Medicina cinese

Medicina cinese

 

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

Medicina cinese

 

L’idea per questa tesi nasce dalla unione di conoscenze acquisite durante il percorso didattico universitario, specificatamente nell’ambito dell’esame di Psicologia Dinamica, e di interessi personali che, in apparenza, possono sembrare lontani dall’ambito psicologico, ma che in realtà condividono con la psicologia un sensibile e sincero interesse per l’uomo ed il suo mondo interiore.
Nella teoria bioenergetica di Lowen e negli studi sul simbolismo di Jung, ho potuto infatti ritrovare una profonda assonanza con le filosofie orientali e in particolare con l’apparato teorico e pratico della medicina cinese.
Questa somiglianze si manifestano, nel caso della bioenergetica, attraverso l’accento che essa pone ad una visione olistica ed energetica della persona e del suo funzionamento psichico, da cui deriva l’innovativa e rivoluzionaria ideazione di una terapia che fosse non solo verbale ma anche corporea. Per quanto riguarda Jung, invece, è sufficiente ricordare come egli sia stato uno dei maggiori conoscitori, in ambito psicologico, delle realtà orientali di cui studiò i principi fondamentali che poi influenzarono considerevolmente il suo pensiero. E’ infatti soprattutto nel massiccio ricorso al simbolismo che Jung fece per spiegare il funzionamento psichico, che rintracciamo evidentemente l’impronta del mondo orientale.
Così questo scritto nasce con l’intento di mettere in luce somiglianze e rimandi tra Occidente e Oriente attraverso l’opera di questi autori, che, seppur appartenenti ad approcci psicologici distanti, hanno contribuito a proporre una idea di uomo, e soprattutto una spiegazione del suo funzionamento, alquanto innovativa. Proprio per sintetizzare questi elementi di novità ho pensato di utilizzare l’espressione di “Corpo Simbolico” che in sé racchiude e rimanda alla fisicità loweniana, al simbolismo junghiano e all’olismo tipico della medicina cinese.

Si comincerà illustrando nel primo capitolo il complesso apparato teorico e pratico della medicina cinese. Si è pensato infatti che fosse preferibile come prima cosa confrontarsi con questi concetti, sicuramente distanti e particolari, ma con cui è necessario familiarizzare per comprendere l’ottica delle successive riflessioni.
Si entrerà poi nell’ambito più prettamente psicologico trattando i contributi dei due autori. Nel secondo capitolo si parlerà della nascita e dello sviluppo della bioenergetica, dei suoi concetti di base, della sua tecnica terapeutica e suoi ambiti di applicazione. Nel terzo invece si proporrà una sintesi dei vari contributi di Jung allo studio del simbolismo alchemico.
Nel quarto capitolo invece si concentrerà lo scopo ultimo dell’intero scritto, ossia quello di mostrare come una potenziale sintesi dei contributi dei due autori possa dar luogo ad una sorta di versione occidentale dell’olismo e della complessità con cui, tipicamente, la medicina cinese si accosta allo studio dell’uomo.
L’intento potrà sembrare astruso o addirittura pretenzioso ma, come detto sopra, nasce semplicemente dalla volontà di coniugare interessi personali e studio, e di fare così della tesi un momento e un luogo di sana creatività.

 

Capitolo 1
La Medicina Tradizionale Cinese

 

1.1. Le origini della Medicina Cinese
La medicina tradizionale cinese non può essere definita semplicemente un metodo terapeutico poiché affonda le sue radici in tutti gli aspetti più profondi e complessi dell’intero pensiero cinese.
In particolare, troviamo come suo fondamento il pensiero filosofico taoista.
Il Taoismo è una corrente di tipo naturalista che vede l’uomo come un microcosmo immerso in un macrocosmo e quindi soggetto alle sue stesse leggi. Non a caso, come vedremo oltre, nel linguaggio medico cinese ritroviamo un uso di immagini e simboli di tipo naturalistico nella descrizione delle funzioni del corpo e della mente, degli organi, della malattie e delle terapie.
Le più importanti opere di riferimento taoista sono senza dubbio il Tao Te Ching e l’ I Ching. Il primo si narra sia stato scritto 2500 anni fa, e la sua paternità è attribuita a Lao Tzu, figura al limite del leggendario ma probabilmente realmente esistito. Il secondo testo è più antico, fa parte dei Classici Confuciani e non ha un autore preciso; infatti, Confucio si limitò a riordinare e commentare questa opera.
Parlare di taoismo significa pensare in termini di Yin, il principio femminile, e di Yang, il principio maschile: due polarità complementari in interazione dialettica e al tempo stesso sintetica. “Tali opposti non sono né forze né entità materiali e neppure concetti mitici che trascendono la ragione, sono piuttosto categorie che descrivono come tutte le cose funzionano in relazione l’una all’altra e in relazione all’universo.” Essi vengono usati per spiegare il continuo mutamento e il divenire in natura; ma yin e yang non sono solo un insieme di corrispondenze, sono anche un modo di pensare. In tale modo di pensare ogni cosa è vista come parte di un tutto, nessuna cosa esiste di per sé ma è sempre in relazione al tutto, nulla è assoluto ma contiene sempre in sé la possibilità dell’opposizione e del mutamento.
Questa dialettica viene poi applicata anche allo studio dell’uomo, in quanto entità psichica e corporea indivisibile: ogni disarmonia nel corpo rimanderà ad una disarmonia della mente e viceversa.

1.2. Principi fondamentali
Procedendo nella spiegazione della terapia medica cinese è di fondamentale importanza rapportarsi con alcuni termini e concetti di base: le sostanze fondamentali, i cinque movimenti, i meridiani, gli organi e i visceri .

1.2.1. Le sostanze
Le cosiddette sostanze fondamentali sono: il Jing, lo Shen, Il Qi, il Sangue e i Fluidi.
Il Jing è la sostanza che sottostà a tutta la via organica, è la fonte del mutamento biologico; dà sostegno e nutrimento ed è la base della riproduzione e dello sviluppo. L’intero jing si divide tra jing prenatale e jing postnatale: possiamo dire che il jing prenatale viene ereditato dai genitori, è unico e determina le particolari caratteristiche della crescita dell’individuo. La sua quantità e qualità è fissata alla nascita e determina la struttura e al costituzione base dell’individuo, nonché la durata della vita stessa; invece il jing postnatale deriva dalla parte purificata dell’essenze che assumiamo dall’esterno attraverso il nutrimento: cibo, acqua e aria. Se c’è una buona assimilazione di questo jing postnatale sarà richiesto un minimo consumo di quello prenatale, che quindi si conserverà consentendoci di vivere più a lungo.
Lo Shen è un concetto elusivo e difficilmente traducibile, rappresenta la sostanza che appartiene esclusivamente alla vita umana, può essere interpretato come “Spirito”. E’ associato alla forza della personalità, alla capacità di pensare, di distinguere, di compiere scelte; l’origine dello shen è analoga a quella del jing: i genitori contribuiscono alla sua creazione, ma lo shen continua ad essere nutrito dopo la nascita.
Il concetto di Qi è molto ampio e di difficile comprensione. Possiamo dire che ogni cosa possiede un suo qi ed è al tempo stesso costituita da esso, ma quando ci riferiamo al qi del corpo intendiamo l’espletamento di alcune funzioni essenziali: la respirazione, il trasporto e il movimento delle energie e delle sostanze nutritive, la termoregolazione e la protezione dall’esterno.
Il Sangue, nella medicina cinese, indica l’aspetto più materiale, o più yin, del Qi, perciò anch’esso circola continuamente attraverso il corpo nutrendo, mantenendo e, in una certa misura, idratando il corpo; inoltre, svolge la fondamentale funzione di dare radicamento e solidità sia fisica che psichica all’individuo.
I Fluidi in cinese vengono chiamati Jin Ye poiché ogni termine indica una diversa funzione di questi; i primi (Jin) hanno un movimento centrifugo, svolgono una funzione di pulizia e purificazione e quindi di trasporto verso l’esterno, comprendono sudore, lacrime, muco, saliva, urine, ecc…; i secondi (Ye) invece hanno un movimento centripeto, quindi tendono a portarsi nelle cavità e interstizi del corpo e sono generalmente identificati con i liquidi delle articolazioni, il fluido cefalo-rachidiano, il midollo e così via.

1.2.2. I Cinque Movimenti
Dal qi e dalle forze yin e yang hanno origine i cinque tipi fondamentali di energia, i wu shing o cinque movimenti; legno, fuoco, acqua, terra e metallo. In quanto espressione dell’energia, questi movimenti ci consentono di leggere in chiave simbolica i molteplici fenomeni esistenti in natura. E’ importante non considerare questi cinque movimenti come dati passivi, statici, essi sono forze attive e qualità dinamiche. Fatta questa premessa passiamo ora brevemente in rassegna le caratteristiche di ognuno di tali elementi:
Metallo: corrisponde all’ovest, al tramonto, all’autunno. E’ correlato all’invecchiamento: quando le foglie cadono dagli alberi, la natura si prepara al riposo invernale.
Terra: corrisponde al centro, alla stagione intermedia tra l’estate e l’autunno. Come momento di trapasso dalla massima energia yang dell’estate alla yin di inizio autunno, implica l’idea dell’equilibrio e della maturità.
Fuoco: corrisponde al sud, all’estate, al mezzogiorno; è correlato alla crescita, alla luce, al caldo, all’esplosione della fioritura.
Legno: corrisponde all’est, al mattino, alla nascita, alla primavera. Al legno è correlata l’idea di qualcosa di incipiente, di spinta in avanti, di germogliare. L’elemento legno richiama l’immagine del seme che lentamente cresce fino a diventare fiore e pianta.
Acqua: corrisponde al nord, alla notte, al riposo, all’inverno. Ad essa è correlata l’idea di interiorizzazione, la quiete, il silenzio della neve. Il movimento acqua richiama l’immagine del seme che sta sottoterra in attesa di una stagione più calda per crescere.
Ai cinque movimenti sono associate tutte le realtà dell’universo: i punti cardinali, le stagioni, e i cinque climi. Questa suddivisione riguarda anche il corpo e la mente dell’uomo: i cinque organi, i cinque visceri, i cinque sensi e i cinque sentimenti .
La natura dinamica dei cinque movimenti si evidenzia nelle particolari correlazioni da cui sono legati: il ciclo di generazione e il ciclo di controllo. In base al primo ciclo ogni movimento genera il successivo: così il legno bruciando produce il fuoco, il fuoco si trasforma in cenere che dà origine alla terra, dalla terra si estrae il metallo che fondendo produce liquidi, quindi acqua, la quale fa crescere il legno. Invece, in base al secondo tipo ci ciclo, ogni movimento sottomette o assorbe l’elemento successivo: così il legno è tagliato dal metallo, il fuoco è spento dall’acqua, la terra è penetrata dal legno, il metallo è fuso dal fuoco, l’acqua è assorbita dalla terra.

1.2.3. Meridiani e Organi
La fisiologia e l’anatomia tradizionali orientali sono caratterizzate da una visione del corpo estremamente diversa da quella della moderna medicina occidentale. Infatti, gli organi yin e yang, che formano il nucleo del sistema, sono descritti in rapporto alle loro funzioni e interrelazioni piuttosto che in base alla ubicazione fisica, alla forma, alla struttura o alla composizione chimica.
La medicina cinese attribuisce a ciascun organo un ruolo molto più ampio di quello riconosciuto dalla moderna fisiologia, e i meridiani a esso associati hanno la funzione di integrare la parte con il tutto. Il metodo specifico della medicina cinese è sempre stato l’osservazione dei tracciati e dei collegamenti in luogo dell’analisi delle diverse componenti.
Esistono cinque organi yin: il Polmone, la Milza, il Cuore, il Rene e il Fegato. Conosciuti come organi “pieni”, essi hanno in comune le caratteristiche yin dell’essere interni, profondi e nascosti. Gli organi yin sono i più importanti del corpo, sono responsabili della trasformazione, della circolazione e dell’immagazzinamento del qi e del sangue.
Gli organi yang invece assistono gli organi yin. Lo yang è correlato più alla superficie e all’esterno delle cose e in genere gli organi yang, o organi “cavi”, sono quelli che compongono il tratto digerente. Definiti solo dalle loro pareti esterne, essi sono collegati ai processi di ricezione e trasformazione del cibo. In questo senso essi sono in collegamento con l’esterno e il loro contenuto non è raffinato, in quanto non è ancora utilizzabile dal corpo o è un surplus di cui il corpo non ha bisogno .
Oltre gli organi summenzionati esistono anche due meridiani che vengono collegati a funzioni o organi privi di un corrispettivo fisico: il Triplice Riscaldatore e il Ministro del Cuore.
I Meridiani corrispondenti ad ogni organo yin e yang sono poi appaiati sulla base della loro comune appartenenza ad uno dei cinque movimenti. In queste coppie il meridiano e l’organo yin svolgono la funzione principale, mentre meridiano e organo yang fungono da supporto.  
Le funzioni e i compiti che svolge ogni singolo organo, tuttavia, non possono essere riassunti esaustivamente in questa sede, è quindi preferibile occuparsi soltanto delle loro manifestazioni psicosomatiche, come vedremo nel prossimo paragrafo.

1.3.  Aspetti psicosomatici della fisiologia energetica cinese
Come accennato nel paragrafo precedente, i meridiani e gli organi vengono raggruppati in coppie complementari, uno yin e l’altro yang, accomunate dalla relazione con uno dei cinque movimenti. Vediamoli nel dettaglio.

Metallo
Al Metallo sono legati il Polmone e l’Intestino Crasso, questi organi svolgono una funzione di confine con il mondo esterno, il polmone assorbe e fa circolare l’energia (Qi) all’interno del corpo, mentre l’intestino crasso elimina gli scarti. Il legame che unisce questi meridiani parte della constatazione che entrambi svolgono una funzione di scambio con l’esterno, rappresentano l’inizio e la fine del processo di trasformazione energetica. Il polmone, in particolare, è legato alla pelle, permettendoci di rapportarci con il mondo esterno e di gestire le relazioni. Sulla nostra pelle infatti sperimentiamo i primi contatti con gli altri, le carezze, gli abbracci, i gesti affettuosi, ma anche le ferite e i dispiaceri che ci capita di subire nel corso della vita. Inoltre, attraverso la pelle il nostro corpo memorizza, trattiene e ricorda l’universo di sensazioni, emozioni ed esperienze che accompagna la nostra esistenza. Infatti, uno squilibrio energetico di questo meridiano si manifesta con la tendenza all’introversione, alla tristezza, all’aridità di sentimenti, si tende a vedere l’aspetto negativo degli eventi e si perde interesse per le cose e le persone che ci circondano. Dal punto di vista fisico ciò si traduce in chiusura del corpo, spalle contratte, schiena rigida come a formare una corazza .

 

Terra
Alla Terra corrispondono Milza e Stomaco che si occupano dell’assimilazione e digestione, tanto del cibo quanto di percezioni, sensazioni, informazioni, avvenimenti; nutrono quindi sia il corpo che la mente. Alla Milza sono strettamente legate la capacità di concentrazione, di organizzazione del pensiero e di memorizzazione, essa agisce cioè sulla capacità di strutturazione logica del pensiero e sulla sua organizzazione ed espressione coerente. Le alterazioni del meridiano si manifestano attraverso la tendenza all’irrequietezza, all’ansia, alla pignoleria ed in particolare alla rimuginazione, fino al pensiero ossessivo.
Fuoco
Al movimento Fuoco sono legati ben quattro meridiani. I primi due sono il Cuore e l’Intestino Tenue, che svolgono una funzione di assorbimento e circolazione dell’energia. Il cuore è anche considerato “la sede dello shen”, ovvero è il centro psichico dell’individuo, dove tutte i messaggi emotivi e psicologici provenienti dagli altri meridiani vengono interpretati, organizzati e strutturati. Il connotato psicosomatico caratteristico del cuore è la “focosità”, intesa nell’accezione più ampia del termine: ovvero la capacità di ascoltare le nostre emozioni e di lasciarle fluire ed emergere senza bloccarle. Segni tipici di disequilibrio di questo meridiano sono anaffettività, insonnia, irrequietezza, tic nervosi, atteggiamenti paranoidi.
Gli altri due meridiani del movimento fuoco sono il Ministro del cuore e il Triplice riscaldatore, i quali hanno il compito di proteggere, aiutare e sostenere le funzioni del corpo assorbendo gli stimoli dannosi. Il ministro del cuore rappresenta una sorta di filtro, di ammortizzatore dei traumi e degli attacchi che possono danneggiare il cuore. Il triplice riscaldatore invece mette in comunicazione le tre regioni del corpo (i “riscaldatori”), petto, diaframma e basso ventre, regolando il flusso energetico tra queste zone; inoltre, svolge una funzione di protezione dall’esterno.
Legno
Gli organi relativi al movimento Legno sono il Fegato e la Cistifellea, questi organi accumulano le energie vitali per poi distribuirle ai vari organi secondo le esigenze del corpo. Il fegato è legato al coraggio, all’espansività, all’immaginazione, alla creatività, all’elasticità mentale, all’aggressività nel senso più ampio del termine, come indicato dalla radice etimologica latina “ad-gredior”, “andare verso”. Questo organo prende le decisioni e pianifica le azioni dopo che la milza ha analizzato le informazioni necessarie. Squilibri di questo meridiano, infatti, sono caratterizzati da impazienza, rabbia, impulsività, incoerenza e mancanza di risolutezza.
Acqua
Infine, nel movimento Acqua troviamo Reni e Vescica. Come si può facilmente immaginare, questi meridiani si occupano principalmente di gestire i liquidi del corpo trasportandoli ed eliminandoli purificando l’organismo. I reni però sono anche la sede del Jing prenatale e quindi per la medicina cinese rappresentano l’energia più preziosa del corpo, quella che ci dà e ci permette di trasmettere la vita. I reni sono cioè legati alla riproduzione e alla sessualità, dalla pubertà alla menopausa o andropausa. Sono anche la sede della volontà, della determinazione e della capacità di agire. Così, se l’energia dei reni è scarsa prevale la paura, e quindi sopravvengono fobie, attacchi d’ansia e di panico con i conseguenti disturbi psicosomatici: palpitazioni, vertigini, gastriti, tendenza alla depressione e così via.

Per concludere, è utile sottolineare come lo scopo di questo capitolo sia quello di offrire una panoramica, forse troppo superficiale, della medicina cinese, che tuttavia si rende necessaria per poter poi cogliere i nessi che questo approccio teorico ha con la terapia Bioenergetica di Lowen e con il simbolismo alchemico studiato da Jung.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 2
Lowen e la Bioenergetica

 

 
2.1. La nascita della Bioenergetica
La Bioenergetica è un modo di comprendere la personalità nei termini dei processi energetici del corpo ed un metodo, unico nel suo genere, che combina terapia corporea e psicoterapia verbale.
Essa affonda le sue radici nell'opera di S. Freud, che si sviluppò, come è ben noto, in un periodo in cui la medicina si trovava ad affrontare un gran numero di malattie per le quali la scienza non aveva rimedi: paralisi, cecità, attacchi epilettici, perdita della memoria e perdita di sensibilità in varie parti del corpo. Freud scoprì che tali sintomi altro non erano che l'espressione corporea di esperienze infantili di dolore e di paura, che la mente aveva rimosso. Una volta che il paziente, o meglio la paziente, dato che si trattava per lo più di donne affette da isteria, aveva recuperato la consapevolezza del proprio passato non aveva più bisogno di esprimere questi ricordi mediante sintomi corporei. Per far emergere tali ricordi rimossi, Freud utilizzava i sogni, i lapsus linguae, le associazioni libere, il transfert.
Wilhelm Reich fu paziente ed allievo di Freud. Mentre Freud poneva attenzione soltanto alla produzione verbale dei pazienti, Reich introdusse nella psicoanalisi anche l'osservazione del corpo, come l'espressione degli occhi e del viso, della qualità della voce e dei vari tipi di tensioni muscolari. Descrisse per primo quello che noi oggi chiamiamo linguaggio del corpo. Nello stesso modo in cui Freud notò una spaccatura fra coscienza ed inconscio, Reich notò una scissione fra le varie espressioni del corpo. Per esempio, una persona può ridere ma non essere consapevole che l'espressione del suo viso è triste. Può dire parole gentili, ma non rendersi conto che i suoi occhi sono pieni di risentimento, mostrando, quindi, un’incongruenza tra piano verbale e piano non-verbale. Reich osservò che, appena i suoi pazienti iniziavano la terapia, basata sul lavoro verbale integrato a pressioni e massaggi sui muscoli contratti, le tensioni muscolari cambiavano. Le spalle e le braccia della persona depressa si rilassavano, le mascelle diventavano meno contratte e i denti meno serrati. Quindi, allentando le tensioni muscolari croniche, il paziente sperimentava le proprie emozioni legate ai ricordi rimossi. Reich sperimentò come rilassare i muscoli cronicamente tesi mediante la pressione diretta su di essi. In questo modo il paziente poteva entrare in contatto con emozioni forti e a lungo dimenticate e con ricordi dolorosi. L'unità di mente, corpo ed emozioni divenne più chiara. Egli notò anche che, a questo punto, il paziente cominciava a sembrare più vivo, i movimenti più spontanei, gli occhi più luminosi. Era come se avesse più vitalità, più energia, energia che Reich decise di chiamare energia orgonica o orgone
Alexander Lowen, paziente ed allievo di Reich, invece, coniò per essa il termine di bioenergia. Lowen allargò gli scopi del lavoro sul corpo ed introdusse il lavoro bioenergetico a casa. Anziché limitarsi alla sola pressione e manipolazione delle tensioni muscolari croniche, egli fece uso di alcune posizioni di stress che potevano aiutare queste tensioni a rilasciarsi. La prova evidente di questo ammorbidimento delle tensioni era l'insorgere, nei muscoli, di una fine vibrazione. Lowen poté quindi osservare come i blocchi muscolari impedivano il libero scorrere dell'energia. Per esempio, un diaframma cronicamente contratto, come una strettoia, interrompeva l'onda respiratoria, provocando una respirazione superficiale. Come risultato diminuiva l'apporto di ossigeno ed il livello energetico calava. E' di grande importanza sottolineare come Lowen, attraverso l’osservazione e l’esperienza, mise in luce che una persona il cui flusso energetico è bloccato, ha perso una parte della sua vitalità e della sua personalità. Questa perdita fa sì che questa persona si senta depressa, sempre in lotta, e usi costantemente la forza di volontà per eseguire i compiti quotidiani. Diventa così estremamente difficile mettersi in relazione con gli altri e provare piacere.

2.2. Concetti di Base
Passeremo ora ad analizzare alcuni concetti di fondamentale importanza per comprendere le basi della teoria loweniana.

2.2.1 La Bioenergia
Lowen sosteneva che mente e corpo si possono influenzare reciprocamente, ovvero ciò che si pensa influenza ciò che si sente e viceversa. Tutto ciò, però, riguarda gli aspetti consci e superficiali della personalità, mentre, a un livello molto profondo, cioè inconscio, pensare e sentire sono condizionati da fattori energetici, o meglio, da una matrice energetica comune che non distingue il somatico dallo psichico. Lowen stesso non riteneva però che fosse necessario stabilire cosa fosse in realtà questa bioenergia, ma preferiva sottolineare genericamente che essa “è implicata in tutti i processi della vita (muoversi, sentire, pensare) e che questi processi si arresterebbero se ci fosse una grossa interruzione nel rifornimento di energia all’organismo” . Di conseguenza, la quantità di energia di cui un individuo dispone e l’uso che ne fa determineranno la sua personalità e il modo in cui esso risponderà alle situazioni della vita: ovviamente più energia si ha a disposizione e meglio le si affronta.

2.2.2. Carica e Scarica
Come è comunemente ed ovviamente riconosciuto, le principali fonti di energia per l’organismo sono rappresentate dalla respirazione e dal nutrimento. Tuttavia, nonostante sembrino delle normali e naturali funzioni, molto spesso le persone non le eseguono in modo corretto. L’attenzione della bioenergetica si rivolge principalmente alla respirazione, in quanto è questa a risentire maggiormente di blocchi energetici e muscolari che ne limitano la portata. Lowen, infatti, attraverso la sua esperienza, ha rilevato come mano a mano che la respirazione diventa più attiva il livello di energia aumenta. Questo processo di acquisizione energetica veniva da lui definito carica. Il tendersi verso l’alto, o verso l’esterno, è parte della funzione di carica: cibo, ossigeno ed eccitazione che coinvolgono la parte superiore del corpo.
Non si può parlare di carica energetica senza considerare anche il suo opposto, ossia la scarica. Non è possibile aumentare il livello energetico di un individuo solo caricandolo attraverso la respirazione. Bisogna aprire le vie dell’autoespressione, che sono il movimento, la voce e gli occhi: solo così potrà esserci una maggiore scarica energetica. La scarica è diretta verso terra, ma, prima di scaricarsi, l’energia promuove altre funzioni vitali come la crescita e il movimento.
L’organismo vivente può funzionare solo se tra carica e scarica c’è equilibrio. E’ importante mantenere un livello di energia adeguato ai propri bisogni e alle proprie condizioni. Per esempio nel periodo dello sviluppo un bambino assume più energia di quanta ne scarica e, quella in sovrappiù, la impiega per crescere. A parte qualche eccezione, è generalmente vero che la quantità di energia che un individuo assume corrisponde alla quantità che può scaricare attraverso l’attività.
Per concludere, poiché la carica e la scarica funzionano come unità, la bioenergetica lavora simultaneamente su entrambe per elevare il livello energetico, aprire la strada all’autoespressione e reinstaurare nel corpo il flusso delle sensazioni.

2.2.3. Il Flusso
Il termine flusso indica un movimento all’interno dell’organismo, il cui esempio migliore è il flusso del sangue. Infatti questo, quando giunge in un qualsiasi punto del corpo, vi porta vita, calore ed eccitamento. Oltre al sangue, vi sono altri fluidi carichi di energia e, se pensiamo che il 99 per cento del corpo è costituito di acqua solo in minima parte strutturata, possiamo descrivere le sensazioni, i sentimenti e le emozioni come correnti od onde che scorrono per questo corpo liquido.
Il flusso di sangue ed eccitamento può produrre emozioni totalmente diverse a seconda dei canali che segue e degli organi che eccita. Il flusso che scorre nella parte anteriore del corpo veicola sentimenti la cui qualità generale è la tenerezza, ad esempio: la compassione, la pietà, la carità, ecc. Il loro scopo è l’identificazione dell’individuo con altre persone o cose. L’oggetto, naturalmente, varia e determina la qualità specifica di questi sentimenti. La loro fonte sembra essere il cuore. Il flusso che scorre nella parte posteriore del corpo, invece, trasporta sentimenti che hanno la qualità generale dell’aggressività: furore, aggressività sessuale, ricerca del cibo, ecc. Poiché il maggiore sviluppo muscolare è situato nella schiena, in questa regione il flusso fornisce la forza motrice per il movimento dell’organismo nello spazio. Non a caso questi sentimenti sono aggressivi, perché hanno lo scopo di “muovere verso” gli oggetti, che teoricamente dovrebbero essere gli stessi dell’altra forza istintuale .
I sentimenti teneri hanno una qualità spirituale e sono strettamente correlati alla funzione respiratoria e all’aria. I sentimenti della schiena hanno un orientamento materialistico e sono connessi al sistema digestivo attraverso la ricerca del cibo che deriva dalla terra.
In uno stato naturale non patologico, ogni impulso dovrebbe essere il risultato della fusione dei due componenti: uno aggressivo e motorio, l’altro tenero e sensorio. Uno può essere più determinante dell’altro, ma, in un individuo sano, il conflitto tra le due tendenze dovrebbe risultare irrilevante.
In sostanza, si può dire che la vita emotiva di un individuo dipende dalla sua motilità che, a sua volta, è una funzione del flusso di eccitazione che lo pervade.

2.2.4. Il Grounding
Il grounding, o radicamento, è forse il concetto più importante della terapia bioenergetica. Avere grounding è un modo per dire che una persona “ha i piedi per terra”, può essere usato per significare che una persona sa “dove è” e “chi è”. In un senso più ampio rappresenta il contatto dell’individuo con la realtà alla base della sua esistenza. Egli è radicato nella terra, identificato con il proprio corpo, consapevole dei propri bisogni e della propria sessualità e teso verso il piacere. Il grounding implica che una persona si “lasci scendere”, che abbassi il suo centro di gravità, che si senta più vicina alla terra; questa è la via del piacere della liberazione e della scarica. In senso lato aiuta una persona ad identificarsi più pienamente con la propria natura animale, che, naturalmente, include la sessualità. Infatti, la metà inferiore del corpo è molto più simile a quella di un animale nelle sue funzioni (locomozione, defecazione, sessualità) rispetto alla metà superiore (pensiero , linguaggio, manipolazione dell’ambiente).
Lo stesso Lowen diceva che “l’importanza di avere il proprio centro nel basso ventre è riconosciuta dalla maggior parte dei popoli orientali. I Giapponesi, per esempio, hanno una parola, “hara”, che significa ventre […]. Se una persona è centrata  in questa zona, si dice di essa che possiede hara, cioè che è equilibrata tanto fisicamente quanto psicologicamente. […] Per la maggior parte gli Occidentali sono centrati nella parte superiore del corpo, soprattutto la testa. Riconosciamo nella testa il centro focale dell’Io, della coscienza e del comportamento deliberato. Al contrario, il centro inferiore o pelvico, dove risiede hara, è il centro dell’inconscio e della vita istintiva” . Il ventre è letteralmente la sede della vita. Attraverso la pelvi si ha contatto con gli organi sessuali e le gambe; la mancanza di contatto con questo centro è causa di squilibrio che conduce all’ansia e all’insicurezza. E’ possibile migliorare e sviluppare questo contatto attraverso la pratica di particolari esercizi ideati dallo stesso Lowen.

2.3. Esercizi bioenergetici e loro funzione
Gli esercizi bioenergetici sono sicuramente l’aspetto più innovativo della terapia loweniana; furono messi a punto in più di venti anni di lavoro terapeutico con i pazienti, e vengono generalmente eseguiti in sedute individuali, in corsi di gruppo e a casa. E’ importante comunque stabilire chiaramente che gli esercizi da soli non sono sufficienti ai fini di un intervento efficace, ma, per risolvere profondi problemi emotivi, è necessario associarli anche ad una tradizionale terapia verbale.
Il loro scopo è quello di aiutare chi li pratica ad entrare in contatto con le proprie tensioni e a rilasciarle tramite movimenti appropriati, acquisendo così una maggiore padronanza di sé.
In “Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica” (1977) Lowen descrive nel dettaglio i principali esercizi, i quali possono essere suddivisi in diverse tipologie: grounding,  respirazione, sessualità, padronanza ed espressione di sé.
Del grounding si è già parlato precedentemente come concetto dell’essere radicati a terra, infatti gli esercizi sono mirati a sviluppare questo aspetto, a migliorare la consapevolezza dei muscoli del bacino e a far scendere la percezione del centro di gravità nel basso ventre. Per questo, gli esercizi lavorano principalmente sulle ginocchia che devono essere tenute leggermente flesse per favorire il flusso di scarica verso il basso. Ad esempio nel bendover , partendo da una posizione eretta naturale e rilassata, tenendo le ginocchia leggermente flesse, si piega il corpo in avanti fino a toccare il pavimento con le mani, in questo modo si ottiene non solo l’allungamento dei muscoli posteriori del corpo, ma anche la riproduzione di una primitiva posizione a quattro zampe che simbolicamente rimanda alla nostra parte più istintiva e animale e favorisce il recupero del contatto con la terra.
Aspetto centrale della riflessione loweniana è l’importanza di una corretta respirazione, essenziale ai fini di una buona salute. È’ grazie ad essa che otteniamo l’ossigeno necessario alla vita. Ma, inaspettatamente, la bioenergetica non insiste eccessivamente sugli esercizi di respirazione. Infatti, spiega Lowen, “di norma, non dovremmo neanche accorgerci che stiamo respirando. Un animale o un bambino piccolo respirano correttamente e, per farlo, non hanno bisogno né di istruzioni né di aiuto” . Gli esercizi sono di aiuto, ma nulla fanno per alleviare le tensioni che impediscono una respirazione naturale. Lo scopo della bioenergetica, infatti, è quello di aiutare a sentire e a scaricare queste tensioni ripristinando le giuste modalità di respirazione.
Un altro aspetto preso in considerazione durante gli esercizi è quello relativo alle frequenti tensioni nella zona del bacino. Una delle ragioni per cui queste si vengono a creare è per il tentativo di controllare le sensazioni sessuali. Questa tendenza provoca gravi restrizioni sulla respirazione e riduce la percezione del proprio grounding. Se si vuole essere vivi e in salute, il bacino deve essere liberato per aprire la strada al flusso delle sensazioni sessuali. Il ventre è il serbatoio di queste sensazioni. Perciò, quando questo è bloccato in avanti o indietro, si riscontreranno problemi di carica o di scarica energetica limitando la vitalità dell’atto sessuale e delle sensazioni orgasmiche. In questo più che in altri ambiti della terapia è importante il lavoro combinato dell’approccio verbale e corporeo, poiché da una parte è necessario recuperare gli eventuali ricordi rimossi, dall’altra è fondamentale liberare il corpo dalle tensioni.
Come altre terapie, la bioenergetica mira ad aiutare a conseguire un migliore senso di sé. Il sé non può essere separato dalla sua stessa espressione, poiché è nelle nostre attività espressive che lo percepiamo. Tuttavia, contrariamente a quanto si pensa, non è necessario sforzarsi consapevolmente per esprimere il sé. Gli esercizi bioenergetici offrono la possibilità di esercitarsi e di prendere dimestichezza con l’espressione di ciò che si sente in un ambiente controllato. La persona da una parte è incoraggiata ad esprimere ciò che sente, dall’altra  viene aiutata ad esercitare un controllo consapevole su tale espressione. La finalità di tale controllo non è di limitare il sentire, ma di rendere efficace, economica e appropriata l’esternazione di esso. Un esempio tipico di esercizio espressivo è quello di tirare calci, sia in piedi che distesi; questa azione esprime l’idea della protesta coinvolgendo la parte inferiore del corpo, che, come è stato già spiegato, è una zona molto soggetta a blocchi energetici.

In questa breve esposizione della teoria e della tecnica loweniana è già possibile notare delle forti affinità ed intuire i legami con quelle pratiche meditative orientali come lo yoga o il qigong, che permettono di coltivare una buona salute attraverso esercizi molto simili, o comunque con le medesime finalità.

Nel prossimo capitolo vedremo, invece, come l’alchimia occidentale, nella visione di Jung, fornisca gli strumenti simbolici necessari a completare questo quadro.

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 3
Jung e il simbolismo alchemico

 

 

L’opera di C. G. Jung è estremamente vasta ed eterogenea, se non rivoluzionaria: egli ebbe infatti molto coraggio per l’epoca a trascendere i comuni limiti della psicologia accademica, occupandosi di astrologia, alchimia, miti, simboli e persino di ufo. Egli si accostò allo studio di questi aspetti dopo aver notato, nella sua pratica di psichiatra, come nei deliri dei suoi pazienti ricorressero simboli, immagini, episodi simili tra loro. Questo lo portò ad uno accurato studio transculturale di simboli, religioni e mitologie. Studio che lo condusse, come è noto, a formulare le sue teorie sull’inconscio collettivo e sugli archetipi. In questa sede si tratterà in particolare soltanto di una parte delle ricerche dello psichiatra svizzero, quelle sull’alchimia.
Jung diede un importante contributo alla comprensione di questa controversa disciplina, incompresa e bollata da tempo come ciarlataneria. Per quanto molti alchimisti in passato fossero realmente dei truffatori, Jung riuscì a mettere a fuoco quegli aspetti ermetici ed esoterici che hanno fatto di questa disciplina una pratica psicologica estremamente raffinata. Infatti, dietro al processo alchemico possiamo rintracciare quello che è in realtà un percorso di ricerca spirituale. Il linguaggio estremamente criptico e fuorviante utilizzato dagli alchimisti è dovuto, oltre alla paura dei roghi, anche dal fatto che alcune esperienze, frutto della loro ricerca e del loro "operare", potevano essere rese più facilmente con linguaggio simbolico, piuttosto che con linguaggio concettuale. In un certo senso potremmo considerare l'alchimia come un'immensa cronaca di esperienze "mistiche", raccontate dai vari autori in linguaggi sempre diversi.

Di seguito si esporrà brevemente in cosa consista l’alchimia, quali sono i suoi metodi e i simboli più comunemente usati.

3.1. Cenni storici sull’alchimia
Il pensiero alchemico è considerato da molti il precursore della chimica moderna prima della formulazione del metodo scientifico. Si potrebbe infatti definire  l'alchimia come un'antica pratica “protoscientifica” che combina elementi di chimica, fisica, astrologia, arte, metallurgia, medicina, misticismo e religione. Essa abbraccia alcune tradizioni filosofiche che si sono propagate per quattro millenni e tre continenti, e la loro generale inclinazione per un linguaggio criptico e simbolico rende difficile tracciare le loro mutue influenze e relazioni.
Si possono comunque distinguere due grandi canali, che sembrano essere in gran parte indipendenti, almeno nelle tappe più remote: l'alchimia orientale, attiva in Cina e nella zona della sua influenza culturale, e l'alchimia occidentale, il cui centro nei millenni è slittato tra Egitto, Grecia, Roma, mondo islamico ed alla fine Europa. Se queste due tipologie abbiano avuto una comune origine e fino a che punto si siano influenzate l'una con l'altra è tuttora oggetto di questione.
Gli alchimisti occidentali generalmente fanno risalire l'origine della loro arte all'alchimia egiziana. Questa è per lo più conosciuta attraverso le opere di antichi filosofi greci, sopravvissute solamente in traduzioni islamiche. La leggenda vuole che il fondatore dell'alchimia egiziana fu il dio Thot, chiamato Hermes-Thoth o Hermes il tre volte grande (Ermes Trismegisto) dai Greci. Ermete fu spesso identificato con una divinità che possiede la conoscenza di tutte le arti e le scienze sacre e segrete della mummificazione dei corpi.
I Greci successivamente si appropriarono della cultura alchemica egiziana mescolandola con le numerose correnti filosofiche locali.
La distruzione della Biblioteca di Alessandria segnò la fine del centro culturale greco, spostando il processo dello sviluppo alchemico verso il Vicino Oriente. L'alchimia islamica è molto meglio conosciuta perché meglio documentata e molti dei testi antichi giunti sino a noi si sono preservati come traduzioni islamiche.
Per concludere, l’Europa entrò in contatto con l’alchimia grazie agli scambi culturali con il mondo greco ed il mondo arabo, trovando come periodo e contesto di maggiore splendore quello cristiano-medievale.

3.2. I processi alchemici
Nonostante le diversità riscontrabili tra i vari contesti sia storici che geografici in cui veniva praticata l’alchimia, sono comunque rintracciabili delle costanti in tutti i procedimenti alchemici, che li caratterizzano come tali.
Per iniziare è importante sottolineare come ogni processo alchemico consisteva sempre in un processo di scomposizione e ricomposizione della materia volto a raffinare, in una sequenza ordinata di fasi, la materia stessa trasformandola in una sostanza più nobile, la cosiddetta pietra filosofale.
Attraverso queste operazioni la materia prima, mescolata con lo zolfo ed il mercurio e scaldata nella cosiddetta fornace o vaso alchemico, si trasformerebbe gradualmente, passando attraverso varie fasi.
Il numero di queste fasi, variabile da tre a dodici a seconda degli autori alchimisti, è legato ad un colore. Tuttavia le fasi fondamentali riconosciute da tutti erano tre: nigredo, albedo e rubedo.
La nigredo è lo stato iniziale: esso può preesistere come qualità insita nella prima materia, che è caotica ed indifferenziata, oppure può essere provocato dalla decomposizione degli elementi. Dalla nigredo si passava poi, mediante lavaggio, all’albedo, che è la fase in cui la materia veniva purificata. Si giungeva infine all’ultimo stadio della rubedo, durante il quale la materia veniva ricomposta nella sua forma di massima purezza.
Si vede quindi come tutto il processo alchemico è contenuto tra due estremi: la materia prima all’inizio e la meta al termine.
L’idea di materia prima si riferiva in realtà ad una molteplicità di sostanze: poteva trattarsi di acqua, di fuoco, di mercurio o zolfo, o persino di oro o argento, ma in ogni caso assumeva una valenza di sostanza primordiale e indifferenziata.
Anche la meta poteva consistere di volta in volta in composti diversi come l’oro filosofale, l’elisir di vita, o la maggiormente nota pietra filosofale.
Un altro concetto molto importante è quello del vaso alchemico, l’atanor (termine di origine araba), che rappresenta essenzialmente la fornace o l’alambicco all’interno del quale sono contenute le sostanze che devono subire la trasmutazione. Questo vaso può essere considerato una sorta di matrice o utero da cui nascerà la pietra .

 

 

3.3. Aspetti psicologici del simbolismo alchemico

“L’opera alchimistica non consiste per la maggior parte in meri esperimenti chimici, ma anche in qualcosa di simile a dei processi psichici espressi in linguaggio pseudochimico.”

Queste parole di Jung esprimono perfettamente con quale spirito e intento egli si accosta allo studio dell’alchimia. Infatti, egli era fermamente convinto che al di là degli esperimenti chimici, quindi del lato più concreto e materiale, si potesse rintracciare un aspetto esclusivamente simbolico delle pratiche alchemiche.
Nel processo di trasformazione e ricomposizione egli ritrovava una simbolizzazione  di quel processo psichico da lui denominato individuazione. Infatti come nel processo di individuazione l’uomo esperisce il suo mondo interiore e ne prende consapevolezza al fine di liberare il proprio Sé, così l’alchimista lavora la materia fino a trovarne la forma più raffinata.
Jung propose un paragone così inconsueto poiché, leggendo i vari scritti alchemici, notò come la particolare terminologia adottata rimandasse sicuramente ad altro, facendo presupporre che gli alchimisti stessi attribuissero al loro lavoro una valore “morale”, o, come diremmo oggi, “psicologico”.
Infatti durante l’esperimento l’alchimista sostanzialmente proiettava sul processo in corso i contenuti inconsci della sua psiche: così le varie trasformazioni della materia riflettevano le trasformazioni interiori, avviando così un percorso di crescita spirituale. In virtù della proiezione si stabiliva una identità inconscia tra la psiche dell’alchimista e la sostanza che si stava trasformando .
Secondo Jung, per esempio, l’idea di materia prima primordiale e indifferenziata, rimanda inequivocabilmente a quella di inconscio altrettanto indistinto e primitivo. Infatti, la materia prima è la sostanza sconosciuta sulla quale vengono proiettati i contenuti psichici e viene rappresentata da immagini diverse poiché ogni proiezione parte dall’individuo e sarà quindi diversa da caso a caso. Tra le rappresentazioni più comunemente associate alla  materia prima abbiamo quelle di natura chimica come argento, oro, mercurio, zolfo, ecc; quelle mitologiche come la luna, la madre, l’ombra, lo spirito e così via; quelle filosofiche come Ade, il Drago Mercuriale, o persino l’uomo stesso .
Inoltre la materia prima nei testi alchemici è anche descritta, in un ottica più filosofica, come “il Tutto”, come “l’Uno” da cui tutto origina e prende forma. Le stesse caratteristiche aveva per Jung la sua idea di inconscio collettivo dal quale derivano tutte le dinamiche psichiche e che, al tempo stesso, è unitario e molteplice, differenziandosi nelle forme dei vari archetipi.
Invece l’immagine della pietra filosofale come prodotto ultimo del processo alchemico era paragonabile per Jung alla realizzazione del Sé. Infatti nel sistema teorico junghiano il processo di individuazione non è altro che la ricerca del Sé, che può essere inteso come il nucleo più autentico e puro dell’intera personalità. Il Sé, diceva Jung, è presente in ogni individuo ma spesso viene ostacolato nella sua espressione dalle pressioni della realtà esterna e deve perciò essere recuperato attraverso un faticoso percorso di ricerca e confronto con la propria interiorità . Allo stesso, modo si ottiene la pietra filosofale solo dopo numerose alterazioni e trasformazioni della materia prima, nella quale si presentava già in germe la sua essenza. Tuttavia sia la completa realizzazione del Sé che la trasmutazione della pietra filosofale non sono realmente raggiungibili, ma rappresentano mete a cui tendere. Infatti nei testi alchemici più attendibili ciò che veniva considerato più importante era la descrizione dell’esperienza avuta durante l’esperimento piuttosto che il risultato effettivo. Anche per Jung il processo di individuazione non può considerarsi mai definitivamente concluso, ma anzi dura, come egli stesso diceva, l’intera vita.

Per concludere, quello che emerge dall’analisi condotta da Jung sulle pratiche alchemiche è quanto queste ultime fossero in realtà, fin dalle loro origini, delle forme di meditazione di cui colpisce, come vedremo in seguito, l’affinità con quelle discipline orientali rivolte alla ricerca spirituale.

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 4
Il Corpo Simbolico

 

 

Con questo capitolo si cercherà di raccogliere i contributi finora esposti singolarmente in un'unica riflessione che ne evidenzi i collegamenti reciproci e che li ordini in un tutto coerente. Infatti, come già detto, lo scopo dell’intero scritto è quello di mostrare come alcuni aspetti del pensiero di Lowen e di Jung, se integrati armonicamente, possano potenzialmente riprodurre una versione occidentale di quella spiegazione, profondamente olistica, che la cultura orientale dà dell’Uomo. Ovviamente questa proposta teorica, condivisibile o meno, è del tutto soggettiva e personale: si tratta del frutto di un percorso individuale solo apparentemente distante dalla psicologia, ma che in realtà converge verso di essa e ne condivide gli scopi e che, inoltre, mi ha indotto a cogliere alcuni aspetti particolari e inusuali di questi due autori.
Può sembrare curioso un parallelismo tra una cultura, come quella occidentale, tipicamente dualistica e analitica e un’altra, come quella orientale, monistica e sintetica; e indubbiamente risulta ostico adattare al pensiero occidentale quell’olismo così radicato nella mentalità orientale.
In questa sede si è proposto in particolare, tra i vari contributi sul pensiero orientale, quello della cultura cinese, e ne è stata fornita una sintetica panoramica descrivendone le pratiche mediche. Non a caso si è deciso di trattare la medicina tradizionale cinese: in essa infatti è particolarmente evidente l’approccio dell’Oriente allo studio dell’uomo.
Dall’analisi condotta nel primo capitolo risulta, infatti, come  questa disciplina nel descrivere i processi fisiologici non manchi mai di includere lo psichico. Con una sorprendente naturalezza e spontaneità, in ogni aspetto sembra ricorrere l’unità della mente con il corpo. Per esempio ogniqualvolta si descrive un organo notiamo che ad esso vengono attribuite sempre, non solo delle funzioni fisiologiche, ma anche delle funzioni simboliche e psicologiche (per esempio, la Milza oltre a scomporre il cibo per digerirlo, si occupa anche di digerire simbolicamente emozioni, sensazioni, dati, informazioni, ecc…).
Vediamo, inoltre, come il pensiero cinese trasudi di simbolismo, utilizzando nelle sue descrizioni continui riferimenti ad immagini più poetiche che scientifiche; immagini, allegorie e metafore che richiamano continuamente fenomeni naturali, come le stagioni, l’acqua, il fuoco, il vento e così via (ricordiamo ad esempio la teoria dei cinque movimenti). In questa cultura infatti l’uomo oltre ad essere uno come individuo psicocorporeo, viene anche considerato parte di una unità ancora più grande. Una unità che noi potremmo chiamare Tutto, Cosmo o Natura e che loro definiscono semplicemente Tao .

In sintesi, i punti cardine del pensiero cinese che ci interessa sottolineare sono due: la visione dell’uomo come unità di mente e corpo e la sua collocazione nella Natura come parte inscindibile da essa. Questi due aspetti sono, a mio parere, rappresentati rispettivamente il primo dal lavoro di Lowen, il secondo dalle riflessioni di Jung, come spiegheremo qui di seguito.
4.1. L’individuo come unità mente corpo
Come già detto, ritengo che Lowen descriva, a suo modo, quella dimensione di unità e indivisibilità della mente e del corpo così radicata e quasi scontata nel pensiero cinese.
Indubbiamente l’inserimento del corpo nelle pratiche terapeutiche fu un modo forte e deciso di affermare che, per raggiungere il benessere, non poteva essere tralasciata la fisicità, ma anzi  questa doveva essere il mezzo elettivo per recuperare il contatto con le proprie sensazioni ed il proprio mondo interiore. Fu rivoluzionario, infatti, per il panorama psicanalitico che, allora come oggi, propone un intervento esclusivamente verbale e che ha la sospensione dell’azione come una delle regole principali del setting, la proposta di un metodo terapeutico psicocorporeo, che cioè, lavorasse sulla psiche attraverso il corpo . Il corpo per Lowen è quel luogo e quello spazio dove meglio si esprimono i conflitti interiori e quindi comprenderlo e ascoltarlo diviene una condizione indispensabile per accedere a contenuti non consapevoli, come accade similmente nella tradizione medica orientale.
In particolare, si riscontrano delle evidenti somiglianze tra le descrizioni che Lowen fa del suo metodo e quelle dei più classici testi della medicina cinese. Somiglianze che inducono a pensare come questi due approcci siano arrivati a conclusioni simili nonostante le differenze culturali, sia geografiche che temporali.
Ad esempio, Lowen nello spiegare il movimento dell’energia all’interno del corpo distingue due forme: una di natura aggressiva e una di natura tenera, dove la prima scorre lungo la schiena, l’altra invece lungo il torace e l’addome; e, sorprendentemente, nella medicina cinese ritroviamo una simile distribuzione dell’energia yin e yang: infatti i meridiani yang corrono nella parte posteriore del corpo, mentre i meridiani yin in quella anteriore.
Altra somiglianza è quella relativa alla funzione del cuore; Lowen ne parla come centro della persona, al di là della mera funzione di pompa:

“La ricchezza di espressioni in cui compare la parola cuore dimostra quanto siano importanti i suoi aspetti non meccanici. Nell’espressione arrivare al cuore della questione, il cuore è l’essenza. E’ anche il centro, il nucleo, come nell’espressione mi è arrivato al cuore, che dunque ammettiamo sia l’aspetto più profondo, più centrale di una persona.”

Continuando, Lowen descrive, come vie di comunicazione del cuore, la bocca e la gola in quanto strumenti di espressione dei sentimenti. Allo stesso modo per i Cinesi il cuore è considerato la sede del Sé, il centro di tutta la personalità e della vita emotiva dell’individuo; inoltre è collegato con la lingua, che è considerata simbolicamente il mezzo attraverso cui si comunica.
E’ interessante considerare anche come Lowen spieghi i concetti di carica e scarica associandoli all’aria e alla terra; egli dice che la carica avviene principalmente attraverso l’inspirazione, quindi l’aria rappresenterebbe la fonte principale di energia; invece la scarica implicherebbe un necessario contatto con la terra, come negli esercizi di grounding, dove, grazie ad una postura rilassata di schiena e gambe, è possibile liberarsi dell’energia in eccesso ( come lo stress ) facendola scorrere verso il basso . Un approccio simile si può ritrovare nel qigong cinese, i cui esercizi prevedono, con quel linguaggio metaforico tipico di questa cultura, di “assorbire l’energia del Cielo” e “restituirla alla Terra” attraverso il corpo; tra l’altro in questi esercizi si assumono posizioni molto simili a quelle utilizzate nella bioenergetica.
Una somiglianza è rilevabile anche nella descrizione dell’energia come un flusso che scorre nel corpo, e nelle anomalie del flusso stesso. Lowen parla a proposito di blocchi energetici, che sono interruzioni del normale fluire dell’energia, dovute a quelle tensioni muscolari croniche che esprimono al livello del corpo un disagio psicologico. In modo simile, nella medicina cinese, si parla delle alterazioni del movimento del qi, imputabili a eccessi o carenze energetici.

 Quindi, con una visione di insieme risulta palese, a mio avviso, un reciproco rimando tra la Bioenergetica e le pratiche cinesi, nonostante lo stesso Lowen talvolta cerchi di prendere le distanze da queste tradizioni orientali, sottolineando come invece la sua teoria si sia sviluppata indipendentemente e autonomamente in un contesto occidentale. Ma è forse proprio questa indipendenza, innegabile, ad avvalorarne le somiglianze e stupisce come, menti diverse, in tempi e luoghi distanti, possano farsi portatrici dello stesso pensiero.

4.2. Il collettivo nell’individuo.
Abbiamo detto più volte come la cultura orientale sia intrisa di simbolismi; un simbolismo di antichissima origine e di matrice naturalistica che, secondo l’ottica taoista, è volto a  sottolineare come l’uomo sia parte del tutto; come chiariscono perfettamente le parole del sinologo Richard Wilhelm.

“Si tratta, in un certo senso, di una visione comune a tutte le correnti filosofiche cinesi.. Essa parte dal presupposto che il cosmo e l’uomo obbediscano in fondo a leggi comuni e che l’uomo sia un microcosmo separato dal macrocosmo da confini non rigidi. Per ambedue vigono le medesime leggi, e da una condizione è possibile accedere all’altra. Psiche e cosmo si rapportano come mondo interiore e ambiente esterno. L’uomo quindi partecipa naturalmente ad ogni evento cosmico ed è legato ad esso interiormente ed esteriormente.”

Questo particolare uso di un simbolismo che rimanda il singolo ad un tutto, a qualcosa che lo trascende ma di cui egli comunque è parte, è a mio avviso presente anche in Jung. Come non pensare ai suoi concetti di inconscio collettivo e di archetipo: con essi l’uomo non era più soltanto il frutto delle proprie esperienze ma si faceva custode e portatore di qualcosa che andava oltre l’individualità, un patrimonio filogenetico comune a tutti gli uomini.
Tutto ciò non stupisce se si considera che Jung è stato un profondo esperto delle culture orientali: studiò il buddismo zen, il taoismo e il confucianesimo, lo yoga indiano, i testi religiosi tibetani,  i Veda, compì un viaggio in India invitato dal governo inglese presso l’università di Calcutta .
Ma l’evento che lo accostò maggiormente alla cultura cinese ( quella che interessa in questa sede) fu la lettura di un manoscritto inviatogli dal sopra citato Richard Wilhelm, suo amico e collaboratore, intitolato Il segreto del fiore d’oro. Il testo descriveva una tipologia di tecniche meditative derivate dall’alchimia e dalla medicina cinesi in cui Jung trovò conferma, come egli stesso dice, delle sue idee riguardo i processi inconsci collettivi osservabili nell’uomo . L’autore si trovava infatti in un momento critico della sua carriera in cui necessitava di dati riferibili ad altre culture che dimostrassero appunto la transculturalità del bagaglio archetipico. Tutto ciò lo indusse a fare ricerche sull’alchimia occidentale, riuscendo così a rintracciare in essa procedimenti e simboli simili a quelli cinesi che avvaloravano le sue teorie.
Notò  per esempio la affinità tra il concetto di Tao e quello di materia prima; il primo è certamente più ampio e ricco di sfumature, il secondo invece più circoscritto all’ambito alchemico. Tuttavia, entrambi presentano caratteristiche di indifferenziazione, di ambiguità, di potenzialità creativa, le stesse che Jung attribuiva alla suo costrutto di inconscio collettivo.
Ricorrerebbe un’altra interessante somiglianza, quella tra il cosiddetto vaso alchemico e un particolare organo individuato dalla medicina cinese chiamato triplice riscaldatore. Infatti entrambi sono considerati e rappresentati come delle fornaci o alambicchi, riscaldati dal fuoco, all’interno dei quali avvengono tutte le trasformazioni, nel primo caso alchemiche, nel secondo energetiche del corpo. Metaforicamente queste immagini di un contenitore rimandano, secondo Jung, alla psiche dell’individuo che altrettanto contiene  archetipi ed immagini, i quali, come in un processo alchemico, subiscono continue elaborazioni.
Inoltre, se nella alchimia occidentale abbiamo il concetto di pietra filosofale, in quella cinese abbiamo come suo corrispettivo quelli di pillola d’oro o di elisir di vita. Nei testi cinesi viene riportato che questi ultimi sono sintetizzati all’interno del corpo: la pillola d’oro deriverebbe dalla “cristallizzazione della luce” (dove per “luce” si intende “consapevolezza”) , invece l’elisir di vita dalla “distillazione delle energie del corpo” .
Si tratta ovviamente di metafore diverse, con cui i Cinesi descrivevano il traguardo di uno stesso processo di crescita e maturazione psichica, assimilabile a quello che Jung definisce come realizzazione del Sé.
Ovviamente l’influenza che Jung ebbe dalla cultura cinese (e dal mondo orientale tutto) non è attribuibile a questi pochi esempi, ma piuttosto va ricondotta ad un contesto molto più ampio. Potremmo quasi dire che Jung avesse una naturale predisposizione a comprendere e ad accogliere in sé la forma mentis orientale (come testimoniano la attenzione per gli opposti e la coniunctio, l’interesse per l’intuizione piuttosto che per l’analisi, il ricorso ad immagini e personificazioni per descrivere le funzioni psichiche), vedendo in essa un riflesso del suo approccio alla psiche.

4.3. Il corpo simbolico.
L’espressione di corpo simbolico potrebbe sembrare in sé un ossimoro, in quanto il corpo è qualcosa di concreto e tangibile, mentre il simbolo rimanda a qualcosa di ineffabile e metafisico; ma, al contrario, questo titolo è stato pensato proprio per racchiudere la fisicità di Lowen e il simbolismo di Jung. Lo scopo è quello di evocare una dimensione in cui i due elementi possano sfumare l’uno nell’altro affiancando il contributo dei due autori. In questo modo Lowen fornirebbe la giusta attenzione al corporeo, mentre Jung al repertorio immaginale e simbolico, riproducendo, in chiave occidentale, quell’approccio orientale nel quale, come abbiamo visto, si riesce a coniugare un profondo pragmatismo con una forte spiritualità e dove non esiste una distinzione netta tra il fisico e il mentale.
Quindi si potrebbe pensare al corpo come luogo in cui avvengono tutte le trasformazioni sia fisiche che psicologiche, come suggerisce l’immagine trovata nell’alchimia della persona come vaso alchemico. In questo senso qualsiasi manifestazione sia somatica sia psichica diventa rappresentazione di uno squilibrio dell’intera persona nella sua totalità.
Perciò, ascoltando il corpo e prendendo consapevolezza delle sensazioni, si può arrivare a capire le proprie dinamiche inconsce, come insegna Lowen, e amplificandole, si potrebbero rintracciare in esse immagini e simboli, come insegna Jung.
Con altre parole, possiamo pensare, come suggerisce l’Oriente, ad un processo di individuazione che proceda non solo attraverso la mente, ma anche attraverso un lavoro attivo sul corpo e con il corpo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Conclusioni

 

 

“L’acquisire una sempre maggiore familiarità con lo spirito orientale potrebbe indicare simbolicamente l’inizio di una nostra presa di contatto con le parti di noi che ci sono ancora estranee. Il rinnegare le nostre peculiari premesse storiche sarebbe pura follia e il miglior modo per un ulteriore sradicamento, perché è solo restando saldamente ancorati al nostro terreno che possiamo assimilare lo spirito dell’Oriente.”

Questa citazione sembra un buon modo per concludere questo viaggio intrapreso tra Oriente e Occidente. Infatti, questa è la prospettiva da adottare per comprendere l’excursus qui proposto tra la medicina cinese e il panorama psicologico rappresentato da Jung e Lowen. I due autori, consapevoli di quanto i loro lavori potessero ricordare pratiche lontane da quelle occidentali, consigliavano di evitare ogni sorta di goffa imitazione dell’Oriente. Ogni cultura possiede dei propri strumenti di conoscenza consolidatisi nella sua storia, che ne costituiscono la tradizione, e che quindi non vanno rinnegati. Perciò è consigliabile, al tal fine, ritrovare nelle propria cultura di appartenenza idee, concetti e strumenti che facciano da ponte con quel pensiero straniero che si vuole conoscere.
E’ questo che si è cercato di fare in questa sede: proporre i contributi di Lowen e di Jung da usare come lenti attraverso le quali leggere la cultura cinese, per avvicinarsi ad una diversa visione dell’uomo.
Indubbiamente, per esempio, è più facile comprendere il concetto di unità mente-corpo leggendo Lowen, praticando i suoi esercizi bioenergetici, piuttosto che cimentandosi sconsideratamente in discipline distanti come lo yoga, delle quali troppo spesso si ignorano le origini; o ancora saranno sicuramente più accessibili i simboli con cui Jung descrive la psiche, rispetto alle complesse allegorie delle religioni orientali.
Quindi, solo accettando le differenze, si potrà avere un sincero e costruttivo incontro tra culture diverse,  acquisendo così quanti più strumenti possibili per compiere quel percorso di conoscenza di sé che è, in fondo, lo scopo ultimo della psicologia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

 

Bottalo F., Brotzu R., (1999), Fondamenti di Medicina Tradizionale Cinese, Xenia, Milano, 2006.
Jung C.G., (1934-1955), Gli archetipi e l’inconscio collettivo, in Opere Vol. 9*, Bollati Boringhieri, Torino, 1997.
Jung C.G., (1944), Psicologia e alchimia, in Opere Vol. 12, Bollati Boringhieri, Torino, 1995.
Jung C.G., (1935-1955), La saggezza orientale, Bollati Boringhieri, Torino, 1983.
Jung C.G., Wilhelm R., (1938), Il segreto del fiore d’oro. Un libro di vita cinese. Bollati Boringhieri, Torino, 2001.
Kaptchuk T.J., (1983), Medicina cinese. Fondamenti e metodo, Red, Novara, 2002.
Lao Tzu, Tao te ching, Mondadori, Milano, 1998.
Lundberg P., (1992), Il nuovo libro dello shiatsu, Red, Milano, 2004.
Lowen A., (1975), Bioenergetica, Feltrinelli, Milano, 2005.
Lowen A., (1985), Il linguaggio del corpo, Feltrinelli, Milano, 2005.
Lowen A., Lowen L., (1977), Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica. Manuale di esercizi pratici, Astrolabio, Roma, 1979.
Reich W., (1949), Analisi del carattere, Sugarco Edizioni, Varese, 1973.
Wilhelm R. ( a cura di ), I Ching, Adelphi, Milano, 2003.
Zannella G. (2002). Shiatsu Psicosomatico. Tra corpo ed emozioni. Tecniche Nuove. Milano.


T. J. Kaptchuk (1983). Medicina Cinese. Fondamenti e metodo. Red, Novara. 2002. pp. 29.

E’ bene tenere presente che, nonostante i termini siano a volte simili a quelli occidentali, spesso rimandano a concetti diversi e più ampi di quelli a cui siamo abituati; per esempio se si parla del fegato non si intende solo l’organo fisico ma anche tutta una serie di funzioni ad esso correlate.

(cfr) G. Zannella (2002). Shiatsu  psicosomatico. Tra corpo ed emozioni. Tecniche Nuove, Milano. 2002. pp 12-14.

(cfr) P. Lundberg (1992). Il nuovo libro dello shiatsu. Red, Milano. 2004. pp 78

(cfr) G. Zannella (2002). Shiatsu  psicosomatico. Tra corpo ed emozioni. Tecniche Nuove, Milano. 2002. pp. 24-28.

E’ necessario precisare che con questo organo in realtà ci si riferisce alle funzioni della milza e del pancreas; alcuni autori lo indicano con il nome Milza/Pancreas, ma qui si è preferito usare l’altra notazione per comodità espositiva.

A. Lowen (1975). Bioenergetica. Feltrinelli. Milano. 2005. pp. 37

(cfr) A. Lowen (1975). Bioenergetica. Feltrinelli, Milano. 2005. A. Lowen (1985). Il linguaggio del corpo.Feltrinelli, Milano. 2005.

A. Lowen (1977). Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica. Manuale di esercizi pratici. Astrolabio, Roma. 1979. pp 23-24.

Ibidem. pp31.

(cfr) C. G. Jung (1944). Psicologia e alchimia, in Opere, vol. 12. Bollati Boringhieri, Torino. 1995. pp 225 e seguenti.

Ibidem. p. 240

(cfr) Ibidem. pp. 241-243.

(cfr) Ibidem. pp. 307-309.

(cfr) C. G. Jung (1939, 1933-1950). Gli archetipi e l’inconscio collettivo, in Opere, vol. 9*. Bollati Boringhieri, Torino. 1997. pp. 265-343.

Il concetto di Tao è già stato sinteticamente trattato nel cap. 1 al quale si rimanda.

Il primo, nel panorama psicanalitico, a rompere con la tradizione mostrando interesse per il corpo fu sicuramente Reich, i cui studi però finirono col perdere credibilità inficiati dagli innegabili conflitti psichici dell’autore stesso. Fu Lowen invece, tra gli allievi, quello che seppe meglio coltivare l’eredità reichiana ampliandola con nuovi costrutti fino a farne un metodo terapeutico certamente più attendibile e valido.

A. Lowen (1975). Bioenergetica. Feltrinelli, Milano. 2005.  p.  71

(cfr) A. Lowen (1985). Il linguaggio del corpo. Feltrinelli, Milano. 2005.

Il qigong è una ginnastica psicofisica, sviluppatasi all’interno della tradizione medica cinese, che utilizza contemporaneamente esercizi fisici e di visualizzazione.

C. G. Jung,  R. Wilhelm (1938). Il segreto del fiore d’oro. Un libro di vita cinese. Bollati Boringhieri, Torino. 2001. p. 89.

C. G. Jung (1935-1955). La saggezza orientale. Bollati Boringhieri, Torino. 1983.

(cfr) C. G. Jung,  R. Wilhelm (1938). Il segreto del fiore d’oro. Un libro di vita cinese. Bollati Boringhieri, Torino. 2001.

(cfr) Ibidem.

Ibidem. p. 70.

Fonte: http://www.gospel.bo.it/albums/userpics/10436/IL_CORPO_SIMBOLICO.doc

Sito web da visitare: http://www.gospel.bo.it/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.

 

Medicina cinese

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

Medicina cinese

 

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco

www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve

 

Argomenti

Termini d' uso, cookies e privacy

Contatti

Cerca nel sito

 

 

Medicina cinese