Iperattività in età dello sviluppo

Iperattività in età dello sviluppo

 

 

 

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Iperattività in età dello sviluppo

 

Di F.Perrotta

 segnali  dell’aggressività

Il bambino  durante il suo sviluppo puo’ evidenziare atteggiamenti aggressivi , che in genere non sono presi molto in considerazione dai genitori e dagli educatori che credono nella loro non competenza in materia che saranno superati con l’eta’.dati scientifici invece ci dimostrano e sottolineano  che nell’ambiente in cui vive il bambino privo  di  sufficienti supporti educativi, a  svilupparsi  saranno solo  le capacità offensive del bambino che sfociano piu’ delle volte nell’aggressivita’. E’ fondamentale che L’atteggiamento aggressivo che sfocia in violenza deve essere preso seriamente in esame a qualsiasi eta’ dai piu’ piccoli agli adulti compresi.
Il termine scientifico del  comportamento violento nei bambini  e’ dovuto da  molteplici  estensioni di comportamenti : manifestazioni di rabbia, assalto attacco improvviso e violento  fisico,  far male agli altri,usare  violenza verso gli animali, essere piromane  distruzione  delle cose proprie e  vandalismo
la letteratura scientifica  stabilisce che l’aumento del  rischio comportamentale che sfocia in violenza nei bambini  la causa e’ dovuta ad una serie complessa  di fattori che includono la vita personale  del bambino nei comportamenti aggressivi ; realta’ pregresse  di abusi  , violenza fisica nell’ambito familiare come anche l’abuso psicologico;genitori alcoolisti o tossicodipendenti; famiglie formate da un solo genitore; ereditarietà familiare;  quoziente intellettivo modesto ed altre.cause o concause
Le persone vicine a questi bambini (famiglia e scuola)devono porre molta attenzione a questi segnali di allarme  nei  comportamenti “strani” , perché questi  spesso sono il preludio di comportamenti che sfociano in maniera violenta: collera ; perdita  del  proprio controllo con azioni impulsive; o al contrario frustrazione.
Di fronte ad un  bambino aggressivo sia gli educatori che i familiari e gli specialisti devono lavorare in team e con grande sintonia
Studi scientifici  hanno stabilito che molti dei comportamenti violenti possono essere  inibiti se i fattori di rischio a loro volta, vengono  eliminati. Del tutto.L’esperienza degli addetti ai lavori indica che è necessario cambiare  lo stile di vita dei genitori in presenza dei propri figli e ridurre o annullare del tutto  le condotte violente provocate in famiglia con  la presenza del bambino,inoltre se  il bambino viene meno esposto alle  informazioni  di violenza sociale attraverso i mass media e , TV e video games con giochi violenti questo si rivelera’ come un tocca sana per il proprio benessere psicologico
Altra sintomatologia che  preoccupa  genitori e insegnanti dove l’aggressività e la  violenza sfociano come  disturbo multifattoriale e’ l’ iperattivita’.
Questo disturbo si manifesta nell’eta’ evolutiva e’ si riferisce a  4 bambini su 100, e in aumento.
La malattia ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder)  prevalentemente ereditaria, causata da  disordine dei neurotrasmettitori cerebrali preposti al controllo dell’attenzione che piu’ delle volte si associa all’ iperattività secondaria, causata al disordine cerebrale dando luogo all’impossibilita’ di “ filtrare” gli stimoli sensoriali che lo tempestano continuamente.
Le conseguenze della iperattivita’ va ad incidere sul grado di attenzione e quindi sulla concentrazione che si presenta alquanto nulla, e tutto va a scapito del rendimento e sul profitto scolastico
. Nell’ambito motorio non riescono a star fermi e seduti, si evidenzia una marcata ipercinesia , con disturbi  di ansia e cambiamenti dell’umore.
Il DSM-IV (manuale diagnostico statistico dei disturbi della sfera mentale) nel parlare il bambino iperattivo specifica che i sintomi  manifestati devono aver termine alla soglia dei sette anni ,nelle percentuali dei quadri clinici incide spesso il maschio.per tali motivi e’ indispensabile individuare presto la patologia e intervenire da parte di medici e psicologi  tempestivamente sul disturbo per evitare comportamenti antisociali e turbe  psicologiche in futuro e quindi la migliore medicina per questi bambini che mostrano tali disagi di comportamento vanno aiutati con molto affetto, generosità e disponibilita’ all’ascolto ma sempre con grande bagaglio di esperienza professionale e competenza
Sin dalla scuola materna, è importante individuare il bambino con ipercinesia che mostra  più delle volte essere piu’ infantile rispetto alla classe ,  è insofferente e smanioso appare con comportamenti   provocatori e sembra non ascoltare quando gli si parla.
Nella  scuola primaria invece il suo comportamento di  non accettazione delle regole cresce proprio dal fatto che le regole e di richieste sono maggiori con il rischio da parte degli insegnanti vengono “marchiati come disturbatori della classe”, con l’esigenza di un supporto educativo dato dall’ insegnante di sostegno. Questo metodo extra-familiare influisce  sulla stima che il bambino ha di sé in maniera negativa  e con la conseguenza di sentirsi insicuro, esagerera’ la  sua iperattività, con atteggiamenti di sfida verso l’insegnante e suoi coetanei   e  verso i rimproveri.
le capacità cognitive, del bambino iperattivo e l’intelligenza sono del tutto nella norma o anche superiori: gli apprendimenti e le relazioni sociali si rivelano del tutto infruttuose proprio a causa del  comportamento verso gli altri e  non le sue potenzialità di base.
L’elenco piu’ comune dei fattori di rischio sono senz’altro:

  • La familiarità  da deficit di attenzione con l’iperattività;
  • anamnesi familiare : abuso di alcool;
  • la madre con forme depressive;
  • nucleo familiare ;
  • conflitti relazionali  dei genitori e la incapacità  di saper  organizzare le regole di comportamento.


Il quadro dell’iperattività                                                                                                                      le  caratteristiche fondamentali

Gli esperti affermano che bambini  ipercinetici hanno scarse capacità nel poter avere attenzione.Ma io sostengo che non tutti i bambini sono uguali e anche se presentano lo stesso sintomo ognuno di loro ha approcci e modalità  di attenzione e concentrazione  peculiari: hanno difficoltà a fissare la propria attenzione su qualcosa, ad esempio un compito, per tempi lunghi, perché tendono a distrarsi con grande facilità, a stancarsi presto davanti ad attività ritenute noiose e monotone, ma al tempo stesso possono essere straordinariamente attenti e capaci di fronte a compiti che richiedono tempi brevi, reazioni veloci, verso i quali sviluppano una forte motivazione, perché provano una forte eccitazione. Spesso i genitori di bambini iperattivi con deficit attentivo raccontano le “prodezze” dei propri figli con i famosi giochi di simulazione al computer, dove è richiesta un’attenzione elevata ma rapidamente mobile.

b) iperattività ed ipereccitabilità
I bambini ipercinetici sembrano “consumare” gli stimoli a velocità multipla, fanno tutto di corsa, ogni esperienza è vissuta velocemente, fanno tante cose simultaneamente, sempre pronti come sono a cogliere un input come attivatore del loro essere in toto: mente e corpo. L’idea viene subito messa in pratica, non c’è mediazione e capacità di inibizione. Le loro emozioni sono molto vivide, spesso esagerate, con reazioni immediate e inopportune, sia quelle negative o distruttive, sia quelle positive: tutto è amplificato e direttamente agito.

c) impulsività
Per un bambino iperattivo sembra impossibile pensare prima di agire. Come si è detto, ogni impulso viene tradotto in una serie di comportamenti non sempre felici, anzi spesso fonte di costernazione per chi se ne deve far carico. Non è che questi bambini non apprendano le “buone maniere”, in teoria le conoscono, ma in pratica sono un brulicare incessante di idee, impulsi, sensazioni, intuizioni. E senza la mediazione di un “controllore” (Io cosciente che determina i comportamenti rispetto agli obiettivi) il cervello del bambino iperattivo traduce subito le idee in movimenti, scatti, tamburellamenti, scuotimenti, manipolazioni, esplorazioni, contorsioni, smorfie, salti, fughe in mezzo alla strada, ecc.

d) intolleranza alla frustrazione, necessità di gratificazione immediata
Il bambino iperattivo incontra enormi difficoltà a perseguire un unico obiettivo per tempi lunghi, rimandando l’eventuale gratificazione al conseguimento dello stesso. E’ più facile che riesca a completare piccole porzioni dello stesso compito senza rimandare il premio, concreto o figurato che sia, alla fine del progetto, perché egli preferisce incassare subito il premio. Questo fattore, apparentemente secondario, riveste invece una grande importanza sul tipo di comportamento che l’iperattivo tende a ripetere. Infatti, vessato da richieste troppo lontane dalla sua indole, perseguitato da richiami e note, prediche, minacce e suppliche, ultimatum, ecc., il bambino ipercinetico imparerà presto a trovare strategie per sfuggire a tutto questo, piuttosto che a trovare modi per raggiungere serenamente e costruttivamente un obiettivo.

Ecco allora che scuola e famiglia dovrebbero stringere una salda alleanza, costruendo un proficuo rapporto atto ad evitare le numerose frustrazioni cui il bambino andrà inevitabilmente incontro se si inizierà a tempestarlo di rimproveri e  punizioni, o avendo su di lui aspettative inadeguate, sottoponendolo a vere e proprie “sfide” in cui, fatalmente, risulterà perdente (con ulteriori frustrazioni che rinforzano il circolo vizioso).

Da quanto detto , vi sono invece dei risultati molto incoraggianti condotti da una ricerca  presso l'Università della Florida. Dove ne esce fuori al contrario che   bambini iperattivi hanno maggiore possibilita’ a concentrarsi  se riescono a  muoversi

Vietare  l’attività motoria ai bambini affetti da patologia ADHD con disturbo dell’attenzione ed dell’iperattività  potrebbe rivelarsi fortemente dannosa sia quando si e’ in  casa che a scuola. Questa tesi e’ il risultato di uno studio svolto dall’Università in Florida.La ricerca condotta  ha dimostrato che  bambini affetti dal disturbo comportamentale di ADHD  hanno esigenze  di muoversi molto e in modo continuo per poter impegnarsi in esercizi che sollecitano la loro capacità mnemonica , come la soluzione di problemi o risposte in matematica . La ricerca ha utilizzato un campione di 23 soggetti (dagli 8 e ai 12 anni), di cui 12 bambini con problemi  ADHD, e sono stati applicati ad essi  degli strumenti   “actigrafi” alle caviglie e al polso della mano non predominante . La funzione di  questi strumenti scientifici e’stata quella di registrare la frequenza e l’intensità dei movimenti eseguiti, i ricercatori hanno quindi  rilevato che tutti i bambini, anche quelli con patologia ADHD, erano in grado di   far durare  nel tempo  l’attenzione senza muoversi con eccesso nell’attività come vedere un film o un immagine al pc. Invece  quando veniva  chiesto di ricordare e manipolare lettere o numeri e forme geometriche  dal pc, i bambini con ADHD presentavano in modo evidente iperattivita’ rispetto ai loro coetanei, agitando  mani e piedi e girando su se stessi.
Il risultato della ricerca ha fatto emergere che i bambini con patologia ADHD si “servono” dell’attività motoria (iperattivita’) per avere e mantenere  nel tempo la concentrazione nel fare gli esercizi più complicati. Questa importante ricerca da sicuramente ai genitori ed educatori  la chiave di accesso  per favorire il miglioramento dell’apprendimento , dando  loro istruzioni scritte e facilitate oppure nell’ impiegare  cartelloni con un elenco dei vari passaggi che consentira’ di svolgere gli esercizi senza dover caricare eccessivamente la memoria del bambino

Secondo una ricercatrice statunitense un eccessivo "bombardamento" di informazioni e di contenuti di apprendimento sarebbe controproducente per i bambini più piccoli. Meglio lasciare che i piccoli giochino.

 

Attività ricreative libere e non strutturate sarebbero da preferire ai metodi tradizionali di apprendimento e ad un’alfabetizzazione troppo precoce, che possono ostacolare anziché favorire lo sviluppo del bambino in età prescolare. E’ l’autorevole opinione di una docente dell’Università dell’Illinois, Anne Haas Dyson, che sull’argomento sta pubblicando un libro intitolato “Children, Language, and Literacy: Diverse Children in Diverse Times” (letteralmente: “Bambini, linguaggio e alfabetizzazione: bambini diversi in tempi diversi”). La studiosa ritiene che l’insistenza con la quale spesso genitori ed educatori, seppure in buona fede, “bombardano” di nozioni i bambini sin dalla più tenera età sia in definitiva controproducente. Sono soprattutto il gioco e l’immaginazione, infatti, a giocare un ruolo fondamentale nella crescita intellettuale dei più piccoli: è proprio attraverso l’attività ludica che il bambino scopre nuovi concetti e vive nuove esperienze, riflettendo su di essi e sulle loro conseguenze e acquisendo così il senso della realtà. Per favorire l’apprendimento genitori ed educatori dovrebbero quindi assecondare e condividere la curiosità del bambino verso persone, oggetti, luoghi e attività, aiutandolo a capire come partecipare al mondo che li circonda

 

 

1 bimbo su 3 in sovrappeso: determinanti mangiar male e pigrizia, ma anche genitori e scuola

 

 

 

In Campania addirittura un piccolo studente su due. Meglio invece in Valle d'Aosta, e Friuli-Venezia Giulia. A dirlo è una vasta indagine, condotta dal Ministero del lavoro, salute e politiche sociali e coordinata dall'Istituto superiore di sanità, a cui hanno partecipati 46 mila bambini della terza elementare. Dalle interviste è emerso che buona parte delle responsabilità andrebbero ‘addossate’ alle famiglie. Ma anche la scuola fa la sua parte.

 

Le abitudini alimentari squilibrate, le troppe ore passate davanti la tv e l’ormai proverbiale ‘indolenza’ che caratterizza i nostri ragazzi continuano ad incidere pericolosamente sulla salute dei giovani italiani: secondo un’autorevole indagine - condotta negli ultimi mesi nelle scuole italiane dal Ministero del lavoro, salute e politiche sociali e coordinata dall'Istituto superiore di sanità, in collaborazione con il Miur e con l'Istituto nazionale di ricerca e nutrizione – oltre il 35 per cento dei bambini frequentanti la terza elementare (quindi tra otto e nove anni) risultano in sovrappeso. E i motivi andrebbero però ricondotti anche dalle cattive abitudini o la mancanza di sensibilizzazione adottata nell’ambiente casalingo, ma anche in quello scolastico.
Il dato anche se non è del tutto nuovo, non deve assolutamente indurre all’indifferenza visto che l’obesità rappresenta spesso un fattore predisponente per l’insorgere di malattie importanti in età adulta come l’ipertensione o la sofferenza cardiocircolatoria. Lo stesso ministero della Salute, attraverso il sottosegretario Francesca Martini, ha fatto sapere che questi risultati incoraggiano “iniziative con i pediatri di famiglia e nelle scuole per diffondere la cultura di una corretta alimentazione tra i più giovani”.
All’accurata ricerca, chiamata 'Okkio alla salute', e presentata il 7 ottobre a Roma, hanno partecipato 18 regioni italiane (praticamente tutte tranne Lombardia e Trentino-Alto Adige): le rilevazioni sono state condotte da 1.028 operatori del Servizio sanitario nazionale, che hanno misurato peso ed altezza di quasi 46 mila bambini della terza classe primaria (la ex terza elementare) di 2.610 scuole. Circa 46.500 i genitori intervistati, 1.500 gli insegnanti coinvolti.
Ebbene, l'indagine ha evidenziato come il 35,9% dei bambini analizzati sia sovrappeso o obeso (rispettivamente 23,6% e 12,3%), con grandi differenze da regione a regione e tra sud e nord Italia: la maglia nera va alla Campania, dove praticamente un piccolo studente su due (il 49%, quasi 200.000 bambini) presenta disturbi fisici legati alla sbagliata alimentazione. Seguono Molise, Calabria e Sicilia (42%), la Basilicata e la Puglia (39%). D'altra parte, agli ultimi posti e quindi con una corretta proporzione peso-altezza, si classificano la Valle d'Aosta (23%), il Friuli-Venezia Giulia (25%), la Sardegna (26%) ed il Piemonte (27%).
Dalle interviste è emerso poi che buona parte delle responsabilità andrebbero ‘addossate’ ai genitori: l'11% dei bambini non farebbe, infatti, colazione la mattina, il 28% la fa in maniera non adeguata, l'82% fa una merenda di metà mattina troppo abbondante (con snacks ipercalorici e pieni di conservanti), il 23% non consuma quotidianamente frutta e verdura. Se si aggiungono la scarsa attività fisica (solo 1 bambino su 10 svolge sport in modo adeguato per la propria età), comportamenti sedentari (1 ragazzino su 4 guarda la tv per 4 ore o più al giorno e 1 su 2 ha la televisione in camera), la sottovalutazione del problema da parte dei genitori e le responsabilità delle scuole (solo il 12% prevede la distribuzione di alimenti sani) il fenomeno acquisisce facilmente le dimensioni denunciate dalla ricerca

 

I figli di padri con oltre 45 anni hanno più problemi di concentrazione

 

Secondo uno studio australiano, dell’Università di Brisbane, i figli di padri con più di 45 anni avrebbero maggiori difficoltà di concentrazione e minori capacità mnemoniche. Con pessime prospettive, quindi, nello studio e, più in generale, nella vita. Fenomeno, invece, non riscontrato con i figli delle madri più anziane: i quali tendono, anzi, a cavarsela meglio nei test d'intelligenza rispetto ai compagni nati da madri giovani. 

La natura, si sa, ha i suoi tempi. Superati i quali può giocare brutti scherzi. Oppure, più semplicemente, produrre dei risultati inferiori alle aspettative. Secondo uno studio australiano dell’Università di Brisbane, pubblicato online sulla Public Library of Science, i figli di padri con più di 45 anni avrebbero maggiori difficoltà di concentrazione e minori capacità mnemoniche. Con pessime prospettive, quindi, nello studio e, più in generale, nella vita.
Fenomeno, invece, non riscontrato con i figli delle madri più anziane: i quali tendono, anzi, a cavarsela meglio nei test d'intelligenza rispetto ai compagni nati da madri giovani (probabilmente, suggeriscono i ricercatori, perché sono cresciuti con più attenzioni).
Fino ad oggi, molti studi sono stati effettuati sul rischio delle gravidanze in età materna avanzata, e quasi nessuno sui rischi delle paternità ritardate; gli uomini producono cellule spermatiche nuove tutta la vita, caratteristica che si pensava proteggesse la qualità del seme.
Per quanto riguarda la ricerca australiana i bambini erano stati valutati per coordinazione fra mano e occhio, discriminazione sensoriale e conoscenza astratta; i più grandi anche per capacità di lettura, scrittura e nozioni aritmetiche. Secondo McGrath, a capo del team della che ha condotto la ricerca, le capacità neurocognitive dei piccoli decrescevano in maniera sensibile con l'aumentare dell'età del padre. "Il trend di questi dati è relativamente coerente per fasce d'età e funzioni neurocognitive" ha detto McGrath. "Alla luce dell'aumento delle paternità ritardate, le implicazioni cliniche richiedono un esame più accurato".
L'età più avanzata del padre potrebbe essere collegata a una serie di problemi congeniti neurologici ma anche all'insorgere di malattie come schizofrenia, dislessia, disordine bipolare, autismo. E allora perché, viene da chiedersi, noti personaggi dello spettacolo, come Michael Douglas, Mick Jagger, Rupert Murdoch, o, per rimanere più dalle nostre parti, l’inossidabile Mike Bongiorno, hanno procreato in età tutt'altro che giovanile con ottimi risultati? Tutte eccezioni?

 

 

 



A scuola

Gli insegnanti devono essere consapevoli che il loro diverso atteggiamento con il bambino disattento/iperattivo ha un forte impatto sulla modificazione del suo comportamento. Non si deve, infatti, dimenticare che la gravità e la persistenza dei sintomi del disturbo risentono notevolmente delle variabili ambientali, di come il bambino si sente accettato e aiutato di fronte alle difficoltà. Uno dei predittori di un miglior esito del disturbo in età adolescenziale sta proprio nel positivo rapporto che gli insegnanti sono riusciti ad instaurare con l’alunno durante gli anni della scuola dell’obbligo (riquadro B).

Ecco, allora, che le “regole” della classe devono essere poche, semplici e comprensibili. L’insegnante, in primo luogo, deve porsi come autorevole e competente punto di riferimento ed affiancarsi al bambino (senza perdere la pazienza), dandogli brevi e semplici consegne, precisando sia verbalmente che per iscritto i passaggi più importanti per aiutarlo ad eseguire appropriatamente un compito.
L’esperienza indica che è necessario fare pause frequenti durante lo svolgimento della lezione, rendendo il lavoro stimolante, in primo luogo coinvolgendo i bambini il più possibile in “percorsi” in cui tutti si sentano partecipi, e solo secondariamente, e gradualmente, facendo rispettare i tempi di realizzazione del compito dato. E’ assolutamente controproducente sottolineare, men che mai sarcasticamente, le difficoltà del soggetto iperattivo, per non dar luogo ad “etichettamenti” anche da parte dei compagni, cosa che esacerberebbe la condizione di esplosività del bambino disturbato.

Considerando poi che questi bambini perdono spesso le loro cose, sarà utile definire i tempi e i modi per raggiungere un routinario riordino dei propri materiali. A tal fine è importante l’uso di rinforzi positivi, da variare con intelligenza e sensibilità perché non perdano di efficacia: uno di questi potrebbe essere favorire nel bambino iperattivo le attività nelle quali riesce meglio, evitando – come detto – possibili competizioni frustranti con i compagni.
Infine, quando necessario, gli insegnanti, oltre che collaborare con i genitori, dovrebbero confrontarsi con gli esperti per integrare e armonizzare gli interventi attuati sul bambino.

In famiglia

In primo luogo è necessario che i genitori evitino di colpevolizzare il figlio (o se stessi) per i comportamenti che non vanno bene e valutino, invece, quali sono le occasioni e i momenti in cui è opportuno gratificare il bambino.
Sono inoltre da evitare comportamenti aggressivi o ironici verso il bambino, anche se si sente spesso invocare “un sano scapaccione” alla ricerca di un po’ di quiete per questi genitori sicuramente messi alla prova.
Le richieste rivolte al bambino devono essere esplicitate in modo chiaro, preciso e coerente. Se l’adulto riuscirà a controllarsi, allenandosi a gestire i conflitti in modo positivo, potrà costituire quella facilitazione di cui il figlio ha bisogno, ossia con l’esempio fornirà al bambino delle strategie adeguate per la risoluzione dei vari problemi.

D’altronde, com’è noto, educare richiede molto tempo: imparare a comunicare correttamente non è facile e prevede molto impegno. Infatti, spesso, gli stessi genitori di bambini “difficili” trovano necessario seguire un intervento psico-educativo o terapeutico personale, per imparare a conoscere le difficoltà del figlio, per rapportarsi ad esse in chiave evolutiva e per valorizzare i comportamenti positivi del figlio.

In sintesi, per agire efficacemente sul bambino ipercinetico è necessario:

  • capire e diagnosticare tempestivamente il disturbo e la sua tipologia;
  • creare una circolarità di informazioni/interventi tra scuola, famiglia ed esperti;
  • programmare obiettivi educativi comuni, coerenti sia a scuola che a casa, in modo da facilitare l’autoregolazione del soggetto;
  • formulare piani di intervento procedendo a piccoli passi, per arrivare alla soluzione gradualmente, prendendo e dando coscienza (e non cercando di attuare strategie di condizionamento);
  • proporre più strategie possibili e variarle nel tempo per non renderle inefficaci (dalla conoscenza alla creatività);
  • gli adulti coinvolti devono mettersi in discussione per valutare le proprie strategie di intervento, onde modificare eventuali atteggiamenti che non sono d’aiuto al bambino;
  • curare il rapporto del bambino coi coetanei, creando situazioni di gioco per educare all’autocontrollo (senza competizioni);
  • fornire esempi positivi, costruttivi, corretti e coerenti;
  • usare poche “regole”: semplici, congruenti, chiare;
  • fornire soprattutto rinforzi positivi (le punizioni stressano e producono effetti controproducenti);
  • intervenire direttamente solo su comportamenti inadeguati gravi;
  • prevenire i comportamenti inadeguati ed agire tempestivamente;
  • riflettere sui cambiamenti ottenuti, anche se sembrano piccoli, e non scoraggiarsi.


Principi di psicologia dell’educazione per aiutare il bambino iperattivo

  • Il bambino va accettato e compreso per quello che è. Non inviargli affermazioni di tipo globale e negativo, non percepirlo come totalmente sbagliato e non interpretare ogni suo comportamento problematico come un affronto personale. Ciò, oltre ad essere improduttivo sul piano pedagogico, comporta un notevole stress anche per l’adulto;
  • educare il bambino in positivo. E’ importante che gli educatori evidenzino anche le più piccole cose positive che egli compie, i minimi progressi. Ognuna di queste azioni deve diventare occasione per gratificarlo, per dimostrargli che siamo contenti del suo impegno;
  • i comportamenti problematici non pericolosi dovrebbero essere ignorati. Non si devono sottolineare continuamente i comportamenti di impulsività e di irrequietezza (a meno che non siano pericolosi per sé o per gli altri): al contrario, spesso i comportamenti inadeguati perdurano proprio perché vi si presta troppa attenzione;
  • stabilire dei principi di comportamento (“regole”) e attenervisi (scuola-famiglia). Davanti ai bambini non possono esserci segni di disaccordo o di discussione, perché tale incoerenza diventerebbe “terreno di coltura” per le irrequietezze dei bambini;
  • il modo di parlare al bambino deve essere calmo. Nel dirgli che cosa fare occorre essere precisi ed usare termini ed espressioni in positivo. Divieti e negazioni rischiano di produrre nel bambino innanzitutto uno stato emotivo di ostilità o di sfida ed, inoltre, non forniscono alcuna informazione su che cosa il bambino dovrebbe fare o su come dovrebbe comportarsi:
  • non sgridare il bambino davanti agli altri, come anche non raccontare le sue “prodezze” ad altre persone in sua presenza. Se proprio va rimproverato, meglio prendere il bambino isolatamente e spiegargli le cose con calma e con tono deciso;
  • a scuola, come a casa, può essere di grande aiuto avere un ambiente di lavoro tranquillo e con una routine prevedibile e rassicurante;
  • offrire un modello di comportamento pacato e riflessivo. Il bambino deve avere la possibilità di capire come affrontare determinate situazioni e come risolverle. In tal senso è molto utile verbalizzare tutti quei ragionamenti che noi facciamo internamente per offrire proprio un modello comportamentale. L’adulto, parlando ad alta voce, fornisce un esempio di riflessività ed una strategia razionale di problem-solving;
  • favorire una giusta quantità di attività fisica: adatti sono i giochi di squadra (che insegnano a mettere a freno l’impulsività per favorire la collaborazione per un risultato collettivo) e gli sport che educano all’autocontrollo.


Riquadro A


Secondo l’Associazione Psichiatrica Americana, è possibile definire iperattivo un bambino quando sono chiaramente evidenti almeno otto dei seguenti problemi di comportamento:

  • irrequietezza motoria delle mani, delle gambe e di tutto il corpo;
  •  difficoltà a rimanere seduto quando è necessario;
  • facile distraibilità;
  • difficoltà a rispettare il proprio turno in situazioni di gioco o di gruppo;
  • frequente emissione di risposte ancor prima che le domande siano state completate;
  • difficoltà nell’eseguire istruzioni che gli vengono fornite, non per atteggiamento oppositivo né per difficoltà di comprensione;
  • difficoltà nel mantenere l’attenzione in situazioni di lavoro o di gioco;
  • frequente cambio di attività, lasciando spesso il lavoro incompleto;
  • difficoltà a giocare tranquillamente;
  • spesso il bambino parla troppo;
  • spesso interrompe gli altri nei loro discorsi e nelle loro attività;
  • spesso non sembra ascoltare quello che gli viene detto;
  • spesso perde le cose necessarie per svolgere le proprie attività a casa o a scuola;
  • spesso si dedica ad attività fisicamente pericolose, non valutando le possibili conseguenze di certi comportamenti e giochi.


A causa del deficit di attenzione, il bambino iperattivo può mostrare ritardi nell’apprendimento delle abilità di letto-scrittura (dislessia e disgrafia). Inoltre, le difficoltà nel seguire le più semplici regole della “buona educazione” pongono spesso questo tipo di bambino al centro di sgridate e di minacce di punizioni.


Riquadro B

L’Associazione Italiana per i Disturbi dell’Attenzione e Iperattività ha individuato una serie di accorgimenti rivolti in modo specifico agli insegnanti, in un’ottica di comprensione delle difficoltà dell’alunno.

Prima di iniziare a lavorare…

  1. quando vengono spiegate le lezioni o vengono date delle istruzioni per eseguire dei compiti è importante che l’insegnante si accerti del livello di attenzione del bambino: spesso i bambini iperattivi sono fisicamente e mentalmente occupati a fare qualcos’altro. In generale il contatto oculare è la tecnica più efficace per controllare l’attenzione del bambino.
  2. Le consegne devono contenere delle istruzioni semplici e brevi. E’ fondamentale assicurarsi che il ragazzo abbia compreso le istruzioni di un compito; per essere sicuri di ciò si possono far ripetere le consegne con le parole del bambino.
  3. Una volta dato un testo di un problema di aritmetica o un testo che contenga delle istruzioni è opportuno aiutare il bambino disattento/iperattivo ad individuare (sottolineandole con diversi colori) le parti importanti del testo.


Anche l’organizzazione della classe può aiutare…

  1. E’ opportuno controllare le fonti di distrazione all’interno della classe: non è indicato far sedere il ragazzo vicino alla finestra, al cestino, ad altri compagni rumorosi o ad oggetti  molto interessanti. Non è, ugualmente, produttivo collocare l’allievo in una zona completamente priva di stimolazioni, in quanto egli diventa più iperattivo perché va alla ricerca di situazioni nuove e interessanti.
  2. Disporre i banchi in modo che l’insegnante possa passare frequentemente in mezzo ad essi, per controllare che i più distratti abbiano capito il compito, stiano seguendo la lezione e stiano eseguendo il lavoro assegnato.


Alcuni suggerimenti per la gestione delle lezioni…

  1. Accorciare i tempi di lavoro. Fare brevi e frequenti pause soprattutto durante i compiti ripetitivi e noiosi.
  2. Rendere le lezioni stimolanti e ricche di novità: i bambini iperattivi con disturbi dell’attenzione hanno prestazioni peggiori quando i compiti sono noiosi e ripetitivi (usare figure, schemi, variare spesso il tono della voce, ecc).
  3. Interagire frequentemente, verbalmente e fisicamente, con gli allievi.
  4. Fare in modo che essi debbano rispondere spesso durante la lezione.
  5. Utilizzare il nome degli allievi distratti per richiamarne l’attenzione.
  6. Costruire situazioni di gioco per favorire la comprensione delle spiegazioni.
  7. Utilizzare il gioco dei ruoli per spiegare concetti storici e sociali in cui siano coinvolti vari personaggi.
  8. Abituare il bambino impulsivo a controllare il proprio lavoro svolto.


Anche l’ordine può aiutare…

  1. E’ importante stabilire delle attività programmate e routinarie, in modo che il bambino impari a prevedere quali comportamenti deve produrre in determinati momenti della giornata.
  2. E’ importante definire con chiarezza i tempi necessari per svolgere le attività giornaliere, rispettando i tempi del bambino (questo lo facilita anche ad orientarsi meglio nel tempo).
  3. Aiutare l’allievo iperattivo a gestire meglio il proprio materiale, insegnandogli l’organizzazione e lasciandogli cinque minuti al giorno per ordine le sue cose.
  4. L’insegnante deve proporsi come modello per mantenere in ordine il proprio materiale e mostrare alcune strategie per fare fronte alle situazioni di disorganizzazione.
  5. Utilizzare il diario per una efficace comunicazione giornaliera con la famiglia (non per scrivere note negative sul comportamento del bambino, mortificandolo).


E per gestire il comportamento cosa si può fare…

  1. Innanzitutto è opportuno definire e mantenere regole chiare e semplici all’interno della classe (è importante ottenere un consenso unanime su tali regole).
  2. Rivedere e correggere le regole della classe, quando se ne ravvede la necessità.
  3. Spesso è necessario spiegare chiaramente agli alunni disattenti/iperattivi quali sono i comportamenti adeguati e quali quelli inappropriati.
  4. E’ molto importante far capire agli allievi impulsivi quali sono le conseguenze dei loro comportamenti positivi e quali quelle derivanti da azioni negative.
  5. E’ più utile rinforzare i comportamenti positivi (stabiliti in precedenza), piuttosto che punire quelli negativi.
  6. Sottolineare i comportamenti adeguati del bambino attraverso ampie ed evidenti gratificazioni.
  7. Avere la possibilità, creativamente, di cambiare i rinforzi quando tendono a perdere d’efficacia.
  8. Si raccomanda di non punire il bambino togliendo l’intervallo, perché il bambino iperattivo necessita di scaricare la tensione e di socializzare con i compagni.
  9. Le punizioni severe, note scritte o sospensioni, non modificano il comportamento del bambino, se non in peggio.
  10. E’ importante stabilire giornalmente o settimanalmente semplici obiettivi da raggiungere.
  11. E’ utile informare spesso il bambino su come sta lavorando e come si sta comportando (feedback), soprattutto rispetto agli obiettivi da raggiungere.


Due cose da evitare…

  1. Non creare situazioni di competizione durante lo svolgimento dei compiti con altri compagni.
  2. Non focalizzarsi sul tempo di esecuzione dei compiti, ma sulla qualità del lavoro svolto (anche se questo può risultare inferiore a quello dei compagni).


E due da non dimenticare…

  1. Occorre utilizzare i punti forti ed eludere il più possibile i lati deboli del bambino: ad esempio, se dimostra difficoltà fine-motorie, ma ha buone abilità linguistiche, può essere utile favorire l’espressione orale, quando è possibile sostituirla a quella scritta.
  2. Bisogna enfatizzare i lati positivi del comportamento quali la creatività, l’affettuosità, l’estroversione.

 

 

 

Bambini iperattivi: è sbagliato inibirne il movimento

 

E' il risultato di una ricerca condotta presso l'Università della Florida. I bambini iperattivi riescono a concentrarsi meglio se hanno la possibilità di muoversi.

Inibire l’attività motoria dei bambini affetti da disturbo da deficit d'attenzione ed iperattività (ADHD) potrebbe essere controproducente, a casa come a scuola. Secondo un recente studio condotto presso l’Università della Florida, infatti, i bambini che presentano questo disturbo comportamentale hanno bisogno di muoversi molto per poter affrontare esercizi che mettono alla prova le loro capacità di memorizzazione, quali risolvere quesiti matematici e seguire istruzioni a più step. Lo studio ha coinvolto un campione di 23 ragazzini tra gli 8 e i 12 anni, di cui 12 affetti da ADHD, ai quali sono stati applicati dei dispositivi denominati “actigrafi” ad entrambe le caviglie e al polso della mano non dominante. Grazie a questi strumenti, che registrano la frequenza e l’intensità dei movimenti, i ricercatori hanno rilevato che tutti i soggetti, compresi quelli affetti da ADHD, erano in grado di mantenere l’attenzione senza muoversi eccessivamente durante attività quali la visione di un film o disegno al computer. Al contrario, quando veniva loro richiesto di ricordare e manipolare lettere, numeri e forme geometriche generati dal computer, i bambini con ADHD diventavano significativamente più attivi dei loro coetanei, muovendo mani e piedi e girando su se stessi. I ricercatori hanno potuto così dedurre che i bambini affetti da ADHD utilizzano l’attività motoria per mantenere la concentrazione durante gli esercizi più difficili. Questa scoperta fornisce a genitori e insegnanti la chiave per favorire l’apprendimento di questi bambini, ad esempio fornendo loro istruzioni scritte e semplificate oppure utilizzando cartelloni con una elenco dei vari passaggi che consenta di svolgere gli esercizi senza sovraccaricare la memoria.

Secondo una ricercatrice statunitense un eccessivo "bombardamento" di informazioni e di contenuti di apprendimento sarebbe controproducente per i bambini più piccoli. Meglio lasciare che i piccoli giochino.

 

Attività ricreative libere e non strutturate sarebbero da preferire ai metodi tradizionali di apprendimento e ad un’alfabetizzazione troppo precoce, che possono ostacolare anziché favorire lo sviluppo del bambino in età prescolare. E’ l’autorevole opinione di una docente dell’Università dell’Illinois, Anne Haas Dyson, che sull’argomento sta pubblicando un libro intitolato “Children, Language, and Literacy: Diverse Children in Diverse Times” (letteralmente: “Bambini, linguaggio e alfabetizzazione: bambini diversi in tempi diversi”). La studiosa ritiene che l’insistenza con la quale spesso genitori ed educatori, seppure in buona fede, “bombardano” di nozioni i bambini sin dalla più tenera età sia in definitiva controproducente. Sono soprattutto il gioco e l’immaginazione, infatti, a giocare un ruolo fondamentale nella crescita intellettuale dei più piccoli: è proprio attraverso l’attività ludica che il bambino scopre nuovi concetti e vive nuove esperienze, riflettendo su di essi e sulle loro conseguenze e acquisendo così il senso della realtà. Per favorire l’apprendimento genitori ed educatori dovrebbero quindi assecondare e condividere la curiosità del bambino verso persone, oggetti, luoghi e attività, aiutandolo a capire come partecipare al mondo che li circonda

 

1 bimbo su 3 in sovrappeso: determinanti mangiar male e pigrizia, ma anche genitori e scuola

 

 

 

In Campania addirittura un piccolo studente su due. Meglio invece in Valle d'Aosta, e Friuli-Venezia Giulia. A dirlo è una vasta indagine, condotta dal Ministero del lavoro, salute e politiche sociali e coordinata dall'Istituto superiore di sanità, a cui hanno partecipati 46 mila bambini della terza elementare. Dalle interviste è emerso che buona parte delle responsabilità andrebbero ‘addossate’ alle famiglie. Ma anche la scuola fa la sua parte.

 

Le abitudini alimentari squilibrate, le troppe ore passate davanti la tv e l’ormai proverbiale ‘indolenza’ che caratterizza i nostri ragazzi continuano ad incidere pericolosamente sulla salute dei giovani italiani: secondo un’autorevole indagine - condotta negli ultimi mesi nelle scuole italiane dal Ministero del lavoro, salute e politiche sociali e coordinata dall'Istituto superiore di sanità, in collaborazione con il Miur e con l'Istituto nazionale di ricerca e nutrizione – oltre il 35 per cento dei bambini frequentanti la terza elementare (quindi tra otto e nove anni) risultano in sovrappeso. E i motivi andrebbero però ricondotti anche dalle cattive abitudini o la mancanza di sensibilizzazione adottata nell’ambiente casalingo, ma anche in quello scolastico.
Il dato anche se non è del tutto nuovo, non deve assolutamente indurre all’indifferenza visto che l’obesità rappresenta spesso un fattore predisponente per l’insorgere di malattie importanti in età adulta come l’ipertensione o la sofferenza cardiocircolatoria. Lo stesso ministero della Salute, attraverso il sottosegretario Francesca Martini, ha fatto sapere che questi risultati incoraggiano “iniziative con i pediatri di famiglia e nelle scuole per diffondere la cultura di una corretta alimentazione tra i più giovani”.
All’accurata ricerca, chiamata 'Okkio alla salute', e presentata il 7 ottobre a Roma, hanno partecipato 18 regioni italiane (praticamente tutte tranne Lombardia e Trentino-Alto Adige): le rilevazioni sono state condotte da 1.028 operatori del Servizio sanitario nazionale, che hanno misurato peso ed altezza di quasi 46 mila bambini della terza classe primaria (la ex terza elementare) di 2.610 scuole. Circa 46.500 i genitori intervistati, 1.500 gli insegnanti coinvolti.
Ebbene, l'indagine ha evidenziato come il 35,9% dei bambini analizzati sia sovrappeso o obeso (rispettivamente 23,6% e 12,3%), con grandi differenze da regione a regione e tra sud e nord Italia: la maglia nera va alla Campania, dove praticamente un piccolo studente su due (il 49%, quasi 200.000 bambini) presenta disturbi fisici legati alla sbagliata alimentazione. Seguono Molise, Calabria e Sicilia (42%), la Basilicata e la Puglia (39%). D'altra parte, agli ultimi posti e quindi con una corretta proporzione peso-altezza, si classificano la Valle d'Aosta (23%), il Friuli-Venezia Giulia (25%), la Sardegna (26%) ed il Piemonte (27%).
Dalle interviste è emerso poi che buona parte delle responsabilità andrebbero ‘addossate’ ai genitori: l'11% dei bambini non farebbe, infatti, colazione la mattina, il 28% la fa in maniera non adeguata, l'82% fa una merenda di metà mattina troppo abbondante (con snacks ipercalorici e pieni di conservanti), il 23% non consuma quotidianamente frutta e verdura. Se si aggiungono la scarsa attività fisica (solo 1 bambino su 10 svolge sport in modo adeguato per la propria età), comportamenti sedentari (1 ragazzino su 4 guarda la tv per 4 ore o più al giorno e 1 su 2 ha la televisione in camera), la sottovalutazione del problema da parte dei genitori e le responsabilità delle scuole (solo il 12% prevede la distribuzione di alimenti sani) il fenomeno acquisisce facilmente le dimensioni denunciate dalla ricerca

 

I figli di padri con oltre 45 anni hanno più problemi di concentrazione

 

Secondo uno studio australiano, dell’Università di Brisbane, i figli di padri con più di 45 anni avrebbero maggiori difficoltà di concentrazione e minori capacità mnemoniche. Con pessime prospettive, quindi, nello studio e, più in generale, nella vita. Fenomeno, invece, non riscontrato con i figli delle madri più anziane: i quali tendono, anzi, a cavarsela meglio nei test d'intelligenza rispetto ai compagni nati da madri giovani. 

La natura, si sa, ha i suoi tempi. Superati i quali può giocare brutti scherzi. Oppure, più semplicemente, produrre dei risultati inferiori alle aspettative. Secondo uno studio australiano dell’Università di Brisbane, pubblicato online sulla Public Library of Science, i figli di padri con più di 45 anni avrebbero maggiori difficoltà di concentrazione e minori capacità mnemoniche. Con pessime prospettive, quindi, nello studio e, più in generale, nella vita.
Fenomeno, invece, non riscontrato con i figli delle madri più anziane: i quali tendono, anzi, a cavarsela meglio nei test d'intelligenza rispetto ai compagni nati da madri giovani (probabilmente, suggeriscono i ricercatori, perché sono cresciuti con più attenzioni).
Fino ad oggi, molti studi sono stati effettuati sul rischio delle gravidanze in età materna avanzata, e quasi nessuno sui rischi delle paternità ritardate; gli uomini producono cellule spermatiche nuove tutta la vita, caratteristica che si pensava proteggesse la qualità del seme.
Per quanto riguarda la ricerca australiana i bambini erano stati valutati per coordinazione fra mano e occhio, discriminazione sensoriale e conoscenza astratta; i più grandi anche per capacità di lettura, scrittura e nozioni aritmetiche. Secondo McGrath, a capo del team della che ha condotto la ricerca, le capacità neurocognitive dei piccoli decrescevano in maniera sensibile con l'aumentare dell'età del padre. "Il trend di questi dati è relativamente coerente per fasce d'età e funzioni neurocognitive" ha detto McGrath. "Alla luce dell'aumento delle paternità ritardate, le implicazioni cliniche richiedono un esame più accurato".
L'età più avanzata del padre potrebbe essere collegata a una serie di problemi congeniti neurologici ma anche all'insorgere di malattie come schizofrenia, dislessia, disordine bipolare, autismo. E allora perché, viene da chiedersi, noti personaggi dello spettacolo, come Michael Douglas, Mick Jagger, Rupert Murdoch, o, per rimanere più dalle nostre parti, l’inossidabile Mike Bongiorno, hanno procreato in età tutt'altro che giovanile con ottimi risultati? Tutte eccezioni?

 

 

 

 

Fonte: http://s3.amazonaws.com/publicationslist.org/data/francescoperrotta/ref-45/Iperattivit%c3%a0%20in%20et%c3%a0%20dello%20sviluppo.doc

Sito web da visitare: http://s3.amazonaws.com/

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