Definizione e caratteristiche del bullismo

Definizione e caratteristiche del bullismo

 

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

Definizione e caratteristiche del bullismo

Definizione e caratteristiche del bullo

Per familiarizzare con i termini di bullo e vittima è necessario offrire una descrizione  particolareggiata delle loro caratteristiche. I bulli sono coloro che agiscono le prepotenze. Una caratteristica distintiva, implicita nella loro  stessa definizione è l’aggressività verso i coetanei. Spesso, i bulli sono aggressivi anche verso gli adulti, sia genitori che insegnanti. Generalmente, hanno un atteggiamento più positivo verso la violenza e verso l’uso di mezzi violenti. Sono caratterizzati da impulsività e da un forte bisogno di dominare sugli altri. Hanno spesso un’opinione positiva di se stessi. Se sono maschi tendono ad essere fisicamente più forti dei loro coetanei in generale e delle vittime in particolare. I bulli mostrano poca ansia ed insicurezza. Secondo Olweus, ciò che caratterizza i bulli è un modello reattivo aggressivo associato alla forza fisica. Boulton e Underwood (1992), intervistando individualmente i bambini precedentemente identificati come bulli, sulle possibili cause della loro prepotenza, hanno riscontrato che, nella maggior parte dei casi, i bulli giustificano il loro comportamento a partire da una provocazione della vittima, ma, con una percentuale di risposta piuttosto alta, dichiarano che è perché non comprendono né condividono i sentimenti della vittima. Una ricerca italiana (Fonzi, Menesini 1997) evidenzia a carico dei bulli il meccanismo di attribuzione della colpa alla vittima e di “de-umanizzazione”, allo scopo di giustificare la propria condotta. I bulli sono spesso circondati da un gruppo di due o tre coetanei, da cui sono sostenuti e che simpatizzano per loro (gregari).

 Definizione e caratteristiche della vittima
(passiva o sottomessa)
Le vittime sono solitamente più ansiose ed insicure degli studenti in generale. Sono spesso caute, sensibili e calme. Se attaccate da altri studenti, in genere reagiscono piangendo e chiudendosi in se stesse. Soffrono di scarsa autostima e hanno un’opinione negativa di sé e della propria situazione. Si considerano fallite e si sentono stupide, timide e poco attraenti. Vivono a scuola una condizione di solitudine e di abbandono. Non hanno un buon amico in classe. Non sono soggetti aggressivi, né molesti, per questo non si può spiegare il bullismo attribuendolo alle provocazioni delle vittime stesse. Hanno un atteggiamento negativo verso la violenza e l’uso di  mezzi violenti. Se sono maschi, probabilmente sono fisicamente più deboli della media. Sembra che il loro comportamento e atteggiamento segnali agli altri l’insicurezza, l’incapacità e l’impossibilità di reagire di fronte agli insulti ricevuti. Le vittime sono descritte da Olweus, come caratterizzate da un modello reattivo ansioso o sottomesso, associato, (nel caso dei maschi) alla debolezza fisica.

 Definizione e caratteristiche del bullo/vittima
Esiste, poi, un'altra figura all’interno del complesso fenomeno del bullismo. È il bullo/vittima, un attore che è contemporaneamente vittima e carnefice. Le peculiarità che permettono di individuare questa figura nel gruppo sono molteplici. In genere i bulli/vittime sono  coloro che vengono nominati dai compagni come quelli che al tempo stesso fanno e ricevono prepotenze. Questi soggetti risultano meno popolari sia dei bulli che delle vittime. Sono nominati  dai pari come coloro che spesso cominciano gli scontri e sono giudicati poco cooperativi. Frequentemente provocano gli altri, sono facilmente eccitabili (possono essere descritti come bulli inefficaci, perché non riescono a mantenere il potere). Sono più attivi, hanno una maggiore fiducia in e stessi rispetto alle vittime. Si comportano in modo da creare tensione e irritazione nei compagni; stuzzicano e scherniscono ripetutamente ed hanno un temperamento impulsivo. Quando i compagni reagiscono, essi contrattaccano spesso inefficacemente.
L’alto livello di coinvolgimento affettivo con cui partecipano alle azioni impedisce loro di interrompere la lotta e spesso forzano il loro atteggiamento di prepotenti nel tentativo di unirsi al gruppo, così da essere considerati troppo insistenti. Olweus ha stabilito che le vittime provocatrici sono caratterizzate da una combinazione di entrambi i modelli reattivi, quello ansioso e quello aggressivo.
 Cause del bullismo individuate dalla letteratura
Al di fuori della letteratura esistente la discussione intorno al fenomeno del bullismo, purtroppo, soffre per la diffusione di alcuni luoghi comuni. L’analisi delle ricerche ha portato invece alla eliminazione di queste credenze condivise non suffragate da risultati. Se era opinione comune che i bambini portatori di caratteristiche fisiche particolari come i capelli rossi, l’obesità, gli occhiali fossero “vittime predestinate”, la letteratura esistente indica che coloro che subiscono le prepotenze dei prevaricatori non sono portatori di caratteristiche fisiche particolari almeno per quanto riguarda l’epoca presente. (Sharp e Smith, 1994)
Secondo un’opinione diffusa, il bullismo sarebbe una conseguenza della competizione scolastica per il conseguimento di buoni voti. In particolare, si afferma che spesso il comportamento aggressivo dei bulli verso i propri coetanei debba essere considerato come una reazione alle frustrazioni e ai fallimenti scolastici. I dati emersi dimostrano che ciò non trova riscontro nella realtà. Bulli e vittime sembrano riportare voti più bassi della media. (Olweus 1978, 1993)
Una possibile causa del bullismo è data dall’indebolirsi del controllo dell’inibizione nei confronti delle tendenze aggressive. L’osservazione di un modello che viene “ricompensato” per il comportamento aggressivo manifestato (la vittoria sulla vittima), o viene blandamente punito, porta ad una diminuzione delle “inibizioni” dell’osservatore nei confronti della propria aggressività. L’educatore generalmente permissivo e tollerante, non ponendo chiari limiti al comportamento aggressivo del bambino verso i coetanei, crea le pre-condizioni per lo sviluppo delle condotte aggressive (Olweus 1996). Le probabili cause psicologiche che soggiacciono al comportamento del bullo sono tre.
1) I bulli hanno un forte bisogno di potere e di dominio, sembrano godere nel sottomettere e controllare gli altri.
2) Considerando le condizioni familiari, spesso inadeguate, nelle quali molti di essi sono stati allevati, è naturale ipotizzare che abbiano sviluppato un certo grado di ostilità verso l’ambiente.
3) “Componente strumentale”: i bulli costringono spesso le vittime a procurare loro denaro, sigarette, oggetti di valore ecc.

Risultati delle principali ricerche internazionali sul bullismo
Siamo giunti alla disamina dei risultati delle principali ricerche internazionali sul bullismo che, essendo un fenomeno studiato in modo approfondito dalla comunità scientifica da non molti anni, risultano essere anche recenti e quindi utili per possibili comparazioni con ricerche successive. Il bullismo tende universalmente a decrescere con l’aumentare dell’età. Il livello di partecipazione verso la vittima è più alto verso i 7/8 anni, decresce fino ai 14/15 anni (in cui raggiunge il livello più basso) e poi risale. (Olweus 1996)
La percentuale delle femmine coinvolte nel fenomeno del bullismo è minore di quella dei maschi. (Olweus 1996) Le femmine sono più coinvolte in episodi di bullismo indiretto rispetto ai maschi. I maschi sono, per gran parte responsabili del bullismo rivolto alle femmine. (Olweus 1996)
Gli insegnanti non sembrano mettere in atto strategie di intervento diretto per contrastare questo fenomeno a scuola. Nella scuola media essi sembrano trascurare i momenti della discussione con gli studenti. Il 40% degli studenti vittime nelle scuole elementari e il 60% nella scuola media hanno riferito che gli insegnanti hanno tentato di bloccare tale fenomeno solo “una volta ogni tanto” o “quasi mai” (Olweus 1996) Il bullismo indiretto è la forma maggiormente agita dalle femmine, i maschi si orientano prevalentemente verso l’aggressività di tipo diretto.
Essere coinvolto nelle relazioni di bullo o vittime può avere delle conseguenze a lungo termine. Coloro che hanno agito comportamenti aggressivi nell’infanzia tendono, con maggiore probabilità dei compagni non aggressivi, ad incorrere in problemi di criminalità in età successiva. Coloro che, invece, sono stati oggetto ripetutamente nel tempo di molestie e tormenti, rispetto ai coetanei non prevaricati, risultano maggiormente esposti al rischio di depressione e scarsa autostima e, nei casi più gravi, al suicidio. Alcuni bulli sono apprezzati e funzionano da leader entro bande di ragazzi. (Cairns, Neckerman, Gest e Gariepy, 1998).
LA RICERCA QUALITATIVA.
L'importante in ogni ricerca, sia essa di tipo qualitativo, che quantitativo è sapere cosa cercare, il come ne é una conseguenza, perché é la cosa cercata che impone una o l'altra delle metodologie. La ricerca qualitativa si presta ad essere applicata a situazioni micro-relazionali, reali, quindi osservabili e affrontabili soltanto da vicino. In queste situazioni il ricercatore deve immergersi, non deve rimanere uno spettatore impassibile, ben conscio però che la sua soggettività andrà ad influire sulla rilevazione dei dati che sta compiendo. E questo fatto non deve essere sentito come una fonte inquinante, (forse perchè dal particolare non si può trarre nessuna generalizzazione?) ma come una risorsa, perchè è in grado di rivelare la presenza di elementi che sfuggono invece ad ogni determinazione di tipo oggettivistico. Blanchet ci ricorda, a questo proposito, che "la soggettività del prodotto informativo è una proprietà intinseca ad ogni tipo di intervista e, per questo, l'informazione "estratta" dalla biografia di B, suppone un'ulteriore attività di manipolazione (attraverso l'analisi del contenuto) da parte di A, corrispondente all'inevitabile interpretazione del messaggio raccolto". Il ricercatore che si avvale di un'analisi qualitativa, opera per raccogliere impressioni, rappresentazioni individuali o collettive di specifici fatti e esperienze umane, la loro analisi e disaggregazione allo scopo di far luce sui fatti immediatamente visibili, o di portare alla luce i fatti non immediatamente percepibili, che stanno sotto il mondo delle nostre immediate percezioni quotidiane, non opera dunque sui grandi numeri, né si avvale di strumenti matematici. Egli in questo senso, non è interessato al numero dei casi, ma alla enucleazione del maggior numero di aspetti e informazioni ricavabili dal caso umano singolo o contestuale. Il lavoro micro-pedagogico del ricercatore si svolge quindi per ingrandimenti e per focalizzazioni lente o repentine, volte a cogliere la parte come un tutto in sé. Il particolare riconduce alla totalità-complessità e il frammento diventa l'oggetto della ricerca perchè il particolare non rimanda che a se stesso. Per poter ottenere quelle informazioni che rivelino l'essenziale delle situazioni analizzate, il ricercatore dovrà badare non solo ai fatti che agiscono nel sistema e alle norme interne (senza però doversi preoccupare se le regole individuate valgono anche in altri contesti), ma soprattutto ai suoi attori e ai loro interventi più significativi, cercando di stabilire contatti diretti con essi. Inoltre per accedere alla qualità dei fenomeni, dovrà analizzarli da più punti di vista (dall'esterno e dall'interno). La ricerca di tipo qualitativo, avviata più da un'idea guida, che da un'ipotesi o gamma di enunciati da verificare, resta comunque sempre aperta a variazioni e ad aggiustamenti, che possono intervenire strada facendo. In tal senso, il ricercatore qualitativo, deve essere per primo disponibile a tollerare l'ansia delle modificazioni inevitabili che un simile percorso reca con sé, a servirsi di organizzatori mentali sicuri ma, allo stesso tempo, propenso a rielaborare il proprio pensiero. In ogni caso, il ricercatore qualitativo è consapevole del fatto che impara nel corso della ricerca. E questa, si configura quindi sempre come un "viaggio esistenziale" oltre che professionale. Quindi un'ulteriore caratteristica della ricerca qualitativa è costituita dalla sua inevitabile valenza trasformativa. Non solo perchè si fa ricerca qualitativa per scoprire che cosa è possibile cambiare, ma perchè l'inclusione del ricercatore cambia di fatto la situazione ingerendo nuovi equilibri o squilibri. Inoltre il ricercatore qualitativo, per il fatto che opera nella complessità e nell'incertezza non è esonerato dall'operare con ragionamenti coerenti rispetto agli intenti, alle mosse operative, alla finalizzazione del lavoro; al contempo deve dar conto, a se stesso e agli altri, delle risorse metodologiche cui ricorre.

 

L’intervista
Per superare i molti limiti insiti nella semplice osservazione, la ricerca sociale  ha sviluppato enormemente quello che rappresenta il suo strumento scientifico per eccellenza, e cioè l'intervista.
Il grande limite dell'intervista sta nel fatto che questa si riferisce a dei resoconti e non a dei fatti. Il soggetto dice e non agisce. Si tratta in pratica di una testimonianza, benchè in genere autorevolmente riferita a se stessi, e non di un evento. Ciò significa che bisogna fidarsi della veridicità di quello che il soggetto ci riferisce, senza poterne mai essere del tutto sicuri.   
Si può ritenere che l'individuo esprima, in genere, quella che gli sembra essere la verità, non avendo verosimilmente motivi per mentire. Il rischio del falso resta comunque sempre in agguato. Può capitare che il soggetto non voglia essere sincero, in quanto ritiene che la verità possa nuocergli o rappresentare comunque un fatto privato. Può capitare che non sia in grado di rispondere correttamente, perchè in effetti non conosce bene il problema. L'intervistato può semplicemente si sbagliarsi (come è umano) pur nutrendo tutte le migliori intenzioni di essere sincero.  
Va del resto sottolineato che tutta l'indagine sociale  consiste nella costruzione di un qualcosa che in linea di massima non esiste materialmente, ma che viene costruito attraverso la rilevazione. L'immagine di un prodotto, la soddifazione per un servizio, l'impatto di un messaggio, non corrispondono a nessun oggetto fisico. Si tratta di pensieri. Eppure queste sono le variabili chiave su cui si struttura il comportamento dell'individuo stesso, con tutti i riflessi del caso. Un problema rilevante per l'intervista è rappresentato anche dalla sua natura di rapporto interpersonale, che può risentire in vario modo (nel bene e nel male) delle dinamiche di relazione che si instaurano fra intervistatore e intervistato. Pur con le debite eccezioni, non sembrano peraltro esservi sistemi altrettanto efficaci per accedere a quella specie di affascinante "scatola nera" che è la mente del prossimo.
Esistono diversi tipi di intervista, che si distinguono principalmente per il differente grado di formalizzazione. Quando l'intervista è molto libera, nel senso che non vi sono domande rigide e precise mentre il rapporto tra intervistatore e intervistato viene costruito di volta in volta a seconda delle circostanze, allora si parla in genere di "colloquio". Il colloquio è uno scambio di comunicazioni tra due (o più) persone. Viene definito "in profondità" per la sua pretesa di andare quanto più possibile al di là delle prime e più superficiali valutazioni, per raggiungere il vero cuore (nascosto ma determinante) del rapporto cognitivo e simbolico che intercorre fra l'intervistato e l'oggetto dell'intervista. Nel colloquio interessa tutto ciò che viene detto (ma anche ciò che si evita attivamente di dire), al di là dello stretto tema in discussione.  Il termine colloquio deriva dalla pratica della psicologia clinica (e infatti un colloquio di marketing viene anche detto, in gergo, "una clinica"). La differenza rispetto al colloquio clinico vero e proprio consiste nel fatto che quest'ultimo viene attuato per interesse e volontà del soggetto, mentre nel caso della ricerca sociale l'iniziativa e gli scopi da perseguire sono di pertinenza soprattutto del ricercatore. In altre parole: nel primo caso il gioco è condotto dal cliente; nel secondo dall'intervistatore. Sia nel caso della ricerca sociale che in quello della psicoterapia sono comunque presenti entrambe le dimensioni. L'intervistato prende infatti spunto dal colloquio per esprimere dei suoi sentimenti profondi, mentre lo psicologo è sempre interessato anche a raccogliere delle informazioni (sulle dinamiche interiori del paziente).  
Il colloquio di ricerca viene detto anche "non direttivo", nel senso che si rifà alla concezione espressa dallo psicologo Carl Rogers. Tale non-direttività riguarda essenzialmente il fatto che la dinamica del rapporto viene lasciata allo spontaneo gioco delle parti e dei sentimenti, senza cercare di indirizzarla in nessun modo. Nella ricerca motivazionale qualitativa il colloquio si ispira largamente al principio della massima libertà per le verbalizzazioni del soggetto, e può durare anche diverse ore. L'intervistato parla praticamente di tutto ciò che gli passa per la mente, sulla base di spontanee associazioni originate da un ristretto numero di stimoli proposti dall'intervistatore. Nella maggior parte dei casi, però, chi conduce il colloquio tende in linea di massima a riportare l'intervistato al tema che maggiormente interessa, pur lasciandogli sempre un certo spazio di divagazione.   
A tale impostazione "motivazionale" classica si è andato dunque progressivamente sostituendo un metodo in qualche modo più rigido, che si mantiene su di un piano di grande libertà ma seguendo uno schema relativamente sistematico. Si parla allora di colloquio semi-direttivo, nel senso che le associazioni libere vengono limitate, la quantità di stimoli offerti dall'intervistatore è maggiore, possono esservi delle vere e proprie domande, e la durata complessiva si colloca in genere tra una e due ore.  La domanda fondamentale che l'intervistatore ha in mente è il "perchè?" di quanto l'intervistato esprime. L'obiettivo è di andare oltre le risposte di facciata, pur senza affogare in solipsismi affabulatori. Ciò che rende efficace il colloquio come fonte di dati è la capacità dell'intervistatore a porre le domande e a creare una atmosfera rassicurante, rilassata e tranquilla per l'intervistato.   
LA RICERCA QUANTITATIVA
Con le ricerche quantitative si raggiunge l'obiettivo di quantificare un fenomeno e di esprimerne le sue caratteristiche sotto forma di dati percentuali. La ricerca quantitativa necessita della costruzione di un campione rappresentativo della popolazione al quale verrà somministrato un questionario con la tecnica di ricerca ritenuta di volta in volta più opportuna (interviste, questionari, ecc.) tenuto conto del target da raggiungere e delle eventuali difficoltà che si presentano durante la fase operativa.
La metodologia quantitativa è utilissima nel caso in cui si intende misurare l'intensità di un fenomeno e non è raro che attraverso l'analisi dei dati elaborati con l'uso di specifici software che permettono di eseguire incroci a variabili multiple  si pervenga a risultati sorprendenti rispetto a quelli "intuiti" dal committente. L'applicazione di questa metodologia di ricerca permette di predisporre una scala di priorità dei provvedimenti decisionali da adottare.

 

Fonte: https://ciamp.files.wordpress.com/2010/10/definizione-e-caratteristiche-del-bullo.doc

Sito web da visitare: https://ciamp.files.wordpress.com

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.

 

Definizione e caratteristiche del bullismo

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

Definizione e caratteristiche del bullismo

 

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco

www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve

 

Argomenti

Termini d' uso, cookies e privacy

Contatti

Cerca nel sito

 

 

Definizione e caratteristiche del bullismo