Difficoltà di scrittura e le lingue straniere

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Difficoltà di scrittura e le lingue straniere

“Le difficoltà di scrittura e le lingue straniere”
Prof. Giacomo Stella

 

Questo mio secondo intervento si intitola “Le ortografie trasparenti e le loro specificità”.
Nei paesi di lingua anglofona, per motivi che vedremo molto presto, l'insegnamento della lettura e della scrittura è stato oggetto di lunghi studi da parte di psicologi e pedagogisti così come lo studio della dislessia che, in quei paesi, data da tantissimo tempo: quindi tutta la letteratura scientifica sui disturbi specifici di apprendimento riguardava la lingua inglese e, di conseguenza, per molti anni, tutte le persone che si occupavano di clinica e di riabilitazione hanno accettato tutto ciò che gli inglesi dicevano sulla dislessia, sulla lettura, sul modo di acquisire la lettura. Per esempio, pochi sanno che il metodo globale è stato importato in Italia alla fine degli anni ‘60 dagli Stati Uniti proprio perché  lì è indispensabile imparare a leggere anche in modo globale. Quindi abbiamo importato una serie di informazioni acriticamente da un sistema diverso.
Ora affrontiamo il problema in termini generali, definendo così la trascrizione della lingua parlata. Cosa vuol dire trascrivere una lingua parlata? Le lingue parlate, cioè il linguaggio verbale, sono tutte  ugualmente facili o ugualmente difficili. Lo swahili o l'inglese o l'italiano sono ugualmente facili o ugualmente difficili, direi ugualmente facili perché noi abbiamo facilità a imparare la nostra lingua, tranne una piccola percentuale di soggetti che ha un disturbo specifico: il disturbo specifico di linguaggio  che nell'80% dei casi determina successivamente un disturbo specifico di apprendimento.
La differenza fondamentale tra le lingue parlate e le lingue scritte è che le lingue parlate vengono apprese attraverso la comunicazione e non vengono insegnate. Una mamma non insegna a parlare al suo bambino, parla col suo bambino e il bambino, in virtù di quel sistema di riconoscimento delle costanti di cui abbiamo già detto, impara il linguaggio iniziando con la cosiddetta lallazione canonica che è una replicazione della sillaba, passando attraverso la variazione della sillaba, scoprendo infine queste costanti fonetiche dal parlato, per cui si dice  che il linguaggio verbale emerge, non viene insegnato, e la padronanza della lingua precede la sua conoscenza formale.
I bambini sanno parlare perfettamente, sanno ripetere parole complesse come globalismo ma non sanno assolutamente dire di quali fonemi siano composte,  sanno scrivere il loro nome ma non sanno assolutamente di quali lettere sia composto. Quindi, la conoscenza della struttura fonotattica e delle regole grammaticali sono successive, quando ormai la padronanza è acquisita. Al contrario la lingua scritta non viene appresa spontaneamente se non in qualche eccezione. Tenete conto che gli psicolinguisti dicono che la lingua parlata viene appresa correttamente nel 97% dei casi, perché c'è un 3% che ha un disturbo specifico di linguaggio, per la lingua scritta è il contrario, la lingua scritta viene appresa tra il 3 e il 10% della popolazione spontaneamente, se sussistono certe condizioni, come un fratellino che ha imparato a leggere l’anno precedente. Ma nel 90% dei casi la lingua scritta deve essere insegnata e la padronanza delle regole di trascrizione precede sempre la padronanza dell'uso.
La comunicazione non è importante per l'apprendimento della lingua scritta, non è importante ciò che si scrive, se ci riferiamo strettamente all’abilità; è chiaro che è meglio scrivere qualcosa di concreto, per esempio è meglio scrivere mela che meta, è meglio scrivere fiore che fase, ma è più facile scrivere fiore o è più facile scrivere fase? Ciò che è importante è invece la gradualità delle regole di transcodifica. Transcodifica vuol dire trasformazione di un codice in un altro, nei due sensi, cioè dal parlato allo scritto e dallo scritto al parlato. Il problema può nascere se i due codici hanno diverse unità costitutive. Cosa sono le unità costitutive? L'unità costitutiva della lingua parlata è il fonema. Cosa vuol dire unità minima costitutiva capace di portare una tratto distintivo? Vuol dire che se io dico PANE e dico CANE ho cambiato solo un elemento, che è un tratto distintivo perché mi trasforma la parola PANE nella parola CANE, addirittura potrei ridurre l'elemento ancora di più come nel caso di PALLA e BALLA, che sono ancora più vicine fra di loro. Nella maggior parte dei casi, questo è il problema, il fonema non ha autonomia produttiva o recettiva, cioè non coincide con un suono prodotto dalla voce umana.
A me interessa parlare di corrispondenza tra fonemi e lettere, cioè tra le unità costitutive di questi due sistemi, il parlato e lo scritto. La lettera è un simbolo che denota un segmento del parlato, questa è la definizione formale: nei sistemi alfabetici puri una lettera denota un singolo fonema.
Se io dico: ”Quante lettere ci sono nella parola CANE?” siamo tutti d'accordo: 4, quindi tutti sanno cos'è una lettera, in questo caso ci sono anche quattro fonemi; però  se io dico la parola GIACCA sono sei lettere, ma i fonemi sono solo quattro: G, A, C, A. Questo vuol dire che il nostro non è un sistema alfabetico puro. Esistono sistemi alfabetici puri? Si, esistono, i sistemi alfabetici puri sono sistemi in cui il numero dei fonemi è uguale al numero delle lettere; in italiano, invece, non abbiamo un numero di fonemi uguale a quello delle lettere perché abbiamo 28 o 30 fonemi, nemmeno i fonologi sono d'accordo, ma abbiamo solo 21 lettere per rappresentarli. Quindi non abbiamo una corrispondenza esatta, ovvero una consistenza perfetta, perché abbiamo troppe poche lettere rispetto al numero dei fonemi. Per esempio il turco è molto facile da trascrivere perché è appunto una lingua alfabetica pura, ci sono 29 fonemi e 29 lettere. 
Al contrario, l'inglese è una lingua molto oscura, perché ci sono 44 fonemi e 26 lettere, cioè solo 26 lettere per mettere 44 fonemi per iscritto, per cui è chiaro che il rapporto diventa quasi 0,50, uno a due e non uno a uno. Da noi è 0,75. Ora poi oltre al problema delle lettere c'è il problema degli allografi.
Noi abbiamo quattro tipi di allografo: stampato maiuscolo, stampato minuscolo, corsivo  maiuscolo e corsivo minuscolo; quindi la cosa si complica ulteriormente  perché io per rappresentare 28 fonemi ho certamente un numero di lettere ridotto ma ho 84 corrispondenze da imparare: questo è un punto da tenere sempre in considerazione quando si ha a che fare con bambini con disturbi specifici di apprendimento.
Ora, torniamo al nostro problema della transcodifica: se il sistema fosse perfettamente consistente, cioè uno a uno, l'apprendimento del processo  richiederebbe tempi brevissimi  e comporterebbe un'unica fase che si chiama fase alfabetica, l'apprendimento delle corrispondenze suono/segno. Invece qualunque sistema ortografico, tranne quelli come il turco e il finlandese, non ha un processo di apprendimento che si sviluppa in un'unica fase ma ci sono almeno tre frasi, anche in una lingua regolare come l'italiano: una fase cosiddetta alfabetica, in cui il numero dei fonemi corrisponde al numero delle lettere: in questa fase si possono scrivere molte parole per esempio MARE, GOLA, VINO ma anche LAMPADA, VALANGA.
Si passa poi alla fase ortografica, in cui possono essere necessarie più lettere per rappresentare un fonema. Per esempio, nella parola  ghiro, GH, I, R, O  i fonemi sono solo 4 ma le lettere sono 5 perché, siccome noi abbiamo un numero di fonemi troppo elevato, c'è la necessità di rappresentarne qualcuno con due lettere, il fonema G (suono duro), in alcuni casi, viene rappresentato con due lettere ma non in altri perché se devo scrivere GOLA non devo usare due lettere. Le regole ortografiche sono delle regole che sono state costruite in  modo da poter dare a ogni fonema  una sua rappresentazione grafica, cioè un grafema. Quanti grafemi ci sono nella parola GHIRO? La GH che è fatta di due lettere la I, la R e la O.
In italiano i grafemi sono 28 perché abbiamo il grafema SC, il grafema GN, il  grafema GL, il grafema CH nella sua accezione particolare, c'è il grafema C nella sua accezione particolare perché se io devo scrivere CIAO uso il fonema C ma il grafema diventa C più I. Gli insegnanti, quando alle volte facciamo dei corsi di formazione,  scoprono magari dopo 15 anni di esperienza che la I in alcuni casi è come l’H: cioè non esiste foneticamente e fonologicamente.
Si è sempre creduto che l’italiano fosse una lingua regolare, ma in realtà non è così perché la consistenza del codice alfabetico varia a seconda delle condizioni di utilizzo della lingua. Se io mostro le lettere isolatamente, le vocali hanno una consistenza perfetta, tra le consonanti ce ne sono 13 che hanno una consistenza perfetta: B D F L M N P Q R S T V Z e due che invece possono essere lette C,G (dolce) o  C,G (duro) e sono giuste in entrambi i casi, quindi hanno una consistenza media. Se io leggo lettera per lettera, per esempio la parola CIELO, posso leggere CH I E L O, “CHIEDO!” dice il bambino. Quindi leggere lettera per lettera può indurre in errore.
In italiano abbiamo due descrittori della struttura fonologica del linguaggio: la sillaba e il fonema. La sillaba è facilissima da identificare in italiano perché corrisponde con l'unità motoria minima di produzione del linguaggio. In pratica vuol dire che qualunque bambino che impara a parlare correttamente è in grado di segmentare in modo sillabico: tutto ciò che sanno dire, lo sanno poi segmentare in sillabe, perché la sillaba è l'unità motoria minima di produzione del linguaggio.
Quindi il livello sillabico è un livello perfetto per l’insegnamento dell'italiano scritto anche in virtù del fatto che, nella nostra lingua, ci sono 2870 sillabe e una sola di queste è omografa non omofona, cioè si scrive in un modo e si può leggere in due modi: GLI (AGLIO/GLICINE).
La terza è la fase lessicale: noi abbiamo delle parole che hanno lo stesso suono ma si scrivono in modo diverso, per esempio A. IO VADO A CASA o GIOVANNI HA FAME: dal punto di vista fonetico queste due parole sono identiche,  si chiamano omofone non omografe. Qui è necessario un livello lessicale, perché per decidere GIOVANNI VA A CASA oppure GIOVANNI HA FAME devo esaminare il significato, quindi il lessico oppure la grammatica.
Ora veniamo al problema dell'insegnamento dell'inglese come seconda lingua: l'inglese e l’italiano hanno una struttura molto diversa: per esempio, l'inglese ha 4000 parole monosillabiche, l’italiano ne ha meno di cento. RE GRU  DO  MI SOL eccetera, poi ci sono gli articoli, poi c'è qualche ausiliare. Perché mi soffermo su questo? Perché una parola monosillabica può essere anche letta “flash”, cioè globalmente, ma, dal momento che in italiano abbiamo pochissime parole monosillabiche, per noi è molto più utile una strategia di assemblaggio.
Per leggere esistono due modelli: un modello che si chiama indiretto o fonologico in cui si vedono le lettere, si scopre il sistema di conversione grafema- fonema e si legge, per esempio, C A N D E L A = CANDELA.  Esiste poi un altro sistema, che si chiama diretto, per esempio come posso leggere correttamente la parola JEANS? Ci vuole una via cosiddetta diretta, un riconoscimento diretto  della parola. Quando un sistema ortografico è regolare, ad esempio a livello delle sillabe, spontaneamente il bambino tende a scegliere una strategia di tipo assemblativo, come questa LU CER TO LA, quando io leggo lucertola non devo ristrutturare niente, devo solo stringere i tempi: LUCERTOLA.
Il problema è che questa strategia assemblativa non funziona per imparare l'inglese perché l’inglese non è una lingua trasparente, ma noi però sappiamo leggere solo così perché abbiamo imparato l'italiano con questa strategia, che invece funziona molto bene, sarebbe stupido che io insegnassi a un bambino a riconoscere fotograficamente la parola LUCERTOLA quando è molto più facile leggere LU CER TO LA che mi serve anche per leggere LU NA, VO LU ME, che mi serve sempre, che posso riciclare in tutte le parole.
Quindi la strategia fonologica è sempre di tipo assemblativo e in inglese non funziona perché io non posso leggere queste parole in modo assemblativo, tant'è vero che in inglese nessuno si sogna di insegnare che la A si legge A, si insegnano i nomi delle lettere ma non i suoni a cui corrispondono perché la A può avere suoni diversi a seconda delle parole in cui è inserita: quindi, vi rendete conto, è un percorso completamente diverso ed è errato pretendere di insegnare l’inglese per iscritto.
Diverso è se mi si dice ma i bambini dislessici possono imparare l'inglese orale? Certo che possono imparare, abbiamo detto che le lingue sono tutte ugualmente facili o difficili, se parlate, ma non è così per le ortografie: in inglese, ci sono 44 fonemi con 26 lettere, per cui avremo: HEART, EARTH, LEAVE tre fonemi diversi per lo stesso grafema. Inoltre ci sono le parole omografe ma non omofone, in questo caso I LIVE IN BOLOGNA e I WAS IN BOLOGNA TO A LIVE CONCERT si leggono diversamente. Cioè, l'inglese non è difficile come lingua da parlare, è difficile come lingua da imparare a leggere e a scrivere.
È ovvio che noi qui stiamo parlando dei bambini con disturbo specifico di apprendimento e qui torna il problema del saper insegnare, della gradualità dello stimolo e dell’avere una buona teoria in testa per poter insegnare. Io non posso insegnare l'inglese senza conoscere la metodologia dell’insegnamento dell’inglese, devo sapere, per esempio, che ai bambini, per imparare l'inglese, è indispensabile il lessico, un bambino madrelingua inglese non può leggere una parola nuova che fa eccezione se qualcuno non gli dice come si pronuncia, stiamo parlando di un bambino madrelingua inglese che va in una scuola inglese.
Nel programma del NATIONAL EDUCATION LITERACY PROGRAM inglese ci sono un numero di parole che i bambini alla fine di prima elementare devono saper leggere, al termine della prima classe i bambini inglesi sanno leggere solo il 32% della loro lingua, pensate invece che, secondo una ricerca europea del 2001, i bambini italiani sanno leggere il 95% delle parole. Gli inglesi arrivano a leggere il 95% delle parole in seconda media, cioè impiegano sette anni, in quei sette anni loro continuano a parlare in inglese, a casa e a scuola, e continuano a fare ore e ore di inglese. Possono essere comparati a uno studente di seconda media italiano?
No, neanche a uno studente di quinta liceo perché l'inglese ha questo problema, è una lingua facile da parlare come tutte le lingue ma difficile da leggere e da scrivere.
Quindi il problema è che bisogna costruire un lessico, perché se io non ho un lessico è inutile che impari delle parole, a livello logografico, cioè le vedo ma non so cosa vogliono dire: nell'inglese l'ortografia non può essere insegnata senza la lingua perché abbiamo visto che c’è l'accesso lessicale.
A tale proposito, ritengo che gli studi che sono stati fatti per capire perché un bambino dislessico non impara facilmente l'inglese, servano anche per gli altri bambini: lo studio e la ricerca che sono state fatte in medicina e in generale nelle neuroscienze per aiutare i soggetti che hanno una disabilità a superarla, spesso hanno portato dei benefici anche alle persone che non hanno problemi. La conclusione più generale é questa: la dislessia è una disabilità di origine neurobiologica, molto difficile ma non impossibile da modificare se si conosce il problema e si sa cosa è utile fare e non fare.
Per esempio la rieducazione è importante fino a una certa età, dopodichè  saranno importanti i processi di adattamento, cioè dare allo studente le macchine per leggere e per scrivere, non chiedergli stupidaggini con l'inglese, eccetera, questi sono i processi di adattamento.
Quello che noi abbiamo capito è che il futuro dei bambini dislessici e dei bambini che in generale hanno dei disturbi specifici di apprendimento  sta nei meccanismi di adattamento che la scuola riuscirà a trovare per favorire il loro successo formativo. Ricordiamoci che, quando un bambino raggiunge il successo formativo, questo è un successo non solo per lui e per la sua famiglia ma anche per tutta la scuola e su questo mi fermerei.

 

 

 

Fonte: http://www.dd4pinerolo.gov.it/wp-content/uploads/2011/10/Le-difficolt%C3%A0-di-scrittura-e-le-lingue-straniere-G.STELLA.doc

Sito web da visitare: http://www.dd4pinerolo.gov.it

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