Cardiopatologia e patologia renale

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Cardiopatologia e patologia renale

Cardiopatologia e patologia renale: una litania.

di Paolo Scarani

Parto dalla premessa che l’anatomia patologica è medicina di laboratorio, e che, di conseguenza, il clinico deve sapere che cosa inviare al patologo, e quando inviarlo, per trarne una risposta utile. Si deve aver poi ben chiaro fin dall’inizio che questi due settori della patologia comprendono malattie particolarmente pericolose per la vita. Di conseguenza, le malattie del cuore e del rene sono spesso oggetto di autopsia clinica. Il tema dell’autopsia è già stato trattato in un altro capitolo di queste pagine elettroniche, al quale rimando. In esso è anche trattato il problema della morte improvvisa, con le sue vastissime implicazioni.

Il rene da lungo tempo, ed il miocardio più recentemente, sono oggetto di biopsia. Chi studia medicina è oggi portato a credere che la patologia dominante, specialmente in anatomia patologica, sia quella neoplastica. In realtà, le biopsie qui trattate riguardano molto più spesso patologia non neoplastica. Si tratta di organi delicati. Il miocardio è, in particolare, propenso a rispondere in modo anomalo, a volte con un’aritmia fatale, quando stimolato. Quindi, le biopsie vanno fatte soltanto quando la diagnosi sia veramente difficile, o in particolari casi di monitoraggio d’una patologia cronica. Le biopsie sono poi di piccole dimensioni, e devono possedere requisiti minimi di grandezza per essere diagnosticamente rappresentative. Si tratta insomma di procedure non semplici, che richiedono una profonda conoscenza delle malattie cardiache e renali da parte del clinico, oltre alla capacità tecnica esecutiva. Il patologo deve invece saper fare le diagnosi su materiale per forza scarso.

Cominciamo dalla biopsia miocardica, che, comprendendo anche l’endocardio, data la via d’accesso, è denominata endomiocardica.

La biopsia endomiocardica

 

Una volta si raggiungeva la cavità ventricolare sinistra per via arteriosa retrograda, per prelevare il tessuto endomiocardico ventricolare. Era una tecnica rischiosa e non esente da mortalità. Si basava sul fatto che il ventricolo sinistro contiene più miocardio e quindi debba essere più significativo. In realtà il ventricolo sinistro è quello della patologia ischemica, e quest’ultima dovrebbe essere sempre diagnosticata senza bisogno della biopsia.
Tutto il resto della patologia del miocardio è invece spesso bisognoso di biopsia. Tale patologia è diffusa a tutto il miocardio. Si è anzi calcolato che più spesso prevale proprio nel ventricolo destro.
Questo è il caso delle miocarditi. Anche le lesioni da rigetto di trapianto di cuore sono di più agevole riscontro nel ventricolo destro. È proprio in questa sede che si fanno le biopsie endomiocardiche periodiche per il monitoraggio dei trapiantati e l’applicazione d’una terapia immunosoppressiva adeguata.

Quantunque non si usi la biopsia per far diagnosi d’infarto del miocardio, la morfologia dell’infarto acuto va sempre tenuta presente, perché il modo in cui si presenta questo tipo di necrosi non dev’essere confuso dal patologo con quello delle malattie acute del miocardio, come le miocarditi da varie cause.
La necrosi dell’infarto acuto del miocardio è massiva, e comporta la necrosi coagulativa di quasi tutti i miociti osservabili al microscopio. Anche i fibroblasti e le cellule endoteliali dei vasi e dell’endocardio risultano distrutti. Un quadro sovrapponibile si può osservare nella miocardite suppurativa (ascesso) e nel flemmone del miocardio. In quest’ultimo caso, è d’aiuto il quadro clinico (sepsi, spesso associata ad endocardite infettiva). Non sempre è possibile evidenziare i batteri o altri agenti causa del processo suppurativo.
La necrosi coagulativa dell’infarto si può reperire anche in malattie diverse dall’insufficienza coronarica da aterosclerosi. Vasculiti che colpiscano le coronarie potrebbero produrre un infarto acuto. Tipico è il caso della panarterite nodosa. Proprio in questo caso, qualora la diagnosi clinica non fosse ancora stata posta, alla presenza di febbre e di segni di scompenso cardiaco, una biopsia endomiocardica richiesta precipitosamente potrebbe mostrare i segni di un infarto conseguente all’interessamento vasculitico delle coronarie.
In un trapiantato di cuore si ha sempre un’aggressione dei vasi dell’organo trapiantato da parte del sistema immune, con progressiva stenosi degli stessi. Ciò anzi conduce, in tempi più o meno lunghi, alla necessità di un secondo trapianto. Anche in questo caso è quindi possibile osservare infarti miocardici acuti.

Il quadro delle miocarditi non suppurative e del rigetto acuto è molto diverso da quello della necrosi dell’infarto acuto. Gli agenti eziologici di queste malattie aggrediscono i singoli miociti, pertanto il processo è tipicamente parcellare, ad aree più o meno irregolari. I miociti morti si trovano quindi commisti ad altri ancora integri o semplicemente danneggiati. Nell’interstizio è possibile incontrare tutti i tipi di cellule infiammatorie. Certamente, però, i neutrofili, presenti nelle forme più violente, non sono mai numerosi come nell’infarto acuto. In molte miocarditi interstiziali, i linfociti attivati aggrediscono i miociti, producendo una sorta di rosicchiamento dei miociti stessi. La causa di ciò è ovvia nelle miocarditi da agenti infettivi endocellulari (virus, toxoplasma, trypanosoma cruzi) e nel rigetto acuto. In un rigetto acuto si osserva sempre l’aggressione dei vasi, oltre che dei miociti. In una biopsia endomiocardica non è però sempre possibile evidenziare strutture vascolari di grandezza sufficiente ad avere quest’utile parametro diagnostico. La cosa non è peregrina, perché il trapiantato è un immunodepresso, e potrebbe avere, anziché l’aggravarsi della reazione di rigetto, una miocardite da agenti opportunistici (toxoplasma, per esempio). Un’erronea intensificazione della terapia immunosoppressiva avrebbe quindi conseguenze catastrofiche.

Il fatto, quindi, che le miocarditi interstiziali ed il rigetto siano lesioni a focolai, ha indotto a praticare sempre biopsie endomiocardiche multiple. L’esigenza si è fatta più impellente in seguito al riconoscimento di infezioni opportunistiche nei trapiantati, non sempre documentabili con precisione per mezzo degli esami bioumorali.

Le biopsie multiple sono poi sempre utili negli studi d’una cardiomiopatia dilatativa, in preparazione ad un trapianto di cuore (quantità di tessuto miocardico superstite) o d’una malattia da accumulo (amiloidosi).

In definitiva, la biopsia endomiocardica è la fine, piuttosto che l’inizio, d’un percorso diagnostico. Non è utile nell’infarto del miocardio, perché la diagnosi è clinica, anzi, può risultare dannosa, producendo una rottura di cuore, a causa della debolezza della parete muscolare nell’infarto acuto.
In tutti i casi cui abbiamo accennato più sopra, è un’utile conferma di un sospetto clinico, già confortato da altri dati di laboratorio, oppure costituisce un importante monitoraggio d’una cardiomiopatia dilatativa, per decidere se e quando attuare un trapianto di cuore.
Naturalmente, essa appare fondamentale dopo un trapianto di cuore, per valutare l’esistenza d’un rigetto di grado più o meno severo, per modulare la terapia in modo adeguato, oppure per evidenziare patologie diverse dal rigetto (lesioni ischemiche o miocarditi).
A volte la biopsia è risultata critica per la sopravvivenza dei malati. Si possono ricordare casi di insospettate cardiomiopatie da beri-beri in pazienti con grave avitaminosi da alimentazione squilibrata per diete strampalate.

Un’omissione pericolosa potrebbe essere quella di non fare una biopsia in un giovane recentemente guarito da pericardite senza particolari esiti, quadro frequente nelle pericarditi virali. Queste si associano difatti con frequenza ad una miocardite, capace di produrre una sintomatologia modesta. Una miocardite trascurata può, infatti, evolvere in modo subdolo per molti anni, portando ad una cardiomiopatia dilatativa, che di solito si manifesta clinicamente attorno ai quarant’anni, l’epoca tipica della cardiomiopatia dilatativa idiopatica.

Biopsia renale

La diagnosi su biopsia renale, per essere esauriente, richiede sempre un’accurata conoscenza della storia clinica del malato. Altrimenti si rischia di “vedere quel che non c’è, e di non vedere quello che c’è ed importa”.
Il campione, essendo piccolo, deve essere tale da contenere un numero adeguato di glomeruli. La patologia di questi ultimi può infatti coinvolgerli tutti o in parte, oppure interessare soltanto porzioni di singoli glomeruli. Si deve pensare che con la biopsia, renale, e di altri organi, si ha una visione come attraverso il buco di una serratura. È bene quindi che il buco abbia grandezza sufficiente e guardi un panorama significativo.
Parte del materiale è poi sempre destinata alla microscopia elettronica, che, come è facile intuire studiando le diverse malattie renali, fornisce in genere parametri importanti o critici di diagnostica differenziale.
Alla tradizionale ematossilina-eosina, di routine in istopatologia, si associano poi sempre le colorazioni che evidenziano lo stato delle membrane basali e delle pareti dei vasi, di cui non sto a ricordare i nomi, e che, in ogni caso, il patologo accurato, deve sempre elencare nel referto diagnostico scritto.
Particolarmente in patologia glomerulare, non deve poi mai mancare lo studio immunologico, tradizionalmente con l’immunofluorescenza, che, in molti casi “fa la diagnosi”.

Detto questo, passo ad elencare un po’ d’esempi.

Le semilune denotano una glomerulonefrite rapidamente progressiva. L’immunofluorescenza ne distingue tre tipi: I (malattia anti-membrana basale glomerulare), II (malattia da complessi immuni), III (priva delle caratteristiche delle altre due). Hanno cause e trattamenti diversi. La I suggerisce il Goodpasture, ed è necessaria la plasmaferesi. La II è del LES, della porpora di Schoenlein-Henoch e postinfettiva. La III si associa al Wegener e alla poliangite microscopica. È da ciò evidente l’importanza dell’immunofluorescenza per una diagnosi appropriata.

L’immunofluorescenza lineare indica anticorpi anti-membrana basale glomerulare, quadro tipico della sindrome di Goodpasture. Il titolo anti-streptolisine O aumenta nella glomerulonefrite post-streptococcica, che ha tipica deposizione granulare dei complessi immuni.

La granulomatosi di Wegener è causa di una glomerulonefrite rapidamente progressiva con semilune. Molti aspetti differenziano il Wegener da altre glomerulonefriti con semilune (Goodpasture): presenza di vasculite granulomatosa, assenza di complessi immuni o di anticorpi anti-membrana basale glomerulare, presenza di C-ANCA.

L’infezione da HIV produce una malattia renale simile alla glomerulosclerosi focale segmentaria, con deposizione di IgM e C3 nel mesangio dei glomeruli colpiti. Alcuni casi di glomerulonefrite membranosa si associano a infezione da virus dell’epatite B, ma i depositi d’immunocomplessi sono granulari. Il fattore nefritico C3 può essere un marker per la glomerulonefrite membranoproliferativa di tipo II.

Glomerulonefrite post-streptococcica. Il ceppo degli streptococchi A che danno la glomerulonefrite sono diversi da quelli della febbre reumatica. Quasi tutti i bambini guariscono. L’1% può andare incontro a glomerulonefrite rapidamente progressiva. L’evoluzione in insufficienza renale cronica si ha nel 10-15% degli adulti. L’infezione delle vie urinarie è poco probabile in corso di glomerulonefrite, perché i microrganismi in causa sono già scomparsi al momento dell’esordio della malattia renale.

Comparsa improvvisa di febbre, malessere e nausea in una donna di 25 anni. Le urine presentano proteine +, eritrociti ++++, con cilindri ematici visibili al microscopio. Assenti chetoni e glucosio. La microscopia ottica evidenzia elevata ipercellularità, con neutrofili fra le anse glomerulari. L’immunofluorescenza mostra depositi granulari di IgG e C3 nelle membrane basali dei capillari glomerulari. Il microscopio elettronico mostra accumuli focali elettrondensi (humps) subepiteliali.
La glomerulonefrite postinfettiva è una fra tante cause di sindrome nefritica con ematuria e cilindri ematici. Alcuni casi possono seguire a una faringite streptococcica (cd glomerulonefrite post-streptococcica). Anche la sindrome di Goodpasture può dare una sindrome nefritica, ma si hanno depositi anticorpali lineari contro la membrana basale glomerulare. L’amiloidosi renale produce per lo più proteinuria senza ematuria, come la glomerulonefrite membranosa. La glomerulosclerosi nodulare e diffusa sono caratteristiche della nefropatia diabetica.

 

La causa più comune della sindrome nefrosica in un bambino è la malattia a lesioni minime. Pertanto, una terapia steroidea è indicata, avendo nel 90% risposta favorevole. Se manca una risposta è bene effettuare anche la biopsia. Pochi casi evolvono in insufficienza renale, richiedendo dialisi o trapianto. La causa della malattia a lesioni minime è ignota. Non si ha mai un’insufficienza renale a rapido decorso. Non esistono correlazioni genetiche.
È anche detta malattia a lesioni minime, termine dovuto alla modestia delle alterazioni morfologiche. Si ha fusione dei pedicelli, visibile solo al microscopio elettronico.
Gli humps subepiteliali sono immunocomplessi, e si osservano nella glomerulonefrite postinfettiva. Uno spessore variabile della membrana basale si osserva nella sindrome di Alport. La matrice mesangiale si espande in alcune forme di glomerulonefrite (nefropatia da IgA) ed in altre malattie (diabete mellito) ma non nella malattia a lesioni minime.
Membrane basali diffusamente ispessite senza segni di proliferazione denotano la glomerulonefrite membranosa, che tipicamente produce sindrome nefrosica negli adulti. La formazione di semilune – glomerulonefrite a semilune – si associa ad insufficienza renale a progressione rapida. Ipercellularità glomerulare con ispessimento e duplicazione delle membrane basali è caratteristica della glomerulonefrite membranoproliferativa. La malattia si presenta con sindrome mista, nefrosica e nefritica, e di solito non risponde ai corticosteroidi.

Lesione segmentaria: sclerosi di un solo segmento del glomerulo. Essendo affetti solo il 50% dei glomeruli, si tratta di una malattia focale. La glomerulosclerosi focale segmentaria si presenta come sindrome nefrosica resistente ai corticosteroidi, contrariamente a quella a lesioni minime dell’infanzia, che fra l’altro non ha lesioni al microscopio ottico. Mal di gola (faringite) seguita da sindrome nefritica è la storia classica della glomerulonefrite proliferativa acuta post-streptococcica. Un diabetico con sindrome nefrosica presenta una glomerulosclerosi nodulare o un diffuso ispessimento della membrana basale. L’ipertensione di lunga durata dà ialinosi di molti glomeruli.

 

La sindrome nefrosica con clinica e istologia della glomerulonefrite membranosa in molti casi è una malattia idiopatica da depositi di complessi immuni nelle membrane basali glomerulari. La diagnosi è convalidata dall’immunofluorescenza granulare con IgG e C3. Al microscopio elettronico, i depositi elettrondensi sono visibili dal lato epiteliale della membrana basale L’ispessimento diffuso delle membrane basali senza aspetti proliferativi, e i depositi granulari di IgG e C3 sono tipici della glomerulonefrite membranosa. È dovuta al depositarsi d’immunocomplessi sulla membrana basale, che attivano il complemento. La glomerulopatia membranosa non è associata con l’infezione streptococcica. Non vi sono neppure prove di danno da citochine o da linfociti T. Nell’85% dei casi la causa rimane ignota. Nel rimanente 15% si ha associazione con malattie sistemiche, come LES, sifilide, o altre cause (farmaci) di formazione di complessi immuni o si associa a neoplasie maligne.
Depositi subendoteliali con duplicazione della membrana basale sono una caratteristica della glomerulonefrite membranoproliferativa di tipo I. Depositi elettrondensi soltanto mesangiali sono presenti nella nefropatia da IgA. La fusione dei processi pedicellari dei podociti senza altre anomalie si ha nella nefrosi lipoidea. Gli anticorpi anti-membrana basale danno un’immunofluorescenza lineare, come nella sindrome di Goodpasture.
Nell’AIDS si osserva talora una nefropatia che ricorda la glomerulosclerosi segmentaria focale. Il mieloma multiplo si può complicare con amiloidosi sistemica, che può interessare il rene. La nefrolitiasi può causare una nefrite interstiziale, ma non danni glomerulari.

Se la biopsia renale mostra glomeruli ipercellulati e cospicui depositi elettrondensi lungo la lamina densa della membrana basale glomerulare, quale glomerulonefrite è più probabile?
Glomerulonefrite membranoproliferativa tipo II, o malattia a depositi densi, che di solito porta a insufficienza renale. La glomerulonefrite postinfettiva ha glomerulo ipercellulato con neutrofili, ma la membrana basale non è ispessita. La forma rapidamente progressiva ha le semilune. Glomerulonefrite cronica denota sclerosi di molti glomeruli senza causa precisa. Nella glomerulonefrite membranosa c’è solo ispessimento della membrana basale, con piccoli depositi elettrondensi.

 

Il LES spesso colpisce il rene. Si hanno varie forme di nefrite del lupus, che in genere producono un quadro di tipo nefritico. Poiché i globuli rossi fuoriescono dai glomeruli danneggiati, le pazienti hanno cilindri eritrocitari nell’urina.

La nefropatia da IgA, o malattia di Berger, può spiegare l’ematuria ricorrente di un giovane adulto. Manca la sindrome nefrosica, e la disposizione mesangiale delle IgA è tipica. Di solito, la prima ematuria segue un episodio infettivo delle vie aeree superiori. La malattia è molto comune nel morbo celiaco. Un’ematuria ricorrente dopo una malattia virale in ragazzi o in giovani adulti si associa tipicamente alla nefropatia da IgA. In questi pazienti, un’anomalia nella regolazione dell’immunità induce un’eccessiva sintesi di IgA delle mucose, in risposta a virus o ad altri antigeni ambientali. I complessi contenenti le IgA si depositano nel mesangio, dando inizio al danno glomerulare.
Un’immunofluorescenza granulare per IgG lungo la membrana basale, indica la presenza di immunocomplessi, come nella glomerulonefrite postinfettiva, che appaiono alla microscopia elettronica come depositi subepiteliali. In questo caso si ha il quadro della sindrome nefritica. Una proliferazione diffusa ed un ispessimento della membrana basale indica una glomerulonefrite membranoproliferativa. In questo caso, i depositi constano di IgG e C3.
Gli anticorpi contro il collageno di tipo IV sono prodotti nella sindrome di Goodpasture. Pur inducendo la produzione di IgA, i virus non danneggiano il glomerulo direttamente.
Alterazioni strutturali della membrana basale glomerulare sono caratteristiche della nefrite ereditaria.
I depositi subepiteliali dei complessi immuni si hanno nella glomerulopatia membranosa, producendo un quadro di immunofluorescenza granulare anti-IgG. Le manifestazioni cliniche della glomerulopatia membranosa sono una sindrome nefrosica da manuale. La proliferazione diffusa e l’ispessimento delle membrane si osservano nella glomerulonefrite membranoproliferativa, che pure si presenta con la sindrome nefrosica. La trombosi dei capillari glomerulari si ha in tutti i casi di patologia glomerulare molto severa.

La sindrome di Alport è una forma di nefrite ereditaria. L’ematuria costituisce l’esordio più frequente. Si ha una graduale progressione verso l’insufficienza renale in età adulta. Molti pazienti presentano un’ereditarietà dominante legata al cromosoma X, ma vi sono anche alberi genealogici autosomici dominanti e recessivi. Di solito il sesso maschile è colpito più severamente. Sono colpiti soltanto la vista, l’udito e la funzione renale.
Le cellule schiumose dei tubuli e le modificazioni delle membrane basali al microscopio elettronico sono estremamente caratteristiche. L’alterazione genetica comporta anomalie nella sintesi del collageno IV.
La necrosi tubulare acuta fa seguito a danni renali ischemici o tossici, e non colpisce i glomeruli. La malattia di Berger, o nefropatia da IgA, è una glomerulopatia senza alterazioni dell’epitelio tubulare. La glomerulonefrite membranosa in genere causa una sindrome nefrosica, e si hanno depositi di immunocomplessi nella membrana basale glomerulare. Le glomerulosclerosi nodulare e diffusa sono caratteristiche della nefropatia diabetica.

 

Diversi giorni dopo un episodio febbrile con eruzione eritematosa della cute, un uomo di 32 anni presenta oliguria, iperazotemia ed aumento della creatinina. L’urina presenta proteinuria ++, ematuria +, assenza di glucosio, chetoni e nitriti. Il test dell’esterasi leucocitaria è positivo. L’esame microscopico delle urine presenta eritrociti e leucociti, fra i quali sono presenti eosinofili.
Tipici reperti d’una nefrite interstiziale da farmaci. Molti farmaci la possono produrre. Essa compare circa 2 settimane dopo l’inizio dell’assunzione. Ha caratteristiche d’ipersensibilità di tipo I (aumento delle IgE) e IV (reattività cutanea agli apteni).
Gli eosinofili non sono presenti nel sedimento urinario nel corso d’un processo infettivo delle vie urinarie.
Lo scompenso cardiaco congestizio può dare necrosi tubulare acuta, ma non eruzioni cutanee e proteinuria. La glomerulonefrite poststreptococcica può dare proteinuria ed ematuria, ma non eruzioni cutanee, poiché i ceppi di streptococchi A beta emolitici che danno un’infezione cutanea non sono nefritogeni. La sindrome uremico-emolitica può far seguito all’ingestione di carne tritata contenente ceppi di E. coli.
La pielonefrite acuta è un’infezione ascendente; di rado è ematogena. La necrosi tubulare acuta può dare insufficienza renale acuta. È dovuta a ipossia da shock o a danno tossico da sostanze chimiche, come il mercurio. La glomerulopatia membranosa si accompagna a grave proteinuria e sindrome nefrosica.

 

La sindrome uremico-emolitica è tra le cause più comuni d’uremia nei bambini. Di solito compare vari giorni dopo l’ingestione di carne contenente tossine prodotte da E. coli. Le tossine danneggiano l’endotelio, producendo vasocostrizione e necrosi e promovendo le trombosi. Con un’opportuna terapia di sostegno, molti pazienti guariscono in poche settimane. Circa un quarto di essi va tuttavia incontro ad insufficienza renale.
La glomerulonefrite postinfettiva si manifesta diverse settimane dopo un’infezione, di solito da streptococchi A beta-emolitici. La granulomatosi di Wegener è una vasculite tipica dell’adulto. La nefrite ereditaria si può presentare nell’infanzia, ma è progressiva, e non correlata con patologia vascolare. Una nefropatia da IgA si osserva più spesso in adulti giovani, e non si accompagna a modificazioni vascolari
La candida di solito infetta la vescica. Il proteo infetta spesso le vie urinarie. Il clostridium difficile causa un’enterocolite pseudomembranosa, non lesioni renali. Lo stafilococco aureo può causare infezioni delle vie urinarie.

 

In una tipica storia di necrosi tubulare acuta ischemica, spesso accompagnata dalla rottura della membrana basale (tubuloressi), dopo una fase iniziale di circa un giorno, si ha la fase oligurica, con progressivo aumento dell’azotemia e sovraccarico idroelettrolitico. Segue la fase di recupero, con incremento della diuresi ed ipocaliemia. Alla fine si ha il ripristino della funzione tubulare. Con trattamento adeguato, quasi tutti i pazienti guariscono. La causa più comune della necrosi tubulare acuta è il danno ischemico. L’ipotensione presente dopo un infarto del miocardio riduce il flusso ematico renale. La necrosi tubulare acuta produce un’insufficienza renale acuta reversibile. L’epitelio tubulare può infatti rigenerare, anche se è spesso necessario un trattamento dialitico temporaneo. Il trauma muscolare con mioglobinemia e mioglobinuria è causa di una necrosi tubulare acuta tossica. Con assistenza adeguata, l’epitelio rigenera e la funzionalità renale si ripristina. Nella fase di ripresa, i pazienti eliminano grandi quantità di urina, perché i tubuli danneggiati non sono in grado di riassorbire adeguatamente il carico filtrato glomerulare.

Le semilune indicano una glomerulonefrite rapidamente progressiva, che non è una sequela di patologie ischemiche e non regredisce così in fretta.Infiltrati interstiziali suggeriscono un processo tubulointerstiziale cronico. La necrosi fibrinoide delle arteriole è un aspetto della nefrosclerosi maligna, una malattia seria, che produce gravi danni al rene. La glomerulosclerosi nodulare è un aspetto della nefropatia diabetica, una malattia progressiva che porta all’insufficienza renale cronica.
La nefrosclerosi benigna richiede anni per manifestarsi e si associa ad ipertensione essenziale benigna. Gli emboli da trombosi endocardica postinfartuale potrebbero causare infarti renali, che di solito sono però di piccole dimensioni. La sindrome uremico-emolitica è una microangiopatia trombotica spesso conseguente a un’infezione pediatrica da parte di un ceppo enterotossigenico di E. coli.

Nefropatia da analgesici. Essa danneggia l’interstizio e può causare necrosi papillare. Non idronefrosi, perché nella nefropatia da analgesici non c’è ostruzione delle vie urinarie. C’è però un aumentato rischio di carcinoma uroteliale della pelvi renale. La tossicità da analgesici è graduale: non è quindi paragonabile alla necrosi tubulare acuta. La nefrosclerosi benigna è anch’essa lentamente progressiva. La glomerulosclerosi focale segmentaria risponde molto raramente ai corticosteroidi, contrariamente alla malattia a lesioni minime, e molti pazienti progrediscono verso l’insufficienza renale cronica. La patologia renale da diabete mellito è di tipo cronico e progressiva.

La glomerulosclerosi nodulare e diffusa, è la classica lesione del diabete mellito. L’emoglobina glicosilata (Hb A1c) è più elevata nei diabetici. Quelli di tipo I che inizialmente hanno una microalbuminuria, fanno prevedere la futura comparsa di nefropatia conclamata. La perdita della funzione renale è progressiva. Alcuni pazienti hanno spesso ipertensione e arteriolosclerosi ialina. Una proteinuria conclamata fa prevedere lo stadio finale renale entro 5 anni.

L’infezione da HIV può causare varie patologie renali, ma la più comune è la glomerulosclerosi segmentaria focale. Una glomerulonefrite proliferativa diffusa è poco comune.

L’arteriolosclerosi ialina è tipica dell’ipertensione benigna. Il quadro è presente anche negli anziani senza ipertensione. L’oliguria, segno d’insufficienza renale, non è una complicazione dell’ipertensione benigna, malattia a lento decorso, e spesso silente. La misurazione sistematica della pressione arteriosa serve a identificare gl’ipertesi prima che si producano danni rilevanti agli organi.

L’ipertensione maligna produce gravi lesioni vasali: necrosi fibrinoide e arteriolosclerosi iperplastica. L’ematuria è un reperto dell’ipertensione maligna, non di quella benigna.
Il dolore lombare è caratteristico della pielonefrite acuta e di alcune neoplasie renali.
L’ematuria e i cilindri eritrocitari sono da glomerulonefrite a semilune. La proliferazione mesangiale è anch’essa il quadro di una glomerulonefrite. La necrosi tubulare acuta è da danno anossico o tossico ai tubuli renali.

Ipertensione maligna. Essa si caratterizza per l’arteriolite necrotizzante e per l’arteriolosclerosi iperplastica. Può talvolta far seguito all’ipertensione benigna di lunga durata. Due sono le lesioni caratteristiche. Vi può essere necrosi fibrinoide delle arteriole; inoltre, nelle arterie interlobulari e nelle arteriole si ha ispessimento intimale per la proliferazione delle cellule muscolari lisce con deposito di collageno. Le cellule muscolari lisce proliferanti hanno disposizione concentrica. Queste lesioni, dette arteriolosclerosi iperplastica, danno severa stenosi luminale. L’ischemia conseguente innalza la renina, che determina ulteriore vasocostrizione.
La necrosi papillare complica le nefropatie diabetica e da analgesici. L’infarto renale consegue ad emboli del circolo sistemico, e l’ipertensione maligna non danneggia i vasi di grosso calibro. La necrosi tubulare segmentaria si osserva nelle forme ischemiche della necrosi tubulare acuta. La necrosi tubulare acuta è da danno ipossico o tossico ai tubuli renali. La pielonefrite acuta è una malattia febbrile, senza incrementi drammatici della pressione arteriosa.
La glomerulosclerosi nodulare, caratteristica del diabete mellito, progredisce lentamente. Una nefropatia da IgA interessa i glomeruli, non l’interstizio e i vasi. Le semilune appartengono alla glomerulonefrite rapidamente progressiva. La pressione arteriosa in questo caso non è particolarmente elevata.

Donna di 30 anni con infezioni ricorrenti delle vie urinarie. L’ecografia mostra una fibrosi diffusa, dilatazione della pelvi e dei calici ed assottigliamento della corticale. La biopsia rivela infiltrati infiammatori che si estendono dalla midollare alla corticale, con distruzione dei tubuli e fibrosi. Gl’infiltrati sono costituiti da linfociti, plasmacellule e qualche neutrofilo.
Si tratta di pielonefrite cronica, favorita dall’ostruzione delle vie urinarie. Il reflusso vescicoureterale predispone all’infezione.
La nefrosclerosi benigna non è a rischio d’infezione. I danni glomerulari diffusi nella nefrite del lupus non c’entrano in alcun modo con le infezioni. L’amiloidosi può dare insufficienza renale per i depositi d’amiloide nei glomeruli. L’amiloide non evoca flogosi. Lo scompenso cardiaco congestizio può essere causa di necrosi tubulare acuta.

 

Fonte: http://campus.unibo.it/4838/1/Cardiopatologia_e_patologia_renale.doc

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