Il lavoro significato per i bambini

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Il lavoro significato per i bambini

MARIA MONTESSORI - IL SIGNIFICATO DEL LAVORO PER IL BAMBINO

Il lavoro, tra eccessi e pregiudizi

Cos’è il lavoro? E’ per definizione, attività utile. Ma utile a cosa? A sé stessi, agli altri, alla società. Esistono diversi tipi di lavoro e, soprattutto, diverse concezioni di lavoro.
Nella società odierna, in cui si moltiplicano le accezioni negative al termine “lavoro” (troppo lavoro, manca il lavoro, stress da lavoro etc) tale concetto ha perso ogni connotazione nobile. Per l’immaginario comune il lavoro è qualcosa da fare stringendo i denti e aspettando di arrivare a fine giornata. Il lavoro aliena l’uomo. Il lavoro è l’uomo.
E il bambino? Il bambino “gioca”. E basta. Chi si sognerebbe di definire lavoro l’attività del bambino?
Eppure, chi conosce bene il bambino e l’attività del bambino sa bene che  nulla di tale attività va sprecato e nulla è in definitiva, piu produttivo del lavoro del bambino.
Maria Montessori era arrivata a queste conclusioni proprio mentre in varie parti del mondo il termine lavoro assumeva già i connotati marxiani di alienazione. Connotati che da una parte riflettevano effettivamente le condizioni sociali di milioni di lavoratori proletari, ma dall’altra permeava il termine di una negatività tale da oscurare ogni possibile altro punto di vista sul concetto stesso di lavoro.
Pochi allora, a parte alcuni pedagogisti illuminati, si sognavano di accomunare il termine lavoro a quello di bambino.
Lei lo fece semplicemente perché aveva compreso l’importanza del lavoro nella vera essenza del termine. 
Lavoro, non piu gioco. Ma perché?
Probabilmente perche il termine gioco come spesso lo intendevamo o lo intendiamo toglie dignità al senso dell’attività stessa del bambino. Probabilmente per far capire ai molti che il lavoro del bambino era teso a fare l’uomo.
Oggi come allora lavoriamo per soldi, per pagare una casa, per racimolare un capitale o un discreto gruzzolo bancario.
Ma l’alienazione resta, perche il prodotto finale dei nostri sforzi è poco piu di un mucchietto di carta che chiamiamo denaro. Con il quale arricchiamo la “facciata” esterna dell’uomo, ma non l’uomo. 
Alla luce di tutto ciò, cosa significa dunque “fare” l’uomo? Cosa intendeva M. Montessori con questo termine?
Il lavoro è la concretizzazione nell’ambiente di una profonda esigenza biologica ad agire e a costruire sé stessi, a conquistare da sé le proprie abilità mediante lo sforzo attivo e motivato e attraverso l’intuizione.
Il bambino lavora, non gioca, nulla di ciò che fa è casuale, nulla di ciò che compie va perduto. Il bambino crea attraverso il lavoro la propria mente, la propria identità. Il bambino è uno scienziato che studia sé stesso attraverso l’ambiente, che costruisce le proprie risposte a partire da ipotesi, da tentativi, dalla ripetizione prolungata dei propri esperimenti.

2.2. Il lavoro e l’ ”’errore di Cartesio”

In un libro molto interessante intitolato “l’errore di Cartesio, Damasio ci ricorda quanto pericolosa sia la divisione netta tra mente e corpo. Si tende a promuovere, nella società odierna, una scissione tra questi due elementi, la mente pensante e il corpo agente. I pericoli di una siffatta concezione si palesano in molti campi, quello del lavoro, quello dell’istruzione e quello del ragionamento comune.
Spesso il lavoro diventa vera e propria alienazione nel momento in cui la ripetizione meccanica di pochi gesti diviene l’essenza della propria attività. Ciò crea stress, frustrazione e sensazione di fallimento.
In maniera uguale e contraria, il lavoro cosiddetto intellettuale proposto nelle scuole ma anche negli ambienti lavorativi diventa un mero “volo mentale” verso concettualizzazione astratte e spesso astruse, che dobbiamo far nostre a tutti i costi nonostante la nostra stessa mente tenda spesso ad un rigetto.
Tali polarizzazioni impoveriscono l’uomo. Ai due opposti abbiamo il lavoratore “meccanizzato”, “parzializzato” e impoverito mentalmente da una vita monotona e ripetitiva e dall’altra abbiamo l’intellettuale eterno pensatore immerso in voli di fantasia al limite della schizotipia.
E il nostro bambino? Quale destino lo attende?
Le premesse non sono buone. Un bambino alienato di molte delle proprie capacità a causa di un genitore che si sostituisce completamente a lui, un bambino rinchiuso in ambienti angusti e costretto a “giocare” con materiali ipertecnologici ma ben poco utili, se non ai fini di un puro intrattenimento, un bambino che poi viene spedito a scuola ad apprendere concetti astratti e alienato rispetto alla propria spinta ad agire a ad apprendere facendo sarà impossibilitato a creare una proficua unione tra mente e corpo.
Allo stesso modo un bambino giudicato poco intelligente o capace o con poca “attitudine” alla scuola, indotto a rinunciare ad essa diverrà quel lavoratore “manuale” alienato di cui abbiamo parlato poco fa.
La nostra società e il nostro modo di pensare spingono dunque i nostri bambini ai due estremi di quella polarizzazione negativa precedentemente descritta. Con la conseguenza di impoverire loro la vita.

2.3. Le deviazioni

M. Montessori ci parla di uomo spezzato, inteso come colui che è stato costretto dall’educazione a scindere mente e corpo in due ambiti operativi ben distinti. E’ un uomo dalla psiche “vaga e dispersa” e dal movimento “sconclusionato”.
Nel “segreto dell’infanzia” la Montessori individua bene le deviazioni derivate da tale educazione sbagliata. Esse:

  • Coprono e mascherano la natura originaria del bambino
  • Sono causate da un ambiente poco stimolante o da un intervento sbagliato dell’adulto
  • Diventano, in quanto opposizione a un intervento errato dell’adulto, capricci e sono interpretate e punite come tali
  • Diventano fughe o barriere:

 

--fuga, quando il bambino dimostra di “vivere nella fantasia”, disperde inutilmente nell’ambiente una energia irrefrenabile, si stanca subito delle cose, non porta mai a termine un compito, non si applica a scuola, viene frainteso come un bambino molto creativo che però non riesce a entrare nel senso delle cose

--barriera, quando l’energia creatrice ricade su sé stessa e si viene a creare un muro che a sua volta da luogo a una sorta di repressione e di coartazione che va poi palesandosi in diverse sintomatologie, dalla timidezza al vero e proprio blocco di tutte le attività creative e sociali

Queste sintomatologie, frutto di una cattiva educazione possono facilmente essere verificate nella constatazione del bambino cosiddetto capriccioso, iroso, impetuoso, irrefrenabile, colui che soffre, clinicamente parlando di “deficit di attenzione-iperattività”, opure dal lato identico e opposto assieme del bambino timido, schivo, riservato, inaccessibile, che si nasconde e ha paura di tutto.

Ma andiamo per ordine, elencando alcune delle principali manifestazioni caratteriali deviate del bambino. Non con la pretesa di far luce su tutti i complessi meccanismi psicologici che stanno alla base dello sviluppo di tali caratteri, ma con la certezza che parte di tali deviazioni nascano da un errato approccio dell’adulto verso di lui.

a) Il “possesso”; sentimento spesso riscontrabile nei bambini che si oppongono strenuamente al desiderio di altri di utilizzare le sue cose.
E’ un sentimento naturale? L’esperienza ci dice di no. Il bambino posto in condizioni ideali è felice di condividere i propri oggetti con altri cosi da creare un rapporto collaborativo e sociale.
Il bambino che “non concede nulla” all’altro risente con tutta probabilità degli effetti di una cattiva educazione; la privazione della libertà di esprimersi liberamente puo causare una deviazione di energia dall’atto verso l’oggetto.
In piu il bambino “incompleto”, che non ha potuto espletare le proprie attività funzionali allo sviluppo in maniera armonica e serena puo ricercare l’oggetto come surrogato di sé per riempire un vuoto che egli sente e che deriva da una concezione materialistica assai diffusa per la quale si assiste a una oggettificazione di tutto, persino degli stati interiori.
Il capriccio e il desiderio di possesso a tutti i costi sono dunque non la causa di un cattivo comportamento del bambino ma la conseguenza di un cattivo impegno del genitore verso di lui.

b) il potere; la tendenza a dominare, a imporre socialmente la propria forza può derivare, tra l’altro, sia dall’identificazione con la figura genitoriale, vista come autorità onnipotente e schiacciante che si puo solamente imitare visto e considerato che lo scontro con essa puo condurre esclusivamente alla sconfitta del bambino.
Altra possibile causa del desiderio di imporsi nell’ambiente a tutti i costi puo essere la difficoltà di dominare serenamente i propri sentimenti interiori, per cui si verifica una proiezione di tali stati interiori nella realtà che ci circonda.

c) la bugia; piuttosto normale nel bambino piccolo, innocente meccanismo messo in atto spesso in modo inconsapevole, se persiste ci rivela spesso una autostima bassa e la difficoltà di affrontare a viso aperto la realtà, oppure una tendenza a raggirare l’altro direttamente derivata da una costatazione amara, quella dell’insincerità genitoriale nei loro e negli altrui confronti.

d) l’insicurezza; un bambino a cui non è stata data la possibilità di sviluppare serenamente le proprie potenzialità nell’ambiente, un bambino alienato nel proprio sviluppo da una eccessiva premura e iperpresenza genitoriale sarà un bambino che pagherà a caro prezzo tali facilitazioni, positive solo in apparenza; quando egli si troverà nella necessità di affrontare da solo gli ostacoli pagherà l’inesperienza e rimedierà con la delega o con la rinuncia.

e) l’aggressività; Maria Montessori con un esempio illuminante ci parla di un artigiano perfettamente sereno nel proprio ambiente di lavoro e nervoso quando torna a casa dalla moglie, tutto ciò perche nel primo caso è perfettamente in grado di padroneggiare la situazione ed è molto capace, mente nell’ambiente domestico è estraneo alla maggior parte dei lavori; questo gli casa frustrazione, visto che per ogni cosa deve rivolgersi alla moglie e si sente “fuori posto”.
Quando ci percepiamo poco capaci di fronte ad un compito, oppure non in grado di gestire un lavoro, ma anche uno stato interiore o un rapporto sociale, reagiamo con la frustrazione.
E’ stato sperimentalmente dimostrato da alcuni autori (Dollard; Miller; Bugelsky) che vi è un diretto rapporto tra frustrazione e aggressività; tutto ciò ci fa seriamente pensare che quanto enunciato da Maria Montessori sotto forma di esempio possa tradursi in concreto secondo le stesse modalità nelle diverse situazioni. Per cui l’aggressività che molti bambini mostrano sarebbe un sottoprodotto di una insicurezza e mancata autopercezione di efficacia che per formazione reattiva si trasformerebbero in sentimento aggressivo-distruttivo.

Per sintetizzare, potremmo dunque dedurre con una certa dose di sicurezza che la deviazione è frutto di un ostacolo interposto tra il recepire uno stimolo e il “fare” di conseguenza. Quando questo fare non è libero e non puo realizzarsi secondo la spinta interna che lo sottende è facile che si realizzi una deviazione verso questo o quel sintomo.
E’ il lavoro libero e finalizzato che, ancora una volta conduce alla cosiddetta normalizzazione, la quale costituisce l’intervento piu adeguato che noi possiamo fare nei confronti di un bambino deviato. Attraverso il recupero di una diretta connessione tra pensiero e azione il bambino che non trova piu ostacoli è libero di esprimersi e di superare i “blocchi”, di ritrovare un ordine mentale, una capacità di concentrazione e un senso di autostima fondamentale per ogni futuro corretto sviluppo.

M. Montessori sostiene che la normalizzazione sia piu facile nel caso di una fuga, rispetto a una barriera, in quanto nel primo caso occorrerebbe solo redirezionare una spinta di energia proiettata in modo sbagliato sull’oggetto sbagliato, mentre un blocco risulta piu difficile da rimuovere.

 

Fonte: http://www.liceostellamaris.org/index.php?action=index&p=349

Sito web da visitare: http://www.liceostellamaris.org/

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