Apparato cardiovascolare

Apparato cardiovascolare

 

 

 

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Apparato cardiovascolare

 

4. APPARATO CARDIOVASCOLARE

 

L’apparato circolatorio è costituito dal cuore e dai vasi sanguigni e linfatici; una volta quest’ultimi hanno raccolto la linfa, la riversano nel sangue.
L’apparato circolatorio ha la funzione di trasportare ossigeno, legato all’emoglobina, e sostanze nutrienti, disciolte nel plasma, ai tessuti di tutto l’organismo.
Il sangue, inoltre, raccoglie i cataboliti e l’anidride carbonica: i primi sono escreti tramite i reni, la CO2 grazie ai polmoni.

La pompa che consente la circolazione sanguigna è il cuore. Sono presenti ARTERIE e ARTERIOLE, che trasportano il sangue dal cuore verso la periferia; le VENE  e le VENULE, invece, dalla periferia al cuore.
Le arterie prendono origine dai ventricoli: quello sinistro origina l’AORTA, che porta il sangue dal cuore ai tessuti. Dal ventricolo destro parte l’ARTERIA POLMONARE, che porta il sangue non ossigenato ai polmoni.
Le arteriole originano i capillari dai quali si formano le venule che confluiscono, a loro volta, nelle vene che hanno il compito di riportare il sangue al cuore.
Le vene principali sono: la VENA CAVA SUPERIORE e la INFEIORE, poste sopra e sotto il diaframma. Esse si aprono a livello dell’ATRIO DESTRO.
Il sangue viene portato al cuore anche da 4 VENE POLMONARI, due per polmone, che si aprono a livello dell’ATRIO SINISTRO.
La grande circolazione, o sistemica, comprende l’aorta e tutti i tessuti da questa irrorati; la piccola circolazione è quella polmonare.
Eccezioni a queste regole sono il SISTAMA PORTALE del fegato in cui il sangue dell’apparato digerente non va nella vena cava ma prima al fegato. Anche a livello dei reni esiste l’eccezione perché i glomeruli non originano venule ma arteriole efferenti.

 

E’ contenuto in cavità toracica, nel mediastino ed è appoggiato sopra il diaframma, tra i polmoni.
Il cuore è avvolto dal PERICARDIO, strutturato in modo analogo alle pleure.
Il pericardio sieroso è adeso alla superficie del cuore (PERICARDIO VISCERALE); in corrispondenza dell’origine dei vasi esso si riflette ed origina il PERICARDIO FIBROSO, che ha un epitelio cubico e connettivo; esso è rivestito internamente da un foglietto di pericardio viscerale.
Il foglietto viscerale, adeso al cuore, e quello parietale sono in contatto e, tra loro, vi è un liquido che consente lo scivolamento delle due membrane durante la contrazione del cuore (come le pleure).
Il pericardio è legato a strutture circostanti tramite legamenti: il LIGAMENTO FRENICO, che si inserisce sul diaframma ed il LIGAMENTO STERNO - PERICARDICO, che collega il pericardio allo sterno.
Il foglietto viscerale poggia su uno strato connettivale ed insieme ad esso forma l’EPICARDIO, che riveste l’organo.

Il cuore possiede 4 CAVITA’: due ATRI e due VENTRICOLI, separati da un setto.
Ogni atrio, inoltre, è diviso dal ventricolo grazie a SETTI ATRIOVENTRICOLARI, che possiedono degli orifizi (atrioventricolari) regolati da VALVOLE; queste ultime controllano il flusso sanguigno che passa dagli atri ai ventricoli e ne impediscono il reflusso durante la SISTOLE (contrazione del cuore).
Prima della nascita i due atri sono in comunicazione: il sangue ossigenato nella placenta, infatti, può tornare al feto tramite la vena ombelicale; questa, tramite il dotto venoso, si collega alla vena cava. In questo modo il sangue giunge all’atrio destro che, grazie all’apertura, comunica con il sinistro che riceve il sangue ossigenato e lo pompa a tutti i tessuti del feto.
Alla nascita, e al conseguimento della funzionalità polmonare, il dotto scompare e gli atri si separano completamente.
Sulla superficie del cuore è presente un solco che separa la parte striale superiore da quella ventricolare inferiore. In questo solco, inoltre, sono presenti le ARTERIE CORONARICHE ed il SENO CORONARICO, che raccoglie il sangue coronario che ha circolato nel miocardio ; le coronarie originano dall’aorta ed il seno coronario si apre nell’atrio destro.
Esistono altri due solchi, detti interventricolari e delimitano i due ventricoli.
Il cuore presenta due facce, una anteriore ed una inferiore; quest’ultima poggia sul diaframma. Nei solchi è presente tessuto adiposo.
L’apice del cuore è dovuto al ventricolo sinistro, separato dal destro dal solco interventricolare.
Sopra gli ari, poi, sono presenti due AURICOLE.
L’arteria polmonare prende origine dal ventricolo destro, che è più superficiale rispetto al sinistro che origina l’aorta. Da un’osservazione superficiale della tavola sembrerebbe che l’aorta origini dall’atrio e non dal ventricolo (attenzione!!).
Nell’atrio destro si svuota la vena cava superiore e la inferiore. In quello sinistro, invece, confluiscono le quattro vene polmonari, due per polmone.

 

Nell’atrio destro, in alto, è presente lo sbocco della vena cava superiore; più in basso di quella inferiore.
Prima della nascita la vena cava inferiore possiede una valvola importante, perché regola e dirige il flusso sanguigno verso l’apertura dei due atri; dopo la nascita la valvola i oblitera formando la FOSSA OVALE.
Più in basso si nota lo sbocco del seno coronario, che possiede una VALVOLA DEL SENO CORONARICO.
L’atrio destro ha una parete in parte liscia e in parte con sporgenze. La prima è detta SENO DELLA VENA CAVA e quella irregolare è L’ATRIO PROPRIAMENTE DETTO. Le sporgenze sono costituite da MUSCOLI PETTINATI, molto sviluppati all’interno delle agricole.
L’orifizio atrio-ventricolare destro è regolato da una valvola: questa è una struttura bianca, un manicotto fibroso che, per la sua forma, è detta TRICUSPIDE; è posta dove non è presente la muscolatura. La valvola termina con tre lembi dai quali si dipartono tre corde tendinee, che collegano il margine libero della stessa all’apice dei muscoli papillari, sporgenze nel miocardio verso l’interno del ventricolo.
I MUSCOLI PAPILLARI sono tre sporgenze che corrispondono alle tre cuspidi della valvola: ANTEIORE, POSTERIORE e MEDIALE.
La valvola si inserisce lungo l’orifizio e ne regola l’apertura.
Anche il ventricolo possiede una parte liscia ed una irregolare.
Il sangue dall’atrio destro viene scaricato nella parte irregolare del ventricolo (parte venosa); qui sono presenti tre tipi di COLONNE CARNOSE:
PAPILLE, come quelle della tricuspide
colonne con un’estremità libera e le altre fisse
semplici sporgenze
La parte liscia del ventricolo destro è detta, invece, CONO ARTERIOSO, ed immette nell’arteria polmonare.
Gli orifizi dell’arteria polmonare e dell’aorta hanno tre valvole disposte a nido di rondine, come delle tasche; sono di tessuto fibroso, rivestite anch’esse come la tricuspide da endotelio.
La valvola atrio ventricolare di sinistra è molto simile a quella di destra ma possiede solo due lembi e due muscoli papillari, anche se più grossi.
Anche qui è presente una parte liscia ed una irregolare (seno venoso) e l’orifizio che immette nell’aorta possiede le tre valvole a nido di rondine.

Lo spessore del miocardio degli atri è molto più ridotto di quello dei ventricoli; sono solo questi ultimi, infatti, che spingono il sangue nelle arterie. Inoltre il ventricolo sinistro è più grosso di quello destro, poiché il secondo pompa il sangue solo nel microcircolo e questo richiede una pressione minore rispetto alla circolazione sistemica.

 

Il cuore possiede uno SCHELETRO FIBROSO che dà inserzione alla muscolatura e alle valvole e separa la parte atriale da quella ventricolare (esiste un’unica comunicazione, vedi avanti).
Esistono quattro anelli fibrosi in corrispondenza dei due orifizi ATRIOVENTRICOLARI e ARTERIOSI. Sono inoltre due strutture fibrose triangolari dette TRIGONI, tra gli orifizi atrioventricolari e aortici.
Un’altra struttura fibrosa è il TENDINE DEL CONO, che unisce gli anelli degli orifizi aortici. Un’altra componente dello scheletro fibroso è la parete membranosa del setto atrioventricolare; questo setto è importante perché dà inserzione alle valvole e perché separa il miocardio atriale da quello ventricolare.

Durante la DIASTOLE (rilasciamento del miocardio) le valvole atrioventricolari sono aperte e sono chiuse quelle degli orifizi arteriosi, a nido di rondine. Se il cuore è rilasciato non c’è il sangue che crea pressione e apre le valvole schiacciandole contro le pareti. In sistole le valvole aortiche e polmonari sono aperte ; il sangue non ritorna negli atri perché le valvole atrioventricolari si chiudono grazie alla contrazione del ventricolo che tende le corde fibrose agganciate ai lembi delle colonne carnose. Le valvole aortiche sono aperte perché il sangue crea una pressione e schiaccia contro le pareti le valvole a tasca, aprendole.

Lo scheletro fibroso del cuore dà inserzione alla muscolatura del miocardio e alle valvole, separando la componente atriale da quella ventricolare; infatti il setto atrioventricolare possiede una parete priva di muscolatura costituita dalla membrana fibrosa.
La parete del cuore è costituita da tre strati. Dall’esterno all’interno, troviamo:

  • EPICARDIO: costituito dal foglietto viscerale del pericardio e dal connettivo sottostante
  • MIOCARDIO: muscolo cardiaco
  • ENDOCARDIO: come l’endotelio dei vasi

Vicino al punto di origine dell’aorta, sopra le valvole, sono posti due orifizi che originano le ARTERIE CORONARICHE. Quella di sinistra si estende lungo il solco interventricolare anteriore ed un suo ramo corre nel seno coronario. Essa, infatti, irrora la parte sinistra del miocardio. La coronaria di destra farà lo stesso per la parte destra del cuore.
Ogni porzione del miocardio è irrorata solo da un’arteria e dalle sue ramificazioni; questi vasi non presentano anastomosi: sono ARTERIE TERMINALI. Di conseguenza, se viene bloccato il vaso che irrora una determinata porzione del muscolo cardiaco, l’irrorazione del cuore sarà compromessa, perché nessun’altra arteria irrorerà quella zona. E una CIRCOLAZIONE TRMINALE.
Le vene che si formano fanno capo ad una più grossa, posta nel seno coronario, a livello della faccia posteriore del cuore. La vena si apre nell’atrio destro.

Il miocardio atriale e ventricolare sono separati dallo scheletro fibroso. Esiste, però, una loro connessione dovuta a importanti cellule muscolari specializzate che regolano la contrazione cardiaca. Ad ogni sistole si contraggono prima gli atri e poi i ventricoli.
Il sistema di conduzione dell’impulso contrattile è formato da:
Un NODO SENO ATRIALE: è posizionato al di sotto dell’epicardio, esternamente al miocardio, nell’atrio destro davanti allo sbocco della vena cava superiore.
Un NODO ATRIO VENTRICOLARE: è posizionato al di sotto dell’endocardio a livello dell’atrio destro, tra lo sbocco del seno coronario e l’orifizio atrio ventricolare.
Questi due nodi sono uniti da tratti internodali che sono sempre costituiti da cellule muscolari modificate. Queste fibre decorrono nella parete dell’atrio destro.
Dal nodo atrioventricolare, origina il FASCIO DI HIS (o fascio atrioventricolare); il primo tronco è comune e attraversa lo scheletro fibroso. C’è, quindi, un’unica comunicazione tra atrio e ventricolo. Quando il fascio raggiunge il miocardio, dopo aver attraversato la parte fibrosa del setto, si biforca e i due rami decorrono in corrispondenza dei setti interventricolari. Le successive ramificazioni corrono verso la parte apicale dei ventricoli e, qui, formano la rete di PURKINJE.
Il fascio di conduzione regola, grazie a cellule speciali, la sistole cardiaca:
Il miocardio è la muscolatura del cuore, che possiede cellule striate con differenti caratteristiche rispetto a quelle del muscolo scheletrico:

  • Le cellule del miocardio sono mononucleate, mentre quelle scheletriche sono dei sincizi.
  • Hanno una lunghezza di 80 micrometri e 15 di spessore. Le scheletriche hanno una lunghezza anche di 30 centimetri e fino a 100 micrometri di diametro.
  • Sono dei piccoli cilindri unite alle cellule vicine grazie a DISCHI INTERCALARI. Le scheletriche, invece, non sono unite tra loro, ma separate da connettivo.
  • Le giunzioni che uniscono le cellule del miocardio sono di tre tipi.
  • Hanno un elevato numero di mitocondri, più abbondanti che nelle scheletriche.
  • Sono cellule ricche di glicogeno e mioglobina, fattori indispensabili per l’intensa attività metabolica del cuore.

Tutte queste caratteristiche, in particolar modo le ultime due, sono collegate al fatto che le cellule muscolari possiedono un’attività continua; più di una contrazione al secondo, per tutta la vita. Le cellule scheletriche sono, invece, intermittenti.
I nuclei sono in posizione centrale. Nelle scheletriche sono posti alla periferia, sotto la membrana.
Il reticolo sarcoplasmatico è poco sviluppato, se confrontato con quello delle cellule muscolari scheletriche.
I tubuli a T hanno un maggior diametro.
Non sono presenti triadi come nelle scheletriche: il tubulo a T con due cisterne di reticolo sarcoplasmatico ai lati.
Il reticolo accumula calcio che viene rilasciato per la contrazione, in risposta a un potenziale d’azione. Le cellule muscolari hanno un reticolo poco sviluppato e, a differenza delle scheletriche, il calcio è accumulato soprattutto dall’esterno.
Comune, tra le scheletriche e le cardiache, è l’organizzazione di actina e miosina.

 

DISCHI INTERCALARI

In corrispondenza dei margini delle cellule cardiache sono presenti delle estroflessioni che si ingranano tra loro, congiungendo le cellule del miocardio.
A questo livello sono posti i dischi intercalari, un insieme di giunzioni che tengono unite le cellule funzionalmente e meccanicamente:

  • DESMOSOMI: sono proteine che attraversano la membrana e si legano a proteine uguali su un’altra cellula contigua. Sono desmosomi a placca, connessi tramite filamenti intermedi, costituiti da DESMINA, del citoscheletro. Tengono unite le cellule meccanicamente.
  • FASCE ADHERENS: corrispondono ai desmosomi a cintura delle cellule epiteliali. Nel desmosoma si inseriscono i filamenti intermedi del citoscheletro; qui, invece, si inseriscono i filamenti di actina dei sarcomeri contrattili; l’ultimo sarcomero a ridosso del disco intercalare ha filamenti di actina che si inseriscono nella fascia adherens. Anche in questo caso sono presenti proteine transmembrana che tengono unite le cellule, Questa fascia corrisponde ad una stria Z: si nota, infatti, una continuazione tra gli ultimi sarcomeri di due cellule contigue. L’unione, qui, è meccanica ma anche dinamica.
  • GIUNZIONI COMUNICANTI: sono dei canali detti CONNESSONI che attraversano la membrana e si legano ad un connessone sporgente da una cellula contigua. Sono dette anche GAP JUNCTION; esse consentono la comunicazione di acqua e ioni tra i citoplasmi delle cellule, in modo da accoppiarle elettricamente. L’onda di depolarizzazione può raggiungere tutte le cellule anche se parte da una sola di esse. Si forma un sincizio funzionale. Le cellule scheletriche, invece, non sono in comunicazione; affinché si contraggano insieme devono fare parte di un’unica unità motoria.

Oltre alle cellule del miocardio sono presenti, nel cuore, anche quelle specializzate del sistema di conduzione:

  • CELLULE NODALI: sono cellule con una forma irregolare e dimensioni molto più piccole rispetto a quelle del miocardio. Possiedono, inoltre, poche miofibrille contrattili e questo indica che la contrazione non è la loro funzione principale. Anche queste cellule sono unite da gap junction, molto numerose.
  • Dopo le ramificazioni del fascio di His è presente la rete di Purkinje; quest’ultima prende contatto con l’apice dei due ventricoli. Qui e nel fascio di His si trovano le grosse CELLULE DI PURKINJE. Esse hanno un diametro maggiore di quelle del miocardio. Anche qui sono presenti poche miofibrille; queste cellule sono, infatti, necessarie per la conduzione non per la contrazione, come le nodali.

Le cellule del miocardio striali presentano dei granuli che contengono l’ORMONE NATRIURETICO, che ha una funzione opposta al sistema RENINA ANGIOTENSINA ALDOSTERONE.
In seguito all’azione dell’ormone, l’escrezione di sodio nell’urina viene aumentata; viene, invece, inibito il riassorbimento di acqua, come la produzione di ADH e aldosterone che promuove l’assorbimento di sodio. Aumentando l’escrezione di liquidi, la pressione arteriosa si abbassa.

DIFFERENZE FUNZIONALI TRA IL MIOCARDIO E LE CELLULE SCHELETRICHE

 

Le cellule muscolari, affinché possano contrarsi, vengono depolarizzante: questo stimola il calcio ad entrare nel citosol; l’aumento di concentrazione di questo ione, provoca la contrazione della cellula muscolare.
La depolarizzazione viene indotta da un potenziale d’azione che giunge alla cellula grazie a sinapsi neuromuscolari; il mediatore chimico è l’ACETILCOLINA. Questo neuro trasmettitore apre sulla membrana post sinaptica dei canali per determinati ioni.
Nelle cellule muscolari scheletriche la depolarizzazione è mediata da ioni sodio, che entrano seguendo il loro gradiente elettrochimico. La loro ripolarizzazione, invece, da ioni potassio, che escono dalla cellula. Il processo di genesi del potenziale d’azione e la ripolarizzazione è molto breve e dura qualche millisecondo.

 

Nelle cellule muscolari del miocardio, invece, la ripolarizzazione è molto più lenta. Intervengono, comunque, sempre sodio e potassio. Il processo, però, avviene con un tempo dell’ordine dei secondi. Ciò significa che la durata della contrazione delle cellule del miocardio è molto maggiore rispetto a quella delle scheletriche.
Dopo che si sono aperti i canali per il sodio, si aprono anche quelli del sodio/calcio; questi ultimi rimangono in questo stadio a lungo, facendo entrare calcio, necessario per la contrazione; nel miocardio, infatti, questo ione non è prelevato dal reticolo sarcoplasmatico (poco sviluppato) come nelle scheletriche, ma in gran parte dall’esterno.
Dopo alcune centinaia di millisecondi la cellula viene ripolarizzata grazie alla fuoriuscita di potassio.

 

Le cellule dei nodi hanno, invece, dei potenziali d’azione caratteristici, detti potenziali PACE-MAKER:

 

Il potenziale di membrana di queste cellule è molto inferiore rispetto a quello delle miocardiche ed ha un valore di circa –50mV.
Sono cellule molto permeabili al sodio e il loro potenziale di membrana non viene mantenuto costante : quando raggiunge i –40 mV si genera automaticamente un potenziale d’azione.
Queste cellule presentano, quindi, la possibilità di essere depolarizzate e ripolarizzate in maniera continua, senza che si verifichino stimoli esterni; hanno ATTIVITA’ INTRINSECA.
Questa capacità di genesi di potenziale d’azione è presente in entrambi i nodi, ma la velocità della depolarizzazione nel nodo atrio-ventricolare è inferiore a quella del nodo seno atriale. Le cellule di quest’ultimo, quindi, producono questa depolarizzazione che si propaga lungo i fasci internodali raggiungendo il nodo atrio ventricolare e, grazie al fascio di His e la rete di Purkinje, anche tutte le cellule del miocardio ventricolare.
Il nodo seno atriale, quindi, impone il suo ritmo a tutto il miocardio: sono CELLULE PACE-MAKER.
Esse sono in rapporto con la muscolatura dell’atrio destro ed il ritmo si propaga a tutti e due , poi, grazie al fascio di His, interessa entrambi i ventricoli. (vedi anche “Fisiologia generale” D. Cremaschi).
La contrazione può insorgere più di una volta al secondo. I tratti internodali fanno capo al nodo atrio ventricolare che riceve l’impulso generato dal pace maker. A questo punto la propagazione subisce un rallentamento: solo in questo punto è possibile la propagazione dell’impulso ai ventricoli, visto che è l’unico sito di connessione tra atrio e ventricolo destro. Quindi, dopo il rallentamento la propagazione raggiunge le fibre di Purkinje che fanno contrarre i ventricoli. In questo modo i ventricoli si contraggono con RITARDO rispetto agli atri: prima, infatti, si contraggono gli atri spingendo il sangue nei ventricoli i quali, successivamente, lo pompano nella grande e piccola circolazione.
Durante la contrazione del cuore si auscultano due rumori: uno è dovuto alla chiusura delle valvole atrio ventricolari e l’altro all’apertura delle valvole a nido di rondine dell’aorta e dell’arteria polmonare.

FATTORE NATRIURETICO

 

E’ rilasciato in conseguenza delle distensione dell’atrio. Può avere effetti stimolanti o inibenti: deprime la produzione di vasopressina (ADH) e stimola, quindi, un’elevata produzione di urina dato che l’ADH stimolerebbe l’assorbimento di acqua e produrrebbe un’urina ipertonica. Inoltre, questo fattore, deprime la produzione di aldosterone aumentando, così, l’escrezione di sodio e la produzione di urine.
In conclusione esso ha un effetto diuretico, opposto alla renina. In conseguenza alla maggior quantità di liquidi escreti, la pressione arteriosa si abbassa.
L’ormone ha un’attività inibitoria sul sistema renina angiotensina aldosterone.

 

ARTERIE

La parete di ogni arteria possiede tre strati. Dall’interno all’esterno si riconosce:

  • ENDOTELIO o TONACA INTIMA che può presentare una quantità variabile di connettivo sottostante. L’endotelio è un unico strato costituito da cellule appiattite.
  • TONACA MEDIA: presenta cellule muscolari lisce disposte circolarmente.
  • TONACA AVVENTIZIA: è uno strato connettivale, il più esterno.

Tra la tonaca intima e quella media si trova la MEMBRANA ELASTICA INTERNA. Tra la tonaca media e l’avventizia, invece, una MEMBRANA ELASTICA ESTERNA meno sviluppata e discontinua.
I vasi di piccolo calibro vengono nutriti dal sangue che scorre al loro interno, ma quelli di diametro maggiore sono irrorati da altri vasi più piccoli detti VASA VASORUM.

 

                                                      

 

 

ARTERIE          

grosso calibro                           

medio calibro

arteriole

 

 

  1. ARTRIE DI GROSSO CALIBRO: sono dette ARTERIE ELASTICHE. La loro tonaca media è costituita da circa 50 lamine concentriche di tessuto elastico come la lamina elastica interna ed esterna. Alle lamine sono intercalate cellule muscolari che, però, non possiedono funzione contrattile, ma producono il tessuto elastico. Il connettivo sotto l’endotelio è molto sviluppato. La caratteristica principale di queste arterie è la presenza massiccia di tessuto elastico che conferisce loro la proprietà di fungere da POMPA AUSILIARIA DEL CUORE: quando si verifica sistole il sangue viene spinto nelle arterie e queste, grazie alla loro parete elastica, si dilatano acquistando energia potenziale elastica. Quando il cuore entra in diastole le arterie cedono l’energia acquisita in sistole sospingendo ulteriormente il sangue. In questo modo il flusso di sangue è continuo ed uniforme.
  2. ARTERIE DI MEDIO CALIBRO: possiedono tessuto elastico, ma la loro peculiarità è la presenza di muscolatura nella tonaca media. Presentano strati muscolari concentrici e sono perciò dette ARTERIE MUSCOLARI. La contrazione della muscolatura ed il suo rilasciamento aumentano o riducono il calibro di questi vasi e ciò regola l’apporto sanguigno ai tessuti da loro irrorati. Sono per questo dette ARTERIE DI DISTRIBUZIONE.
  3. Esempio: durante uno sforzo muscolare le arterie che apportano sangue ai muscoli rilasciano il loro muscolo aumentando il flusso di sangue che viene, invece, rallentato a livello dell’apparato digerente ove le arterie di distribuzione costringono il loro lume contraendo la muscolatura. E’ ovvio che questo meccanismo non è applicato all’aorta: una sua contrazione bloccherebbe l’apporto sanguigno a tutto l’organismo.
  4. ARTERIOLE: possiedono da uno (precapillari) a tre strati di cellule muscolari disposte circolarmente nelle tonaca media. Esternamente, in superficie, compaiono i PERICITI (numerosi nei capillari), cellule ad attività contrattile.

 

CAPILLARI

 

Sono tubicini cilindrici costituiti da endotelio, con una lamina basale di connettivo. Hanno un diametro di 7-8 micrometri. In molti casi le cellule del sangue si devono deformare per attraversarli. Nei capillari avvengono gli scambi gassosi.
Questo vaso possiede un’estremità arteriosa ed una venosa, ove si continua nelle VENULE. E’ presente una pressione idrostatica dovuta all’attività di spinta del cuore, che tende a far fuoriuscire il plasma dai capillari nel tessuto. Questa forza è superiore alla pressione colloido osmotica che, invece, richiama liquido dall’esterno; essa è dovuta alla componente proteica del plasma che possiede un’attività osmotica. La fuoriuscita di plasma si ottiene, quindi, solo all’estremità arteriosa ove la pressione idrostatica è elevata.
A quella venosa, al contrario, la pressione colloido osmotica supera l’idrostatica ed il fluido rientra nelle venule. L’azione di spinta del cuore produce, infatti, una forza che diventa minore mano a mano che si scorre dalle arterie alle vene.
Il fluido che esce è comunque in maggiore quantità rispetto a quello che rientra nelle venule.In questo modo si verifica un accumulo che viene drenato dai vasi linfatici. (se l’accumulo è troppo elevato si parla di EDEMA del tessuto interessato).
I PERICITI si dispongono intorno ai capillari e svolgono finzioni simili alle cellule muscolari lisce. Essi hanno un corpo e delle ramificazioni. Le arteriole possiedono sia strati muscolari, sia i periciti.
I capillari sono vasi con un diametro di circa 7-8 micron, ma esistono anche i SINUSOIDI: il loro lume non è uniforme come quello dei capillari , anche se la struttura è sostanzialmente la stessa. La loro membrana basale è, inoltre, discontinua mentre nei capillari è continua.
I capillari possono essere continui, privi di fenestrature o fenestrati: in quest’ultimo caso le cellule endoteliali sono attraversati da aperture come nei glomeruli renali.
Anche i sinusoidi possono essere fenestrati, ma in questo caso l’endotelio è discontinuo; non si tratta di pori ma di vere e proprie interruzioni dell’endotelio e della membrana basale.
I pori dei capillari fenestrati presentano dei diaframmi che ne regolano l’apertura; mancano nei glomeruli.
Spesso l’endotelio dei capillari è privo di pori: in questo caso gli scambi possono avvenire tramite vescicole di MICROPINOCITOSI, oppure, ma più raramente, attraverso le cellule dell’endotelio.
Nei capillari possono essere presenti pori con diaframmi costituiti da macromolecole cariche negativamente. Nei sinusoidi è invece presente una discontinuità dell’endotelio per dove passa il plasma (come, ad esempio, negli spazi di Disse). Nei capillari i diaframmi possono anche essere costituiti da molecole neutre.
Un fattore essenziale per gli scambi gassosi e nutrizionali è quello dei gradienti di concentrazione: nei tessuti è presente poco ossigeno ed il sangue arterioso che li irrora ne è ricco. Quindi è presente un gradiente favorevole al passaggio di ossigeno dal sangue ai tessuti. Gli scambi sono quindi regolati anche dal gradiente di diffusione.
Fondamentali sono anche le due pressioni contrapposte: l’idrostatica, che deriva dalla propulsione cardiaca, e la colloido osmotica.

VENE

I capillari ed i sinusoidi confluiscono a formare le VENULE POST CAPILLARI. Queste ultime assomigliano ai capillari, ma possiedono, in più, un po’ di connettivo.
Sono ancora vasi coinvolti negli scambi gassosi e nutritivi, ma si riconoscono dai capillari perché sono di maggior diametro.

                                   

VENE

grosso calibro                                 

medio calibro

venule

 

Anche per quanto riguarda le vene, sono distinguibili tre tonache: INTIMA, MEDIA, AVVENTIZIA. La tonaca media non è, comunque, molto sviluppata.
La differenza più importante dalle arterie è che le vene, a parità di lume, hanno una parete molto più sottile dato che la tonaca media, anche qui muscolare, è poco sviluppata o assente.
Nelle vene di medio e grosso calibro sono presenti delle VALVOLE: queste sono necessarie affinché il sangue non subisca un reflusso: la pressione venosa è, infatti, molto bassa e nella vena cava può anche raggiungere valori negativi.
Le valvole sono strutture a nido di rondine e sono disposte in coppia: impediscono il reflusso del sangue il quale non può essere sospinto idrostaticamente dal cuore.
Le vene di grosso calibro hanno una scarsa tonaca media, ma è presente muscolatura nell’avventizia, disposta in modo longitudinale.
Le valvole sono presenti anche nel punto in cui le vene piccole confluiscono in quelle grandi.
Nelle post capillari è ancora presente una pressione idrostatica, ma nei vasi più grandi la propulsione del sangue è assicurata da altri sistemi:

  • CONTRAZIONE DELLA PARETE DEL VASO: consente il movimento del sangue in una sola direzione, grazie alla presenza delle valvole.
  • CONTRAZIONE DELLA MUSCOLATURA: ciò determina uno schiacciamento del vaso venoso e la spinta conseguente del sangue in una sola direzione, sempre grazie alle valvole a nido di rondine.
  • SCHIACCIAMENTO DELLE VENE DA PARTE DELLE ARTERIE.
  • Dopo la sistole la DILATAZIONE DEGLI ATRI determina un “risucchio” del sangue verso il cuore che aiuta il flusso all’interno delle vene.

Il sangue giunge ai tessuti grazie alle arterie muscolari che possono regolare il flusso a seconda dei movimenti muscolari.
Anche altri meccanismi sono in grado di regolare l’apporto di sangue ai diversi organi e si attuano a livello capillare:
questi ultimi possono non originare dalla arteriosa ma da vasi detti VASI PREFERENZIALI. Essi sono disposti ad arco e dall’arteriola raggiungono la venula. I capillari che si originano dal preferenziale, poi, ritornano ad esso. A livello dell’origine dei capillari dal preferenziale sono posti degli SFINTERI, assenti all’estremità venosa.
In questo modo la quantità di sangue che entra nei capillari ed irrora il tessuto può essere variata aprendo e chiudendo gli sfinteri del vaso preferenziale: se i tessuto non ha necessità elevate di sangue i diaframmi vengono chiusi (contratti) e la maggior parte del sangue passa così attraverso il vaso preferenziale senza interessare i capillari che da esso si originano; in questo modo il tessuto viene per così dire bypassato dal flusso sanguigno.
Un altro analogo meccanismo che regola l’apporto sanguigno è dovuto ad ANASTOMOSI:
un vaso anastomotico cha va dall’arteria alla vena che però non presenta origini capillari.
Questo ha un diametro maggiore di quello preferenziale; a livello della sua origine dall’arteriola è posto uno sfintere: se è rilasciato consente il passaggio del sangue dall’arteriola alla vena, cortocircuitando i capillari e diminuendo, così, il flusso sanguigno in quel tessuto. Se è chiuso il sangue non può passare attraverso l’anastomosi, ma solo per i capillari irrorando il tessuto in misura maggiore.

L’irrorazione di un tessuto può essere dovuta ad arterie terminali: un vaso unico, privo di anastomosi, che irrora con le sue ramificazioni una zona precisa (vedi coronarie). Se questo vaso viene ostruito ad esempio da un trombo tutta la zona da esso irrorata va in contro ad ischemia, non essendo presenti anastomosi che possano vicariale la sua funzione.
Oppure l’irrorazione può essere dovuta ad arterie con ampie anastomosi come, ad esempio, l’arteria mesenterica che interessa l’apparato digerente. Essa presenta molte ramificazioni ed anastomosi in modo che, se un vaso viene ostruito, l’irrorazione possa continuare grazie a vasi anastomotici collaterali.

Fonte: http://lab.artmediastudio.it/www-storage/appunti/67458/7855/4-Apparato%20cardiovascol..doc

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