Riassunto Compendio di geografia umana

Riassunto Compendio di geografia umana

 

 

 

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Riassunto Compendio di geografia umana

Geografia umana capitolo 2

Le carte geografiche

 

La carta geografica è una rappresentazione grafica della superficie terrestre in piano, ridotta, approssimata, simbolica: la carta è ridotta rispetto alla realtà; è approssimata per l'impossibilità di rappresentare su un piano una superficie curva senza incorrere in deformazioni più o meno grandi; è simbolica in quanto fa uso di numerosi segni convenzionali. Queste caratteristiche danno origine ad altri elementi fondamentali:  la scala, le proiezioni e il simbolismo.
Per rappresentare una qualsiasi regione su carta, bisogna ridurne le proporzioni. La scala numerica esprime il rapporto tra la distanza sulla carta e la corrispondente distanza sulla superficie terrestre. La scala numerica è spesso accompagnata da una scala grafica (segmento graduato).
In base alle scale le carte vengono classificate in modo diverso:

    1. piante e mappe: scala fino a 1:10.000; vengono usate per rappresentare città, riportano anche i più piccoli dettagli;
    2. carte topografiche: tra 1:10.000 e 1:200.000; carte che contengono molti dettagli come larghezza e pendenza delle strade; rientrano quelle realizzate dall'istituto geografico militare;
    3. carte corografiche o regionali: tra 1:200.000 e 1:1.000.000; rappresentano regioni
    4. carte generali o geografiche:scala inferiore a 1:1.000.000; carte degli atlanti;
    5. mappamondi o planisferi: inferiore a 1:30milioni

Il passaggio da una scala all'altra non è un semplice ingrandimento o rimpicciolimento.

 

SIMBOLI CARTOGRAFICI

La carta geografica è una rappresentazione simbolica perché gli oggetti vengono rappresentati con segni grafici convenzionali con valore semantico prestabilito.  Nella scelta dei simboli si dà preferenza a quelli che possono evocare gli aspetti reali degli oggetti. Una difficoltà è stata rappresentare la morfologia del rilievo. Fino al '700 si rappresentavano i rilievi con la tecnica del “mucchio di talpa”. Verso la fine del '700 si iniziano a rappresentare con il “tratteggio”. L'uso delle isoipse (o curve di livello) è il metodo più adottato. La distanza tra le curve di livello è costante ed è detta equidistanza. Nella carte a piccola scala, si associano alle isoipse delle tinte altimetriche.

 

IL RETICOLO GEOGRAFICO

I Greci per primi, per determinare la posizione di un punto sulla superficie terrestre, hanno adottato un reticolo di riferimento: un punto in relazione a coordinate cartesiano adattato alla Terra. Ne derivano i meridiani e i paralleli. I paralleli sono linee immaginarie sulla superficie terrestre parallele all'equatore; i meridiani sono cerchi immaginari che passano per i poli e sono perpendicolari all'equatore e sono tutti uguali tra loro. Il reticolo permette di assegnare le coordinate geografiche: latitudine e longitudine. La latitudine è la distanza angolare di un punto dall'equatore e si misura lungo l'arco meridiano. Per conoscerla si misura l'altezza angolare della Stella Polare. La longitudine è la distanza angolare di un punto dal meridiano fondamentale. Si misura con l'orologio.


CARTE TEMATICHE E CARTOGRAMMI

Le carte geografiche vengono divise in carte di base e carte tematiche.
Le prime, dette anche fondamentali, privilegiano gli elementi maggiormente stabili e costanti del territorio: orografia, idrografia, confini, centri abitati. Le seconde rappresentano uno solo o alcuni fenomeni specifici, per esempio le precipitazioni atmosferiche, la densità della popolazione, i tipi di uso del suolo... Le carte tematiche permettono una percezione immediata dei fenomeni e della loro intensità e distribuzione e si differenziano in base a vari parametri; uno di questi è il tema: geologiche, geomorfologiche, climatiche, demografiche, etniche... un altro sono le modalità e le tecniche di rappresentazione e si possono distinguere in qualitative e quantitative; quelle qualitative rappresentano una qualità del fenomeno non numerica; si rappresenta l'areale di un fenomeno per esempio la distribuzione di una specie vegetale e il segno per tracciare l'area è una linea che limita il fenomeno, però vengono utilizzate anche i tratteggi e i colori (che richiamano il fenomeno da rappresentare).
Le carte tematiche quantitative rappresentano la distribuzione di una variabile quantitativa, assoluta o relativa. Per i fenomeni che hanno una distribuzione per punti si utilizza un segno cartografico puntiforme le cui dimensioni sono proporzionali all'intensità del fenomeno. Un altro sistema pratico è il cartogramma a mosaico: esso ha come sfondo i confini amministrativi e a ciascuna regione è attribuito un colore o tratteggio in base all'intensità del fenomeno da rappresentare. Questa rappresentazione non si addice a mostrare valori assoluti, ma classi di ampiezza. Un limite è che si assegna a tutta l'unità amministrativa un valore medio che può discordare di molto dall'intensità del fenomeno delle singole parti.
Un altro modo per rappresentare fenomeni quantitativi è quello di tracciare sulla carta  delle isolinee, cioè linee che uniscono i punti in cui si ha lo stesso valore del fenomeno preso in considerazione (per le profondità marini si chiamano isobate, isoterme per le temperature, isobare per la pressione atmosferica, isoiete per le precipitazioni...)

 

DIAGRAMMI E ISTOGRAMMI

Per rappresentare le variazioni di un fenomeno nel tempo si utilizza un diagramma cartesiano o degli istogrammi a colonne; un particolare istogramma è costituito dalle piramidi delle età. Aereogrammi e ideogrammi dove sono rappresentate figure stilizzate proporzionate alla dimensione del fenomeno.

CAPITOLO 3 NATURA E UOMO

I SISTEMI NATURALI

 

Gli uomini sono parte integrante della natura o sono superiori?
Il punto di vista della cultura occidentale è di vedere le due cose separate.  Questo pensiero ha origine al tempo dei filosofi greci e romani e alla chiesa cristiana che pone l'uomo in una posizione di dominio rispetto alla natura. Un'altra componente del pensiero occidentale è l'idea del progresso: Adam Smith riteneva che il miglioramento della società coincidesse con la produzione di ricchezza materiale; però l'economia classica trascurava il fatto che le risorse sono scarse e limitate e questo pensiero portava il produttore e il consumatore  a usare a pieno le risorse disponibili.
Malthus  sosteneva  che  mano  a  mano  che  l'economia  si  sviluppa,  al  crescita    della


popolazione avrebbe sempre teso a superare la crescita dei mezzi di sussistenza e il risultato finale sarebbe stata una situazione di miseria. Malthus fu largamente criticato dagli economisti dell'800 e prevalse un ottimismo giustificato dal progresso materiale realizzato dall'Europa. Il paradigma predominante è sempre stato quello della crescita. Una critica radicale dell'economia classica è venuta da Marx ed Engels; per quest'ultimo i problemi ecologici erano conseguenza del modello di sviluppo capitalista.

 

L'APPROCCIO ECOLOGICO

 

L'ambiente in geografia è l'insieme delle condizioni che circondano gli esseri umani, cioè il risultato dell'interconnessione di fatti fisici, biologici, naturali, artificiali...
Gli elementi che concorrono a formare l'ambiente naturale possono essere raggruppati in  2 grandi sfere: mondo abiotico, cioè non vivente e quello del mondo biotico, cioè vivente.
Quello abiotico può essere suddiviso in:

    1. litosfera, cioè lo strato di roccia che forma la superficie terrestre
    2. idrosfera, insieme delle acque presenti sulla terra
    3. atmosfera, l'aria che circonda la Terra
    4. biosfera o ecosfera comprende l'insieme degli essere viventi.

Un ruolo importante nello studio dell'ambiente è stato svolto dall'ecologia, coniata nella seconda metà dell'800 da Haeckel che la definì come lo studio delle relazioni tra gli organismi viventi e il loro ambiente. Si deve a Marsh il primo importante studio ecologico, Man and nature. Altre pietre miliari furono “Primavera silenziosa” col quale Carson denunciò l'impatto degli insetticidi sulla natura e “Il cerchio da chiudere” di Commoner che metteva in evidenza come fossero le nuove tecnologie, soprattutto chimiche, le principali responsabili della vertiginosa crescita dell'inquinamento. Il rischio ecologico connesso al boom demografico venne trattato da Ehrich, ma la critica più nota e più contestata fu quella contenuta nel rapporto “I limiti dello sviluppo” realizzato dal MIT a Boston nel 1972: la pressione demografica e la crescita industriale avrebbero comportato, entro la fine del 21esimo secolo, una differenza tra domanda e disponibilità di risorse tale da determinare il definitivo collasso economico, ecologico e demografico del sistema mondiale.

 

I concetti ecologici

Gli organismi non vivono isolati, ma in stretta relazione con altri esseri viventi e con l'ambiente fisico. L'insieme delle relazioni e dei legami funzionali tra gli elementi inerti dell'ambiente e le comunità viventi costituisce un sistema ecologico, un ecosistema.
Un ecosistema quindi è un luogo biologicamente uniforme e con caratteristiche ben definite, ma con dimensioni assai differenti (per esempio: un piccolo stagno, una prateria, una scogliera corallina).
Le interconnessioni che legano i componenti dell'ecosistema e dei suoi sottoinsiemi sono gli scambi di materiali e di energia tra gli organismi viventi e l'ambiente inorganico. Ogni ecosistema è luogo di circolazione e di scambio di materia ed energia: ciclo dell'acqua, dell'ossigeno,... e vengono definiti cicli biogeochimici. Possiamo ripartire questi organismi in 3 gruppi: i produttori, i consumatori, i decompositori. I vegetali sono i produttori perchè trasformano l'energia luminosa per mezzo della fotosintesi in energia chimica.
I consumatori sono gli animali che si nutrono di altre specie di organismi viventi. Si distinguono in consumatori primari (gli erbivori che si nutrono direttamente di vegetali) e consumatori secondari (predatori).
Ad  ogni  passaggio  alimentare  da  un  livello  all'altro,  un  po'  di  energia  va  persa      o


trasformata in calore o movimento, cosicchè la quantità di energia diminuisce ad ogni livello. Questo significa che le catene alimentari assumono una forma piramidale,  in quanto i passaggi da un livello all'altro comporta una riduzione della massa degli organismi.
I cicli naturali si chiudono con i decompositori (invertebrati, funghi e batteri), cioè quegli organismi che decompongono permetttendo il riciclaggio degli elementi chimici o delle molecole più semplici che possono essere riassorbiti dalle piante nel corso del nuovo ciclo nutrizionale.

GLI SQUILIBRI AMBIENTALI Lo stato della salute della Terra

I problemi più gravi e urgenti che il mondo deve fronteggiare sono il deterioramento dell'ambiente e l'esaurimento delle risorse naturali.
Fin dalla sua comparsa, l'uomo ha influito sull'ambiente più di qualsiasi altra  specie vivente. Fino alla rivoluzione industriale l'umanità poteva essere considerata ancora in sostanziale equilibrio con la biosfera perchè interi continenti erano ancora allo stato naturale. Con la trasformazione industriale è iniziata anche la rapida trasformazione dell'ambiente. Un altro problema è che i cambiamenti non sono più locali, ma globali. L'elenco degli squilibri ambientali è lungo: riduzione delle foreste, espansione dei deserti, le terre coltivate perdono fertilità, l'ozono si assottiglia, crescono i danni provocati dalle piogge acide, aumento della temperatura causato dall'accumulazione dei gas responsabili dell'effetto serra....
I paesi più ricchi sono quelli che inquinano maggiormente, ma è diffusa anche la  coscienza ambientale e i movimenti per la protezione dell'ambiente han ottenuto risultati nell'imporre misure di controllo sugli inquinamenti.
Negli ultimi anni il problema è costituito dai paesi in via di sviluppo perchè per questi il capitale economico è costituito dalle risorse ambientali. Sotto la pressione demografica e i debiti economici, molti paesi del sud del mondo si sono visti costretti ad attingere in maniera eccessiva alle proprie risorse naturali, sfruttando al massimo i suoli, disboscando, svendendo le risorse minerarie...

 

L'inquinamento dell'aria: smog, pioggie acide, buco nell'ozono

L'atmosfera terrestre non è mai stata immutabile, però negli ultimi 2 secoli, la velocità di questi cambiamenti (composizione, temperatura, capacità di autodepurazione) è molto più elevata. Questi mutamenti sono causati da modificazioni nella quantità dei componenti principali dell'atmosfera: ossigeno,azoto, gas nobili. Paradossalmente sono dovuti ad aumenti nel contenuto di alcuni costituenti minori: anidride carbonica, metano, ossido e biossido di carbonio, monossido di carbonio, ozono...
Il riscaldamento domestico e le automobili sono i principali responsabili dell'inquinamento atmosferico delle aree urbane. Nelle giornate invernali senza vento molte città sono sovrastate dalla pericolosa cupola di smog fotochimico, cioè un miscuglio di gas che si forma nella bassa atmosfera per azione catalitica della luce sulle emissioni prodotte dall'uomo. L'ozono è uno dei principali prodotti di queste reazioni chimiche: è pericoloso quando si accumula in prossimità del suolo, perchè dà irritazione agli occhi, problemi respiratori etc.. Tra i rimedi ci sono l'adozione di veicoli alimentati da combustibili  alternativi e rinnovabili, l'eliminazione del piombo delle benzine.


Dagli anni 70 il fenomeno delle piogge acide si è imposto all'attenzione dell'opinione pubblica quando giunsero foto di migliaia di alberi spogliati della Germania. Le piogge acide sono causate dai gas che si trasformano in acido nitrico e solforico che sono solubili in acqua. Le piogge acide sono principalmente un fenomeno locale, scala regionale o tutt'al più continentale. Esse possono causare molti danni agli ecosistemi e alle attività agricole e sono responsabili della corrosione dei monumenti.

 

Il clima che cambia

Effetto serra, aumento anidride carbonica, aumento temperatura, innalzamento acque, riduzione piogge estive. Per ridurre l'effetto serra si deve ridurre l'accumulo dei gas serra con il risparmio energetico, passaggio a fonti di energia alternative (eolica, solare,maree) e arresto alla deforestazione.

 

Inquinamento delle acque

L'inquinamento delle acque è una diretta conseguenza dell'accrescimento della popolazione mondiale, dell'aumento della concentrazione urbana e della crescente produzione industriale.
Inquinamento delle acque interne: sono causate dagli scarichi fognari, detersivi, dal dilavamento dei concimi chimici usati in agricoltura, prodotti chimici di origine industriale, sostanze radioattive... spesso non sono le sostanze ad essere inquinanti, ma la loro quantità; per esempio gli scarichi domestici potrebbero essere biodegradati dai processi naturali nei corsi d'acqua, ma l'enorme quantità impedisce la normale azione biodegradatrice. Per decenni questi composti sono finiti nei fiumi senza divieti, ora per il disinquinamento delle acque interne vengono utilizzati degli impianti di depurazione che però spesso creano più problemi di quanti se ne riescano a risolvere e il funzionamento non è sempre ottimale.
Gli oceani ricoprono il 70% della superficie del pianeta e svolgono un ruolo decisivo nel mantenimento degli equilibri terrestri, nel condizionamento del clima e nella sopravvivenza di animali e piante, compreso il fitoplancton, importantissimo produttore di ossigeno. Ora come ora i grossi problemi di inquinamento si fanno sentire soprattutto nelle acque costiere e nei mari chiusi o semichiusi. Gli idrocarburi sono la principale fonte di inquinamento. La moltiplicazione dei trasporti via mare tramite petroliere e l'estrazione di petrolio dalle piattaforme offshore, hanno aumentato il rischio di contaminazioni. Il petrolio scaricato in mare si espande, formando una pellicola sottile che impedisce gli scambi gassosi tra acqua e aria e ostacola parzialmente il passaggio della luce, compromettendo la fotosintesi indispensabile alla produzione di plancton; inoltre provoca una grave contaminazione delle spiagge e un imbrattamento mortale per uccelli marini, pesci...

 

Veleni e rifiuti

In un ecosistema regolare i cicli biogeochimici sono di tipo circolare e si chiudono senza sprechi, cioè tutti gli scarti sono metabolizzati e riutilizzati. Nelle società umane, invece, il sistema industriale prevede l'utilizzo delle materie prime, la loro trasformazione in prodotti di consumo e in scarti da eliminare. Un altro aspetto importante è quello della quantità; la produzione di rifiuti delle società umane è tanto abbondante e concentrata da non permettere ai sistemi naturali di neutralizzarli. Lo smaltimento dei rifiuti può avvenire per


mezzo di discariche attraverso l'iniezione in pozzi profondi o l'immagazzinamento in miniere abbandonate. Le discariche controllate sono quelle più utilizzate in tutto il mondo, anche se non consentono l'eliminazione dei rifiuti, ma solo il loro confinamento. Il rischio di perdite di sostanze tossiche nelle falde acquifere è molto alto.
La discarica selvaggia è molto diffusa.
Il metodo più sicuro per distruggere i rifiuti è l'incenerimento ad alta temperatura però  porta alla produzione di numerosi sottoprodotti, tra cui la diossina di cui non si conoscono ancora gli effetti sull'uomo. Solo gli inceneritori di ultima generazione vanno rivalutati. Spesso il buttar via significa spostare più in là “NIMBY” ( non nel mio giardino). Le sostanze più pericolose sono i rifiuti e le scorie radioattive.
Lo sviluppo di una politica sulla gestione dei rifiuti si basa sul riciclaggio che richiede la raccolta differenziata. Un altro modo per contenere i rifiuti soldi urbani è rappresentata dallo spreco e della reintroduzione dell'abitudine del riutilizzo.
Ogni anno in agricoltura vengono utilizzate sostanze chimiche nuove, i pesticidi che vengono dilavati dall'acqua piovana e finiscono nelle falde acquifere. Tra i più pericolosi è la diossina, diventata famosa in Italia nel 1976 a seguito di un incidente avvenuto nell'industria farmaceutica.
Un'alternativa di difesa delle colture contro gli insetti nocivi è rappresentata dall'agricoltura biologica. Riguardo agli insetti, si era scoperto già nell'800 che alcuni insetti sono in grado di controllare altri.

 

Desertificazioe ed erosione dei suoli

I terreni agricoli sono minacciati dalla desertificazione, erosione eolica e idrica, degrado  dei pascoli, salinazione dei terreni irrigati. Con desertificazione si intende un processo innescato dalle attività umane, che porta pressochè alla totale scomparsa dell'originaria vegetazione naturale e al progressivo inaridimento del suolo in zone climatiche marginali alle aree deserte. Le cause della desertificazione sono la progressiva distruzione dei cespugli e dei pochi alberi che circondano i deserti, spesso dovuta alla ricerca di legname da ardere per la cottura di cibi e all'eccessivo sfruttamento di pascoli e alla pressione delle attività agricole. L'utilizzo delle tecniche di irrigazione ha consentito la trasformazione di molte regioni agricole. Ma le regioni aride incorrono nel rischio della salinazione dei suoli, dovuta all'evaporazione dell'umidità superficiale.

 

La distruzione delle foreste

Le foreste giocano un ruolo importante nella stabilità idrogeologica: i rami fitti e le foglie smorzano la forza delle gocce d'acqua durante gli acquazzoni, favorendo l'assorbimento dell'acqua da parte del terreno. Quando manca la protezione della foresta aumentano il ruscellamento, le frane e l'erosione del suolo. Inoltre le foreste sono il polmone della terra perchè garantiscono il ricambio di ossigeno nell'atmosfera e influiscono anche sulla percentuale di anidride carbonica. Le foreste più minacciate sono quelle pluviali che vengono distrutte per diversi motivi: per ottenere legna da ardere, per creare nuovi spazi per l'agricoltura itinerante e per le politiche di sfruttamento messe in atto dalle multinazionali alimentari, minerarie... Le foreste pluviali ospitano la più grande varietà di forme di vita e la loro distruzione comporta l'estinzione di innumerevoli specie di animali e vegetali.


La perdita della biodiversità

Con biodiversità si definisce l'enorme varietà degli esseri viventi esistente in natura; la diversità biologica si manifesta su 3 livelli: diversità genetica, diversità delle specie, diversità degli ecosistemi. Da quando c'è l'uomo numerose piante e animali si sono estinte e l'introduzione di piante e animali in altri luoghi si è rivelata dannosa. La  diversità biologica è molto importante per ragioni morali, ecologiche ed economiche perchè porta il turismo ecologico.

 

La conservazione della natura

L'idea di conservare la natura ha origini lontane: in epoca romana erano diffusi i boschi sacri, i feudatari conservavano vasti territori per praticare la caccia. Ma la filosofia della conservazione della natura nacque nell'800 ad opera dei naturalisti. Oggi gli scopi che ispirano i parchi nazionali hanno 3 finalità diverse:

  1. finalità scientifiche e di conservazione: proteggere alcune specie di animali o vegetali minacciati dall'estinzione
  2. finalità ricreative ed educative: i parchi offrono la possibilità di riposo fisico e spirituale;
  3. finalità turistiche ed economiche

 

 

Lo sviluppo sostenibile Un nuovo paradigma

Le origini del concetto di sviluppo sostenibile affondano nelle diverse ideologie ambientaliste alternative. Lo sviluppo sostenibile ha trovato la sua enunciazione formale nelle conferenze organizzate dall'ONU sui problemi dell'ambiente e dello sviluppo e soprattutto all'interno del programma MAB dell'UNESCO.
La prima conferenza internazionale su questi problemi ebbe luogo a Stoccolma nel 1972 con il titolo Man and Environment. Però questa conferenza non portò a risultati concreti e si limitò a formare auspici e raccomandazioni. Nonostante tutto essa costituì una pietra miliare nella storia ambientale, perchè per la prima volta il problema ecologico venne riconosciuto come un problema globale.
Fondamentale fu la pubblicazione, avvenuta nel 1987 del documento elaborato dalla WCED, la commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo della nazioni unite, meglio noto come rapporto Brundtland; in esso si trova la prima e più condivisa definizione di sviluppo sostenibile, indicato come: uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri. Questo rapporto individua 3 ostacoli principali per il conseguimento di uno sviluppo compatibile con la difesa dell'ambiente:

  1. il primo è rappresentato dalla quasi assoluta dipendenza dai combustibili fossili come fonte energetica delle attività umane; questa situazione aggrava gli squilibri tra nord e su del pianeta ed è responsabile anche dei fenomeni di inquinamento come le piogge acide, il buco nell'ozono. Secondo la commissione le alternative in grado di condurre alla sostenibilità non sono state perseguite con il dovuto impegno a causa dei forti interessi economici delle grandi imprese e dei governi che controllano gli approvigionamenti dei combustibili fossili.
  2. la seconda minaccia è l'esplosione demografica dei paesi del terzo mondo che   rischia

di diventare incompatibile con le capacità produttive dell'ecosistema. Quest'aspetto è fondamentale perchè collega i problemi ecologici a quelli sociali, affermando che il sottosviluppo è una delle cause principali dei danni ambientali.

  1. il terzo ostacolo è l'inadeguatezza del quadro istituzionale; non esistono enti o istituzioni sovranazionali dotati del potere di coordinare a livello globale le scelte di natura economica.

Il concetto di sviluppo sostenibile ha raggiunto la sua legittimazione in occasione del “Summit della Terra” tenutosi a Rio de Janeiro nel 1992. Tra i fatti più importanti vi è l'approvazione ufficiale da parte di tutti i paesi partecipanti del programma di azione contenuto nell'Agenda 21, che rappresenta le linee guida di sviluppo a livello globale, nazionale, regionale per il 21esimo secolo.
L'ultimo incontro si è tenuto a Johannesburg (Sud Africa) nel 2002; il fatto di averlo tenuto in Africa ha aiutato a porre l'attenzione sui problemi dei paesi più poveri e i principali problemi ambientali che derivano dal sottosviluppo. Le conclusioni del vertice hanno posto alcuni obiettivi primari e scadenze precise: lotta alla povertà, rispetto dei diritti umani, protezione della salute, accesso all'acqua potabile e le partnership, cioè progetti di cooperazione ambientale tra i paesi in via di sviluppo e i paesi sviluppati.

 

I principi dello sviluppo sostenibile

La conseguenza del concetto di sviluppo sostenibile è l'aver chiarito la differenza tra i termini “crescita” e “sviluppo”. Lo sviluppo non è inteso come una semplice crescita quantitativa, ma come miglioramento della qualità di vita, la risultante quindi di varie componenti non solo economiche, ma anche sociali ed ambientali, come le condizioni sanitarie, livello di istruzione...
Lo sviluppo sostenibile è innanzitutto un sistema di obiettivi:

  1. integrità dell'ecosistema: salvaguardia degli ecosistemi, della diverstià biologica e della tutela degli aspetti estetici e culturali che definiscono la qualità ambientale, l'uso sostenibile delle risorse rinnovabili non deve superare la capacità e i tempi di ripristino dell'ambiente, l'utilizzo delle risorse non rinnovabili deve avvenire entro i limiti definiti dal tasso di rinvenimento delle risorse stesse, le emissioni di inquinanti e di rifiuti devono avvenire entro i limiti definiti dalla capacità di assorbimento dell'ambiente.
  2. efficienza dell'economia: il sistema economico è tanto meglio organizzato quanto più grande è il divario tra costi e ricavi. L'efficenza è tanto più alta quanto più ridotto è l'uso di risorse non rinnovabili e quanto più intenso è l'uso di quelle rinnovabili;
  3. equità sociale: possono essere di due tipi:
    1. equità all'interno della singola comunità in un determinato momento storico (equità intragenerazionale) intesa come uguale diritto di tutti i popoli della Terra di partecipare allo sviluppo.
    2. equità tra generazioni (equità intergenerazionale): le generazioni del presente devono lasciare benessere anche a quelle future.

C'è una distinzione che viene posta al concetto di sviluppo sostenibile, quello tra sostenibilità forte e debole che si basa essenzialmente sulla possibilità o meno di compensazione tra gli stock di capitale naturale e di capitale costruito dall'uomo. Con sostenibilità debole si ritiene che la società possa considerarsi sostenibile a patto che non risulti decrescente l'insieme della ricchezza materiale basata sugli stock di aggregati di capitale naturale e di capitale prodotto dall'uomo. Il concetto di sostenibilità forte richiede che vengano mantenuti costanti gli stock di capitale naturale indipendentemente dal capitale prodotto dall'uomo. Le aspirazioni quindi sono di lasciare alle generazioni future il capitale naturale . Questa visione fa leva sul fatto che il capitale naturale svolge altre funzioni   che   il   capitale   manufatto   non   può   svolgere.   Le   risorse   naturali    sono


multifunzionali, caratteristica che non appartiene al capitale prodotto dall'uomo. Queste funzioni sono essenzialmente 3: la produzione e l'offerta di risorse, la ricezione dei rifiuti e degli inquinanti, il valore intrinseco di bene estetico. Va tenuto presente che ogni decisione di sostituire il capitale naturale in favore del capitale manufatto è quasi sempre  irreversibile.
La conservazione del capitale naturale può essere garantita solo dal rispetto di 3 regole:

  1. utilizzare le risorse naturali rinnovabili ad un tasso di utilizzo non superiore al loro tasso naturale di rigenerazione;
  2. impiegare le risorse non rinnovabili ad un tasso di utilizzo che sia compatibile con la possibilità di una loro sostituzione
  3. mantenere il flusso dei rifiuti nell'ambiente al di sotto della sua capacità di assimilazione.

Si può affermare in conclusione che il rapporto Brundtland costituisce un documento politico.

CAPITOLO 5

ORGANIZZAZIONE DEGLI SPAZI AGRICOLI

La policoltura di sussistenza

 

Tutte le società rurali hanno creato delle strutture agrarie che si caratterizzano per le tecniche ed i sistemi di coltura, la morfologia dei campi, i tipi di insediamento e le diverse forme di proprietà e conduzione. Per evitare una varietà di dieta e il rischio di  una eventuale distruzione del raccolto, generalmente hanno adottato un sistema di policoltura di sussistenza, spesso associato all'allevamento. I sistemi colturali si ripetono con rigidità nei secoli ed entrano nel folclore. Agli inizi l'agricoltura è basata sulla coltivazione di cereali, di alcune leguminose, di piante tessili in associazione con l'allevamento di bovini, ovini e suini. Solo più tardi si aggiungeranno la vite, l'olio e alcuni alberi da frutto. Con il Medioevo migliorano le tecniche agricole: viene introdotto l'aratro a ruota, nuovi sistemi di giogo per i buoi e di collare per i cavalli, si passa da rotazione biennale a rotazione triennale. L'azienda agricola tradizionale della vecchia Europa comprendeva le terre arative per il fabbisogno di cereali e qualche appezzamento di prato, a vigneto, frutteto, piante tessili.

 

Openfield, bocage, paesaggio mediterraneo

Tre tipi di paesaggio agrario sono riconoscibili alla base dell'organizzazione delle campagne della vecchia Europa: l'openfield dei bassipiani centrorientali, il bocage delle regioni occidentali atalantiche e il paesaggio mediterraneo.
Nel bassopiano franco-geramnico-polacco l'agricoltura si affermava con un carattere comunitario. Per accordi collettivi, la campagna attorno al villaggio era divisa in tre settori: uno seminato a frumento in autunno, l'altro in segale in primavera, il terzo aperto al pascolo. Si seguiva la rotazione triennale. C'era la proibizione di recintare le strisce di terra che ogni famiglia possedeva in ciascuno dei tre settori; da ciò sono derivati l'insediamento accentrato in villaggi e il paesaggio a campi aperti chiamato openfield.
Nelle regioni occidentali dell'Europa l'agricoltura tradizionale è stata individualistica: ognuno è padrone assoluto dei propri campi e li ha recintati con siepi per riservarne il pascolo ai propri animali ed impedire a quelli del vicino di rovinare i raccolti. Questo tipo di paesaggio a campi chiusi, in francese bocage, ha dato luogo all'insediamento in case isolate sui fondi.


Nel paesaggio mediterraneo i campi sono discontinui, alternati da pascoli e l'insediamento è in centri compatti spesso arroccati in siti difensivi. È la classica associazione dei cereali con le colture arboree o arbustive. Triade mediterranea: frumento, olivo, vite che si adattano al clima: caldo e secco in estate mite e piovoso in inverno. In particolari zone di terra fertile con possibilità di irrigazione si sono radicate coltivazioni orticole intensive su appezzamenti di piccole dimensioni: tecnica dei vivai e delle serre. Causa l'esiguità delle pianure, i contadini hanno utilizzato per la coltivazione i pendii praticando il terrazzamento. Nelle regioni del Mezzogiorno, la grande proprietà aristocratica è rimasta per secoli stagnante in un'economia estensiva; i contadini senza terra lavoravano da braccianti nelle campagne del padrone assenteista. Molti villaggi sorgono su alture di difficile accesso ove furono costruiti per ragioni difensive e per evitare la malaria delle pianure. Un aspetto  tipico delle contrade mediterranee consiste nella frequente giustapposizione di un paesaggio storico, con insediamenti arrocati in siti elevati, e con cereali e frutteti adatti al clima secco. La bonifica delle pianure costiere e dei fondovalle, insieme alla sicurezza sociale, ha fatto slittare verso il basso la popolazione. L'Italia di mezzo è caratterizzata da un paesaggio della “coltura promiscua”: la campagna è divisa geometricamente in riquadri rettangolari, separati l'uno dall'altro da un fossato di scolo su cui corrono uno o più filari di viti e nel mezzo l'arativo è di grano. Si tratta di una policoltura intensiva, elaborata da una classe di proprietari non assenteisti e da una popolazione contadina molto operosa. Il grande proprietario ha diviso le terre della sua fattoria e li ha dati a mezzadria dotandoli di casa colonica. Fin dall'inizio i contratti faceva obbligo al mezzadro di piantare alberi in aggiunta alle normali cure della campagna ( e le case son sparse sui fondi).

 

Proprietà fondiaria e conduzione aziendale

La proprietà fondiaria riguarda il possesso della terra, la conduzione aziendale riguarda il tipo di gestione dell'azienda.
La prima presenta dimensioni molto variabili che dipende da vari fattori: naturali, storici, sociali... e perciò non esistono criteri univoci di classificazione in base all'ampiezza. Le divisioni ereditarie fanno si che la proprietà si frantumi progressivamente; la frammentazione in particelle distanti l'una dall'altra è derivata anche alla necessità, in un'economia di sussistenza, che ogni famiglia potesse disporre di appezzamenti ubicati in zone diverse in modo tale da praticare vari tipi di coltivazioni.
La conduzione aziendale più praticata si richiama alla piccola proprietà coltivatrice: il proprietario assume in prima persona la gestione della terra che coltiva con l'aiuto dei familiari (coltivazione diretta e questi coltivatori sono chiamati coldiretti).
La grande proprietà può essere condotta in economia direttamente dal proprietario che si avvale di salariati fissi per tutto l'anno e di braccianti per i lavori stagionali.
Si ha la conduzione a mezzadria quando il proprietario affida la coltivazione del podere a un colono con il quale divide a metà le spese di gestione e i prodotti ricavati.
Nelle aziende in affitto il proprietario cede il diritto di coltivare la propria terra a  un affittuario dietro il pagamento di un canone annuo.
Le aziende part-time sono gestite da lavoratori non agricoli che vi si dedicano nel tempo libero eseguendo lavori leggeri, mentre per quelli pesanti fanno riferimento a società di servizio dotati di mezzi meccanici.
Nel latifondo il proprietario si limita a percepire la rendita di uno sfruttamento estensivo senza curarsi di reinvestire gli utili per una maggiore valorizzazione.


Agricoltura di sussistenza e piantagioni speculativi dei paesi tropicali

L'agricoltura asciutta

 

In vaste aree poco piovose delle regioni tropicali, l'agricoltura presenta un carattere estensivo, basato su tecniche poco efficaci quali il lavoro alla zappa e lunghi riposi per ricostituire la fertilità del suolo. In aree limitate, dove ci sono progressi sanitari e  l'economia di scambio, la pressione demografica e la deforestazione hanno dato vita ad un'agricoltura capace di assicurare la continuità produttiva della terra e il sostentamento della popolazione. Hanno associato l'agricoltura all'allevamento.
Nelle savane dell'Africa il villaggio non è solo un gruppo di case, ma anche una cellula sociale che assicura il controllo del territorio. In questa cellula il paesaggio agrario è caratterizzato dalla successione di tre anelli concentrici differenziati:

  1. coltivazioni intensive accostate alle abitazioni e concimante con i rifiuti domestici
  2. colture cerealiere di base integrate da quelle leguminose
  3. campi temporanei per integrare il fabbisogno di cereali.

La tecnica per accrescere i raccolti è l'irrigazione. Nonostante le tecniche e gli aiuti per il cibo, ci sono situazioni di estrema povertà: molti contadini sono costretti a chiedere credito in prestito, pagando forti tassi d'interesse e portando all'indebitamento. L'usura è una  piaga dei “tristi tropici”: il contadino a un certo punto abbandona la terra a va ad ingrossare le masse dei diseredati delle bidonvilles.

 

Risaie irrigue e formicai umani

Diverse sono le condizioni dei paesi in cui c'è disponibilità idrica. Il riso cresce nell'acqua e la popolazione di accumula nelle regioni deltizie e nelle valli permettendo l'incontro delle civilizzazioni, per esempio quella indiana e cinese. Per dare al riso maggior spazio, non si coltivano foraggi e si alleva bestiame. L'insediamento è di tipi accentrato: il villaggio è espressione di un'antica struttura comunitaria.

 

Le grandi piantagioni speculative

Nelle regioni tropicali umide alle tradizioni colture di sussistenza si contrappongono le piantagioni introdotte dai colonizzatori: monocolture di mercato , produzioni commercializzate a scala mondiale: piantagioni di caffè, tè, cacao, banane, gomma. La speculazione è fondata sulla specificità geografica dei paesi produttori. Le piantagioni sono nate in america ad opera degli europei per produrre cotone e canna da zucchero ricorrendo allo sfruttamento di schiavi neri. L'agricoltura, dopo la decolonizzazione, ha assunto il ruolo di motore dell'industrializzazione. Il sistema delle piantagioni è un elemento di persistenza del colonialismo poiché porta ricchezza alle società proprietarie in gran parte straniere e alle elites locali strettamente asservite.

Capitolo 6

Genere di vita e insediamento rurale

L'abitazione rispecchia l'ambiente e il genere di vita

Cultura materiale e genere di vita


I gruppi umani si distinguono in base a caratteri biologici(colore della pelle...) e caratteri culturali (lingua). A differenza dei caratteri biologici che si trasmettono per via ereditaria, i caratteri culturali si formano e si evolvono per contatto e imitazione. Le manifestazioni della cultura spirituale sono sempre stati fattori di coesione e di assimilazione attraverso  un processo svincolato dall'ambiente. Invece la cultura materiale è caratterizzata da costumanze e tecniche in gran parte correlate alle condizioni ambientali.
Nelle società più semplici, la cultura materiale delinea uno specifico genere di vita: quello dei pastori nomadi è definito dal ritmo degli spostamenti in cerca di pascolo, da abitazioni trasportabili. Il genere di vita si può definire come l'insieme delle pratiche adottate da un gruppo umano per assicurarsi la sussistenza, quindi l'adattamento alla natura. Oltre all'ambiente ogni gruppo umano deve fare i conti con il sistema socioeconomico. Nelle società complesse esprimono una molteplicità di modi di vita in rapporto alle categorie sociali. Nella definizione di cultura materiale vengono presi in considerazione i fondamentali messi di sussistenza: cibo, vestiario, abitazione.
La più elementare attività di procurarsi cibo è la raccolta di prodotti, poi c'è l'agricoltura sedentaria e la pastorizia. L'agricoltura è cambiata secondo le esigenze di cibo e l'uomo  ha scoperto  gli adattamenti delle piante alle diverse condizioni ambientali.
Un altro elemento distintivo della cultura materiale è il vestiario (copertura del corpo parziale con erbe e vegetali, poi con pelli e  poi tessuto).
L'abitazione risente delle condizioni dell'ambiente ma allo stesso tempo è un prodotto della cultura materiale. All'inizio serviva solo per ripararsi e difendersi.

 

Abitazioni precarie dei raccoglitori e dei cacciatori.

La dimora più elementare è la grotta o la caverna. Dimore artificiali e precarie sono quelle costruite intrecciando frasche, rami e scorze d'albero. L'intelaiatura più elementare è quella che ha le ramaglie disposte a paravento-->culture fossili e primitive. Alcuni gruppi usano il riparo semicircolare che è costituito da pochi rami fronzuti piantati a semicerchio  e infittiti con erba. Un carattere comune a tutti i popoli “fossili” è l'isolamento in territori inospitali che spiega lo scarso progresso di queste culture.

 

Le tende dei pastori nomadi

All'origine la pastorizia si è sviluppata ai margini delle aree agricole. Si possono distinguere 3 tipi di tenda in rapporto con l'ambiente e le tradizioni culturali:

  1. la tenda turco-mongola: un cerchio di legno al sommo della parete cilindrica sostiene i raggi del telaio di copertura che può essere fatta con vegetali o con pelli.
  2. La tenda araba: base quadrangolare e col tetto a 2 o più spioventi e la copertura e con lana di pecora o peli di cammello. Le tende a volte sono riunite in cerchio per formare un duar intorno ad uno spazio centrale
  3. tenda conica di pelli (lapponi)

 

Le capanne degli agricoltori sedentari.

Dai ripari rudimentali si passa alla capanna a contorno circolare e poi a quelle quadrangolari. Questo porta alla sedentarizzazione e alla presa di possesso del suolo con la coltivazione. Ciò ha portato alla possibilità di accumulare le eccedenze di cibo per mantenere gli uomini non impiegati nella produzione. Anche la capanna, come la tenda,


risale ai primordi della civiltà e corrispondono a 2 generi di vita diversi: la tenda, leggera e facile da montare, risponde alle esigenze di mobilità dei pastori nomadi, la capanna si accompagna alla fissazione degli uomini in un territorio con la pratica agricola. Esistono numerosi tipi di capanna in base alla diversità dell'ambiente:

  1. quella conica e più diffusa   è costituita  da un'armatura di rami e paletti    conficcati a cerchio nel suolo e convergenti in cima
  2. capanna ad alveare: base rotonda e i paletti delle pareti vengono incurvati in cima
  3. capanna cilindrico conica che ha il tetto conico distinto dalla parete perimetrale cilindrica
  4. capanna a pianta quadrangolare, offre il vantaggio di una facile suddivisioni in vani

 

Casa, abitazione durevole

La casa deriva dalla capanna con l'introduzione di strutture murarie solide e durevoli. In origine fu monocellulare e in seguito si prestò a suddivisioni interne. Le case sono fatte o di legno i con i sassi, come i trulli pugliesi. Le case con le pareti di legno distano le une dalle altre per il pericolo di incendio; a volte anche il tetto è di legno. Le pareti in legno e argilla vengono fatte dove il legname scarseggia.
La pietra è fondamentale per le costruzioni, in particolare l'arenaria che è facilmente lavorabile, ma con il tempo si sgretola. Molto utilizzato è il granito.
La casa all'inizio fu unicellulare a pianta circolare o quadrangolare. Quella circolare è tipica delle costruzioni in pietra dove manca il legname, come i nuraghi della Sardegna. Successivamente compare il piano superiore, di materiale leggero, con copertura a terrazza. Dal 400 a.C i vani di abitazione si dispongono intorno ad un cortile centrale dando luogo al tipo architettonico della casa a peristilio. Una struttura analoga è quella romana della domus con stanze disposte ai 4 lati dell'atrium che è il vano più alto e vasto;  il tetto dell'atrium declina da ogni lato verso il centro (compluvium). Un elemento distintivo delle case è il tetto.

 

Tipi d'insediamento rurale.

Case sparse, nuclei, centri

 

Si dà il nome di insediamento ai modi di abitare. Gli insediamenti stabili si distinguono in:

  1. insediamento rurale: quello della popolazione che vive in campagna
  2. insediamento urbano quello della popolazione che vive in città.

Il primo può essere accentrato (in villaggi) oppure sparso (case isolate) o nella forma intermedia di nuclei (piccoli gruppi di abitazioni più o meno vicine).
Le case sparse sono quelle situate sul fondo rustico da cui trae sostentamento la famiglia dei contadini che vi abita.
I nuclei possono essere di tipo agricolo o avere altre funzioni.
Per centro si intende un gruppo più o meno grande di case che sia un polo di vita organizzata sul piano sociale, cioè che esplichi funzioni di pubblico interesse. L'insediamento accentrato tiene gli uomini vicini tra loro e risponde al bisogno di assistenza reciproca, di protezione e sicurezza nell'insediamento sparso prevale l'individualismo, i legami sono allentati e i contatti sono episodici. Il centro rurale corrisponde al villaggio.


Accentramento e dispersione in rapporto alle influenze naturali e culturali

Tra le condizioni che aiutano a spingere un insediamento è la disponibilità d'acqua, la configurazione del rilievo (se il rilievo è accidentato si tende a vivere compatti). Il villaggio agglomerato si forma quando c'è la sicurezza e quindi il contadino può abitare da solo nel suo podere. Inoltre influisce la gestione della campagna: dove ci sono colture intensive si hanno di norma piccole proprietà, invece il latifondo conduce all'insediamento accentrato.

 

Le case sparse e i nuclei

  1. Struttura delle case rurali

 

La casa isolata tipica è quella posta all'interno del podere coltivato dalla famiglia contadina che la abita; la casa isolata è diffusa soprattutto nelle società rurali più avanzate. L'entità degli edifici e la loro collocazione danno luogo a vari tipi di case rurali che possono essere di 2 tipi:

  1. forme unitarie con abitazione e rustico in un unico fabbricato
  2. forme complesse articolate in più edifici variamente disposti.

Le prime sono più economiche e si inseriscono in aziende di limitate estensioni; la più semplice è la casa unicellulare che ha solo un vano: il contadino non possiede né animali, né grossi attrezzi.
La casa ad elementi sovrapposti ha il rustico a pianterreno o seminterrato e l'abitazione al piano superiore.
La casa ad elementi giustapposti presenta abitazione e stalla-fienile adiacenti.
Dove l'allevamento ha un peso notevole, le case presentano in genere le  forme  complesse e sono la casa ad elementi separati e la casa a corte.
La prima presenta l'abitazione, la stalla-fienile e le altre costruzioni variamente collocate in uno spiazzo senza ordine fisso.
La casa a corte risulta dalla disposizione degli edifici a quadrilatero intorno ad un cortile (corte) a cui si accede attraverso un portone.

 

Distribuzione e densità delle case sparse

Le case isolate sono talvolta sparpagliate senza alcun ordine, altre volte però tendono ad infittirsi in particolari luoghi o a disporsi secondo un certo ordine, per esempio la centuriazione romana in cui le abitazioni si fronteggiano sui due lati delle strade.

 

I nuclei, aggregati elementari

Un gruppo di case senza un luogo di raccolta e senza funzione attrattiva costituisce un aggregato, un nucleo. Ciò che porta alla formazione dei nuclei, va cercata nella tradizione latina, nella divisione ereditaria della proprietà: la fattoria si trasforma in un agglomerato di case man mano che le successive generazioni costruiscono le abitazioni lì accanto.

 

Il centro rurale, il villaggio


Il centro rurale è abitato da comunità contadine la cui vita dipende dall'utilizzo del suolo e corrisponde al villaggio. Questi possono essere classificati in base a 3 aspetti:

  1. il sito
  2. l'origine
  3. la forma

un elemento fisico importante è l'acqua. Nelle zone collinari e montane hanno una forte influenza le forme di rilievo che portano a distinguere i:

  1. centri di fondovalle
  2. centri di pendio
  3. centri di ripiano o di terrazzo
  4. centri di cocuzzolo
  5. centri di sella
  6. centri di sprone
  7. centri di dorsale.

 

Risalire alle origini: la toponomastica

In Italia molti centri sono nati nel medioevo, ma parecchi risalgono all'epoca romana. Per la conoscenza delle origini può aiutare la toponomastica. La distribuzione geografica dei nomi delle località rispecchia la delimitazione dei territori occupati da collettività  omogenee, con una propria lingua e una propria cultura.

 

Varietà delle strutture

In genere i villaggi presentano una struttura allungata o ammassata o spazieggiata.
La struttura allungata è normalmente connessa ad una strada o ad un corso d'acqua sulle cui rive si allineano le case.
La struttura ammassata è tipica dei villaggi difensivi.
La struttura spiazzeggiata è un mosaico di appezzamenti recintati nei quali, oltre all'abitazione e al rustico sono compresi piccoli orti e frutteti.

 

Fonte: https://soniaformazione.files.wordpress.com/2009/03/geografia-umana.pdf

Sito web da visitare: https://soniaformazione.files.wordpress.com/

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