Riassunto Compendio di Diritto Scolastico

Riassunto Compendio di Diritto Scolastico

 

 

 

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Riassunto Compendio di Diritto Scolastico

Riassunti dal testo: Compendio di Diritto Scolastico, a cura di Rosanna Sangiuliano (aggiornato alla Riforma Moratti)

Il Diritto Scolastico nella legislazione antecedente alla Costituzione Italiana.

Il diritto scolastico si configura come parte del diritto pubblico che regola l’amministrazione scolastica, cioè gli organi, strutture e soggetti attraverso cui lo stato esercita la funzione pubblica dell’insegnamento.

Breve cronistoria del diritto scolastico e di come si è evoluto:

LEGGE CASATI-1859                                                   
Nasce la legislazione scolastica italiana e con essa si pone a carico dello stato italiano la responsabilità dell’azione educativa del popolo.
Viene introdotto il Principio dell’Obbligatorietà e gratuità dell’istruzione  attraverso cui viene affrontato il problema dell’analfabetismo  ( 78 % della popolazione) ma non lo debella perché il principio dell’obbligatorietà non viene poi praticato del tutto in quanto:
-Vi è l’assenza di prescrizione della frequenza scolastica
- assenza di sanzioni
- viene affidato ai comuni la responsabilità di istituire le scuole in base alle proprie disponibilità economiche , dappertutto precarie.

LEGGE COPPINO-1877:

  • Predispone lo stanziamento di fondi ai Comuni per istituire le scuole.
  • Ai genitori viene imposto di inviare i figli a scuola fino a 9 anni obbligo scolastico fino ai 9 anni), ma non ci sono sanzioni per gli inadempienti
  • manca la coscienza popolare della necessità  e della valenza dell’istruzione.

Risultati ancora non positivi in termini di alfabetizazzione.

 

LEGGE ORLANDO 1904    
-Obbligo scolastico esteso da 9 a 12 anni
- Impone ai Comuni di  istituire scuole almeno fino alla IV classe elementare
- Assistere gli alunni più poveri attraverso contributi statali ai Comuni  con modesti bilanci i quali però ben presto si rivelano inadeguati impedendo così l’istituzione delle scuole.
L’Analfabetismo dunque non decresce, ma acquista sempre maggiore forza  il convincimento che sia compito dello Stato e non dei Comuni, la formazione e l’istruzione dei cittadini.

 

 

LEGGE CREDARO n. 407 del  1911
- Comincia lentamente il passaggio allo Stato  delle competenze e delle funzioni dei Comuni  che non sono capoluoghi di provincia, circa la gestione della scuola; mentre le scuole capoluoghi di provincia restano affidate ai comuni.
- Vengono stanziati vari fondi per l’apertura nuove scuole,  fiorisce l’edilizia scolastica, migliora la retribuzione degli insegnanti, c’è l’istituzione di scuole serali e festive per adulti analfabeti.

 

RIFORMA GENTILE - 1923                   
Tale riforma avviene nel periodo immediatamente successivo al primo conflitto mondiale  e sono anni in cui lo stato è fortemente impegnato a dare un nuovo assetto organico al sistema scolastico. Gentile ridisegna l’assetto scolastico ispirandosi all’ideologia politica del tempo e alla filosofia neoidealista.
La Riforma interessa le scuole di ogni ordine e grado e i punti chiave sono:

  • Estensione dell’obbligo scolastico fino a 14 anni, con scuola elementare di 5 anni e corso di avviamento professionale per chi non accede alle medie.
  • Scuole speciali per sordi e ciechi
  • Insegnamento obbligatorio della religione cattolica.
  • Rigidi controlli per inadempienze dell’obbligo scolastico
  • Creazione di scuole Magistrali per la preparazione dei maestri elementari.
  • La scuola superiore è riservata a pochi
  • Solo il Liceo Classico permette l’iscrizione a tutte le facoltà universitarie. Alle classi meno abbienti è riservata l’educazione del lavoro.

 

LA SCUOLA DEMOCRATICA: ART. 9, 33, 34 COST.

La Costituzione Italiana promulgata il 27/12/1947 entrata in vigore il 1/1/1948 dedica alcuni articoli all’istruzione scolastica, considerata uno dei fini di benessere perseguiti dallo Stato  mirando ad una scuola democratica, ponte di passaggio tra famiglia  ( nucleo formativo della persona) e società (luogo di integrazione con gli altri individui e di esplicazione della personalità).

Art. 9 comma 1. Si riferisce alla Promozione culturale da parte della Repubblica Italiana, in quanto essa è uno Stato di Cultura con il compito di fornire le condizioni e i presupposti per il libero sviluppo della cultura.
Concretamente, la promozione culturale si svolge mettendo in opera gli articoli 33 e 34 della costituzione, che riguardano appunto l’istituzione scolastica e che fanno riferimento a:
-LIBERTA’ DI INSEGNAMENTO art. 33 comma 1      

- LA PRESENZA DI SCUOLE STATALI PER TUTTI I TIPI, ORDINI E GRADI DI ISTRUZIONE   art. 33 comma 2

- LIBERA ISTITUZIONE DI SCUOLE DA PARTE DI ENTI O PRIVATI  art. 33 comma 3

-  PARIFICAZIONE DELLE SCUOLE PRIVATE A QUELLE STATALI SIA PER GLI EFFETTI LEGALI  CHE PER IL RICONOSCIMENTO PROFESSIONALE DEL TITOLO DI STUDIO art. 33 comma 4

- AMMISSIONE PER ESAMI, AI VARI GRADI DELL’ISTRUZIONE SCOLASTICA E DELLA ABILITAZIONE PROFESSIONALE  Art. 33 comma 5

- LIBERO ACCESSO ALL’ISTRUZIONE SCOLASTICA SENZA DISCRIMINAZIONI  ART. 34 COMMA 1.

- OBBLIGATORIETA’ E GRATUITA’ DELL’OBBLIGO SCOLASTICO  art. 34 comma 2

- IL RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO ALLO STUDIO ANCHE A COLORO PRIVI DI MEZZI, PURCHE’ CAPACI E MERITEVOLI, MEDIANTE BORSE DI STUDIO E ALTRE PROVVIDENZE  Art.34 Comma 3

Oltre che allo stato in prima persona tali compiti possono essere SVOLTI anche da altre soggettività quali REGIONI, Province, Comuni ecc. in quanto, nell’Art 9, il termine Repubblica viene adoperato nella sua accezione più ampia  ed è inteso come lo Stato in tutte le sua articolazioni che provvede alla promozione culturale.
Non fanno parte invece della Nozione di Repubblica tutti gli Enti di diritto privato ( associazioni, istituzioni, fondazioni ) pur riconoscendo loro l’enorme contributo fornito allo sviluppo della collettività.

 

Art. 33

art. 33 comma 1: LIBERTA’ DI INSEGNAMENTO: tale articolo sancisce: “l’arte e la scienza sono libere e libero è l’insegnamento”. E’ Ovvio che l’identificazione dei concetti di arte e scienza non è semplice, ma in generale, si è in presenza di manifestazioni artistiche o scientifiche quando l’oggetto dell’attività ha un fine estetico in se o è trattato con metodo scientifico.
La libertà di insegnamento può essere intesa in 2 modi :

  • Libertà di insegnamento dal punto di vista delle metodologie  e dei contenuti
  •  Libertà di insegnamento dal punto di vista organizzativo  e struttuale.

 Per quanto riguarda il primo punto, la libertà di insegnamento è intesa come Autonomia didattica  e libera espressione del docente, ovvero libera scelta di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, e di ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale, compresa l'eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto delle esigenze formative degli studenti.   Essa è finalizzata a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni.
L’insegnamento può essere impartito in qualsiasi luogo, anche isolatamente sia ai giovani che agli adulti.
La libertà di insegnamento ha però dei limiti che corrispondono:

  • all’esposizione degli argomenti attuati con metodo scientifico piuttosto che convinzioni personali;
  • il rispetto del buon costume, con il quale si intende tutti quegli atti o fatti che in un determinato periodo storico suscitano scandalo o allarme sociale violando il comune senso del pudore ola coscienza collettiva.
  • Il rispetto delle norme costituzionali e degli ordinamenti della scuola
  • Il rispetto della coscienza morale e civile degli alunni, ovvero i suoi diritti come uomo

L’insegnamento diventa strumento attraverso il quale dare corpo alla libertà e ai diritti del discente: diritto all’apprendimento, diritto alla continuità, diritto all’ azione educativa, diritto alla diversità.

Per quanto riguarda il secondo punto, ovvero la libertà dell’insegnamento dal punto di vista organizzativo e strutturale  questa è intesa come libertà nella gestione dell’istruzione.
Infatti gli  art. 33 comma 2-3 fanno riferimento alla PRESENZA DI SCUOLE STATALI PER TUTTI I TIPI, ORDINI E GRADI DI ISTRUZIONE (comma 2) e LIBERA ISTITUZIONE DI SCUOLE DA PARTE DI ENTI O PRIVATI ( comma 3), per cui allo stato compete la disposizione delle scuole statali per tutti i tipi, ordini e gradi dell’istruzione  e la creazione di norme generali, ma in virtù del principio costituzionale di libertà di pensiero vi può essere la libera istituzione di scuole private  le quali devono costituirsi e gestirsi senza onere per lo Stato. Tuttavia non esclude che lo Stato possa intervenire per le scuole o istituti in difficoltà, ovvero scuole private dove non esistono scuole statali.
Non vi è dunque un Monopolio statale dell’istruzione  ma un sistema parallelo, libero nelle forme organizzative  e nei contenuti, nella convinzione che ciò garantisca un buon funzionamento per entrambi. Le due diverse tipologie di scuola, statale e non statale, non solo non sono concorrenti, ma sono convergenti, cioè le une devono garantire il buon funzionamento delle altre, in quanto hanno lo stesso scopo, cioè la formazione dei cittadini, la loro esistenza consente poi ai cittadini di attuare il proprio diritto allo studio nella maniera più consona e in strutture scolastiche più aderenti alle proprie scelte culturali.

                                                             
art. 33 comma 4:           PARIFICAZIONE DELLE SCUOLE PRIVATE A QUELLE STATALI, SIA X GLI EFFETTI LEGALI  CHE X IL RICONOSCIMENTO PROFESSIONALE DEL TITOLO DI STUDIO.
La parità con le scuole è accordata alle scuole che la richiedono in base alle leggi dello Stato che fissa i diritti e gli obblighi di esse.  Questi obblighi fanno riferimento alla legge sulla parità scolastica 62/2000, la quale costituisce un sistema nazionale di istruzione a carattere misto, costituito da scuole statali e da scuole paritarie gestite da privati o da enti locali. Si definiscono scuole paritarie a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, in particolare per quanto riguarda l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l’infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell’istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da alcuni requisiti di qualità ed efficacia.
Le scuole non statali per ottenere la parità devono avere 8 requisiti:

  • progetto educativo in armonia con la costituzione;
  • disporre di locali, attrezzature didattiche, arredi conformi alle norme vigenti,
  • organi collegiali che partecipano democraticamente;
  • accettare alunni con handicap;
  • applicare le norme vigenti per la tutela e l’inserimento di alunni con handicap,
  • avere corsi completi, non singole classi;
  • personale docente con titolo di abilitazione
  • contratti individuali di lavoro per dirigenti e docenti

Le scuole paritarie sono soggette a valutazione e verifica da parte del Ministero che ne accerta l’originario possesso dei requisiti descritti, nonché la loro permanenza nel tempo, anche i direttori scolastici regionali hanno il potere di disporre accertamenti con periodicità triennale, nell’ipotesi del venir meno ad uno dei requisiti, il direttore scolastico regionale, si pone un termine temporale per il ripristino del requisito mancante, e in seguito può anche disporre la sospensione o revoca del riconoscimento.

Art. 33 comma 5 AMMISSIONE PER ESAMI, AI VARI GRADI DELL’ISTRUZIONE SCOLASTICA E DELLA ABILITAZIONE PROFESSIONALE

 

Art. 34

art. 34 comma 1-2-3 : Strettamente collegata alla libertà di insegnamento  è la libertà di istruzione , nel senso che al dovere statale di istituire su tutto il territorio nazionale , scuole di ogni ordine e grado, fa fronte il diritto di accedere liberamente al sistema scolastico, deducibile dall’ art. 34  comma 1 che cita : la scuola è aperta a tutti (LIBERO ACCESSO ALL’ISTRUZIONE SCOLASTICA SENZA DISCRIMINAZIONI).
E’ un dovere e diritto del cittadino frequentare i gradi dell’istruzione inferiore obbligatoria e gratuita per almeno 8 anni  ovvero 5 anni scuola elementare + 3 di scuola secondaria di 1° grado (OBBLIGATORIETA’ E GRATUITA’ DELL’OBBLIGO SCOLASTICO,  art. 34 comma 2), nonché di accedere  ai gradi più alti degli studi anche se privo di mezzi, ma capace e meritevole. 
Il comma 3 dell’ art. 34, infatti prevede IL RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO ALLO STUDIO ANCHE A COLORO PRIVI DI MEZZI, PURCHE’ CAPACI E MERITEVOLI, MEDIANTE BORSE DI STUDIO E ALTRE PROVVIDENZE  e aiuti finanziari alle famiglie degli studenti bisognosi, realizzando così l’eguaglianza dei punti di partenza come previsto dall’Art 3 della Costituzione: TUTTI I CITTADINI DAVANTI ALLA LEGGE SONO UGUALI E HANNO PARI DIGNITA’,SENZA DISTINZIONE DI SESSO, RAZZA, LINGUA, RELIGIONE, OPINIONE POLITICA, CONDIZIONI PERSONALI E SOCIALI.  E’ compito della repubblica  rimuovere tutti gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo  della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori  all’organizzazione politica economica e sociale del paese.                                                  .
Art. 30         : E’ DOVERE E DIRITTO DEI GENITORI MANTENERE, ISTRUIRE ED EDUCARE I FIGLI., anche quelli nati fuori dal matrimonio. IN CASO DI INCAPACITA’ DEI GENITORI, LA
LEGGE PROVVEDE A CHE SIANO ASSOLTI I LORO COMPITI.

Art. 38  GLI INABILI E I MINORATI HANNO DIRITTO ALL’EDUCAZIONE E ALL’AVVIAMENTO
PROFESSIONALE

Le riforme successive

LA NASCITA DELLA SCUOLA MEDIA

Legge  1859 del 1962    : SCUOLA MEDIA UNICA.
Il principio costituzionale dell’obbligatorietà e della gratuità dell’istruzione impartita almeno per 8 anni ( ovvero dal 6° al 14° anno d’età ) trova la sua attuazione in questa legge  che istituisce la scuola media unica  che istituisce appunto che…l’istruzione obbligatoria successiva a quella elementare è impartita gratuitamente nella scuola media che ha durata di 3 anni ed è scuola secondaria di I grado
Questa scuola media unica abolisce le preesistenti scuole inferiori (3 anni ginnasio, 4 anni magistrale e tecnici, scuola avviamento professionale)  ancorate all’ideologia e impostazione della riforma gentile, per entrare un contesto maggiormente democratico.

 

 

LA SCUOLA MATERNA STATALE

La Legge 444 del 1968 istituisce la Scuola materna statale che …accoglie bambini da 3 ai 6 anni, ai fini di educazione e sviluppo della personalità infantile, assistenza e preparazione alla scuola dell’obbligo, integrando l’opera della famiglia. Con questa legge vi è per la prima volta una sensibilizzazione alle problematiche educative degli alunni portatori di handicap, prevedendo delle sezioni speciali per bambini dai 3 ai 6 anni, affetti da disturbi cognitivi e/o comportamentali..
Il carattere statale della scuola materna ne sottolinea la gratuità, mentre precedentemente l’istruzione prescolastica era affidata ad enti locali,ecclesiastici, privati e spesso era a pagamento.

IL TEMPO PIENO

La LEGGE n. 820 del 1971 istituisce la SCUOLA A TEMPO PIENO.
Con tale legge il numero di alunni per classe è di max 25 e vi sono materie integrative che affiancano le materie curricolari e che richiedono un impegno scolastico maggiore in termini di tempo e un maggiore coinvolgimento dei docenti in lavori integrati e pluridisciplinari. Lo scopo di questa legge è quello di fornire nuovi strumenti e metodi per garantire una piena e completa educazione.

I DECRETI DELEGATI

LEGGE n. 477 del 1973: Con tale legge il Governo emana norme sul riordino dell’organizzazione della scuola e sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola, a seguito delle contestazioni studentesche del ’68.
I decreti delegati emanati con D.P.R.  del  /74 ( n° 416-417-418-419-420) che  confluiscono ora  nel TESTO UNICO DELLA SCUOLA  contengono norme giuridiche che riguardano:

  • Istituzione e riordinamento di organi collegiale dellaScuola per ogni ordine e grado
  • Stato giuridico del personale della scuola
  • Compenso per lavoro straordinario del personale scolastico.
  • Sperimentazione e ricerca educazione, aggiornamento culturale
  • Stato giuridico del personale non insegnante.

I decreti delegati impostano in modo nuovo la professionalità dei docenti e la scuola diviene una struttura non più verticistica  ma orizzontale, in cui l’organizzazione ed il funzionamento  sia sul piano amministrativo che su quello didattico ed educativo sono affidati ad organi a carattere collegiale democratico che, nel rispetto delle competenze di ciascuno, assicurano la partecipazione di tutta la comunità scolastica.

 

 

L’INTEGRAZIONE DEGLI ALUNNI HANDICAPPATI

 Con la LEGGE 444/1968 la Scuola Materna Statale avvia il processo di integrazione per gli alunni portatori di handicap. Vi sono poi successive leggi quali quella del LEGGE 118/1971 con le quali si avvia la graduale eliminazione delle classi differenziali, con limitazione ai casi  di gravi deficienze cognitive o gravi menomazioni fisiche, che rendono impossibile l’apprendimento  o l’inserimento nelle classi normali.
Con la LEGGE 517/1977 il principio dell’uguaglianza ( Art. 3 della Costituzione)  trova riscontro concreto nell’ambito scolastico in quanto sancisce che …per una scuola democratica realmente aperta a tutti, devono trovare posto anche gli alunni handicappati. Per questo vengono istituite iniziative di sostegno da realizzarsi mediante docenti con particolari titoli di specializzazioni (insegnanti di sostegno).
Si rompe così l’impostazione didattica individualistica tradizionale per consentire  l’apertura delle classi e la collegialità dell’insegnamento.
Anche la LEGGE QUADRO SULL’HANDICAP n. 104/92 affronta la problematica dell’handicap a livello scolastico adottando un approccio di tipo sistemico con il coinvolgimento di varie istituzioni: famiglie, ASL, Enti locali, centri riabilitativi, associazioni di volontariato che nella specificità dei loro compiti e funzioni, concorrono insieme a migliorare la qualità della vita delle persone diversamente abili.
In particolare l’art.13 garantisce il diritto all’istruzione delle persone diversamente abili in tutte le istituzioni scolastiche di ogni grado e ordine, anche nelle istituzioni universitarie attraverso la programmazione coordinata dei sevizi scolastici con i servizi socio-assistenziali, culturali e ricreativi.

LA RIFORMA DELL’ORDINAMENTO DELLA SCUOLA ELEMENTARE

Con la Legge  n. 148  del ’90 si attua la RIFORMA DELL’ORDINAMENTO DELLA SCUOLA ELEMENTARE : la scuola elementare concorre alla formazione dell’uomo e del cittadino nel rispetto e valorizzazione delle diversità individuali, sociali e culturali, si propone dunque di gettare le basi per lo sviluppo della personalità del bambino promuovendone l’alfabetizzazione culturale.
Ai fini della continuità del processo educativo, viene introdotto l’insegnamento di una lingua straniera e numerose forme di raccordo pedagogico, curricolare ed organizzativo con la scuola materna e media.

LA PERSONALITA’ GIURIDICA

A seguito delle numerose disfunzioni del sistema scolastico si è atteso il riconoscimento della personalità giuridica delle scuole di ogni ordine e grado.
La personalità giuridica porta con sé l’autonomia amministrativa e di bilancio garantendo una più trasparente situazione  economico-finanziaria e una maggiore responsabilità contabile..
L’Art. 4 della L. 537/93 sancisce dunque che tutte le scuole hanno personalità giuridica e sono dotate di autonomia organizzativa, didattica, di ricerca e di sviluppo, ed e il  governo  che viene emana i decreti legislativi che :

  • Determinino i tempi dell’attuazione dell’autonomia scolastica,
  •  le Modalità dell’autonomia didattica e le forme di attuazione dell’Autonomia organizzativa e amministrativa.

IL TESTO UNICO DELLA SCUOLA

Lo scopo del testo unico è quello di raccogliere ed ordinare tutte le disposizioni legislative vigenti in materia d’istruzione. Esso è emanato dal Governo con la legge delega 121 del 91 poi con la legge 126 del 93.
È bene ricordare che il Testo Unico non esaurisce in se la disciplina in materia scolastica, vi sono infatti altre fonti che completano il quadro normativo scolastico, quali:
DPR 10/4/87 n. 207: disposizioni contrattuali, normative del pubblico impiego.
DPR 10/1/57 n. 3; D.Lgs 3/2/93 n. 29 e succ. modifiche; D. Lgs. 30/3/01 n.165: disciplina del pubblico impiego, applicazione anche per il personale docente.

 

LA CARTA DEI SERVIZI SCOLASTICI

Si colloca in un contesto di progressiva sensibilizazione da parte delle Pubbliche Amministrazioni di usufruire di prestazioni efficienti ai cittadini: infatti con la  direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27/1/94 la Pubblica Amministrazione adotta la Carta dei Servizi Pubblici come codice di autoregolamentazione allo scopo di garantire ai cittadini il godimento dei diritti.
Anche la scuola italiana adotta la Carta dei Servizi Scolastici (DPCM 7/5/93) punto di partenza del processo normativo che ha portato all’autonomia scolastica.
La carta dei servizi scolastici è una sorta di carta d’identità della scuola, un documento informativo in cui la scuola deve presentarsi (trattandosi di un documento pubblico deve risultare trasparente e conoscibile). È rivolta ai genitori, e per la prima volta i fruitori del servizio scolastico sono definiti “utenti”, l’istruzione non è vista più come un valore concettuale ma come un servizio di cui poter usufruire.
Con la carta dei servizi ogni scuola si impegna ad un servizio + orientato allo studente  e perciò qualitativamente migliore perché ancorato a precisi standard di qualità quali:
-uguale possibilità di accesso e fruizione dei servizi scolastici, con maggiore impegno nei confronti di alunni in particolari situazioni;
- imparzialità e regolarità dei servizi scolastici;
- partecipazione alle scelte scolastiche;
- efficienza e trasparenza delle decisioni di politica educativa;
- aggiornamento didattico dei docenti.

 

IL PROCESSO AUTONOMISTICO LEGGE 59/97

La legge 59/97 riprende l’indicazione normativa della legge n. 537/93 inerente la personalità giuridica e l’autonomia scolastica.

LA RIFORMA DEGLI ESAMI DI MATURITA’

L.425/97: riforma dell’esame di maturità. L’esame consta di 3 prove scritte di cui una multidisciplinari e l’esame orale. Il rendimento è calcolato in centesimi, viene introdotto il credito scolastico, attribuito a ciascuno studente dal consiglio di classe (max 20 punti).

Legge 30/2200 ( Riforma De Mauro – Berlinguer )
Con questa legge è stata introdotta la Riforma dei  cicli, ovvero una ristrutturazione del percorso educativo degli alunni adottando una scansione scolastica articolata in 2 cicli ( scuola di base e scuola secondaria) al posto dei tradizionali 3 cicli.
Questo modello si rifà ai sistemi educativi francese, britannico e spagnolo. Nel sostituire i 2 cicli ai tradizionali 3  tipici del percorso formativo a partire dalla riforma gentile, la legge 30/200 ha previsto lo snellimento del corso di studi primario  articolato in 7 anni ( dai 6 ai 12 anni)  abolendo la scuola media come percorso a se stante e accorpandola invece alla scuola elementare come un unico corso,  e in più ha previsto una maggiore qualificazione del ciclo secondario rendendone obbligatoria la frequenza dei primi 2 anni a carattere prevalentemente orientativo e facoltativi i successivi 3 anni di indirizzo, quale ponte di passaggio ad un’istruzione superiore.

L’innalzamento dell’età dell’obbligo  scolastico  e l’obbligo formativo

L’innalzamento dell’obbligo scolastico oltre gli 8 anni previsti dalla costituzione era da tempo un obiettivo prioritario della politica scolastica in risposta anche all’esigenza di uniformare il nostro ordinamento a quello vigente negli altri paesi europei ma anche per fornire agli studenti una base culturale più congrua e facilitare l’ingresso nel mondi del lavoro.  La legge n 9 del  1999 ha disposto dunque l’innalzamento dell’obbligo scolastico dagli 8 ai 10 anni .
Invece la legge 144 del 1999  ha disciplinato che a decorrere dall’anno 1999-2000 , l’obbligo di frequenza delle attività formative fino al compimento del 18 anno di età. Tale obbligo può essere assolto sia nel sistema di istruzione scolastica, sia nel sistema della formazione professionale di competenza regionale, sia nell’esercizio dell’apprendistato.
L’obbligo formativo si intende comunque assolto  con il conseguimento di un diploma di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale. 

 

L’AUTONOMIA SCOLASTICA

L’Autonomia scolastica nasce ufficialmente nel 1997 con l’art. 21 della legge n. 59 (Legge Bassanini), anche se è stata preceduta nel 1995 dall’istituzione della “Carta dei servizi scolastici”, punto di partenza del processo normativo che ha portato all’autonomia scolastica.
La carta dei servizi scolastici è una sorta di carta d’identità della scuola, un documento informativo in cui la scuola deve presentarsi (trattandosi di un documento pubblico deve risultare trasparente e conoscibile). È rivolta ai genitori, e per la prima volta i fruitori del servizio scolastico sono definiti “utenti”, l’istruzione non è vista più come un valore concettuale ma come un servizio di cui poter usufruire.

Come dicevamo prima il tema dell’autonomia è avviato ufficialmente nel 1997, non esiste una legge sull’autonomia scolastica, ma nell’ambito della legge 59/97, legge di riordino e innovazione dell’amministrazione pubblica, l’art. 21 disciplina tale materia poiché l’obiettivo di tale legge è l’efficienza della pubblica amministrazione,  conferendo alla scuola modernità ed efficienza.  Anche se poi il lungo iter normativo  dell’A.S. si conclude  con il D.P.R. 275 del 99.
Le ragioni per le quali si è andata imponendo l'esigenza di ristrutturare tutto il sistema scolastico secondo i criteri dell'autonomia sono di carattere politico, ed economico , sociale e culturale.
- Le ragioni politiche sono da individuare nel processo di democratizzazione in atto in tutte le istituzioni del nostro Paese. Per quanto riguarda la scuola solo l'autonomia può renderla autenticamente democratica  perché permette la reciproca collaborazione e corresponsabilità al suo interno fra gli operatori e gli utenti, e all'esterno, con l'ambiente economico, politico, sociale e culturale.
- Le ragioni sociali sono da individuare nel fatto che la scuola acquisisce la competenza necessaria ad organizzarsi secondo le esigenze e le richieste del territorio e del tessuto sociale in cui si opera.
- Le ragioni culturali sono me individuare nel fatto che la scuola può innestare la sua azione educativa e didattica nel tessuto dei valori di cultura, arte, religione che caratterizzano il territorio in cui la scuola opera
L' autonomia scolastica può esser la condizione necessaria per pensarsi in termini di servizio perché lega la propria azione alla lettura e interpretazione della domanda sociale e offre uno spazio di reale progettualità diversificata in base alle esigenze del territorio.

Come dicevano prima l’art. 21 della legge 57/99  disciplina l’Autonomia scolastica e l’intero impianto normativo di tale articolo dispone che l’autonomia scolastica si attua nel momento in cui viene riconosciuta la “personalità giuridica” (con conseguente attribuzione dei diritti e dei doveri) alle scuole ( elementari e i licei, statali e non statali) le quali devono avere una dimensione, in termini di popolazione scolastica, i cui parametri sono precisati dal D.P.R. del ‘98 per garantire un equilibrio ottimale tra domanda d’istruzione ed offerta formativa. ha delineato dei criteri dimensionali ideali relativi a ciascuna istituzione scolastica che riguardano.  Tali parametri sono:

  • consistenza della popolazione residente nell’area territoriale di pertinenza;
  • caratteristiche demografiche, economiche, socioculturali ed orografiche in riferimento al bacino di utenza di pertinenza;
  • esistenza di devianze giovanili o criminalità minorile,
  • eventuale complessità di direzione ed organizzazione didattica ed eventuali altre complessità di gestione per quegli istituti nei quali coesistono differenti gradi di scuola o differenti indirizzi scolastici.

Con l’autonomia si dà vita ad un sistema organizzativo di tipo orizzontale, in cui la scuola non è più terminale passivo di norme e regolamenti, ma diventa soggetto protagonista. Questo ruolo da protagonista si sostanzia in 3 diversi aspetti dell’autonomia: organizzativa, amministrativa e finanziaria, didattica (quest’ultima prioritaria rispetto alle altre).

AUTONOMIA FINANZIARIA

Il comma 5 dell’art. 21 prevede l’erogazione da parte dello Stato di una dotazione finanziaria  essenziale necessaria a garantire il funzionamento amministrativo e didattico, che si divide in assegnazione ordinaria e un’assegnazione perequativa.
L’assegnazione ordinaria è identica per tutti gli istituti, è determinata in relazione a parametri fissi (numero di studenti, numero delle classi, tipologia di studi), mira a garantire il sostentamento agli istituti.
L’assegnazione perequativa invece è un’integrazione eventuale, adattata alle esigenze dell’istituto, tenendo conto delle caratteristiche socioeconomiche e culturali del territorio, di eventuali sponsorizzazioni di cui gode la scuola. Ciò che resta rimane in cassa e contribuisce a formare un fondo-cassa a disposizione della scuola.

L’autonomia Didattica

L'autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere.  Con essa si intende la scelta libera e programmata di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, e di ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale, compresa l'eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto delle esigenze formative degli studenti.

Dunque lo strumento chiave intorno alla quale ruota la logica dell’autonomia didattica è la FLESSIBILITA’  che consiste nella capacità di modulare le proprie scelte per una scuola personalizzata, attenta, cioè, alle richieste di apprendimento e formazione avanzate dagli alunni, dalle famiglie e dal contesto territoriale (questo senza voler significare l’adattamento supino dei curricoli all’esistente o la semplice gestione di fenomeni, quali disagio o svantaggio).

Tra le diverse forme di flessibilità dunque quelle più importanti fanno riferimento ai tempi dell'insegnamento e allo svolgimento delle singole discipline e attività   ( Modularità disciplinare).

 Per quanto riguarda la flessibilità dei tempi di insegnamento  vi può essere :

         la distribuzione diversa dei tempi delle discipline nel corso dell’anno. Nella scuola dell’autonomia il modo di organizzare il tempo dell’insegnamento deve essere funzionale ai ritmi di apprendimento degli alunni.
Il monte ore di una o più  discipline può, ad esempio, essere articolato in un progetto intensivo di durata bimestrale o quadrimestrale; ancora, può essere possibile dedicare in certi periodi dell’anno più tempo per una certa attività e diluirla in altri periodi; oppure, realizzare aggregazioni disciplinari in alcuni momenti particolarmente significativi dell’anno (fase dell’accoglienza, settimana della cultura scientifica, settimana ecologica ecc...). In questo modo, l’aspetto organizzativo si intreccia con l’aspetto didattico e pedagogico, rendendosi possibile al massimo la personalizzazione del curricolo;

  • la strutturazione delle unità di insegnamento in tempi diversi dall'ora di 60 minuti. Le lezioni delle diverse discipline (fermo restando il monte ore formativo annuale), possono articolarsi, cioè, in unità didattiche temporalmente diverse dall’ora, in quanto alcune attività richiedono, inevitabilmente, più tempo ed altre meno tempo.
  •  
  • Per quanto riguarda la modularità disciplinare:
  •  
  • l'articolazione flessibile del gruppo classe. La classe resta il gruppo di riferimento delle attività didattiche e sede di significative relazioni umane, tuttavia è possibile superare l’unitarietà del gruppo classe mediante l’articolazione modulare di gruppi di alunni. In questo caso modularità significa pensare i percorsi di insegnamento e apprendimento per moduli organizzativi diversi dalla classe, funzionali alle stesse attività didattiche e rispettosi delle specificità dei singoli alunni. Questo permette la costituzione di gruppi di alunni variamente configurati, aggregazioni, cioè, anche temporalmente diverse di alunni per conseguire obiettivi anche momentaneamente diversi:
  •  gruppi per progetti specifici o per attività di tipo integrato (da realizzarsi in determinati periodi dell’anno);
  • gruppi provenienti dalla stessa classe, da altre classi, da altri corsi o da altre scuole ecc...;

 

  •  gruppi per attività curricolari che necessitano di un’organizzazione particolare (un’attività di ricerca si realizza meglio in un gruppo ridotto rispetto alla classe; un argomento può essere trattato con modalità frontali nella classe ed in modo laboratoriale in un gruppo; una tematica può essere considerata ad un livello di approfondimento, rivolgendosi ad un gruppo allargato di due classi, oppure ad un altro livello di approfondimento all’interno di un gruppo più ridotto rispetto alla classe ecc...);
  • gruppi per interessi o per livello di competenza iniziale (gruppi, questi ultimi, che perseguono, per un periodo limitato, obiettivi diversi come il recupero e l’approfondimento);

 

    • l'attivazione di percorsi didattici individualizzati, calibrati sulle caratteristiche degli alunni che si trovano in difficoltà, anche transitorie;
    • l'aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari;
    • la realizzazione di iniziative di recupero e sostegno, di continuità e di orientamento scolastico e professionale, coordinandosi con le iniziative eventualmente assunte dagli enti locali
    • la scelta dei criteri per il riconoscimento dei crediti e per il recupero dei debiti scolastici avuto riguardo agli obiettivi specifici di apprendimento e tenuto conto della necessità di facilitare i passaggi tra diversi tipi e indirizzi di studio, di favorire l'integrazione tra sistemi formativi, di agevolare le uscite e i rientri tra scuola, formazione professionale e mondo del lavoro

La definizione dei curricoli
Le scuole compongono un quadro didattico unitario nel quali sono presenti :
- discipline e attività fondamentali nell’ambito delle quali esistono alcune a carattere alternativo tra di loro.
- discipline e attività integrative  anch’esse obbligatorie rispetto alle quali esiste  la possibilità dio esercitare  una facoltà opzionale da parte degli alunni
-  discipline e attività facoltative.
Con la riforma Moratti  i curricoli sono sostituiti dalla dicitura  Piani di studio personalizzati che contengono:

  • un nucleo fondamentale omogeneo su base nazionale che rispecchia la cultura e l’identità nazionale  ovvero il curricolo nazionale  che è deliberato dal Legislatore e rappresenta i "saperi essenziali" e tutte le discipline fondamentali, comuni e obbligatorie per tutti gli studenti ;
  • una quota riservata  alle regioni, il curricolo locale, ricavata dal 15 % delle ore totali di attività didattica che è  deliberato dal Collegio dei docenti delle singole scuole, attraverso un progetto formativo e rappresenta gli " itinerari " che le varie istituzioni scolastiche ritengono necessari per il contesto socio-culturale in cui agiscono ed è obbligatorio per tutti gli studenti.

Piano dell'offerta formativa.
Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il Piano dell'offerta formativa che è il documento fondamentale che attraverso cui si esplicita l’autonomia didattica  e si esplicita l'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche in quanto in esso si delinea:

  • la progettazione curricolareovvero i curricoli obbligatori corrispondenti agli indirizzi di studio, percorsi didattici alternativi , obbligatori e facoltativi
  •  extracurricolareovvero discipline e attività didattiche aggiuntive  per ampliare  l’offerta formativa ( insegnamenti speciali facoltativi nel settore artistico, musicale, informatico, corsi di attività motoria ecc.)
  • Programmi di sostegno per portatori di handicap
  • educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia , per cui anche accordi con enti pubblici e privati specialistici, università ed altre scuole collegate in rete per attività di aggiornamento del personale, per garantire la continuità tra i vari segmenti scolastici ecc.

Il POF  dunque,  se da un lato è coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi determinati a livello nazionale, dall’altro riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale dell'offerta formativa.
Il Piano dell'offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti. Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di istituto. Il dirigente scolastico attiva i necessari rapporti con gli enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti sul territorio.
Una volta approvato, il Piano dell'offerta formativa è reso pubblico e consegnato agli alunni e alle famiglie all'atto dell'iscrizione.
AUTONOMIA ORGANIZZATIVA:
E’ finalizzata a rendere il servizio scolastico maggiormente flessibile,  diversificato, efficiente ed efficace cercando di ottimizzare  le risorse umane e finanziare, materiali ecc..  In particolare l’ Autonomia Organizzativa si esplica con:
1) Gli adattamenti del calendario scolastico ovvero la flessibilità dei giorni festivi di lezione stabiliti dall'istituzione scolastica autonoma rispetto al calendario stabilito dalla Regione.
I motivi per cui viene realizzato sono:
- particolari festività
- istituzione di corsi di recupero
- adeguamento delle attività didattiche alle esigenze degli studenti
- realizzazione di progetti contenuti nel POF.

 2) L'orario complessivo del curricolo e quello destinato alle singole discipline e attività sono organizzati in modo flessibile, privo di ogni forma di rigidità, anche sulla base di una programmazione plurisettimanale, fermi restando l'articolazione delle lezioni in non meno di cinque giorni settimanali e il rispetto del monte ore annuale, ovvero  le ore effettivamente dedicate allo studio di ogni disciplina in tutto l'anno scolastico.
L' orario può essere così articolato:
- orario antimeridiano settimanale articolato in sei giorni a settimana
- orario antimeridiano e pomeridiano articolato in cinque o sei giorni a settimana.
Può essere di 27 ore settimanali o di 30 ore per gli alunni che scelgono le attività opzionali.
3) In ciascuna istituzione scolastica le modalità di impiego dei docenti possono essere diversificate nelle varie classi e sezioni in funzione delle eventuali differenziazioni nelle scelte metodologiche ed organizzative adottate nel piano dell'offerta formativa, fermo restando  il rispetto dei complessivi obblighi annuali dei servizi dei docenti  previsti dai contratti collettivi .
Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo.
Le istituzioni scolastiche, singolarmente o tra loro associate, esercitano l'autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo tenendo conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali e curando tra l'altro:


a) la progettazione formativa e la ricerca valutativa;
b) la formazione e l'aggiornamento culturale e professionale del personale scolastico;
c) l'innovazione metodologica e disciplinare;
d) la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi;
e) la documentazione educativa e la sua diffusione all'interno della scuola;
f) gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici;
g) l'integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e, d'intesa con i soggetti istituzionali competenti, fra i diversi sistemi formativi, ivi compresa la formazione professionale.

Se il progetto di ricerca e innovazione richiede modifiche strutturali che vanno oltre la flessibilità curricolare le istituzioni scolastiche propongono iniziative finalizzate alle innovazioni riguardanti  gli ordinamenti degli studi, la loro articolazione  e durata, l’integrazione dei sistemi formativi e processi di continuità e orientamento.
Autonomia Funzionale
Consiste nel riconoscimento alle istituzioni scolastiche di competenze e funzioni riguardanti:

  • la carriera scolastica  e il rapporto con gli alunni  ( iscrizioni, certificazioni valutazione dei crediti formativi ecc.)
  • amministrazione e gestione  del patrimonio e delle risorse finanziarie
  • stato giuridico ed economico del personale.  

CONCLUSIONI: nell’attuazione dell’autonomia scolastica ciascuno ha il suo ruolo:
-gli organi collegiali garantiscono l’efficacia e l’efficienza dell’autonomia
- i docenti hanno il compito  e la responsabilità dell’insegnamento e dell’apprendimento
- il capo di istituto esercita le funzioni dirigenziali ecc.

ATTIVITA’ ORGANIZZATE IN RETE CON ALTRE SCUOLE E/O CON IL TERRITORIO

Per attività in rete delle istituzioni scolastiche si intende la possibilità per le scuole di associarsi tra loro o con enti esterni. La motivazione è  lavorare "in rete" sinergicamente.
I progetti formativi più frequentemente realizzati tra reti riguardano:
- l'aggiornamento docenti
- progetti riguardanti il territorio.

INIZIATIVE DI CONTINUITA’

Va sottolineato che il documento pone l'accento sull'apertura all'esterno della scuola, secondo dunque la prospettiva di continuità sia orizzontale che verticale.

  • Orizzontale nel senso di una continuità non solo con la famiglia ma anche con il territorio.
  • Verticale nel senso di una continuità tra scuola dell'infanzia, scuola primaria e scuola secondaria di primo grado.

Nell' ambito della continuità possono essere realizzati:
- raccordo delle programmazioni
- scambi di esperienze
- progetti svolti dagli alunni delle cosiddette classi aperte

AMPLIAMENTO DELL'OFFERTA FORMATIVA

Non è solo relativo al "curricolo aggiuntivo", ma riguarda la possibilità che le scuole hanno di realizzare percorsi formativi per adulti, di consentire l'utilizzazione della propria struttura in orario extra scolastico, di avviare iniziative di raccordo con il mondo del lavoro.

MODALITA’ DI VERIFICA

L’art. 4 prevede che le scuole definiscono i criteri per la valutazione periodica degli alunni, l'art 10, invece, contempo per la scuola una valutazione esterna (anche se sempre interno all'amministrazione scolastica), finalizzata alla verifica degli standard di qualità del servizio (prove invalsi)

IL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (MIUR)

Il  Ministero della Pubblica istruzione è stato istituito nel 1847 da Carlo Alberto  e per un breve periodo è stato denominato Ministero dell’Educazione Nazionale in quanto oltre alle competenze dell’istruzione pubblica aveva anche competenze  della cultura  altra quali accademie, belle arti ecc. fino a quando poi tali attività sono state trasferite al ministero per i beni culturali e ambientali.
A seguito Della delega contenuta nella legge Bassanini ( legge 59 /1997) il Ministero della Pubblica Istruzione perde la sua originaria fisionomia a seguito dell’accorpamento  con il ministero dell’università e della ricerca scientifica  diventando così il MIUR.  Successivamente con la legge 300/1999 il MIUR diventa MURST  nel quale confluiscono la ricerca scientifica e tecnologica.

 Le funzioni del MIUR :
- Funzioni in materia di istruzione  e di ricerca
- Funzioni conferite alle regioni ed enti locali
- Autonomia delle istituzioni scolastiche  e delle istituzioni universitarie e degli enti di ricerca.

Aree funzionali del MIUR:
- Istruzione non universitaria
- Istruzione universitaria , ricerca scientifica e tecnologica.

Il Ministero inoltre si  articola in Dipartimenti il cui numero non può essere superiore a 3, in relazione alle aree funzionali descritte :

  • Dipartimento per la programmazione ministeriale e per la gestione ministeriale del bilancio, delle risorse umane  e dell’informazione, che svolge funzioni nelle aree di  programmazione ministeriale, bilancio e monitoraggio del fabbisogno finanziario del Ministero .
  • Dipartimento per l’Istruzione che svolge funzione nell’organizzazione generale dell’istruzione, ordinamenti, curricola e programmi scolastici ecc. ; riconoscimento dei titoli di studio all’estero ecc.
  • Dipartimento per l’università , ricerca e tecnologia che si occupa di istruzione universitaria  e tutto ciò che riguarda l’università la ricerca e scienza.

Il Ministro
Il Ministro è a capo del Miur, ma non è a capo dell’amministrazione, vi è infatti un dirigente amministrativo (di 9°grado) che controlla l’operato del Ministro.
Dal Ministro dipendono tutti gli uffici, sia centrali che periferici, che esplicano la loro attività istituzionale in materia d’istruzione. Il Ministro non lavora da solo, ma è affiancato da un vice-ministro, e si avvale del lavoro dei sottosegretari (almeno 2 per il comparto dell’istruzione scolastica e uno per l’università e la ricerca) che lavorano su delega del Ministro.
Il Ministro può anche avvalersi di uffici di staff, che svolgono attività di supporto al lavoro ministeriale e di raccordo con l’amministrazione.
L’art. 3 D.Lgs 29/93 ha individuato le funzioni del Ministro dell’Istruzione. Al Ministro spettano:

- le decisioni in materia di atti normativi e l’adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativi (come tutti gli altri ministri deve realizzare delle leggi ma anche atti normativi che le rendano operative sul piano pratico e che ne consentano una corretta interpretazione ed applicazione).
la definizione degli obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l’azione amministrativa e per la gestione del comparto scuola e di quello universitario.
individuare le risorse umane, strutture materiali ed economico- finanziarie da destinare alle differenti finalità e comunicarle poi all’appartato dirigenziale e le singole amministrazioni periferiche dovranno rendere attuabili le decisioni del Ministero.
- provvedere alle nomine e alle designazioni che saranno poi rese effettive a seguito della scelta dettate dai parametri sopraelencati (il ministro individua i parametri, la dirigenza sceglie le persone, comunica la propria scelta alle amministrazioni periferiche, il Ministro provvede alla nomina).
Al Ministro spetta fare richieste ufficiali di pareri alle autorità amministrative indipendenti e al Consiglio di Stato.

Ai dirigenti, invece, spettano competenze legate alle adozioni di e provvedimenti amministrativi, compresi quelli che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa, attraverso autonomi poteri di spesa, autonomi poteri di controllo delle risorse umane e strumentali, la responsabilità in esclusiva dell’attività amministrativa e dei relativi risultati (in caso di inadempienza c’è il commissariato)

COMPETENZE
Le competenze del ministro (D. Lgs 112/98)
La legge 59/97, nota come “legge Bassanini”, è una legge di semplificazione della pubblica amministrazione che ha riordinato alcuni ministeri e ha disciplinato, tra l’altro, anche tutte le competenze del Ministro dell’istruzione, per quanto riguarda però solo l’area dell’istruzione scolastica e lasciando inalterato il comparto universitario. La materia è stata in seguito oggetto di un successivo atto normativo, il D. Lgs112/98 secondo cui è compito del Ministro:

  • definire i criteri e i parametri per l’organizzazione della rete scolastica, sistema costituito dal network di tutti gli istituti scolastici del territorio italiano e tutti gli uffici amministrativi che operano nell’ambito scolastico;
  • organizzare il sistema di valutazione della scuola;
  • determinare e assegnare le risorse finanziarie, sia quelle a carico del bilancio dello Stato, sia quelle a carico delle istituzioni scolastiche;
  • svolgere funzioni relative ai conservatori di musica, alle accademie di belle arti, o all’accademia nazionale d’arte drammatica, all’accademia nazionale di danza, agli istituti culturali stranieri presenti in Italia (questo almeno fino alla legge n.300/99) che ha visto la nascita di nuove tipologie di licei);

Vi sono poi delle funzioni amministrative quali:
- l’organizzazione del comparto istruzione delle scuole militari e qualsiasi altro ente di difesa presente sul territorio nazionale, nonché nell’ambito dei presidi ospedalieri;
- l’organizzazione generale di istituti scolastici istituiti da individui non facenti parte della Comunità Europea o da Enti costituiti per la loro maggioranza da individui extracomunitari (centri di accoglienza con finalità culturali, istituti di lingua, ecc).

L’AMMINISTRAZIONE PERIFERICA DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

A partire dal 1997 con il “pacchetto Bassanini”, è stata data una nuova organizzazione al sistema formativo nazionale che risente delle impostazioni introdotte sia a livello nazionale che locale; l’autonomia scolastica, il decentramento amministrativo e la nascita del Ministero per la devolution (legge n.300/99), la riforma del titolo V della Costituzione con conseguente equiparazione delle leggi regionali a quelle nazionali (2001).
Per la scuola, tutto ciò ha comportato una riorganizzazione di tutto il comparto amministrativo periferico del Ministero dell’Istruzione. I due principali organi periferici del Ministero sono le Sovrintendenze scolastiche regionali e interregionali e i Provveditorati agli Studi.

LE SOVRINTENDENZE SCOLASTICHE, REGIONALI ED INTERREGIONALI

Sono dette anche “Uffici scolastici regionali”, sono preposte allo svolgimento dei compiti relativi alle procedure concorsuali per il personale docente, per il personale della scuola in senso ampio, per il personale amministrativo (ATA) e, in particolare, per il personale dell’amministrazione scolastica periferica. Organo cardine dell’amministrazione periferica, si occupano poi di organizzare i calendari scolastici per la regione di riferimento.
Gli Uffici scolastici interregionali” hanno le medesime competenze ma si riferiscono a specifiche aree geografiche, fungono da ponte di dialogo tra le varie regioni onde evitare grandi disparità normative tra una regione e l’altra.
A capo degli uffici scolastici regionali vi sono i sovrintendenti, funzionari dell’amministrazione della Pubblica Istruzione con qualifica di dirigente, di nomina ministeriale. È il ruolo più importante dell’amministrazione periferica, in quanto espressione di tutta l’attività amministrativa periferica regionale.

I PROVVEDITORATI AGLI STUDI

Occorre fare una distinzione di competenze tra l’Ufficio del Provveditorato e il Provveditore.
I Provveditorati sono istituiti in ogni capoluogo di provincia.
L’ufficio del Provveditore è un organo periferico “complesso”, non organico, in quanto comprende entità e competenze estremamente differenziate. È la rappresentazione istituzionale del territorio, rappresenta tutte le manifestazioni culturali, sociali e demografiche della provincia di riferimento. Ha inoltre attribuzioni in merito all’istruzione materna, elementare e secondaria.
Il Provveditore è un funzionario amministrativo con qualifica di dirigente, nominato ai vertici ministeriali di concetto con il sovrintendente scolastico regionale. Dal Provveditore dipendono gli insegnanti di scuola materna, elementare e secondaria, ma anche i direttori didattici e gli ispettori tecnici periferici (che affiancano 64/65  ispettori didattici che operano a livello nazionale). A seguito del decentramento amministrativo , sono state ampliate le sue competenze, tra i nuovi compiti del provveditore figurano:
- la vigilanza sull’applicazione delle leggi e regolamenti negli istituti statali e non statali sul territorio provinciale;
- la promozione e il coordinamento di iniziative  finalizzate alla completa efficienza degli studi.
A questi due organi, negli ultimi anni, si è affiancato il CSA (centro servizi amministrativi). Nato a seguito delle nuove competenze attribuite ai Provveditorati; presente in ogni regione ed opera a livello regionale e provinciale con la funzione di rendere “conoscibili” gli atti amministrativi prodotti dagli uffici scolastici regionali e dai Provveditorati.

LA RIFORMA MORATTI.

L’Iter di approvazione della riforma Moratti : Gli stati generali dell’istruzione  e la sperimentazione della riforma.

La RIFORMA MORATTI L. 28 MARZO 2003, N° 53 prende le mosse dalla LEGGE 30/2000 assunta come trama normativa di base da cui prendere  spunto per riformare la scuola.
L’approvazione di tale riforma però è stata soggetta ad un lungo iter parlamentare, infatti per poter vagliare  la proposta di legge prima della sua definitiva approvazione (verificarne dunque la congruenza, i punti deboli ed i punti forti nonché la praticabilità), il MIUR  ha convocato gli STATI GENERALI DELL’ ISTRUZIONE, ovvero grande assemblea rappresentativa di tutte le componenti del mondo della scuola cui è stato richiesto di esprimere un giudizio sulla proposta di modifica della legge 30/200 elaborata da un gruppo di studio presieduto dal prof. Bertagna: Il MIUR infatti con D.M. del 18/07/2001 n° 672  aveva istituito un gruppo ristretto di lavoro per svolgere una riflessione sull’intero sistema dell’istruzione e della formazione.
Nel lungo iter di approvazione della riforma trova posto anche un progetto nazionale di sperimentazione ( D.M. 18 sett. 2002 n 100) con lo scopo di verificare nella realtà operativa  della scuola i contenuti  della riforma della legge 30/2000 soprattutto per la scuola dell’infanzia e scuola elementare.
Questo progetto prevedeva la partecipazione di 2 circoli didattici o istituti comprensivi per provincia, più 2 scuole paritarie  per ogni capoluogo di regione. Le scuole partecipanti  hanno adottato l’iniziativa sperimentale nei contenuti , negli strumenti, nelle condizioni organizzative ecc, recependo tali indicazioni nel proprio POF mantenendo, come connotazione essenziale del progetto di sperimentazione, l’attivazione dell’insegnamento della lingua straniera nella scuola elementare e l’alfabetizzazione informatica. Inoltre, le innovazioni sperimentali sono state realizzate tenendo conto delle disponibilità di bilancio delle scuole e sono state supportate da monitoraggio sia locale che nazionale. Sono stati istituiti infatti presso gli uffici scolastici regionali gli osservatori regionali, mentre presso il Dipartimento dello sviluppo dell’istruzione  del MIUR l’Osservatorio Nazionale.

I PUNTI CHIAVE DELLA RIFORMA MORATTI.
Nella Riforma Moratti L. 28 MARZO 2003, N° 53,  e nel decreto  legislativo del 2004 n°59 che ne da l’attuazione, rispetto alle finalità indicate nella legge 30/2000 per i vari ordini di scuola è stata data importanza ad alcuni aspetti educativi che non erano in essa compresi, quali ad es.

  • nella scuola dell’infanzia lo sviluppo psico-motorio e le potenzialità di relazione

 

  • nel 1° ciclo, invece, la valorizzazione della tradizione culturale insieme alla evoluzione sociale culturale della realtà contemporanee
  • nel 2° ciclo l’attenzione costante alla crescita educativa , culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere ,il fare ecc.

 

  • alfabetizzazione tecnologica e studio di una lingua comunitaria  fin dai 6 anni,  x costruire una scuola più moderna
  • le famiglie possono scegliere di mandare i propri figli ascuola prima dei 3 anni a scuola dell’infanzia e prima dei 6 alla scuola primaria

 

  •  innalzamento ad  almeno 12 anni complessivi il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione o comunque fino al conseguimento di una qualifica  entro il 18 anno di età. Questo diritto si realizza  nel  primo ciclo del sistema dell’istruzione  che comprende: la scuola primaria  della durata di 5 anni articolata in  un 1° anno, pensato come continuum con la scuola dell’infanzia e teso al raggiungimento delle strumentalità di base, e da 2 periodi didattici biennali (2°/3°, 4°/5°) al termine dei quali, con valutazione positiva, lo studente passa alla scuola secondaria di primo grado, che ha durata di 3 anni  e si articola in: un periodo didattico biennale  ( 1°-2° media) ed un terzo anno, che completa il percorso disciplinare dell’istruzione primaria. Quest’ultimo si conclude con l’esame di Stato il cui superamento costituisce titolo e condizione per accedere al sistema della scuola superiore di 1° grado che è poi il secondo ciclo dell’istruzione comprendente il sistema dei Licei e della formazione professionale, nonché il sistema dell’apprendistato, cui si aggiunge la possibilità  di stage in realtà sociali e culturali del mondo produttivo ( alternanza scuola –lavoro) sotto la responsabilità delle istituzioni  scolastiche e formative .
  • I piani di studio devono contenere un nucleo fondamentale, omogeneo su base nazionale  che rispecchia la cultura, le tradizioni e l’identità nazionale e prevedono una quota riservata alle Regioni relativa agli aspetti di interesse specifico delle stesse.

 

  • Importante è l’attività laboratoriale  finalizzata al consolidamento e alla personalizzazione degli apprendimenti
  • Inoltre il processo di personalizzazione degli interventi formativi trova la sua concreta espressione nell’impiego del Portfolio delle Competenze costituito dalla documentazione essenziale  e significativa delle esperienze formative  dell’alunno   formulato sia dai docenti che dalla famiglia.

 

LA SCUOLA DELL’INFANZIA

Percorso storico –normativo: legge 18/03/1968 e Orientamenti del 91.

 La nascita della scuola materna può essere fatta risalire al 1968 con la legge del 18 marzo 1968 n° 444  e D.P.R. dl 1969 n° 647  in quanto fino a quel momento era stata affidata allo spontaneismo degli enti territoriali mentre con tale legge entra nell’ordinamento scolastico con “finalità di educazione, di sviluppo della personalità infantile, di assistenza  e di preparazione alla scuola dell’obbligo, integrando l’opera della famiglia”.
L’iscrizione alla scuola materna è facoltativa e la frequenza è gratuita. Ad ogni sezione della scuola materna  ( che non possono superare il numero di 9 e possono essere costituite da un massimo di 25 e un minimo di  15 bambini) sono assegnati due docenti che hanno piena libertà didattica., nell’ambito degli orientamenti educativi, definiti con decreto del ministero della pubblica istruzione.
L’orario giornaliero delle scuole è di 8 ore con un massimo di 10 e con orari speciali in relazione ad accertate esigenze locali.

I Nuovi Orientamenti  approvati con D.M. del 3 giugno 1991 modificano le attività educative  fino ad allora regolate dal decreto precedente  e la novità più interessante  è che la scuola materna non è più vista come luogo di intrattenimento e di custodia ma come primo stadio della scuola di base  dotata di propria specificità pedagogica, culturale ed istituzionale.

La scuola dell’infanzia nella riforma Moratti
Con questa riforma la scuola materna viene denominata scuola dell’infanzia, con durata triennale e con svolgimento delle attività educative che vanno da un minimo di 875 ad un massimo di 1770 ore all’anno,  a seconda dei progetti educativi delle singole scuole. In virtù dell’autonomia organizzativa e didattica, le scuole possono definire, a seconda dei progetti educativi, i quadri orario giornalieri e settimanali.
 Le finalità della scuola dell’infanzia fanno riferimento all’educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale e sociale dei bambini attraverso la promozione delle potenzialità relazionali dei bambini, delle loro competenze (ovvero delle abilità sensoriali, linguistiche, motorie), della loro autonomia sviluppandone la capacità di orientarsi e compiere scelte autonome, interagire con gli altri  e pensare liberamente, della loro creatività e del loro apprendimento.  Tutto ciò in continuità educativa, raccordandosi con la famiglia con il personale che ha seguito i bambini all’asilo nido e con la scuola primaria, attraverso anche il portfolio delle competenze ( anche se oggi non è usato per i numerosi problemi , anche di privacy).

Indicazioni nazionali per i piani di studi personalizzati: sono piani che tutte le scuole sono chiamate  a seguire per assicurare l’unità nazionale del sistema educativo e per consentire ai bambini di sviluppare in termini adeguati alla loro età tutte le dimensioni della loro personalità. Sono previsti degli specifici obiettivi di apprendimento che il docente è chiamato a modulare nella sua azione didattica ed educativa  in relazione ai bisogni e alle capacità di apprendimento dei bambini.

Il primo ciclo di istruzione
Il  primo ciclo del sistema dell’istruzione comprende:

  • La scuola primaria  della durata di 5 anni articolata in  un 1° anno, pensato come continuum con la scuola dell’infanzia e teso al raggiungimento delle strumentalità di base, e da 2 periodi didattici biennali (2°/3°, 4°/5°) al termine dei quali, con valutazione positiva, lo studente passa alla
  • scuola secondaria di primo grado, che ha durata di 3 anni  e si articola in:un periodo didattico biennale  ( 1-2 media) ed un terzo anno, che completa il percorso disciplinare dell’istruzione primaria. Quest’ultimo si conclude con l’esame di Stato il cui superamento costituisce titolo e condizione per accedere al
  • sistema della scuola superiore di 1° grado.

Il PERCORSO STORICO-NORMATIVO DELLA SCUOLA ELEMENTARE
L’Ordinamento della Scuola Elementare è stato + volte disciplinato fino ad essere poi modificato dalla Legge 148/90 recante appunto le norme di Riforma dell’ordinamento della scuola,  la quale si configura come una sintesi articolata di tutta una serie  di interventi legislativi varati negli ultimi 20 anni ( Leggi del 1971, 1973, 1977, 1985 che introdusse i nuovi programmi della scuola elementare). Questo ordinamento è entrato in vigore  a partire  dall’anno scolastico 1990-1991, con criterio di gradualità per consentire il passaggio alla nuova impostazione in maniera graduale.
Le finalità: la scuola elementare, nell'ambito dell'istruzione obbligatoria, concorre alla formazione dell'uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e nel rispetto e ne1la valorizzazione delle diversità individuali, sociali e culturali. Essa si propone lo sviluppo della personalità del fanciullo, promuovendone la prima alfabetizzazione culturale.
La scuola elementare, anche mediante forme di raccordo pedagogico curricolare ed organizzativo con la scuota materna e con la scuola media, quali comunicazione da una scuola all’altra  di dati informativi relativi agli alunni, avvalendosi anche della collaborazione  della famiglia, valutazione degli alunni, ecc, contribuisce a realizzare la continuità del processo educativo.
 Le scuole elementari  sono ordinate in classi; l’insieme delle classi in un unico edificio formano il plesso scolastico. Il numero di alunni in ciascuna classe non può essere superiore a 25 salvo il limite di 20 per le classi che accolgano alunni portatori di handicap.  Inoltre è articolata in 2 cicli didattici di cui il 1° comprende la 1° e 2° classe,  il secondo la 3° ,4° e 5° con passaggio alle varie classi attraverso lo scrutinio finale, che si base sull’insieme dei giudizi emessi dagli insegnanti nel corso dell’anno. Inoltre è organizzata per Moduli Didattici  che prevede non più la figura dell’insegnante unico, ma che su 2 classi operino 3 docenti ciascuno in un ambito disciplinare differente.
L’organizzazione per moduli (il modulo infatti consiste in un gruppo di 3 docenti  che si avvicendano sulle due classi loro affidate, insegnando ciascuno in un’area ben definita), rappresenta una delle innovazioni più significative della legge 148/90, le altre riguardano: la programmazione collegiale  che è la pianificazione delle attività educative adeguata al processo di apprendimento degli alunni e delle risorse di cui la scuola dispone;  il tempo pieno e il tempo prolungato, l’orario degli alunni  ( 7 ore) e degli insegnanti ( 24) di cui 22 di insegnamento e 2 di programmazione di modulo, l’insegnamento della lingua straniera. L’esperienza dopo l’applicazione della legge ha portato ad alcune modifiche quali  utilizzazione di docenti sull’intero plesso e no solo sui singoli moduli, maggiore presenza temporale di un docente in una classe, ecc.
 Le scuole elementari speciali sono  quelle che per  l’ordinamento e per il  personale che la frequenta hanno delle caratteristiche che le distinguono dalle scuole comuni, per esempio possono avere orari, programmi ed insegnanti specializzati o alunni con deficienze psico- fisiche es. sono le scuole per minorati psicofisici; per handicappati ella vista e dell’udito, ma anche le scuole carcerarie istituite presso gli istituti di prevenzione d di  pena in cui si trovano detenuti analfabeti  di età non superiore ai 40 anni; scuole Reggimentali ovvero scuole frequentata da militari in servizio  che non hanno frequentato la scuola dell’obbligo.
 La scuola primaria nella riforma Moratti.
Con la riforma Moratti ( Legge 53/2003 e con il decreto legislativo 59/2004 che ne da attuazione la scuola elementare,  come già nella legge 30/2000, viene denominata scuola primaria a carattere obbligatorio. Anche nella Riforma Moratti le finalità della scuola, nel rispetto delle diversità individuali  concorrono :

  • Allo sviluppo della personalità, all’acquisizione  e sviluppo delle  conoscenze e abilità di base, ivi comprese quelle relative all'alfabetizzazione informatica, fino alle prime sistemazioni logico-critiche,
  • all’acquisizione dei mezzi espressivi, della lingua italiana e alfabetizzazione nella lingua inglese,
  • porre le basi per l'utilizzazione di metodologie scientifiche nello studio del mondo naturale, dei suoi fenomeni e delle sue leggi
  • valorizzare le capacità relazionali e di orientamento nello spazio e nel tempo,
  • educare ai principi fondamentali della convivenza civile.

Iscrizioni :  sono iscritti al primo anno della scuola primaria i bambini che compiono i 6 anni di età entro il 31 agosto dell'anno di riferimento. Possono essere iscritti al primo anno della scuola primaria anche i bambini che compiono i sei anni di età entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento.
Attività educative e didattiche : l'orario annuale delle lezioni nella scuola primaria, comprensivo della quota riservata alle regioni, alle istituzioni scolastiche autonome e all'insegnamento della religione cattolica è di 891 ore, cui possono essere aggiunte altre 99 ore annue, corrispondenti a 3 ore settimanali la cui scelta è facoltativa e opzionale per gli allievi e la cui frequenza è gratuita, per poter realizzare la personalizzazione dei piani di studi. Tali ore vengono organizzate nell'ambito del piano dell'offerta formativa, tenendo conto delle prevalenti richieste delle famiglie, attività e insegnamenti, coerenti con il profilo educativo. Al fine di ampliare e razionalizzare la scelta delle famiglie, le istituzioni scolastiche possono, nella loro autonomia, organizzarsi anche in rete.

Le indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati : fissano degli obiettivi generali di apprendimento evidenziando come la scuola debba favorire l’acquisizione da parte dell’alunno  sia della lingua italiana che di una lingua comunitaria, l’inglese, delle varie modalità di espressione  artistiche, musicali, motorie, tecniche e scientifiche. Agli obiettivi generali si affiancano poi gli obiettivi specifici di apprendimento per progettare, che sono Unità di apprendimento caratterizzate da obiettivi formativi adatti per i singoli allievi, volte a trasformare le capacità di ognuno in reali competenze.
Gli obiettivi specifici di apprendimento sono organizzati per attività educative e disciplinari tra cui gli elementi di novità sono l’insegnamento della lingua inglese e l’alfabetizzazione tecnologia ed informatica,  ma anche educazione alla convivenza civile ( Educazione alla cittadinanza, stradale, ambientale ecc) che non costituiscono una disciplina a se stante ma si concretizzano in un’offerta di attività educative e didattiche  a cui concorrono i docenti contitolari del gruppo classe.

La valutazione nella scuola primaria periodica e annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite, sono affidate ai docenti responsabili delle attività educative e didattiche previste dai piani di studio personalizzati; agli stessi è affidata la valutazione dei periodi didattici ai fini del passaggio al periodo successivo.
I medesimi docenti, con decisione assunta all'unanimità, possono non ammettere l'alunno alla classe successiva, all'interno del periodo biennale, in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione..

Scuola secondaria di primo grado

Percorso storico normativo della scuola media :

Legge  1859 del 1962    : SCUOLA MEDIA UNICA.
Il principio costituzionale dell’obbligatorietà e della gratuità dell’istruzione impartita almento per 8 anni ( ovvero dal 6° al 14° anno d’età ) trova la sua attuazione in questa legge  che istituisce la scuola media unica  che istituisce appunto che…l’istruzione obbligatoria successiva a quella elementare è impartita gratuitamente nella scuola media che ha durata di 3 anni ed è scuola secondaria di I grado.
Tale scuola concorre alla Formazione dell’uomo e del cittadino in quanto promuove lo sviluppo della personalità del ragazzo e favorisce mediante l’acquisizione di conoscenze fondamentali specifiche, la conquista delle capacità logiche, scientifiche ed operative delle corrispondenti abilità,
aiuta il ragazzo a collocarsi nel mondo perchè gli permette di acquisire  progressivamente una visione più chiara della realtà sociale; è inoltre orientativa  perche lo orienta nella scelte  immediate e future.

La scuola media si svolge comunque in continuità con la scuola elementare ed il piano di studi comprende l’insegnamento dell’italiano, storia ed educazione civica, geografia, artistica ed artistica musicale, fisica , stradale.

 Scuole media speciali:
Corsi per adulti
- Corsi sperimentali di scuola media, istituiti presso enti per il recupero sociale dei tossicodipendenti.

La scuola secondaria di primo grado nella riforma Moratti
Con la riforma Moratti  Legge 53/2003 e con il decreto legislativo 59/2004 che ne da attuazione la scuola media   viene denominata  scuola secondaria di primo grado

 Finalità della scuola secondaria di primo grado :

  • la crescita delle capacità autonome di studio e al rafforzamento delle attitudini all'interazione sociale;
  • organizzare ed accrescere, anche attraverso l'alfabetizzazione e l'approfondimento nelle tecnologie informatiche, le conoscenze e le abilità, anche in relazione alla tradizione culturale e alla evoluzione sociale, culturale e scientifica della realtà contemporanea;
  • è caratterizzata dalla diversificazione didattica e metodologica in relazione allo sviluppo della personalità dell'allievo;
  • curare la dimensione sistematica delle discipline; sviluppa progressivamente le competenze e le capacità di scelta corrispondenti alle attitudini e vocazioni degli allievi;
  • fornire strumenti adeguati alla prosecuzione delle attività di istruzione e di formazione; introduce lo studio di una seconda lingua dell'Unione europea;
  • aiutare ad orientarsi per la successiva scelta di istruzione e formazione.

Attività educative e didattiche:
L'orario annuale delle lezioni, comprensivo della quota riservata alle regioni, alle istituzioni scolastiche autonome e all'insegnamento della religione cattolica è di 891 ore e al fine di realizzare la personalizzazione del piano di studi, possono essere organizzate altre 198 ore annue nell'ambito del, tenendo conto  nel  piano dell'offerta formativa delle richieste delle famiglie, attività e insegnamenti, coerenti con il profilo educativo, e con la prosecuzione degli studi del secondo ciclo.

Valutazione, scrutini ed esami Ai fini della validità dell'anno, per la valutazione degli allievi è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell'orario annuale. Per casi eccezionali, le istituzioni scolastiche possono autonomamente stabilire motivate deroghe al suddetto limite. La valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli allievi sono affidate ai docenti  ed in base a quella periodica possono essere predisposti degli interventi educativi e didattici, ritenuti necessari al recupero e allo sviluppo degli apprendimenti. Gli stessi, in casi motivati, possono non ammettere l'allievo alla classe successiva all'interno del periodo biennale. Il terzo anno della scuola secondaria di primo grado si conclude con un esame di Stato che è titolo di accesso al sistema dei licei e a quello dell’istruzione e della formazione professionale.

Il secondo ciclo di istruzione

Percorso storico-normativo

Generalità e tipologia degli istituti: L’istruzione secondaria superiore nasce con la finalità di preparare l’alunno agli studi universitari ovvero offrirgli un’adeguata preparazione per il mondo del lavoro. L’iscrizione è subordinata al superamento dei precedenti studi.  Per quanto riguarda lo svolgimento della carriera scolastica il passaggio alle classi successive alla prima avviene attraverso lo scrutinio di promozione o nel caso di alunni provenienti da scuole private pareggiate o legalmente riconosciute, per esame di idoneità.
A conclusione degli studi, a seconda degli specifici ordinamenti si sostengono: esami di qualifica, di licenza o di maturità.
Nell’istruzione secondaria superiore rientrano tutti i tipi  di istituti e di scuole immediatamente successivi alla scuola media :

  • Liceo classico  che impartisce un’istruzione di tradizione culturale umanistica  e prepara agli studi universitari.
  • Liceo scientifico che prepara  agli studi nelle facoltà scientifiche
  • Istituto magistrale
  • Scuola magistrale che prepara all’insegnamento nella scuola materna
  • istituti tecnici che preparano i giovani all’esercizio di funzioni tecniche o amministrative  e alle professioni nei settori dell’agricoltura del commercio ecc.
  • istituti professionali
  • Licei artistici che sono quadriennali + esame integrativo per accedere all’università
  • Istituti d’arte che addestrano al lavoro e alla produzione artistica  a seconda delle tradizioni, industrie e materia prime delle regioni in cui hanno sede

 

L’ISTRUZIONE NON STATALE

LA PARITA’ SCOLASTICA N 62/2000.
L’art. 33 Cost. stabilisce per lo Stato il diritto-dovere di istituire scuole per tutti gli ordini e gradi, ma in virtù del principio costituzionale di libertà di pensiero vi può essere la libera istituzione di scuole private  le quali devono costituirsi e gestirsi senza onere per lo Stato. Tuttavia non esclude che lo Stato possa intervenire per le scuole o istituti in difficoltà, ovvero scuole private dove non esistono scuole statali.
Non vi è dunque un Monopolio statale dell’istruzione  ma un sistema parallelo, libero nelle forme organizzative  e nei contenuti, nella convinzione che ciò garantisca un buon funzionamento per entrambi. Le due diverse tipologie di scuola, statale e non statale, non solo non sono concorrenti, ma sono convergenti, cioè le une devono garantire il buon funzionamento delle altre, in quanto hanno lo stesso scopo, cioè la formazione dei cittadini, la loro esistenza consente poi ai cittadini di attuare il proprio diritto allo studio nella maniera più consona e in strutture scolastiche più aderenti alle proprie scelte culturali.
art. 33 comma 4: PARIFICAZIONE DELLE SCUOLE PRIVATE A QUELLE STATALI, SIA X GLI EFFETTI LEGALI  CHE X IL RICONOSCIMENTO PROFESSIONALE DEL TITOLO DI STUDIO.
La parità con le scuole è accordata alle scuole che la richiedono in base alle leggi dello Stato che fissa i diritti e gli obblighi di esse.  Questi obblighi fanno riferimento alla legge sulla parità scolastica 62/2000, la quale costituisce un sistema nazionale di istruzione a carattere misto costituito da scuole statali e da scuole paritarie gestite da privati o da enti locali. Si definiscono scuole paritaria a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, in particolare per quanto riguarda l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche no statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l’infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell’istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da alcuni requisiti di qualità ed efficacia.
Le scuole non statali per ottenere la parità devono avere 8 requisiti:

  • progetto educativo in armonia con la costituzione;
  • disporre di locali, attrezzature didattiche, arredi conformi alle norme vigenti,
  • organi collegiali che partecipano democraticamente;
  • accettare alunni con handicap;
  • applicare le norme vigenti per la tutela e l’inserimento di alunni con handicap,
  • avere corsi completi, non singole classi;
  • personale docente con titolo di abilitazione
  • contratti individuali di lavoro per dirigenti e docenti

Le scuole paritarie sono soggette a valutazione e verifica da parte del Ministero che ne accerta l’originario possesso dei requisiti descritti, nonché la loro permanenza nel tempo. Anche i direttori scolastici regionali hanno il potere di disporre accertamenti con periodicità triennale, nell’ipotesi del venir meno ad uno dei requisiti, poi si pone un termine temporale per il ripristino del requisito mancante, e in seguito può anche disporre la sospensione o revoca del riconoscimento.

 Le Scuole elementari non statali si dividono in.

  • scuole parificate :   sono scuole istituite da enti e associazioni aventi personalità giuridica  e riconosciute agli effetti legali equipollenti a quelle statali: Lo stato contribuisce mediante convenzione alle spese per il compenso del personale docente, cui deve essere corrisposto lo stipendio legale. La scuola parificata deve adottare per i programmi e gli orari l’ordinamento della scuola elementare statale.

La parificazione avviene comunque mediante una convenzione stipulata tra l’ufficio scolastico regionale  e il rappresentante legale dell’ente gestore. In essa viene precisato il numero delle classi, degli insegnanti ecc.

  • Scuole elementari sussidiate: Sono aperte da privati, enti e associazioni  con l’autorizzazione dell’ufficio scolastico regionale, nelle località dove non esiste  alcun altra scuola statale o parificata. Sono mantenute parzialmente con il sussidio dello stato corrisposto in forma di premio ai docenti.
  • Scuole private autorizzate:  sono scuole autorizzata con provvedimento del direttore didattico competente per territorio e gestite da cittadini con diploma di maturità magistrale.

Le scuole secondarie non statali si dividono in :

  • Scuole legalmente riconosciute, aperte sia da enti che privati cittadini che rilasciano titoli di studio avente valore legale.
  • Scuole pareggiate: possono essere mantenute soltanto da enti pubblici o enti ecclesiastici .

Le scuole private sono invece aperte da enti o privati  con presa d’atto da parte del ministero della Pubblica Istruzione, per cui possono svolgere la loro attività in assenza di autorizzazione ministeriale, che però può disporne la chiusura  per ragioni di ordine morale o didattico. Esse non possono rilasciare titoli di studio con valore legale e il piano di studi e l’ordinamento scolastico possono non essere conformi  a quelli delle scuole statali.

Gli organi collegiali territoriali
In attuazione della delega  della legge 59/97 legge Bassanini  è stato emanato il disegno di legge 233/99 recante la Riforma degli organi collegiali territoriali della scuola che prevede che la rappresentanza e la partecipazione alla vita scolastica avvenga oltre che a livello della singola istituzione anche al livello centrale, regionale e locale.

  • a livello centrale, Il Consiglio superiore della pubblica istruzione
  • a livello regionale, i Consigli regionali dell'istruzione;
  • a livello locale, i Consigli scolastici locali.

Il Consiglio superiore della pubblica istruzione è organo di garanzia dell'unitarietà del sistema nazionale dell'istruzione. Esso  formula proposte ed esprime pareri obbligatori:

  • sulle direttive del Ministro della pubblica istruzione in materia di valutazione del sistema dell'istruzione;
  • sugli obiettivi, indirizzi e standard del sistema di istruzione definiti a livello nazionale nonché sulla quota nazionale dei curricoli dei diversi tipi e indirizzi di studio;
  • sull'organizzazione generale dell'istruzione

E’  formato da 36 componenti di cui :

  • 15 sono eletti dalla componente elettiva che rappresenta Il personale delle scuole statali nel consigli scolastici locali.
  • 15  sono nominati dal Ministro tra esponenti significativi dei mondo della cultura, dell'arte, della scuola, dell'Università, del lavoro,
  • 3 sono eletti rispettivamente uno dalle scuole di lingua tedesca, uno dalle scuole di lingua slovena ed uno dalle scuole della Valle d'Aosta.
  • 3  sono nominati dal Ministro in rappresentanza delle scuole pareggiate, parificate e legalmente riconosciute e delle scuole dipendenti dagli enti locali.

La carica di consigliere non è compatibile con le cariche di parlamentare e gli incarichi di ministro.
Il Consiglio regionale dell'istruzione è istituito presso ogni ufficio periferico regionale dell'amministrazione della pubblica istruzione. Esso esprime pareri obbligatori in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche,  di educazione permanente, di politiche compensative con particolare riferimento all'obbligo formativo e al diritto allo studio, di reclutamento e mobilità del personale. Il Consiglio è costituito dai presidenti dei consigli scolastici locali, da componenti eletti dalla rappresentanza del personale della scuola statale nei consigli scolastici locali e da tre componenti eletti dai rappresentanti delle scuole pareggiate, panificate e legalmente riconosciute nei consigli locali e da cinque rappresentanti designati dalle organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori. Del consiglio fa parte di diritto il dirigente dell'ufficio periferico regionale.
 
I Consigli scolastici locali, che sostituiscono i consigli scolastici distrettuali e provinciali, sono istituiti in corrispondenza delle articolazioni territoriali dell'amministrazione periferica, previa intesa con le Regioni e gli enti locali. I Consigli possono avere sede presso gli uffici periferici dell'amministrazione, presso istituzioni scolastiche, ovvero in idonee strutture fornite dagli enti locali, presso i quali è istituita una apposita segreteria.
I consigli scolastici locali durano in carica tre anni. Essi hanno competenze consultive e propositive nei confronti dell'amministrazione scolastica periferica e delle istituzioni scolastiche autonome in merito all'attuazione dell'autonomia, all'organizzazione scolastica sul territorio di riferimento, all'edilizia scolastica, alla circolazione delle informazioni sul territorio, alle reti di scuole, all'informatizzazione, alla distribuzione dell'offerta formativa, all'educazione permanente, all'orientamento, alla continuità tra i vari cicli dell'istruzione, all'integrazione degli alunni con handicap.
Gli organi collegiali a livello di circolo e di istituto.

Il consiglio di Intersezionenella scuola dell’Infanzia e il consiglio di Interclasse nelle scuole Elementari sono composti da tutti i docenti delle sezioni e delle classi e da 1 rappresentante dei genitori degli alunni per ciascuna sezione e per ciascuna classe.
Fanno parte del consiglio di Intersezione e di Interclasse anche i docenti di sostegno sono contitolari delle classi interessate.
Il consiglio di Intersezione e di Interclasse sono presieduti dal dirigente scolastico oppure da un docente delegato, durano in carica un anno e hanno il compito di:

  • formulare al collegio dei docenti proposte in ordine all'azione educativa e didattica;
  • agevolare ed estendere i rapporti reciproci tra docenti, genitori ed alunni.

Il consiglio di circolo o di istituto è costituito da personale docente, personale amministrativo e ausiliario, genitori degli alunni e il dirigente scolastico.
Delibera tutto ciò che riguarda l’organizzazione e la programmazione della vita e dell’attività della scuola, in particolare

  • approva il bilancio preventivo e il conto consuntivo;
  • dispone l’impiego dei fondi assegnati;
  • adotta il regolamento interno del Circolo e il calendario scolastico;
  • stabilisce i criteri per le attività extrascolastiche;
  • promuove collaborazioni e partecipazioni ad attività culturali e sportive;
  • indica i criteri per la formazione delle classi e l’orario delle lezioni;
  • esprime parere sull’andamento generale, didattico ed amministrativo del Circolo.

La giunta esecutiva è eletta all’interno del Consiglio di Circolo e ne fanno parte di diritto il dirigente scolastico, che la presiede ed ha la rappresentanza del circolo, ed il capo dei servizi amministrativi che svolge anche funzioni di segretario della giunta stessa; è composta anche da un docente  e da due genitori; dura in carica tre anni.

  • predispone il bilancio preventivo e il conto consuntivo; 
  • prepara i lavori per il consiglio di circolo e cura l'esecuzione delle delibere.

COLLEGIO DEI DOCENTI :  è composto dal personale docente di ruolo e non di ruolo in servizio nel Circolo, compresi i docenti di sostegno che assumono la contitolarità delle classi del Circolo, ed è presieduto dal dirigente scolastico. 
Il collegio dei docenti:

  • ha potere deliberante in materia di funzionamento didattico del circolo;
  • cura la programmazione dell'azione educativa, le scelte e le finalità educative del Piano dell'Offerta Formativa;
  • formula proposte  per la formazione, la composizione delle classi e l'assegnazione ad esse dei docenti, per la formulazione dell'orario delle lezioni e per lo svolgimento delle altre attività scolastiche, tenuto conto dei criteri generali indicati dal consiglio di circolo;
  • valuta periodicamente l'andamento complessivo dell'azione didattica per verificarne l'efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi programmati nel P.O.F.;
  • provvede all'adozione dei libri di testo;
  • adotta o promuove nell'ambito delle proprie competenze iniziative di sperimentazione;
  • promuove iniziative di formazione in servizio dei docenti del circolo ;
  • elegge i docenti incaricati di collaborare col dirigente scolastico;
  • elegge i suoi rappresentanti nel consiglio di circolo;
  • elegge i docenti che fanno parte del comitato per la valutazione del servizio del personale docente;
  • programma ed attua le iniziative per il sostegno degli alunni portatori di handicap;
  • esprime parere, per gli aspetti didattici, in ordine alle iniziative dirette alla educazione della salute.

Nell'adottare le proprie deliberazioni il collegio dei docenti tiene conto delle eventuali proposte e pareri dei consigli di intersezione, di interclasse o di classe.

 

IL PERSONALE DOCENTE

La funzione del docente è quella di promuovere lo sviluppo umano, culturale, civile e professionale degli alunni in base agli obiettivi e gli ordinamenti scolastici.

PROFILO PROFESSIONALE DOCENTE
Il docente possiede:

  • competenze disciplinari (conoscenza delle discipline)
  • competenze metodologiche e didattiche (il docente possiede strategie d’insegnamento e metodi didattici)
  • competenze organizzativo-relazionali (il docente tiene rapporti con alunni, colleghi e famiglie)

Il docente esplica attività individuali e collegiali, partecipa ad aggiornamenti e formazione.
Le attività individuali si dividono in.

  • ATTIVITA’ DI INSEGNAMENTO (regolano l’orario di servizio, 25 scuola materna, 22 scuola elementare, 18 scuola secondaria)
  • ATTIVITA’ FUNZIONALI ALL’INSEGNAMENTO (preparazione delle lezioni, correzioni degli elaborati, partecipazioni delle attività collegiali quali riunioni del collegio dei docenti, cosigli di classe,  esami ecc.)
  • ATTIVITA’ AGGIUNTIVE si dividono in:
  • attività aggiuntive d’insegnamento (attività extracurricolari)
  • attività aggiuntive funzionali all’insegnamento (progettazione di materiali utili alla didattica, programmazione e verifica iniziale e finale, informazione alle famiglie sui risultati finali)

Per quanto riguarda le attività collegiali, i docenti si occupano di elaborare per l’aspetto pedagogico-didattico il POF  adattandone l’articolazione alle diverse esigenze  degli alunni  e tenendo conto del contesto socio economico di riferimento.
Le attività di formazione in servizio costituiscono un aspetto di fondamentale importanza: la scuola dell’autonomia e la riforma dei cicli richiedono un personale dotato di qualificata professionalità.
La formazione del personale docente, può essere in ingresso ( che è l’anno di formazione previsto per i docenti a tempo determinato) e in servizio ( finalizzata  allo svolgimento delle funzioni obiettivo-  al personale che opera in aree a rischio, o con forte processo immigratorio ecc.), diventa un obbligo cui l’amministrazione deve ottemperare ai fini del necessario sostegno agli obiettivi riformistici nonché ai fini del potenziamento dell’offerta formativa nel territorio con particolare riguardo alla prevenzione dell’insuccesso scolastico e al recupero degli abbandoni e alla formazione continua degli adulti e ai fini dello sviluppo integrato di formazione e lavoro. Al tempo stesso, la partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisce un diritto per il personale in quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle proprie professionalità.
Le attività di formazione si svolgono, ordinariamente, al di fuori dell’orario di servizio; tuttavia il personale docente può usufruire di cinque giorni per anno scolastico per la partecipazione ad iniziative di aggiornamento riconosciute dall’amministrazione. In questo caso, la sostituzione del docente avviene con l’istituto dell’esonero in servizio o con il ricorso a supplenze brevi e viene considerata come svolgimento di servizio a tutti gli effetti. Qualora le attività di formazione si svolgano fuori sede, la partecipazione ad esse comporta il riconoscimento del trattamento di missione e il rimborso delle spese di viaggio. Il medesimo trattamento è riservato al personale docente che partecipa ad attività di formazione non in veste di discente ma di formatore.
Le attività di formazione possono essere svolte anche all’interno delle istituzioni scolastiche secondo le indicazioni emergenti dal Piano annuale delle attività di aggiornamento e formazionedeliberato dal Collegio dei docenti conformemente alla direttiva emanata in materia dal Ministro.
Le attività proposte dal Piano possono articolarsi in:

    • attività promosse prioritariamente dall’amministrazione;
    • attività progettate dalla scuola, singolarmente o in consorzio di rete con altre scuole o collaborando con gli IRRSAE, con le Università e con associazioni pubbliche o private;
    • attività proposte da soggetti esterni e riconosciute dall’amministrazione.

Ai fini della realizzazione delle finalità istituzionali della scuola in regime di autonomia il patrimonio professionale dei docenti può essere ulteriormente valorizzato con il conferimento di specifiche funzioni obiettivo individuate dal Collegio dei docenti in conformità al Piano dell’offerta formativa. Lo stesso Collegio provvede ad individuare, entro 15 giorni dall’inizio delle lezioni, il responsabile di ciascuna funzione obiettivo tra coloro che ne abbiano fatto richiesta e abbiano offerto la propria disponibilità all’incarico che ha carattere rinnovabile. La scelta viene effettuata sulla base dello stato di servizio del docente e valutando gli incarichi ricoperti e i relativi risultati, le esperienze e i progetti significativi anche di innovazione didattica realizzati nel corso dell’attività professionale, i titoli e le competenze coerenti con l’incarico da attribuire.
Le attività rientranti nelle funzioni obiettivo possono riguardare:
— la gestione del Piano dell’offerta formativa e in particolare il coordinamento delle attività del Piano o della progettazione curricolare, la valutazione delle attività proposte dal Piano e il coordinamento dei rapporti tra la scuola e le famiglie;
— il sostegno al lavoro dei docenti quali l’accoglienza ai nuovi docenti, la gestione del Piano di formazione e di aggiornamento, la produzione di materiali didattici, la cura della documentazione educativa, il coordinamento dell’utilizzo delle nuove tecnologie e della biblioteca etc.;
— gli interventi e i servizi per gli studenti. Vi rientrano il coordinamento delle attività extracurricolari, il coordinamento e la gestione delle attività di continuità, di orientamento e di tutoraggio, il coordinamento delle attività di recupero e integrazione educativa;
— la realizzazione di progetti formativi di intesa con enti e istituzioni esterni alla scuola quali il coordinamento dei rapporti con enti pubblici o aziende per l’attivazione di stage formativi, il coordinamento delle attività svolte dalle scuole-lavoro, il coordinamento delle attività scolastiche con la formazione professionale.

Il reclutamento del personale scuola ha luogo per il 50 per cento dei posti mediante concorso regionale per titoli ed esami (l'ultimo è stato bandito nel 1999) e per il restante 50 per cento attingendo alle graduatorie permanenti, periodicamente integrate, cui accedono mediante concorso per soli titoli i candidati risultati idonei a precedenti concorsi, in possesso dei previsti requisiti di servizio. A partire dall'anno accademico 1999-2000 sono stati istituiti presso le Università i corsi biennali di specializzazione per la formazione degli insegnanti di scuola secondaria (SSIS) che si sono affiancati alle classiche procedure concorsuali per il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento. È attualmente in discussione in Parlamento un Ddl che prevede la sostituzione dei concorsi a cattedra con i corsi biennali abilitanti delle SSIS: per garantire l'accesso all'insegnamento a tutti gli abilitati il numero delle iscrizioni ai nuovi corsi sarà rigidamente programmato sulla base dei posti effettivamente disponibili nelle scuole, in ambito regionale. Per l'insegnamento nella scuola primaria, invece, sempre a partire dall'anno accademico 1999-2000 è stato istituito il corso di laurea in Scienze della formazione primaria, che permetterà l'accesso all'insegnamento nelle scuole elementari solo a docenti in possesso di tale laurea e non più del diploma magistrale, come avveniva in passato.
Diritti del personale della scuola
Diritto alla funzione
Il diritto alla funzione si manifesta nel diritto del docente all’assegnazione di una classe. Per i docenti delle dotazioni organiche aggiuntive (DOA), istituite dalla L. 270/82, il diritto alla funzione è considerato soddisfatto anche senza l’attribuzione di una classe. Tali insegnanti infatti sono utilizzati:
— per la copertura di posti di insegnamento che non costituiscono cattedra o che si rendano disponibili per un periodo inferiore a cinque mesi;
— per la sostituzione di docenti esonerati dall’insegnamento per attività educative e pedagogiche o di aggiornamento oppure di insegnanti che frequentino corsi di specializzazione.
Il personale docente non può essere allontanato dalla sede di servizio né privato del posto se non nei casi espressamente previsti dalla legge (trasferimento per servizio, sospensione, destituzione) e dalla contrattazione collettiva.
Diritto allo stipendio
Lo stipendio è una prestazione periodica in denaro cui la Pubblica Amministrazione è tenuta verso l’impiegato, come corrispettivo del servizio prestato. Esso è costituito da una somma annua, corrisposta a rate mensili posticipate cui si aggiungono alcune indennità. Lo stipendio, quanto alla natura giuridica, ha senz’altro un carattere retributivo e quindi va commisurato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto dall’impiegato. Ai Capi di istituto, ivi compresi gli incaricati, i vicerettori, le vicedirettrici e gli istituti di educazione, i direttori dei conservatori di musica e delle accademie e il personale incaricato della direzione spetta un’indennità accessoria mensile, la cd. indennità di direzione. Tale indennità viene corrisposta in tanti dodicesimi per quanti sono i mesi di servizio effettivamente prestati nell’anno o le situazioni di stato assimilabili al servizio. Nell’ambito di essa è ricompreso anche il compenso individuale accessorio.
Diritto alla carriera e alla progressione economica
Il passaggio tra una posizione stipendiale e l’altra potrà essere acquisito al termine dei periodi previsti, sulla base dell’accertato utile assolvimento di tutti gli obblighi inerenti alla funzione. Il servizio si intende reso utilmente qualora il dipendente, nel periodo di maturazione della posizione stipendiale, non sia incorso in sanzioni disciplinari definitive implicanti la sospensione dal servizio. Il passaggio alla posizione stipendiale superiore potrà essere ritardato per mancata maturazione dei requisiti richiesti, nelle fattispecie e per i periodi seguenti:
— due anni di ritardo in caso di sospensione dal servizio per una durata superiore a un mese per i capi di istituto e per il personale docente e in caso di sospensione del lavoro di durata superiore a cinque giorni per il personale A.T.A.;
— un anno di ritardo in caso di sanzione disciplinare di sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino a un mese per i capi di istituto e per il personale docente e fino a cinque giorni per il personale A.T.A.

Diritti sindacali
Con il D.Lgs. 3-2-1993, n. 29 e succ. modificazioni si è avviato quello che è definito il processo di privatizzazione del pubblico impiego.
Volendo tracciare un quadro riassuntivo delle più importanti libertà sindacali può dirsi che ai pubblici dipendenti e, per quel che in questa sede ci interessa, al personale scolastico spettano:
— l’aspettativa per motivi sindacali. Il personale della scuola che ricopre cariche elettive in seno alle proprie organizzazioni sindacali a carattere nazionale, ha la possibilità di essere collocato in aspettativa per motivi sindacali;
— i permessi sindacali. Il personale che non sia collocato in aspettativa è, a richiesta della rispettiva organizzazione, autorizzato ad assentarsi dalla scuola per il tempo necessario per presenziare alle riunioni degli organi collegiali o per l’espletamento della normale attività sindacale (v. D.P.C.M. 27-10-1994, n. 770);
— il diritto di affissione. Le organizzazioni sindacali del personale della scuola possono disporre in ogni sede di istituzione scolastica gratuitamente di appositi spazi per l’affissione di giornali murali, notiziari, circolari, manifesti ed altri scritti o stampati conformi alle disposizioni sulla stampa e contenenti notizie di carattere esclusivamente sindacale;
— il diritto di riunione e di assemblea. Il personale della scuola gode inoltre del diritto di riunione nei locali della scuola, fuori dell’orario normale delle lezioni, nonché del diritto di svolgere assemblee sindacali in locali scolastici durante l’orario di lavoro salvo il caso in cui in quello stesso orario debbano essere effettuati esami o scrutini finali. Per il personale docente, in ciascuna scuola o istituto, può essere tenuta, di norma, un’assemblea al mese e comunque non più di due;
— il diritto ad avere rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro nelle forme consentite dalla legge;
— il diritto di sciopero. Il personale della scuola ha diritto a scioperare rientrando questa libertà in quelle concesse a tutti i lavoratori dalla Costituzione. La questione dello sciopero del personale scolastico, tuttavia, assume degli aspetti peculiari per la forte conflittualità degli interessi contrapposti: da parte dell’insegnante v’è l’interesse alla massima libertà possibile nell’esercizio del diritto di sciopero; da parte dell’organizzazione scolastica v’è l’interesse alla massima continuità possibile nella erogazione del servizio scolastico, come presupposto per la continuità dell’azione educativa.
Oggi finalmente con la L. 12-6-1990, n. 146 contenente norme per "garantire il funzionamento dei servizi pubblici essenziali" si afferma anche l’esigenza di garantire, in caso di sciopero, i servizi di asili nido e scuola materna, nonché gli scrutini di fine anno. In pratica i soggetti che promuovono lo sciopero devono prevedere che una quota di lavoratori si astenga dall’agitazione, ciò al fine di garantire un "servizio minimo" ed, inoltre, l’effettuazione delle prestazioni indispensabili.
Le disposizioni risultanti dalla contrattazione collettiva sono le seguenti:
— il personale docente non può scioperare per più di 40 ore (8 giorni per anno scolastico) nella scuola materna ed elementare e per più di 60 ore (12 giorni) negli altri ordini di scuola; in ogni caso l’azione di sciopero non può durare per più di 2 giorni consecutivi, dovendosi rispettare una pausa di 7 giorni prima dell’azione successiva;
— lo sciopero deve essere preavvertito almeno 15 gg. prima, indicando nel preavviso se interessa l’intera giornata o alcune ore; inoltre non potrà mai svolgersi durante gli scrutini finali ovvero posticipare la conclusione dei lavori di valutazione trimestrali o quadrimestrali oltre 5 giorni;
— gli scioperi brevi possono svolgersi solo nella prima e nell’ultima ora.
Spetta al capo di istituto organizzare lo svolgimento del servizio scolastico raccogliendo le adesioni, informando tempestivamente gli studenti e le loro famiglie, nonché approntando idonee forme sostitutive del servizio scolastico;
— gli scioperi effettuati in concomitanza con le iscrizioni degli alunni dovranno garantirne comunque l’efficace svolgimento e non potranno comportare un differimento oltre il terzo giorno successivo alle date previste come terminali delle operazioni relative alle disposizioni ministeriali;
— gli scioperi proclamati e concomitanti con i giorni in cui si svolgono gli scrutini trimestrali e quadrimestrali non finali non devono comportare un differimento della conclusione di dette operazioni superiore a cinque giorni;
— gli scioperi proclamati e concomitanti con gli scrutini finali non devono differirne la conclusione nei soli casi in cui l’attività valutativa sia propedeutico allo svolgimento degli esami conclusivi dei cicli di istruzione. Negli altri non devono differirne la conclusione di oltre cinque giorni.
— gli scioperi di qualsiasi genere dichiarati o in corso di effettuazione saranno immediatamente sospesi in caso di avvenimenti eccezionali di particolare gravità o di calamità naturale;
— le disposizioni in tema di preavviso minimo e di indicazione della durata non si applicano nei casi di astensione dal lavoro in difesa dell’ordine costituzionale o di protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori.
Ferie
Il personale della scuola ha diritto a 32 giorni di ferie più 4 giorni di festività soppresse da fruirsi nel periodo di chiusura delle istituzioni scolastiche, ovvero durante il periodo di sospensione dell’attività didattica. Ai neoassunti nella scuola spettano 30 giorni di ferie più 4 giorni di festività soppresse per i primi tre anni di servizio. Per un periodo non superiore a sei giornate lavorative è consentita la fruizione delle ferie durante il normale svolgimento dell’attività didattica, limitatamente al personale docente ed educativo, a condizione che nell’ambito dell’istituzione scolastica vi sia la possibilità di sostituzione con altro personale in attività di servizio nella stessa sede e che non comporti, comunque, oneri aggiuntivi per l’amministrazione. Per i capi di istituto la fruizione delle ferie nel predetto periodo è consentita per non più di 15 giorni. Il diritto alle ferie è irrinunciabile, rispondendo all’esigenza costituzionalmente protetta di garantire, anche nell’interesse dell’Amministrazione, l’integrità fisica e psichica del dipendente per il logorio conseguente alla prestazione continua del lavoro (parere Consiglio di Stato n. 338 del 19-6-1966).

Permessi retribuiti ed assenze per malattia
Con la stipulazione del primo contratto collettivo del comparto "scuola", valido per il periodo 1994-1997, muta la normativa riguardante le assenze del personale non identificabili nelle ferie.
Tutte le ipotesi di assenza che nella pre-vigente normativa (artt. 450-452 D.Lgs. 297/94 e D.P.R. 3/57) erano accomunate nella dizione "congedi straordinari" sono ora definite, nella disciplina contrattuale, "permessi retribuiti" ed "assenze per malattia".
I permessi retribuiti sono fruibili nel corso di ciascun anno scolastico per i seguenti motivi:
— partecipazione a concorsi ed esami (8 giorni all’anno);
— lutti per la perdita del coniuge, di parenti entro il secondo grado e di affini di primo grado (3 giorni per ciascun evento luttuoso);
— gravi motivi personali o familiari debitamente documentati o autocertificati in base alle leggi vigenti (3 giorni all’anno);
— matrimonio (15 giorni consecutivi);
— assistenza a persona handicappata convivente secondo le previsioni dell’art. 33, comma 3, della L. 104/92 (3 giorni al mese);
— astensione facoltativa dal lavoro nel corso del primo anno di vita del bambino e successivamente fino al compimento del terzo anno di età (30 giorni all’anno).
La L. 30-12-1971, n. 1204 sulla tutela delle lavoratrici madri prevede due forme di astensione dal lavoro, quella obbligatoria e quella facoltativa. L’astensione obbligatoria si verifica:
— durante i due mesi precedenti la data presunta del parto;
— durante i tre mesi successivi al parto.
Secondo quanto disposto dall’art. 23 del CCNL 1994-1997 il dipendente assente per malattia ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di diciotto mesi nel quale sono computati anche gli altri periodi di assenza per lo stesso episodio morboso verificatosi nel triennio precedente.
Permessi brevi
Compatibilmente con le esigenze di servizio ai dipendenti possono essere concessi, per particolari esigenze personali e a domanda, brevi permessi di durata non superiore alla metà dell’orario giornaliero individuale di servizio e, comunque, per il personale docente fino ad un massimo di due ore. Entro i due mesi lavorativi successivi a quello della fruizione del permesso il personale docente è tenuto a recuperare le ore non lavorate con il ricorso alle supplenze o allo svolgimento di interventi didattici integrativi con precedenza nella classe ove avrebbero dovuto prestare servizio.
L’Aspettativa
L’aspettativa è una modificazione temporanea del rapporto di impiego e consiste nella sospensione dell’obbligo da parte del personale di prestare servizio e di esercitare le funzioni del proprio ufficio.
Aspettativa per motivi di famiglia
L’aspettativa per motivi di famiglia è disposta, a seguito di presentazione di domanda motivata e documentata all’organo competente ad emanare il provvedimento (Provveditore agli studi per il personale direttivo; Direttore didattico o Preside per il personale docente). L’aspettativa concessa, può essere revocata in qualunque momento per ragioni di servizio; i motivi della revoca debbono essere enunciati nel provvedimento. Durante l’aspettativa per motivi di famiglia, il rapporto di servizio deve considerarsi sospeso. Il personale interessato non ha diritto ad alcuna retribuzione ed il tempo trascorso in aspettativa non è computato ai fini della progressione di carriera, dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e di previdenza. Il periodo di aspettativa per motivi di famiglia non può eccedere la durata di un anno.
Funzione direttiva
La funzione direttiva è preposta alla gestione unitaria dell’istituzione scolastica e si sostanzia nella promozione e coordinamento dell’attività di circolo o di istituto (art. 396 D.Lgs. 297/94). Esercitano la funzione direttiva: il Direttore didattico, il Preside di scuola media, il Preside degli istituti secondari di 2º grado, il Rettore e il Vicerettore dei convitti nazionali, il Direttore e i Vicedirettori delle scuole speciali dello Stato, il Direttore del Conservatorio di musica, dell’Accademia di belle arti, dell’Accademia nazionale di danza, dell’Accademia nazionale di arte drammatica e da ultimo la Direttrice e le Vicedirettrici degli educandati femminili dello Stato.
Ai Capi di istituto spetta:
— la gestione unitaria dell’istituzione scolastica finalizzata all’obiettivo della qualità dei processi formativi, predisponendo gli strumenti attuativi del piano dell’offerta formativa;
— la rappresentanza del circolo o dell’istituto. Si tratta di rappresentanza legale, e spetta al Capo di istituto la difesa dell’istituzione scolastica nei giudizi di primo grado.
Particolare importanza riveste tra le attribuzioni del personale direttivo la formazione e l’assegnazione delle classi.  Inoltre, il contratto collettivo consente al capo di istituto di infliggere sanzioni disciplinari nei confronti del personale A.T.A. nella forma del rimprovero verbale o scritto.
La funzione direttiva nella scuola dell’autonomia
In attuazione della delega contenuta nella legge 59/1997, il decreto legislativo 6 marzo 1998, n. 59, integrativo del D.Lgs. 29/1993, nel definire i contenuti e le specificità della qualifica dirigenziale scolastica, ha stabilito che i capi d’istituto con rapporto di lavoro a tempo indeterminato assumono la qualifica di dirigente all’atto della preposizione alle istituzioni scolastiche dotate di autonomia e di personalità giuridica e previa frequenza di appositi corsi di formazione". Ciò in quanto il Capo di istituto è chiamato ad una gestione imprenditoriale delle proprie funzioni, ovvero alla conduzione di una vera e propria azienda: l’azienda-scuola. A lui sono, infatti, attribuiti compiti di direzione, promozione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane e professionali, nonché compiti di gestione delle risorse finanziarie e strumentali, con connesse responsabilità in ordine ai risultati.      I Capi di istituto sono, infatti, tenuti alla frequenza di corsi di formazione, nonché di altre iniziative formative appositamente promosse dall’amministrazione e poi soggetti a valutazioni periodiche relativamente all’efficacia del loro operato tenuto conto del giudizio formulato da appositi nuclei di valutazione. In tal modo si stimola l’acquisizione sul campo, di una sempre maggiore professionalità nella gestione dell’istituzione scolastica coerentemente agli obiettivi della qualità e dell’efficienza promossi dalla Carta dei servizi scolastici. Successivamente il D.M. 5 agosto 1998, in attuazione del D.Lgs. 59/98 ha introdotto iniziative di formazione manageriale dando l’avvio a corsi appositi da affidarsi a università, agenzie specializzate ed enti pubblici e privati anche tra loro associati o consorziati.
Con il CCNL 1998-2001 si prevede all’art. 20 la valutazione periodica dell’attività svolta, in funzione dirigenziale, dal Capo di istituto. La valutazione è formulata da un nucleo istituito presso l’amministrazione scolastica regionale, presieduto dal sovrintendente scolastico o da un dirigente da lui delegato e composto da un ispettore tecnico e da un esperto, esterno, in tecniche di valutazione e controllo di gestione, con esperienza maturata nel settore scolastico o pubblico in generale.
Reclutamento del personale direttivo
La norma di riferimento, in materia è ora costituita dall’art. 27bis del D.Lgs. 29/93 ai sensi del quale il reclutamento dei dirigenti scolastici si realizza mediante un corso concorso selettivo di formazione, indetto con decreto del Ministro della pubblica istruzione, svolto in sede regionale con cadenza periodica, comprensivo di moduli di formazione comune e di moduli di formazione specifica per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria superiore e per gli istituti educativi. Al corso concorso è ammesso il personale docente ed educativo delle istituzioni statali che abbia maturato, dopo la nomina in ruolo, un servizio effettivamente prestato di almeno sette anni con possesso di laurea, nei rispettivi settori formativi. Il corso concorso, si articola in una selezione per titoli, in un concorso di ammissione, in un periodo di formazione e in un esame finale. Al concorso di ammissione accedono coloro che superano la selezione per titoli disciplinata dal bando di concorso e, limitatamente al primo corso concorso — per una percentuale pari al 50% dei posti — coloro che hanno effettivamente ricoperto per almeno un triennio la funzione di preside incaricato previo superamento di un esame di ammissione loro riservato. Il periodo di formazione comprende periodi di tirocinio ed esperienze presso enti e istituzioni; il numero dei moduli di formazione comune e specifica, i contenuti, la durata e le modalità di svolgimento sono disciplinati con decreto del Ministro della pubblica istruzione, d’intesa con il Ministro per la funzione pubblica, che individua anche i soggetti abilitati a realizzare la formazione. Con lo stesso decreto sono disciplinati i requisiti e i limiti di partecipazione al corso concorso per posti non coerenti con la tipologia del servizio prestato. In esito all’esame finale sono dichiarati vincitori coloro che l’hanno superato, in numero non superiore ai posti messi a concorso, rispettivamente per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria superiore e per le istituzioni educative. I vincitori sono assunti in ruolo nel limite dei posti annualmente vacanti e disponibili, nell’ordine delle graduatorie definitive. In caso di rifiuto della nomina sono depennati dalla graduatoria. L’assegnazione della sede è disposta tenuto conto delle specifiche esperienze professionali. I vincitori in attesa di nomina continuano a svolgere l’attività docente. Essi possono essere temporaneamente utilizzati, per la sostituzione dei dirigenti assenti per almeno tre mesi.
Funzione ispettiva
La funzione ispettiva si svolge in collaborazione con gli uffici centrali, regionali e provinciali dell’Amministrazione scolastica ed è diretta alla realizzazione delle finalità di istruzione e di formazione affidate alle istituzioni scolastiche ed educative. Essa è esercitata da ispettori tecnici che, più in particolare, svolgono i seguenti compiti:
— elaborazione di progetti per attuare gli obiettivi indicati dal ministro in materia di politica scolastica;
— consulenza in merito a programmi scolastici, sussidi didattici e tecnologie educative;
— promozione delle attività di aggiornamento del personale direttivo e docente della scuola di ogni ordine e grado;
— attività di assistenza tecnico-didattica, studio e ricerca e consulenza sui progetti di sperimentazione;
— verifiche e ispezioni concernenti specifiche situazioni disposte dal Ministro e dagli uffici dell’Amministrazione scolastica.
Al termine di ogni anno scolastico il corpo ispettivo redige una relazione sull’andamento generale dell’attività scolastica e dei relativi servizi.
Reclutamento del personale ispettivo
Il ruolo del personale ispettivo è unico per le scuole di ogni ordine e grado; alla ripartizione dei posti di ispettore tecnico nei contingenti relativi alla scuola materna, elementare e secondaria provvede il Ministro della Pubblica Istruzione, sentito il Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione. L’accesso al ruolo del personale ispettivo tecnico si consegue mediante concorsi per titoli ed esami, indetti ogni due anni dal Ministero della Pubblica Istruzione, distinti a seconda dei contingenti relativi ai vari gradi e tipi di scuola. Per l’ammissione ai concorsi è prescritto:
— il possesso di laurea;
— un’anzianità complessiva di effettivo servizio di ruolo di almeno nove anni.
Gli esami constano di tre prove scritte e una orale (art. 422 D.Lgs. 297/94).
I compiti del personale ATA sono costituiti:
a) dalle attività e mansioni espressamente previste dall’area di appartenenza;
b) da incarichi specifici che, nei limiti delle disponibilità e nell’ambito dei profili professionali, comportano l’assunzione di responsabilità ulteriori, e dallo svolgimento di compiti di particolare responsabilità, rischio o disagio, necessari per la realizzazione del piano dell’offerta formativa, come descritto dal piano delle attività.
La relativa attribuzione è effettuata dal dirigente scolastico, secondo le modalità, i criteri e i compensi definiti dalla contrattazione d’istituto nell’ambito del piano delle attività. Esse saranno particolarmente finalizzate per l’area A per l’assolvimento dei compiti legati all’assistenza alla persona, all’assistenza agli alunni diversamente abili e al pronto soccorso.
ASSISTENTE AMMINISTRATIVO
Nelle istituzioni scolastiche ed educative dotate di magazzino può essere addetto, con responsabilità diretta, alla custodia, alla verifica, alla registrazione delle entrate e delle uscite del materiale e delle derrate in giacenza. Esegue attività lavorativa richiedente specifica preparazione professionale e capacità di esecuzione delle procedure anche con l’utilizzazione di strumenti di tipo informatico, pure per finalità di catalogazione. Ha competenza diretta della tenuta dell’archivio e del protocollo.

ASSISTENTE TECNICO
Conduzione tecnica dei laboratori, officine e reparti di lavorazione, garantendone l’efficienza e la funzionalità. Supporto tecnico allo svolgimento delle attività didattiche . Guida degli autoveicoli e loro manutenzione ordinaria. Assolve i servizi esterni connessi con il proprio lavoro.
Collaboratore scolastico
Esegue, nell’ambito di specifiche istruzioni e con responsabilità connessa alla corretta esecuzione del proprio lavoro, attività caratterizzata da procedure ben definite che richiedono preparazione non specialistica. È addetto ai servizi generali della scuola con compiti di accoglienza e di sorveglianza nei confronti degli alunni, nei periodi immediatamente antecedenti e successivi all’orario delle attività didattiche e durante la ricreazione, e del pubblico; di pulizia dei locali, degli spazi scolastici e degli arredi; di vigilanza sugli alunni, compresa l’ordinaria vigilanza e l’assistenza necessaria durante il pasto nelle mense scolastiche, di custodia e sorveglianza generica sui locali scolastici, di collaborazione con i docenti. Presta ausilio materiale agli alunni portatori di handicap nell’accesso dalle aree esterne alle strutture scolastiche, all’interno e nell’uscita da esse, nonché nell’uso dei servizi igienici e nella cura dell’igiene personale anche con riferimento alle attività previste dall’art. 47.”

 

Fonte: http://clip2net.com/clip/m55073/1297968684-16074-206kb.doc?nocache=1

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