Riassunto Eneide primi sei libri

Riassunto Eneide primi sei libri

 

 

 

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Riassunto Eneide primi sei libri

PRIMO LIBRO

RIASSUNTO

Il primo canto dell’Eneide si apre con il tentativo di Enea di raggiungere l’Italia per fondare una nuova patria.
Tuttavia Giunone, irata con i Troiani, decide di ostacolare il loro viaggio con l’aiuto del dio dei venti, Eolo che scatena una tempesta. Al termine di questa, i Troiani naufragano sulle coste africane.
Intanto Venere, madre di Enea, va da Giove per conoscere le sorti del figlio, e il dio le assicura che quest’ultimo è destinato a fondare Roma. Così la dea scende sulla terra sotto le sembianze di una cacciatrice e, incontrato il figlio, gli consiglia di recarsi da Didone, regina di Cartagine.
I compagni di Enea vengono accolti generosamente a corte, ma il comandante è nascosto dietro una nube, che Venere decide di dissolvere solo dopo aver visto la buona disposizione della regina.
Ha inizio così il banchetto ed Enea manda il figlio Ascanio a portare le offerte per Didone dalle navi alla reggia.
Ma Venere sostituisce il ragazzo con Cupido, e la regina, senza sapere la sua vera identità, lo prende in braccio; in quel momento il dio dell’amore fa in modo che Didone s’innamori del capo troiano.

 

TEMATICHE
Le tematiche principali del primo libro dell'Eneide sono i sentimenti provati dagli dei che si ritorcono sugli umani: infatti la dea Giunone prova un grande odio verso la stirpe di Enea e, per questo, cerca in ogni modo di ritardare la fondazione della nuova città, chiedendo anche aiuto a Eolo, dio dei venti, per scatenare una tempesta che avrebbe danneggiato le navi troiane.
È Nettuno, dio del mare, che permette ai Troiani di salvarsi, ma solo perché non accetta che qualcuno susciti tempeste marine al di fuori di lui.
Invece Venere, preoccupata per il figlio Enea, interroga Zeus per accertarsi del suo futuro e si trasforma in una giovane cacciatrice per portarlo a Cartagine. Inoltre fa innamorare la regina della città, Didone, di Enea, per essere sicura che esso si trovi al sicuro.
Quindi l'intero canto parla di come gli dei, per punire (Giunone), proteggere (Venere), per avere qualcosa in cambio (a Eolo viene promessa la ninfa più bella di Giunone) o per motivi personali (Nettuno non vuole che ci siano tempeste che lui non ha creato) decidano cosa far subire agli umani, alcuni curandosi della loro sorte, altri, come il dio del mare, solo per ricordare il loro potere.
Ma, al di sopra delle loro volontà, si scorge il fato ineluttabile che porterà i Troiani a fondare una stirpe gloriosa.
Infatti centrale è la profezia di Zeus che il re degli dei recita a Venere per calmare i suoi timori. Parla delle origini di Roma: Enea combatterà contro i popoli del Lazio uscendone vincitore, il figlio Ascanio fonderà la città di Lavinio. Dopo trecento anni la sacerdotessa Ilia partorirà due gemelli, figli di Marte, chiamati Romolo e Remo. Romolo sarà il fondatore di Roma e gli abitanti saranno chiamati Romani dal suo nome. Essi avranno un dominio potentissimo sul mondo e alla fine anche la dea Giunone dovrà accettare questo nuovo popolo. I Romani domineranno anche molte potenti città greche. Inoltre viene citato anche Giulio Cesare, presentato come un grande condottiero che renderà ancora più potente l'impero, che sarà amato sia in terra sia in cielo e che sarà venerato come un dio per la sua fama.
“Risparmia il timore, Citerea: rimangono immoti
per te i fati dei tuoi: vedrai la città e le promesse
mura di Lavinio, porterai sublime alle stelle
del cielo il magnanimo Enea; nessuna intenzione mi muta.
Egli- ti parlerò poiché quest'ansia ti assilla,
e svolgendoli più a lungo aprirò i segreti dei fati-
farà terribile guerra in Italia e batterà popoli
fieri, e porrà costumi e mura alla sua gente,
finché la terza estate lo vedrà regnare nel Lazio,
e saranno trascorsi tre inverni per i Rutuli domati
Ma il piccolo Ascanio, cui ora si aggiunge il nome
di Iulo- Ilo finché la potenza ilia regnò-,
colmerà nel dominio trenta grandi giri
di anni, volgendosi i mesi, e trasferirà il regno dalla sede
di Lavinio, e con grande forza munirà Alba la Lunga.
Qui sarà il regno per trecento anni interi
sotto la gente ettorea, finché la regina sacerdotessa
Ilia, gravida di Marte, partorirà una duplice prole.
Allora, lieto del fulvo manto della lupa nutrice,
Romolo accoglierà la gente e fonderà marziali
mura, e dal suo proprio nome li chiamerà Romani.
Ad essi non pongo limiti né durata di potenza;
ho assegnato dominio infinito. Ed anche l'aspra Giunone,
che ora con il terrore travaglia il mare, la terra e il cielo,
muterà in meglio i propositi, e con me sosterrà
i Romani, signori del mondo, stirpe togata.
Così è stabilito. Verrà un tempo, col volgersi
dei lustri, che la casa di Assaraco ridurrà in schiavitù
la gloriosa Micene, e Ftia, e dominerà sulla vinta Argo.
Nascerà troiano da bella origine Cesare,
che darà per confine all'impero l'Oceano, e alla sua fama
gli astri, Giulio, disceso dal grande nome di Iulo.
Un giorno lo accoglierai sicura in cielo, onusto
delle spoglie d'Oriente; e anch'egli sarà invocato nelle
preghiere.
Allora, placate le guerre, si ammansiranno i secoli feroci;
l'antica Fede, e Vesta, Quirino col fratello Remo
daranno leggi; si chiuderanno le funeste porte della Guerra
con stretti serrami di ferro; dentro, l'empio Furore
seduto sulle armi crudeli e avvinto a tergo da cento
nudi di bronzo, ruggirà spaventoso con bocca cruenta.”

Questa profezia verrà poi ripresa e ripresentata molte volte e da personaggi diversi ad Enea nei canti successivi.      

LESSICO
Istoriato: adorno di immagini scolpite o dipinte.
Arnia: ricovero artificiale dove vive la colonia di api domestiche.
Neghittoso: negligente nei propri doveri, quindi pigro o ozioso.
Fastigio: la parte più alta, che può essere, per esempio, di un monte, in senso fisico, oppure della gloria, della storia di una persona ecc., in senso figurato. In letteratura è usato nel senso di “coronamento”.
Cardine: nell’antichità classica, due cunei di metallo piantati l’uno su un margine della soglia e l’altro nella faccia inferiore dell’architrave, in linea retta col primo, così da costituire insieme l’asse di rotazione dell’anta.
Pascere: nel suo significato essenziale, significa “mangiare”, detto soprattutto degli animali che pascolano; in senso esteso, diventa “nutrire”, sia metaforicamente (es. pascere la mente di cognizioni utili) sia fisicamente (es. Poi c’ha pasciuti la cicogna i figli, da Dante).
Torma: unità tattica dell'antica cavalleria romana che era composta di trenta cavalieri; in senso esteso, diventa “schiera di combattenti”.
Pelasgi: antica popolazione che sembra aver abitato la Grecia prima dell'arrivo delle stirpi elleniche.
Acanto: erba perenne dei luoghi ombrosi, con grandi foglie a rosetta, fiori in lunga spiga, con corolla bianco-rosea; è anche coltivata come pianta ornamentale. Le foglie d’acanto costituiscono un motivo naturalistico adoperato per decorazioni di cornici e membrature architettoniche, soprattutto del capitello corinzio, del quale sono l’elemento fondamentale e caratteristico.
Imeneo: (dal dio greco Imene, divinità degli sposi) forma della poesia liricacorale degli antichi Greci, consistente nel canto nuziale che si cantava in coro mentre si conduceva la sposa in casa dello sposo. In letteratura, significa “matrimonio”, “nozze”.
Croceo: che ha il colore dello zafferano(es. L'aurora dal croceo velo).
Esule: chi è in esilio, volontario o per condanna.
Memore: Che si ricorda bene di qualcosa.
Insigne: che ha qualche segno o caratteristica per cui si distingue.
Tirii/Tirie: erano chiamati così i Cartaginesi, perché i fondatori di Cartagine venivano da Tiro.
Invisa: Guardato con antipatia, con avversione.
Sicula: Relativo o appartenente ai Siculi, antica popolazione indoeuropea stanziata in Sicilia intorno al 1000 a. C.
Ara: base di appoggio destinata all'oggetto del sacrificio, era fatta di terra, di legno, di metallo, di pietra, o di lastre o blocchi di marmo con decorazioni in rilievo.
Nembo: Grossa nuvola scura, apportatrice di pioggia violenta
Austro: vento che spira da sud e quindi il sud stesso come punto meridionale.
Etere: Secondo gli antichi, la parte più alta, pura e limpida, dello spazio celeste. Sinonimi: Aria, cielo.
Maroso: onda grossa del mare, cavallone, per indicare il moto ondoso del mare grosso.
Tumido: gonfio, per natura o per cause patologiche.
Biada: Qualunque tipo di cereale usato per l'alimentazione degli animali.
Tergo: dorso, schiena anche di animali.
Immoto: che non si muove, che non da alcun segno di movimento.
Fasti: memoria di imprese gloriose, fatti memorabili.
Munire: fortificare, fornire di opere fortificate e d'armi offensive e difensive.
Lustro: spazio di cinque anni; quinquennio.
Remeggio: l'insieme dei remi e dei rematori.
Screziato: cosparso di colori diversi, variopinto.
Coturno: calzatura usata nell'antichità classica dagli attori.
Frigio: della Frigia, regione storica dell'Asia Minore.
Fallace: che può illudere, ingannare.
Plaga: regione, zona, largo tratto di terra.
Eterea: del cielo, estremamente puro, spirituale.
Nerbo: forza, vigore

PERSONAGGI

Acate: compagno fidato di Enea nel suo viaggio verso l’Italia.
Frigi: Troiani provenienti dalla Frigia, regione dell’Asia Minore.
Reso: comandante troiano.
Pentesilea: regina delle Amazzoni.
Memnone: figlio dell’Aurora e del Titono, re degli Etiopi e nipote di Priamo.
Areadi: ninfe che vivono sulle montagne o nelle valli.
Anteo: giovane nemico di Enea e alleato di Turno nella guerra fra Troiani e Italici.
Sergesto: capo troiano che fugge con Enea dopo la caduta di Troia.
Gia: giovane luogotenente di Enea che, durante i giochi funebri per Anchise, comanda la nave Chimera.
Belo: re di Tiro e padre di Didone.
Leda: madre di Elena e moglie di Tindaro. Secondo il mito, viene rapita da Giove camuffato da cigno.
Iopa: aedo.
Sicheo: marito morto di Didone
Euro: figlio della dea dell'alba
Deiopea: la più bella delle ninfe di Giunone
Africo: vento di libeccio
Eacide: nipote di Eaco, riferito ad Achille
Sarpedone: eroe troiano
Simoenta: fiume dell'Asia Minore
Lici: popolo dell'Asia Minore
Oronte: fiume dell'Asia
Ilioneo: guerriero troiano
Abante: figlio di Nettuno
Alete: vecchio troiano
Zefiro: vento di primavera
Cirotoe: nereide
Tritone: dio marino
Capi: compagno di Enea
Aceste: re siciliano mitologico
Amico: figlio di Nettuno
Cloanto: compagno di Enea disperso poi ritrovato
Citerea:  epiteto di Afrodite
Iulo: secondo nome di Ascanio
Assaraco: figlio di Troo
Oceano: dio del mare
Vesta: dea del focolare
Maia: antica dea romana della fecondità
Arpalice: figlia del re di Tracia
Agenore: re di Argo
Pigmalione: re di Cipro
Quirino: dio romano delle curie.

LUOGHI
Ftia: regione della Grecia settentrionale
Lico: nome antico di un fiume
Caico: fiume della Misia
Pafo: antica città di Cipro
Samo: isola della Grecia
Birsa: cittadella di Cartagine
Timavo: fiume europeo
Lavinio: città romana che sarà fondata da Enea
Alba la lunga: centro laziale fondato da Ascanio poco prima di morire a cui succede come re il fratellastro Silvio
Eurota: fiume del Peloponneso, nel sud della Grecia.
Ilione: Troia.
Idalio: antica città dell’isola di Cipro.
Acidalia: antica fonte greca in cui, secondo il mito, si bagnava Venere.
Tira: città antica alla foce del fiume Dnestr (in antico Tira), fondata verso la metà del VII sec. a.C. Finito il dominio romano, nel 235 d.C., la città fu travolta dalle invasioni barbariche.

FRASI CHIAVE IN LATINO

-"cum Iuno aeternum servans sub pectore volnus": quando Giunone, serbando in cuore l'eterna ferita.
-"Troiae qui primus ab oris italiam fato profugus Laviniaque venit litora": che per primo dalle terre di troia raggiunse esule l'Italia per volere del fato e le sponde lavinie.
-“Adloriquitur Venus - O qui res hominumque deumque aeternis regis imperiis et fulmine terres”: Venere parla - O tu che reggi le sorti degli uomini e degli dei con eterni comandi e atterrisci col fulmine.

 

 

SECONDO LIBRO

 

RIASSUNTO

La regina Didone chiede ad Enea di raccontare la caduta di Troia, e il capo troiano piangendo, comincia, quindi, la narrazione in flashback. I Greci, stanchi di combattere, si affidano all'astuzia di Ulisse per la costruzione di un cavallo di legno contenente i guerrieri achei da introdurre a Troia per attaccare i Troiani di sorpresa. A introdurre il cavallo a Troia è Sinone, un acheo che impietosisce e inganna i Troiani raccontando loro della partenza dei Greci e dell'uccisione da parte degli Achei del suo comandante, e riesce a convincerli a introdurre il cavallo nella città, come segno di riconciliazione, incuranti delle profezie di Cassandra e Laocoonte, che viene ucciso coi suoi figli da due serpenti marini mandati da Minerva. Usciti di notte dal cavallo, i soldati achei iniziano a mettere a ferro e fuoco la città. Enea viene svegliato dal fantasma di Ettore che gli dice con orrore quello che sta succedendo. Il capo troiano raduna alcuni guerrieri per difendere Troia e poi fuggire. Dopo aver assistito alla morte di Priamo, Enea si imbatte in Elena e, quando sta per ucciderla per vendicarsi, la madre Venere lo ferma e gli ordina di radunare la sua famiglia e di fuggire da Troia. Enea, sentendo che la sua famiglia è in pericolo corre dal padre Anchise, dal figlio Iulo e dalla moglie Creusa, con i quali fugge. Ma Creusa si perde durante la fuga. Il libro si chiude con la visione della moglie defunta che raccomanda al troiano di prendersi cura di loro figlio. 
TEMI PRINCIPALI ED ESPRESSIONI LATINE

Il tema principale del canto è senza dubbio la pietas di Enea, ovvero il suo rispetto verso tre valori importantissimi: paternità, patria e divinità.
L'eroe troiano dimostra tutto il suo valore quando, vedendo in fiamme la sua città, decide di prendere le armi per difenderla fino all'ultimo dagli Achei, ma di fronte al comando di una divinità, che è anche sua madre, non esita ad obbedire. Venere gli ordina di fuggire affinché possa andare a fondare una nuova gloriosa città nella lontana Italia, lasciando la sua città natale al suo destino ormai segnato.
La prima persona a cui Enea pensa appena la madre lo convince a fuggire da Troia è suo padre Anchise. Il vecchio rifiuta di partire con il figlio e il resto della famiglia perché vuole perire insieme alla sua città, quasi ormai completamente incendiata: Enea di certo non vuole questo, così chiede di nuovo le armi per andare a combattere (vv.667-668: Arma, viri, ferte arma "armi, o uomini, datemi armi") in difesa del padre, irremovibile nella sua scelta di rimanere a Troia, e in difesa di tutta la patria. Sua moglie Creusa, però, lo ferma facendolo riflettere sul fatto che se lui morirà, suo padre, lei e il loro piccolo figlio Ascanio saranno persi (vv.675,676,677,678: “Se vai a morire, prendi anche noi con te per tutte le sorti. Se invece esperto riponi qualche speranza nelle armi, difendi prima la casa. A chi lasci il piccolo Iulo, e il padre, e la sposa un giorno detta tua?”), dando prova di amore per la famiglia, altro importante tema del secondo canto. Enea cede definitivamente soltanto, però, quando vede manifestarsi dei segnali divini prima su suo figlio (gli si infiammano i capelli), poi sulla terra vicino a lui (su cui cade una stella cometa) confermando ancora una volta il suo amore per la famiglia, ma soprattutto il rispetto nei confronti degli dei e della loro volontà. Anchise si comporta nello stesso modo, condividendo la decisione del figlio di non combattere e fuggire: la famiglia può finalmente partire, mettendosi così in salvo. Enea sceglie il punto in cui partiranno lui, i suoi parenti e i Penati (che rappresentano la patria e perciò la volontà dell'eroe di portare con sé in salvo gli ultimi troiani sopravvissuti), ma il destino tiene in serbo per lui un triste evento: quando arriva al luogo di incontro con il padre sulle spalle e il figlio vicino, Creusa non c'è più. Allora torna indietro preoccupato, vaga per la città incendiata, ma non la trova da nessuna parte. Delirante, la chiama ma lei non può rispondere: gli appare il fantasma della moglie che gli dice che non potrà affrontare il viaggio con lui. A questo punto avviene una scena commovente, in cui Creusa chiede ad Enea di prendersi cura di Ascanio (v.789: et nati serva communis amorem "e serba l'amore di nostro figlio"). L’eroe troiano, piangendo disperatamente, tenta di abbracciare la moglie dimostrando sensibilità e amore per la famiglia. Il dolore di Enea, che non si manifesta soltanto nel pianto per Creusa ma anche per il destino ormai perso della propria patria, è un altro tema fondamentale del secondo canto, che si può notare nel suo colloquio con Didone all’inizio del capitolo (v.3: Infandum, regina, iubes renovare dolorem “Mi chiedi, o regina, di rinnovare un dolore indicibile” e v.11-12-13: sed si tantus amor breviter Troiae supremum audire latore quamquam animus meminisse horret luctuque refugit, incipiam “ma se desideri tanto udire brevemente l’estremo travaglio di Troia, sebbene l’animo inorridisca al ricordo e sempre si sia abbandonato al pianto, comincerò”). La disperazione dell’eroe per la sua patria è messa inoltre in luce dal rimorso di non aver dato ascolto al sacerdote troiano Laocoonte che, giustamente, diceva timeo Danaos et dona ferentis“ho timore dei Danai anche se recano doni” (riferendosi all’inganno del cavallo).
PROFEZIE

Nel secondo canto sono presenti due profezie. Seguendo l’ordine cronologico dei fatti, la prima profezia viene annunciata a Enea in sogno da Ettore quando Troia sta bruciando. Il defunto figlio di Priamo informa il compagno d’armi sulla situazione della città e lo spinge a fuggire e a scampare alle fiamme poiché il destino di Troia è già segnato e non c’è più possibilità di salvarlo: Ettore è il primo personaggio a profetizzare ad Enea la fondazione di una nuova città.
La seconda profezia viene dal fantasma della moglie di Enea, Creusa, che gli predice tutto il suo futuro fino all’arrivo in Italia: gli annuncia che avrà da viaggiare per mare a lungo finché non giungerà in Esperia, dove scorre il Tevere e dove lo attenderanno un nuovo regno, una sposa regale ed eventi felici.

LESSICO

Giaciglio: misero lettuccio o mucchio di stracci o paglia sul quale dormire o giacere. Latino parlato *iaciliu(m), da iacile, derivato di iacere ‘giacere’
Mirmidone: appartenente al popolo di leggendarie origini stanziato nell’antica Tessaglia.
Frodo: artificio o inganno per eludere il pagamento di dazi, imposte, tasse
Dorico: che è proprio dell’antica popolazione greca dei Dori.
Esiziale: che apporta grave danno. Dotta, latino exitiale(m), da exitium ‘esizio’
Giuntura: punto in cui un pezzo è attaccato a un altro. Latino, iunctura(m), da iunctus ‘giunto’
Alvo: ventre. Dotta, latino alvu(m), da avvicinare al greco aulos ‘tubo, condotto’
Argolico: dell’Argolide. Della Grecia. Dotta, latino Argolicu(m), dal greco Argolikos ‘dell’Argolide’
Frigie: della Frigia, regione storica dell’Asia Minore, attualmente compresa nella Turchia. Dotta, latino phrygiu(m), dal greco phrygios ‘della Frigia’
Mendace: bugiardo. Dotta, latino mendace(m), da avvicinare a mendum
Concilio: assemblea dei vescovi per discutere e definire questioni in materia di fede, di costumi e di disciplina. Dotta, latino conciliu(um) ‘unione, adunanza, assemblea’, composto di cum ‘con’ e calare ‘chiamare’ di origine onomatopeica (?)
Sagace: accorto, scaltro. Latino sagace(m), dall’aggettivo sagus di origine indeuropea
Tedio: senso di profonda noia e dolorosa stanchezza. Dotta, latino taediu(m), da taedium ‘tedio’
Pelasga: che appartiene ai Pelasgi
Etere: la parte più alta e pura dello spazio. Dotta, latino aethera, dal greco aither, da aithein ‘ardere, brillare’ di origine indeuropea 
Nembo: nube bassa oscura generalmente apportatrice di pioggia o anche grandine. Latino nimbu(m), da avvicinare a nebus ‘nube’
Ricusare: non volere, non accettare. Dotta, latino tardo ricusare, da causa, col prefisso re-
Erompere: Venir fuori con violenza. Adattamento del latino erumpere ‘romper (rumpere) fuori (ex)’
Salso: Che contiene sale, che sa di sale. Latino salsu(m), participio passato di sallere ‘salare’  connesso con sal, genitivo salis ‘sale’
Espiare: emendare con la pena una colpa commessa. Dotta, latino expiare, composto di ex- rafforzativo e piare ‘rendere puro (pius)’, ‘purificare, espiare’
Effigie: Figura, ritratto. Dotta, latino effigie(m), arcaico effigia(m), da effingere ‘effingere’
Corrusco: Risplendente di luce vivissima e improvvisa. Dotta, latino coruscu(m), da coruscare ‘corruscare’
Larisseo: aggettivo che si riferisce agli abitanti di Larissa (nel secondo canto si riferisce ad Achille)
Voluta: Spira, spirale. Dotta, latino voluta(m), da volutus, participio passato di volvere ‘volgere’
Parimenti: ugualmente, nello stesso modo
Erto: Faticoso da salire, ripido
Tergo: Dorso, schiena. Dotta, latino tergu(m), di etimologia incerta
Spire: Anelli che i serpenti formano  avvolgendosi su sé stessi. Dotta, latino spira(m), dal greco speira ‘spirale’ di origine indeuropea
Lambire: Leccare leggermente. Adattamento dal latino lambere, voce espressiva di area indeuropea
Pascersi: Nutrirsi, appagarsi. Dotta, latino pascere, di origine indeuropea
Cervice: Parte posteriore del collo.
Svellere: Strappare, tirare via con forza, sradicare. Dal latino *exellere, variante del classico evellere, composto di ex- (s-) e vellere ‘strappare’
Malcerto: Insicuro, incerto. Malfermo, malsicuro.
Simulacro: Statua, ritratto, immagine, specialmente di divinità, personaggi illustri. Dotta, dal latino simulacru(m), da similare ‘rappresentare’
Breccia: Apertura fatta rompendo muri o terrapieni di qualunque opera di fortificazione, mediante tiro di artiglieria o lavoro di mina, per penetrarvi a viva forza
Cinta: Cerchia di mura e simili intorno a un centro abitato. Latino cincta(m), participio passato femminile di cingere ‘cingere’
Canapo: grossa fune fatta di canapa
Gravido: Pieno, carico. Dotta, latino gravidu(m), derivato di gravis ‘grave, pesante’
Iniquo: che non è giusto, equo. Dotta, latino iniquu(m), composto di in- e aequus ‘equo’
Serrame: Qualunque dispositivo disposto a serrare porte, finestre e simili
Enfiato: gonfio
Irsuta: Folto di peli ispidi. Dotta, latino hirsutu(m) ‘irto’, aggettivo popolare, di etimologia incerta
Deturpare: Rendere brutto, sfigurare. Dotta, latino deturpare, composto di de- e turpare, da turpis ‘turpe’
Austro: Vento umido e caldo che soffia da sud. Sin. Noto. Dotta, latino austru(m), di etimologia incerta
Fiotto: Getto di liquido impetuoso e improvviso. Latino fluctu(m), da fluere ‘scorrere’
Clangore: Strepito, suono squillante, specialmente di trombe. Dotta, latino clangere ‘gridare, risuonare’
Ineluttabile: Di ciò contro cui non si può lottare. Dotta, latino inelictabile(m), composto di in- e eluctabilis ‘superabile’, da eluctari, composto di e- ‘da’ e luctari ‘lottare’
Tracotante: participio presente di tracotare. Agg. Che è insolente, arrogante, pieno di presunzione
Furore: veemente agitazione o turbamento, dovuti per lo più all’ira. Dotta, latino furore(m), da furere ‘infuriare’
Sacrario: Parte del tempio in cui viene conservata l’immagine di un dio. Dotta, dal latino sacrariu(m), da sacer, genitivo sacri ‘sacro’
Cimiero: pennacchio
Infula: Presso gli antichi Greci e Romani, fascia bianca o scarlatta, con nastri, portata intorno al capo dai sacerdoti o posta intorno alle teste delle vittime sacrificali. Dotta, latino infula(m), di origine dialettale e di etimologia incerta
Indomito: che non è stato possibile domare. Dotta, latino indomitu(m), composto di in- e domitus ‘domato’
Pinnacolo: guglia di forma piramidale o conica caratteristica dello stile gotico. Dotta, latino
Divellare: Estirpare, sradicare, eliminare. Dotta, latino divellere, composto di dis- e vellere ‘strappare’
Fregio: fascia ornamentale ad andamento orizzontale, specialmente parte della trabeazione compresa fra l’architrave e la cornice, decorata a rilievo con figure o con motivi geometrici o più o meno stilizzati. Latino (opus) phrygiu(m) ‘lavoro frigio’, perché originario della Frigia
Negletto: Trascurato, trasandato. Dotta, latino neglectu(m), participio passato di negligere ‘negligere’
Sciri: popolazione germanica orientale
Armigero: Che porta e usa le armi. Dotta, latino armigeru(m), composto di arma ‘armi’ e gerere ‘portare’
Auriga: Anticamente, guidatore di cocchio. Dotta, latino auriga(m), di etimologia incerta
Cardine: ferro su cui si inseriscono e girano i battenti delle porte, le imposte delle finestre e simile. Latino, cardine(m) ‘cardine’, di etimologia incerta
Stipite: elemento architettonico verticale che limita lateralmente un vano di porta, di finestra e simili. Dotta, dal latino stipite(m) ‘fusto, palo’, connesso con stipare ‘stipare’
Ariete: Maschio della pecora. Antica macchina da assedio, costituita da trave armata di una testa di ferro, che veniva fatta battere contro porte e muraglie di opere fortificate per demolirle. Dotta, latino ariete(m), di etimologia incerta
Desueto: Non più abituato. Dotta, latino desuetu(m), participio passato di desuescere, composto di de- e suescere ‘abituarsi’
Fosca: di colore scuro. Cupo, tetro, torvo. Latino fuscu(m), di origine indeuropea
Vegliardo: vecchio autorevole, di aspetto venerando
Portico: luogo di passaggio o sosta, ampiamente aperto all’esterno con colonne di sostegno della copertura  o dell’edificio sovrastante. Latino porticu(m), da porta ‘porta’
Eccidio: sterminio, strage. Dotta, latino excidiu(m), da exscindere ‘annientare’, con sovrapposizione di uccidere
Profanare: offendere, violare ciò che è sacro. Dotta, latino profanare, da profanus ‘profano’
Progenie: stirpe, discendenza. Dotta, latino progenie(m), da progignere ‘generare, produrre’, composto di pro ‘avanti’ e gignere ‘generare’
Fioco: di suono fievole, sottomesso, soffocato
Borchia: guarnigione circolare convessa in metallo, legno, plastica, usata come rifinitura per attacchi, allacciamenti, in varie tecnologie. Latino parlato *borcula per *broccula ‘(cosa) puntuta’ con sovrapposizione di altra parola (?)
Tralignare: degenerare, allontanarsi dalle qualità e dalle tradizioni dei propri avi
Sdrucciolante: participio presente di sdrucciolare. Scivolare su una superficie liscia o su qualcosa che non offre appiglio. Latino parlato *exderoteolare ‘rotolar giù’ composto di un denominale iterativo di *roteus, aggettivo da rota ‘ruota’, con doppio prefisso ex-de-
Inclemenza: inflessibilità, inesorabilità, spietatezza, asprezza, durezza. Dal lat. inclementia.
Ottundere: perdere di acutezza; offuscarsi, intorpidirsi, svigorirsi. Dal lat. obtundere, comp.di ob "contro" e tundere "battere, colpire".
Precetto: norma, regola, comandamento, intimazione di adempiere un obbligo. Dal lat. praeceptu, deriv. di praecipere "prescrivere, ordinare".
Fulgente: che brilla, che risplende. Dal lat. fulgere "brillare".
Orno: pianta arborea simile al frassino comune, coltivata per la manna che si ricava dal fusto inciso. Dal lat. ornu.
Inviso: che è considerato con antipatia, con diffidenza o con odio. Dal lat. invisu, part.pass. di invidere "invidiare".
Lambire: toccare appena, sfiorare. Dal lat. lambere "lambire, leccare".
Trepidare: provare ansia e timore. Dal lat. trepidare "tremare, essere in ansia, agitarsi"
Vegliardo: vecchio la cui figura ispira rispetto e quasi venerazione.
Vetusto: molto antico, che appartiene a tempi remoti. Dal lat. vetustu " deriv. di vetus "vecchio".
Mondare: pulire, purificare. Dal lat. mundare, deriv. di mundus "mondo, pulito".
Fulvo: biondo rossiccio. Dal lat. fulvu.
Vampa: grande fiamma; fiammata improvvisa e violenta.
Superno: posto in alto, superiore; del cielo. Dal lat. supernu, deriv. di super "sopra".
Placido: che è profondamente calmo, sereno, tranquillo. Dal lat. placidu, deriv. di placere "piacere".
Turba: insieme di molte persone raccolte nello stesso luogo; folla. Dal lat. turba "moltitudine".
Armento: branco di grossi quadrupedi domestici da pascolo. Dal lat. armentu


PERSONAGGI

Timete: fratello di Priamo; fa entrare il cavallo dentro le mura
Capi: futuro compagno di enea e fondatore di Capua
Sinone: prigioniero greco, che attua il piano degli Achei
Panto: da giovane, era stato sacerdote di Apollo a Delfi
Ucalengonte: uno dei principali consiglieri di Priamo
Tritonide: epiteto di Pallade, Minerva,Tritonia, Atena
Otri: padre di Panto
Erinni: nome greco delle Dee della vendetta
Pelia: troiano che muore nell’ultima difesa della città
Euripilo: colui che i Greci, desiderosi di tornare in patria dopo la guerra di Troia, inviarono a consultare l’oracolo di Apollo per chiedere se il momento era propizio per salpare
Cassandra: profetessa troiana
Androgeo: leggendario figlio di Minosse
Tindaride: patronimico di Elena
Nereo: dio marino; padre delle Nereidi
Peneleo: guerriero acheo; duce dei Beoti. (onomastica omerica)
Perifante: onomastica omerico; eroe acheo (epiteto “gigantesco”)
Giunone: moglie di Zeus, la cui corrispondenza greca è Era
Fenice: figlio di Amintore; compagno di Achille
Ecuba: moglie di Priamo
Neottolemo: soprannome di Pirro; figlio di Achille e Deidamia; fonda il regno di Epiro
Creusa: moglie di Enea
Polite: uno dei figli di Priamo
Rifeo, Ifito, Ipani e Dimante, Corebo: personaggi non presentati in Omero, ma in Virgilio
Cibele: grande made degli Dei.

TERZO LIBRO

 

RIASSUNTO

La storia narrata da Enea prosegue: egli riesce a radunare i compagni presso la città di Antandro, da dove salpa con le navi per poi raggiungere il Chersoneso tracico, dove fonda la città Eneada .
Dopo aver sacrificato sul lido un toro a Giove cerca dei rami per ornare gli altari e inizia a svellare un cespuglio di mirto, ma dai rami da lui rotti comicia a sgorgare sangue e si ode una voce sofferente che gli consiglia di fuggire da quelle terre che erano state tanto crudeli con lui : si tratta di Polidoro (figlio di Priamo ed Ecuba), derubato delle ricchezze che il padre gli aveva affidato e ucciso dal re frigio Polimestore. Terrorizzato, Enea dopo aver provveduto alla sua tumulazione, riparte e giunge a Delo. Vengono ospitati da Arnio, re e sacerdote di Apollo, che permette loro di consultare l'oracolo di Apollo, quest'ultimo suggerisce di cercare 'la terra madre', ovvero la culla della loro stirpe.
Così, credendo che il dio si riferisse a Creta (dove Dardano, secondo la leggenda, era approdato e aveva fondato il suo regno), si dirigono lì e fondano Pergamo. Improvvisamente giunge una terribile pestilenza e di notte i Penati appaiono in sogno ad Enea ordinandogli di andarsene e di dirigersi nell' Esperia, 'la terra dei padri', dove era nato Dardano e suo padre Iasio.
Così Enea approda nelle Strofadi, abitate dalle arpie, dove Celeno gli profetizza la grande fame che  lui ed i suoi uomini patiranno una volta giunti in Italia.
Lasciate le Strofadi e superate le isole sotto di dominio di Ulisse (Itaca, Dulichio, Zacinto e Same), i Troiani arrivano sul promontorio di Azio, offrono sacrifici nel tempio di Apollo e celebrano i giochi Iliaci per l'anniversario della caduta di Troia. Enea pone sulle porte del tempio lo scudo di Abante, trofeo di guerra.
Dopo un anno si recano a Butroto, in Epiro, dove regna Eleno, ora sposo dell'infelice Andromaca che piange ancora il defunto marito Ettore ed il figlio Astianatte. Tramite lui Enea ha la conferma che si deve dirigere nell'Esperia e, dopo aver superato  Scilla e Cariddi, sbarca in Sicilia, in cui scampa all'attacco del ciclope Polifemo, salvando anche Achemenide, un superstite compagno di Ulisse.Dopo aver lasciato le spiagge sicule, i Troiani giungono infine nel porto di Drepano, dove muore Anchise, esausto per il continuo viaggiare.

TEMATICA

Il terzo canto è incentrato su un tema assai ricorrente nella letteratura occidentale, ovvero sul viaggio che Enea compie al fine di arrivare nella terra destinata alla stirpe troiana. Questo viaggio non è voluto, come quello di Odisseo, che desiderava ardentemente tornare in patria, ma piuttosto è subìto eroicamente; Enea , infatti, si limita ad ubbidire al volere degli dei: è sempre per costrizione che deve abbandonare la sua casa, vagare per terra e per mare, imbattersi in una serie di disavventure, superare prove, scampare a pericoli per poi raggiungere il proprio scopo. C'è da notare, inoltre, che non agisce mai di sua iniziativa e non presenta nè sete di conoscenza, né spirito d'avventura,  caratteri che invece appartengono all'eroe omerico.
Nonostante Enea abbia nostalgia della patria e la sofferenza per la perdita dei compagni, la sua costante pazienza, la fermezza e l'eroica ubbidienza alla volontà divina prevalgono nei suoi sentimenti gli permettono di non arrendersi di fronte alle continue disavventure e fanno di lui l'eroe che più di ogni altro impersona la virtus e la pietas. Attraverso questo eroe Virgilio valorizza la straordinaria storia di Roma, che è il proddotto del favore divino e della virtù del suo popolo.

 LESSICO

Antandro: (il declivio di Antandro e i gioghi del frigio Ida): città in Asia Minore sul golfo Adramitteno,  che sorge su un pendio ai piedi del monte Ida.uche sorge su un pendio ai pieo
Monte Ida: (detto Ida frigio): monte che si trova in Asia Minore da non confondersi con l'ononimo monte che si trova a Creta.
Austro: uno dei quattro venti, quello del sud.
Micono: isola nelle Cicladi.
Timbreo: Appellativo di Apollo, così chiamato dalla città di Timbra, nella Troade, dove sorgeva un tempio dedicato al suo culto.
Nereidi: ninfe marine, figlie di Nereo (divinità marina).
Re Anio: uno dei figli di Apollo, era primo sacerdote di Apollo a Ortigia (l'isola greca di Delo che fa parte delle Cicladi), tramite lui Enea ed Anchise possono consultare l'oracolo di Apollo.
Terra sacra a Marte... regnata un tempo dall'aspro Licurgo: Chersoneso tracico in Tracia tra l'Ellesponto e il golfo di Melas, dove avviene l'episodio di Polidoro.
Licurgo:Secondo la mitologia greca Licurgo era re della Tracia e fiero nemico di Dioniso.
Madre Dionea: venere
Campi getici: campi dei Geti, popolazione della Tracia.
Polidoro: figlio di Priamo ed Ecuba
Averno: regno degli Inferi
Sibilla: vergine dotata di virtù profetiche ispirata da Apollo.
Chiglia: trave longitudinale dello scafo di una nave.
Lorica: pezza d'arme che copriva petto, pancia, fianchi e schiena fino alla cintura, come una corazza .
Giovenco: bue giovane
Parche: corrispettivo delle Moire greche.
Ausonia: nome più antico dell'Italia che va dal Lazio Meridonale alla Sicilia.
Vesti storiate: vesti ornate con raffigurazioni relativi a episodi della storia o della religione
Clamide: nell’antichità greco-romana, un tipo di mantello corto e leggero, orlato d'oro .
Encleado:uno dei Giganti, figlio di Gea.
Scilla e Cariddi: secondo la mitologia greca erano mostri marini situati nello stretto di Messina.
Pietrose corniole: pietre presiose di color rosso-arancione.
Lordare: sporcare
Trinacria: antico nome greco che indica la Sicilia.
Artigli adunchi: artigli curvi
mirto: pianta sacra a Venere.
mense: dischi di cereale sulla quale si deponeva il cibo.
Mani: nella religione romana erano le anime dei defunti.
Profluvio:Flusso abbondante di un liquido
Bosco idèo: bosco del monte Ida, a Creta.
Selinunte: Antica colonia di Megara Iblea sulla costa sudoccidentale della Sicilia

 

 PROFEZIE

LA PROFEZIA DEI PENATI: fondata la città di Pergamo a Creta, si propaga tra i Troiani una terribile pestilenza, e di notte appaiono in sogno ad Enea i Penati ( gli spiriti protettori della patria), che gli ordinano di fuggire da Creta per raggiungere l'Esperia, chiamata anche Italia, la terra dove sorse Dardano ed il padre Iaso, fondatori della stirpe troiana: è lì che avrà sede la gloriosa stirpe di Enea.
RIFERIMENTO ALLA PROFEZIA DI CASSANDRA: Enea riferisce la profezia annunciata dai penati in sogno ad Anchise, che si rammenta allora le parole di Cassanndra, la profetessa inascoltata, che prevedeva la stessa sorte alla stirpe troiana.
PROFEZIA DI CELENO: Enea edi suoi uomini sbarcano nelle isole Strofadi (isole nello Ionio) e assalgono con le armi le arpie, creature mostruose, con viso di donna e corpo d'uccello. Una di queste, Celeno, l'infausta profetessa, predice ad Enea ciò che Apollo le aveva rivelato, che a sua volta aveva udito da Giove : una volta arrivati in Italia, la fame li avrebbe costretti a divorare perfino le mense.
PROFEZIA DI ELENO: i Troiani sbarcano nelle coste dell' Epiro, il cui regno era stato consegnato da Pirro a Eleno e quest'ultimo gli profetizza che quando sarebbe giunto in Italia avrebbe visto stesa sul lido una scrofa che allatta trenta cuccioli e che quindi lì avrebbe dovuto fondare la nuova città, ma gli predice anche che prima di ciò avrebbe dovuto superare Scilla e Cariddi per poi recarsi a Cuma dalla Sibilla che lo avrebbe condotto agli inferi; tralascia, invece, la morte del padre Anchise che avverrà una volta arrivati al porto di Drepano .

 

 

 

 

 

QUARTO LIBRO

RIASSUNTO

Didone, ardente d'amore per Enea, confida alla sorella Anna la sua preoccupazione, poiché non vuole tradire la memoria del marito Sicheo, ma lei la rassicura e le consiglia di sposarsi con Enea, dato che il matrimonio sarebbe stato assai vantaggioso per lei e per Cartagine. Dopo un periodo inquieto in cui Didone mostra a Enea la città, di cui ha interrotto la costruzione, Giunone, credendo di ingannare Venere con l'intenzione di ritardare l'arrivo di Enea in Italia, le propone di permettere la loro unione, escogitando di farla avvenire il giorno seguente, durante una battuta di caccia, in una grotta, a seguito di una tempesta. Così avviene, dato che Venere non contraddice Giunone.
La terribile Fama diffonde tra gli abitanti della città la notizia dell’amore tra Enea e Didone. Il re Iarba, che aveva aiutato Didone donandole il terreno su cui lei aveva costruito Cartagine, nell’apprendere la notizia, viene preso dall’ira e dalla gelosia (era stato respinto) e prega Giove di rendergli giustizia. Giove manda Mercurio da Enea per richiamarlo al suo dovere di fondare una nuova patria in Italia. Mercurio parte immediatamente e, attraverso le nuvole nere, i venti e le piogge che si addensano sulla Terra, raggiunge le rive della Libia dove, a Cartagine, trova Enea impegnato nella costruzione di nuove case e torri. Con veemenza riferisce l’ordine di Giove, che lascia smarrito l’eroe. Quest’ultimo decide di affidare ad alcuni compagni il compito di preparare le navi per la partenza senza che Didone se ne avveda. Didone però non si lascia ingannare e affronta furente Enea, accusandolo di volersi dare alla fuga di nascosto. Lo accusa anche di lasciarla alla prepotenza di Iarba e di Pigmalione, e rimpiange di non aver avuto da lui neppure un figlio. Enea, pur addolorato, risponde con fermezza che non è sua intenzione darsi alla fuga; sono gli Dei che vogliono che lui parta alla conquista di una terra straniera (l’Italia). Se fosse dipeso da lui, sarebbe tornato a Troia per ricostruire la città che era la sua patria e dove erano i suoi affetti. Allora Didone gli manifesta tutto il suo disprezzo dicendo che lei si suiciderà e lo seguirà dovunque per maledirlo. Il "pio" Enea, tormentato anch'esso dalla passione d'amore, decide di affrettare la partenza delle navi. Nonostante tutto, la regina, in un estremo tentativo, manda sua sorella Anna a supplicarlo di trattenersi ancora un po' di tempo per aspettare venti più propizi per partire. Ma tormentata dal dolore decide di suicidarsi per porre fine a tanta sofferenza; nel frattempo Enea, destato dai compagni, decide di fuggire subito. All'aurora, vedendo il porto vuoto, Didone invoca gli dei, maledicendo Enea con odio,  augurandogli sventure, persecuzioni e guerra eterna tra i loro popoli. Giunta sulla pira funeraria, si trafigge con una spada, dopo aver allontanato la nutrice e la sorella, che, alla notizia del suicidio, torna correndo e la sorregge, chiedendosi perché non le avesse confidato le sue intenzioni: avrebbe potuto seguire il suo stesso destino. Giunone invia poi Iride a sciogliere la regina dal suo corpo e a recidere il capello biondo della sua vita.

TEMATICA

Il tema principale del Quarto libro è l'amore di Didone e il suo tormento. Virgilio si concentra sulla descrizione dei forti sentimenti della regina, che all'inizio sono d'amore molto intenso, infuso dal dio Amore, ma alla fine si trasformano in una folle disperazione.
Inizialmente Didone è preoccupata poiché, pur non volendo tradire la memoria del marito, è arsa dal caecus ignis, il fuoco cieco dell'amore, il furor che la rende inquieta. Ma questa inquietudine se ne va dopo l'unione con Enea: a questo punto Didone dimentica la devozione per il marito Sicheo (“Didone non si preoccupa di apparenze o di fama, ormai non medita un amore furtivo; lo chiama connubio; vela con questo nome la colpa”) e si abbandona ai sentimenti. È questo “il primo giorno di morte, e la prima causa di sventure”: la terribile Fama diffonde subito la notizia, che giunge anche al re Iarba, che Didone aveva rifiutato nonostante egli le avesse fornito la terra dove avrebbe fondato Cartagine. Egli, geloso e irato, si rivolge a Giove, che manda Mercurio a ricordare a Enea che il suo destino è di arrivare in Lazio e fondare una nuova città. Così Enea pianifica la partenza in segreto, pensando di avvertire la regina in seguito, ma lei se ne accorge (“chi ingannerebbe un'amante?”) e in un doloroso colloquio con Enea tenta di convincerlo a rimanere con lei; ma egli, mostrando tutta la sua pietas (rinuncia all'amore di Didone e a una vita “tranquilla” con lei per seguire il destino affidatogli dagli dei), reprime la tristezza, trattiene le lacrime, non riesce a dire tutto ciò che vorrebbe dire a Didone, ma è intenzionato a partire. Ella, terribilmente affranta e adirata, maledice Enea, chiamandolo ora perfidus, gli augura di morire tra gli scogli e gli promette che sarà perseguitato dal sue ricordo e dal suo fantasma. Prima di uccidersi, pazza di dolore, gettandosi su una spada dardania, Didone maledice nuovamente Enea e il suo popolo: arrivato in Lazio, dovrà combattere terribili guerre prima di trovare la pace, i Cartaginesi e i Romani saranno eterni nemici e dalle ossa di Didone nascerà un vendicatore.
Questo vendicatore, ultor, sarà Annibale. Il libro, infatti, ha anche una funzione eziologica: spiega che la causa delle guerre Puniche, in particolare della seconda, è la maledizione di Didone. Il poema è quindi storico, e Virgilio prende spunto anche da opere di autori romani precedenti, delle quali a noi sono pervenuti soltanto frammenti: la traduzione dell'Odissea di Livio Andronico, il “Bellum Poenicum” di Nevio, gli “Annales” di Ennio, che raccontano la storia di Roma dalle origini.
La descrizione approfondita e commovente dei sentimenti e delle riflessioni non è tipica dell'epica omerica, in cui spiccano valori come la gloria e l'abilità in guerra, ma di un altro tipo di composizione greca, la tragedia, imitata e ripresa nella letteratura romana di quel periodo. Nell'Iliade, per esempio, si trova una situazione analoga a quella di Didone, cioè di una donna abbandonata, nella vicenda di Ettore e Andromaca, ma le motivazioni dei due uomini e la reazione delle donne sono differenti nei due episodi. Ettore abbandona la moglie Andromaca per ottenere il κλέος in battaglia e lei se ne rende conto, perciò, sebbene cerchi di trattenerlo, sa che è quello il suo destino e dovrà seguirlo; Didone, al contrario, non sa rassegnarsi e accettare il destino di Enea, che è spinto dalla pietas e sa sacrificarsi per rispettare le decisioni degli dei.

LESSICO
Erebo: Nella mitologia greca, il tenebroso mondo sotterraneo, dimora dei defunti. [dal lat. Erĕbus, gr. ῎Ερεβος].
Mani: nome con cui gli antichi Romani designarono le anime dei defunti, che talora salivano a vagare sulla terra; originariamente affini alle divinità infernali, divennero dall’età augustea le anime placate degli antenati, oggetto, analogam. ai Lari e ai Penati, di culto personale e familiare. [dal lat. Manes, propr. plur. sostantivato dell’agg. arcaico manis«buono»]
Getulo: Appartenente ai Getuli (lat. Gaetūli o Getūli, gr.Γαίτουλοι, Γαιτοῦλοι), popolazione indigena dell’Africa settentr., menzionata dagli antichi scrittori con scarsa precisione di notizie.
Bidente: 1. Animale, di solito la pecora, che è alla seconda dentizione, cioè di due anni. 2. a. Strumento agricolo a forma di zappa a due denti, conosciuto e adoperato fin dalle età più antiche, che serve a scavare la terra, rompere zolle rovesciate dall’aratro, ecc. b. Forca a due rebbî, con manico di legno, adoperata dagli agricoltori per varî usi. [dal lat. bidens -entis, comp. di bi- «due» e dens «dente»]
Invasare:  Di sentimento violento, impossessarsi dell’animo e della mente in modo da escludere ogni altro sentimento e muovere ad agire ciecamente, senza riflessione. Più com., essere invasato dal demoniodallo spirito maligno, esserne posseduto; spesso in senso fig., essere fuori di sé, in preda al furore. [der. di invaso, part. pass. di invadere]
Ditteo: Del monte Ditte, o Dicte, nell’isola di Creta, sacro a Giove (detto perciò Zeus Dicteo), perché in esso si trova la grotta (antro d.) dove secondo il mito il dio sarebbe stato deposto da bambino e allevato. [dal lat. Dictaeus, gr. Δικταῖος]
Febeo: Di Febo (in quanto dio del Sole o dio della poesia); sacro a Febo; degno di Febo. [dal lat. Phoebēus, gr. Φοιβήϊος e Φοίβειος]
Disamore: Mancanza d’amore, di attaccamento; indifferenza. [comp. di dis-1 amore]
Imeneo: Forma della poesia lirica corale degli antichi Greci, consistente nel canto nuziale che si cantava in coro mentre si conduceva la sposa in casa dello sposo. - Le nozze, il matrimonio. [dal lat. hymenaeus, gr. ὑμέναιος]
Avversare: Essere contrario a persona o cosa e ostacolarla con i fatti. [dal lat. adversari, der. di advertĕre «volgere verso», part. pass.adversus]
Clamide:  Sorta di mantello di lana che gli antichi Greci portavano come indumento sia civile sia militare sopra la tunica, soprattutto andando in viaggio o a cavallo; aveva forma di rettangolo, con taglio a semicerchio sul lato superiore, ed era fermato con una fibbia sul petto o su una spalla; ad Atene veniva consegnata ai fanciulli quando raggiungevano i 18 anni.  [dal lat. chlamys -y̆dis, gr. χλαμύς -ύδος]
Alacre: Svelto, sollecito. [dal lat. alăcer -cris]
Imbelle: Propr., inetto alla guerra, ma di solito usato con sign. estens., fiacco, debole, vile. Riferito a cosa, propria di chi è imbelle, o che è segno, manifestazione di viltà, di effeminatezza, di impotenza. [dal lat. imbellis, comp. di in- bellum «guerra»]
Scolta: Sentinella, guardia. [incrocio dell’ant. scolca con ascoltare]
Istoriare: Adornare una superficie con la raffigurazione (in pittura, scultura, ecc.) di immagini relative a fatti storici o sacri o leggendari. [der. di istoria, variante ant. o letter. di storia, nel senso di «figurazione di un fatto»]
Ausonio: Dell’Ausonia, denominazione usata dagli scrittori greci dell’ellenismo per designare l’Italia non greca e, per metonimia, dai poeti romani e poi da quelli italiani per indicare l’Italia. [dal lat. Ausonius]
Dissuggellare: Dissigillare, togliere il sigillo. Anche in senso fig., letter., aprire, schiudere. [der. di suggello, col pref. dis-
Defraudare: Sottrarre con frode, non dare a qualcuno ciò che gli spetta. [dal lat. defraudare, der. di fraus fraudis «frode»]
Ircano: Dell’Ircania, regione dell’antica Persia, nota nell’antichità e ricordata nella poesia italiana d’ispirazione classica per la sua montuosità e boscosità e per l’abbondanza di tigri che la popolavano e che si dicevano ferocissime. [dal lat. Hyrcanus, gr. ῾Υρκανός]
Soporoso: Che induce sopore, che concilia il sonno [der. di sopore]
Serto: Ghirlanda, corona.  [dal lat. sertum «corona», neutro sostantivato di sertus, part. pass. diserĕre «intrecciare»]
Croceo:
Che ha il colore dello zafferano. [dal lat. croceus, der. di crocus «croco»]
Tolda:
Termine usato nel passato (nel periodo delle navi a vela), e oggi rimasto nell’uso letter., non marinaresco, per indicare la coperta, cioè il primo ponte scoperto, delle navi. [dal port. tolda, spagn Tiade: Uno dei nomi, accanto a menade e baccante con i quali nell’antica Grecia si indicavano le donne che partecipavano ai riti orgiastici dionisiaci.
Iarba (lat. Iarbas): Mitico re africano dei Getuli (o dei Mauri o dei Numidi), figlio di Giove Ammone e della ninfa Garamantide, concesse a Didone la terra su cui fondò Cartagine, quindi la chiese in sposa ma ne fu respinto; dopo l’arrivo di Enea, mosse guerra alla regina.
Penteo (gr. Πενϑεύς): Mitico re di Tebe, figlio di Echione e di Agave, figlia di Cadmo. Si oppose all’introduzione in Tebe del culto di Dioniso, suscitando l’ira del dio che lo fece sbranare dalle donne tebane invasate, guidate da Agave stessa. Il mito è argomento delle Baccanti di Euripide.
tolda, di origine incerta]

 

EPITETI


sfrenati Numidi
inospitali Sirti
furenti Barcei
Cerere legislatrice
Giunone, la diletta sposa di Giove
regale Giunone
Giunone pronuba (epiteto delle divinità femminili protettrici delle nozze)
la Terra madre
Cillenio (Mercurio)
Apollo Grineo (di Grineo, antica città della Misia)
augure Apollo
bellissima Didone
infelice Didone
pio Enea



ESPRESSIONI  LATINE

Adgnosco veteris vestigia flammae. “Riconosco i segni dell'antica fiamma.” v.24, Didone parla dell'amore per Enea
demens “folle” v.78, riferito a Didone
infandum “indicibile” v.85, l'amore di Didone
Ille dies primus leti primusque malorum / causa fuit. “Quello fu il primo giorno di morte, e la prima causa di sventure.” v.169-170, riferito al giorno in cui Didone ed Enea si uniscono.
...Sequar atris ignibus absens
et, cum frigida mors anima seduxerit artus,
omnibus umbra locis adero. Dabis, improbe, poenas;
audiam, et haec Manis veniet mihi fama sub imos.
“T'inseguirò lontana con neri fuochi, e quando la fredda morte avrà separato le membra dall'anima, ti sarò fantasma dovunque. Subirai il castigo, malavgio. Saprò, e la fama verrà tra i Mani profondi.” vv.384-387, maledizione di Didone.
Improbe Amor, quid non mortalia pectora cogis! “Crudele amore, a cosa non spingi i cuori umani?” v.412
Exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor “E sorgi, vendicatore, dalle mie ossa” v.625

 

 

QUINTO LIBRO

 

RIASSUNTO

Salpato da Cartagine, Enea naviga con i compagni, quando una tempesta, preannunciata da un cielo pieno di nubi minacciose, si abbatte su di loro. Allora Palinuro, timoniere della nave, dirige la flotte verso le coste della Sicilia, dove Enea e i compagni trovano ospitalità presso il troiano Aceste. Il mattino seguente, per celebrare la ricorrenza della morte di Anchise, Enea indice dei giochi funebri in suo onore. In seguito, recandosi verso la tomba del padre, compie numerosi sacrifici immolando vittime e spargendo sul suolo latte e vino. Trascorsi nove giorni dall’arrivo di Enea in Sicilia, hanno inizio i giochi funebri. Questi ultimi erano articolati in quattro competizioni: una regata, una corsa, una lotta e una gara con arco e frecce. La prima viene vinta da Cloanto, la corsa da Eurialo, la lotta da Entello e infine l’ultima competizione da Aceste. Successivamente, per volere di Enea, ha luogo  un torneo di cavallo per i più piccoli, al quale partecipa anche Ascanio, che riesce a ottenere la vittoria. Al termine dei giochi, la dea Giunone manda Iride dalle donne troiane, sotto le sembianze di una vecchia moglie di Driclo, Beroe. La Dea giunge così presso le navi di Enea e, istigando le donne troiane a dare fuoco alle navi, perché stanche dal troppo viaggiare, ostacola Enea. Egli, comprendendo la situazione, si rivolge a Giove il quale placa l’incendio e fa in modo che solo quattro navi siano bruciate. Durante la notte appare in sogno ad Enea il padre Anchise, il quale consiglia al figlio di lasciare in Sicilia le donne e gli uomini meno valorosi e di proseguire il viaggio solo con i più fidati. Enea allora traccia i confini di una nuova città dove gli altri sarebbero rimasti e, dopo pochi giorni, parte diretto verso il Lazio. Durante la navigazione, però, Palinuro, ingannato dal sonno, si addormenta e, scivolando in mare, muore.

CONFRONTO CON  ILIADE E ODISSEA

Nel canto V dell'Eneide vengono narrati i giochi funebri che Enea organizza in commemorazione della morte del padre Anchise, avvenuta precisamente un anno prima. I giochi sono articolati in quattro gare: la regata, la corsa, la lotta e la gara con arco e frecce.
Analogamente nel canto XXIII dell'Iliade sono riportate le gare che si svolgono per volere di Achille in onore della morte dell' amico Patroclo. Queste ultime sono sette: la corsa dei cocchi, il pugilato, la lotta, la corsa, il duello, il lancio del peso e la gara con l'arco e le frecce.
Nel libro VIII dell'Odissea sono descritti i giochi che si tengono presso l'isola dei Feaci, indetti in onore dell'ospite Odisseo. In quest'ultimo poema i giochi si svolgono con molte più gare, quali la corsa, la lotta, il lancio del disco, attraverso cui si scontrano Laodamante e Odisseo, che risulta vincitore.
In tutti i poemi, gli eroi che svolgono competizioni vengono premiati con ricchi doni, quali animali, donne schiave, armi pregiate o calici offerti personalmente dai promotori dei giochi. Nell'Iliade, come nell'Odissea e nell'Eneide, il ruolo degli dei risulta fondamentale; talvolta questi ultimi, per accrescere l'onore e la gloria di coloro che sostengono, si intromettono nelle gare permettendo ad alcuni eroi di prevalere su altri.

 

PROFEZIE

Profezia di Anchise a Enea (versi 728-740): 
"Obbedisci ai consigli che ora ti dà bellissimi il vecchio Naute; porta in Italia giovani scelti, i cuori più forti; nel Lazio devi debellare un duro popolo e di rude vita. Tuttavia recati prima nelle inferne sedi di Dite; nel profondo Averno, figlio, vieni all'incontro con me. Non m'accoglie l'empio Tartaro, tristi ombre; mi trovo nelle amene adunanze dei pii e nell'Eliso. La casta Sibilla ti condurrà qui per molto sangue di nere vittime. Allora apprenderai la tua discendenza, e le mura assegnate. Ora addio, l'umida Notte si volge a metà del percorso, e il crudele Oriente mi sfiora coi cavalli anelanti". Disse, e tenue fuggì come fumo nell'aria.

LESSICO

Pertica: stanga, bastone di legno piuttosto lungo.
Effluvio: esalazione di un odore gradevole o sgradevole.
Armigero: coperto di armatura; anche bellicoso.
Virgulto: arbusto con rami sottili e numerosi.
Ansito: respiro affannoso.
Divelto: sradicato, strappato con forza.
Consesso: adunanza di persone ragguardevoli.
Bipenne: ascia.
Polito: liscio, levigato, pulito.
Balteo: cintura di cuoio portata a tracolla.
Cesellato: lavorato con il cesello (strumento che serve a scolpire finemente sul metallo).
Getuli: popolazione indigena dell’Africa settentrionale.
Vello: mantello degli animali produttori di lana.
Patera: presso gli antichi Romani, utensile utilizzato nei sacrifici.
Impubere: di adolescente non giunto ancora alla pubertà.
Terrapieno: ammasso di terra (es. per fortificazioni),
Recesso: luogo dove ci si ritira per trovare riposo e solitudine; luogo solitario, nascosto, recondito.
Smergo: nome comune di alcune specie di uccelli del genere Smergus della famiglia anatidi.

EPITETI

Giove garante.

Pio Enea.

Navi stanche.
Dardanidi grandi.
Argolico mare.
Veloci navi.
Agili frecce.
Ausonio Tevere.
Bronzea poppa.

 

SESTO LIBRO

 

RIASSUNTO

In seguito ai giochi funebri in onore di Anchise, Enea e la sua flotta sono approdati alle spiagge di Cuma. Mentre i giovani festeggiano euforici attorno al fuoco, Enea sale al tempio di Apollo. Dopo aver osservato i bassorilievi dell’edificio (su cui Dedalo, costruttore del labirinto del Minotauro e del tempio stesso, ha raffigurato la sua storia, senza citare il suo defunto figlio Icaro, poiché sconvolto dal doloroso ricordo), ha un colloquio con la Sibilla Cumana, sacerdotessa di Apollo; ma prima di poter interrogare l’oracolo gli viene imposto di sacrificare sette giovenchi e sette agnelle. Poi la Sibilla, invasata e trasformata dal dio all’interno della montagna con cento grotte, offre un responso ai Troiani sconcertati e ad Enea, che promette di onorare degnamente Apollo qualora gli sia concesso in futuro di fondare una città nel Lazio. Il dio afferma che, una volta scampati i pericoli del mare, le pene non cesseranno, ma molte guerre, condotte da un “nuovo Achille” e causate ancora una volta da Giunone e da una sposa contesa, sconvolgeranno il popolo dei Teucri. Lo incita però a non arrendersi, perché giungerà il tempo della fondazione, anche grazie all’aiuto di una città greca. Enea allora domanda, facendo riferimento a Orfeo e Polluce, discendente come lui di Zeus, come poter scendere nell’Averno per rivedere il padre Anchise. La Cumana avverte l’eroe troiano della difficoltà del risalire alla luce dalle profondità infernali, che sono attraversate dal fiume dei Gemiti. Se Enea vuole avere la speranza di poter ritornare vivo, deve prima trovare un ramo d’oro che cresce su un albero nascosto all’interno del bosco, e che, una volta strappato, ricresce immediatamente, e portarlo in dono a Proserpina. Inoltre, anche se Enea ancora ne ignora la perdita, deve dare sepoltura ad un caro amico, che si rivelerà essere il valoroso Miseno, scudiero di Ettore, caduto dalla nave nel mare agitato. Enea cerca invano il ramo, fino all’intervento della madre Venere. Questa invia due colombe al figlio perché gli facciano da guida fino al ramoscello.
Una volta cremata la salma di Miseno e onorato l’intrepido guerriero, il re dei Teucri porta la fronda dorata alla Sibilla, che lo conduce verso una grotta affacciata su un lago nero, le cui esalazioni impediscono a qualsiasi uccello di sorvolare lo specchio d’acqua (da qui il nome di Averno). Dopo che Enea ha compiuto nuovi sacrifici a Proserpina, alla Notte e alla Terra, il suolo comincia a tremare e a produrre versi bestiali. La sacerdotessa accompagna Enea dentro l’Averno, che viene descritto dettagliatamente. L’eroe, sguainata la spada di fronte a creature che non sembrano intangibili fantasmi quali sono, viene condotto verso il fiume Acheronte, dove trova Caronte, traghettatore infernale, intento a imbarcare una schiera di anime di ogni genere, abbandonando sulla riva le ombre degli insepolti. In questa commovente massa sofferente egli scorge Leucaspi e Oronte, compagni troiani naufragati, e si imbatte nel timoniere Palinuro, caduto in acqua per sua distrazione nonostante Apollo avesse predetto la sua sopravvivenza al viaggio. Questi racconta di essersi preoccupato, più che per se stesso, per la possibilità che i compagni, privi di un timoniere, potessero fare naufragio, e di aver raggiunto a nuoto le spiagge dell’Italia, dove la popolazione locale lo ha ucciso credendolo un nemico. Prega poi Enea di seppellirlo, facendosi aiutare dagli dei se ne avesse bisogno. La Sibilla gli predice allora una sepoltura che gli verrà data dagli abitanti di un luogo che sarà in suo onore chiamato Palinuro.
Proseguendo il cammino, vengono fermati da Caronte, che li informa aspramente di non poter lasciar entrare anime vive nell’Averno, e ricorda con disappunto la storia di Ercole. Il ramo dorato convince però Caronte, che li traghetta facendo loro posto fra le anime, e la Cumana placa il mostruoso Cerbero, guardiano tricefalo, con una focaccia soporifera. Minosse ha il compito di smistare le anime: ci sono i morti neonati, i condannati ingiustamente a morte, gli sciagurati suicidi, che vengono avviluppati dallo Stige, e, nei Campi del Pianto, i sofferenti per amore. Qui, fra altre donne innamorate, trova Didone, che gli volta le spalle nonostante le sue disperate suppliche, non comprendendo l’obbedienza dell’amato nei confronti degli dei, e raggiunge lo sposo Sicheo. Fra le anime dei guerrieri coraggiosi Enea trova molti dei suoi compagni, fra cui Deifobo, mutilato e sfregiato, al quale racconta stupito di averlo saputo morto nella notte del cavallo e di avergli eretto un tumulo non trovando il suo corpo. Deifobo racconta la sua tragica morte, del tradimento di Elena e dell’inganno di Ulisse, riservando per loro parole di biasimo e disprezzo.
Cala la notte, e la Sibilla chiede ad Enea se vuole proseguire verso la città di Dite o verso il Tartaro. Deifobo si allontana, e l’eroe osserva dapprima il Tartaro, dove le anime giudicate dannate da Radamanto, fratello di Minosse, vengono tormentate da Tisifone e dalle Furie, e dove sono gettati i Titani. Questi ultimi vengono descritti dettagliatamente, e le loro pene sono terribili: il fegato di Tizio è roso da un’aquila, altri sono sovrastati da un masso presso una tavola imbandita, colma di cibo che, poiché sorvegliato dalle Furie, non riescono a consumare. Vi sono le anime di chi odiò i fratelli o il padre, degli ingannatori dei poveri, degli avari, degli adulteri, dei guerrieri empi, dei traditori dei padroni, e di moltissimi altri, come Teseo o Flegiàs.
All’ingresso della città di Dite, presso cui si trova l’Idra, Enea compie un rito catartico e appende il ramo d’oro.
Nei meravigliosi Campi Elisi, descritti come un vero e proprio locus amoenus, l’eroe dei Teucri vede un gruppo di persone dilettarsi nelle arti e nei giochi, banchettare cantando, e qui trova Orfeo intento a suonare. Poi incontra alcuni antichi valorosi della sua stirpe, come Ilo, Assaraco e persino Dardano, fondatore di Troia. La Sibilla chiede, rivolgendosi soprattutto a Museo, discepolo del cantore, dove si trovi Anchise. Museo, affermando che le anime dei Campi Elisi non stazionano in un luogo fisso, li porta sulla sommità di una collina. Anchise vede il figlio, e gli tende le mani parlandogli commosso; Enea risponde che è stato il desiderio di rivederlo a spingerlo alla catabasi. Dopo che Enea ha provato invano ad abbracciarlo, Anchise, mostrandogli i Campi Elisi, ne asseconda la curiosità spiegando che le anime, commettendo i peccati, vengono come “sporcate”, e una volta ripulite scontando le pene, con un processo millenario, giungono purificate ai Campi Elisi; successivamente, presso il Lete, attendono di prender posto in un nuovo corpo.
Qui Anchise si dilunga in quella che può essere considerata una amplissima profezia, enunciando una nutrita lista dei futuri eroi romani, alternando cenni storici a nomi di gentes, citando fatti e persone con grande eccitazione: Catone o Fabio Massimo, ad esempio. Senza dimenticare, ovviamente, di parlare di Cesare, ma soprattutto di Augusto, e profetizzando la prematura morte del suo eccezionale nipote Marcello.
Enea e la Sibilla, accompagnati infine da Anchise fino alla porta d’avorio dei sogni, ritornano nel mondo dei vivi, e l’eroe si dirige verso le navi.

 

PROFEZIE E FRASI IMPORTANTI

“Tu regere imperio populos, Romane, memento
(hae tibi erunt artes) pacique imponere morem
parcere subiectis et debellare superbos” (vv. 851-853)
Di, talia Grais instaurate, pio si poenas ore reposco (v. 529)
Discite iustitiam miniti et non temnere divos (v.620)
“[…] o comprimi di terra, poiché lo puoi, e cerca di porto di Velia”
“[…] Cessa di sperare che i destini degli Dei si pieghino pregando. Ma accogli memore le parole, conforto della dura sorte. I vicini, spinti in lungo e in largo per le città da prodigi celesti, espieranno le tue ossa, e ti porranno un tumulo, e al tumulo faranno offerte, e il luogo avrà eterno il nome di Palinuro”
“[…] Non si possono attraversare le rive paurose e la rauca corrente, prima che le ossa riposino nella tomba”
“[…] Desine fata deum flecti sperare precando”
Lo Stige, ovvero il fiume del lamento, è uno dei cinque fiumi negli Inferi secondo la mitologia greca e romana

 

NOMI

Xanto e Simoi: Scmandro e Simoneta (personaggi che nell’Iliade si scontrano con Achille)
Polluce: figlio di Giove
Sibilla: profetessa di Cuma
Miseno: figlio di Eolo
Turno: re dei Rutuli:
Venere: madre di Enea
Stigii Regni: fiume del regno degli inferi
Flegias: appartenente alla categoria degli empi offensori degli Dei, per vendicare la figlia Coronide rapita e uccisa da Apollo, incendia il tempio del Dio a Delfi
Tisifone: una delle furie del Tartaro, che tortura incessantemente le anime dei peccatori
Tizio: uno dei Titani figli di Terra
Radamanto di Cnosso: fratello di Minosse, giudica nel Tartaro coloro che hanno commesso inganni o frodato persone senza essere redenti in vita
Caronte: traghettatore dell’Ade
Leucaspi: giovane licio che seguì Sarpedonte nelle guerra di Troia
Oronte: illustre licio che prende il posto di Glauco nella guerra di Troia
Palinuro: timoniere di Enea, caduto in mare di notte per inganno del Dio Sonno
Austro (Noto o Ostro): nome di uno dei figli di Eos e Astreo. Egli era uno dei quattro venti
Teseo: leggendario re di Atene, figlio di Etra ed Egeo (o Poseidone)
Piritoo: re dei Lapiti, si pensava fosse figlio di Zeus e Dia
Dite: Dio degli Inferi, equivalente ad Ade nella mitologia Greca
Proserpina: versione romana della Dea Persefone o Kore, sposa di Ade
Cerbero: uno dei mostri che erano a guardia alle porte dell’Ade
Minosse: saggio e giusto re di Creta
Fedra: figlia di Minosse e Pasifae
Procri: figlia di Eretteo, re di Atene, e sorella di Creusa, Crizia e Ctonia
Erifile: figlia di Lisimaca e Telao, re di Argo, e sorella di Adrasto
Evadne: figlia di Poseidone
Pasifae: personaggio della mitologia greca, figlia di Elio e di Perseide, una ninfa oceanina. Madre del Minotauro
Laodamia: figlia di Acasto e moglie di Protesilao
Ceneo: Cenis, fortissimo guerriero e condottiero, mutò il nome in Ceneo.
Didone: regina fenicia, fondatrice di Cartagine
Tideo: eroe della mitologia greca. Partecipò alla spedizione dei sette contro Tebe
Adrasto: antico re di Argo
Glauco: figlio di Poseidone e di una Naiade
Tersiloco: guerriero troiano e compagno di Enea nelle sue peregrinazioni
Cerere:divinità materna della terra e della fertilità
Deifobo: principe troiano figlio di Priamo ed Ecuba

LESSICO

Sordido: sporco
Vegliardo: vecchio e autorevole
Ferrigno: simile al ferro
Annoso: che ha molti anni
Inclito: illustre, famoso, glorioso
Livido: di colore plumbeo
Esecrabile: che merita esecrazione, ovvero un sentimento di orrore e disprezzo estremo
Nocchiero (nocchiere): colui che guida una nave
Ausonio: italico
Divellere: strappare con forse, sradicare
Invitto: che non conosce sconfitta
Offa: focaccia di farro
Tergere: pulire asciugando
Tartareo: del Tartaro, infernale
Casto: puro, continente, sobrio, specialmente a livello sessuale
Giunco: pianta erbacea
Fanghiglia: mota, melma
Glauco: di colore celeste, tendente al verde
Torvo: bieco, feroce e minaccioso
Lenire: calmare, mitigare
Lido: lingua sabbiosa che separa le lagune dall’alto mare
Mesto: che prova mestizia, ovvero un sentimento di dolore durevole e contenuto
Virgulto: piccola pianta giovane

FIGURE RETORICHE

Iperbato: Progenie ancor egli è di Dea
Anastrofe: e tutto io sono a soffrir preparato
Anafora: né con mani, né con ferro, né con altro
Anafora: tre volte..tre volte
Dieresi: insidïo
Sinestesia: amaro pianto
Personificazione: l’aurora sulla rosea quadrigia
Metafora: la notte precipita
Metafora: sogno alato
Similitudine: come nei prati, allora che l’api..

EPITETI

Deifobo possente in armi (v.500), epiteto riferito all’eroe troiano ucciso brutalmente durante la guerra di Troia. In seguito Enea incontrerà il valoroso guerriero nella sua catabasi negli inferi
Febeo Apollo
Giuno implacabile
Giuno inferna (Proserpina)
Cumea Sibilla
Tracio Orfeo
Ecate (Proserpina)
Infernal Cocito (fiume dei lamenti)

 

Fonte: http://www.lcgalilei.pisa.it/NS/docs/dispense/ENEIDE.doc

Sito web da visitare: http://www.lcgalilei.pisa.it/

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