Arte e psicoanalisi

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Arte e psicoanalisi

Dal disagio all'itinerario intellettuale , Dissidenza e Arte

La Psicanalisi

La scoperta della «rimozione»

  1. Sigmund Freud (1856-1939), dopo la laurea in medicina - conseguita a Vienna nel 1881 -, studia per un breve periodo anatomia cerebrale. Successivamente si dedica allo studio delle malattie nervose, prima con Charcor a Parigi e poi con Bernheim a Nancy. Tornato a Vienna, Freud nel 1895 pubblica insieme o Josef Breuer gli Studi sull'isterismo, dove si sostiene che il soggetto isterico, in stato ipnotico, riesce a tornare all'origine del trauma, illumina quei punti oscuri che durante la sua vita hanno generato la malattia e che sono nascosti nel profondo; è così che egli afferra la causa del male e che, in una sorta di catarsi, si libera del male. Esattamente da questi studi ha inizio la psicoanalisi.
  2. L'ipnotismo svela delle forze e fa intravedere un mondo nel quale Freud immette le sue sonde intellettuali. «quale poteva essere la ragione - si chiede Freud - per la quale i pazienti avevano dimenticato tanti fatti della loro vita interiore ed esteriore e potevano invece ricordarli, quando si applicava loro la tecnica sopra descritta?» L'osservazione dei malati trattati dava una risposta a siffatto interrogativo: «Tutte le cose dimenticate avevano avuto, per un qualche motivo, un carattere penoso per il soggetto, in quanto erano state considerate temibili, dolorose, vergognose per le aspirazioni della sua personalità». E «per rendere di nuovo cosciente ciò che era stato dimenticato, era necessario vincere nel paziente una resistenza mediante una continua opera di esortazione e di incoraggiamento». Più tardi, Freud si accorgerà che tale resistenza dovrà essere vinta diversamente (attraverso la tecnica della «associazione libera»), ma intanto era sorta la teoria della rimozione. In ogni essere umano operano tendenze, forze o pulsioni che spesso entrano in conflitto.
  3. La nevrosi si ha quando l'Io cosciente blocca l'impulso e ad esso nega l'accesso «alla coscienza e alla scarica diretta»: una resistenza «rimuove» l'impulso nella parte «inconscia» della psiche.

 

L'inconscio

  1. Con la scoperta delle rimozioni patogene e di altri fenomeni di cui si parlerà fra poco, «la psicoanalisi (...) si vede costretta (...) a prendere sul serio il concetto dell'inconscio». È l'inconscio che parla e si manifesta nella nevrosi. Ma c'è di più, giacché, per Freud, l'inconscio è lo «psichico» stesso e la sua realtà essenziale. In questo modo Freud rovesciava l'ormai inveterata e venerabile concezione che identificava «cosciente» e «psichico». Ma sia la precedente pratica ipnotica, sia gli studi sull'isterismo, sia la successiva scoperta della rimozione, sia le indagini che Freud veniva compiendo sulla genesi dei disturbi psichici e delle altre manifestazioni «non ragionevoli» della vita delle persone lo convinsero sempre di più della realtà corposa e determinante dell'inconscio. È l'inconscio che sta dietro le nostre libere fantasie; è esso che genera le nostre dimenticanze, che cancella dalla nostra coscienza nomi, persone, eventi. Come mai volevamo dire una cosa e ce ne esce un'altra? Come mai intendevamo scrivere una parola e ne scriviamo un'altra ? Dove troviamo la causa di questi atti mancati, cioè dei nostri lapsus? Non sorgono forse essi «dalla contrapposizione di due diverse intenzioni», di cui una, quella inconscia appunto, è «più forte di noi»? È in Psicopatologia della vita quotidiana (1901) e successivamente con Il motto di spirito e i suoi rapporti con l'inconscio (1905) che Freud offre analisi brillanti (spesso, però, considerate dai critici molto discutibili) di un fascio di fenomeni (lapsus, sbadataggini, associazioni immediate di idee, errori di stampa, smarrimento o rottura di oggetti, motti di spirito, amnesie, ecc.) mai presi sul serio dalla «scienza esatta», e dietro ai quali Freud mostra l'azione indefessa di contenuti che la rimozione ha respinto dalla coscienza e occultato nell'inconscio senza però essere riuscita a renderli inattivi.

 

L'idea di «libido»

  1. A questo punto una domanda diventa inevitabile: per quali ragioni certe pulsioni vengono respinte, come mai certi ricordi sono a disposizione della coscienza, mentre altri possono essere, almeno in apparenza, sottratti ad essa e rimossi nell'inconscio? La ragione di ciò - risponde Freud - è da trovare nel fatto che si tratta di pulsioni e di desideri in palese contrasto con i valori e le esigenze etiche proclamate e ritenute valide dall'individuo cosciente. Per cui, quando c'è incompatibilità tra l'io cosciente (i suoi valori, i suoi ideali, i suoi punti di riferimento, ecc.) e certe pulsioni e certi desideri, allora entra in azione una sorta di «repressione» che strappa queste cose «vergognose» e «indicibili» alla coscienza e le trascina nell'inconscio, da dove uno continua la censura cerca di non farli riaffiorare allo vita cosciente.
  2. E rimozione e censura entrano in azione, per il fatto che «debbono» agire su desideri e ricordi di natura principalmente e ampiamente sessuale e quindi su cose vergognose, da non dire e cancellare. Freud riconduce la vita dell'uomo ad una originaria libido, cioè ad una energia connessa principalmente al desiderio sessuale: «analoga alla fame in generale, la libido designa la forza con la quale si manifesta l'istinto sessuale, come la fame designa la forza con la quale si manifesta l'istinto di assorbimento del nutrimento». Ma mentre desideri come la fame o la sete non sono «peccaminosi» e non vengono rimossi, le pulsioni sessuali vengono rimosse, per poi riapparire nei sogni e nelle nevrosi. «La prima scoperta alla quale ci conduce la psicoanalisi è che, regolarmente, i sintomi morbosi sono legati alla vita amorosa del malato; questa scoperta (...) ci obbliga a considerare i disturbi della vita sessuale come una delle cause più importante della malattia.» I malati non si accorgono di questo, ma ciò accade perché «essi portano un pesante mantello di menzogne per coprirsi, come se ci fosse cattivo tempo nel mondo della sessualità». Sessualità repressa che esplode in malattia o ritorna in parecchi sogni. È analizzando questi sogni che Freud scopre la sessualità infantile. Sono i sogni degli adulti che, infatti, rimandano di frequente a desideri inesauditi, desideri inappagati della vita sessuale infantile.

 

Psicanalisi e Arte

 

Arte e Psicanalisi, per parlare di una connessione fra arte e psicanalisi incomincerò a darvi un’idea più specifica dei termini stessi.
Arte, deriva dal latino are, che significa “ il giusto e ordinato fare ” .
Deduco quindi che l’idea originaria da cui è nativo tale termine dica di uno studio dell’ordine e della tecnica stessa.
Si conoscono oltre all’arte grafica anche altre tipologie di arte di tipo pratico, meccanico, commerciale, letterario, della conoscenza, dell’impresa (intesa come produzione pragmatica), e ancora della guerra (del combattimento e della strategia), dell’agire e del creare in genere.
Dopo avere trattato di tali forme, vorrei concentrare l’attenzione su come si possa collegare questo grande mondo a quello sconfinato della psiche e più specificatamente alla psicanalisi.
Vi accorgerete, durante l’itinerario una più chiara e netta unione tra queste due discipline.
Dunque l’arte grafica, pittorica, di stampa, di scultura, d’immagine (video e cinema), teatrale, hanno come comune mezzo di comunicazione ciò che ha a che fare con lo sguardo con l’ascolto.
L’osservatore grazie a forme, colori, movimenti, associazioni, dissociazioni, forti provocazioni si lascia coinvolgere visioni, emozioni e sentimenti dell’autore.
L’Arte così detta “ visiva “ racchiude in se un numero grandissimo di discipline a partire dall’artigianato inventivo fino al video digitale.
L’Arte è ciò che l’uomo usa come suo mezzo più fortemente rappresentativo sia delle cose più comuni, e dello specifico e del proprio intimo.
Incomincio osservando la figura dell’artista secondo il luogo comune, per il quale egli è rappresentato e rappresentato come un uomo ambiguo, che racchiude in se la novità, l’inaspettato, la follia, la frenesia, la velocità, il genio, la trasgressione.
È sotto questo sguardo mistico che l’artista stravagante viene visto come una sorta di mago, di sciamano . Come per i popoli più antichi egli era un uomo, un mistero, una risposta, una magia quasi divina .
Chi non ha mai provato una sensazione d’infinito di perfezione idealizzata, di genuinità quasi divina osservando un’opera d’arte, qualcosa che sconfina oltre la vista dell’orizzonte che ci fa trovare soli in un universo così grande d’emozioni ? Certo, l’arte è provocatoria e porta con se l’uomo che l’ha creata e tutta la sua specificità . Per questo è unica e inimitabile .
Ma da dove deriva questa grande magia dell’arte ? sarà forse un vero mago l’artista? O un bravo illusionista ciarlatano ?
Nessuno dei due .
L’arte come rappresentazione può indurre nello specifico dell’osservatore una provocazione.
Quello che voglio dire è che un’opera può ispirare più emozioni di un’altra .
Quindi per un attimo dell’esplorazione vorrei soffermarmi nello specifico, lo specifico appunto come grande interesse della nuova scienza contro la mania generalizzante del luogo comune.
È appunto grazie alla ricerca interiore che si possono capire le situazioni esterne che ci colpiscono di più .
Ma come mai questo accade ? perché non si è tutti uguali davanti ad un’opera d’arte ?
L’inconscio, diceva Sigmund Freud un secolo fa, così sconosciuto porta l’uomo davanti a tante porte .
Molte volte questioni emergenti dell’artista, racchiuse nel suo inconscio, esposte in un quadro colpiscono appunto l’osservatore che per un dispositivo, non sempre consapevole, condivide o reagisce davanti a tali provocazioni .
Idee, fantasie, fantasmi, paure, alienazioni, terrore, amore, convinzione, idealizzazione, sono parole, solo parole, di cui molte opere raccontano l’esistenza.
Perché pensa che questa forte rappresentazione riguardi solo l’arte ? Perché ?
Perché proprio nell’arte e non anche nell’economia avara di Wall Street ?
Penso che comunque l’arte nell’uomo nasca da un bisogno quasi istintivo, che va a ricoprire quasi tutte le azioni di una vita, a partire dalle più piccole, dalle più scontate.
Come ogni uomo è specifico e diverso dall’altro così ogni sua azione sarà originale, in relazione a se stesso e i vari momenti del suo itinerario, della sua ricerca, ogni suo momento è unico e irripetibile.
Quindi l’arte come tale non sarà mai occasione di “noia” non ci sarà mai ripetizione, ma continua invenzione.
L’arte, secondo me, ha così condotto l’uomo fino ad oggi. Le grandi scoperte dell’uomo, partite dalle grotte primordiali e passate per le mani con pennino di Galileo, di Leonardo e Michelangelo e arrivate fino ad oggi con i nostri più moderni luminari che si esprimono a suon di “click” di mouse.
L’arte e la vita, è la grande ricerca intellettuale e culturale. L’arte è appunto tecnica, ordine, precisione e soprattutto invenzione, ricerca innovazione brillantezza e novità.
L’arte introduce l’equivoco inaspettato, l’apertura per nuove esplorazioni ed elaborazioni.
Vedo appunto tale spinta anche nel lavoro intellettuale promosso dalla Psicanalisi e dalla Cifrematica in tutta Europa che sgorga nel bel mezzo dei nostri tempi, il Secondo Rinascimento appunto.

 

 

L’Arte

L’arte , l’arte è nata nelle grotte ancora tra i cavernicoli.
L’arte come espressione , come denuncia , come sentimento.
Ancora oggi l’arte è identificata come pura dissidenza intellettuale.
L’artista molte volte scambiato per stravagante porta l’arte con se con il suo modo di fare con i suoi costumi particolari e la sua vita.
L’artista, come creatore , come ideatore , come genio portato “dall’ ispirazione” pulsionale.
Sembra quasi che l’artista moderno (dal 1900 in poi) porti con se la trasgressione in tutto ciò che fa.
Ma l’artista per essere tale deve per forza trasgredire la morale ?
Per molti si! Dove l’artista senza droga o trasgressione delle regole non è tale.
Ma qui c’è una confusione! L’artista non è trasgressione perché diverso o cosa.
L’artista è colui che porta attraverso l’arte i suoi più segreti sentimenti .
Come anche la tecnica, la tecnica non è altro che esperienza artigianale, quando mai un’artista viene accusato di non saper disegnare?
Difatti l’artista non ha bisogno di tecnica (a meno che non serva strettamente alla riuscita dell’opera) , perché l’arte non è tecnica è pensiero libero tra il colore e l’espressione!
L’arte come evoluzione , dove attraverso l’arte un popolo porta avanti la sua società dimostrando con le sue più grandi opere (non solo architettoniche) la sua più grande forza intellettuale .
L’intellettuale e la cultura non sono separate dall’arte ma ne fanno parte.
Per cui chi produce ciò che è invenzione  , ciò che è denuncia  , in modo interessante (ovviamente attraverso un percorso intellettuale) è appunto il nostro artista , che non per forza deve avere il pennello e la tavolozza in mano.
Ma anche una semplice penna!
L’arte, secondo me, è accrescimento , è studio , è ricerca , è novità!
L’arte non può morire ; l’arte è facente parte dell’uomo in continua evoluzione , dell’uomo alla ricerca ,
dell’intellettuale.

 

Il Surrealismo

Il Surrealismo nasce ufficialmente nel 1924 con la pubblicazione del “Manifesto del Surrealismo” di André Breton. Il movimento prosegue quella che era stata la ricerca dadaista, esaltandone i caratteri di opposizione al formalismo cubista, di rivolta nichilista, di esaltazione del non senso e dell’irrazionale e riprendendone l’uso di elementi di automatismo psichico e di casualità.
Rifacendosi alla psicanalisi freudiana il Surrealismo si propone di trasferire nell’immagine, nella scultura, nella letteratura e nel cinema ciò che emerge dai luoghi più remoti dell’io e dell’inconscio, svelando pulsioni, desideri e sogni nascosti. Accanto a questa fondamentale premessa culturale, importante componente del Surrealismo fu anche la pittura metafisica che, con l'opera di De Chirico (il pittore partecipò per un breve periodo alle attività del gruppo surrealista), già ne delineava alcuni tratti salienti: accostamenti inediti di oggetti, senso di vuoto, paralisi e alienazione dovuta a particolari prospettive, costruzioni geometriche e alle atmosfere pregnanti, ambigue e sature di mistero. Non rivolgendosi al solo specifico fare e ricercare artistico, ma pure al contesto sociale e politico in cui si muove, con il dichiarato proposito di criticare, mettere in crisi e scandalizzare, il Surrealismo rientra a pieno fra le correnti avanguardistiche.
La definizione che lo stesso Breton offre del termine Surrealismo è: “Automatismo psichico puro, con il quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo,

il funzionamento reale del pensiero [...] in assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di qualsiasi preoccupazione estetica o morale”.
Accanto ai poeti raccolti intorno alla figura del poeta-scrittore-psichiatra Breton confluiscono a Parigi pittori e scultori di diversa provenienza: Joan Mirò, Yves Tanguy, André Masson, René Magritte, Salvador Dalì, Hans Arp, Man Ray, Paul Delvaux, Max Ernst e il regista Luis Buñuel.

Gli artisti contribuiscono con apporti personalissimi producendo opere molto diverse, aderendo allo spirito eterogeneo e polimorfo del movimento e rinnegando ogni codice stilistico e ogni formalizzazione tecnica o tematica. La battaglia surrealista si svolge nell’arco di un quindicennio, fino alla vigilia del secondo conflitto mondiale; la rapida diffusione fra Europa, America e Giappone è favorita dal clima politico e sociale e dalla tensione internazionale che forniscono una ricca e attuale tematica di ispirazione, trasformate dai Surrealisti in immagini mostruose e terrifiche.

 


Le influenze del Surrealismo


Il contributo fornito dal movimento surrealista all'arte contemporanea è di fondamentale importanza. Avvia un percorso che troverà la sua massima espressione specialmente nel secondo dopoguerra, come ad esempio nella scrittura automatica dell'Action Painting americana e che influenzerà anche alcune espressioni artistiche degli anni Sessanta.
Ce ne rendiamo conto prendendo in considerazione il lavoro di alcuni Surrealisti.
L’artista tedesco Max Ernst, dopo un periodo dadaista, in cui è attivo nel gruppo di Colonia con Hans Arp, per realizzare la sua poetica surrealista si avvale della tecnica dello "straniamento", dell'accostamento cioè di elementi estranei fra loro, di natura assolutamente diversa, con esiti sorprendenti.
Ernst trasforma i linguaggi popolari dell'illustrazione e del feuilleton creando opere che trasudano inquietudine, soprattutto allo scopo di sovvertire le regole e le certezze dell'immaginario collettivo del suo periodo. Sperimenta e trova dapprima nel collage la tecnica più idonea per la formalizzazione del suo pensiero, in seguito realizza opere attraverso la tecnica del "frottage", con un processo casuale, che consiste nello strofinare la matita o il colore su di un foglio appoggiato ad una superficie ruvida per poi sviluppare, sull'immagine così risultante, tracce e suggestioni.
All'interno del Surrealismo assume grande rilievo l'opera di René Magritte, influenzato allo stesso tempo dalla spazialità metafisica di De Chirico e dallo "straniamento" di Ernst.

Muovendosi nella ricerca di nuove forme di comunicazione e di relazione tra gli uomini e le cose, realizza opere che rappresentano immagini familiari, accostate però imprevedibilmente e trasformate in modo da stravolgere l'idea che si ha di esse e delle relazioni che normalmente suggeriscono. In questo modo fa cadere ogni barriera e ogni rapporto negli usuali schemi mentali, che servono a classificare interno ed esterno, contenitore e contenuto, oggetto e nome dell’oggetto. Inoltre nel quadro altera i rapporti prospettici e di scala tra gli oggetti e le figure.
Nella sua opera famosa "Questa non è una pipa" del 1929, Magritte scardina, per ridefinirle, le usuali corrispondenze tra l'oggetto, la sua immagine e la sua definizione verbale, ponendo anche le basi per quell'arte che negli anni Settanta prende il nome di "Concettuale", a conferma che la sua operazione artistica surrealista non è visionaria, ma si sviluppa dopo una attenta analisi degli elementi rappresentativi e significativi dell'immagine dipinta.
La rappresentazione magrittiana, spesso asciutta, non concede nulla di più a ciò che è strettamente necessario per esprimere l'idea. Proprio questo tipo di figurazione, realizzata con la semplicità didattica dei libri per l’infanzia, esercita a partire dagli anni '60 la propria influenza sulla cultura artistica della pop art, sulle immagini dei mezzi di comunicazione di massa, oltre che, come già detto, sull’arte concettuale.
Tra gli esponenti di rilievo della ricerca surrealista, per la personale chiave di lettura, va annoverato André Masson, che elabora a partire dal 1924 una sua "scrittura automatica" particolarmente veloce e convulsa: una immediata trascrizione degli impulsi trasmessi dalla parte oscura della coscienza. Nella sua opera egli mantiene i riferimenti iconografici al mondo naturale e biologico ed è abile manipolatore di forme e materiali, come testimoniano i suoi celebri dipinti sulla sabbia, materiale che gli permette di sperimentare sulla superficie cromie e matericità sempre diverse e nuove.

Durante un soggiorno americano negli anni '40 l'opera di Masson si appropria di elementi del mondo primitivo dell'arte indiana, che attira l'attenzione dei surrealisti non tanto attraverso una rimeditazione delle forme, quanto sulla possibilità di evocazione del "feticcio", del lato cioè magico e oscuro e degli enigmi che lo accompagnano.

Se non sotto l’aspetto teorico e letterario, la ricerca delle nuove forme espressive praticate da Masson, costituiscono un punto di riferimento e una condizione fondamentale per le basi di alcune forme espressive come ad esempio per l’arte informale.

Italo Svevo e la “coscienza di Zeno”

  1. -La coscienza di Zeno- Del tutto nuovo e più importante è il terzo romanzo -La coscienza di Zeno-, in cui il protagonista Zeno, ormai vecchio, ricorda la vita passata. Quindi il romanzo parla della sua vita non come è stata veramente, ma come Zeno la vede e a mano a mano la ricorda, unendo passato e presente. In questo libro l'uomo va, quindi, alla ricerca del tempo passato e perduto come nei romanzi di Proust, in cui si cerca una spiegazione alla vita presente ricordando il passato. Quindi Zeno non esiste veramente per quello che è ma come la coscienza di Zeno, perchè egli vede la sua vita come una ricerca continua di motivi in una unione di presente e passato. Da ciò si ha una mancanza di fede nella razionalità dell'uomo e del mondo e si ha un senso di solitudine e di alienazione (sentirsi estraneo al mondo e alla vita che si vive) che sono la caratteristica della letteratura del '900. Poiché la crisi di Zeno è esistenziale, cioè crisi dell'uomo, in questo romanzo sembra che tutti gli uomini prima o poi saranno abbattuti da una tragedia cosmica universale. A proposito di ciò, di questa specie di malattia che rovina il mondo (Montale), nel romanzo si sente pure il desiderio di salvarsi ma anche la mancanza disperata di fede nella salvezza. Per questo tipo di romanzo psicologico Svevo usa il monologo interiore, perché non canta più il racconto ordinato ma i fatti sono esposti in modo vario e privo di razionalità, in cui presente e passato si alternano e si insiste molto su fatti che sembrano poco importanti ma che servono a far capire la psicologia e la vita del personaggio; per esempio, il poeta insiste molto nel farci vedere gli sforzi di Zeno per smettere di fumare, ma inutilmente.

 

Carlo Scarpa

Carlo scarpa (Venezia 1906 - Sendai 1978) è considerato uno dei maggiori architetti del Novecento.
Si forma nell’ambiente veneziano, frequentando artisti e intellettuali che incontra alla Biennale e all’Accademia di Belle Arti, presso la quale, nel 1926, si diploma professore di disegno architettonico.
Dal 1933 al 1947 è consulente artistico dell’industria vetraria Venene; alla sua personale e  creativa tradizione tecnica muranese si devono alcuni dei vetri più originali e affascinanti nella storia del design.
E’ in quest’ambiente che si forma l’interesse di Scarpa per l’oriente, le arti plastiche applicate con particolare attenzione in un primo periodo alla Secessione viennese (Hoffmann, Loos, Wagner) e in seguito all’architettura organica di Frank Lloyd Wright.
Dopo un periodo nello studio del professor Birilli, Scarpa viene introdotto all’istituto universitario di Architettura di Venezia, dove inizia , nel 1926, l’attività didattica, che si protrarrà fino al 1976, e del quale sarà direttore dal 1972 al 1974.
A partire dal 1948, con l’allestimento della mostra retrospettiva di Paul Klee, Scarpa inizia una lunga collaborazione con la Biennale di Venezia.
La capacità di trasformare gli spazi mediante la ricerca di soluzioni inedite nella scelta dei materiali, nei rapporti cromatici, nel sapiente controllo della luce, lo rendono maestro nell’arte di mostrare l’arte.

Il premio Olivetti, che Scarpa riceve nel 1956, intende valorizzare proprio il suo impegnoin questo ambito progettuale.
A testimonianza di un immenso e straordinario lavoro restano gli oltre ventimila disegni che sono conservati presso l’archivio Carlo Scarpa di Trevignano (Treviso).
Tra le numerose realizzazioni, relative all’abitare, all’urbanistica nei centri storici e al paesaggio, ricordiamo:il negozio Olivetti a Venezia (1957-1958), la villa Veritti ad Udine (1955-1961),la casa Ottalenghi a Bardolino (1974-1978), la sede della Banca Popolare di Verona (1969-1978).
Nonostante la chiara fama e il suo straordinario operato, passeranno decenni prima del conferimento della laurea honoris causa in architettura (1978).
Muore in un banale incidente in Giappone.

La museografia di Carlo Scarpa si inserisce nel panorama architettonico italiano del secondo dopoguerra, all’interno del contesto di ricostruzione e del complesso rapporto tra antico e nuovo, tra tradizione e modernità. La sua geniale abilità nell’integrare le strutture del passato con l’innovazione del presente esprime una profonda conoscenza della storia riconducibile alla sua formazione . le influenze dell’arte orientale e la combinazione con la cultura figurativa del neoplasticismo olandese, il Movimento Moderno e l’architettura organica danno luogo a un linguaggio architettonico del tutto inedito e peculiare.
Memorabili furono alcuni allestimenti di mostre che talora diedero inizio alla sistemazione di alcuni tra i più importanti musei italiani.
Tra le sue sistemazioni museografiche figurano alcuni tra i più significativi musei italiani: il Museo Carter a Venezia (1957-1960).
Le Gallerie dell’Accademia a Venezia (1944-1949).
L’allestimento e la sistemazione della Galleria Regionale di Palazzo Abatellis a Palermo (1953/54).

 

L’allestimento delle prime sale e del Gabinetto Disegni e Stampe delle Gallerie degli Uffizi a Firenze (1954-1956/1957-1960).
L’ampliamento della Gipsoteca Canoviana a Passano (1955/57).
La manifestazione del piano terreno e del giardino della fondazione Quercini Stampalia a Venezia (1961/63).
Il restauro e l’allestimento del Museo di Castelvecchio a Verona (1958/64).
Il Museo delle armi al castello a Brescia (1971).
A Verona, Carlo Scarpa cura il restauro e l’allestimento del Museo di Castelvecchio tra il 1958 e il  1964 e apporta successivi ampliamenti, nel 1969/70 e nel 1975.
Castelvecchio è il risultato di una stretta ed esemplare collaborazione tra due diverse competenze, quella del committente e direttore del Museo, Licisco Magagnato, e quella dell’architetto.
L’immagine di castelvecchio oggi è inscindibile da quella dell’intervento di Carlo Scarpa, che ha lasciato un segno indelebile.
Oltrepassato il ponte levatoio, il visitatore accede al castello scaligero ha la possibilità di godere della sistemazione del giardino, uno dei rari esempi in Verona di giardino contemporaneo.
Di particolare fascino il sacello decorato con intarsi marmorei di diversi colori e di ispirazione mondriana.

La sistemazione della Galleria delle sculture costituisce una delle più alte lezioni del sistema compositivo scarpiano: una sottile combinazione di equilibri tra sistemazione architettonica ed esposizione delle opere crea una sequenza spaziale senza precedenti, che rende l’esperienza della visita al museo ricca di emozioni, con stimoli ad una lettura estetica e figurativa.
I lavori di restauro hanno portato alla luce i resti dell’antica struttura del castello , tra cui la Porta del Morbio , antica porta che si apriva nella cinta cittadina del XII secolo.

 

In prossimità di questo luogo denso di storia e in un punto nodale del percorso, è stata collocata la stautua equestre di Cangrande, proveniente dalle Arche scaligere, uno dei più interessanti esempi di scultura trecentesca europea.
La collocazione richiese una attenta e accurata analisi da parte dell’architetto e non fu facile trovare una soluzione per relazionare la statua con il percorso interno al museo e nel contempo esporla all’esterno con i dovuti accorgimenti per la conservazione dell’opera.
Il risultato finale è uno straordinario rapporto della statua di Cangrande con l’intorno costruito da un sistema di scale, passerelle e punti di vista che rendono emblematica la sistemazione della scultura.
La continua ricerca della perfezione e del dettaglio, che caratterizza l’opera di Carlo Scarpa, è testimoniata dal fondo di 636 disegni conservati presso il Gabinetto Disegni e Stampe del Museo che costituiscono una preziosa documentazione del progetto.

 

Fonte: http://www.studenti.it/download/didattica/arte_psicanalisi.doc

Sito web da visitare: http://www.studenti.it

Autore del testo: studenti.it

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