Storia della gonna

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Storia della gonna

LA GONNA NELLA STORIA

L’antichità

La gonna, considerata il capo femminile per eccellenza, ha configurato in passato la tipologia d’abbigliamento principale per ambedue i  sessi.
A partire dalle antiche civiltà mesopotamiche, il corpo era avvolto in parti   di tessuto più o meno ampio che fasciavano dal bacino in   giù.
Le più importanti testimonianze sulla foggia e sulla confezione di questo indumento risalgono al periodo sumero e in particolare alle varie tipologie di kaunakès, gonna a balze sovrapposte realizzata direttamente con il vello degli ovini.
In epoca egizia erano gli uomini ad indossare gonnellini più o meno corti; nell’Antico Regno dall’ombelico in giù si coprivano con una breve gonna di tela di lino bianca, detta pano o pagne. Questo rettangolo di stoffa di lino   si evolverà in un indumento, riservato al faraone ed ai suoi dignitari, lo skentis, dalla foggia più ricercata e confezionato con sottile tela di lino apprettata e finemente pieghettata, per mezzo di stampi di  legno.
La tipologia di abbigliamento femminile delle donne cretesi presentava una lunga gonna a campana formata da strati sostenuti da cerchi di giunco o legno e un corsetto aderente e scollato    che
lasciava scoperto il seno. Gonna e corpetto, trattenuti da un’ampia cintola che strizzava la vita, erano completati dal tipico grembiale. Questo tipo di  abbiglia
mento ha fatto supporre agli studiosi una notevole   conoscenza
di   alcune   tecni
che di taglio e confezione del vestiario antico.
Greci e Romani vestivano bisex; il peplo era un rettangolo di stoffa drappeggiato intorno ai fianchi, insieme all’himation, mantello che avvolgeva tutto il corpo.


 

Gonnella – sottana – gonna

La gonna, capo base del guardaroba della storia più remota, fu sostituita dalla tunica, l’ampio vestito di lunghezza e larghezza variabili che vediamo indossare, fino all’Alto Medioevo, da uomini e donne. La sovrapposizione di tuniche identifica l’abbigliamento di donne, imperatori e clero, mentre uose e calzoni, importate dalle popolazioni barbare, distinguono l’abbigliamento maschile, adatto alla vita militare.
Per  tutto  il  Medioevo  il  nome  di  gonnella  si  riferisce ad un                                                                                                
indumento intero sia maschile che femminile. Verso il 1400 la gonnella o sottana si vede più frequentemente ricordata col nome di gamurra, camurra o camora a Firenze e con quello di zupa o cotta nel nord del paese. Alla fine del Rinascimento la veste femminile si divide orizzontalmente in due pezzi: corsetto e sottana; il rapporto tra le due parti rimarrà stretto e metterà in evidenza i due piani del  corpo.

Verdugado e sottostrutture

A partire dal Rinascimento si ebbero mutamenti rapidi che  dette
ro luogo ad una radicale trasformazione, contrapposta tra i due sessi, nella quale fra l’altro si accentuarono le caratteristiche nazionali degli abiti. I grandi ritratti propongono figure femminili nobili e aristocratiche vestite in abiti preziosi dai volumi esagerati che alterano la linea naturale del corpo come espressione di supremazia. L’esagerazione del volume delle gonne obbliga ad un portamento rallentato e innaturale proporzionalmente alla rigidezza delle sottostrutture.    I
volumi si dispongono intorno al corpo a cono, a cupola, a campa
na, a tamburo impedendo i movimenti naturali  del corpo.                                       
Diversa è l’iconografia del costume popolare che ripropone esempi di gonne semplici e sciolte che ripetono lo stesso stilema: arricciatura in vita e lunghezza a metà polpaccio o poco più, grembiule e catenella, alla quale legare chiavi o altri accessori, abbinata ad una semplice camicia e corsetto. In Spagna, paese economicamente egemone, alla corte di Carlo I, si vedrà una veste tagliata in vita, di linea a cam-  pana, sostenuta da cerchi rigidi e imbottiti. I verdugosera
no cuciti sulla parte esterna della gonna  e foderati    con una                                                                                                        
stoffa generalmente di colore differente in contrasto con il
fondo. Questa moda si diffonderà presto nelle altre regioni europee; il verdugale diverrà una sottogonna rigida dalle forme diverse a seconda della moda: a cono in Spagna, a ruota in Francia,  a tamburo in   Inghilterra.
Questa struttura conferisce staticità e rigidezza alla figura a complemento della parte superiore, ormai anch’essa stretta dal corsetto e dalla gorgiera.  

Il panier

Alla metà del Seicento la gonna inizia ad ammorbidirsi, pur rimanendo ingombrante a causa di più strati di tessuti: quello superiore veniva alzato su entrambi i fianchi, fermato con nastri e fiocchi in vari modi e recava uno strascico tanto più lungo quanto più alto era il rango di chi lo portava. La moda della corte del Re Sole è frusciante, ricca, infiocchettata, magniloquente.
Negli ultimi anni del Seicento gli abiti di ambedue i ses-  si accennano a linee più aggraziate e moderne. Nel 1672, il Dizionario dell’Accademia francese registra la parola Jupe definendola: “parte dell’abbigliamento femminile che va dalla vita ai piedi”: è la nascita ufficiale della gonna. Nel secolo della ragione, il Settecento, l’abito si alleggerisce e moltiplica le sue variabili in funzione del momento d’uso. La corte di Maria Antonietta fu influenzata nuovamente  dalla  moda  spagnola,  con  l’avvento  del
caraco, un giacchino con larga falda o baschina    che, in                                                                                                             
termini più attuali, andava indossato su gonna ampia e morbida sostenuta dal panier.
Pietro Longhi raffigura il pittoresco costume veneziano in scene di vita domestica con abiti composti da due pezzi: giacchino o caraco e gonna staccata; essa era ampia e si sosteneva mediante strutture a cerchio in vimini, i paniers, dalla forma allargata sui fianchi, poi sostituiti da sacchetti morbidi imbottiti e cinti in vita. Altri modelli di gonna a strati sovrapposti e degradanti, trattenute l’una sull’altra in fantasiose fogge, pervengono e circolano nei vari paesi, favorendo la diffusione di modelli che prediligono il contrasto fra le due gonne: “alla polacca”, “all’inglese”, “alla circassa”.


 

Il sellino

Il clima della rivoluzione francese portò ad una semplificazione del costume. Nell’abbigliamento femminile compare la redingote, una giacca aderente che presenta una diretta somiglianza con quella maschile. La linea si fa sciolta e semplice, il rigonfiamento della gonna si sposta sul dietro per mezzo del sellino, un cuscinetto morbido imbottito fissato sulle reni; il corsetto-redingote, abbottonato sul davanti, presenta una coda sul dietro, più o meno evidente e si presenta molto simile al frac maschile. La redingote presenta particolari e accessori fino a quel momento usati solo dagli uomini: colli a revers ampi o doppi, cappello a cilindro, tricorno, bicorno, bastone, guanti.

Gonne ingabbiate

Dal 1820 la gonna assume una forma a campana, con motivi decorativi imbottiti all’orlo; la silhouette assume una linea a clessidra o a triangoli contrapposti: testa, corpetto e gonna.
La gonna progressivamente si allarga con l’aiuto di sottovesti inamidate e crinoline; nel 1860, con l’ingresso   di Worth nella moda francese, raggiunge il suo massimo volume a forma di cupola e nelle dimensioni più esagerate a mongolfiera.
La crinolina è una sottogonna in tessuto rigido e resistente, allargata da cerchi d’acciaio, indossata con    più sottane di percalle e di mussola inamidata e con mutandoni di pizzo. Una versione della crinolina, la gabbia magica, presentava un’armatura a molle articolate  che facilitava il passaggio delle porte e la salita in carrozza. Alla fine dell’Ottocento, passata la voga delle crinoline, il volume delle gonne si sposta sul dietro facendo ricorso alla tournure, imbottitura posticcia a mezzaluna allacciata con un nastrino in vita legato sul davanti. La varietà delle nuove strutture e la loro commercializzazione nei primi grandi magazzini, propongono vari modelli di gonne dalle linee morbide, scivolate e dolcemente allargate sul fondo.



 

Il tailleur: gonna e giacca

 

Negli ultimi anni dell’Ottocento, il liberalismo trionfa nella moda, nella politica e nella società, la donna inizia la lotta per l’emancipazione. La figura femminile di profilo assume la forma sinuosa ad “S” o “a colpo di frusta” dai volumi più contenuti: le gonne presentano una linea inclinata in avanti, a calice e a tulipano, con il dietro sostenuto dal sellino, il nuovo indispensabile sostegno derivato dalla evoluzione della tournure.
La varietà delle gonne, all’inizio del secolo, è ricca di modelli sartoriali che propongono pieghe, godet, balze, passamanerie; sono lunghe con un leggero strascico, a volte appena accennato.
La moda del tailleur, il due pezzi in tinta costituito dalla giacca, dal taglio sempre più mascolino e dalla gonna svasata, accorciata e priva di fronzoli, permette l’attività femminile in diversi ambiti della società:  il
lavoro, il tempo libero e la politica.                                                                                                                                                  
Vediamo coesistere, parallelamente al completo gonna e giacca, l’accoppiata gonna-camicetta vista in funzione sportiva, da indossare ai pic-nic, in bicicletta, al mare, una gonna pratica e svelta adatta alla vita attiva, in città e sul lavoro, di maestrine e istitutrici.


 

Gonne e modernità

Intorno agli anni Dieci, le idee ispirate alle culture orientali e la moda elitaria di Poiret diffondono una linea più sciolta, liberata nella fisicità del corpo da qualsiasi sottostruttura; tra le proposte primeggiano la jupecoulotte, antesignana della gonna pantalone e le linee, strozzate al ginocchio e alla caviglia per mezzo di motivi a entrave, che impacchettavano   le gambe con nastri e  fiocchi.
A partire dagli anni Venti un nuovo cambiamento epocale libera la moda femminile da ogni residuo tradizionale. L’immagine femminile, in sintonia con i cambiamenti e le trasformazioni del primo dopoguerra, vede il drastico accorciamento della gonna, l’annullamento di seno e fianchi a favore di una linea piatta e androgina. Coco Chanel per la donna moderna, dai capelli corti “à la garçonne”, propone un abbigliamento rinnovato nelle linee e nei tessuti ispirati alla filosofia dell’abbigliamento da uomo: la comodità e la semplicità del nuovo stile conservano comunque una profonda femminilità. La proposta innovativa è un coordinato in jersey, composto da gonna a pieghe e cardigan, spesso in set con il pullover adatto  al tennis e alla vita   sportiva.
Negli anni Trenta il taglio “a sbieco”, attribuito a Madeleine Vionnet, caratterizza le innovazioni sartoriali: i volumi sciolti e cadenti delle gonne connotate da pieghe e drappeggi, nei nuovi tessuti tagliati in diagonale, donano un movimento ondulatorio che accompagna il corpo.

Nell’Europa interessata da conflitti mondiali la moda, costretta e relegata ad un ruolo di secondo piano, si presta a nuove strategie per ovviare alla carenza di materiali. La quantità di tessuto è esigua, si modificano i vecchi abiti attraverso strategie quali piccole arricciature e baschine per ottenere motivi decorativi. La gonna si accorcia, diventa comoda, anche nel modello “a pantalone”, per affrontare un vita più disagiata ma dinamica, accompagnata a modelli di pastrano da guerra e giacche  militari.


 

La linea attuale della gonna

 


Il secondo dopoguerra inizierà in maniera lenta un nuovo percorso della storia della moda.
La voglia di superare i dolori e le difficoltà subite darà impulso a nuove idee, che saranno fatte circolare e sostenute dall’economia e dall’impegno profuso da alcuni grandi stilisti e  imprenditori.
Il nuovo impulso, sollecitato dalla moda francese, arriva con Dior, un giovane stilista che nel 1947 lancia un nuovo stile: il “new look” ispirato alla moda del 1915, ridisegna la silhouette, il busto della donna appare florido, la vita sottile, la gonna si allarga a corolla”.  La gonna di Dior torna  ad essere ampia e voluminosa, realizzata con sovrapposizioni e abbondante quantità di tessuto utilizzato per tagli a ruota a un quarto, a mezza, intera e doppia ruota. Le lunghezze tornano al polpaccio, nelle versioni più eleganti la gonna degli abiti tocca    terra.
Dior ha rinnovato ad ogni stagione la lunghezza e le linee delle gonne: le sue proposte creavano costantemente un’atmosfera d’attesa nell’evento delle sfilate che proponevano lunghezze e orli diversi e forme sempre nuove. Dalla gonna a corolla, alla linea sagomata sui fianchi, al plissè, al godet, alle pieghe    larghe stirate o fluttuanti in profondi cannoni, la linea  femminile era strizzata in vita da corte giacchine aderenti che valorizzavano l’ampiezza della gonna.
Il ritorno sulla scena della moda francese dell’anziana Coco Chanel ripropone l’immagine della
sua donna, moderna e attiva, in polemica con quella proposta da Dior: “…la moda è diventata assurda, i couturiers hanno dimenticato che ci sono delle donne dentro i vestiti. La maggior parte delle donne si veste per gli uomini e desidera essere ammirata. Ma
devono anche potersi muovere, salire su un’automobi-
le senza strappare le cuciture!..”
Il  “tailleur  Chanel”
del  1954, giacchina
e gonna  in  tinta,  fu  concepito  come  una   formula   perfetta   per   vestire il
corpo  femminile,  realizzato come
un vero  oggetto  di design  e studiato  per   la
nuova modernità. Rigorosamente di linea diritta, lunghezza al ginocchio, la gonna del tailleur Chanel è divenuta il prototipo di riferimento della modellistica classica ed il must della maison omonima.

Tra contestazione e tradizione


Nel panorama dei forti cambiamenti socioculturali che hanno caratterizzato gli anni Sessanta, la moda giovanile di massa diventa un fenomeno comunicativo per i giovani che disertano l’alta moda e la contestano: da questo momento gli stilisti prenderanno spunto per le loro collezioni dalle mode di “strada” in uno scambio conflittuale ma continuo.
Londra divenne il centro della cultura giovanile: intorno alla metà degli anni Sessanta la rivoluzionaria minigonna di Mary Quant tagliata appena al di sotto dell’inguine, indossata con gli stivali e le calze colorate, diviene il simbolo dell’emancipazione femminile.
In questi anni la gonna si incammina verso la linearità spaziale: attraverso la fredda perfezione della geometria, colori trattenuti da riga e squadra, accessori di metallo e toni argento. Le gonne dell’epoca lunare sono brevi e rigide e rabbrividiscono all’idea del fiocco e del drappeggio. Alla purezza di queste linee fa da contrappunto la moda degli hippies, i figli dei fiori, con le loro gonne ampie, lunghe, arricciate e sfrangiate che rielaborano moduli provenienti dalle culture più lontane: indiane, africane, messicane, pellirosse. In altre versioni rivisitano i tempi passa-  ti, le tradizioni folk, i colori forti, l’imperfezione degli stampati  a mano,  i patchwork.  Le gonne  si   presentano come un capo di abbigliamento che sedimenta tutte le nuove sensazioni populiste.



Negli anni Settanta si attenuano le differenze con il mondo maschile e nasce l’unisex, con proposte di abbigliamento simile per uomo e donna: le donne preferiscono i pantaloni, onnipresenti i jeans, mentre le gonne rivestono un ruolo di secondo piano e rimangono per una fascia di mercato elegante e adatta ad un pubblico femminile tradizionale.

Negli ultimi trenta anni è continuata l’altalena di lunghezze e di modelli, fino al nuovo millennio, quando convivono felicemente minigonne e gonne alla caviglia, aderentissime e in modelli trendy e/o tradizionali, revival e vintage.
Pur avendo acquisito quella duttilità che consente uno scambio di idee tra chi crea e chi vive la moda, la gonna evidenzia ogni volta nuovi dettagli e invenzioni accattivanti che la legano inequivocabilmente al momento culturale.


 

 

 

Fonte: http://www.clitt.it/contents/disegno-files/Prodotto_Moda/Percorso_Storia_del_Costume/1_La_gonna_nella_storia.pdf

Sito web da visitare: http://www.clitt.it/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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