Codice materno e paterno

Codice materno e paterno

 

 

 

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Codice materno e paterno

CODICE MATERNO

 

Il codice è un sistema di segni dai significati condivisi che ci permette di comunicare.
I significati, ovvero le cose che vogliamo comunicare, sono inizialmente solo all’interno della nostra mente. Per poter uscire all’esterno devono essere codificati, ovvero tradotti in suoni, gesti, segni che possiedono un significato condiviso.
Il bambino piccolo deve apprendere questo sistema di codici per leggere la realtà, le sue sensazioni, le sue percezioni e i suoi stati d’animo e questo apprendimento primario avviene proprio attraverso il contatto e la relazione con le figure che si prendono cura di lui.
I codici affettivi costituiscono dei sistemi di valutazione della realtà, e combinati con l'informazione che proviene dall'esterno decidono a quale combinazione dare vita, quali personaggi attivare.
Per il processo di crescita di un bambino è indispensabile l'apporto cooperativo di tutti i codici affettivi. È necessario integrare e armonizzare i diversi codici tra loro, superando la scissione e la contrapposizione. La democrazia affettiva, punto centrale di ogni processo di crescita, si può raggiungere, infatti, attraverso la compresenza e l'integrazione armonica dei diversi codici affettivi, tutti legittimi e funzionali.

Codici educativi
In ambito pedagogico si può parlare di due codici distinti che guidano l’agire educativo: il codice educativo materno e il codice educativo paterno. Per capire la differenza tra codice materno e codice paterno e l'importanza di un equilibrio tra i due per garantire ai nostri bimbi un armonioso sviluppo psicologico ed emotivo, bisogna subito chiarire che quando parliamo di codice materno e codice paterno non ci riferiamo alla figura propria della donna e dell’uomo, alla mamma e al papà nello specifico, ma a degli stili comportamentali, esattamente dei codici, di tipo materno e paterno, a dei diversi atteggiamenti e diverse modalità con cui si possono affrontare i processi di crescita dei figli.
Non dobbiamo pensare ai due codici come a due polarità, una più importante dell'altra, ma ad un bilanciere, un continuum alle cui estremità abbiamo i due poli. A seconda dell'età e della circostanza, una polarità assume più peso rispetto all'altra. Entrambi i codici educativi sono necessari per consentire un corretto sviluppo psicofisico de bambino.

 

Codice materno e paterno
Il codice materno è incentrato sul principio di appartenenza e sulla soddisfazione dei bisogni.
Quando parliamo di codice materno facciamo riferimento a tutti quegli elementi di accudimento, protezione, fiducia tipici della relazione primaria con chi si prende cura del bambino, il caregiver. La madre è, nella maggioranza dei casi, la prima persona che si occupa del bambino e instaura con lui una relazione sensoriale, affettiva ed emotiva inscindibile, una diade.
Tuttavia, il codice materno (accudimento, protezione, fiducia) appartiene e deve appartenere anche ad altre figure, come il padre, i nonni, il Nido.
Il codice educativo materno, più incline all’empatia, all’accoglienza, alla protezione, alla cura ed alla vicinanza fisica è la sorgente a cui il bambino attinge in tutto il primo anno di vita. Il legame simbiotico che caratterizza la relazione con la madre tutela l’attaccamento e la sicurezza affettiva, condizioni indispensabili per uno sviluppo armonico e per i processi di autostima. Ma verso il terzo anno il bambino è spinto naturalmente alla ricerca della sua autonomia, di una indipendenza e differenziazione dalla madre. E’ il periodo in cui i bambini vogliono fare da soli e determinarsi attraverso quei continui “NO, non lo faccio” che testimoniano la volontà di affermarsi come soggetti pensanti. In questo passaggio di crescita il bambino va sostenuto ed orientato, altrimenti non potrà imparare a riconoscere i limiti e le regole condivise del nostro vivere comune.
Nella famiglia attuale assistiamo ad una prevalenza di accudimento, protezione, controllo sui bambini, accentuando i caratteri di dipendenza piuttosto che di autonomia.
Se, tuttavia, in ambito educativo assistiamo a una preponderanza di codice materno, che si è strutturata nel tempo nel modello della famiglia affettiva e che con la sua caratteristica simbiotico-fusionale è all’origine delle malattie dell’educazione, il codice paterno non ha ancora trovato un sua corretta strutturazione e collocazione. L’apoteosi odierna di figure genitoriali, maschili e femminili, che assumono esclusivamente o quasi atteggiamenti materni superprotettivi lascia ben poco spazio all’area dello sviluppo dell’autonomia, dell’esplorazione e della responsabilità personale.
Quando parliamo di codice paterno facciamo riferimento agli elementi normativi, ai divieti, alle regole, caratteristiche della fase di esplorazione del mondo, dell'avventura, di ciò che si può o non si può fare. Una caratteristica fondamentale del codice paterno è la chiarezza delle regole, che devono essere poche ma ben definite. Funzione del codice paterno è proprio la consegna, la trasmissione delle regole di vita sociale, di limiti e confini. Regola non significa, però, limitazione di libertà, anzi, è tutto il contrario: significa dare la possibilità al bambino di muoversi e sperimentare, in un contesto protetto e custodito.
Il padre aiuta il distacco del bambino dalla madre ed avvia il bambino verso la vita sociale, fuori dalla famiglia, stimola il bambino alla conquista della vita e al processo di responsabilizzazione. In questo senso, il codice paterno viene a costituirsi come norma sociale, come legge condivisa ed uguale per tutti.
Oggi accade, in modo diverso dal passato, che entrambi i codici educativi siano attuati sia dalla figura maschile che da quella femminile.
È necessario, inoltre, precisare che parlare di carenza di codice paterno non significa parlare di assenza fisica del padre. Sono due aspetti ben distinti.

CODICE MATERNO

CODICE PATERNO

Compiacenza
Gratificazione
Soddisfare i bisogni
Proteggere

dare responsabilità
stimolare alla conquista della vita
dare regole
porre limiti

 

Maternità
Dal momento in cui si diventa madre, nella donna comincia a strutturarsi un assetto materno che guiderà  per un certo periodo di tempo i suoi passi come la stella polare. Questa speciale organizzazione mentale  che accompagna la maternità diventa una parte permanente della donna stessa.
Una donna non è più la stessa dopo la nascita del proprio figlio. Questo spostamento di identità è in gran parte responsabile del complesso intreccio di emozioni che la maggioranza delle donne prova dopo la nascita del proprio bambino. A mano a mano che si sviluppa l’assetto materno, la personalità della donna e soprattutto il modo in cui è stata allevata acquistano una crescente rilevanza. Succede spesso di ripensare alla propria madre o ad altre figure materne incontrate nella vita, per esaminarle in maniera critica e decidere se siano modelli da seguire nel proprio nuovo ruolo di madre o al contrario da respingere.
La società assegna alla maternità un ruolo pubblico, accompagnato dalle aspettative che gli sono proprie. I nuovi compiti di madre sono irrevocabili e, indipendentemente da quello che la donna pensa o sente, è diventata un madre agli occhi del mondo.
È il mondo interno della madre a guidare le sue interazioni con il bambino, sia che si tratti di nutrirlo, di giocare con lui o di accudirlo. La relazione madre-bambino e lo sviluppo futuro di quest’ultimo dipendono, in larga misura, da ciò che avviene nella mente della madre e ha radici nella sua storia personale.
La maternità è una potente droga capace di alterare la mente. La maternità rende tiranniche e sicure di sé, ma insicure del proprio ruolo nel mondo esterno. La maternità rende fiere e coraggiose come una tigre che difende il suo piccolo e, tuttavia, tormentate dai sensi di colpa (“Potrei/dovrei fare di più?”), rende sicure dell’amore incondizionato che si prova per i figli, e, tuttavia, vacillanti e vulnerabili a ogni occasionale preoccupazione nei loro confronti. Gli effetti di questa droga si indeboliscono a mano a mano che i figli diventano grandi.
Infatti, se per i padri il problema principale è rendersi conto che sono diventati padri, e svolgere questo compito, per le madri il problema principale è inverso: impedire che ci si immedesimi completamente in questo ruolo. Se si perde la propria identità, il rischio è che poi la si ricerchi attraverso i figlio, proiettando su di loro le proprie ambizioni.
Diventa dannoso quando si colonizza l’individualità dei figli e si cerca di modellarli per i propri fini, perché nel profondo si sente di aver rinunciato, per causa loro, alla propria individualità e alle proprie ambizioni, e quindi è come se volessimo punirli per questo.
Un altro effetto preoccupante della droga psicoalterante della maternità è il fatto che può provocare nella madre una tendenza a esercitare una forte autorità su altre persone che non ne sentono il bisogno né il desiderio, come i mariti. Pur svolgendo i compiti di madre, è importante cercare di non perdere la capacità di essere una buona compagna, adulta, divertente, con una mente aperta, capace di spaziare oltre il recinto della vita familiare.
Quanto più ci si interessa a ciò che accade nel mondo esterno, e quanto più ci si sente sicure in ruoli diversi da quello materno.

 

Attaccamento madre-bambino
I primi tre anni di vita sono molto importanti, perchè è questo il periodo necessario a formare il legame reciproco tra madre e bambino.
I bambini contribuiscono alla relazione di attaccamento attraverso il pianto ma non solo, anche con i primi sorrisi, i vocalizzi, gli sguardi e ancora quando dimostra la sua completa fiducia nel genitore, rannicchiandosi tra le sue braccia. E per un adulto, riuscire a far sorridere o consolare un neonato è fonte di gioia e piacere. È così che si innesca un dialogo fatto di segnali. Se poi ci aggiungiamo a questi fattori, quelli ormonali della madre che allatta, il rapporto diventa ancora più saldo, tanto da parlare di continuazione di quel rapporto simbiotico instauratosi durante la gravidanza. Si potrebbe dire che la mamma si innamora del proprio bambino.
Per un neonato si parla in questo caso di legame primario, in quanto per sopravvivere ha bisogno di qualcuno che si occupi di lui. Questo non vuol certo dire solo dargli da mangiare o metterlo a letto, ma anche trasmettergli con la presenza sicurezza e ottimismo. È, infatti, con la vicinanza, il contatto fisico, la voce che possiamo alimentare il senso di sicurezza e il benessere psicologico del bambino.
Diciamo che per uno sano sviluppo mentale, per concentrarsi, potersi applicare, interessarsi agli altri e al mondo è importante crescere in un ambiente familiare sereno e instaurare un buon rapporto con i genitori. Al contrario, un bambino stressato e insicuro, cercherà in ogni modo di difendersi o isolarsi dalle situazioni che gli procurano ansia o sofferenza, cadendo in uno stato di scarsa autostima.
Gli effetti psicologici a lungo termine derivati da un buon attaccamento sono così schematizzati:

  • aiutano il bambino a osservare il mondo che lo circonda e a prendere iniziative
  • incoraggiano lo sviluppo del pensiero logico
  • facilitano la socializzazione e lo sviluppo del linguaggio
  • promuovono la formazione di una coscienza
  • aiutano a reagire agli stress, a fronteggiare le frustrazioni, i dolori, le paure
  • consentono un giusto equilibrio tra dipendenza e indipendenza
  • favoriscono la formazione dell’identità
  • favoriscono lo sviluppo di relazioni affettive sane negli anni a venire.

Cosa succede, invece, se l’attaccamento è carente? Il bambino cresce poco, è in uno stato depressivo, è apatico, si ammala facilmente, apprende lentamente, non si fida di nessuno. In questo caso si parla della perdita della figura di attaccamento nei primi mesi o anni di vita e non si è trovato un sostituto oppure la mamma è depressa, indifferente o assente.
Gli effetti delle carenze nel legame di attaccamento sono riscontrabili già da 1-2 anni di vita, alcune carenze, però, diventano evidenti al momento dell’entrata a scuola dove, a causa della sua insicurezza, non riesce a concentrarsi e a trovare la tranquillità interiore.
Bowlby, grande sostenitore e studioso della teoria dell’attaccamento, sosteneva che “l’attaccamento è parte integrante del comportamento umano dalla culla alla tomba”.
All’inizio della vita umana l’essere nutriti equivale all’essere amati, il bisogno biologico legato all’alimentazione è presente insieme ad un altro bisogno, anch’esso fondamentale, quello di essere nutriti d’amore, di essere amati, di essere desiderati, voluti, accettati per quello che si è.
Bowlby aveva intuito che l’attaccamento riveste un ruolo centrale nelle relazioni tra gli esseri umani, dalla nascita alla morte e ha dimostrato come lo sviluppo armonioso della personalità di un individuo dipenda principalmente da un adeguato attaccamento alla figura materna o un suo sostituto.
Gli esseri umani hanno una predisposizione innata a formare relazioni con le figure genitoriali primarie e queste relazioni si formano durante il primo anno di vita del bambino ed hanno la funzione di proteggere la persona “attaccata”.
La costituzione nella prima infanzia, di un attaccamento sano e di una fiducia di base, dipende dalla presenza e dalla capacità di risposta dei genitori o di altri significativi, ai segnali ed ai bisogni del bambino.
Secondo Bowlby l'attaccamento è un qualcosa che, non essendo influenzabile da situazioni momentanee, perdura nel tempo, si struttura nei primi mesi di vita intorno ad un'unica figura. È molto probabile che tale legame si instauri con la madre, dato che è la prima ad occuparsi del bambino, ma, come Bowlby ritiene, non sussiste nessun dato che avalli l'idea che un padre non possa diventare figura di attaccamento nel caso in cui sia lui a dispensare le cure al bambino.
La qualità dell'esperienza definisce la sicurezza d'attaccamento in base alla sensibilità e disponibilità del caregiver (madre) e, quindi, la formazione di modelli operativi interni, che andranno a definire i comportamenti futuri (relazioni). Con la crescita, l'attaccamento che si viene a formare tramite la relazione materna primaria o con un "caregiver di riferimento", si modifica e si estende ad altre figure, sia interne che esterne alla famiglia, fino a scomparire quando nell'adolescenza e nella fase adulta il soggetto avrà maturato la capacità di separarsi dal caregiver primario e legarsi a nuove figure di attaccamento.
Tutti i bambini normali si “attaccano” entro i primi 8 mesi di vita, per portare a compimento tale processo entro il loro secondo anno.
L’indicatore per eccellenza che il legame di attaccamento è stabilito, si identifica nell’angoscia da separazione. È normale la presenza di attaccamenti multipli. Tali legami vengono collocati gerarchicamente e gli stessi nel corso dello sviluppo sono suscettibili di variazioni.

Una base sicura
Bowlby, osservando il comportamento dei bambini nei primi mesi di vita, verificò come la madre, e la relazione con lei, fornisca al bambino una “base sicura” dalla quale egli può allontanarsi per esplorare il mondo e farvi ritorno, intrattenendo forme di relazione con i membri della famiglia.
La persona fidata, ossia la figura di attaccamento, è quella che “fornisce la sua compagnia assieme a una base sicura da cui operare”. Lo sviluppo della personalità sana risente della possibilità o meno di aver sperimentato una solida “base sicura”, di aver potuto fare affidamento sulla persona giusta e, allo stesso tempo, di avere sviluppato fiducia in sé per dare a propria volta sostegno.
Nel momento in cui il bambino avverte qualche minaccia, cessa l’esplorazione per raggiungere prontamente la madre per poter ricevere conforto e sicurezza. Il piccolo protesta vivacemente se vi è un tentativo di separarlo dalla madre.
La qualità della relazione tra il bambino e chi lo accudisce plasma l'espressione innata dell'attaccamento del bambino e la rappresentazione mentale di sé, dell'altro e della relazione.
Bowlby riteneva che l'attaccamento si sviluppa attraverso alcune fasi e che possa essere di tipo "sicuro" o "insicuro". Un attaccamento di tipo sicuro si ha se il bambino sente di avere dalla figura di riferimento, protezione, senso di sicurezza, affetto; in un attaccamento di tipo insicuro, invece, il bambino riversa sulla figura di riferimento comportamenti e sentimenti come instabilità, prudenza, eccessiva dipendenza, paura dell'abbandono.

 

Fasi del legame di attaccamento
Bowlby identifica quattro fasi attraverso le quali si sviluppa il legame di attaccamento:

  •  La prima va dalla nascita fino alle otto-dodici settimane: in questo periodo il bambino non è in grado di discriminare le persone che lo circondano, anche se può riuscire a riconoscere, attraverso l'odore e la voce, la propria madre. Superate le dodici settimane il piccolo comincia a dare maggiori risposte agli stimoli sociali.
  • In un secondo momento il bambino, pur mantenendo comportamenti generalmente cordiali con chi lo circonda, metterà in atto modi di fare sempre più selettivi, soprattutto con al figura materna.
  • Fra il sesto ed il settimo mese, il bambino diviene maggiormente discriminante nei confronti della persone con le quali entra in contatto e dal nono mese l'attaccamento con il caregiver si fa stabile e decisamente visibile: il bambino richiama l'attenzione della figura di riferimento, la saluta, la usa come base per esplorare l'ambiente, ricerca in lei protezione in particolare se si trova a cospetto di un estraneo.
  • Il comportamento di attaccamento è stabile e profondo fino a circa tre anni, età in cui il bambino acquisisce la capacità di mantenere tranquillità e sicurezza in un ambiente sconosciuto; deve, però, essere in compagnia di figure di riferimento secondarie ed avere la certezza che il caregiver faccia presto ritorno.

 

Stili di attaccamento
Lo stile di attaccamento che un bambino svilupperà dalla nascita in poi dipende in grande misura dal modo in cui i genitori, o altre figure parentali, lo trattano.
In base a tale interazione si strutturerà uno dei seguenti stili attaccamento:

  • Stile Sicuro: il bambino ha fiducia nella disponibilità e nel supporto della figura di attaccamento, nel caso si verifichino condizioni avverse o di pericolo. In tal modo, si sente libero di poter esplorare il mondo. Tale stile è promosso da una figura sensibile ai segnali del bambino, disponibile e pronta a dargli protezione nel momento in cui il bambino lo richiede. Il bambino sviluppa fiducia nella presenza stabile della madre, da cui si sente contenuto, accolto e motivato all'esplorazione. E' un bimbo sereno, che, rispecchiandosi in lei, matura fiducia in sé e nelle proprie risorse.

I tratti che maggiormente caratterizzano questo stile sono: sicurezza nell’esplorazione del mondo, convinzione di essere amabile, capacità di sopportare distacchi prolungati, nessun timore di abbandono, fiducia nelle proprie capacità e in quelle degli altri, Sé positivo e affidabile, Altro positivo e affidabile.
L’emozione predominante è la gioia.

  • Stile Insicuro Evitante: questo stile è caratterizzato dalla convinzione del bambino che, alla richiesta d’aiuto, non solo non incontrerà la disponibilità della figura di attaccamento, ma addirittura verrà rifiutato da questa. Le figure di accudimento dei bambini con attaccamento evitante si dimostrano sensibilmente propense a ignorare o respingere le richieste di aiuto e vicinanza dei figli. Così facendo, il bambino costruisce le proprie esperienze facendo esclusivo affidamento su se stesso, senza l’amore ed il sostegno degli altri, ricercando l’autosufficienza anche sul piano emotivo, con la possibilità di arrivare a costruire un falso Sé.

Questo stile è il risultato di una figura che respinge costantemente il figlio ogni volta che le si avvicina per la ricerca di conforto o protezione.
I tratti che maggiormente caratterizzano questo stile sono: insicurezza nell’esplorazione del mondo, convinzione di non essere amato, percezione del distacco come “prevedibile”, tendenza all’evitamento della relazione per convinzione del rifiuto, apparente esclusiva fiducia in se stessi e nessuna richiesta di aiuto, Sé positivo e affidabile, Altro negativo e inaffidabile.
Le emozioni predominanti sono tristezza e dolore.

  • Stile Insicuro Ansioso Ambivalente: non vi è nel bambino la certezza che la figura di attaccamento sia disponibile a rispondere ad una richiesta d’aiuto. Per questo motivo l’esplorazione del mondo è incerta, esitante, connotata da ansia ed il bambino è incline all’angoscia da separazione. Questo stile è promosso da una figura di accadimento che è disponibile in alcune occasioni ma non in altre e da frequenti separazioni, se non addirittura da minacce di abbandono, usate come mezzo coercitivo.

I tratti che maggiormente caratterizzano questo stile sono: insicurezza nell’esplorazione del mondo, convinzione di non essere amabile, incapacità di sopportare distacchi prolungati, ansia di abbandono, sfiducia nelle proprie capacità e fiducia nelle capacità degli altri, Sé negativo e inaffidabile (a causa della sfiducia verso di lui che attribuisce alla figura di attaccamento), Altro positivo e affidabile.
L’emozione predominante è la colpa.

  • Stile Disorientato/Disorganizzato: sono considerati disorientati/disorganizzati i bambini che assumono comportamenti spaventati, strani, disorganizzati e apertamente in conflitto, appaiono apprensivi, piangono e si buttano sul pavimento o portano le mani alla bocca con le spalle curve in risposta al ritorno dei genitori dopo una breve separazione. Alcuni bambini disorganizzati manifestano comportamenti conflittuali, come girare in tondo mentre simultaneamente si avvicinano ai genitori. Altri ancora appaiono disorientati, congelati in tutti i movimenti, mentre assumono espressioni simili alla trance. Sono anche da considerarsi casi di attaccamento disorganizzato quelli in cui i bambini si muovono verso la figura di attaccamento con la testa girata in altra direzione, in modo da evitarne lo sguardo.

Quest'ultimo tipo di attaccamento origina da gravi mancanze della madre (violenza, maltrattamenti, abusi) che generano personalità borderline o psicotiche.

 

Donald Winnicott e l'importanza di una madre sufficientemente buona
Donald Winnicott, geniale psicoanalista inglese di stampo freudiano, ha avuto il merito di liberare la figura materna dall’incombenza del dover essere perfetta e infallibile per non cagionare irreversibili traumi alla propria prole. E’ riuscito a smantellare la figura della madre dispensatrice di cura e amore senza sviste, lacune, imprecisioni, per farne emergere una alternativa di madre imperfetta, ma sana e affettivamente presente.
La madre sufficientemente buona è per Winnicott una donna spontanea, autentica e vera che, con ansie e preoccupazioni, stanchezza, scoramenti e sensi di colpa emerge come figura in grado di trasmettere sicurezza e amore.
Il lavoro principale in cui dovrebbe impegnarsi una madre consiste proprio nell’accettazione delle proprie caratteristiche e peculiarità. Accettazione che non significa necessariamente approvazione (“come sono brava non potrei fare di meglio”) o adesione passiva e indiscussa (“continuo a farlo perché non so fare altro”), ma che può condurre alla consapevolezza.
Consapevolezza, a sua volta, significa sapere chi siamo e che cosa è possibile modificare per migliorarci (in quanto esseri umani, in generale, e genitori, nello specifico) e cosa, al contrario è parte integrante di noi, ci individua e, nel migliore dei casi, può essere gestito e controllato. Impegnarsi in questo difficile compito ha l’obiettivo di vivere più sicuri la propria genitorialità tenendo sempre presente che la sicurezza è un ingrediente fondamentale nella relazione e nell’educazione dei propri figli.
Partendo dalla propria esperienza di infanzia infelice, Winnicott ha sottolineato l'importanza di una madre sufficientemente buona per imparare e gestire autonomamente il mondo.
Grazie alla sua attività lavorativa Winnicott ha avuto l'opportunità di riflettere a fondo sullo sviluppo nei primi mesi di vita del bambino e del rapporto speciale che lo lega alla madre. Il bambino affronta un percorso caratterizzato da un progressivo incontro con la realtà in modo autonomo e indipendente. Questo percorso è graduale e il compito della madre non è quello di allontanarsi, ma di offrire gli strumenti necessari per supportare questa naturale progressione all'autonomia.
Alla nascita il bambino non esiste come individuo, bensì è membro di una coppia ed è fuso con la realtà esterna, perchè inconsapevole dei confini che separano il dentro e il fuori. Nel corso del tempo comincia a cessare questa fusione per permettere al bambino di comprendere che esiste un mondo esterno che non può essere comandato.
Per il corretto sviluppo il bambino non ha bisogno di una madre perfetta, bensì di una madre sufficientemente buona: colei che si adatta ai bisogni del neonato e ne supporta il senso di onnipotenza.
Una madre sufficientemente buona è colei che è in grado di aiutare il figlio a separarsi da sè e a trovare la propria strada verso l’individualismo, senza farlo soffrire troppo. Non è colei che ama troppo il figlio da tenerlo legato a sè per l’eternità, non permettendogli di lasciar emergere i propri sentimenti, e non è nemmeno colei che non pone alcun limite, alcun divieto solo per il timore che il figlio se la prenda con lei. Nemmeno troppi divieti fanno bene. Siamo passati attraverso un epoca (gli anni ’50) in cui l’educazione si fondava proprio sull’eccesso di divieti ed il risultato è stato un diffuso senso di colpa. Spesso questo sfocia in narcisismo patologico in cui al senso di colpa si sostituisce mancanza di autostima, depressione e dipendenza.
La madre, come la intende Winnicott, è quella madre che istintivamente capisce ciò di cui ha bisogno il figlio, sapendo trovare il giusto equilibrio e sapendo creare la giusta distanza tra lei ed il figlio.
 

 

 

Bibliografia

  • Bowlby J. (1989), Una base sicura, Mulino, Bologna
  • Bowlby J. (1976), Attaccamento e perdita, Boringhieri, Torino
  • Stern D.N. e Bruschweiler N. (1999), Nascita di una madre. Come l’esperienza della maternità cambia una donna, Oscar saggi Mondadori, Milano
  • Purves L. (2005), Come non essere una famiglia perfetta. Guida confusa alla vita familiare, Red Edizioni

 

 



 

Fonte: http://www.folignano1.org/wp-content/Progetti/www.pereducareunbambino.it/wp-content/uploads/2012/11/CODICE-MATERNO.doc

Sito web da visitare: http://www.folignano1.org

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