Proverbi, adagi, motti e detti milanesi lettera iniziale G

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Gamba de sèler. La traduzione letterale è: “gamba di sedano”. Come tutti ben sappiamo i mazzi di sedano sono belli, slanciati, però con un piccolo difetto, non restano ben diritti, sono flosci, piegandosi su se stessi. Icasticamente, il meneghino vede in queste gambe lunghe, sottili, quelle delle ragazze alte e magre, le cui gambe se fossero un  più pienotte magari sarebbero anche belle, perché talvolta una ragazza che può anche piacere, perde questo suo fascino quando si vedono quegli arti inferiori, che sembrano stuzzicadenti. Con questo, per noi maschi, sarà sempre meglio una ragazza bruttina piuttosto che un bel ragazzo, scusate, ma chi scrive è ancora della vecchia scuola.


Ghe la dôo mi la carne grassa! L’adagio in questione non pare abbia radici antiche, però è molto significativo, infatti, è rivolto a una determinata categoria di persone, quelle che credono di saperne più degli altri, quelli che hanno la cosiddetta “puzza sotto il naso”, quelli che vogliono fare i furbacchioni, insomma a tutti coloro che credono di essere dei “dritti” e invece poi trovano chi li mette in riga con “la carne grassa” perché il grasso è sinonimo di benessere, di vita agiata e anche oziosa, perciò adesso a quel tizio gli faccio passar la voglia di avere, senza far niente o di far credere di saperne più degli altri, quando invece non sa un bel niente.


Ghe l’ha adoss masarada. Il vocabolo “masarada” proviene dal verbo macerare, ammollare, immergere un qualche cosa per lungo tempo in un catino, in una tinozza, quindi il panno s’impregna ben bene di umidità. L’adagio era rivolto soprattutto a chi dopo una sosta all’osteria, ne usciva un pochino alticcio, beh, non proprio un pochino, quindi il suo stomaco e il suo cervello si erano ben impregnati di barbera, merlot e altre delizie del genere. Ora il detto si riferisce anche a chi ha preso un bel raffreddore con tutte le conseguenze che comporta, però è anche riferibile a qualche malanno in generale. A proposito, per un raffreddore o costipazione di una certa entità, la cura adeguata è un’aspirina, un bel bicchiere di vin brulé, forse è meglio due….. beh, facciamo tre, che è il numero perfetto, infilarsi in un caldo pigiama, ai piedi un paio di scalfarotti  di lana e il capo avvolto in una bella sciarpa di lana calda, infilarsi a letto, lasciare tranquilla la dolce metà, e dopo una sudata da trovarsi tutto quanto “masarà”, l’indomani mattina al risveglio si è vispi come un gallo,…. Chicchiricchììììììììììì.


Gh’è pocch de sfojà verz. Questo proverbio è quanto mai adatto a questo periodo di crisi economica e sociale. In dialetto milanese i cavoli non sono altro che le verze e servono innanzitutto a preparare quello stupendo piatto di cui anche gli dei erano ghiotti; ricordo che padre Giove, Zeus per gli amici, diceva ad Athena: “Allora quand l’è che te me fett la cazzoeula? “Quand pissa i occh” rispondeva Athena, poi quando era autunno inoltrato e le verze avevano preso la prima gelata, queste venivano raccolte, si sfogliavano delle foglie di cui erano ricche e poi con gli altri ingredienti come le cotiche del maiale, le costine e le puntine sempre del maiale dei salamini, si preparava questa autentica leccornia, che naturalmente era accompagnata da ottimi bicchieri di vino… e poi finito il pasto…. “Ona bella ronfada” (un riposino). Tornando al significato della frase è presto detto: queste verze o cavoli, sono si una splendida rotondità, di foglie ne sono  ricchi, quindi danno l’immagine dell’abbondanza, della copiosità, perciò quando invece la situazione è del tutto contraria, crisi, recessione, impoverimento, un decadimento, ecco che l’espressione di questo adagio è perfettamente compatibile con queste misere situazioni.


Grass de rost. Il grasso dell’arrosto fornisce tutto il buon sapore però è anche sgradito se non curato, può diventare gelatinoso e quindi scivoloso, perciò è da scartare, e di conseguenza dando del “grasso di arrosto” a una persona è come dirgli di farsi da parte perché ha annoiato, perché talvolta i loro atteggiamenti risultano antipatici e in certi momenti risultano insopportabili, con tutto ciò, alle volte la frase assume un tono affettuoso, simpatico, perché la persona a cui lo si  dice in fin dei conti non è cattiva, anzi, è una persona buona, ha soltanto un caratterino un po’ da “seccaball…..”

 

Fonte: http://www.circolomorbegnese.it/000anno2014/proverbimilano_g.pdf

Sito web da visitare: http://www.circolomorbegnese.it

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