Emozioni la rabbia

Emozioni la rabbia

 

 

 

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Emozioni la rabbia

LA RABBIA

 

Insieme alla gioia e al dolore, la rabbia è una tra le emozioni più precoci. Si tratta di uno stato che tutti noi conosciamo e abbiamo provato, ma che da molte persone viene considerato un sentimento disdicevole e socialmente inaccettabile. Proprio questo è uno dei motivi che spinge maggiormente gli individui ad inibire la propria rabbia. In realtà, questo sentimento è innato e primordiale e trae origine dall’istinto di difesa segnalandoci che c’è qualche cosa in noi che non va. Essendo un'emozione primitiva, essa può essere osservata sia in bambini molto piccoli che in specie animali diverse dell'uomo.
La rabbia fa parte della triade dell'ostilità, insieme al disgusto e al disprezzo, e ne rappresenta il fulcro e l'emozione di base. Tali sentimenti si presentano spesso in combinazione e, pur avendo origini, vissuti e conseguenze diverse, risulta difficile identificare l'emozione che predomina sulle altre. Sono molti i termini linguistici che si riferiscono a questa reazione emotiva: collera, esasperazione, furore ed ira rappresentano lo stato emotivo intenso della rabbia; altri invece esprimono lo stesso sentimento ma di intensità minore, come: irritazione, fastidio, impazienza.

 

Da dove nasce la rabbia
Per la maggior parte delle teorie la rabbia rappresenta la tipica reazione alla frustrazione dei tentativi di raggiungere un obiettivo, da azioni ostili o situazioni disturbanti, e alla costrizione, sia fisica che psicologica.
Pur rappresentandone i denominatori comuni, la costrizione e la frustrazione non costituiscono in sé le condizioni sufficienti e neppure necessarie perché si origini il sentimento della rabbia. La relazione causale che lega la frustrazione alla rabbia non è affatto semplice. Altri fattori sembrano, infatti, implicati affinché origini l'emozione della rabbia. La responsabilità e la consapevolezza che si attribuisce alla persona che induce frustrazione o costrizione sembrano essere altri importanti fattori.
Ancor più delle circostanze concrete del danno, quello che più pesa nell'attivare una emozione di rabbia sembra cioè essere la volontà che si attribuisce all'altro di ferire e l'eventuale possibilità di evitare l'evento o situazione frustrante.
Insomma ci si arrabbia quando qualcosa o qualcuno si oppone alla realizzazione di un nostro bisogno, soprattutto quando viene percepita l'intenzionalità di ostacolare l'appagamento.
Solo in casi estremi la rabbia si esprime in forma fisica, mentre nella maggior parte delle situazioni l’espressione della rabbia viene mediata a livello socio-culturale ed espressa a livello principalmente verbale. Numerosi sono i motivi che portano gli individui ad arrabbiarsi. Ci si arrabbia con un’altra persona quando la si ritiene responsabile di averci procurato un danno, una frustrazione, un fastidio… Quando invece non troviamo un responsabile diretto ci arrabbiamo con noi stessi o con entità “terze”. Si tende prevalentemente ad indirizzare la propria ira contro le persone alle quali si tiene maggiormente, sia perché le nostre aspettative nei loro confronti sono molto elevate, a tal punto da generare inevitabilmente una nostra disattesa, sia perché inconsapevolmente sappiamo che poichè queste persone ci vogliono bene, non si vendicheranno. Più raramente ci arrabbiamo sia con le persone che odiamo, perché tendiamo ad evitarle, sia con gli estranei, perché li frequentiamo poco e abbiamo quindi poche occasioni possibili di scontro.

 

 

Contro chi ci si arrabbia
L'emozione della rabbia può essere quindi definita come la reazione che consegue ad una precisa sequenza di eventi:

  • stato di bisogno
  • oggetto (vivente o non vivente) che si oppone alla realizzazione di tale bisogno
  • attribuzione a tale oggetto dell'intenzionalità di opporsi
  • assenza di paura verso l'oggetto frustrante
  • forte intenzione di attaccare, aggredire l'oggetto frustrante
  • azione di aggressione che si realizza mediante l'attacco

Questo è quello che avviene in natura, anche se l'evoluzione sembra aver plasmato forti segnali che inducono la paura e, di conseguenza, la fuga, impedendo cosi l'aggressione dell'avversario. Nella specie umana, di solito, si assiste non solo ad una inibizione della tendenza all'azione di aggressione e attacco, ma addirittura al mascheramento dei segnali della rabbia verso l'oggetto frustrante. Nella specie umana, la cultura e le regole sociali a volte impediscono di dirigere la manifestazione e l'azione direttamente verso l'agente che scatena la rabbia.
Tre possono quindi essere i fondamentali destinatari finali della nostra rabbia:

  • oggetto che provoca la frustrazione
  • un oggetto diverso rispetto a quello che provoca la frustrazione (spostamento dall'obiettivo originale)
  • la rabbia può infine essere diretta verso se stessi, trasformandosi in autolesionismo ed auto aggressione.

 

Come il corpo manifesta la rabbia
Per quanto siano estremamente forti le pressioni contro la manifestazione della rabbia, essa possiede una tipica espressione facciale, ben riconoscibile in tutte le culture studiate. L'aggrottare violento della fronte e delle sopracciglia e lo scoprire e digrignare i denti, rappresentano le modificazioni sintomatiche del viso che meglio esprimono l'emozione della rabbia. Tutta la muscolatura del corpo può estendersi fino all'immobilità.
Le sensazioni soggettive più frequenti possono essere: la paura di perdere il controllo, l'irrigidimento della muscolatura, l'irrequietezza ed il calore. La voce si fa più intensa, il tono sibilante, stridulo e minaccioso. L'organismo si prepara all'azione, all'attacco e all'aggressione. Le variazioni psicofisiologiche sono quelle tipiche di una forte attivazione del sistema nervoso autonomo simpatico, ossia: accelerazione del battito cardiaco, aumento della pressione arteriosa e dell'irrorazione dei vasi sanguigni periferici, aumento della tensione muscolare e della sudorazione. Gli studi sugli effetti dell'inibizione delle manifestazioni aggressive sembrano indicare che chi non esprime in alcun modo i propri sentimenti di rabbia tende a viverli per un tempo più lungo.

 

La rabbia non è un'emozione negativa
Il punto importante da comprendere a proposito della rabbia, è che, nonostante venga spesso etichettata come emozione negativa, da evitare in noi come negli altri, di fatto diventa negativa, e soprattutto distruttiva, quando non viene riconosciuta e usata al momento in cui emerge, ma viene repressa con conseguenze dannose non solo per se stessi, ma anche per gli altri. Il problema è che fin dalla tenera età ci viene insegnato che è cattivo e sbagliato esprimere la collera; ancora oggi questa emozione viene considerata inopportuna, irragionevole, associata all’aggressività e al capriccio.
La gente è spesso spaventata dalla propria rabbia: teme che la spinga a compiere qualche azione dannosa e, di conseguenza, ci si rifiuta di prestare attenzione alla collera degli altri e si esita ad esprimere la propria. E’ importante, quindi, considerare che, se non ci siamo mai concessi di esprimere la rabbia, probabilmente ne abbiamo accumulata una montagna dentro di noi. Reprimendola, è più probabile che la rabbia esploda in momenti inopportuni e soprattutto verso persone e situazioni che hanno poco a che fare con la causa originale della rabbia che ci ribolle dentro, ed e' anche piu' probabile che ce la prendiamo con chi crediamo sia piu' debole di noi, non fosse altro che per avere un minimo di senso di potere. Un atteggiamento questo, tipico delle bestie, temere il più forte e sopraffare il più debole, quando invece, l’essere umano, a differenza degli animali, può dominare i suoi istinti.
La rabbia repressa si ritorce contro noi stessi con attacchi depressivi e alimenta un sentimento di inferiorità; inoltre, quando la mente non riesce più a gestire i conflitti e il corpo ne soffre. Numerose affezioni psicosomatiche come mal di schiena, ulcere, psoriasi possono essere legate al soffocamento della collera.
E’ fondamentale, dunque, per la nostra salute psico-fisica, imparare ad esprimere la collera in maniera costruttiva ed appropriata. Senza rabbia si è privi di protezione, senza rabbia siamo alla mercè delle reazioni altrui e non possiamo prevenire tali reazioni dal riaccadere, per noi e per gli altri.
La rabbia usata costruttivamente aiuta a sviluppare fiducia in sè stessi in quanto non è necessario che monti fino ad esplodere per esprimerla.
E’ importante riconoscerla al momento in cui emerge, per quello che è: un meccanismo di protezione che ci segnala che c'è qualcosa che non va, una reazione di insoddisfazione intensa, suscitata generalmente da una frustrazione che ci riguarda e che giudichiamo inaccettabile; dunque la rabbia, comunque venga espressa, in modo esplosivo o in forma repressa, agisce come un segnale d’allarme. La nostra rabbia ci mette a conoscenza del fatto che ci fanno del male, che i nostri diritti vengono violati, che i nostri bisogni e i nostri desideri non sono soddisfatti. Imparare a manifestare la propria collera significa conoscere i propri reali bisogni e intrattenere relazioni più autentiche con le persone che ci circondano.

 

Come controllare la rabbia
Quando siamo arrabbiati avvertiamo chiaramente un disagio e una tensione crescente che sentiamo di dover "scaricare" al più presto per ritrovare uno stato di benessere. In quanto insita nella reazione primordiale di lotta e di fuga, la rabbia è radicata nei fondamentali meccanismi della sopravvivenza; essa, come il dolore, turba il nostro stato di equilibrio per avvisarci di qualche minaccia e per permetterci di attaccare la fonte di tale minaccia.
Tuttavia, anche se a volte può essere indispensabile per sopravvivere, nella maggior parte dei casi, cedere ai nostri impulsi ostili, "scaricare" su chi ci sta di fronte la tensione del momento, non è affatto utile né tantomeno ha l'effetto di produrre benessere; anzi, a lungo andare, l'espressione frequente della rabbia può portare alla distruzione dei rapporti.
Poiché il più delle volte la rabbia nasce da incomprensioni o da esagerazioni, è poco probabile che con scoppi di collera si possano risolvere i problemi: al contrario rischiamo di aggravarli. Inoltre, nel caso di rapporti affettivi importanti, le ferite che si infliggono in momenti di rabbia continueranno a far male per molto tempo e tenderanno a creare un circolo vizioso di offese e ripicche che finiranno per deteriorare il rapporto. E' importante poter manifestare il fastidio e la sofferenza che un determinato comportamento ha provocato in noi, ma è fondamentale riuscire a farlo nel modo più adeguato affinché tale manifestazione possa accrescere il nostro benessere.
Spesso la rabbia nasce da fonti interiori. Allora, come prima cosa, cerchiamo di capire davvero perché siamo arrabbiati. Perché un'automobile che ci impedisce di uscire dal parcheggio ci fa diventare folli di rabbia? Certamente è una cosa che infastidisce ma, a meno che non stiamo vivendo una situazione di emergenza, non costituisce certo una minaccia alla nostra sopravvivenza. Ad ognuno possono venire in mente episodi in cui ci si è sentiti "arrabbiatissimi" senza che ci fosse nessuna minaccia effettiva (qualche minuto di ritardo, un saluto negato, etc.).
In realtà spesso la rabbia viene scatenata dalle nostre interpretazioni delle azioni dell'altro, dai significati simbolici che vi attribuiamo. Ad es. posso cominciare a pensare che il proprietario dell'auto che mi ostacola non ha alcun rispetto per me, non ha pensato affatto al fastidio che mi poteva arrecare, che è un prepotente, ecc. Questa catena di pensieri, che spesso si susseguono in modo automatico e inconsapevole, non fa altro che far aumentare la mia rabbia, per cui quando finalmente arriva il proprietario dell'automobile io sono pronto ad entrare in colluttazione con lui, con tutte le conseguenze negative del caso (tra cui perdere ancora più tempo).
Perciò, quando cominciamo a sentirci in collera, chiediamoci: “La mia rabbia è obiettivamente giustificata? E' adeguata a alla situazione che sto vivendo? Può dipendere da particolari significati che sto attribuendo al comportamento di chi mi sta di fronte? Può dipendere dai pensieri che si stanno susseguendo nella mia mente? Se mi sto arrabbiando con una persona importante per me, è possibile che mi dia una certa soddisfazione trovare qualche motivo per attaccarla (forse mi da un certo piacere metterla a disagio, ferirla o farla sentire in colpa)?”.
Una volta che ci siamo posti queste domande, e abbiamo cercato di darvi una risposta, possiamo effettivamente decidere se è il caso di manifestare o meno la nostra rabbia, e soprattutto in che modo manifestarla. Nel caso avessimo deciso che è il caso di manifestare la nostra rabbia e abbiamo chiaro in mente come farlo, è importante valutare i costi e i benefici (a breve e a lungo termine) di questa nostra manifestazione.
Quindi, chiediamoci ancora: Che cosa guadagnerò comportandomi in questo modo? Che cosa potrò perdere? Esistono dei mezzi migliori per ottenere ciò che desidero? Spesso dopo esserci posti tutte queste domande la rabbia sarà svanita da sola e noi avremo trovato altre soluzioni per far valere le nostre ragioni, altre volte invece rimarremo convinti della giustezza dei nostri sentimenti e riusciremo ad esprimere la nostra rabbia nella maniera più adeguata ed efficace.

 

Come esprimere la rabbia
Gli studi sugli effetti dell'inibizione delle manifestazioni aggressive sembrano indicare che chi non esprime in alcun modo i propri sentimenti di rabbia tende a viverli per un tempo più lungo. Le modificazioni psicofisiologiche che si manifestano attraverso la potente impulsività e la forte propensione all'agire con modalità aggressive sono funzionali alla rimozione dell'oggetto frustrante.
Riabilitare la rabbia non significa, tuttavia, lasciarsi andare a comportamenti irosi. Non c’è bisogno di urlare o di arrivare addirittura alle mani per esprimere la propria irritazione. L’arma migliore è la parola. E’ bene, però, utilizzarla consapevolmente per esprimere i veri motivi delle nostre insoddisfazioni. Dietro la collera si nasconde sempre una sofferenza. Adirarsi ad ogni costo e contro chiunque è un modo per sottrarre energia alla disperazione e non guardare in faccia il dolore. Perché il proprio malcontento sia preso seriamente in considerazione, è bene esprimerlo con la massima calma.
Per rendere questa emozione costruttiva diverse sono le cose che si possono fare come:

  • prima di affrontare la persona che ci ha fatto arrabbiare può essere utile parlare dell’accaduto con un amico così da scaricare preventivamente la propria tensione;
  • cercare di chiarirsi le idee riflettendo su cosa si prova e su quello che ci si aspetta possa accadere dopo una discussione. Questo permette di mettere a fuoco le cose da dire e gli argomenti da mettere in campo oltre ad aumentare il nostro controllo, così da non permettere alle emozioni di prendere il sopravvento sulla situazione;
  • esprimere le proprie opinioni dopo aver placato le emozioni così da riuscire ad adottare un atteggiamento di tipo assertivo, evitando di scadere in eccessi di alcun tipo, quali le ingiurie e le accuse. Lo scopo è infatti quello di ristabilire un equilibrio e non di schiacciare l’interlocutore;
  • permettere a se stessi di esprimere apertamente la propria rabbia in un luogo sicuro, da soli, o con un amico fidato o con un esperto. In questa situazione è importante permettersi di parlare ad alta voce, di vaneggiare, di scalciare o urlare, di lanciare o colpire cuscini. Dopo aver fatto ciò in un ambiente sicuro, considerando che per un periodo potremmo aver bisogno di farlo regolarmente, non avremo più paura di compiere un atto distruttivo e saremo capaci di affrontare in modo più efficace, le situazioni che ci si presenteranno.

Lo psicoterapeuta americano Thomas Gordon ha elaborato il sistema dei cosiddetti “messaggi-io”, che si basa sul principio di parlare di sé in questo modo: definendo con precisione ciò che ci ha disturbato (quando tu…), raccontando le nostre emozioni (mi sento….), condividendo le nostre aspettative (perché io…), esprimendo i nostri bisogni attuali e le motivazioni (e io ti chiedo di.. in modo da..). Il beneficio di esprimere la collera va oltre il sollievo di togliersi un peso, significa ridefinire le relazioni con se stessi e con gli altri.
È importante riuscire ad esprimere un po’ della propria rabbia senza pericolo, in modi sicuri, piuttosto che tenerla dentro di sé o reprimerla, cosa che può provocare danni sia fisici che emotivi, o esprimerla in modi pericolosi per sé e per gli altri.
Dobbiamo diventare consapevoli dei sentimenti negativi che proviamo verso le altre persone e che ci portiamo dietro come questioni irrisolte e riflettere su come potremmo trasformarli. Comunicare questi sentimenti a qualcuno che è disposto ad ascoltarli è un primo passo importante.
Portarsi dentro dei sentimenti negativi e sempre repressi nei confronti di altre persone può essere molto dannoso. Possono, infatti, rendere difficile la concentrazione su altri aspetti della vita e sulle cose che amiamo; possono assorbire molta della nostra energia emotiva e del nostro tempo, che invece potremmo utilizzare per cose più piacevoli e costruttive; possono anche farci ammalare. Parlare di questi sentimenti con qualcuno spesso ci aiuta a comprenderli meglio e quindi a trovare una soluzione adeguata.
Comunicare i propri sentimenti  significa dire ciò che si sente o si pensa senza ferire o turbare gli altri.
Quando, per esempio, qualcosa va storto, e io ci sentiamo feriti e delusi, non è necessario prendercela con gli altri per sfogarci. Se diciamo a qualcuno “mi sento arrabbiato”, senza accusarlo e senza offenderlo, questo non lo farà stare particolarmente male.
Il segreto per cominciare a comunicare i propri sentimenti sta nell’iniziare la frase dicendo: “Mi sento…”, per continuare a comunicare bene i propri sentimenti dobbiamo evitare di parlare degli altri. Parliamo degli altri quando utilizziamo frasi come: “Tu sei…”, “Sei stato tu a…”, “Tu mi hai fatto arrabbiare…”.

 

 

La rabbia: l’iceberg delle emozioni
Parlando della rabbia, spesso noi chiamiamo genericamente rabbia una miriade di vissuti diversi, che se utilizzati adeguatamente saprebbero descrivere con più precisione, a noi stessi e agli altri, cosa ci sta succedendo. In realtà la rabbia è un’emozione secondaria. È cioè un’emozione che viene provata subito dopo averne provata qualcun’altra. Sotto la rabbia ci sono: il dolore, la preoccupazione, la frustrazione, la paura, il sentirsi feriti, l’essere svalutati, dimenticati, usati, ecc…
La rabbia può essere identificata come la punta di un iceberg, mentre la base corrisponde alle altre emozioni, probabilmente più rappresentative di noi e di ciò che ci sta succedendo, ma al tempo stesso meno visibili e accessibili se non con un atto di maggiore intenzionalità e consapevolezza.
La tipica caratteristica della rabbia è quella di scatenarsi nel momento in cui un evento esterno, seppur banale, va a toccare una nostra vecchia ferita ancora aperta e sanguinolenta. Allora la nostra reazione sarà di stupore di fronte a tanta veemenza e coinvolgimento emotivo. Quando qualcosa ci risuona così nel profondo è probabile che chi è entrato in contatto con noi, anche se inconsapevolmente, abbia riproposto qualcosa che ci ha fatto molto male in passato e che è ancora lì pronta ad entrare in risonanza non appena viene sfiorata, proprio come una corda di violino.
Ecco allora che per comunicare agli altri cosa ci sta davvero succedendo è importante che ci si domandi: “Sì, sono arrabbiato e furibondo…ma perché? Cosa ci sta sotto questa rabbia? Quali altre emozioni me l’hanno causata? Cosa causa e sorregge quest’emozione?”. Ecco allora che diventando più consapevole dei nostri movimenti emotivi, sapremo “comunicarci” più efficacemente agli altri e diminuiremo la probabilità di essere fraintesi e ignorati.
La consapevolezza emotiva è il riconoscere le diverse emozioni che proviamo quando nascono dentro di noi. Per esempio quando ci accorgiamo di essere spaventati o arrabbiati, possiamo dire: “In me c’è rabbia o paura…ma io non sono quella rabbia o quella paura”.
Non sono gli eventi di per sé a provocare le nostre emozioni, ma è ciò che di quell’evento pensiamo.

Anche in ambito educativo si tratta di imparare a dialogare con la propria rabbia per trasformarla in una relazione conflittuale e quindi gestibile. La rabbia va usata per dare energia a una richiesta basata sui propri desideri, non per cercare di stabilire come l'altro deve comportarsi.
Il primo passo per cercare di allearsi con la propria rabbia è ascoltarla bene, e cercare di capire chiaramente il suo messaggio: dove ci sentiamo colpiti, cosa vorremmo. Una volta definita, con calma, la posizione che riteniamo giusta per noi, possiamo affermarla assertivamente.

 

 

Bibliografia

  • Marcoli A. (1996), Il bambino arrabbiato. Favole per capire le rabbie infantili, Oscar Mondadori, Milano
  • Marmocchi P., Dall’Aglio C. e Zannini M. (2004), Educare le life skills. Come promuovere le abilità psico-sociali e affettive secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, Erickson, Trento
  • Rebuffo M. (2005), 5 percorsi di crescita psicologica. Attività su: l’ascolto di sé, la consapevolezza, le emozioni, l’autostima e i propri limiti, Erickson, Trento
  • Sunderland M. (1997), Disegnare le emozioni. Espressione grafica e conoscenza di sé, Erickson, Trento

 

Fonte: http://www.folignano1.org/wp-content/Progetti/www.pereducareunbambino.it/wp-content/uploads/2013/05/LA-RABBIA.doc

Sito web da visitare: http://www.folignano1.org

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