietà, di per sé, non hanno esistenza reale. Nella realtà esistono solo individui, mentre i concetti sono frutto dell’astrazione operata dalla mente, ma con fondamento nella natura degli individui esistenti (soluzione realista-moderata al problema degli universali).

3. Il Dio dell’esistenza

Il vero problema filosofico: perché c’è qualcosa anziché il nulla.
Il Dio cristiano si distingue da ogni altro genere di principio perché fa esistere, crea dal nulla.
Dio si dice in termini di esistenza: Dio è l’ente la cui essenza coincide con l’esistenza (nuovo senso in cui si dice che Dio è atto puro).
Di Dio non è possibile alcuna definizione in termini di proprietà, poiché la sua essenza non si articola in altre attribuzioni fuori dall’esistenza.
L’essere si predica per analogia a Dio e al mondo. Dio e il mondo esistono, ma in modo diverso: Dio è l’essere, il mondo ha l’essere; Dio esiste in modo necessario, il mondo esiste in modo contingente.
Gli enti creati sono costituiti da un’essenza cui Dio ha aggiunto l’atto di essere.
Ogni cosa, in quanto esiste, è una (ossia, non contraddittoria), vera (ossia, intelligibile) e buona (ossia, dotata di valore). Cfr. le qualità trinitarie in Agostino.
Unità, verità e bontà sono i ‘trascendentali’ dell’essere, anch’essi attribuiti solo per analogia a Dio e al mondo, e propri del mondo solo in quanto promananti da Dio.

4. Le prove aposteriori dell’esistenza di Dio

La conoscenza di Dio non può cogliere la sua essenza, né è possibile, attraverso la sua essenza, risalire alla sua esistenza.
L’essere di Dio può essere conosciuto solo parzialmente, mediante la relazione di analogia. Il mondo, in quanto ha ricevuto l’essere, presenta alcune tracce di Dio, origine del suo essere.
Sono vie per mostrare l’irrazionalità della credenza nella non esistenza di Dio.
Le vie partono da un’evidenza a noi disponibile
L'esistenza di Dio è dimostrabile concependolo come causa prima (schema argomentativo aristotelico): dalla constatazione di una realtà sensibile a una serie causale di cui questa realtà è la base e Dio il vertice.
Dio, come puro essere, è la causa prima dell’essere di ogni cosa.
1) In natura ogni cosa che si muove è mossa da altro, ma il moto da qualche parte deve cominciare.
2) In natura ogni cosa che accade è causata da altro, ma la catena causale non può andare all’infinito.
3) Se tutto fosse contingente, per un qualche tempo nulla sarebbe.
4) Ci sono gradi di perfezione, quindi vi è il massimamente perfetto quale criterio-causa della perfezione altrui.
5) Nella natura bruta vi è un ordinamento finalistico, che deve essere impresso dall’esterno.

Per casa

Studiare mod.10 par.6 (prima parte: pagg.258-65).
Lettura T8: Tommaso d’Acquino “Gli argomenti a posteriori”.

61. Tommaso: etica e politica

1. Anima

L’anima non conosce i concetti, ma mediante i concetti.
La volontà è un appetito razionale, la cui libertà dipende dalla natura flessibile del ragionamento pratico. Siamo liberi in quanto conosciamo direttamente solo beni relativi.
Il corpo conferisce all’anima individualità, non mortalità.
L’anima è creata da Dio al momento della nascita dell’individuo: non eterna, ma immortale.
L’anima è una sostanza, indipendente dal corpo: è infatti superiore a ciò che è individuale e materiale, potendo intuire l’universale e bastare a se stessa (autocoscienza).

2. Etica

Fine naturale della felicità e fine soprannaturale della beatitudine eterna. La felicità dipende dall’ordine impresso alla vita terrena, la beatudine dipende dai meriti acquisiti liberamente.
I valori soprannaturali sono introdotti dai valori naturali, e non li soppiantano.
Esiste un contenuto morale minimo, la legge naturale, che la sola ragione è in grado di cogliere e che è dunque universalmente condivisibile: «fare il bene ed evitare il male; bene è ciò che tende alla conservazione di sé, male alla distruzione».
Alcuni contenuti della legge naturale dipendono dalla costituzione biologica: conservazione della vita, riproduzione, cura della prole.
La legge divina (comandamento dell’amore verso il prossimo) sublima la legge naturale e mira al fine soprannaturale dell’uomo.

3. Politica

Socialità e autorità sono aspetti della legge naturale.
Lo Stato ha il fine di organizzare la convivenza per provvedere al bene comune.
A ciò lo Stato provvede con proprie norme positive, costituenti la legge umana, e l’uso di mezzi coercitivi.
La legge umana deve limitarsi ai comportamenti rilevanti per il bene comune, ossia la pace e incolumità dei cittadini, il soddisfacimento dei bisogni vitali, la coordinazione del perseguimento dei fini individuali.
Lo Stato esisterebbe anche in uno stato di innocenza, pur senza l’uso della coercizione.
La legge umana deriva dalla legge naturale in due modi:
per deduzione: lo jus gentium (diritto uguale presso tutti i popoli); p.es. proibizione dell'omicidio;
per specificazione: lo jus civile (diritto che varia di Stato in Stato); p.es. tipo di sanzione per chi commette omicidio.
Poiché la legge umana non può contraddire la legge naturale e tanto meno la legge divina, è lecita e doverosa la ribellione (l’obbiezione di coscienza) contro leggi o governanti ingiusti.
Il diritto positivo regola il diritto naturale di proprietà, che non può mai essere assoluto.
La ricerca del bene comune non può trascurare il bene dei singoli individui.
Il potere civile, pur rientrando nell’ordine divino, deve fondarsi sul consenso popolare.
Rispettando il principio del consenso, sono accettabili varie forme di governo.
Contro il modello teocratico; il potere civile non dipende dal potere religioso.

4. Guerra

La pace è un’opera di giustizia tra i popoli, da conseguire con strumenti razionali.
Esistono condizioni eccezionali che giustificano il ricorso alla guerra quale male minore.
La guerra ha per scopo solo il ristabilimento della giustizia, non la diffusione della fede.
Una guerra è giusta se si dà 1. una dichiarazione da parte dell'autorità politica legittima; 2. una causa giusta e grave non rimuovibile in altro modo; 3. l'intenzione di ristabilire la pace e il desiderio di aiutare i buoni castigando i cattivi; 4. l’utilizzo di mezzi bellici legittimi: proporzionati e che non colpiscano i civili.

5. Politica e religione

Causa giusta di guerra può essere anche la presenza di ostacoli per la vera fede.
Il fine sovrannaturale della Chiesa è più elevato di quello naturale dello Stato.
Lo Stato deve essere subordinato alla Chiesa in tutto ciò che concerne la vita spirituale, favorendo il conseguimento del suo fine, mentre è autonomo nella propria sfera.
Lo Stato deve reprimere coloro che mettono in pericolo la vera fede, quali gli eretici.

Per casa

Studiare mod.10 par.6 (seconda parte: pagg.265-8).

62. La filosofia nel 1300

1. Duns Scoto

Filosofia e teologia: né assorbimento (dell’una o dell’altra: agostinismo o averroismo) né concordismo (tomismo), ma distinzione.
Filosofia: concerne ciò che la ragione sola è in grado di afferrare, procede per dimostrazioni, tratta in universale, è speculativa;
Teologia: concerne gli oggetti di fede, mira a persuadere, si àncora alla Rivelazione divina, è pratica.
Contro l’ambiguità dei concetti analogici, rivendica l’uso di concetti univoci.
È possibile aggiungere ulteriori specificazioni, ma separatamente.
Oggetto fondamentale dell’intelletto umano: l’ente in quanto ente.
Tutto ciò che esiste deve potersi considerare possibile oggetto della conoscenza umana.
La filosofia si estende a tutto il reale, ma è in grado di dire poco. La ricchezza strutturale del reale è colta dalle altre scienze.
L’esistenza di un ente finito è evidente, l’esistenza di un ente infinito va dimostrata.
La dimostrazione non può fondarsi su dati empirici, perché, anche se certi, sono contingenti.
Necessario invece è che il dato empirico, il mondo reale, sia possibile. Questa possibilità non può fondarsi se non su qualcosa che non sia a sua volta solo possibile, ma anche reale.
Con la nozione di ente infinito termina la sfera di competenza della filosofia, lasciando il posto alla teologia.
Sta alla teologia stabilire molte verità: p.es. se il mondo ha avuto un’origine, se l’anima è immortale.
L’ente personale, in quanto creato da Dio nella sua individualità, non può essere inteso come mera determinazione di un universale.
L’individualità è data da un principio formale individualizzato, l’ecceità.
In ragione di ciò l’intelletto può afferrare l’individuo nella sua singolarità.
Come prodotto della libera volontà divina, il mondo tutto, compresa la legge morale, è contingente. È buono ciò che Dio vuole; il male è peccato, non errore.
Non esiste un diritto naturale.
Anche nella natura umana, la volontà non è sotto la guida della ragione. La volontà è un potere sovrano, auto-determinato; l’intelletto opera con necessità naturale.

2. Guglielmo di Ockham

Filosofia e teologia, oltre Duns Scoto: non distinzione ma separazione.
Le conclusioni teologiche non solo non sono dimostrabili, ma non sono neanche razionalmente plausibili.
Per esse rimane solo l’atto di fede. I dettami della fede sono puri dati della Rivelazione.
Fra Dio e il creato non vi è altro legame che la libera e onnipotente volontà divina. Nessuna metafisica dell’essere può creare un collegamento razionale.
Il mondo è costituito solo da un individui, non classificabili in base ad alcuna essenza né analizzabili in termini di materia e forma.
L’unica forma possibile di conoscenza degli individui è quella empirica (basata sui sensi o sulla percezione interiore). Degli individui si conoscono solo le qualità percepibili.
Intuitivamente si può giudicare se un individuo esiste; comparando gli individui si possono ricavare conoscenze astratte, ma senza alcuna pretesa essenzialistica.
Rasoio di Ockham: precetto di minimizzare le assunzioni ontologiche.
La scienza che si fonda su tali basi può aspirare a una conoscenza solo probabile; i giudizi causale sono giudizi di correlazione costante; si assume che il futuro possa assomigliare al passato.
Dispensabilità delle cause finali.
Unicità dell’intelletto individuale; rifiuto della distinzione fra intelletto agente e passivo.
Non confondere piano logico-concettuale e piano reale. Il linguaggio trae significato dall’indicare la realtà.

3. Chiesa e potere

Ockham: L’autorità del papa non è quella di un dominatore, ma di un ministro.
È compito della Chiesa nel suo insieme, come libera comunità di fedeli, vigilare sulla dottrina.
Marsilio da Padova: in uno Stato da ultimo deve esserci un solo potere coercitivo (prospetta l’idea di sovranità).
Le leggi dello Stato traggono valore dal promanare dalla volontà dei cittadini, espressa dalla loro pars valentior (prospetta l’idea di sovranità popolare).
Alla legge civile devono sottostare tutti gli individui e tutte le istituzioni, Chiesa compresa
Solo mediante il sostegno dello Stato la legge naturale o divina diventerebbero vere e proprie leggi.
Ma il potere politico non può assumere il compito di applicare la legge divina, le cui sanzioni non riguradano questo mondo
L’autonomia dello Stato deve essere difesa specie contro le interferenze ecclesiastiche, fondate su false tesi teocratiche.
La Chiesa, in quanto comunità di credenti, deve essere controllata dai suoi membri; l’autorità nella Chiesa risiede nel concilio.
La Chiesa come organizzazione sociale deve sottostare al potere politico.

Per casa

Studiare mod.10 par.7.
Approfondimento: La Chiesa e i limiti del suo potere, pagg.303-6.

63. Scienza medievale

1. Scienza medievale

  • Crescente disponibilità a lasciare liberi gli scienziati di ragionare per ipotesi, che devono rimanere tali se entrano in contrasto con le verità rivelate.
  • Centrale in scienza, come in filosofia e teologia, è l’uso della logica, del metodo “dialettico”: non conta tanto la verità fattuale quanto la coerenza concettuale.
  • Non si assiste, per contro, a pressoché nessun progresso scientifico sul versante della verità, ossia della descrizione e spiegazione del mondo; le opere principali sono libri su altri libri piuttosto che sulla natura.
  • Qualche eccezione presso i francescani di Oxford: Roberto Grossatesta richiede che le teorie scientifiche siano controllate p.es. eliminando quelle in contrasto con l’esperienza.
  • Fenomeni particolarmente interessanti: l’arcobaleno (che favorisce l’incontro fra modelli teorici e misurazioni sperimentali), la calamita. Scarse applicazioni pratiche effettive.
  • Carattere empirico di chimica e alchimia, p.es. mediante la distillazione, caratterizzate da un caos teorico (vagamente aristotelico). Ma anche impostazione mistica ed esoterica.

2. Scienza tardo-medievale

  • Ockham: conoscenza dei fenomeni empirici vertente su stati e processi di corpi individuali, con inizio di analisi quantitativa subentrante a quella qualitativa.
  • Stati e processi sono indagati per come si verificano piuttosto che per la loro natura intrinseca.
  • Inizi di metodo ipotetico, con ipotesi esplicative che si sporgono congetturalmente su ciò che è anche solo possibile, e che sono giudicate per come rendono conto dei fenomeni.
  • Buridano: critica empirica della teoria aristotelica dei proietti: i corpi più pesanti possono essere lanciati più lontano, il mezzo fa resistenza al moto, sono ugualmente spinti corpi tozzi e affusolati.
  • Teoria, alternativa a quella aristotelica, dell’impetus (risalente a Filopono, sec.V), applicabile sia ai corpi terrestri che a quelli celesti.
  • Conseguenza cosmologica: inutilità del Primo motore dell’universo.
  • Conseguenza fisica: si spiega perché il moto dei gravi è uniformemente accelerato.

3. Cosmologia medievale

  • Alto-medioevo: cosmologia ispirata al Timeo platonico.
  • Considerazione teologica per la cosmologia implicita nella narrazione biblica della creazione in “sei giorni”.
  • sec.XII: Traduzione in latino di Aristotele, Tolomeo e astronomi arabi.
  • Comincia a porsi il problema di dover scegliere fra i sistemi di Aristotele e di Tolomeo.
  • 1277: Il vescovo Tempier condanna le ‘impossibilità’ cosmologiche sostenute da Aristotele e dagli arabi: Dio avrebbe potuto fare un mondo per più aspetti differente da come di fatto è.
  • sec.XIV: Si affaccia l’idea che oltre il mondo esista uno spazio vuoto infinito.
  • Non si ritiene assurdo che Dio avrebbe potuto creare altri mondi. Questa ipotesi confligge con la teoria aristotelica dei luoghi naturali.
  • Oresme: l’ipotesi del moto della Terra non è contradittoria e salva i fenomeni.
  • Verso una concezione dell’Universo come non più diviso fra terrestre e celeste.

4. Inizi di matematizzazione

  • Progresso della matematizzazione della fisica, applicato a quantità o ‘forme’ di intensità uniformente variabile: l’effetto della variazione è pari a quello di una forma mediana uniforme (regola di Merton).
  • Applicazione al moto uniformemente accelerato: la distanza percorsa con esso è equivalente a quella coperta con un moto uniforme di velocità intermedia in un medesimo tempo.
  • Oresme: le distanze crescono secondo la serie dei numeri dispari (ossia, sono proporzionali al quadrato del tempo).
  • Ma si tratta di fenomeni astratti, considerati non applicabili ai moti reali: nella realtà il moto di un grave è solo approssimativamente e sempre meno uniformemente accelerato.

 

Fonte: http://www.lcgalilei.pisa.it/NS/docs/dispense/1%20FL%20ol.doc

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