Rivoluzione psicoanalitica Freud

Rivoluzione psicoanalitica Freud

 

 

 

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Rivoluzione psicoanalitica Freud

 

VI. LA RIDEFINIZIONE DELL’IO:
LA RIVOLUZIONE PSICANALITICA (Freud)

Tutta la cultura occidentale ha fruito e subito la rivoluzione psicanalitica operata da Sigmund Freud. Tale rivoluzione, pur non inquadrandosi immediatamente nella riflessione filosofica, nasce, infatti, dalla cura di certe malattie e disturbi mentali, per la portata dirompente che ha il concetto di inconscio, apporta elementi fondamentali al fare filosofia.
Questo capitolo restituisce la nascita e l’elaborazione della teoria psicanalitica che con la scoperta dell’inconscio ha avuto una importanza eccezionale nella riflessione filosofica facendo franare, innanzitutto, il concetto di Io che in Occidente già con Socrate, ma soprattutto con Cartesio viene a delinearsi.
Dopo la rivoluzione psicanalitica di Freud la riflessione filosofica non potrà fare a meno di ripensare, praticamente, tutti gli ambiti in cui l’Io è operativo dovendo riperimetrare la sua capacità, chiarezza, motivazione, potenza, ecc.

 

FREUD

Vita e opera

Sigmund Freud nasce a Freiberg, in Moravia, nel 1856 e già nel 1860 è a Vienna.
Si laurea in medicina e inizia, nel laboratorio di Brücke, studi di anatomia del sistema nervoso.
Lavora con Breuer sull’isteria e perviene alla scoperta dell’inconscio e alla teoria psicanalitica.
Nel 1910 nasce a Norimberga, La Società internazionale di psicoanalisi, di cui Jung, suo allievo, è presidente.
Nel 1933 i nazisti bruciano le sue opere.
Nel 1938 lascia Vienna per Londra dove morirà, aiutato dal suo medico che gli inietta morfina, nel 1939.
Opere importanti: L’interpretazione dei sogni (1900); Totem e tabù (1913); Introduzione alla psicanalisi (1915-32); Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921); Il disagio della civiltà (1929).

 

La nascita della psicoanalisi

La medicina dell’epoca si muoveva in un orizzonte teorico-culturale squisitamente positivistico-materialistico. I disturbi della personalità erano risolti in chiave meramente somatica cosicchè stati psiconevrotici come le isterie non erano prese in seria considerazioni dato che non vi corrispondeva nessuna lesione organica. Ora proprio l’isteria aveva catalizzato l’attenzione di un gruppo di studiosi tra i quali Charcot e Breuer che usavano l’ipnosi. Breuer in particolare aveva usato l’ipnosi, non tanto come strumento per inibire e tenere sotto controllo lo stato isterico e i suoi sintomi, quanto come mezzo, leva per poter accedere alla memoria affinchè riportasse alla luce avvenimenti spiacevoli, angosciosi, penosi, dolorosi obliati.
Il caso di Anna O. curata da Breuer e dal suo collaboratore Freud, si inquadra nel caso di una isterica grave affetta da turbe della vista e dell’udito, anoressia, paralisi motorie, ecc. e da una forte paura dell’acqua (idrofobia). Proprio attraverso l’ipnosi Breuer era riuscito a risalire all’evento che aveva fortemente turbato Anna: bambina, aveva visto bere il cane della governante in un bicchiere, provandone un forte disgusto. I sintomi idrofobici scomparvero quando Breuer chiarì l’episodio che Anna aveva rammentato sotto ipnosi. A partire da questi studi Breuer e Freud elaborarono un ‘metodo catartico’, che provocava una scarica emotiva in grado di liberare il malato.
In autonomia da Breuer, Freud arrivò a scoprire che causa dei disturbi psiconevrotici fosse un conflitto tra forze psichiche inconsce. Ora la conclusione a cui Freud perviene è dirompente: in quanto si sostiene che la causa di quei sintomi patologici, ad es. temporanee paralisi, ecc. erano da iscriversi in una dimensione psicogena e non fisiologica: i disturbi non erano organici, ma dovuti alle traversie della psiche.
La scoperta dell’inconscio segnava la nascita della psicanalisi!

 

L’inconscio e le vie per accedervi

La psicanalisi è psicologia dell’”abissale”, del “profondo”. Prima di Freud la psiche era comunemente equiparata alla coscienza. Al contrario, Freud afferma che la maggior parte della nostra vita psichica è oltre, fuori della portata della coscienza; l’inconscio è la parte abissale e primaria di cui la parte cosciente è solo la punta. Insomma, la nostra psiche è come un iceberg la cui punta, la coscienza, è solo una piccola parte di una massa enorme, che si cela ai nostri occhi, la parte inconscia.
L’inconscio si divide propriamente in:

  • preconscio ovvero quella zona che cela ricordi che ancora possono, con sforzo, tornare alla nostra attenzione;
  • rimosso cioè quei ricordi che, stabilmente, sono obliati alla nostra coscienza per virtù di una avvenuta censura e “rimozione” e che solo determinate tecniche possono riportare alla nostra coscienza.

Quali le tecniche, il grimaldello per poter forzare la zona dell’inconscio? In un primo tempo Freud pensa – come abbiamo visto – all’ipnosi, poi, piuttosto che forzare il paziente usa una tecnica più ‘rilassante’: le associazioni libere. Il paziente, rilassato sul divano, è indotto al libero corso dei propri pensieri e si cerca di invogliarlo a creare tra le parole da lui espresse una catena associativa che gravita attorno al materiale rimosso e che si vuole portare a galla.
La tecnica terapeutica dovrà magistralmente adoperare anche quel fenomeno che Freud chiama transfert o traslazione, cioè il trasferimento sullo psicanalista di una serie di stati d’animo ambivalenti di cui il paziente fa oggetto il medico: sentimenti d’amore e di odio che il paziente destinava ad una figura importante della sua infanzia. Affinchè vi sia una guarigione è necessario che psicanalista e paziente collaborino e si sforzino sinergicamente per uscire dalla malattia. Tuttavia, il transfert positivo, cioè quella sorta di attaccamento amoroso verso lo psicanalista che si instaura nel rapporto medico-paziente, deve essere sfruttata per il successo della malattia ed è una leva potentissima perché agisce surrettiziamente, di nascosto rispetto allo stesso paziente.

[Il transfert positivo o traslazione] modifica tutta la situazione analitica, lasciando in disparte l’intento razionale di guarire e liberarsi dalle sofferenze. In suo luogo subentra l’intenzione di piacere all’analista, di guadagnare la sua approvazione, il suo affetto. Essa diventa la vera molla della collaborazione del paziente; l’Io indebolito diventa forte, sotto l’influenza della traslazione riesce a far cose che altrimenti gli sarebbero impossibili, fa cessare i suoi sentimenti, apparentemente diventa sano, ma solo per amore dell’analista.

Ma l’analisi di questo iceberg celato dalle acque non avviene solo attraverso le associazioni libere, ma anche attraverso dei sogni, degli atti mancati e dei sintomi nevrotici che il paziente mostra.
L’interpretazione dei sogni (1900) è stato spesso paragonato a ciò che L’origine della specie è stato in biologia. Freud intuisce che il sogno è la “via regia che porta alla conoscenza dell’inconscio nella vita psichica”. Il sogno non è altro che “l’appagamento (camuffato) di un desiderio (rimosso)”. Il sogno è una narrazione all’interno della quale abbiamo un contenuto manifesto, palese e un contenuto latente cioè un contenuto così forte che esita a mostrarsi chiaramente e che viene censurato. Il contenuto manifesto è, dunque, un contenuto che non corrisponde ai desideri se non in forma “travestita”. Insomma il contenuto manifesto deve essere interpretato e riportato al contenuto latente e reale da parte dello psicanalista.
Altri elementi che qua e là fanno erompere l’inconscio sono i lapsus, gli errori, le dimenticanze. Ebbene, questi elementi, che a prima vista sembrano casuali e banali, rivelano per Freud un modo con cui le istanze dell’inconscio si presentano in superficie.

 

La topica della psiche: Es, Io, Super-Io

La psiche non ha affatto una struttura unitaria, omogenea, ma è una unità complessa formata da luoghi o istanze: L’Es, l’Io, il Super-Io.

- L’Es è la regione più antica, inconscia, caotica, magmatica della nostra struttura psichica: matrice originaria. L’Es è “la parte oscura e inaccessibile della nostra personalità”. Il suo contenuto riguarda la “natura” dell’individuo e, per tanto, contiene quelle che Freud chiama “pulsioni” primitive.
Il termine “pulsione” non va però confuso con “istinto”. Gli istinti, diversamente dalle pulsioni, sono risposte rigide ad uno stimolo e sono propriamente degli animali, che hanno un apparato istintuale organizzato rigidamente. Nell’uomo queste risposte rigide non esistono: l’apparato istintuale è estremamente lacunoso proprio in virtù del suo apparato psichico così complesso. Le pulsioni, invece, sono istanze con cui la specie si fa valere nell’individuo: il modo con cui la specie influenza la vita del singolo. Gli uomini non hanno istinti, ma pulsioni cioè spinte generiche a meta indeterminata.
Essendo l’interesse della specie la riproduzione, la natura fornisce all’individuo due tipi di pulsioni: quella sessuale per l’accoppiamento e la procreazione e quella aggressiva per la difesa della prole.
L’Es è la sede delle pulsioni: la sede dell’inconscio pulsionale.
E’ un “caos, un calderone d’impulsi ribollenti”. L’Es non conosce dimensione etica e neanche logica. L’Es non conosce l’etica, nel senso che si muove al di là di qualsiasi principio morale: al di là del bene e del male! Non conosce, altresì, la logica, nel senso che nessun principio logico viene tenuto in considerazione o la governa: ignora il principio di non-contraddizione; ignora il principio di causalità; non funziona la categoria di spazio né quella di tempo. L’Es obbedisce, unicamente, all’”inesorabile principio del piacere”. L’Es tende sempre e solo all’immediato soddisfacimento dei suoi desideri, che non essendo minimamente strutturati possono tranquillamente essere confliggenti.

  • Il Super-Io è ciò che chiamiamo “coscienza morale”: quell’insieme di proibizioni che il bambino introietta, interiorizza attraverso l’educazione genitoriale e imposti dalla società. In altre parole esso funge da giudice censore dell’Es, in modo tale da poter permettere la vita comunitaria dell’individuo, che non sarebbe possibile se questi si abbandonasse completamente alle pulsioni naturali. Il Super-Io è, pertanto, definito come inconscio sociale (inconscio, giacché, una volta interiorizzato un divieto, non è necessario riflettere sul comportamento da adottare al riguardo).

Freud parla di morale eteronoma e autonoma.
Quando viene imposto da un genitore ad un bambino un divieto, questi lo rispetta, perché consapevole che il genitore rappresenta la condizione della sua sopravvivenza (perché lo ciba, perché se ne prende cura, ecc.) e che la perdita del suo amore e del suo sostegno, della sua “alleanza” comporterebbe un pericolo per la sua vita. In questo modo anche l’amore e l’affetto che il figlio prova nei confronti dei genitori si configura come un meccanismo che la natura mette in atto per la difesa dell’individuo, un rapporto di egoismo che si istaura per un proprio vantaggio. Il ‘sacro’ amore per la mamma è lo strumento che la specie adotta per garantirci la sopravvivenza! 
Il bambino è quindi spinto ad ubbidire per paura di perdere l’amore dei genitori. Insomma, l’interiorizzazione avviene, quindi, con modalità sostanzialmente egoistiche. L’introiezione non è altro che un baratto! Questo tipo di interiorizzazione, comporta che l’individuo rispetti il divieto solo in presenza di un “controllore” (nel caso del bambino, in presenza di un genitore). Una morale del genere prende il nome di morale eteronoma.
Quando, invece, il divieto è rispettato indipendentemente dalla presenza o meno di un controllore, si è arrivati ad un’interiorizzazione più profonda del divieto stesso e pertanto ad una morale autonoma.
Quando si è pervenuti ad una morale autonoma si è arrivati alla formazione piena del Super-Io che funge da “controllore interno”: un garante del rispetto delle istanze sociali.

- L’Io è quella parte della nostra psiche, razionale e intellettuale, che è obbligata a fare i conti con istanze contrastanti che provengono dall’Es e dall’Super-Io e, ancora, dal mondo esterno. L’Io è così sempre dilaniato, trascinato a dover mediare e trovare un equilibrio, una armonia tra questi tre “padroni severi”! L’Io patisce, subisce le istanze pulsionali dell’Es, che diventano sue “passioni”; ma deve pure rispondere alle esigenze del Super-Io, dell’inconscio sociale che chiede il rispetto dei divieti sociali, il contenimento delle pulsioni dell’Es.
Definiamo un Io normale quell’individuo che riesce a trovare un certo equilibrio tra istanze così disparate e contrastanti. Se l’Es è troppo forte o se il Super-Io è troppo debole avremo dei comportamenti devianti o perversi. Se Il Super-Io è troppo forte, invece, abbiamo l’attivazione di meccanismi di rimozioni troppo ampi tali da creare sintomi nevrotici. La nevrosi non è altro che il conflitto, appunto, tra l’inconscio pulsionale (Es) e inconscio sociale (Super-Io). In questo senso l’Io è sempre un Io nevrotico, impegnato com’è ad armonizzare i due nemici. La follia, invece, indica quello stato in cui l’Io soccombe e i due belligeranti vengono a contatto: l’io viene soppresso e il mondo pulsionale e quello dell’inconscio sociale prendono il sopravvento.

L’intenzione degli sforzi terapeutici della psicoanalisi è in definitiva di rafforzare l’Io, di renderlo più indipendente dal Super-io, di ampliare il suo campo percettivo e perfezionare la sua organizzazione, così che possa annettersi nuove zone dell’Es. Dove era l’Es, deve subentrare l’Io. È questa l’opera della civiltà, come per esempio il prosciugamento dello Zuiderzee. (Freud, Introduzione alla psicoanalisi)

Si noti, infine, che la topica che Freud aveva inizialmente elaborato, dell’inconscio, preconscio e conscio, non coincide con quella dell’Es, Io e Super-Io in quanto zone dell’Io e del Super-Io sono normalmente inconsce o preconsce, nel senso che i loro contenuti non ci sono immediatamente coscienti.
L’interrelazione tra la prima e la seconda topica è ben illustrata dallo stesso Freud in L’Io e l’Es con una struttura che mostra come i diversi luoghi e istanze non debbano essere concepite come comparti stagno, ma aperti, dialoganti. Inoltre, lo schema mostra bene come pure il Super-Io e l’Io affondino in parte nell’inconscio e nel preconscio e come solo una piccola parte sia cosciente.

 

 

La teoria della sessualità

La teoria della sessualità di Freud è stata la pietra dello scandalo che ha ‘generato’ maggiori diffidenze sia dagli ambienti culturali in genere, che dalle chiese in genere sessuofobe.
Prima di Freud, e ancora oggi per le diverse chiese, la sessualità era confinata alla procreazione. Ecco, invece, Freud ampliare la sessualità fino alla libido.
Ma iniziamo dall’inizio! Se la sessualità, pensa Freud, dovesse essere finalizzata alla procreazione perché mai essa pure esiste nei bambini: sessualità infantile?

Dovrebbe mancare nell’infanzia, subentrare intorno all’epoca e in connessione con il suo processo di maturazione, esprimersi in fenomeni di attrazione irresistibile esercitata da un senso sull’altro; la sua meta dovrebbe essere l’unione sessuale.

Non solo resterebbero inspiegati una serie di atteggiamenti sessuali infantili, ma altresì anche quei fenomeni che Freud chiama di sublimazioni, ovvero di trasferimento della carica sessuale ad ambiti come l’arte, la scienza, la filosofia e le perversioni cioè a quegli atteggiamenti sessuali che non perseguono un fine riproduttivo, ma di piacere.
La sessualità per Freud non è affatto limitata alla genitalità, è, piuttosto, una energia che può dirigersi verso mete diverse da quella propriamente riproduttiva e investire gli oggetti più disparati.
La libido migra, di volta in volta, localizzandosi su parti del specifiche del corpo del bambino.
La dottrina della sessualità infantile di Freud perimetra, finalmente, un bambino non più “angioletto asessuato”, ma “un essere perverso e polimorfo” che ha una sessualità completamente sganciata dalla semplice riproduzione. Lo sviluppo del bambino viene segnato da tre fasi legate alla localizzazione di una zona erogena:

  • fase orale (primi mesi e fino a un anno e mezzo). La libido si localizza attorno alla bocca. La bocca come zona erogena fa si che il soggetto provi piacere nell’atto del poppare, che altrimenti sarebbe solo fatica.
  • fase anale (un anno e mezzo a tre). La zona erogena ora è l’ano ed è collegata alla funzione escrementizia. Il bambino incomincia a prendere il controllo del proprio corpo, che per lui equivale ad un primo controllo sul mondo. Se nella fase orale il bambino sviluppa la concezione dell’avere in quella anale, attraverso l’esercizio del controllo degli sfinteri, sviluppa il primo controllo sul mondo che è esercizio di potere. Dipende dal bambino rilasciare o trattenere le feci. Dalla soddisfazione o dall’insoddisfazione che si trae da questa fase si sviluppano, in seguito, tratti della personalità come ad es. quella dei leader o dei gregari. I leader, a differenza dei gregari, non possono rinunciare al controllo del mondo esterno. Nei casi estremi, questo bisogno di controllo del mondo può condurre a forme patologiche come la paranoia e alla mania di persecuzione.
  • fase genitale (terzo anno fino alla pubertà). La fase genitale si suddivide a sua volta in: a) fase fallica. Sia i maschi che le femmine scoprono il pene ed entrambi accusano un complesso di castrazione vissuto, tuttavia, in maniera diversa: i maschi temono l’evirazione; le femmine si sentono evirate e provano “l’invidia del pene”. Inoltre, la fase fallica è contrassegnata dal fatto che il pene è l’organo di eccitamento maschile, mentre quello femminile è la clitoride; b) fase genitale in senso stretto e  caratterizzata dalla genitalità come localizzazione delle pulsioni sessuali.

 

Sempre a proposito dell’’angioletto asessuato’ Freud elabora la dottrina del “complesso di Edipo” - ricordando la tragedia di Sofocle - che interessa, nello specifico, i maschietti dai fra i tre e i cinque anni (fase fallica) e che gioca un ruolo importantissimo nello sviluppo della personalità. Il complesso edipico rileva l’attaccamento libidico verso la madre da parte dei maschietti e un parallelo atteggiamento ambivalente (positivo e negativo) verso il proprio padre. Detto altrimenti: il complesso edipico maschile si manifesta con l’amore per la madre e l’intenzione di prendere il posto del padre per avere la madre solo per sé.

Si vede facilmente che il maschietto vuole avere la madre soltanto per sé, avverte come incomoda la presenza del padre, si adira se questi si permette segni di tenerezza verso la madre e manifesta la sua contentezza quando il padre parte per un viaggio o è assente. Spesso da diretta espressione verbale ai suoi sentimenti, promette alla madre che la sposerà. […] Quando il piccolo mostra la più scoperta curiosità sessuale per la madre, quando pretende di dormirle accanto la notte, insiste per essere presente alla sua toeletta o intraprende addirittura tentativi di seduzione – come spesso la madre può constatare e riferire ridendo – la natura erotica del legame con la madre è garantita contro ogni dubbio (Freud, Introduzione alla psicoanalisi

Attraverso il complesso edipico il bambino sviluppa due concetti: identità e relazione. Identità sessuale e relazione con l’altro sesso.
Per sedurre la madre il bambino imita il padre e, con ciò, crea la propria identità maschile. Nel momento in cui, però, il bambino interiorizza la dimensione dell’identità, prende consapevolezza del fatto di non poter realizzare il suo desiderio e viene assalito da uno stato di frustrazione al quale può reagire in due modi diversi, che inevitabilmente, caratterizzeranno il modo di relazionarsi con l’altro sesso acquisendo quindi la dimensione della relazione.
I due comportamenti con il quale il bambino può superare lo stato di frustrazione sono quello di risolutezza, per cui si instaura una sorta di stimolo a migliorare nei rapporti con l’altro sesso, oppure, viceversa, un comportamento di tipo depressivo.
Durante lo stadio edipico il bambino costruisce la propria identità attraverso l’imitazione del padre e impara il rapporto con il sesso opposto attraverso l’amore per la madre. Uccidere il padre per acquisire la propria identità; amare la madre per imparare ad amare le donne!
Il complesso edipico si tramuta in complesso di Elettra per quanto riguarda le femmine. In effetti, il complesso di Elettra non ha una equivalenza completa con quello maschile e ciò perché il corpo femminile è sostanzialmente due: femmina e figlio; Io e l’Altro.
In generale, infatti, la donna è contraddistinta da una sostanziale duplicità del suo essere. Ella è, infatti, donna, ma allo stesso tempo, più dell’uomo, è strumento della natura, funzionario della specie. Questa sua funzionalità è evidenziata dall’apparato biologico del suo corpo, che è “progettato” per ospitare un Altro da sé, cosa che le viene ricordata ogni mese dal ciclo mestruale. La donna è un Io ma anche un funzionario della specie. È evidente, quindi, come la psiche della donna sia più complicata di quella dell’uomo, che risente di meno del suo ruolo di padre e funzionario della natura.
La ragazza, proprio a partire da questo doppio – Io e funzionario della specie – vuole e non vuole essere funzionario della specie. La bambina si innamora del padre, ma non mai completamente convinta di voler prendere il posto della madre, vi è indecisione e insicurezza: il complesso di Elettra non ha tratti chiaramente definiti così come quello maschile.
Infine, la soddisfazione o l’insoddisfazione che si trae da una determinata fase dello sviluppo sessuale, può comportare l’insorgere di condizioni psichiche “squilibrate”. Per esempio conseguenza di un’eccessiva soddisfazione in una fase è lo sviluppo di una fissazione o di una regressione. Nel caso della fissazione vi è un’incapacità dell’individuo di passare alla fase successiva; nel caso della regressione vi è un ritorno alla fase in questione, nel momento in cui la successiva non è stata soddisfacente. Ad es. relativamente alla fase orale una fissazione o regressione a tale fase possiamo avere disturbi più o meno gravi dell’alimentazione; relativamente alla fase anale possiamo avere l’insorgere – come abbiamo accennato – di paranoia. 

 

Il disagio della civiltà

Ben presto Freud capisce che le sue scoperte in ambito psicanalitico sono destinate a travalicare i limiti della mera medicina e nell’ultima parte della sua vita si dedica ad una serie di argomenti più generali che investono ad es. il rapporto con la religione, con le istituzioni della società civile e accenna al rapporto tra masse e potere che in seguito sarà assai fecondo nella cosiddetta Scuola di Francoforte.
In L’avvenire di un’illusione (1927) Freud precisa il suo pensiero intorno alla religione e alle sue rappresentazioni. Le rappresentazioni religiose non sono che “illusioni, appagamenti dei desideri più antichi, più forti, più pressanti dell’umanità”. Desideri, si badi, infantili. Desideri di protezione contro le temperie della vita. La religione non è altro che il bisogno dell’essere umano di affidarsi ad una illusione; un naturale bisogno psicologico, inconscio, che ognuno di noi ha di persuadersi, di illudersi, che la vita abbia un senso più profondo di quello che ci mostra il ciclo della natura. Il segreto della forza delle rappresentazione religiose? “il segreto della loro forza - dice Freud - è la forza di questi desideri”.
Dio non è che il Padre celeste, amato e odiato ovvero la proiezione psichica dei rapporti ambivalenti verso il padre terreno. Il Padre celeste è il padre nostro!
In Il disagio della civiltà (1927) Freud si sofferma sul rapporto tra civiltà e libido. Se per civiltà si intende quelle realizzazioni e ordinamenti che l’uomo ha elaborato a difesa dell’umanità contro la natura e a regolare le relazioni degli uomini, ebbene, la civiltà è infelicità, disagio.
La civiltà non è che piacere deviato verso mete sociali, prestazioni sociali e lavoro sociale. In questa deviazione dal piacere la civiltà si configura come negativa, come costrizione, compressione. La civiltà dà origine ad un Super-Io collettivo che, al pari di quello individuale, ha regole severe che se non vengono assecondate generano nell’individuo “angoscia morale”. Il conflitto tra il principio del piacere orientato al soddisfacimento individuale entra in conflitto con il principio di realtà che impone la rinuncia alle pulsioni egoistiche.
Tuttavia, la civiltà è il male minore!
L’uomo ha barattato la felicità per un po’ di sicurezza!

Se la civiltà impone sacrifici tanto grandi non solo alla sessualità, ma anche all’aggressività dell’uomo, allora intendiamo meglio perché stenti a trovare in essa la sua felicità. Di fatto l’uomo primordiale stava meglio, poiché ignorava qualsiasi restrizione pulsionale. In compenso la sua sicurezza di godere a lungo di tale felicità era molto esigua. L’uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po’ di sicurezza. […] Quando giustamente protestiamo contro lo stato attuale della nostra civiltà, accusandola di appagare troppo poco le nostre esigenze di un assetto vitale che ci renda felici, di lasciar sussistere molto dolore che probabilmente potrebbe essere evitato, quando con critica spietata ci sforziamo di mettere a nudo le radici della sua imperfezione, sicuramente esercitiamo un nostro giusto diritto e non ci mostriamo nemici della civiltà. Possiamo aspettarci di ottenere cambiamenti nella nostra civiltà con l’andare del tempo, tali che soddisfino meglio i nostri bisogni e sfuggano a questa critica. (Il disagio della civiltà)

La concezione di Freud, al pari di quella di Schopenhauer - è realistica e pessimistica: il dolore, la sofferenza è componente strutturale dell’uomo. L’uomo è animale che ha in sè una massiccia dose di aggressività e il suo destino è la finitudine: la morte. Una società senza vincoli, senza impedimenti, senza regole morali, ecc. sarebbe la dimensione all’interno della quale l’aggressività umana non farebbe che infliggersi ancor più tormenti. Allora, il problema è una organizzazione sociale e istituzioni sociali che, nei limiti del possibile, cerchino di limitare la compressione dell’Es limitando gli spazi di repressione e di sofferenza. Insomma, se la civiltà è un male inevitabile, che sia il minor male possibile!

 

CONCLUSIONI

Perché il ‘padre’ della psicanalisi si trova bellamente schierato in un manuale di filosofia?
Il rapporto tra filosofia e psicoanalisi può essere dipanato, schematicamente, considerando almeno due piani: a) il rapporto di Freud con la filosofia, ovvero le influenze sulla sua personale formazione; b) il rilievo filosofico della sua scoperta, ovvero il rapporto tra psicoanalisi e filosofia.

- Freud e la filosofia
Per quanto concerne il rapporto personale che Freud intesse con la filosofia esso è piuttosto negativo. Da una parte vi è un rigetto della filosofia tout court, dall’altra la consapevolezza, soprattutto nel Freud maturo, che le sue scoperte avranno un ruolo decisivo anche nella riflessione filosofica.
Freud non ha maestri filosofici in senso stretto. La sua è, di fatto, una preparazione medico-neurologico: fisiologia, anatomia, biologia. E’ stato sicuramente influenzato da psicologi come Hebart, Brentano e da scienziati come Darwin, Lamarck. Certamente vive e respira la cultura viennese e la cultura tedesca della sua epoca: Conosce Schopenhauer, ma certo non Hegel.
A Schopenhauer attribuisce il grande merito di aver, con la sua filosofia, anticipato temi della psicanalisi: l’inconscio nella vita psichica e l’importanza della sessualità.

non è stata la psicanalisi la prima ad aver compiuto il primo passo. Tra i precursori si possono citare famosi filosofi, e, sopra tutti, il grande Schopenhauer, la cui ‘Volontà’ inconscia equivale agli istinti psichici della psicoanalisi. Inoltre fu questo stesso pensatore ad ammonire l’umanità, con parole di indimenticabile incisività, sull’importanza, tuttora grandemente sottovalutata, delle sue brame sessuali. (Una difficoltà della psicoanalisi)

A questo elogio al grande filosofo segue, ad onor del vero, repentinamente una distinzione assai importante tra le due discipline. La filosofia, ancorchè schopenhaueriana, è “astratta”; la psicanalisi, invece è concreta e verificabile il che significa che si presenta come scienza.
Freud avversa complessivamente la filosofia del suo tempo su due punti strategici: a) l’astrattezza; b) il coscienzialismo.

  • Freud respinge in blocco la filosofia in quanto la identifica a Weltanschauung, ossia visione del mondo globale e totalizzante: più vicina alla religione che non alla scienza. La Weltanschauung filosofica "partendo da una determinata ipotesi generale, - scrive Freud - risolve in modo unitario tutti i problemi della nostra vita". In ciò la filosofia si rende colpevole di una astrazione che tutto risolve nel puro pensiero e che in nulla tiene conto della diversità e complessità della vita. Sinteticamente: la filosofia è identificata con l’incedere metafisico e questo con il peccato di astrazione. La filosofia è, dunque, priva di valore conoscitivo;
  • In particolare Freud è avverso all’impostazione filosofica “coscienzialista” cioè a quell’atteggiamento che afferma il primato della coscienza e che, di fatto, impedisce  di accedere alla comprensione dell'inconscio. Freud è, dunque, contrario a tutto quell’atteggiamento, di derivazione cartesiana, che mette la coscienza a fondamento della conoscenza. La rivoluzione freudiana porta, invece, a decentrare la coscienza: la coscienza non gode affatto di una posizione privilegiata. Infine, anche quando i filosofi parlano di inconscio, lo pensano, semplicemente, come il negativo del conscio, "sembra definire semplicemente l'opposto del conscio"; mentre per Freud "è lo psichico reale nel vero senso della parola" (Interpretazione dei sogni). Non solo, l’inconscio risponde a meccanismi che sono assolutamente diversi dal conscio e dall’Io. Ancora, se è sbagliata la posizione coscienzionalista è sbagliata anche la posizione che non dà alcun rilievo alla coscienza. La filosofia, per Freud, non fa che invilupparsi in posizioni astrattamente opposte.

In genere si tende a tracciare una linea di continuità tematica tra Schopenhauer, Nietzsche e Freud. Va ricordato che tale continuum, tuttavia, è assai superficiale. Certamente vi sono temi in comune con Schopenhauer che influenzerà Freud attraverso il concetto di doppia soggettività: Io, natura. La natura è la dimensione dimenticata dall’uomo. L’interesse della specie fornisce due elementi per la propria sopravvivenza: la pulsione sessuale e quella aggressiva. Queste due pulsioni, che servono all’economia della natura, dominano l’inconscio. L’Io è costretto a illudersi, a giocare un vuoto progettarsi, ma è la specie a dettare legge e a comprimere l’Io tra la nascita e la morte.
Per Schopenhauer l'inconscio è la causa vera del comportamento, mentre le motivazioni coscienti sono ridotte ad un ruolo subordinato, sono razionalizzazioni che mascherano le reali cause dell'agire. L'amore sdolcinato e romantico è una maschera, dietro la quale opera il freddo genio della specie. "Ogni innamoramento, per quanto etereo voglia apparire, affonda sempre le sue radici nell'istinto sessuale".
La distinzione tra un piano cosciente e uno inconscio nelle motivazioni del comportamento umano verrà ripresa anche da Nietzsche a partire da Aurora dove addirittura si anticipa che il sogno è considerare come il soddisfacimento allucinatorio di un istinto rimasto insaziato. Anche nella Gaia scienza, si attacca l’elemento cosciente come quello privilegiato o in Al di là del bene e del male è approfondita la critica dell’Io cartesiano (n° 17).
Sia Nietzsche che Freud scardinano alcune certezze fondamentali e, da questo punto di vista, ha ragione P. Ricoeur a unirli come “maestri del sospetto” insieme a Marx. Ma la distanza è siderale. Come per Schopenhauer Freud sente una distanza che è, ad un tempo, lontananza epistemologica avrebbe sentito assai lontano è distante il linguaggio aforismatico-poetico di Nietzsche.
Distanza siderale se si considera anche che sia Schopenhauer, che Nietzsche propongono un pensiero irrazionale da veri paladini del pensiero irrazionalista. Freud si ostina a voler trattare razionalmente quel caos, indistinto e magmatico che è l’inconscio.

- Psicanalisi e filosofia
Fin dall’inizio la filosofia ha segnalato in diverso modo l’inconscio. Tutta la filosofia potrebbe addirittura essere pensata come il tentativo di arginare questa “divina follia” di cui parlava Platone. La filosofia cioè come tentativo di porre ordine al caos; tentativo di organizzare coscientemente una risposta al caos che ci abita prorompente e distruttivo. La filosofia, in questo senso, sarebbe il rimedio contro il terrore dell’imprevedibile. Filosofia come risposta all’irrazionale che ci schianta!
Fin dall’inizio la filosofia ha segnato sulla mappa questo luogo oscuro, ma non lo ha mai compreso.
E’ Freud che teorizza in modo esplicito del tutto nuovo e con inusitata chiarezza  un'istanza psichica al di là della coscienza, in forza della quale l'uomo è agito da pulsioni, da forze che gli sfuggono. E’ su questa base che Freud elabora una armatura teorica che sconvolgerà tutta la filosofia del XX secolo.
La teorizzazione dell’inconscio rimodella il concetto di Io. La rivoluzione psicanalitica irrompe nella cultura occidentale sgretolando la classica concezione che avevamo dell’Uomo. Frana, innanzitutto, l’immagine dell’Uomo che si era costruito intorno al cogito cartesiano.
Il dubbio cartesiano ci aveva insegnato che le cose possono non essere come appaiono, ma Cartesio non dubita che la coscienza non sia come appaia a se stessa. Per Cartesio il mondo esiste ed esiste perché l’Io ne ha una percezione chiara e distinta. Il cogito ergo sum presuppone a sua volta un Io unitario e fondante. Dopo Marx, Nietzsche, Freud non possiamo non dubitare della nostra stessa coscienza. Pensavamo che l’Io fosse presso di sé. Ora con Freud scopriamo che quando pensiamo di essere a casa nostra siamo altrove. Pensiamo di agire e, invece, siamo agiti da forze che surrettiziamente gonfiano le nostre passioni. Siamo, dice Freud, come quel sovrano che pensa di poter governare solo attenendosi alle informazioni del suo primo ministro (l’Io) senza rapporto alcuno con il popolo.
Freud afferma che certo l’Io esiste ma è una realtà molto più marginale di quanto non si sia affermato lungo tutta la tradizione occidentale.
La stessa cultura classica si configura, attraverso la strumentazione psicanalitica, come una roccaforte, una muraglia cinese contro il terrore del nulla, la paura della morte che ci perseguita dall’inizio dei tempi. L’uomo al centro del mondo e il mondo a misura umana sono entrambi elementi, da una parte consolatori, dall’altra  autogratificanti in funzione di volontà di dominio. Tutto ciò di cui eravamo certi e fieri ora si disgrega davanti agli occhi. Le certezze crollano. Le teorie roboanti che ci ponevano al centro di tutto si mostrano false e, semplicemente consolatorie. La conoscenza  scientifica ha fugato quelle narrazioni consolatorie e narcisistiche. Tre le ferite narcisiste che Freud vede nitidamente sul corpo della cultura occidentale. Tre crisi: crisi della concezione dell’universo; crisi della concezione dell’uomo; crisi della concezione della ragione. Tre gli autori: Copernico, Darwin e lo stesso Freud. Pensavamo di essere al centro del mondo e Copernico ha dimostrato il contrario. Pensavamo di essere scintille divine e Darwin ci ha riportato tra gli animali. Pensavamo di essere signori, almeno, di noi stessi e Freud ci mostra che non siamo padroni neppure in casa nostra. 
In Una difficoltà della psicanalisi (1917) Freud descrive magnificamente questa triplice umiliazione, questa triplice ferita al narcisismo umano:

Mi propongo di dimostrare come l’universale narcisismo degli uomini, l’amore che essi portano a sé stessi, abbia finora subito tre gravi colpi per opera della ricerca scientifica.

  • Nelle prime fasi della sua ricerca l’uomo credeva inizialmente che la sua dimora, la terra, fosse il centro immobile dell’universo, intorno al quale roteavano il sole, la luna e i pianeti. [… con Copernico] l’egoismo umano subì il primo colpo, quello cosmologico.
  • Nel corso dello sviluppo della civiltà, l’uomo acquistò una posizione di predominio sulle creature compagne, del regno animale, ma, non contentandosi di tale supremazia, prese a scavare un abisso tra la sua natura e quella degli animali. Negò loro il possesso della ragione e attribuì a se stesso un’anima immortale ed avanzò delle pretese circa la propria origine divina, ciò che gli consentì di rompere il legame di comunanza tra se e il regno animale. […] Darwin e dei suoi collaboratori e precursori, posero fine a questa presunzione umana. […] Questo è stato il secondo colpo apportato al narcisismo, il colpo biologico.
  • Il terzo colpo, di natura psicologica, è forse il più tremendo. […] L’Io, infatti, è certo sia della completezza e veridicità delle informazioni che riceve, sia della pervietà dei canali tramite i quali trasmette i suoi comandi. [… L’Io si] comporta come un monarca assoluto, che si accontenta delle notizie fornitegli dai suoi più alti funzionari, senza mai scendere in mezzo al popolo per ascoltarne la voce. […] Ma queste due scoperte [di Freud] – che la vita dei nostri istinti sessuali non può essere dominata integralmente e che i processi psichici sono, di per se stessi, inconsci e pervengono all’Io, ponendosi sotto il suo controllo, soltanto mediante percezioni incomplete e inattendibili – ci permettono di affermare che l’Io non è padrone in casa sua. Insieme, esse sferrano il terzo colpo all’egoismo umano, quello che io sono solito chiamare psicologico. (Una difficoltà della psicanalisi)

In questo senso P. Ricoeur può annoverare Freud tra i “maestri del sospetto” insieme a Marx e Nietzsche perché, al di là delle differenze, considerano, complessivamente, “La coscienza come falsa coscienza”.
Tuttavia va rimarcata la differenza! La psicanalisi è per Freud scienza particolare; strumentazione scientifico-razionale. Freud è un razionalista. Il periplo dell’inconscio è, ancora, affidato alla ragione. L’inconscio pulsionale, caotico, tellurico che non riconosce alcuna ragione, né alcun principio di ragione viene perimetrato con la ragione illuminista senza la quale non possiamo che essere prescientifici.
Diversamente da Nietzsche Freud non involve verso un irrazionalismo. Freud è, in questo, più vicino a Marx che ancora si adopra alla lettura razionale del mondo anche per scoprirne i lati irrazionali.
Merito della psicanalisi è certo quello di aver spostato l’attenzione dal conscio all’inconscio e di aver mostrato come il conscio non è affatto così sicuro, evidente, trasparente come pensava di essere.
Merito della psicanalisi è aver testimoniato e tentato di leggere un mondo irrazionale che ci abita e ci governa. Eppure lo sforzo di Freud è stato quello di circumnavigare questo mare irrazionale e ribollente con l’unica navicella possibile: la ragione. Freud ebbe il coraggio scientifico di inoltrarsi per l’alto mare aperto dell’irrazionale ben sapendo che l’unico modo per capirlo era di nuovo il suo setaccio razionale. Capire le interferenze, le relazioni, le distorsioni che l’Io subisce ad opera di processi inconsci è opera scientifica di disvelamento. In questo senso Freud scoprendo l’inconscio non annulla affatto il valore della coscienza ma della falsa coscienza. “Con tutto ciò – scrive Freud – non è detto che la qualità della coscienza abbia per noi perduto il suo significato. Resta la sola luce che splende nell’oscurità della vita psichica e ci guida”. Fuori le tenebre! Freud si inserisce a pieno titolo nel solco illuminista che alla ragione affida il futuro della conoscenza e della ‘cura’. Della conoscenza perché “il sonno della ragione genera mostri”. Della ‘cura’perchè la psicanalisi si adopra affinchè “Dove era l’Es, deve subentrare l’Io”.
BIBLIOGRAFIA

Opere di Freud
Freud, Psicopatologia della vita quotidiana, Boringhieri, 2012
Freud, Compendio di psicanalisi, Boringhieri, 1980
Freud, Leonardo da Vinci. Boringhieri, 2012 

 

Opere su Freud
Cappelletti, Introduzione a Freud, Laterza,  2010

SITI WEB:
http://www.psicoanalisi-freudiana.com

 

Fonte: http://manualedifilosofia.altervista.org/alterpages/files/cap._6.doc

Sito web da visitare: http://manualedifilosofia.altervista.org

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