Le coniche

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Le coniche

 

Le sezioni coniche

Queste curve furono introdotte dal matematico greco Menecmo  (sec. IV a.C.), appartenente alla scuola platonica. Egli le ottenne  intersecando un cono con un piano ortogonale alla sua superficie. A seconda che l’apertura del cono fosse un angolo retto, acuto oppure ottuso,  la conica era una parabola, un’ellisse, oppure un’iperbole.

 


 

  

 


 

 


Menecmo  dimostrò che era possibile risolvere il problema della duplicazione del cubo utilizzando  due parabole, oppure una parabola ed un’iperbole.

Lo studio delle sezioni coniche fu ripreso ed approfondito da  Apollonio di Perga, che ad esse dedicò il trattato Le coniche. Fu lui a coniare i termini parabola, ellisse e iperbole: essi significano, rispettivamente “uguaglianza”, “mancanza” ed “eccesso”, e si riferiscono alla relazione esistente fra due particolari  misure geometriche  nei diversi tipi di conica. Apollonio  propose un  nuovo modo di  realizzare le coniche: egli sostituì, innanzitutto, il “cono gelato” di Menecmo (cono ad una falda) con il cono a due falde,

 

 

 

e dimostrò che  tutte le coniche possono essere ottenute intersecando lo stesso cono (rettangolo, acutangolo od ottusangolo) con un piano: per cambiare la forma della conica è sufficiente variare l’inclinazione del piano rispetto al cono. La parabola e l’ellisse intersecano una sola falda del cono:

 

 


 

 

Invece l’iperbole  di Apollonio  taglia entrambe le falde del cono ed è una curva con due rami  disgiunti e simmetrici:

 

 

 

Il cerchio è un tipo particolare di ellisse;  sono cerchi  le sezioni, ortogonali all’asse, di ogni falda del cono.

 

Ecco come appaiono i tre tipi di coniche, ciascuno in un opportuno sistema di coordinate cartesiane:

 

 

 

 


Le equazioni cartesiane delle coniche  si ottengono ponendo uguale a zero un polinomio di grado due, e furono scritte  per la prima volta dal matematico inglese John Wallis nel trattato De sectionibus conicis  (1655): egli le derivò dalle proprietà geometriche dimostrate da Apollonio. Le coniche della figura hanno equazioni delle forme seguenti, dette canoniche:

Parabola:  y2- px = 0
Ellisse:   x2/a + y2/b = 1
Iperbole: x2/a - y2/b = 1,

ove p, a, b sono opportune costanti positive.

Si noti che l’ellisse, la parabola e l’iperbole  sono state ottenute intersecando il cono con piani non passanti per il suo vertice.   Vediamo ora cosa accade  quando intersechiamo  il cono con un piano passante per il suo vertice.   L’intersezione può essere costituita da due rette, per esempio se il piano  contiene l’asse del cono:

 

 

 

 

 

Oppure l’intersezione può essere una retta (doppia):

 

 

 

 

 

 

oppure  un  punto (doppio):

 

 

 

 

 

Le coppie di rette, le rette  doppie ed i punti doppi sono  dunque particolari tipi di coniche, che corrispondono a casi limite e sono dette degeneri.  Anch’esse sono rappresentate  nel piano da equazioni di  grado due:

 

 

 

 

 

 


          C: (bx-ay)(bx+ay) = 0                         C: (bx-ay)2 = 0

 

 


C: (x-a)2 + (y-b)2 = 0

In un certo senso, anche il punto doppio  può nascondere una coppia di rette. Questo è possibile solo a patto di estendere il piano cartesiano in modo da  dare significato di coordinata a tutti i numeri  complessi.  I punti delle rette in questione  hanno quasi tutti almeno una coordinata complessa non reale:  l’unico punto reale è il loro punto d’intersezione (   ). Le  equazioni cartesiane complesse di queste due rette sono:

r1 : (x-a) + i(y-b) = 0              r2 : (x-a) - i(y-b) = 0

 

 L’ellisse, la parabola e l’iperbole sono dette coniche  non degeneri.

Secondo una  suggestiva descrizione data da Keplero  nel suo trattato Ad Vitellionem paralipomena (“Introduzione all’ottica di Witelo”), esiste un rapporto di continuità fra i diversi tipi di coniche:  da una retta doppia se ne ottengono facilmente  due, dopo aver sdoppiato il loro punto d’intersezione, e queste, a loro volta, possono venire deformate nei due rami di un’iperbole; allontanando all’infinito uno dei due rami, si perviene al caso limite della parabola; immaginando di far passare il secondo ramo al di là dell’infinito, e di farlo tornare verso la conica dalla parte opposta, fino al ricongiungimento, si ottiene infine un’ellisse.

Tra i  numerosissimi problemi affrontati da Apollonio nel suo trattato v’è quello di determinare la tangente ad una conica in un punto dato.

Altre opere  dell’antichità dedicate alle coniche sono un  trattato di Euclide ed uno di  Archimede.
Nel 1600 l’argomento venne ripreso con nuovo vigore: Descartes ne La Géométrie lo affrontò con i mezzi della geometria analitica da lui inventati. Desargues , Pascal e de la Hire dimostrarono nuovi teoremi utilizzando la geometria proiettiva (o geometria descrittiva).Vediamo innanzitutto cosa si intende, nello spazio a tre dimensioni, per proiezione da un punto su di un piano.
Siano dati un punto P ed un piano П non passante per P.  Consideriamo un punto Q, diverso da P. Tracciamo la retta [P, Q]. In generale  questa retta intersecherà П  in un punto Q′, che viene detto la proiezione da P di Q su П.


 

 

 

Dato un insieme di punti, ad esempio una curva, si definisce la proiezione della curva dal punto P sul piano П come l’insieme delle proiezioni dei  punti della curva stessa. Fissiamo una particolare conica C non degenere (ellisse, parabola o iperbole), ottenuta come sezione di un certo cono. Prendiamo come punto P  il vertice del cono. È  chiaro che le rette congiungenti ed i punti di  C  formano il cono stesso.  La proiezione C′ di C sul piano П  sarà dunque l’intersezione del cono con П. Poiché per ipotesi il piano П  non passa per P, la conica C′ è non degenere.   Scegliendo opportunamente il piano П, si può fare in modo che C′ sia un’ellisse, una parabola oppure un’iperbole, e ciò indipendentemente dalla natura della conica C. Ogni conica non degenere può essere proiettata in una qualunque altra conica non degenere. A questo proposito Newton  disse: “Se le ombre delle figure sono proiettate su un piano infinito  illuminato da un punto luminoso, le ombre delle sezioni coniche saranno sempre sezioni coniche.” Ecco alcune immagini.

Ciò permette di estendere molti teoremi validi per un certo tipo di conica non degenere ad ogni altro tipo di conica non degenere.  Consideriamo, a titolo di esempio,  un noto teorema di Pascal, tratto da un suo trattatello di  otto pagine, intitolato Essai sur les coniques, che egli scrisse all’età di soli diciassette anni. Egli  dimostra il teorema per il cerchio, ed osserva che per proiezione esso si trasferisce ad ogni conica non degenere. Ecco l’enunciato:

Dato un esagono inscritto in un cerchio,  i  tre punti  d’intersezione dei prolungamenti delle coppie di lati  opposti sono allineati.

 

 

In realtà questo teorema si estende anche al caso in cui la conica è una coppia di rette: si ottiene allora il famoso Teorema di Pappo. L’enunciato è il seguente:  se A,B,C sono tre punti su di una retta, e A′,B′,C′ sono tre punti sull’altra retta, allora i punti  d’intersezione delle rette [A, B′] e [A′, B], [B, C′] e [B′, C], [C, A′ ] e [C′, A] sono allineati.

 

 

 

 

La proiezione, così come l’abbiamo definita, nasconde, in realtà, un problema, che finora abbiamo sottaciuto. Questo problema si pone, ad esempio,  in un caso  come quello  raffigurato:


 

 

 

 

Vogliamo proiettare il punto Q da P sul piano Π, ma la retta [P, Q] è parallela al piano Π, quindi è impossibile determinare l’intersezione Q'. Il problema si risolve con un’idea di Desargues: completiamo lo spazio aggiungendo un piano all’infinito Π0, non visibile.  In questo modo lo spazio affine  diventa lo spazio proiettivo. Il piano Π0  interseca la retta [P, Q]in un punto, detto punto all’infinito della retta, ed interseca il piano Π in una retta, chiamata retta all’infinito del piano.  La retta ed il piano estesi  prendono i nomi di retta proiettiva  e piano proiettivo rispettivamente. La retta [P, Q]ed il piano Π  si intersecano all’infinito, nel punto all’infinito della retta: è questo il punto Q′ cercato.
Parabole ed iperboli possiedono punti all’infinito, detti anche impropri.  Ad esempio, proiettando un’ellisse su di una parabola, uno dei punti dell’ellisse viene proiettato all’infinito, in un punto (improprio) della parabola, nel quale quest’ultima “si richiude”.

L’ellisse, la parabola e l’iperbole sono coniche diverse solo secondo la classificazione affine. Secondo la classificazione proiettiva queste coniche sono tutte equivalenti: dal punto di vista proiettivo, infatti, le coniche si distinguono solo in semplicemente degeneri, doppiamente degeneri e non degeneri.

Il cono appartiene ad una classe particolare di superficie, dette quadriche, caratterizzate dal fatto che tutte le loro sezioni piane sono coniche. Ad esempio, il paraboloide rotondoè la  quadrica ottenuta facendo ruotare un parabola intorno al suo asse di simmetria.  Altri esempi di quadriche sono l’iperboloide iperbolico e l’iperboloide ellittico.

Le coniche come luoghi geometrici

La costruzione delle coniche
Le leggi di Keplero
Specchi parabolici, ellittici e iperbolici
La parabola e la caduta dei gravi
Le coniche nell’arte
La parabola secondo Apollonio
La costruzione delle coniche secondo Newton
La curvatura della parabola

 

Fonte: http://www.dm.uniba.it/ipertesto/coniche/coniche.doc

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