Riassunto arte dal 1200 al 1600

Riassunto arte dal 1200 al 1600

 

 

 

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Riassunto arte dal 1200 al 1600

 ARCHITETTURA GOTICA 1200 – 1300

L’aggettivo gotico nel Rinascimento equivaleva a barbaro, barbarico, tedesco. Fra i primi ad usarlo in tal senso ci furono Raffaello e Rabelais. L’architettura gotica non ha nulla di barbarico e nemmeno di tedesco dato che i primi esempi sorsero nell’Ile de  France, verso la metà del sec. XII. La costruzione della cattedrale di Parigi ha inizio nel 1163.
Il gotico muove da concezioni estetiche diverse dal romanico e da diverse esperienze spirituali che operano una necessaria evoluzione dei mezzi pratici. L’architettura gotica è frutto di una nuova sensibilità, questo modo di costruire si ribella ad ogni senso di misura in una linea di espansione verso q.cosa di indeterminato e di infinito, una specie di corsa verso l’illimitato: i pilastri sembrano fasci di tendini in tensione, archi rampanti con ritmo quasi ossessivo nelle due direttrici: orizzontale e verticale.
A tutt’altra esigenza spirituale risponde la chiara solennità della chiesa romanica, nella quale lo spazio, ritmato lentamente, ha pilastri massicci, sembra premuto da pareti gravi, quasi oppresso dalla bassa copertura a volta, nelle chiese romaniche, come nella basilica paleocristiana, prevale l’andamento orizzontale, in quella gotica lo slancio verticale.
Le strutture romaniche assumono aspetti massicci, perché in esse prevalgono i valori volumetrici e di massa.
Le strutture gotiche si riducono sostanzialmente ad un tessuto di linee scattanti, energetiche, veloci e quindi danno vita ad una complessiva vibrazione lineare in senso verticale.
CHIESA GOTICA : divisione spaziale in 3 o 5 navate, transetto poco sporgente. Attorno al presbiterio sviluppa un deambulatorio continuo sul quale s’affacciano cappelle disposte radicalmente. La facciata mostra spesso  2 torri angolari che accentuano il dinamismo verticale dell’insieme. Lo slancio ascensionale è accentuato dai profili acuti dei pinnacoli e delle guglie.
GOTICO IN ITALIA: assai diverso appare l’aspetto del gotico italiano, dopo che fu importato in Italia centrale dagli ordini monastici dei Benedettini.
Un radicato senso plastico induce gli architetti nostrani a prediligere tuttavia i massicci pilastri, la compattezza cortine murarie perimetrali.
In Italia gli aspetti dell’architettura gotica variano da regione a regione sia per l’origine di tradizioni locali sia per il diverso temperamento dei maestri, sia per le varie influenze di determinate forze artistiche straniere . Ex S. Maria Novella
Nel XII secolo si effettua un accentuato distacco che dà vita ad un movimento artistico nel quale si è voluto riconoscere la prima manifestazione del Rinascimento mentre appartiene spiritualmente ed esteticamente ad una visione sempre medievale : quello del gotico italiano

NICOLA PISANO : scultore (Pulpito del Battistero di Pisa), è un tipico interprete del gotico italiano che è molto diverso da quello degli altri paesi. Infatti in Italia non viene mai meno quel sostrato classico che deriva dalla tradizione greco-romana e che coincide coll’affermarsi di un nuovo senso di spiritualità e di umanità per effetto del movimento francescano.

PITTURA 1200

Cimabue, Duccio di Boninsegna e Cavallini si mostrano per certi lati ancora devoti alla tradizione bizantino-romana anche se la loro attività si protrae fino ai primi lustri del sec. XIV. Ma in alcuni di essi una maggiore incisività o inquietudine della linea preannuncia già il gotico.
Cimabue e Cavallini non si svincolano dalle premesse stilistiche tradizionali, ma avvertono sollecitazioni ed un rinnovamento radicale del linguaggio figurativo e vengono a trovarsi in una posizione intermedia, orientati verso il plasticismo e l’espressività che trionferanno nella pittura di Giotto. Nell’arte bizantina i valori plastici venivano negati, annullando lo spazio con in fondi aurei, nella seconda età d’oro dell’arte bizantina, i personaggi non erano più presentati in posizioni rigidamente frontali, ma venivano ambientati in uno spazio che si andava arricchendo d’allusioni naturalistiche (rocce, alberi, ecc), lo stesso fondo si scioglieva in un dilagare di blu abbagliante e tendeva a diventare spazio, anziché parete fulgente dietro le figure. Insieme con la realtà vista nelle sue apparenze sensibili, gli artisti  tornavano ad osservare l’uomo come essere capace di azioni fisiche e spirituali e non di sola estatica contemplazione.

DUCCIO DI BONINSEGNA

Opere: Maestà del Duomo di Siena – Madonna Rucellai
Per comprendere bene l’atteggiamento stilistico di Duccio teniamo presente che egli nacque a Siena, città aperta agli influssi gotici, per quegli assidui scambi di cultura che avvenivano all’ombra dell’abbazia benedettina di San Galgano. I monaci portavano dalla Francia oggetti di oreficeria, libri sacri miniati che erano il prodotto del gotico più genuino. Duccio che pur s’alimenta alla fonte dell’arte bizantina, è portato a ad assecondare le tendenze gotiche per questo usa una linea fluente che talvolta appare  ine…. Negli orli aurei delle vesti; per questo allunga le immagini e le rende meno corpose di quelle di Cimabue. Rimangono bizantine le striature auree delle vesti e soprattutto la meccanica regolarità della composizione nella Maestà, nella quale i personaggi si assiepano senza lasciare intervalli di spazio. Figure fuori dal tempo e dallo spazio à arte bizantina
Luci multicolori, stesso fondo roccioso usato da Giotto. Arte con un’altra potenza narrativa e sa trasmettere l’emozione dell’evento.

PIETRO CAVALLINI  (Roma 1240-1330)

Lavorò a Roma, nel Regno di Napoli (vi si trasferì  a causa della rarefazione di commissioni a Roma per il trasferimento della sede papale ad Avignone) e forse in Umbria. Purtroppo nulla è sopravvissuti alla prima attività del pittore (incendio 1823 di San Paolo fuori le Mura)
Spettava al Cavallini il compito di rimuovere il formulario bizantino ormai stanco e logoro. L’iconografia è sempre bizantina ma più semplice e più agile Egli è una figura centrale nel quadro dell’attività artistica romana del 2° duecento e dei primi anni del 300. Per conferire alle figure saldezza plastica ricorre al chiaroscuro e crea attorno ad esse l’illusione prospettica degli stalli (sedie). Mantiene il fondo aureo ma concepisce immagini forti di disegno e le immette in paesaggi concreti. Le figure ricevono energico risalto  dal chiaroscuro cioè dalle ombreggiature che si posano sui volti, s’addentrano nei gorghi delle pieghe delle vesti e contrastano con le parti investite dalla luce. Così il senso del volume è ottenuto grazie al contrasto luminoso. Le novità gotiche lasciano indifferente il Cavallini il quale trae alimento dalla civiltà figurativa romana, dall’arte bizantina e dalle conquiste di Cimabue. Ritrovò certi sostanziali elementi della  pittura antica come il rilievo modo medievale d’intendere l’arte classica.
Opere: Affreschi Chiesa Santa Cecilia in Trastevere (Giudizio Universale con il Redentore circondato dagli Angeli e due gruppi di Apostoli), San Paolo fuori le Mura (Atti degli Apostoli e Scene tratte dall’Antico Testamento), S. Giorgio in Velabro (affreschi absidali), S. Maria in Aracoeli (Frammento della Cappella Savelli e lunetta della tomba del Cardinal Matteo d’Acquasparta solenne impostazione delle figure classicheggianti), S. Maria in Trastevere (6 episodi a mosaico con la Vita della Vergine e Madonna tra SS. Pietro e Paolo – tutte queste decorazioni si basano sull’ordine e sulla semplicità monumentale della composizione, la costruzione dell’ambientazione abbandona i modelli bizantina e si trasforma in qualcosa di reale con architetture e spazi vissuti, la tecnica del mosaico rende ad adeguarsi a quella dell’affresco con l’uso di tessere minute Cavallini mira ad ottenere la stessa fluidità della pennellata), Palazzo dei Priori di Perugia (affreschi della Sala dei Notari), S. Domenico Maggiore (affreschi della Cappella Brancaccio 1308, Storie dei SS Andrea e Giovanni, Il Martirio di San Giovanni Evangelista e una Crocifissione), S. Maria Donnaregina (decorazione della navata, dell’arco trionfale e della Cappella Loffredo 1317).

 

CIMABUE  (Firenze 1240 – 1302)  Cenni di Pepe il suo vero nome
Il soprannome Cimabue allude probabilmente all’orgoglio eccessivo di Cenni di Pepo.
La pittura di Cimabue conclude l’epoca ell’egemonia dell’arte bizantina. In effetti egli resta fedele ai canoni della tradizione bizantina ma portandola alla sua massima capacità espressiva e svolgendo un’innovativa ricerca sulle forme e sul colore à indicando così a Giotto la strada. Egli introduce delle novità fondamentali nell’arte trecentesca. Nell’arte di Cimabue  è indubbia la sopravvivenza di residui bizantini non solo nei fondi aurei e nelle vesti, ma anche nel tipo fisico di certe figure. La tendenza  a rappresentare la realtà e quindi la profondità spaziale lo porta a dar vigore plastico alle immagini, vigore che egli consegue ricorrendo al chiaroscuro cioè alle ombreggiature e al gioco prospettico degli oggetti. La linea di Cimabue serve come contorno e come nesso per isolare nello spazio il volume dei corpi ottenuto col chiaroscuro. Cimabue è il primo pittore italiano che cerca di creare una tridimensionalità nei suoi quadri La cronologia degli affreschi eseguiti ad Assisi non è stabilita. L’importanza di questa grande scuola dal 1280 al 1300 è immensa. Cimabue iniziò le decorazioni in nuovo stile derivato dall’arte bizantina ma dotato di una potente inflessione “occidentale”. L’ampiezza della CROCIFISSIONE, la sua folla abilmente raggruppata, il turbinio solenne degli angeli. Tutti gli artisti del 1300 hanno subito l’influenza di Cimabue, fra di loro ci fu Duccio, l’iniziatore della pittura senese.
Opere : Chiesa di San Domenico (Crocifisso tempera su tavola il Cristo ancora pietrificato nella tensione) – Basilica di Assisi (decora  il transetto insieme a Duccio di Boninsegna e Giotto, Crocifissione, 4 Evangelisti) – S. Maria degli Angeli ad Assisi ( San Francesco , il primo che si stacchi dai modelli tardo-bizantini) – Chiesa di S. Croce a Firenze (Crocifisso con un corpo mosso da una nuova sensibilità) - Uffizi (Madonna di S. Trinita) – Cattedrale di Pisa (San Giovanni a mosaico)

FINE 1200 - INIZIO 1300 

Tutti gli artisti che avranno importanza nell’Italia centrale nella generazione del 1300 sono passati per Assisi ed hanno subito l’influenza di Cimabue. Alla fine del 1200 si produce, a causa della riforma francescana un richiamo alla spiritualità, alla dignità dell’arte cristiana, una ricerca della semplicità e dell’austerità degli edifici. La pietà s’intensifica,  i mistici si accrescono

 

GIOTTO
Nel 1334 è nominato capomastro dell’opera del Duomo di Firenze
Discepolo di Cimabue, superò il maestro ritrasse le figure con naturalezza. Giotto rinnegò lin maniera definitiva la tradizione bizantina e tuttavia rientra ancora nell’ambito del Medioevo. Da questo punto di vista egli è paragonabile a Dante e va quindi considerato non iniziatore ma precursore di quel Rinascimento che avrà inizio in Firenze verso il 1420. Tante novità : chiaroscuro che conferisce alle figure solidità plastica e volumetrica, il senso intensissimo della realtà, la ricerca dello spazio(drammatica catarsi). Il suo esordio fu visto in certe scene del Vecchio e del Nuovo Testamento e nella storia della vita di San Francesco ad Assisi nella Basilica superiore. Già qui egli mostra di staccarsi nettamente non  solo dai pittori bizantineggianti ma dallo stesso Cimabue. La grandezza di Giotto fu capita già dai suoi contemporanei. Vasari: Giotto divenne così buono imitatore della natura che  affatto quella goffa della maniera greca (bizantina) e risuscitò la moderna e buona arte della pittura”
Giotto ha una visione totalmente nuova fondata sulla statuaria concretezza delle immagini, sulla coscienza di uno spazio fisico, sui rapporti prospettici nella distribuzione degli elementi.

  • sostituisce così alla piatta superficialità, la saldezza granitica delle figure
  • elimina il fondo aureo …………per introdurre il fondo azzurro intenso e profondo del cielo.
  • Mette nelle figure un’alta e viva spiritualità, tradotta attraverso le acute espressioni dell’occhio e un gestire pacato e solenne.

Egli ad esempio non riproduce i monti come essi sono, ma ne dà una sintesi di valore universale ed eterno. Così la figura umana per la quasi costante ed uguale misura delle teste acquista un significato simbolico portandosi al di fuori della contingenza dell’occasionalità, creando quel senso di assoluto universale, immutabile essenziale e quindi di puro che sempre la sua pittura trasmette allo spettatore.
Il mondo di fatto sembra liberato dalle passioni umane. Il suo interesse è assorbito interamente dall’aspetto volumetrico delle immagini che riduce a blocchi possenti, chiusi entro linee decise, sicché esse sembrano più scolpite che dipinte.
Egli non è un gotico, pur vivendo ormai in una epoca pregna di fermenti gotici. Il suo statuario plasticismo, lo pone nella linea dell’eredità classica. Le conseguenze che l’arte di Giotto ebbero nella storia della pittura furono di portata immensa. Egli infatti determinò il modo di essere fondamentale della pittura toscana, soprattutto fiorentina, la quale ribadirà attraverso Masaccio, Piero della Francesca i valori volumetrici, concludendosi nel linguaggio eroicamente plastico di Michelangelo Buonarroti. Giotto porta a termine l’evoluzione romanica, assimila la monumentalità gotica dell’occidente e definisce un primo tempo della Rinascenza. Come Giunta Pisano, Giotto fu mosso dal bisogno di svolgere completamente lo stile figurativo. Enrico degli Scrovegni lo chiamò a Padova per decorare le pareti della Cappella (1303-1310) che egli aveva fatto costruire sui ruderi dell’arena romana, dedicandola alla Madonna della Carità in espiazione delle colpe del padre. I muri nudi della cappella privi di membrature architettoniche , presenti invece nella Basilica di Assisi, furono ricoperti interamente da dipinti.
L’insieme della Cappella degli Scrovegni di Padova, rivela infatti una grande decisione in senso compositivo. Qui la pittura s’impadronisce completamente del muro e li organizza secondo le sue esigenze. Attenzione al momento drammatico. Il naturalismo di Giotto si prescrive una doppia limitazione:lo spazio e l’espressione  non sono cercati in quanto tali. Lo spazio è la condivisione di uno sviluppo solido e l’espressione è la condivisione di un effetto drammatico intenso. Giotto era perfettamente padrone del suo stile quando ritornò a Firenze
Opere : Basilica di Assisi (affreschi 1280 della navata inferiore ciclo delle storie della vita di San Francesco 28 riquadri (il pittore trasferisce con una nuova dimensione lo spazio e l’umanità dei personaggi nella concretezza della vita quotidiana dando spazio reale al leggendario non c’è tra le varie storie una continuità di narrazione ogni rapporto consiste tra lo spazio del dipinto e quello architettonico della navata le storie rivelano la realtà borghese e mercantile della Firenze dell’Arte  della lana e dei banchieri) – Basilica di San Giovanni in Laterano (affresco per l’indizione del Giubileo) – Basilica di San Pietro (compose un mosaico per la facciata pervenuti  solo frammenti) – Chiesa d’Ognissanti di Firenze ( Maestà degli Uffizi non c’è più il tono distaccato, ieratico delle Madonne bizantine ma l’umanità e la realtà fisica della Vergine) – Cappella degli Scrovegni di Padova ( la volta a botte, azzurra e stellata, accoglie altri tondi; nella controfacciata la scena del Giudizio finale con il ritratto di Enrico Scrovegni che offre alla Madonna il modello della Cappella. Fra gli affreschi dell’arco trionfale, disposti simmetricamente, vi sono dipinti due spazi senza figure, detti corretti o cappelle segrete che nella finzione di due vani coperti a crociera danno l’illusione della profondità spaziale. L’insieme della Cappella rivela una grande decisione in senso compositivo. Questo edificio semplice sala con volta a pieno centro e sei finestre sul lato sud è stato concepito come vaso atto ad accogliere pitture: forse un architettura di Giotto stesso. La pittura s’impadronisce completamente del muro e lo organizza secondo le sue esigenze. Sopra uno zoccolo ornato di nicchie si succedono scene della vita di Cristo e della Vergine. I valori spaziali e plastici si approfondiscono : le figure dipinte ricordano le sculture gotiche poiché su una superficie piatta egli crea con i colori graduati dalla luce l’illusione della profondità. Come legare la struttura bidimensionale della superficie del muro con la tridimensionalità delle cose? Egli ricorse a determinati mezzi compositivi, l’uso della prospettiva intuitiva gli consente di accordare spazio e superficie.) – Campanile di Santa Maria del Fiore a Firenze (nel 1334 è nominato maestro dell’opera del Duomo ed il suo interesse si appunto sulla costruzione del Campanile. L’idea fu completamente nuova rispetto ai modelli tradizionali; la torre con gli spigoli sottolineati dai torrioncini poligonali e l’apertura progressiva e finale verso l’alto delle bifore fu compiuta successivamente da Francesco Talenti)

PITTURA GOTICA DEL 1400

Insieme con l’architettura gotica fiorita negli anni della fine del 1300, ai primi anni del 1400 sorse e si diffuse in ogni parte d’Europa una pittura che ebbe caratteri comuni di forma, di contenuto, di soggetto e che perciò viene detta cosmopolita. Una specie di linguaggio comune che non differisce dalla Borgogna alla Lombardia. E’ una pittura che ama gli ornati preziosi, i cortei di cavalieri eleganti, cavalli dai finimenti aurei, le siepi fiorite, che ama dare al racconto figurativo un tono di viva e ricca fiaba. E’ una pittura che ama la resa minuta di ogni particolare, l’analisi diligente ed affettuosa della natura. La pittura gotica penetra nelle corti dei Signori, canta leggende e storie medievali, rappresenta i sorridenti       della raffinata società. I pittori gotici non sanno mettere in uno spazio largo e profondo le figure, non conoscono le leggi della prospettiva, gloria del Rinascimento italiano. Colui che contribuì a diffondere la pittura gotica fu Simone Martini

ARCHITETTURA DEL 1400

In Italia presenta profonde differenze da regione a regione sia per effetto delle diverse tradizioni e culture sia per l’azione di artisti innovatori. Quasi tutto il settentrione fino agli ultimi decenni del secolo rimane ancorato alle basi fondamentali dello stile gotico. Se pensiamo poi che il movimento gotico a Milano e a Pavia era imponente per la venuta di larghe schiere di artisti ed artigiani impegnati nella fabbrica del Duomo e della Certosa possiamo spiegarci come il Bramante difficilmente potesse essere compreso in luoghi favorevoli alle espressioni del gotico. A Rimini e a Ferrara L.B. Alberti lasciò potenti testimonianze  del suo classicismo.
Pertanto chi voglia seguire l’interessante processo evolutivo delle forme architettoniche de gotico e del rinascimento dovrà studiare  le espressioni lombarde e venete, non già quelle toscane. Gli artisti toscani hanno infatti radicalmente trasformato il passato in nome di un classicismo integrale Gli artisti del Rinascimento italiano erano fatalmente soggetti a tutto quanto era stato prodotto dopo il tramonto delle forme classiche romane: all’arte paleocristiana e bizantina , alla romanica e alla gotica. Fu un architetto F. Brunelleschi, che impresse alla storia delle arte figurativa un corso nuovo. Ha inizio con lui il Rinascimento che alla sensibilità gotica contrappose la lucida chiarezza della ragione, all’ incommensurabile il misurato, all’indefinito il finito, all’incontrollato il controllo dell’intelligenza; e questo proprio nell’ordinare lo spazio, nel dominarlo attraverso le leggi della  prospettiva per mezzo delle quali egli offre a pittori e a scultori il segreto di fingere uno spazio profondo attraverso una trama di linee, avviate verso un punto centrale posto all’infinito.
Forti di tali acquisizioni pratiche e formali che servono a conquistare il mondo dell’ideale , gli artisti toscani si pongono all’avanguardia delle arti figurative e dell’architettura. Brunelleschi esalta la linea – Alberti esalta la massa .

LORENZO GHIBERTI (Firenze 1378-1455) 
Si formò alla bottega di oreficeria di Bartoluccio di Michele e iniziò la sua attività artistica dipingendo una camera del Palazzo Malatesta di Pesaro. Egli compì la sua formazione artistica come orafo ma passò presto alla scultura raggiungendo fin dall’inizio risultati notevoli. Fu un artista completo (orafo, architetto, scultore) ed è il simbolo della società in cambiamento tra il Medioevo e il Rinascimento. La sua formazione iniziale di orafo condizionò la sua visione di scultore. L’interesse per l’analisi, per il trattamento prezioso, per il particolare lo acquista proprio nell’esercizio dell’oreficeria, che era per evidenti ragioni di commercio al servizio soprattutto del clero. L’arte del metallo era stata legata al mondo settentrionale e che quindi nell’oreficeria , il gotico aveva impresso segni profondi. Il Ghiberti alla fine del ‘300 si reca a Roma dove studierà la statuaria  greca e romana dalle quali trarrà stimoli alla bellezza ideale, alla composta eleganza classica. Nel 1401 arriva primo ex aequo con il Brunelleschi al concorso per la seconda porta del Battistero di Firenze. L’officina del Ghiberti per le porte del Battistero, specie per la terza, costituirono una grande scuola pratica per moltissimi scultori e pittori della Firenze del ‘400. nel 1425 viene dato al Ghiberti l’incarico di realizzare anche l’ultima porta del Battistero (Porta del Paradiso – così chiamata da Michelangelo); è trascorso ormai molto tempo dal 1° concorso, importanti eventi artistici sono accaduti : Brunelleschi ha iniziato la costruzione della Cupola del Duomo, dell’ Ospedale degli Innocenti, della Chiesa di San Lorenzo e della Sagrestia Vecchia. Donatello ha già realizzato il San Giorgio. Masaccio sta per portare mano ai memorabili affreschi del Carmine. Il Ghiberti, sensibile, attento, aggiornato, non può ignorare ciò che accade intorno a lui. Oltre alle porte per il Battistero il Ghiberti realizzò altre opere, come per esempio i cartoni per le vetrate del Duomo di Firenze, la scultura di San Giovanni Battista che si trova in una nicchia di Orsammichele ed inoltre le statue di San Matteo e Santo Stefano sempre in Orsammichele. Queste opere hanno caratteri stilistici che portano chiaramente verso gli stilemi rinascimentali e furono realizzate tra il 1412 e il 1429. Nel 1427 realizzò per Cosimo de’ Medici l’Urna dei tre Martiri, nel 1442 l’Arca di San Zanobi che si trova nel Duomo. A partire dal 1425 Ghiberti si dedicò ad un attento lavoro di teorizzazione della propria arte soprattutto con i tre libri dei Commentarii, uno dei primi esempi di moderna storia dell’arte.
Opere : Battistero di San Giovanni a Firenze (2° PORTA: le 2 ante viste nel loro insieme si animano per l’acuto linearismo determinato dalle 28 cornici quadrate che le compongono, per gli ornamenti naturalistici e soprattutto per le cornici minori interne a ciascun quadrato, sottili e mistilinee, oltre che per le figure delle scene. La doratura, risaltando sul fondo scuro del bronzo, esalta  la linea morbida, elegante e cadenzata. Negli 8 scomparti inferiori  sono rappresentati Evangelisti e Padri della Chiesa, negli altri 20 storie del Nuovo testamento (dall’Annunciazione alla Discesa dello Spirito Santo) disposte per fasce sovrapposte in una lettura continuativa dal basso verso l’alto e da sinistra verso destra. In tutto questo complesso decorativo, la linea del Ghiberti non costruisce spazi geometrici fermi, misurati, razionali come quelli di un Brunelleschi: la sua è una linea di origine gotica che ricama con raffinatezza. Questo ritmo misurato è l’elemento dominante di tutta la porta in cui anche le figure sono coerenti con le cornici. Nell’Annunciazione Maria ritraendosi istintivamente crea una lunga linea falcata del corpo, una curva parallela alla linea ideale che dallo spigolo sup. del lobo di dx in alto, scende toccando la mano dell’Angelo fino allo spigolo inferiore del corrispondente lobo in basso. Anche l’Angelo dalle lunghe ali chiaroscurate e il Padre che scende velocemente preceduto dallo Spirito Santo, sono in diretta relazione con la cornice e la loro disposizione stabilisce un perfetto equilibrio dei pieni sul vuoto di fondo. Nella Flagellazione e nella Crocifissione  la compostezza classica è ancora più scoperta. Nella prima la figura di Cristo, legato alla colonna, sfrutta la ponderazione per assumere un andamento sinuosamente raffinato, modulato da tenui trapassi luministici, mentre assistenti e flagellatori si dispongono ai lati in pose simmetriche. Nella seconda la croce segna l’asse verticale; la sua parte superiore si inserisce nell’angolo chiuso, come un triangolo mentre le braccia di Gesù riprendono la stessa forma inversamente. Troviamo la medesima linea di inversione  nelle altre figure: gli angeli si curvano quasi a chiudere  i cerchi dei 2 lobi superiori; Maria e Giovanni, seduti in terra, ripetono la curva in senso opposto, parallelamente alla linea dei lobi inferiori. Gli ambienti dove si svolgono gli episodi non sono descritti ma evocati da pochi elementi  scenici: rocce scoscese e qualche albero per indicare il paesaggio, alcuni archi e pilastri per gli interni, un semplice archetto allude alla camera ove la Vergine riceve l’annuncio, e 4 colonne architravate  raffigurano il palazzo di Pilato all’interno del quale ha luogo la flagellazione di Gesù. Tutta la porta è un raffinato complesso di alta oreficeria, in cui confluiscono cultura classica e medievale. L’oro contribuisce, per i riflessi che crea, al continuo variare di luce e ombra. 3° PORTA chiamata anche porta del paradiso. I temi delle decorazioni sono tratti dall’antico testamento per indicare la continuità storica fra l’antica legge e la nuova, fra la storia precedente la venuta del Redentore e il cristianesimo. Gli scomparti sono quadrati e ridotti a 10, denotando una adesione alle nuove idee: il quadrato è figura geometrica dotata di quattro lati uguali, perciò perfettamente misurabile e modulo di ogni successiva addizione; la riduzione numerica dei pannelli dà maggior chiarezza all’insieme e comporta che i vari episodi si moltiplichino all’interno di ogni riquadro, dando vita ad un maggior movimento chiaroscurale e una più faticosa lettura delle storie anche se esiste un’unità concettuale. La luce fonde tutte le parti del rilievo: l’oro, distribuito anche sullo sfondo, crea rifrazioni di luce calda che vivifica ogni superficie. In questa terza porta il Ghiberti di adegua alle novità fiorentine compiendo un accurato) studio delle distanze spaziali. L’importanza di questa porta non deve essere però cercata nella prospettiva ma nella bellezza idealizzata dell’insieme e di ogni particolare. In queste ultime formelle utilizza la tecnica dello stiacciato, che consiste nel rappresentare le figure e gli oggetti in lontananza con un rilievo bassissimo in modo da avere un maggior effetto prospettico.

IL 400 A FIRENZE

 

Mentre Nell’Italia del nord è ancora in pieno sviluppo il gotico, Firenze continua nel processo di rinnovamento già avviato da Giotto che aveva superato i modi espressivi bizantini recuperando la tradizione classica. Grazie ad alcuni grandissimi artisti Firenze diventa così il centro di un profondo rinnovamento dell’arte, creando i presupposti di quel fenomeno che fu detto Rinascimento. Nel 400 a Firenze si afferma quindi un nuovo modo di considerare l’arte, che non è più concepita come un’attività manuale bensì intellettuale, e l’opera dell’artista è ritenuta capace di rendere elevata e spirituale la materia che si trasforma nelle sue mani ed acquista nuova dignità. I principali esponenti di questo rinnovamento sono Brunelleschi, Donatello, Masaccio. Un altro grande artista Leon Battista Alberti, letterato ed architetto, diventerà il principale teorico della nuova concezione dell’arte esposta in tre trattati sulla pittura, scultura ed architettura.

FILIPPO BRUNELLESCHI  (Firenze 1377-1446)
Architetto e scultore straordinario, si forma nella bottega come un artista trecentesco. A soli 24 partecipa al concorso bandito nel 1401 per la seconda porta bronzea del Battistero di Firenze. Erano già 2 anni che lavorava autonomamente ed aveva realizzato due busti di Profeti e dei Padri della Chiesa per l’Altare di San Jacopo della cattedrale di Pistoia. Nel concorso arriva primo ex aequo con il Ghiberti ma rifiuta il lavoro. Gli anni tra il 1410 e il 1419 sono anni di silenzio e di studio che secondo i biografi Brunelleschi trascorse per lo più a Roma  con Donatello studiando le opere antiche, misurandole, analizzandole. Lo studio delle architetture romane non è imitazione bensì necessità di capire noi stessi attraverso l’analisi del passato, egli cerca di imparare la grande lezione di equilibrio, di chiarezza, di misura umana che proviene dal mondo classico. Sono anni che formano la sua personalità, la sua concezione dello spazio, le sue risposte a problemi dei rapporti tra uomo e realtà. E così egli approfondisce lo studio dell’ottica medievale ed elabora una nuova teoria sulla prospettiva lineare come mezzo per dominare razionalmente l’ambiente che circonda l’uomo. E’ in questo periodo che creando il metodo prospettico dipinge le due tavolette con una veduta di Piazza della Signoria  con il Palazzo Vecchio e la Loggia  e una veduta del Battistero presa dall’interno della porta centrale del Duomo. Brunelleschi dà una dimostrazione con la sua “scoperta” della prospettiva come mezzo per col lacere tutta la realtà entro una scala esatta di rapporti proporzionali correlati da comprendere con leggi matematiche, leggi ideali, eterne, immutabili e specchio della perfezione divina. Nel 1418 e nel 1420 partecipò al I e al II concorso per l’erezione della cupola del Duomo di Firenze, egli ha ormai conquistato una sicura maturità artistica ed elaborato un chiaro sistema di rappresentazione prospettica. Il problema della cupola affannava da anni i costruttori del Duomo perché non si sapeva esattamente come costruire e dove appoggiare le enormi cèntine di legno: le armature che avrebbero dovuto sostenere la cupola fino alla sua chiusura definitiva con la chiave di volta. Il Brunelleschi piuttosto che rifarsi al metodo romano di costruzione a calotta o a quello medievale delle cèntine, decise di alzare la cupola senza armature, inventò alla scopo una nuova tecnica basata sul calcolo che sarà ripresa poi anche da Michelangelo, equilibrandola con una doppia calotta autoportante mediante un’ossatura di elementi verticali ed orizzontali e ricorrendo anche a vari accorgimenti come i mattoni a “spina di pesce” per scaricare meglio i pesi. Egli progetto persino i ponti per gli operai ed i macchinari per sollevare i pesanti blocchi di materiale. Contemporaneamente alla cupola che lo impegnerà fino alla sua morte, il Brunelleschi porta avanti la costruzione o il progetto di altre opere, come l’Ospedale degli Innocenti

Opere : Cattedrale di Pistoia (Altare di San Jacopo due busti di Profeti e dei Padri della Chiesa opere che pur nella fluida continuità della linea di origine gotica mostrano un piglio sicuro negli atteggiamenti dei volti indicando la volontà di cercare  una nuova via e l’insofferenza  verso gli schemi prestabiliti  e obbligati della cornice ) - Chiesa di S. Maria Novella a Firenze (scolpisce il crocifisso ligneo nel quale raggiunge una composta  serenità ed un signorile distacco dalla terrena corporeità. L’opera mostra un luminoso distendersi delle forme , un armonica ricerca delle proporzioni e quindi un superamento del dato reale) – Cupola del Duomo di S. Maria del Fiore di Firenze (La cupola ha forma gotica perché è archiacuta cioè le sue curvature hanno il profilo di un arco sesto acuto in quanto si doveva amalgamare con la struttura stessa del Duomo che anche se ha una struttura longitudinale è pur sempre gotico. Tuttavia la cupola è rinascimentale perché è un volume definito nello spazio e quindi dominato razionalmente. L’elemento che spicca osservandola è la struttura dei costoloni di marmo bianco che coincidono con gli spigoli e che risaltano sulle vele rivestite di tegole in cotto, ossia di un materiale volutamente povero e consueto. La cupola si chiude con una lanterna . Gli 8 costoni vengono ripresi da altrettanti archi rampanti che intervallando le alte finestre, sostengono la guglia finale. La lanterna è il momento finale di un discorso arch. Che prosegue fino al vertice: forma piramidale secondo l’antica tradizione fiorentina che dal molteplice della base conduce all’uno ossia dal particolare all’universale espresso dalla perfezione geometrica della sfera la quale ha il compito di evitare la fuga prospettica verticalistica di origine gotica; essa infatti arresta il moto ascensionale indica il punto massimo dell’altezza  in rapporto alla larghezza  e contribuisce perciò all’esatta definizione della forma nello spazio (105 mt. da terra con un diam. Di 51 mt.) La cupola rappresenta nel modo forse più evidente  l’idea rinascimentale dell’uomo, padrone grazie alla ragione dell’ambiente circostante, non per conquista violenta ma per accordo naturale) – Ospedale degli Innocenti (la tipologia dell’edificio con facciata a portico è di origine medievale esso costituisce un ambiente intermedio tra esterno ed interno. Le terrecotte invetriate  con putti in fasce (gli Innocenti)  entro cornici circolari inserite nei pennacchi degli archi sono opera di Andrea della Robbia. La fronte dell’edificio è spartita orizzontalmente in 2 settori mediante le cornici. Al vuoto ritmato delle arcate della zona inferiore corrisponde la superficie liscia del piano superiore  interrotta dalle finestre ciascuna posta in corrispondenza di un arco. L’intercolumnio di queste arcate è pari all’altezza delle colonne e alla profondità del portico, mentre l’arco sovrastante a tutto sesto è alto metà di questa misura. Ciò significa che lo spazio contenuto entro ogni arcata è formato da un cubo su cui si sovrappone la volta a vela. L’insieme è formato da una partizione geometrica tridimensionale nella parte inferiore e bidimensionale nella parte superiore ed in questo consiste il senso della misura classica fondamento della sua arte.Il Brunelleschi non si limita alla facciata  ma ne studia anche la planimetria  interna in relazione agli scopi istituzionali) – Basilica di San Lorenzo e Sagrestia Vecchia (essa sorge su una precedente basilica del IV sec. , rinnovata nell’ XI  della quale ricalca la pianta. A sinistra del transetto progetta la Sagrestia Vecchia così chiamata per distinguerla da quella costruita all’estremità opposta del transetto da Michelangelo nel XVI sec. e detta “nuova”. La facciata non è mai stata realizzata  ma ai fianchi i volumi si distribuiscono su tre diversi livelli il primo dei quali è spartito  in moduli regolari da paraste che incorniciano ampi archi scarsamente rilevati. I tre piani differenziati e sovrapposti rivelano all’esterno le strutture interne : essi corrispondo esattamente alle cappelle, alla navata laterale e a quella centrale. Ma è soprattutto all’interno che possiamo che possiamo giudicare il significato umanistico della prospettiva geometrica brunelleschiana. Lo spazio infatti è percorso da linee parallele che conducono lo sguardo verso il punto di fuga: la linea centrale del pavimento  che indica l’asse longitudinale, le linee che accompagnano le basi delle colonne, gli abachi dei capitelli, i dadi brunelleschiani, la cornice tangente agli archi, il ballatoio, il soffitto. Le pareti fungono da piano sul quale , mediante le linee, viene disegnata l’intelaiatura prospettica e per questo  sono rivestite di semplice intonaco chiaro. Stesso criterio per le navate laterali. Il brunelleschi misura lo spazio costantemente con le regolari linee trasversali così da evitare  ogni dispersione e taglia con la tribuna di fondo la fuga prospettica evitando così un punto di fuga posto all’infinito, un senso fiabesco e quindi non razionale. Lo spazio risulta invece limitato, definito a misura d’uomo. Soprattutto nella Sagrestia egli compie l’idea di uno spazio  in funzione dell’uomo. Si tratta di una vano perfettamente cubico sormontato da una cupoletta  a base circolare. Lo spazio è definito dalle linee verticali delle paraste  e delle cornici di pietra serena, una cornice orizzontale taglia esattamente  a metà la superficie  verticale per indicare la corda dell’arco. Anche la cupola è definita mediante costoncini) – Cappella Pazzi (verso il 1430 inizia la progettazione simile all’interno della Sagrestia simile per il rapporto tra l’intonaco chiaro e le membrature mentre se ne differenzia perché lo spazio subisce una dilatazione, alla cupola a forma circolare ombrelliforme si aggiungono due ali laterali sormontate da volte a botte ottenendo una più complessa distribuzione degli spazi. All’esterno il portico, con i contrasti tra le ombre e la luminosità delle superfici sporgenti, assume un tono mosso e plastico. Questa costruzione come le altre non portate a termine rispecchiano la fase più matura dell’artista . una maturità che si evidenzia nell’applicazione di principi a lungo studiati e sottoposti a verifica ma parte integrante del linguaggio dell’artista) – Basilica di S. Spirito ( le linee come in San Lorenzo definiscono lo spazio sia percorrendo longitudinalmente le superfici che tagliando trasversalmente le linee di fuga Ma le tre navate invece che essere limitate al copro principale, proseguono nel transetto e nella tribuna creando una complessa trama prospettica . Inoltre le cappelle sono a forma di nicchia  ossia semicircolari con catino e fra l’una e l’altra , invece delle parti sono poste semicolonne, quasi a ribadire il predominio della linea curva. La basilica è stata interamente costruita dopo la morte dell’artista quindi notevoli sono i cambiamenti apportati.) – Palazzo Pitti (fu costruito e quindi modificato dopo la sua morte nel progetto originale  l’edificio era limitato in larghezza a 7 finestre al I e al II piano, mentre al pianterreno ai lati del portone centrale se ne aprivano altri 2. Il palazzo si presentava quindi come un blocco geometrico con pareti rivestite da bugnato rustico al piano terra che diveniva poi più regolare  nei piani superiori dove si aprivano grandi archi.. Nel ritmo regolare degli archi alternati a pilastri nell’edificio si riscontra una misura regolare calcolata  secondo la sezione aurea.

MASACCIO (San Giovanni Valdarno 1401-Roma 1429)

Allievo di Masolino da Panicale. Insieme al Brunelleschi e a Donatello fonda l’Umanesimo in pittura. Con Masaccio si inaugura veramente la pittura del Rinascimento italiano. Nella sua breve vita egli riuscì ad orientare la pittura verso mondi fino ad allora sconosciuti e ritrovò la coscienza dei valori plastici che dopo Giotto si era smarrita per effetto del costume figurativo gotico. Masaccio si ricollega a Giotto per la ricerca dei volumi, ma mentre Giotto ricorre alla linea ferma, sicura, tesa che chiude i corpi, Masaccio modella le immagini con la luce e l’ombra sicché esse non si isolano come quelle di Giotto in uno spazio assolutamente terso, ma si inseriscono nello spazio senza definizione dei contrasti risaltando mediante l’opposizione dei colori chiari e scuri e l’alternarsi di luco ed ombre. Vari caratteri gotici permangono nello stile di Masaccio: la grafia grottesca dei particolari, l’intensità espressionistica di certe figure piangenti o imploranti. Come Donatello, il masaccio ha bisogno di figure potenti, di una umanità solida, robusta e di uno stampo eroico.
Opere: Chiesa del Carmine di Firenze (Affreschi della Cappella Brancacci)

 

DONATELLO (Firenze 1386-1466)
Donato di Niccolò di Betto Bardi detto Donatello, amico del Brunelleschi come lui impegnato nel rinnovamento artistico e perciò partecipe delle stesse idee, fu tuttavia personalità ben diversa. Per Brunelleschi il rapporto uomo/mondo è un rapporto sereno in virtù della ragione. Per D. al contrario il rapporto uomo/mondo è un rapporto drammatico. Non esiste una verità certa ed immutabile, frutto del calcolo matematico: la verità è ricerca, è conquista giornaliera. La vita è lotta l’ambiente nel quale viviamo non è agevole; deve essere faticosamente, duramente dominato. La concezione brunelleschiana è “aristocratica” quella di Donatello è invece “popolare”. L’umanità di Brunelleschi è formata da uomini “perfettissimi” quella di Donatello da “contadini” Allievo di Lorenzo Ghiberti. Donatello  è il maggiore scultore del 400. la sua comparsa nel mondo artistico, ancora legato agli schemi gotici, ha un effetto di totale rottura con il passato. La sua attività è un seguito di capolavori di cui i più noti sono il “san Giorgio”, i “Profeti”, il “David”, “Giuditta e Oloferne”, “monumento equestre al Gattamelata”. Nelle sue opere egli ricerca effetti di energia e di movimento, ad essi è pronto a sacrificare la grazia e la compostezza dei suoi predecessori. Non solo domina su tutte le correnti artistiche del suo tempo, ma spalanca le porte alla grande stagione rinascimentale. Già nelle sue prime opere rivela la tendenza d un accentuato realismo che talvolta gli sarà rimproverato dai suoi contemporanei.. Donatello costruisce le sue figure a tutto tondo sempre definendo i piani del volume in funzione della luce che li investe; anche l’uso frequente del bronzo, con le sue superfici levigate e riflettenti, dimostra come la luce sia un elemento fondamentale del linguaggio espressivo dell’artista. Nei rilievi introduce la prospettiva organizzando figure ed architetture su di bassissimo spessore, lasciando che sottili linee d’ombra suggeriscano la profondità (stiacciato). Nel decennio successivo (1430) si precisa ancor meglio l’indirizzo rivoluzionari e popolare dell’umanesimo donatelliano, e’ un decennio, terzo del secolo, di grandi realizzazioni in tutta la città, è il momento che prende forma concreta ciò che era stato progettato. Nel 1443 Donatello si recò a Padova e questo soggiorno segnò uno dei più importanti avvenimenti artistici del secolo. Tornato a Firenze, nel decennio che precede la sua morte, Donatello eseguì per Cosimo de Medici un coronamento di fontana destinato ad un giardino rappresentante Giuditta e Oloferne; il gruppo poi trovò una sede non del tutto felice nella Piazza della Signoria, di fronte a Palazzo Vecchio. A cominciare dal 1460, l’artista poneva mano ad una grande impresa : i due pulpiti di San Lorenzo che rimasero incompiuti.
Opere: David marmoreo (1408 è possibile identificare alcuni elementi tardo gotici, meglio dire ghibertiana quali la linea falcata della verticale e la posa elegante del braccio dx. ma il volto malgrado la classicità dell’ovale perfetto, mostra una fermezza e una tensione spirituale nuove accentuate dalla solida impostazione del collo) – San Giorgio (qui di medievale resta soltanto la linea, goticamente falcata, del mantello. Egli imposta la figura sulla formula geometrica del triangolo. Le gambe sono divaricate richiamando questa figura e così pure lo scudo,La verticale segnata in basso dalla scudo viene ripresa poi dal viso e dal collo, dà alla statua fermezza morale che non si traduce in rigidità. La testa esprime i pensiero e l’occhio si ferma su un oggetto, mette a fuoco la realtà che lo circonda della quale è compartecipe e alla quale dà ordine razionale con la prospettiva. L’attento studio delle proporzioni e la calibrata disposizione delle membra rivelano un Donatello già dedito agli studi della statuaria antica e della geometria a cui negli stessi anni si dedicava il Brunelleschi) – Il Profeta Geremia e il Profeta Abacuc (statue per il campanile, Donatello dispiega  in tutta la sua ricchezza l’indagine della persona umana. I volti sono quelli di persone vere, viste, si direbbe nelle stesse strade di Firenze; ma il realismo di Donatello si colora d’intensità psicologica e drammatica. Il primo con un mantello buttato sul corpo e la barba incolta, l’altro, in alto, allampanato, con quella curiosa testa calva, sembrano gente comune del popolo contemporaneo. La scelta donatellaniano ha uno scopo ben preciso: se l’uomo ha ricevuto da Dio il dono della ragione, attraverso la quale costruisce se stesso e domina il mondo, ciò significa che questa facoltà è in ciascun uomo, indipendentemente dal suo aspetto fisico; vengono così a cadere la tradizionale equivalenza tra bello e buono. Per Donatello invece anche nel povero, nel brutto, si può riconoscere la divinità dell’uomo. I suoi profeti non parlano perché ispirati da Dio, ma lo fanno attraverso la sofferenza della vita, hanno conquistato la verità) -  Tabernacolo dell’Annunciazione ( 1435 numerosi elementi appaiono ispirati alla classicità greca (la ferma compostezza dei volti) e a quella romana ( la varietà delle membrature architettoniche e la doratura). Attraverso la molteplicità delle sporgenze  e delle rientranze e i contrasti luministici l’opera perviene ad una intensa vitalità plastica. Scolpita in pietra di macigno grigia ad altissimo rilievo, costituisce l’altare della cappella della famiglia Cavalcanti (Chiesa di Santa Croce). L’attenzione è focalizzata su i due protagonisti realizzati a grandezza naturale e scolpiti quasi a tutto tondo, inseriti nella massiccia incorniciatura dell’edicola. Le figure sembrano bloccate al di qua di una pota a pannelli. La madonna è vista frontalmente e ; le figure sono così proiettate in avanti e sembrano vivere nello spazio reale dello spettatore che si sente coinvolto come un testimone oculare dell’evento.) – Cantoria del Duomo (in quest’opera i personaggi sono stati scolpiti su due grandi blocchi di marmo, in cui compaiono gruppi separati di bambini che danzano in circolo su letti di foglie contro uno sfondo a mosaico. L’originalità della concezione e la varietà delle posizioni rivelano la maestria dello scultore maturo.
La disposizione delle figure riecheggia di classicità che seguono andamento orizzontale di un fregio) – Il David (non ben determinato l’anno di realizzazione, si pensa 1450 concepito come una colonna dal fusto liscio e dalla base assai decorata, l’enigmatico bronzo costituisce il primo nudo a tutto di grandezza naturale dell’arte occidentale post-classica. Nel medioevo il nudo era peccato, ma co il 400 esso riacquista il suo autentico significato di purezza ideale. L’eroe è nudo perché difeso solo dalla propria virtù morale. Il suo stile è caratterizzato da una sensibilità e quasi sensualità di modellato, grazie al sapiente e insistito gioco di luci e di ombra che avvolge le levigatissime  membra del giovanetto) - L’altare del Santo (Padova 1446 nella Basilica di Sant’Antonio) – Monumento equestre al “Gattamelata” (Per la prima volta dopo l’antichità classica, la statua si svincola dalla concezione della scultura come  parte integrante dell’architettura per proporsi come forma autonoma, come volume liberamente rapportato allo spazio. Per conseguenza il guerriero si muove con lentezza ma con sicurezza, nella piazza, in un ideale marcia di conquista : non conquista per forza d’urto ma per superiorità intellettuale. Cavallo e cavaliere infatti danno impressione di fermezza: il cavallo è un blocco orizzontale solidamente appoggiato sulle 4 zampe ed il condottiero siede in arcione costituendo un insieme unitario con il cavallo. Gli stessi lunghi speroni si dispongono in modo orizzontale ed in alto il corpo eretto dell’uomo si collega alla massima elevazione della bestia. Essi sono un unico strumento di battaglia)

LEON BATTISTA ALBERTI  (Genova 1404 – Roma 1472)
Architetto e teorico, è una figura e complessa nel panorama della cultura italiana del 400.  nato a Genova da una famiglia fiorentina in esilio, uomo di vasta cultura, è il codificatore delle teorie umanistiche, alle quali cerca di dare forza storica con l’autorevole sostegno degli antichi (Vitruvio soprattutto) e delle loro opere che inizia a studiare quando soggiorna a Roma impiegato presso la Cancelleria Pontificia. Dal 1439 al 1443 soggiorna a Firenze dove ha modo di frequentare artisti come Donatello e Brunelleschi. Intensi sono gli scambi di idee e riflessioni sulla teoria della prospettiva. Nel trattato della pittura (1435) enuncia le leggi matematiche che sottostanno alla rappresentazione della profondità spaziale, punto di riferimento fondamentale per tutta la successiva pittura occidentale.  Intervenne anche nella dibattuta questione della lingua difendendo l’uso del volgare al posto del latino. La maggior opera teorica dell’Alberti fu il trattato De Aedificatoria terminato nel 1452 sull’architettura del rinascimento. Il trattato prende esempio da quello di Vitruvio anche nella suddivisione in 10 libri. Nel 1450 scrisse i Libri della Famiglia, manifesto culturale dell’uomo del Rinascimento .L ‘Alberti prestò la sua opera di architetto a Mantova, Rimini e in altre città del Nord  Italia ed ottenne importanti incarichi a Roma con papa Niccolo V gli fu affidato il rifacimento di antichi edifici tra cui le Chiese di santo Stefano e Santa Maria Maggiore. I maggiori progetti architettonici datano 1445 ma egli fu sempre più attivo sul versante teorico che su quello pratico. La purezza del suo stile che preparò la strada a Bramante ed influenzò tutta l’arch. Occidentale, è ben espressa nella facciata della Chiesa di san Francesco (poi chiamata tempio malatestiano) a Rimini ispirata all’arco di Augusto della stessa città.
Raffronto tra l’alberti e il Brunelleschi : anche se li lega il comune culto per la classicità romana, una concezione radicalmente diversa  dell’architettura li separa, una visione opposta dell’arte. Il Brunelleschi affida le sue concezioni architettoniche all’azione costruttiva della linea. L’Alberti a quella della massa. Il primo si serve di una linea agile ed elastica, il secondo della massa vigorosa.
Opere: Chiesa di san Francesco ( la struttura dei fianchi dell’edificio riprende l’architettura degli  acquedotti romani con l’alternarsi di arcate e pilastri quadrati mentre l’area presbiteriale doveva essere a pianta circolare e coperta da una cupola sul modello di quella del Pantheon di Roma, di questa forma ci resta una medaglia di Matteo de Pasti) – Palazzo Rucellai (1446-1451 Firenze splendido esempio di arch. Civile. La facciata ricoperta da bugnato levigato a conci di dimensioni variate, è scandita in senso verticale dal sovrapporsi di tre ordini classici (pilastri tuscanici, ionici e corinzi), e in senso orizzontale dalla raffinate finestra a moduli quadrati e circolari inscritte tra lesene secondo rapporti misurati) – Chiesa di Santa Maria Novella (Firenze Giovanni Rucellai finanziò anche il rimodernamento della facciata di questa chiesa. L’alberti si trovò di fronte alla difficoltà di inserirsi in un complesso di epoca diversa da quella coeva. Egli lo risolse con intelligenza e sensibilità dividendo nettamente le due parti (quella inferiore, gotica da quella superiore, rinascimentale) con una doppia cornice contenente un motivo geometrico a quadrati ripetuto per tutta la lunghezza.  Al di sopra della cornice egli segna l’altezza della navata centrale con una zona saliente, ritmata da 4 lesene sporgenti e coronata da un frontone. Gli inserti a 2 colori chiarificano  le superfici . due grandi volute raccordano nella facciata l’altezza della navata centrale da quelle laterali) – Chiesa di Sant’Andrea (Mantova  edificio a croce latina a navata unica dove vi si realizzano le principali idee dell’Alberti. La proporzione innanzi tutto: l’elemento modulare è il quadrato che moltiplicato e diviso consente il raggiungimento della perfetta correlazione di tutte le parti. Sull’unica navata si affacciano con ampi archi cappelle minori che risultano come grossi pilastri che intervallano il movimento delle imponenti arcate laterali. Tutta la copertura è con volte a botte: domina quindi la linea curva. Sulla facciata alte lesene coronate da capitelli corinzi culminano in una trabeazione classicheggiante sovrastata da un frontone L’arco a tutto sesto è modulo ripetuto oltre che nel portale centrale nelle nicchie laterali e raddoppiato in cerchio nel timpano)

PRIMO RINASCIMENTO

Con il 400 e il primo Rinascimento, l’uomo guarda a se stesso e alla realtà in un modo profondamente diverso dal passato. Acquista una nuova consapevolezza dell’importanza  del suo agire nel mondo ed instaura un rapporto sereno con Dio, a partire dalla propria capacità di scegliere tra bene e male, tra vero e falso. Studia ed analizza la realtà e la natura fin nei minimi particolari: nell’ambito della pittura, la prospettiva ed il rigore geometrico hanno appunto la funzione di far cogliere allo spettatore ciò che viene raffigurato nel suo vero essere. Con questi mezzi l’artista approda talvolta ad una rappresentazione ideale della realtà, superandone gli aspetti transitori. La nuova concezione che l’uomo ha di se stesso porta inoltre ad una trasformazione della società che, in campo artistico, si riflette con particolare evidenza sull’architettura; i borghesi assunti al rango di signori, danno alle città un volto nuovo: al castello si sostituisce il palazzo, progettato e decorato da artisti che non sono più riuniti in corporazioni e trattano personalmente con il committente il prezzo delle loro opere. Nel corso del 400 l’Italia diviene un modello per  l’Europa in virtù del notevole sviluppo raggiunto dalla letteratura e dalle arti.

 

BEATO ANGELICO (Vicchio di Mugello 1400-Roma 1455)
Guido di Pietro Trosini detto Beato Angelico. Appena adolescente lo si trova impegnato nella bottega di Lorenzo Monaco dove apprese la tecnica della miniatura e dell’affresco e si specializzo nella pittura su tavola. Fu anche miniatore. Nel 1435  si trasferisce nel convento di San Marco e ne divenne poi  priore. Il Vasari ci racconta che egli frequentasse la Cappella Brancacci al Carmine, dove Masaccio apriva le porte al Rinascimento. Egli non aveva il temperamento sanguigno e popolano di Masaccio, ma aderiva alla visione aristocratica del Ghiberti. L’Angelico ben lontano dal vigoroso realismo di Masaccio, si muove in un clima di bellezza assoluta e canta gli episodi del Vangelo, esalta la figura del Cristo, di Maria e dei Santi con l’ingenua freschezza di un fanciullo. Ma è mosso  da un ardente sentimento religioso e crede con purezza di cuore assai lontano dal decorativismo dei gotici internazionali che spesso rimanevano estranei al loro narrare. Ma pur nell’apparente fedeltà alla tradizione pittorica religiosa egli è un uomo nuovo. Comprende i problemi dell’umanità in terra, ma li risolve con la fede nella giustizia divina. Egli pone l’uomo al centro della sua attenzione, sa che l’uomo può giungere a Dio comprendendo con la ragione prospettica, il creato ma sa anche che questa comprensione è voluta da Dio stesso: perciò nelle sue pitture il dramma non esplode mai ed anche gli episodi più dolorosi (crocifissioni) vengono contemplati con la serenità che gli proviene dalla sicurezza che tutto è finalizzato. Le sue opere sono tutte di argomento sacro e per dare corpo alle sue visioni ascetiche, si serve di motivi usati dai gotici come vesti splendenti, di ali  variopinte degli angeli, prati fioriti e come i gotici ama i colori femminei e i fondi aurei o lavorati. Ma non è gotico nel costruire con saldezza plastica le figure, nel situarle fra prospettive architettoniche o nell’allargare dietro ad esse vasti paesaggi. Egli non è gotico soprattutto per la luce che sentì forte e intensa, non filtrata anzi proprio per la luce egli può essere riconosciuto come anticipatore di Piero della Francesca. Cromatismo delicato e uso di una illuminazione piena. Dopo il ciclo degli affreschi del convento, il Beato Angelico nel 1446 fu chiamato a Roma dallo stesso Papa Eugenio IV che lo incaricò di eseguire alcuni affreschi per la Basilica di San Pietro, poi sarà a Orvieto per decorare la Cappella di San Brizio nel Duomo e poi di nuovo a Roma dove decorerà per papa Niccolò V la Cappella Niccolina raffigurando le storie di Santo Stefano e San Lorenzo. Prima del 1449 esegue a Firenze anche i dipinti per gli sportelli degli armadi della Santissima Annunziata che oggi si trovano al museo San Marco . Muore a Roma
Opere : Pala di San Domenico a Fiesole (nata come trittico, ricco di pilastri decorati, predella e cuspidi, l’opera monumentale fu eseguita per l’altare maggiore della chiesa di San Domenico ma nel 1501 fu trasformata in pala d’altare da Lorenzo di Credi. Al centro la Vergine porge a Gesù Bambino una rosa rossa simbolo della Passione una bianca simbolo di purezza. Ai lati ai più importanti Santi Domenicani – Domenico, Pietro martire e Tommaso d’Aquino – appare San Barnaba allusivo al patronato del nobile fiorentino Barnaba degli Agli che aveva disposto i lavori di restauro della chiesa) – Deposizione di Santa Trinita (1430 nonostante la cornice ancora gotica egli realizza un paesaggio nel quale immette i suoi personaggi ordinati secondo una composizione studiata ed equilibrata. Sullo sfondo c’è la rappresentazione di una città entro le sue mura, forse identificata con la città di Cortona) – Tabernacolo dei Linaioli ( 1433 Museo di San Marco -  Chiamato così perché commissionato dall’arte de Linaioli. Le dimensioni evocano una porta monumentale, il cui disegno si deve al Ghiberti. Sulle facce interne degli sportelli appaiono san  Giovanni Battista e san Giovanni evangelista mentre in quelle esterne appaiono San Marco, santo protettore dei Linaioli e san Pietro) – Trittico di Perugia ( 1437  Museo di San Marco - sono visibili alcune delle più belle scene rappresentate dall’artista come la Nascita e la Vocazione del Santo nelle quali è evidente il gusto per il racconto fiabesco e fantastico) – Opere per il Convento di San Marco a Firenze (tra il 1438 ed il 1446 E’ un opera monumentale per la quantità delle pitture, per la complessità tematica e soprattutto per il livello qualitativo. Che vi sia un piano preordinato è dimostrato dalla collocazione degli affreschi, essi hanno come scopo quello di indurre nei monaci uno stato di contemplazione, ottenuto con parsimonia prospettica, immediatezza compositiva e rigore formale. Essi aprono una nuova fase nello sviluppo del suo stile pittorico, caratterizzata da una maggiore austerità e misticismo delle atmosfere nelle sue pitture, avvalendosi di composizioni semplificate, esemplare è la tavola rappresentante il giudizio universale. Questi affreschi costituiscono una preghiera dipinta. Tra di essi vi sono: il Crocifisso, la Trasfigurazione , San Domenico , l’Annunciazione. L’atmosfera che pervade questo celebre dipinto è serena, pacata, dolce, le figure dell’Angelo e della Vergine sono ambientate in un porticato che richiama evidentemente quello del convento stesso, non aderendo fino in fondo però al realismo masaccesco, prediligendo la contemplazione divina piuttosto che la rappresentazione delle cose terrene. Egli non inventa mai racconti o dei dettagli. Le sue raffigurazioni si attengono a quanto riferiscono le Sacre Scritture o le fonti della Tradizione. Non introduce mai elementi scenografici, curiosi o superflui che possono distogliere l’attenzione dal fatto narrato. La Trasfigurazione  è forse tra le prime opere eseguite in cui la critica è concorde di rilevare l’impronta michelozziana nella monumentale figura del Cristo. L’Annunciazione si svolge sotto un portico rinascimentale non dissimile da quelli dei chiostri che michelozzo stava costruendo. L’ambiente è aperto su di un lato ma la prospettiva definisce lo spazio in modo talmente esatto che questo risulta determinato non dalle pareti, quanto, come in Brunelleschi dalle linee. Da qui l’intimità del dialogo dei protagonisti. L’ambiente è spoglio per accentuare l’essenzialità dello spazio, la purezza di esso e perciò anche di Maria .I due interlocutori occupano uno spazio ben definito ma non sono protagonisti isolati, pur nella loro esistenza individuale, si raccordano le linee che si intersecano delle crociere riprendono la curva delle ali dell’Arcangelo e la conducano verso la Madonna che, parallelamente, si inclina in avanti. E’ qui che vediamo la comprensione angelichiana dell’uomo rinascimentale: l’angelo e Maria vivono ciascuno di vita propria, svolgono un ruolo diverso, dominano lo spazio, ma sono coordinati, fanno parte di un tutto. Ciò non contrasta con la purezza della fede che si esprime attraverso la leggerezza spirituale dei corpi, la bellezza dei colori, ma soprattutto attraverso la luce. E’ una luce terrena che , provenendo dalle arcate del chiostro, illumina i corpi e ne determina le ombre così importanti per definire i volumi e le loro posizioni;ma è una luce diffusa  , diurna, coincidente con lo spazio, è una luce che evita i contrasti perché è la luce della fede. La luce dipinta proviene dall’opposto della luce reale, essa appare piuttosto come riflessa dalla parete. A sx nel dipinto appare un santo dominicano (Pietro Martire) il quale non turba l’intimità del colloquio sacro perché è posto fuori dalle linee prospettiche fondamentali e quindi dallo spazio in cui avviene il miracolo. La figura del santo è simbolo della presenza costante dell’Ordine nel cristianesimo. La Crocifissione viene trasformata da descrizione del fatto drammatico in un momento di meditazione pacata e profonda. Ai piedi delle 3 croci sono, non soltanto le figure tradizionali, ma anche santi di varie epoche per indicare la continuità secolare del cristianesimo e per esaltare i fondatori degli ordini religiosi fra cui quello dei domenicani. La presenza di San Francesco vicino a San Domenico è da mettere in relazione con la profezia di  Gioacchino da Fiore che indicava nelle nascita di 2 uomini un’intensa ripresa  della spiritualità e del monachesimo) – Sportelli degli armadi degli argenti della Santissima Annunziata di Firenze ( l’opera comprendeva ben 40 riquadri con episodi evangelici , oggi se ne conservano 32 suddivisi in tre pannelli rispettivamente di 9, 12, e 11 episodi. Ogni scena reca nella parte superiore una profezia del Vecchio Testamento e nella parte inferiore una sentenza evangelica che ne attesta l’adempimento. Solo 9 scene sono riconducibili con certezza alla mano dell’Angelico, mentre le restanti di buon livello furono eseguite su disegni del maestro.

ANTONELLO DA MESSINA (Messina 1423-1479)
Si formò alla bottega del Colantonio a Napoli al tempo di Alfonso I che accoglieva artisti di varie provenienze soprattutto dalle Fiandre. Nonostante le scarse notizie sulla sua prima attività artistica, si ritiene che abbia lavorato inizialmente a Napoli dove in quel periodo erano conosciute le opere degli artisti fiamminghi. Quindi intorno al 1450 egli inizia a viaggiare entrando in contatto con gli artisti veneziani e fiamminghi che gli permettono di perfezionarsi nella tecnica del colore, grazie al segreto e nuovissimo metodo della pittura ad olio. Egli si può definire uno dei più grandi pittori rinascimentali dell’Italia meridionale ed esponente singolare della pittura fiamminga in Italia. Dopo il 1460 sull’esperienze nordiche ed iberiche, si sovrapposero quelle della pittura toscana (piero della Francesca) che consentirono al Messina di chiarire i problemi della visione prospettica e gli sollecitarono la soluzione dei problemi plastici. Così il siciliano raggiunse una sua maniera sintetica che esplicò semplificando e rassodando i volumi e forzandoli entro schemi  geometrici (vedi san Sebastiano). Il concetto che Piero della Francesca aveva circa lo spazio venne ripreso da Messina il quale seppe comporre prospettive regolari: San Sebastiano e Crocifissione capolavori supremi d’intensità poetica ineguagliabile. Egli sa porre dietro le figure visioni d’immensi paesaggi nelle quali la prospettiva lineare si allea a quella aerea. L’approdo a Venezia nel 1475 fu per lui il felice incontro con la città del colore,d dove poteva concludere e risolvere ogni esperienza passata. Egli accelererà il processo verso la pittura integrale ed il tonalismo che saranno la gloria dell’arte veneziana nel sec. XVI . La nuova tecnica ad olio dà ampia possibilità per luci ed ombre dando varietà al rilievo, alla modellazione delle figure.
Opere : San Gerolamo nello studio ( è esemplare per dimostrare sia le derivazioni fiamminghe sia l’originalità dell’impostazione di questo artista. Lo sguardo dello spettatore penetra all’interno di un vasto ambiente attraverso un portale spagnoleggiante, dall’arco depresso e dalle modanature rilevate. La sala è coperta da alte crociere gotiche sostenute da fasci di pilastri. Sulla dx, provenendo da una sorta di portico, avanza silenzioso il leone che si dirige verso il santo assorto nella lettura. E’ evidente la precisione descrittiva fiamminga: dai volatili e dalla ciotola sul gradino, al gatto ai vasi, dall’asciugamano e dal cartellino affisso sul legno, ai libri aperti e chiusi alle vesti del santo.. ma la luce unifica, illuminandoli razionalmente i molti oggetti. Essa ha una duplice fonte: anteriore, penetrando da sx,  e posteriore attraverso le finestre. Questo effetto di controluce rende il silenzio del grande ambiente che circonda lo studio e sottolinea la concentrazione del santo. E’ un’opera pienamente rinascimentale, in essa però l’interesse del pittore è rivolto più all’ambiente che alla figura umana) – Pala di San Cassiano (il pittore introduce la tecnica della pittura ad olio nel nord d’Italia. La Vergine sul trono in prospettiva si imposta secondo forme volumetriche tondeggianti realizzate attraverso il colore. Molto viva la rappresentazione dei santi. Questo opera segna un punto fermo per il rinascimento veneziano non tanto per la sua composizione architettonica quanto perché in essa il volume si crea attraverso il colore e non come nei dipinti fiorentini attraverso la linea ed il chiaroscuro) – San Sebastiano (la figura legata all’albero domina la composizione della quale rappresenta l’asse. Ha una struttura colonnare e quasi a ribadirne la forma cilindrica vicino ai suoi piedi giace un frammento di colonna, simbolo dell’asntichità classica, ma ancora di più di perfezione geometrica: quella stessa perfezione che è nella definizione prospettica dello spazio, illuminato da una luce razionale proveniente da sx che evidenzia il ruolo del colore nella costruzione delle forme. Antonello descrive anche l’ambiente: dalle case con gli alti comignoli veneziani, alle persone affacciate alla terrazza davanti ai tappeti orientali dalla donna col bambino in braccio all’uomo dormiente. Tutto è attentamente misurato secondo una reciprocità di rapporti che no sarebbe spiegabile senza i precedenti di Piero della Francesca. Ma egli è dotato di calore cromatico, partecipa alla narrazione in maniera umana, allontanandosi dal rigore razionale, lucidamente matematico di Piero rivelando così la sua meridionalità) – La Pietà  (risulta essere il punto d’arrivo della sua ricerca sul rapporto luce ombra, infatti il corpo di Cristo si viene a comporre grazie alla luce mentre il fondo rimane in ombra) – Vergine Annunziata (1476 è un’opera assolutamente completa, matura nel totale equilibrio tra forme, luce e colore e per questo databile ad un momento avanzato dell’attività di Antonello. L’espressione psicologica di Maria nasce dalla severità costruttiva della forma compresa entro la piramide del manto azzurro. Il tavolo e il leggio sono impostati tridimensionalmente la visione di spigolo ne rappresenta in fatti due lati. Il viso tagliato verticalmente dalla linea ideale che scende dalla piega del manto sulla fronte e attraversa il naso, il mento, il collo fino all’angolo chiuso della mano, è costruito sulla linea curva: l’ovale del viso incorniciato dal manto, le sopracciglia arcuate, le palpebre ombreggiate. Più umana che divina questa figura femminile esprime l’evento sacro in una dimensione terrestre, ma non per questo meno spirituale.

PIERO DELLA FRANCESCA (Borgo San Sepolcro 1412 – 1492)
Fece il suo primo apprendistato nella bottega di Antonio d’Anghiari ma manifestando già con le sue prime opere comprensione per la pittura fiorentina del 400. Dopo un primo periodo a Borgo San Sepolcro, si trasferì a Firenze ed in molte altre città del Nord d’Italia. Durante il soggiorno fiorentino ha modo di conoscere i lavori del Beato Angelico, di Paolo Uccello e di ammirare la Cappella Brancacci. Le sue opere giovanili mostrano quindi l’influenza di Masaccio e di Domenico Veneziano a cui si possono ricondurre la tendenza a costruire figure solide ed il gusto per i color delicati e la luce fredda e limpida. A parte questa breve parentesi fiorentina, la sua attività fu itinerante. Dopo poco il 1440 lascia Firenze per non tornarvi mai più, porta con sé il grande patrimonio culturale fiorentino. Quel patrimonio culturale, Piero lo elabora autonomamente giungendo alla dimostrazione pittorica della “verità” nella sua duplice applicazione visiva : la prospettiva e la proporzione. E’ il pittore che opera la sintesi delle principali esperienze fiorentine conducendole fino alle estreme conseguenze. Nella seconda metà degli anni 40 dovrebbe collocarsi la sua attività a Ferrara, dove lavorò per il maestro Leonello d’Este, uno dei più raffinati mecenati del rinascimento: purtroppo interamente perduti sono gli affreschi che egli realizzò nel castello e nella Chiesa di Sant’Agostino e nel 1451 dipingeva a Rimini nel tempio malatestiano il ritratto di Sigismondo Malatesta. Quasi tutte le sue opere sono di carattere religioso: numerose le pale d’altare e gli affreschi. L’unico grande ciclo di affreschi che ci è pervenuto integro è quello della Leggenda della vera Croce commissionato per la chiesa di San Francesco ad Arezzo. La scoperta della natura fissata in paesaggi luminosi e precisi consentì a Piero della Francesca di collocare con massimo rilievo la figura dell’uomo entro uno sfondo scenografico. Ma fu soprattutto lo studio della prospettiva che suggerì il giusto tra rappresentazione umana e paesaggio, imprimendo a tutta l’arte di Piero quella perfezione, quell’equilibrio compositivo e nello stesso tempo quella monumentale spettacolarità che la contraddistinguono. Uomo di vasta cultura egli fu autore anche di alcuni importanti trattati di pittura sulla prospettiva e sulla nascosta struttura geometrica del reale. L’opera di Piero fu punto di riferimento per molti artisti del rinascimento
Opere : Polittico della Misericordia  ( 1445 Sansepolcro, l’artista vi lavorerà in modo discontinuo, fino a consegnarlo dopo tante insistenze nel 14462. il vigoroso impianto plastico delle figure è messo in risalto dal rigore astratto della composizione e dal valore luminoso ed atmosferico attribuito persino all’arcaico fondo d’oro) – Battesimo di Cristo ( 1445 la figura umana è rappresentata a tutto tondo, un volume entro lo spazio, e i contorni hanno la razionalità e la precisione dei disegni geometrici. Le figure, ormai lontane dagli artifici gotici, sono definite con realismo nei contorni e nei volumi. La religiosità umanizzata si riflette nelle espressioni di Gesù e del Battista, come nelle figure angeliche che osservano la scena, segretamente consapevoli di ciò a cui stanno assistendo. La luminosità diffusa che pervade il paesaggio è simbolo della nuova armonia che si instaurerà tra le sfere celesti) - Chiesa di San Francesco Leggenda della vera Croce ( Arezzo 1452-1465 egli può esporre in maniera monumentale, la sua concezione del mondo, rivestendo le pareti della chiesa con storie tratte dalla popolare “Leggenda aurea” di Jacopo da Varagine. La veduta d’insieme dimostra come Piero abbia distribuito le storie sulle due pareti laterali e sulla parete di fondo. Piero non segue scrupolosamente l’ordine cronologico della narrazione: impagina gli affreschi seguendo, piuttosto, la logica compositiva. A Piero non interessava tanto il significato narrativo delle scene quanto il coordinamento razionale. Ciò non si traduce in una assenza di contenuti, ma nell’espressione elevata dei sentimenti più profondi. Sono figure silenziose e monumentali ritratte entro uno spazio cristallino descrivono una sequenza  di scene grandiose, collegate tra loro da rapporti di analogia e contrasto. Inoltre, ogni affresco, è organizzato in due sezioni, un quadrato abbinato ad un rettangolo a creare una marcata scansione ritmica. La vicenda narrata attraverso 12 episodi principali, comincia dal ciclo della morte di Adamo e si conclude con l’esaltazione della vera croce) – Flagellazione di Cristo (1450-1460 Palazzo Ducale di Urbino, questa piccola tavola è una delle opere più complesse e misteriose della produzione di Piero della Francesca. Il dipinto è singolare perché relega in secondi piano quella che, invece, dovrebbe essere la scena principale del dipinto, ossia la flagellazione. Tra i personaggi in primo piano dovrebbe celarsi il committente.

 

LA PITTURA NEL VENETO

 

L’arte veneziana del 400 sia nell’architettura che nella scultura rimane ferma alla tradizione gotica, ed abbiamo posto in evidenza il carattere bizantino più o meno palese della civiltà lagunare. Nel campo della pittura Antonio Pisanello aveva portato un sostanzioso nutrimento al gotico veneziano con i suoi affreschi nel palazzo Ducale. L’operosità di questo alto esponente della corrente internazionale ebbe conseguenze profonde nell’orientamento dei pittori locali, da Jacopo Bellini ad Antonio Vivarini. Anche nel campo della pittura Venezia segue un suo indirizzo che non la vede mai accordarsi alle tendenze provenienti da altre zone. Lo stesso ritardo nell’accogliere le novità rinascimentali è dovuto alla necessità di trovare una propria strada, che non può essere simile a quella fiorentina basata sul disegno e sul chiaroscuro, ma che dovrà affidarsi al colore: tutto è pittorico a Venezia anche l’architettura e la scultura. Nella città lagunare era stato presente agli inizi del secolo gentile da Fabriano che vi aveva diffuso la propria arte elegantemente fiabesca.

JACOPO BELLINI (Venezia 1395 – 1470)
Allievo di Gentile da Fabriano capostipite di una dinastia di pittori, che nelle opere si rileva oscillante fra reminiscenze tardo gotiche e una moderata costruttività, in qualche modo accostabile alle novità fiorentine. Jacopo si forma nell’ambito del gotico internazionale, la più remota tradizione bizantina costituisce il fondo della cultura da cui proviene. Non spiegheremmo altrimenti il denso cromatismo, la posa frontale della Madonna e la loro ieratica solennità. L’arte toscana e forse lo stimolo dello stesso suo genero Mantenga, lo inducono a conferire alle immagini una certa consistenza plastica, e così la Madonna, nonostante la frontalità, ha un assai rispettabile risalto, un modellato fuso e morbido e la sua espressione non mostra impassibilità bizantina ma un che di tenero e di trepidamente umano.
Opere : Madonna col bambino benedicente (1455 tempera su tavola)

 

GENTILE  BELLINI (Venezia 1429 – 1507)
Figlio di Jacopo resta, come il padre,in una posizione intermedia fra il vecchio e il nuovo. Vede e conosce le opere del cognato Andrea Mantenga ma si serve delle lucide prospettive di origine fiorentina per descrivere, con minuzia da documentarista, animate scene della vita veneziana. Questa attenta trasposizione del reale fa di gentile Bellini anche una acuta ritrattista come dimostra il Ritratto del doge Giovanni Mocenigo che egli eseguì in quanto pittore ufficiale della Serenissima Repubblica di Venezia. Il successo dell’artista fu tale che fu invitato alla corte musulmana di Costantinopoli negli anni 1479-1480 dove ritrasse molti personaggi tra cui anche Manometto II. Egli seppe penetrare nell’anima del soggetto e darne attraverso le apparenze esterne il carattere morale
Opere : Miracolo della croce caduta nel giorno di San Lorenzo (1455narra un fatto accaduto tra il 1370 e il 1382 durante la processione annuale con la quale un frammento della croce di Cristo veniva solennemente trasportato dalla scuola di San Giovanni (confraternita religiosa) alla Chiesa di San Lorenzo: caduto nel canale per le spinte della folla, il frammento sarebbe rimasto miracolosamente a galla lasciandosi recuperare solo dal “Guardian grande” della Scuola) – processione in Piazza San Marco ( faceva parte di un gruppo di tre teleri, descrive il trasporto delle reliquie della Croce durante il quale nel 1444, un mercante ottenne la miracolosa guarigione del figlio moribondo.)

GIOVANNI  BELLINI (Venezia 1430 – 1516) detto anche il Giambellino
Figlio di Jacopo si avviò all’arte nella bottega del padre insieme al fratello. Suo tema preferito fu quello della Madonna con Bambino e variò spesso l’atteggiamento delle due immagini. Già il padre gli aveva fatto intravedere il mondo rinascimentale attraverso i disegni ma più ancora lo sospinse il Mantenga che gli fece comprendere tutto il valore della prospettiva. Egli presentò in maniera morbida, lucente di colore, quieta e lirica:colore sostanzioso che dissolve la linea e lega le figure all’aria intorno. Giovanni ha modo di apprezzare la folgorante grandezza di Piero della Francesca ed intensifica l’amore per le larghe visioni spaziali, il gusto di ordinare persone e cose in vasti luoghi. Dopo l’arrivo a Venezia di Antonello da Messina, il veneziano esalta al massimo le ricerche per un colore più sodo e nutrito e dal siciliano ricava anche certi schemi per ritratti  e per la composizione delle pali di grandi dimensioni, prendendo a modello l’antollenesca Pala di San Cassiano. In Giovanni troviamo un lirico abbandono alla contemplazione della natura, usa magistralmente il colore intonando le tinte su una nota dominante fino a raggiungere le conquiste della pittura tonale. Nella pittura fiorentina che intorno al 1460 inizia il processo d’inserimento dell’uomo nel suo ambiente naturale, il primo resta sempre dominatore. Con Bellini si viene invece creando una relazione egualitaria per la quale l’uomo e la natura convivono senza predominanza dell’uno sull’altra.
Opere : Trasfigurazione ( 1480  Bellini rinuncia a rappresentare secondo la narrazione evangelica i tre protagonisti Cristo, Mosè, Elia in alto e tre apostoli Pietro, Giovanni e Giacomo in basso sul monte Tabor limitandosi ad indicare la differenza gerarchica fra i due gruppi con le diverse posizioni: sono tutti uomini che vivono in una natura amica. Per questo rinuncia anche alla prevalenza quantitativa delle figure sul paesaggio, stabilendo così un nuovo rapporto fra l’uomo e la natura. Lo spazio no è realizzato con l’impianto prospettico fiorentino, anzi per evitare la centralità del punto di vista, la recinzione rustica in primo piano è obliqua rispetto alla disposizione orizzontale delle figure. Il senso della distanza è creato dal passaggio graduale dei toni di colore: dal marrone dei primi piani all’azzurro del cielo perché i colori caldi avvicinano e quelli freddi allontanano. Egli crea una prospettiva cromatica che diventerà una caratteristica della pittura tonale veneta)

BRAMANTE DONATO ( Monte Asdrualdo Urbino 1444 – Roma !514)
E’ figura di primo piano nell’arte italiana del rinascimento medio. La giovinezza passata nell’ambiente culturale dei Montefeltro è elemento determinante per la sua crescita, egli infatti entrò in contatto con le opere del Mantenga, di Piero della Francesca. Egli completerà la sua formazione e realizzerà le sue prime opere nei nuovi centri propulsori della cultura di fine sec. XV. Fra il 1470 e il 1480 il Bramante viaggia nell’Italia settentrionale fermandosi a Milano alla corte di Ludovico il Moro fino alla sua caduta nel 1499, dedicandosi alla pittura e all’architettura. La sua concezione pittorica è ancora legata agli indirizzi fondamentali del 400 centro settentrionale. Le architetture milanesi del Bramante aprono invece una strada del tutto nuova, cinquecentesca anche se come conseguenza diretta delle premesse del primo rinascimento. Alla caduta di Ludovico il Moro, il Bramante si trasferisce a Roma, la quale sia per la sua storia, sia per la presenza di monumenti antichi, è la città più adatta ad accogliere il classicismo bramantesco. Egli è considerato insime a Michelangelo ed a Raffaello una delle maggiori personalità artistiche del Rinascimento italiano.
Opere : Cristo alla Colonna (1480 per l’Abbazia di Chiaravalle Pinacoteca di Brera esprime l’umanità eroica del personaggio mediante la possente tornitura del corpo serenamente illuminato, cui il chiaroscuro dà risalto volumetrico. Fiammingo è il paesaggio con rocce ed acque dipinto oltre il vano della finestra) – Chiesa di Santa Maria presso San Satiro (a questa piccola chiesa egli dà un’imponenza già cinquecentesca, ampliandone artificialmente la profondità mediante la realizzazione prospettica di un braccio longitudinale che prosegue idealmente la navata centrale della chiesa. Il finto vano, realizzato a stucco sulla parete dietro all’altare maggiore, con tanto di volta a botte decorata da lacunari, produce un’illusione ottica perfetta) – Tribuna della Chiesa di Santa Maria delle Grazie (Milano 1492 il Bramante abbatté la tribuna esistente per costruire quella attualmente visibile. L’architetto inserisce al termine della grande chiesa un ampio vano cubico sormontato da una cupola con due absidi laterali, prolungato sul fondo da un altro ambiente simile concluso da una terza abside. Lo spazio definito dalle superfici piane si dilati nell’ampio movimento curveggiante delle absidi e della cupola e si moltiplichi nella seconda tribuna creando profondità prospettica. All’esterno i volumi alternando blocchi quadrangolari, semicircolari e poligonali, si articolano liberamente nello spazio opponendo luci e ombre. La decorazione ricca ed esuberante è tipica dell’ambiente lombardo in contrasto con il rigore costruttivo bramantesco) – Tempietto di San Pietro in Montorio (1502 realizzazione che segna l’inizio del rinascimento romano. A pianta circolare sormontato da una cupola e circondato da una peristasi di colonne di colonne tuscaniche sopra le quali si colloca una terrazza con balaustra. La forma è romaneggiante (ispirato dal tempio della Sibilla a Tivoli) ma il Bramante vi oppone la sua severità ed essenzialità. Vi predominano la compenetrazione tra architettura ed atmosfera e il movimento spaziale pluridirezionale: lo spazio penetra nella costruzione attraverso le colonne, la balaustra, le nicchie scavate nel cilindro interno; e il tempietto si proietta nello spazio attraverso le sue sporgenze e vi si muove come ruotando su se stesso. Il passaggio dal piano orizzontale e verticale è mediato prima dai grandi gradini circolari poi dal colonnato quindi dalla sovrastante  rientranza del corpo circondato dalla terrazza ed infine dalla cupola) – San Pietro (in Vaticano l’opera sarà completata solo dal Bernini alla metà del sec. successivo. L’idea del Bramante è fondamentale : una croce greca con 4 absidi semicircolari sporgenti da una pianta quadrata, 4 campanili angolari, 4 cupolette ed una grande cupola centrale. E’ la pianta che il rinascimento considera ideale, perché tutte le parti sono coordinate rispetto al centro, in un gioco geometrico complesso ma chiaro. Tuttavia è una pianta che contrasta  con la tradizione e con la volontà della Chiesa che ha sempre preferito l’impostazione longitudinale perché tutti i fedeli si trovassero disposti nello stesso modo davanti al sacerdote. Di qui le difficoltà che il progetto incontrò e quindi le modifiche apportate dopo la sua morte)

MICHELANGELO BUONARROTI ( Caprese Arezzo 1475 – Roma 1564)
Figlio di Ludovico podestà di Caprese, i primi studi li compie nella bottega del Ghirlandaio, ma più importante è il periodo che egli trascorre nel “giardino di San Marco” in cui Lorenzo il Magnifico ha raccolto opere antiche e dove i giovani artisti studiano sotto la guida dello scultore Bertoldo. Questo soggiorno riveste un significato particolare per la convivenza del giovane con  alcune delle massime personalità culturali del tempo (Ficino, Poliziano, Pico della Mirandola). Nel “giardino” i giovani avevano davanti a sé modelli antichi si esercitavano a copiarli, apprendevano il senso delle proporzioni e dei rapporti secondo un intendimento classico, distaccato dall’età contemporanea e quindi teorico. Proprio dall’uso della copia nasce la “poetica” michelangiolesca. Riproducendo in marmo un pezzo che tiene fisso davanti ai suoi occhi egli si viene abituando a considerare che ciò che scolpisce esiste già. Quando poi creerà liberamente, avrà gia presente nella sua mente l’idea  che viveva nella sua immaginazione. Questa è la prassi consueta della scultura ma Michelangelo va oltre. La mano è lo strumento che esegue meccanicamente la volontà dell’intelletto. L’artista ha il compito di liberare dalla materia l’idea che vive eternamente, lottando con la materia con il totale impegno di sé, con fatica fino a ritrovarla intatta. E’ il motivo costante dell’arte michelangiolesca à la lotta dell’uomo imprigionato, oppresso, sconfitto per raggiungere una meta che sa irraggiungibile, ma verso la quale si impone di tendere per dovere morale, per salvaguardare la propria dignità. In questo senso Michelangelo si pone come legittimo erede di Giotto, di Masaccio , di Donatello e della tradizione neoplatonica fiorentina. Il platonismo michelangiolesco si ricava dalle opere dell’artista. Le prime sue opere sicure sono alcuni disegni che rivelano già una personalità inconfondibile. Dopo la caduta della famiglia medici Michelangelo si reca a Bologna, poi torna a Firenze e poi giunge a Roma dove prende accordi per realizzare la Pietà. Roma era un ambiente ancora più idoneo di Firenze per stimolare il suo interesse per l’antichità. Nel 1501 Michelangelo torna a Firenze dove scolpisce la Madonna di Bruges, ed il David. Nel 1505 papa Giulio II chiama Michelangelo a Roma per affidargli la progettazione della propria tomba ma questo progetto impegnerà Michelangelo per 40 anni. Nel 1508 ottiene l’incarico della decorazione pittorica della Cappella Sistina. 500 metri quadrati decorati da un solo uomo in 4 anni di accanito lavoro e che rappresentano la piena espressione degli ideali artistici del Rinascimento affidati ad una interpretazione neoplatonica della Genesi. Nel 1513 muore Giulio II e Michelangelo riprende a lavorare alla tomba. Nel 1518 firma il contratto per la facciata di San Lorenzo di Firenze ma pur essendo giunto all’elaborazione del progetto, esso non fu mai realizzato. L’artista allora si dedica alla costruzione della Sagrestia Nuova sempre nella Basilica di San Lorenzo. Quasi contemporaneamente egli porta avanti  la costruzione della Biblioteca Laurenziana voluta da Clemente VII. Nel 1534 m. lascia Firenze e non vi farà più ritorno e si reca a Roma per dipingere sulla parete di fondo della Cappella Sistina, il Giudizio. Nel 1546 muore Antonio da Sangallo e a M. viene affidata la direzione di tutti i principali lavori di Roma. Completa Palazzo Farnese, progetta la Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, trasforma l’antico tepidarum di Diocleziano nella Chiesa Santa Maria degli Angeli , disegna la facciata di porta Pia ed attende alla sistemazione del Campidoglio e alla Fabbrica di San Pietro. Nel 1546 si accinge a metter mano a San Pietro riprendendo il progetto originale del Bramante a pianta centrale ma aggiunge un ambulacro. Mentre lavora così intensamente alle opere pubbliche romane, in privato riprende per ben tre volte il tema giovanile della Pietà. Queste opere, forse perché proprio create per se stesso, rappresentano lo specchio della sua anima, il diario segreto degli ultimi anni, ne esprimono il pensiero: quell’idea della morte corporale e della vita eterna che torna frequentemente anche nelle lettere e nelle poesie. Pietà Rondinini – Pietà de duomo di Firenze
Opere : Battaglia dei Centauri e la Madonna della Scala (risalgono al primo periodo 1490-92 in cui si nota la transizione tra il 400 ed il classicismo e lo resero celebre no ancora ventenne.) -  San Petronio, San Procolo e un Angelo (arca di San Domenico a Bologna 1494-5) – La Pietà ( 1498-50 è una delle opere più famose al mondo e l’unico firmato dall’artista, tutta la rappresentazione si fissa sulla sacralità della scena. La Madonna è rappresentata giovane e serena che sostiene il corpo del Cristo : la sua espressione è rassegnata al volere di Dio e sul suo volto dominano la grazia e la dolcezza, si concentra sulla sacralità della scena. La perfezione di tale scultura per il disegno, la grazia e la purezza è massima, nella bellezza delle membra con una ricerca  di muscoli, vene, nervi. Tutto l’insieme è dolcissimo. Per Michelangelo l’arte anche se sacra non è narrativa ma esprime un’idea. La pietà non narra il dolore della madre, non mostra lo strazio del corpo martoriato di Cristo, la vita e la morte riuniti insieme raggiungono la perfezione divina. Si spiega così la forma piramidale che dalla base, salendo a spirale conduce al vertice, quindi all’unità nella testa della Vergine. Ma è un piramide con poco spessore come se il gruppo marmoreo fosse da immaginare come addossato ad un ideale piano di fondo dal quale emerge il punto di vista frontale dell’autore. Contrasto tra la ricchezza delle pieghe delle vesti e la perfezione della nudità di Cristo) – David (Michelangelo affronta in modo innovativo il tema dell’eroe:allontanandosi dall’iconografia tradizionale, rappresentò il campione della fede ebraica come un uomo, giovane, completamente nudo, in apparenza calmo ma con il corpo ed i muscoli tesi pronti ad affrontare il nemico. L’opera mostra in crescendo di interesse plastico dal basso verso l’alto. Dalle gambe magre e lisce si passa al busto, dai possenti rilievi anatomici per giungere alla testa fulcro della composizione perché sede del pensiero, quel pensiero che è guida di ogni azione umana. La fronte è corrugata indicando la concentrazione intellettuale del personaggio. L’eroe è gigantesco perché la grandezza fisica ne simboleggia quella morale. E’ nudo perché armato soltanto della sua volontà. Situato in origine in Piazza della Signoria, fu considerato simbolo dell’ideale politico repubblicano) – Cappella Sistina ( egli suddivise la vasta superficie in settori dandole un impianto architettonico-scultoreo mediante cornici, architravi e capitelli ornati da finte statue, così da conferire all’intero complesso un’intensa vita plastica. Nei singoli pannelli invece le scene sono immaginate al di là della volta. Ne nasce così una molteplicità di piani, sporgenti e rientranti che dà l’idea di una grande altorilievo. I tema  è quello della Genesi ma oltre ai significati riconducibili alle Sacre Scritture, vi sono anche quelli dei commenti e delle allegorie dei Padri della chiesa un altro importante ancoraggio iconografico è quello tra il vecchio testamento ed il nuovo. Si tratta di un continuo raffronto tra la vita di Mosè e quella di Cristo) – Tomba di Giulio II (il progetto viene modificato così il monumento viene immaginato addossato ad una parete. Michelangelo scolpisce 4 schiavi (prigioni) un Mosè) - Basilica di San Lorenzo Sagrestia Nuova (  la cappella sorge alla dx del transetto, speculare rispetto a quella del Brunelleschi e completando armonicamente la pianta della chiesa.  La cappella rispecchia al suo interno alcune caratteristiche brunelleschiane come le strutture architettoniche in pietra contro il fondo chiaro. Ma le analogie sono solo apparenti, mente in B. la pietra serena ha la funzione di definire geometricamente la forma e lo spazio mediante la prospettiva lineare, in M. il grigio della pietra determina il risalto contro il pian d’appoggio. Queste solide strutture si staccano con forza dalla candita superficie e si moltiplicano senza una ragione prospettica. Le pareti invece che di materiale povere come in B:, sono mosse  e nella parte inferiore ad accentuare la loro importanza sono costituite da materiale nobile e duraturo il marmo di Carrara prediletto da Michelangelo. I monumenti presenti sono parietali e quindi fanno un tutt’uno con la struttura architettonica che viene scavata  per far emergere le forme) -  Biblioteca Laurenziana ( sorge accanto alla Basilica di San Lorenzo, essa è costituita da 2 ambienti principali nettamente differenziati: l’atrio e l’aula di lettura.) – Giudizio Universale Cappella Sistina (m non ha più bisogno di suddividerla in settori architettonici, le quasi 400 persone campeggiano contro il cielo libero senza riferimenti prospettici. Il dipinto si incentra sulla figura di Cristo giudice la cui inesorabilità è mitigata dalla presenza della Madonna raccolta accanto a lui. Egli con il solo alzare del braccio imprime un movimento all’intera composizione ascendente a sx, discendente a dx, chiamando a sé verso l’alto dei cieli gli eletti e precipitando giù i dannati. Al tempo stesso avvolgendosi su se stesso, trasmette un’analoga rotazione a tutte le altre figure. Alla grandiosità concettuale dell’insieme corrisponde la grandiosità etica delle singole figure sia dannati che eletti perché tutti sono uomini coscienti di sé, della propria condizione umana) – Basilica di San Pietro (1546 riprende il progetto originale del Bramante a pianta centrale ma aggiunge un ambulacro  quadrato e sormonta il tutto da una cupola centrale. Gli spazi interni ne risultano ampliati, più maestosi)

LEONARDO DA VINCI (Vinci 1452 – Amboise 1519)
Pittore, scultore, architetto, ingegnere, scienziato, fu uno degli artefici del Rinascimento. L’amore per la conoscenza e la ricerca segnarono profondamente la sua produzione artistica e scientifica. Le innovazioni che portò nella pittura influenzarono l’arte italiana per oltre un secolo e i suoi studi scientifici soprattutto di anatomia, ottica ed idraulica anticiparono molte conquiste della scienza moderna. Nel 1469 entrò nella bottega di Andrea del Verrocchio, grazie al quali acquisì una vasta esperienza, sia come pittore di pale d’altare e quadri su tavola , sia come ideatore di sculture  in marmo e bronzo. Nei primi anni si dedicò quasi interamente alla pittura. Nel 1472 era già iscritto alla compagnia di San Luca , la corporazione dei pittori fiorentini. Produsse poco, si occupò di architettura ma nessun edificio rimane a provarci questa sua attività, come nulla resta delle sue sculture eseguite nella bottega del Verrocchio. A Firenze egli aveva concepito l’unità di tutte le arti e ‘l’applicazione di esse a tutti gli aspetti della natura e della vita. Nel 1481, in una lettera a Ludovico il Moro, esponeva le sue attitudini universali. A Milano l’artista si convince della necessità di dare una base teorica alla propria dottrina con una serie di trattati sulla prospettiva, l’anatomia, la meccanica. A questo scopo s’impegnerà in un immenso lavoro d’indagine e di informazione, progettando pubblicazioni parziali che non verranno mai realizzati. La sua dottrina resterà ignorata fino alla pubblicazione dei manoscritti. L’ampia costruzione di Leonardo, l’aveva portato alla concezione di una completa cosmologia che riuniva la terra e il cielo nelle pulsazioni di un universo animato dalla luce irradiante e mosso dalla continua lotta degli elementi, dell’acqua principio dell’atmosfera azzurra in cui sono immersi gli sfondi dei suoi quadri. Il coronamento di ogni sapienza dottrinale è per lui l’opera dipinta che permette la sola celebrazione completa della bellezza e della ricchezza della forma. nel 1499 alla caduta del Ducato di Milano, Leonardo era celebre in tutta Italia. Non resta nessuna opera scultorea, alcuni suoi disegni però rivelano molte idee per i monumenti equestri a Francesco Sforza. L’artista vuole e vede le cose modellate per mezzo della luce e dell’ombra non opposta ma conciliata. La luce sfuma nell’ombra, la linea si dissolve nel colore. Così crea lo sfumato il morbidissimo chiaroscuro tipico di L. che diventerà poi caratteristico della scuola lombarda. Per esempio nella Vergine delle rocce, la luce filtra dall’alto a sx, attraverso la spaccatura dell’antro e si diffonde debole fino a congiungersi alla luce anteriore e a quella del fondo e così dentro si crea una penombra che intenerisce il volto della Vergine. Composizione a triangolo del gruppo costituito dalla Vergine, dal Bambino, da San Giovannino e dall’Angelo, arricchita e movimentata dall’incrociarsi di linee convergenti indicate dai gesti.
Nei primi anni si dedicò alla pittura traducendovi quegli elementi formali che costituivano le innovazioni delle sculture verrocchiane. La composizione piramidale e la tecnica del chiaroscuro. Nel 1478 aprì una propria bottega e ricevette alcune importanti commissioni come l’incarico di dipingere l’Adorazione dei Magi  lasciata incompiuta. Nel 1482 entrò al servizio di Lodovico il Moro, Leonardo offriva la sua opera per costruire ponti, forti, e macchine da guerra, oltre che dipingere e scolpire. Ultima Cena (1495-1497 affrescata su una parete del refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano. Sfortunatamente il suo esperimento  nell’impiego di tempere grasse da applicarsi sull’intonaco, causò il deterioramento dell’opera. Leonardo ritrae l’attimo seguente l’annuncio di Gesù che qualcuno lo tradirà. Gli apostoli si stanno dunque chiedendo chi sarà il traditore. L’interpretazione leonardesca è particolare; l’agitazione, lo sconcerto, la discussione, Leonardo riesce a rendere visibili i sentimenti di vaie persone evitando ripetizioni; ogni uomo è persona diversa da ogni altra. Nella discussione gli apostoli si divono in 4 gruppi di tre ciascuno, fra essi è Giuda  no ancora sotto accusa ma già in penombra e turbato perché colpevole. I 4 gruppi formano approssimatamene 4 piramidi concatenate e piramidale è anche la figura di Gesù. C’è stacco notevole fra la concitazione degli apostoli e la calma di Gesù. La sala è rappresentata con prospettiva lineare, definisce la profondità mediante la convergenza delle linee verso il punto di fuga. Negli anni milanesi ritrasse inoltre due favorite di Ludovico il Moro, Lucrezia Crivelli nella Belle ferroviere e Cecilia Gallerani nella Dama con l’ermellino. Nel 1503 Leonardo ricevette la commissione di un grande affresco raffigurante La battaglia di Anghiari per Palazzo Vecchio con episodi della storia fiorentina. Leonardo iniziò la sua opera ma la interruppe quasi subito e non la portò mai a termine. Fu perduto persino il cartone. Durante il suo secondo soggiorno fiorentino L. realizzo vari ritratti fra cui la Gioconda. Durante il soggiorno romano Leonardo eseguì l’ultimo suo quadro San Giovanni Battista che nei toni bruni e dorati ripete la rappresentazione del trapassare quasi inavvertibile della luce, nell’abolizione del disegno e del contorno. Nel 1517 lavora per la corte francese. Trascorre gli ultimi anni al castello di Cloux, immerso negli studi.

RAFFAELLO SANZIO (Urbino 1483 – Roma 1520)
Si forma nella bottega paterna per poi entrare in contatto con la corte dei Montefeltro.. Nei suoi lavori compie un continuo sforzo verso la perfezione. Egli infrange lo schematismo per trovare il movimento convincente, il segno puro. Questa disposizione lo conduce a studiare e ad assimilare con sicurezza la maniera di tutti i pittori più anziani. Allievo del Perugino si volge verso Leonardo ed ecco adottare lo “sfumato” nella Madonna del Granduca ritratto della moglie di Angelo Doni.  Poi la forza virile di Michelangelo l’attrae e se ne riscontrano gli effetti nei nudi dell’Incendio di Borgo. Nel periodo fiorentino egli dipinse la Madonna del Cardellino  Fra l’estate e l’autunno del 1508 il giovane artista veniva chiamato a Roma per suggerimento del Bramante. Nell’attività di Raffaello i lavori del Vaticano costituiscono le tappe fondamentali. Le stanze in Vaticano (Giulio II) saranno dipinte ad affresco sulle pareti :
1 stanza della segnatura il tema trattato è una autentica summa dottrinale della teoria dell’uomo; esso si pone al centro della realtà dominandola con la calma che gli proviene dalla sicurezza della conoscenza dovuta all’intelletto che gli fa comprendere il divino sintetizzando le tre facoltà dell’anima il vero, il bello il bene. E’ decorata da 4 tondi con le allegorie della Teologia, della Filosofia, della Poesia e della Giurisprudenza. Sotto la Teologia è affrescata la scena della Disputa del Sacramento, mentre sulla parete sottostante la Filosofia, c’è la celebre Scuola di Atene. Sotto la poesia è dipinto il Parnaso con i, Dio Apollo circondato dalle muse e dai grandi poeti. Le 4 pareti sono lunettate così R. imposta le scene principali sulla linea curva verticale ed orizzontale in relazione allo spettatore che ne viene avvolto.
2 stanza di Eliodoro il tema è religioso e politico. Dio interviene direttamente in aiuto della Chiesa.
3 stanza Incendio di Borgo la partecipazione della scuola si fa più ampia
4 stanza di Costantino egli ha probabilmente solo fornito il disegno generale dei cartoni
Durante il periodo romano Raffaello si dedicò anche ad una serie di ritratti trai quali ricordiamo quello fatto a Papa Leone X fra il papa ed il cardinale si sta svolgendo un colloquio riservato. Il papa ha il volto serio, pensoso ma tranquillo ascolta quanto il cugino deve rifergli che al contrario appare ansioso, incerto. Il card. De rossi è l’unico che appare in posa. Sono tre diverse personalità ciascuna con una propria identità interiore ed esteriore che si incontrano nello studio papale. Per rendere la varietà psicologica dei personaggi e la mobilità del colloquio ha composto il quadro in maniera complessa. L’essenza classica di R. si è ampiamente manifestata nell’immagine sublime con cui egli ha raffigurato la Vergine nella madonna del Sistina questa opera sviluppa in un gioco di linee sicure una composizione di tipo paleocristiano in una specie di epifania luminosa  e dolce. Fusione dell’iconografia cristiana con l’elemento antico. Dopo la morte del Bramante  Leone X gli aveva affidato la direzione dei lavori di San Pietro alla quale pensò di dare una pianta a croce latina.di fronte all’arte impetuosa di Michelangelo, si dice che l’arte di Raffaello appare lirica, serena, misurata. In Raffello c’è oltre che la misura classica e l’equilibrio nelle sue figure appare la verità e la gravità del peso umano. Come nella Trasfigurazione e la Liberazione di San Pietro, la sua è una pittura che sembra eseguita da un manierista, il Cristo sembra derivato dalla pietà di Michelangelo. Raffaello è semplice come un artista del 400 ma reca in sé la visione di un universo nuovo, grave  e pieno di inquietudine.

 

IL MANIERISMO

Tendenza stilistica nell’arte, sviluppatesi tra il primo e l’ultimo decennio del sec. XVI principalmente tra Roma, Firenze e Mantova per poi diffondersi in tutta Italia e in Europa. E’ un periodo di crisi storica e religiosa in cui il sacco di Roma del 1527, l’assedio di Firenze del 1530, l’avvento della controriforma sono tutti fattori che determineranno nella coscienza degli artisti un senso di scontentezza. La diffusione della corrente si ebbe soprattutto all’indomani del sacco di Roma quando molti artisti si trovarono nelle condizioni di lasciare la città e si trasferirono in altre corti. Il termine manierismo fa riferimento a tutti quegli artisti che a partire dalla seconda metà del 500 eseguivano le loro opere alla maniera dei grandi artisti come Leonardo, Michelangelo e Raffaello. Occorre specificare tuttavia che questo movimento non si sviluppò come reazione e rifiuto totale ai canoni del Rinascimento bensì fiorì dal suo interno esasperando alcuni elementi già presenti nell’opera di maestri come Michelangelo. A differenza dei dipinti del tardo rinascimento, la pittura manieristica si caratterizza per composizioni virtuosistiche, complicate ed affollate di figure e per le tinte violente. Nel suo primo stadio il movimento rivelò una certa opposizione ai canoni classici della proporzione, della simmetria e delle prospettive implicite nell’arte rinascimentale matura. Il manierismo si allontana dall’equilibrio dell’arte rinascimentale prediligendo la complessità, la drammaticità, il movimento. La rappresentazione della figura umana tende verso una marcata stilizzazione e prevede spesso pose contorte ed innaturali. Le figure sono caratterizzate da forme allungate e modellate in senso fortemente plastico. Nonostante ogni artista cercasse di far risultare i caratteri individuali e riconoscibili del proprio stile , l’artificiosità e la complessità sono tratti che accomunano le opere di quest’epoca. Nella seconda metà del 500, andò invece accentuando il proprio carattere celebrale e i valori decorativi che gli assicurarono i favori delle corti. Tra i principali rappresentanti: l’allievo di Raffaello Giulio Romano, Domenico Beccafumi, rosso fiorentino e Pontormo. Tra gli scultori il Giambologna e il Cellini. Vedi fotocopie 

GIORGIONE (Castelfranco Veneto 1477 – Venezia 1510)
E’ il primo grande pittore veneto del 500, le opere a lui attribuite con certezza sono poche, scarsi i documenti. Le notizie più attendibili ci giungono dal Vasari. Il fatto che le opere attribuite a lui con certezza siano poche, dipende dalla loro destinazione infatti la committenza per cui lavora Giorgine è spesso privata e i suoi dipinti sono spesso ammirati soltanto da pochi intenditori. I soggetti sono quindi prevalentemente profani e di conseguenza difficilmente interpretabili. Il pittore inventa soggetti attribuendo loro significati noti probabilmente solo ai suoi contemporanei . la tradizione vuole che Giorgione abbia studiato nella bottega di Giovanni Bellini ed egli ha trovato in questo ambiente lo spunto principale per lo sviluppo del rinascimento coerentemente con l’indirizzo dell’arte veneziana. Nella laguna si era venuta a formare una corrente rinnovatrice con in sé tutti gli elementi esenziali del rinascimenti anche se attuati in modo diverso da quanto aveva già fatto Firenze. Nella città toscana il dominio dell’uomo sulle cose è raggiunto imponendo alla realtà una legge matematica e quindi razionale : la legge prospettica. A Venezia invece si preferisce studiare la natura e stabilire un rapporto egualitario fra essa e l’uomo. A Firenze predomina la linea che definisce spazi ed oggetti secondo un codice mentale, a Venezia il colore come lo vediamo in natura. L’amore per la natura, dunque, e la convivenza in essa di tutti gli oggetti coordinati reciprocamente dall’intonazione dei vari colori, sono il punto di partenza di Giorgione che darà loro il massimo sviluppo. Se già nella pala di Castelfranco il disegno è limitato  all’intelaiatura  prospettico-architettonica, nelle opere successive esso scompare per dar luogo ad un esclusivo rapporto di colori. Giorgione abolisce la linea ossia il disegno che, contornando gli oggetti, li separa l’uno dall’altro, per ottenere che ciascun elemento della rappresentazione viva solo mediante il proprio colore; questo viene direttamente a contatto con il colore dell’oggetto che gli sta vicino, fino a creare una concatenazione che investe l’intera superficie del dipinto. E poiché la natura è fatta di colori, per giorgione questo significa anche leggere la natura e renderne pittoricamente il più intimo significato.
Opere : La pala di Castelfranco (la tavola è apparentemente tradizionale sia per tema della sacra conversazione, sia per la posizione simmetrica dei santi ai lati della Vergine. Anche l’altezza del trono ha dei precedenti come per esempio nella pala di San Cassiano di Antonello da Messina. Ma Giorgione si serve dell’elevazione della figura della Madonna per darle il ruolo di tramite tra sacro e profano, fra l’intimità raccolta della zona anteriore  dove sono i santi  e l’apertura verso il mondo circostante. Anche il convergere delle linee prospettiche contribuisce a questo scopo perché il punto di fuga si trova al di sopra del pannello che separa la zona anteriore da quella retrostante in modo che lo sguardo dell’osservatore si spinga al di là del divisorio partecipando così alla vastità del paesaggio. La prospettiva al di là del pannello è data dalla stesura dei  colori i quali no digradano come in Leonardo ma variano passando dalle tonalità più calde  dei primi piani a quelle più fredde dello sfondo. Dalla molteplicità dei toni riposanti nella morbida luce attenuata, dall’atteggiamento rilassato dei personaggi, dallo loro pensosità, dal distendersi del paesaggio silenzioso nascono la dolce, sognante malinconia e il raccolto intimismo tipici dell’animo giorgionesco) – I tre Filosofi (sono uomini immersi nella natura. Nella pittura fiorentina l’uomo domina la natura, Giorgione disunisce l’importanza della presenza umana; non l’annulla perché la sua filosofia della natura è umanistica, ma l’uomo è parte di essa, non un essere superiore che la possiede. I tre filosofi sono raccolti contro un gruppo di alberi mentre al centro del dipinto  si apre uno squarcio luminoso di panorama che si allontana , non per il digradare dei colori, ma perché i colori freddi  nel fondo sono contrapposti a quelli caldi del primo piano. La composizione si impernia sui tronchi spogli degli alberi e di conseguenza sul giovane seduto, mentre l’arabo e il vecchio accennano un movimento lento in direzione diverse. Ciò toglie staticità non soltanto al gruppo, ma anche alla nostra visione di modo che sentiamo lo spazio proseguire lateralmente e verso il fondo percependo l’ampiezza della natura anche al di là delle dimensioni del quadro. Ed è per questo che gli alberi non sono rappresentati nella loro totale altezza. Quindi Giorgione non definisce lo spazio  mediante un’intelaiatura prospettica ma ne rende la natura cosmica) – La Tempesta (l’uomo e la donna non sono i protagonisti di una storia ma sono il simbolo dell’umanità, una delle componenti del mondo e sono in attesa dell’evento naturale che sta per accadere. La nostra attenzione infatti non è attratta solo da loro, ma anche dal preannunzio del temporale, dal rialzo roccioso, dal prato, dai cespugli, dagli alberi, dai ruderi: il mondo creato dalla natura e quello creato dall’uomo che convivono paritariamente. Tutto è vivente, tutto è mobile nel perenne rigenerarsi delle cose che Giorgione rende con l’obliquità delle verticali) – Venere dormiente (non venere che nasce dalle spume del mare, non venere dea dell’ amore, ma una splendida donna nuda, castamente dormiente, ignara della propria bellezza e dell’osservatore. Il bel corpo si allunga ondulatamene, costruito dalle varietà tonali del suo stesso colore e si inserisce armonicamente nel paesaggio illuminato dalla declinante ma calda luce della sera. Si suppone che il quadro sia stato terminato da Tiziano (suoi sarebbero il paesaggio e il panneggio)

TIZIANO VECELLIO (Pieve di Cadore 1488 – Venezia 1576)
Temperamento ben diverso da quello di Giorgione, quindi aperto e estroverso. Le sue opere commissionate dai Dogi  e dall’imperatore, dal Papa e dai re, sono viste ed ammirate in tutta Europa.  La carriera di Tiziano è trionfale non conosce soste. La sua formazione è veneziana, allievo prima di Giovanni Bellini, entra poi nella bottega di Giorgione. Le sue prime opere pur rientrando nel “giorgionismo” se ne differenziano per l’impeto che le caratterizza. Di Giorgione in particolare assimila la sensibilità artistica e la tecnica del colore, ma rispetto a lui, Tiziano sviluppa un costante studio verso il disegno tipico delle scuola romane e fiorentine. All’ombra di Giorgione, Tiziano sviluppa uno stile molto personale prevedendo un uso del colore diverso dal maestro. Questi colori vengono stesi in modo rapido e a volte anche preciso, senza disegni preparatori  e con poco scrupoli dei contorni.. contemporaneamente Tiziano si interessava anche  al Mantenga, al Durer  e a Raffaello, indirizzandosi verso un realismo nuovo per la cultura veneta. La pittura che ne deriverà è di grande immediatezza e di forte espressività, le forme libere da ogni obbligo disegnativo, sono più accennate che descritte, il che conferisce loro una vivezza e un realismo sconosciuti nell’ambiente veneto. Il completo distacco dal Giorgione avviene con L’Assunta, egli dimostra con questa opera grandiosa di conoscere le esperienze romane di Michelangelo e di Raffaello. L’attività di Tiziano è quasi incredibile. Nel corso della sua lunga vita  realizza un numero elevatissimo di dipinti sia sacri che profani. Nel 1532 l’artista è a Urbino dove dipingerà la Venere. Da Urbino nel 1545 l’artista si recherà a Roma e l’anno dopo rientrando a Venezia si ferma a Firenze. La tecnica della tarda maturità tizianesca mette in evidenza l’uso di pennellate sempre più rapide e meno precise al fine di abbozzare più che definirle dettagliatamente lasciando addirittura alcune zone incompiute. In questo modo grazie al prevalere di colori densi e pastosi egli riesce a costruire un’atmosfera tetra e soffocante. La pennellata sporca e poco definita prelude all’ultima fase produttiva di Tiziano. Il colore acquista intensità steso in pennellate vibranti
Opere : Amor sacro e amor profano (l’opera nasconde significati allegorici. Un putto alato, immagine di Eros, immerge la mano nell’acqua, simbolo dell’esistenza umana: è l’amore che gioca con il destino dell’uomo. La vasca finemente lavorata ha la forma di un sarcofago; un’immagine della conciliazione tra contrari ‘idea della morte e della vita. Sulla vasca siedono due figure femminili. La nudità di una delle due allude alla purezza spoglia ed innocente dell’amore spirituale, mentre le vesti della figura riccamente abbigliata simboleggiano gli orpelli terreni che suscitano la vanità e la passione voluttuosa. Le due figure opposte e complementari della filosofia neoplatonica: la venere mondana e la venere celeste. A dare plasticità, profondità, moto all’intera composizione sono l’intensità dei colori e il moltiplicarsi dei piani e delle inquadrature) – L’Assunta in Santa Maria Gloriosa dei Frari (1516-1518  gli stessi elementi di sensualità e monumentalità si ritrovano nelle composizioni sacre dell’epoca, come nella potente assunta  con la quale Tiziano si affermò come massimo pittore veneziano. Tiziano con quest’opera si distacca completamente da Giorgione, egli colpisce emotivamente lo spettatore coinvolgendolo con la foga dei gesti e lo splendore dei colori. Tiziano usa colori avvampanti. La pennellata densa e sintetica costruisce l’immagine con il colore) – La Pala di Pesaro  in Santa Maria Gloriosa dei Frari ( 1518.1526 Tiziano adottò un tipo di composizione mossa che evoca l’infinito. Il soggetto è una sacra conversazione, la Madonna con il Bambino non è più collocata al centro della scena ma di lato lungo una diagonale, seduta sulla scalinata di un grandioso tempio di forme antiche accanto a due gigantesche colonne delle quali non si vede il capitello e che dilatano così lo spazio. La composizione fa salire lo sguardo verso la Vergine ed anche l’effetto prospettico accresce questo moto ascensionale. Il moto architettonico determina anche il moto delle figure, per balzi successivi da sx a dx. La luce è essa stessa costruita grazie ad un sapiente accostamento ed una giustapposizione di chiari e scuri; illuminazione crescente verso la Madonna) – La Venere ( il colore si fa luce e la luce si fa volume rendendo realisticamente percepibili le forme. E’ grazie al tonalismo che il maestro riesce a dare una perfetta consistenza volumetrica al corpo femminile, dolcemente composto secondo un’altra diagonale. La scena si apre prospetticamente verso dx, suggerendo un ampio interno; il colore determina ancora una volta la successione dei piani, dai toni caldi del letto, quasi fosse inondato di luce rossastra, al la fredda lontananza del cielo oltre il davanzale.

MICHELANGELO MERISI detto CARAVAGGIO  (Caravaggio  1573 – 1610)
Nel 1584 entra nella bottega di Simone Peterzano. Nel 1592 si trasferisce a Roma dove lavora prima nella bottega di Lorenzo Siciliano e poi presso il Cesari. Nel periodo giovanile l’arte del Caravaggio si esprime in composizioni fortemente simboliche e allusive che attraverso la malinconica sensualità dei soggetti evocano uno struggente senso dell’effimero o un drammatico sentimento religioso. I fiori, le nature morte, i particolari dei vasi di vetro, dei capelli e delle unghie sono resi con una precisione minuziosa e con un’attenzione tecnica pari a quella riservata alle figure molto espressive. Caravaggio non usava mai disegni preparatori ma dipingeva dal vero prendendo come modelli persone spesso scelte tra il popolo: la natura era la sua privilegiata fonte di esperienza. Di qui l’eccezionale resa delle luci, delle ombre e dei riflessi, che descrivono ogni particolare della fisionomia , ogni espressione , ogni singolo gesto delle figure rappresentate. Lasciata nel 1593 la bottega del Cavalier Arpino, Caravaggio lavorò in proprio ottenendo infine la protezione del Cardinale  Del Monte e l’accesso ad una clientela più ricca. Risalgono a questi anni opere come il Becchino Malato (1591), Concerto di Giovani (1591), Bacco (1595), Canestro di frutta (1596), Amore Vittorioso (1598-99), Giuditta e Oloferne (1596-96). Alla fine del 500 Caravaggio affronta anche il tema sacro prima per amatori privati e poi per le chiese di Santa Maria del Popolo, Santa Maria in Vallicella, Sant’Agostino, Santa Maria della Scala. Queste grandi tele evidenziano la sua ricerca innovatrice sui temi della luce e della verità d’azione. Nelle pitture sacre realizzate per la Cappella Contarelli a Roma, le scene religiose sono rappresentate come scene di vita quotidiana , i personaggi come gente umile e semplice. Egli abbandona l’iconografia tradizionale per sostituirla con una visione più realistica. Il Caravaggio  affronta spesso negli anni maturi , il tema di un santi a figura isolata, cui assegna una valore espressivo specifico: l’immagine di San Francesco sul teschio ha quasi un contenuto biografico, con riferimento alle tragiche vicende personali dell’artista, mentre quella di San Giovanni Battista è forse la proiezione visiva di una condizione edenica perduta. Ormai famoso ricevette la commissione per Santa Maria del Popolo: la Crocifissione di San Pietro e la Caduta di Saulo. Nella Crocifissione, l’episodio sacro raffigurato come un evento di umile quotidianità, è ridotto all’essenziale: il martire e i tre aguzzini, manovali intenti a tirar su la croce. Una complessa struttura impostata su più diagonali intersecantisi, formate dalla croce e dalla schiena dell’aguzzino rivela una grande padronanza stilistica.: la prosecuzione, oltre i margini della tela,  assegna all’immagine una modernità compositiva ben al di là del rigido illusionismo prospettico rinascimentale. Nella Conversione di San Paolo la definizione dello spazio pittorico è affidata quasi esclusivamente al propagarsi della luce attraverso l’ambiente buio dove le figure sono disposte in modo anomalo rispetto ai canoni classici e la potenza del gesto del personaggio supino sembra irradiare un bagliore su tutta la scena percorsa da tensione.  Dopo una rissa scoppiata nel 1606 dove muore un uomo, il Caravaggio è costretto a scappare e si rifugia presso la famiglia Colonna. Lì realizzo importanti opere come la Madonna di Palafrenieri, la Morte della Madonna  e il David con la testa di Golia. Intanto a Roma caravaggio fu condannato a morte, quindi inizia la sua fuga. Nel 1607 è a Napoli dove dipinse La Flagellazione , le sette opere di Misericordia e la Madonna del Rosario. Poi il Caravaggio si reca a Malta dove anche qui ebbe successo e dipinse il San Gerolamo e la Decollazione del Battista, il Ritratto del Gran Maestro e Amore dormiente.. rientra a Roma ma viene imprigionato e lui fugge a Siracusa e poi a Messina dove dipinse l’Adorazione dei Pastori son i SS Lorenzo e Francesco poi scappa a Porto Ercole dove muore all’età di 37 anni.

 

GLOSSARIO

Abside : struttura arch. A forma di nicchia semicircolare o poligonale sormontata da una volta a quarto di sfera detta catino o conca
Ambulacro : è lo spazio che si svolge attorno al recinto presbiteriale, una specie di corridoio
Arco rampante: semiarco che scavalca una struttura architettonica per andare a contenere la spinta laterale delle volte di un’altra struttura più alta
Cèntine : armature
Ciborio: tabernacolo a 4 colonne sovrastante l’altare della basilica cristiana

Clipei : dischi che si appendevano nei templi come ex voto, divenuto poi motivo ornamentale

Corinzio: stile arch. Greco la cui colonna è sormontata da un capitello formato da un motivo ornamentale che riproduce foglie di acanto
Costoloni: elemento portante di una volta o di una cupola
Guglia: elemento arch. Con funzione decorativa caratterizzato da forte sviluppo verticale avente forma piramidale o conica
Intercolumnio: spazio intercorrente tra 2 colonne
Lanterna: parte terminale della cupola
Paraste : semipilastro addossato alla parete
Perìstasi : colonnato che recinge il tempio greco
Predella: parte inferiore di un polittico medievale
Sezione aurea : parte di un segmento che è la media proporzionale tra il segmento intero e la parte restante di esso. Essa è uno dei fondamenti della proporzione fin dall’età greca.
Telero : termine di origine dialettale che indica una composizione pittorica eseguita su una tela di grandi dimensioni
Tribuna :
Vela: uno dei 4 spicchi della volta a crociera

 

Fonte: http://www.controcampus.it/wp-content/uploads/2012/05/Arte-dal-1200-a-Caravaggio.doc

Sito web da visitare: http://www.controcampus.it

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