Malattie trasmesse da zecche

Malattie trasmesse da zecche

 

 

 

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Malattie trasmesse da zecche

Circolare n. 10 del 13 luglio 2000

Malattie trasmesse da zecche: cenni di epidemiologia – misure di prevenzione

Con l’approssimarsi della stagione calda, si ritiene utile procedere ad un aggiornamento della Circolare n. 19 del 10 luglio 1995, in cui venivano prese in considerazione due malattie trasmesse da zecche: la Borreliosi di Lyme (BL) e la meningoencefalite.
Le zecche sono, tra gli artropodi, vettori estremamente efficienti di un gran numero di agenti patogeni di natura virale, rickettsiale, batterica, protozoaria, nonché di neurotossine; queste ultime possono provocare paralisi flaccida acuta ad andamento ascendente, talvolta letale per animali di piccola taglia ed anche per l’uomo.
In Italia sono presenti zecche appartenenti sia alla famiglia delle Ixodidae (zecche dure) che a quella delle Argasidae (zecche molli).
Le zecche dure, così definite per la presenza di un caratteristico scudo dorsale chitinoso, comprendono, in Italia, 6 generi: Ixodes, Boophilus, Hyalomna, Rhipicephalus, Dermacentor, Haemaphysalis.
Le zecche molli, sprovviste di scudo dorsale, sono presenti con due generi: Argas ed Ornithodorus.
L’habitat preferito dalle zecche è rappresentato da luoghi ricchi di vegetazione erbosa ed arbustiva, con microclima preferibilmente fresco ed umido, anche se non è raro il loro riscontro in aree con clima decisamente caldo ed asciutto, e con vegetazione più rada.
Alcune zecche dure, quali le Rhipicephalus, sono strettamente associate alla popolazione canina, mentre altre (Dermacentor, Haemaphysalis) sono parassiti abituali di animali d’allevamento e da reddito (ovini, bovini, equini).
Le zecche molli parassitano abitualmente uccelli, selvatici e domestici, ed in particolare i piccioni, e possono infestare gli ambienti frequentati da questi (piccionaie, soffitte).
A differenza delle zecche dure, quelle molli tendono ad attaccare gli ospiti nelle ore di oscurità.
Le zecche presentano, generalmente, una bassa specificità di specie, per cui, in assenza dell’ospite preferito, possono attaccarsi al primo ospite “utile” di passaggio; l’uomo rappresenta solitamente un ospite occasionale.
L’infestazione di uccelli, migratori e non, nonché di numerosi animali selvatici, è alla base della diffusione delle zecche in aree sempre più estese.
Le zecche necessitano di pasti di sangue per completare il loro sviluppo e ciclo riproduttivo, ma possono resistere per lunghi periodi di tempo al digiuno assoluto; la loro attività è massima, nei paesi a clima temperato, nei periodi maggio-ottobre. Il pasto di sangue, durante il quale la zecca rimane costantemente attaccata all’ospite, si  compie nell’arco di ore per le zecche molli, di giorni o settimane per le dure.
Le zecche possono superare senza difficoltà inverni anche molto rigidi e sono, in generale, molto longeve, potendo arrivare a completare il loro ciclo di sviluppo nell’arco di molti anni.
Le mutate condizioni ambientali, che hanno favorito il proliferare delle popolazioni di ospiti naturali, la longevità, la capacità riproduttiva (una femmina adulta depone fino a diverse migliaia di uova), la scarsità di nemici naturali e la resistenza ai pesticidi ed alle condizioni ambientali sfavorevoli spiegano la crescente diffusione delle zecche osservata da alcuni anni in molti paesi.
La bassa specificità di specie e la capacità di trasmettere agenti patogeni (di interesse sia veterinario che umano) fin dagli stadi di larva e di ninfa, d’altro canto, rende ragione della loro estrema efficienza quali vettori di malattie infettive.
La possibilità di trasmissione di agenti patogeni è generalmente direttamente proporzionale alla durata della permanenza della zecca infissa sull’ospite.
La maggior parte delle malattie trasmesse da zecche può essere diagnosticata esclusivamente sul piano clinico, essendo la diagnosi di laboratorio complicata, sovente, da fattori confondenti (reattività crociata con altri antigeni) e, comunque, raramente utile nelle fasi iniziali della malattia in cui, particolarmente nelle forme ad eziologia batterica, una pronta terapia antibiotica è risolutiva.
D’altro canto, se è vero che il rischio di infezioni da zecche può essere superiore a quanto stimato in precedenza, è anche vero che, nella grande maggioranza dei casi, tali infezioni sono, dal punto di vista clinico, inapparenti e ad evoluzione benigna.
La prevenzione, basata essenzialmente su misure di profilassi comportamentale ed ambientale, risulta determinante nel controllo delle patologie trasmesse da zecche.
Le patologie infettive trasmesse da zecche, che presentano rilevanza epidemiologica nel nostro Paese, sono la febbre bottonosa del Mediterraneo, la Borreliosi di Lyme, la febbre ricorrente da zecche, la tularemia, la meningoencefalite da zecche.
Al di là del riscontro di sieropositività nei confronti dei relativi agenti eziologici in percentuali modeste della popolazione, i dati epidemiologici nazionali non sembrano deporre per la presenza di forme cliniche di ehrlichiosi, che presenta invece caratteristiche di vera e propria malattia emergente negli Stati Uniti d’America.

Febbre bottonosa del Mediterraneo

Le rickettsiosi diverse dal tifo esantematico costituiscono un gruppo eterogeneo di malattie febbrili acute a trasmissione vettoriale; tra queste, la febbre bottonosa del Mediterraneo è la più diffusa nel bacino del Mediterraneo ed in Italia.
L’agente eziologico della febbre bottonosa del Mediterraneo è rappresentato da Rickettsia conorii e da altre rickettsie strettamente correlate.
Vettori della febbre bottonosa del Mediterraneo sono varie specie di zecche dure, e soprattutto Rhipicephalus sanguineus, parassita abituale di cani e di altri animali domestici e selvatici (conigli e lepri, ma anche ovini, caprini e bovini).
La febbre bottonosa del Mediterraneo può presentarsi con vari gradi di severità e di durata; il periodo di incubazione, dopo la puntura infettante, va da 5 a 7 giorni. L’esordio è improvviso, con sintomi di tipo simil-influenzale (febbre di grado moderato-elevato accompagnata da brividi, cefalea retrorbitale, astenia, malessere generale). In 3a-5a giornata compare un esantema maculo-papuloso ad andamento centripeto, che interessa anche le piante dei piedi ed i palmi delle mani, espressione della vasculite provocata dall’infezione. Nella maggior parte dei casi è chiaramente visibile, in corrispondenza del morso della zecca, un’area ulcero-necrotica nerastra (segno della “tache noire”).
Anche in assenza di terapia la letalità della febbre bottonosa è molto bassa (inferiore al 3%); la letalità può tuttavia essere più alta in soggetti con condizioni di salute già compromesse.
Complicazioni della febbre bottonosa possono manifestarsi a carico dell’apparato cardiovascolare, renale, del SNC.
Il trattamento antibiotico determina la risoluzione delle manifestazioni febbrili, nelle forme non complicate, nel giro di 2-3 giorni.
Le metodiche di laboratorio più appropriate per la diagnosi di Rickettsiosi sono rappresentate dalla immunofluorescenza indiretta su siero, dal metodo immunoenzimatico, dalla immunofluorescenza diretta su campioni bioptici. Il test di Weil-Felix, basato sulla sieroagglutinazione di ceppi di Proteus Ox19, Ox2, oppure OxK, è poco sensibile oltre che poco specifico; può avere valore, ai fini della conferma diagnostica di rickettsiosi, solo qualora venga dimostrato un aumento significativo (pari o superiore a 4 volte) del titolo anticorpale tra la fase acuta e la fase di convalescenza della malattia.
La decisione di iniziare il trattamento antibiotico dovrebbe essere presa sulla base della diagnosi clinica, senza attendere la conferma di laboratorio.
Per la conferma di laboratorio della diagnosi di febbre bottonosa, oltre all’ isolamento dell’agente infettivo da appropriati campioni biologici, alla positività della reazione di  immunofluorescenza diretta in biopsie cutanee o in reperti autoptici e al sopracitato incremento del titolo anticorpale tra la fase acuta e quella di convalescenza, può essere preso in considerazione un titolo anticorpale, in un singolo campione di siero, ³1:64, se determinato con immuno-fluorescenza indiretta.
Le rickettsiosi diverse da tifo esantematico sono soggette a notifica obbligatoria secondo le modalità previste dal D.M. 15 dicembre 1990, che le inserisce tra le malattie di Classe II.
Nel periodo 1992-1998 sono stati notificati, al Ministero della Sanità, circa 1200 casi all’anno di rickettsiosi, con un tasso di morbosità medio pari a 2,1 casi per 100.000 abitanti.
Osservando la distribuzione dei casi per regione, appare evidente come alcune regioni dell’Italia centro-meridionale ed insulare appaiano particolarmente interessate dalla rickettsiosi.
Tassi di morbosità superiori alla media nazionale si osservano, nel periodo in esame, in quattro regioni: Sardegna (11,9), Sicilia (10), Calabria (4,7) e Lazio (3,9) (Figura 1).
Il sesso maschile appare costantemente più colpito rispetto a quello femminile, con un rapporto medio maschi/femmine pari ad 1,5.
In oltre l’80% dei casi, le notifiche sono relative a casi insorti nel secondo semestre dell’anno, nel periodo che va da luglio ad ottobre.

Borreliosi di Lyme

La borreliosi di Lyme (BL) è un’antropozoonosi causata da spirochete appartenenti al complesso Borrelia burgdorferi sensu lato al cui interno le specie principali sono Borrelia burgdorferi sensu stricto (presente in Europa ed unico agente di infezione nel Nord America), Borrelia afzelii e Borrelia garinii (presenti in Europa, Asia ed Africa).
Le borrelie responsabili della BL vengono trasmesse all’uomo attraverso la puntura di zecche dure appartenenti al genere Ixodes (ricinus, persulcatus, scapularis, pacificus) e forse anche Amblyomma e Dermacentor (zecca del cane); i serbatoi di infezione sono rappresentati da animali selvatici (roditori, caprioli, cervi, volpi, lepri).
Dal punto di vista clinico la BL si presenta suddivisa in tre fasi. La fase precoce localizzata, che interviene mediamente entro 30 giorni dalla puntura ed è caratterizzata dalla comparsa dell’Eritema Migrante (EM) nella sede cutanea colpita dalla zecca; l’EM è patognomonico della BL e, nella sua forma più tipica, è una lesione eritematosa che si espande lentamente, nell'arco di giorni o settimane, in modo anulare fino a formare un’ampia area tondeggiante che tende a risolvere al centro lasciando un margine periferico in espansione centrifuga. La fase precoce disseminata, che interviene mediamente entro settimane o mesi dall’infezione, è caratterizzata da artralgie migranti, mialgie, rigidità nucale, meningite, polineuriti, paralisi del VII nervo cranico, linfocitoma cutaneo, EM multipli, miocardite e disturbi della conduzione atrio-ventricolare. La fase tardiva, a distanza di mesi o anni dall’infezione, è caratterizzata da alterazioni a carico dell'apparato muscolo-scheletrico (artrite cronica), del sistema nervoso centrale e periferico (meningite, encefalomielite, atassia cerebellare, polineuropatie sensitivo–motorie, disturbi del sonno e comportamentali), della cute (acrodermatite cronica atrofica) e dell'apparato cardiovascolare (miopericardite, cardiomegalia).
La diagnosi di BL, essenzialmente clinica, può essere resa più difficile dalla mancanza del segno patognomonico iniziale dell’eritema migrante.
Gli esami di laboratorio indicati consistono in test ELISA o IFA per la dimostrazione di anticorpi anti-Borrelia, con successivo test di conferma Western-Blot (WB) in caso di risultato positivo. Il ricorso al WB in prima istanza non è utile, così come è sconsigliato l’utilizzo degli esami di laboratorio come test di screening; da ricordare inoltre che la sierologia risulta quasi sempre negativa nello stadio precoce localizzato della malattia.
La decisione di iniziare il trattamento antibiotico dovrebbe essere presa sulla base della diagnosi clinica e dei dati anamnestici ed epidemiologici. I test sierologici non sono sempre in grado di confermare o escludere in modo definitivo la diagnosi di BL: la sieropositività non implica necessariamente malattia, così come la sieronegatività non la esclude. Non esiste infatti sufficiente standardizzazione dei test diagnostici attualmente disponibili e sono frequenti i casi di falsa positività, per reazione crociata, così come i casi di falsa negatività.
La malattia non dà luogo allo sviluppo di immunità: l’infezione può quindi essere contratta più volte nel corso della vita.
La BL è soggetta a notifica obbligatoria secondo le modalità della Classe V del D.M. 15 dicembre 1990.
La sottonotifica di cui soffrono le malattie incluse nella Classe V, ed il mancato invio, da parte di alcune regioni, dei riepiloghi annuali delle malattie di questa classe, rendono i dati relativi alla BL scarsamente attendibili.
Nel periodo 1992-1998 si sarebbero verificati, in Italia, circa un migliaio di casi di BL: le notifiche giunte al Sistema Informativo delle Malattie infettive e diffusive del Ministero della Sanità sono in numero nettamente inferiore.
Le regioni maggiormente interessate dalla BL sono il Friuli-Venezia Giulia, la Liguria, il Veneto, l’Emilia-Romagna, il Trentino Alto-Adige (P.A. di Trento). Le segnalazioni dalle regioni dell’Italia centro-meridionale ed insulare sono sporadiche (Figura 2).
Studi sieroepidemiologici hanno dimostrato la presenza di positività per anticorpi anti-Borrelia in percentuali significativamente più alte in soggetti appartenenti a categorie maggiormente esposte a rischio di punture da zecche (forestali, cacciatori) che nella popolazione generale.
La presenza di infezione da B. afzelii, burgdorferi, garinii nelle zecche è stata dimostrata in varie regioni italiane, principalmente dell’Italia centro-settentrionale, così come è stata dimostrata sierologicamente l’infezione in animali domestici e selvatici.

Febbre ricorrente da zecche

L’uomo rappresenta un ospite occasionale per questa zoonosi che, peraltro, è presente in varie parti del mondo, tra cui alcuni Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo.
La febbre ricorrente da zecche può essere causata da molte differente specie di Borrelie; vettori prevalenti sono zecche molli del genere Ornithodorus, che possono parassitare tanto l’uomo che piccoli animali (roditori).
A differenza di altre infezioni trasmesse da zecche, possono essere sufficienti solo 5-30 minuti per la trasmissione dell’agente patogeno.
La borreliosi ricorrente da zecche si manifesta, come la maggior parte delle malattie trasmesse da zecche, con sintomi di tipo simil-influenzali che si presentano in cicli della durata di 2-9 giorni, alternati a periodi afebbrili; le complicazioni, generalmente a carico del fegato e del sistema nervoso centrale, sono estremamente rare nei bambini e nelle persone più giovani, ma possono essere più frequenti negli anziani e nelle persone con patologie preesistenti.
In assenza di trattamento, possono succedersi da tre a cinque attacchi ad intervalli settimanali prima dell’estinzione dell’infezione. La letalità, anche in assenza di terapia specifica, è bassa nei climi temperati, ma può raggiungere il 10-30% in alcune regioni africane e del medio-oriente, e in soggetti con condizioni di salute già compromesse.
La borreliosi ricorrente da pidocchi è tuttora una malattia sottoposta a sorveglianza da parte dell’OMS, e per tale motivo è soggetta a notifica obbligatoria secondo le modalità previste dal D.M. 15 dicembre 1990 per le malattie di Classe I; la Febbre ricorrente da zecche andrebbe invece notificata secondo le modalità della Classe V del D.M. 15 dicembre 1990.
Nel periodo 1992-1998 sono giunte, al Ministero della Sanità, poche decine di segnalazioni di borreliosi (non meglio precisata), prevalentemente da alcune regioni del nord (P.A. di Trento, Friuli-Venezia Giulia) e del meridione (Puglia). La sottonotifica di cui soffrono le malattie incluse nella Classe V, ed il mancato invio, da parte di alcune regioni, dei riepiloghi annuali relativi a questa classe di malattia, rendono i dati in questione scarsamente attendibili.

Tularemia

Si tratta di una antropozoonosi con manifestazioni cliniche polimorfe strettamente correlate alla via di ingresso dell’agente patogeno (Francisella o Pasteurella tularensis). Oltre che attraverso il contatto diretto con animali infetti, con l’ingestione di acqua contaminata o di carne poco cotta proveniente da animali infetti, l’agente eziologico della tularemia può essere trasmesso all’uomo attraverso la puntura di diversi artropodi, tra cui zecche appartenenti per lo più ai generi Dermacentor ed Amblyomma, parassiti abituali di cani ed animali selvatici (roditori).
Il periodo di incubazione della tularemia può andare da 1 a 14 giorni (mediamente 3-5) ed è inversamente proporzionale al numero di microrganismi inoculati; la malattia può manifestarsi nelle forme cutanea o ulcero-ghiandolare, ghiandolare, oculo-ghiandolare, gastrointestinale, polmonare, setticemica o tifoidea. Nel caso delle infezioni trasmesse da zecche le presentazioni più frequenti sono la cutanea e la ghiandolare, con tumefazione dolorosa dei linfonodi, spesso, ma non sempre, preceduta o accompagnata da un’ulcerazione cutanea in corrispondenza del punto di ingresso del microrganismo, febbre, malessere generale; i linfonodi infiammati possono andare incontro a suppurazione, con formazione di fistole cutanee.
E’ sufficiente una carica batterica pari anche a poche unità per indurre l’infezione; in assenza di test rapidi per la conferma della diagnosi, la terapia, in caso di sospetto di tularemia, dovrebbe essere iniziata immediatamente. La letalità, nelle forme polmonari e tifoidee non trattate può arrivare al 15-30% ed oltre.
La tularemia è soggetta a notifica obbligatoria secondo le modalità previste dal D.M. 15 dicembre 1990, che la inserisce tra le malattie di Classe II.
In Italia, nel periodo che va dal 1992 al 1998, sono stati segnalati al Ministero della Sanità 61 casi di tularemia, per una morbosità media pari a 0,02 casi per 100.000 abitanti (Tabella 1)

 

Meningoencefalite da zecche

La meningoencefalite da zecche (TBE), o meningoencefalite primaverile-estiva, è una malattia virale acuta del sistema nervoso centrale, causata da un arborvirus appartenente al genere Flavivirus, molto simile ai virus responsabili della febbre gialla e della dengue.
Le zecche, e in particolar modo Ixodes ricinus ed Ixodes persulcatus, rivestono l’importanza maggiore nella trasmissione della forma Centro-europea, sia come vettori che come serbatoi, ma il virus della TBE può essere trasmesso anche da altri artropodi; anche le zecche del genere Dermacentor (zecca del cane) ed Haemaphysalis possono trasmettere l'infezione.
Diversi animali, selvatici o domestici, quali roditori, caprioli, ovini, caprini sono, come l’uomo, ospiti del virus e contribuiscono al mantenimento del ciclo di trasmissione dell’infezione; gli uccelli, molto probabilmente, contribuiscono a trasportare passivamente zecche infette anche a notevole distanza durante le loro migrazioni.
La TBE mostra un tipico andamento stagionale, con picchi di incidenza nel periodo primaverile-estivo e primo autunnale, corrispondenti ai periodi di massima attività delle zecche.
Il periodo di incubazione può andare da 2 a 28 giorni e, nella forma classica, la TBE mostra un caratteristico andamento a due fasi: nella prima (fase viremica) si manifestano febbre ed altri sintomi di tipo simil-influenzali; nella seconda, riscontrabile solo in parte dei pazienti, si osservano febbre molto elevata e chiari segni e sintomi di coinvolgimento del sistema nervoso centrale.
Nei bambini e nei soggetti più giovani la TBE mostra generalmente un decorso più mite, con progressivo aumento della severità al progredire dell’età.
La TBE è presente in focolai endemici in molti Paesi dell’Europa centro-orientale e settentrionale; in Italia la presenza di focolai endemici è stata confermata anche di recente nella P.A. di Trento ed in Veneto; il focolaio in precedenza accertato nella Regione Toscana sembra essere estinto (Figura 3).
La sola sintomatologia non permette di distinguere le infezioni dovute al virus della TBE, o ad altri Arborvirus, da quelle legate ad Enterovirus e ad altri virus neurotropi.
I criteri per la diagnosi di laboratorio sono i seguenti:

  • dimostrazione di IgM specifiche nel siero, oppure
  • aumento pari o superiore a 4 volte del titolo anticorpale specifico per virus TBE, oppure
  • isolamento del virus, o dimostrazione della sua presenza, da siero, liquor o campioni di tessuto

La TBE deve essere notificata nell’ambito delle malattie infettive della Classe II del D.M. 15 dicembre 1990.
I casi segnalati, sia nella Classe II che, come talvolta accade, nella Classe V, non rispecchiano con tutta probabilità la reale diffusione dell’infezione, anche per la possibilità di forme inapparenti e sub-cliniche.

Ehrlichiosi

Le Ehrlichie appartengono alla famiglia delle Rickettsiacee e, come le Rickettsie, sono parassiti intracellulari obbligati, da tempo conosciuti come agenti patogeni di interesse veterinario.
L’ehrlichiosi umana può presentarsi sotto forma di ehrlichiosi monocitica (EM), il cui agente eziologico è E. chaffeensis, e di ehrlichiosi granulocitica (EG), causata da agenti strettamente correlati ad E. equi ed E. phagocytophila.
Vettori prevalenti sono le zecche del genere Amblyomma americanum nel caso della EM, e del genere Ixodes scapularis nel caso della EG; i serbatoi dell’infezione non sono stati identificati con certezza, anche se verosimilmente sono rappresentati da cani ed animali selvatici.
Le caratteristiche cliniche e laboratoristiche delle due forme sono molto simili e, per entrambi, le infezioni inapparenti sono frequenti (dal 10% al 40%). La presentazione clinica abituale, dopo un periodo di incubazione di 7-21 giorni, è di tipo simil-influenzale con leucopenia e trombocitopenia e, soprattutto nei bambini, manifestazioni esantematiche generalmente di tipo morbilliforme.
La malattia è ad evoluzione benigna, soprattutto nei bambini e nei soggetti più giovani, anche in assenza di qualsiasi trattamento; gli adulti e le persone in età avanzata possono andare incontro a complicazioni, anche gravi, a livello renale, vascolare ed encefalico (insufficienza renale, coagulazione intravasale disseminata, meningoencefaliti).
Ad oggi, in Italia, non sono stati notificati al Ministero della Sanità casi di ehrlichiosi, patologia che nel continente nord-Americano mostra invece caratteristiche di malattia infettiva emergente.
Studi epidemiologici hanno peraltro dimostrato la presenza nell’Italia centrale dell’infezione da E. phagocytophila in zecche del genere Ixodes ricinus, e dell’infezione da ehrlichie simili all’agente dell’EG nell’Italia settentrionale.
L’infezione da E. canis sembra essere tutt’altro che infrequente nei cani, mentre positività degli anticorpi per E. phagocytophila sono state riscontrate, nelle zone alpine, in soggetti appartenenti a categorie maggiormente esposte a rischio di punture da zecche (forestali, cacciatori) in percentuali significativamente più alte che nei gruppi di controllo.

Misure di profilassi

Misure di profilassi comportamentale

Le misure di profilassi comportamentale, fondate sull’informazione e sull'educazione sanitaria della popolazione generale e delle categorie professionali potenzialmente maggiormente esposte al rischio di punture da zecche, sono determinanti ai fini della prevenzione delle patologie infettive trasmesse da questi acari.
Le misure di profilassi ambientale possono avere uno scarso impatto sui relativi agenti patogeni, in considerazione dei possibili molteplici serbatoi di infezione; inoltre, disinfestazioni su larga scala non sono sempre fattibili per ragioni pratiche e per il possibile impatto ambientale negativo.
Le zone maggiormente a rischio per la possibilità di punture di zecche sono gli ambienti boschivi e ricchi di cespugli, umidi ed ombreggiati, con vegetazione bassa e letti di foglie secche, sono a rischio anche il sottobosco ed i prati incolti, così come le zone di confine tra prato e bosco, soprattutto se con presenza di acqua. Anche i sentieri poco battuti, in cui è maggiore la possibilità di presenza di fauna selvatica, sono da considerare a rischio.
Pur essendo la zecca attiva per la maggior parte dell’anno, il periodo a maggior rischio è quello compreso tra primavera ed autunno.
Nei climi temperati e caldi, in caso di inverni particolarmente miti, l'attività delle zecche può protrarsi anche fino all'autunno inoltrato e talvolta, , per tutto l’anno.
Le probabilità della trasmissione di agenti patogeni per mezzo della puntura di zecche sono direttamente proporzionali alla permanenza di queste sull’ospite (con eccezioni rappresentate dalla Febbre ricorrente da zecche e da TBE), e sono in generale basse se la zecca rimane attaccata all’ospite per meno di 36-48 ore.
In caso di permanenza o di escursioni in aree a rischio, è consigliabile indossare indumenti di colore chiaro, per rendere evidente la presenza di zecche, resistenti agli strappi, e con maniche e pantaloni lunghi; questi ultimi dovrebbero essere infilati nelle calze per evitare la possibile penetrazione dei parassiti negli interstizi tra gamba e calza. Le calzature dovrebbero essere chiuse e alte sulle caviglie; è anche consigliabile l'uso di guanti.
Sulle parti scoperte del corpo è utile l’applicazione di prodotti repellenti per gli insetti a base di N,N-dietil-n-toluamide (DEET), di dimetil-ftalato, benzoato di benzile, di permetrina e di acaricidi, ripetendola, se necessario (ad esempio in caso di sudorazione intensa), ogni 2-3 ore.
I repellenti a base di DEET e gli insetticidi a base di permetrina possono, pur se con precauzione, anche essere spruzzati sui vestiti.
I prodotti repellenti vanno impiegati con cautela nei bambini, per la possibilità di effetti indesiderati: il prodotto repellente non deve essere inalato o ingerito, o portato a contatto con gli occhi, non deve essere applicato su cute irritata o escoriata; va applicato soltanto sulle parti scoperte; deve essere evitata l’applicazione di prodotti ad alta concentrazione; le superfici cutanee trattate vanno lavate immediatamente dopo il ritorno in ambienti chiusi o al manifestarsi di sintomi sospetti (prurito, infiammazione), per i quali è opportuno consultare immediatamente un medico.
E’ consigliabile camminare al centro dei sentieri, evitando per quanto possibile il contatto con la vegetazione.
In caso di lavoro o sosta in aree conosciute come infestate, è opportuno procedere a periodiche ispezioni degli indumenti e delle parti scoperte (ogni 3-4 ore). Al ritorno da un’escursione o al termine del lavoro in una zona conosciuta come infestata, è importante procedere ad un’accurata ispezione di tutto il corpo, con l’aiuto di un’altra persona per le zone difficilmente ispezionabili, senza trascurare il cuoio capelluto, per verificare la presenza di zecche e procedere alla loro immediata rimozione.
Le zecche vanno rimosse afferrandole saldamente con una pinzetta il più possibile aderente alla cute, ed effettuando una trazione costante e decisa, ma non brusca, verso l’alto, con una delicata rotazione per evitarne la rottura.
Le mani debbono essere protette da guanti o da un fazzoletto durante l’operazione, per evitare la possibilità di infezione attraverso piccole lesioni della pelle o di autoinoculazione per via congiuntivale o orale. Il rostro, che spesso rimane all’interno della cute, va estratto con un ago sterile.
Dopo l’estrazione della zecca sono indicate la disinfezione della zona (evitando i disinfettanti che colorano la cute) e l’applicazione di antibiotici per uso topico
L’applicazione di calore e di sostanze quali acetone, ammoniaca, cloruro di etile, alcol etilico, etere, cloroformio o vaselina sulla zecca prima della rimozione è sconsigliata, in quanto induce in questa un riflesso di rigurgito, con aumento del rischio di trasmissione di agenti patogeni.
Dopo la rimozione della zecca dovrebbe seguire un periodo di osservazione della durata di 30-40 giorni per individuare la comparsa di eventuali segni e sintomi di infezione.
La somministrazione di antibiotici per uso sistemico nel periodo di osservazione è sconsigliata, in quanto può mascherare eventuali segni di malattia e rendere più complicata la diagnosi. Nel caso in cui, per altre ragioni, fosse necessario iniziare un trattamento antibiotico, è opportuno impiegare farmaci di cui è stata dimostrata l’efficacia anche nel trattamento tanto delle rickettsiosi che delle borreliosi (ad esempio: doxiciclina, amoxicillina, cefuroxime); il trattamento va continuato per almeno tre settimane.
I cani, i gatti ed altri animali domestici possono essere infestati da zecche, in particolar modo se conducono vita all’aperto.
Le cucce debbono essere tenute costantemente sotto controllo, eseguendo periodicamente trattamenti con prodotti insetticidi dell’interno e, se poste all’aperto, del terreno circostante. Sono indicati anche trattamenti antizecche degli animali.
La selvaggina è spesso infestata da zecche in maniera massiccia, per cui è necessario prestare la massima attenzione nella manipolazione e nel trasporto di questa.

 

Profilassi ambientale

Il numero delle zecche nelle aree residenziali può essere controllato e ridotto rimuovendo le foglie secche, le sterpaglie e le cataste di legna intorno alle case, potando gli alberi e le siepi e tenendo puliti prati e sentieri.
Gli interventi di disinfestazione su larga scala possono essere di difficile applicazione , ma possono essere utili in caso di aree ristrette

In allegato viene fornito un esempio di pieghevole contenente informazioni sulla prevenzione comportamentale ed ambientale rivolto alla popolazione generale.
Il pieghevole può essere riprodotto “scaricando” il file dal sito INTERNET del Ministero della Sanità (www.sanita.it/malinf)

Profilassi specifica
Borreliosi di Lyme
Di recente sono stati messi in commercio, negli Stati Uniti d’America, vaccini contro la BL ottenuti con tecniche di ingegneria genetica che portano all’espressione da parte di E. coli della proteina A della superficie esterna (OspA) della B. burgdorferi sensu stricto.
L’efficacia e la sicurezza di questi vaccini sono state dimostrate mediante studi clinici controllati su larga scala in persone di età compresa tra 15 e 70 anni residenti in zone endemiche degli Stati Uniti d’America.
L’efficacia nei confronti della BL conclamata (eritema migrante più obiettività muscoloscheletrica, cardiovascolare, neurologica) è stata stimata essere di circa il 49 % dopo due dosi di vaccino, e di circa il 76% dopo tre dosi.
La schedula vaccinale consigliata consiste in tre dosi somministrate per via intramuscolare, preferibilmente nella regione deltoidea, ai tempi 0-1-12 mesi. Non si conoscono ancora la durata dell’immunità conferita e la conseguente necessità di eventuali dosi booster. Negli Stati Uniti d’America viene raccomandato di fare in modo di somministrare la seconda e la terza dose di vaccino contro la BL con alcune settimane di anticipo rispetto all’inizio del periodo di maggiore attività delle zecche.
La vaccinazione è consigliata esclusivamente alle persone, di età compresa tra 15 e 70 anni, che risiedono, lavorano o trascorrono per attività ricreative gran parte della giornata in zone conosciute come infestate da zecche infette da agenti della BL.
Negli USA è presente solo B.burgdorferi sensu strictu, mentre in Europa sono presenti tutte le genospecie di Borrelie responsabili di BL, distinte tra loro dal punto di vista antigenico: questo dato rende i vaccini attualmente commercializzati negli USA di nessuna utilità ai fini del loro impiego per la profilassi immunitaria della BL in Italia.

Meningoencefalite da zecche
Il vaccino contro la TBE, da tempo in uso in molti Paesi dell’Europa centrale e settentrionale, è stato recentemente registrato anche in Italia con procedura di mutuo riconoscimento comunitario, ma per il momento non è ancora in commercio nel nostro Paese.
Il vaccino è allestito su cellule embrionali di pollo ed è base di virus inattivati con formalina.
Il ciclo vaccinale di base prevede la somministrazione di tre dosi ai tempi 0, 1-3 mesi, 9-12 mesi, con richiami a cadenza triennale, per via intramuscolare, preferibilmente nella regione deltoidea. Esiste anche la possibilità di seguire un ciclo accelerato di vaccinazione, che però non garantisce gli stessi risultati, in termini di risposta anticorpale, del ciclo classico.
Il periodo migliore per avviare la vaccinazione è quello invernale, in modo che il soggetto sia già protetto nel periodo di massima attività delle zecche e di incidenza di TBE.
In seguito a segnalazioni alla rete europea di allerta sulle reazioni avverse a farmaci (EUDRA), di reazioni avverse, per lo più sotto forma di febbre alta (al di sopra dei 40° C) in adulti e bambini, e convulsioni febbrili in bambini in seguito alla somministrazione della prima dose del vaccino anti-TBE, è stato proposto, in sede europea, di formulare raccomandazioni per:

  • impiego del vaccino anti-TBE soltanto in bambini di età superiore a 4 anni;
  • impiego di mezza dose di vaccino per la prima dose del ciclo vaccinale negli adulti e per tutto il ciclo vaccinale e gli eventuali richiami nei bambini fino a 12 anni compiuti;
  • attenta valutazione, tanto nei bambini che negli adulti, delle effettive indicazioni alla vaccinazione, che dovrebbe essere riservata a persone che trascorrono gran parte del loro tempo in zone ad effettivo alto rischio di TBE;
  • attento monitoraggio, particolarmente nei bambini, della temperatura corporea per un periodo di 24 ore dalla somministrazione del vaccino, con pronta somministrazione di antipiretici al bisogno (rialzi febbrili > 39°C).

Le fiale contenenti il vaccino vanno agitate accuratamente prima dell’uso, particolarmente nel caso di impiego di mezza dose, per l’appropriata distribuzione dell’antigene immunizzante all’interno del liquido di diluizione.
Nei confronti della TBE è possibile attuare anche un’immunoprofilassi passiva sia pre che post-esposizione, riservata a situazioni particolari.
Per la profilassi pre-esposizione il dosaggio consigliato è 0,05 ml/Kg di peso corporeo di immunoglobuline specifiche somministrate per via intramuscolare profonda.
Per la profilassi post-esposizione il dosaggio è diverso a seconda del tempo trascorso dalla puntura della zecca: 0,1 ml/Kg entro 48 ore dal morso della zecca ovvero 0,2 ml/kg tra 48 e 96 ore.
E' sconsigliata la somministrazione di immunoglobuline dopo 5 giorni dalla esposizione, in quanto sono stati osservati, in casi di somministrazione tardiva di immunoglobuline specifiche, decorsi clinici più gravi di meningoencefalite da zecche. Nel caso la persona esposta abbia già ricevuto una dose di vaccino, la somministrazione di immunoglobuline è ugualmente consigliata soltanto entro 4 giorni dall'esposizione, mentre è sempre consigliata la somministrazione immediata di un'altra dose di vaccino a prescindere dall'intervallo trascorso dalla precedente.

Si ricorda che i vaccini non registrati, o non ancora commercializzati in Italia, possono essere acquistati all’estero seguendo le procedure stabilite dal D.M. 11 febbraio 1997 (G.U. Ser. gen. n. 72 del 23 marzo 1997).

 

LV

DC

                                                                         Il Direttore del Dipartimento della Prevenzione
Dr. Fabrizio Oleari

 

Fonte: http://www.salute.gov.it/imgs/c_17_normativa_82_allegato.doc

Sito web da visitare: http://www.salute.gov.it/

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