Riassunto Imparare a scrivere libro di A. Cicalese

Riassunto Imparare a scrivere libro di A. Cicalese

 

 

 

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Riassunto Imparare a scrivere libro di A. Cicalese

IMPARARE A SCRIVERE - Anna Cicalese

SAPER COMUNICARE

La scrittura come strumento della comunicazione

In oltre seimila anni di storia la scrittura si è trasformata da antico bene di pochi in moderno bene di comunione e di contatto, in luogo di interazione e scambio con l’altro. Oggi la scrittura è cambiata notevolmente nelle sue funzioni sino a diventare una complessa gamma di variazioni, modelli, tipologie. Ed è proprio nella Società del ‘2000 etichettata come “Società dell’informazione”, che le relazioni socio-culturali e le azioni comunicative, si definiscono sempre più attraverso i testi. Pertanto è sempre più necessario saper:

  • ELABORARE UN TESTO, ossia saperlo adeguare alle diverse situazioni comunicative e saperne differenziare la forma.
  • PRODURRE UN TESTO, ossia essere in grado di filtrare e calibrare le ambiguità della comunicazione.

Il modello della comunicazione

Ricorrendo al famoso schema di Jakobson possiamo riassumere che in ogni atto comunicativo concorrano sempre i sei seguenti elementi detti fattori della comunicazione:

 


Nel processo di comunicazione sono coinvolti almeno due soggetti: uno (l’emittente) interessato a formulare, l’altro (il ricevente o destinatario) ad assumere un contenuto, un’informazione; in ogni caso un reciproco atto di volontà di instaurare un contatto (messaggio). Il messaggio vive in un contesto o referente, ovvero nelle condizioni extratestuali, pertinenti alla realtà di cui il messaggio parla o in cui si produce. L’emittente si esprime grazie ad un codice (un sistema di segni usato per tradurre i significati in materia espressiva), che deve essere condiviso da entrambi i soggetti. Il messaggio così “codificato”, viaggia verso il ricevente attraverso un canale, strumento fisico che consente la trasmissione.


L’EMITTENTE

È colui che formula ed emette il messaggio.
È fondamentale per l’emittente aver ben chiaro qual è il suo “target”, ossia quali sono gli obiettivi del suo dire e soprattutto di che natura è il soggetto a cui si vuole rivolgere. Questo comporta che la modalità di costruzione del messaggio debba tenere conto sia dell’influenza che si vuole esercitare sul ricevente, sia dello stato di conoscenze che si prevedono comuni.
Il tipo di messaggio che l’emittente produce, non può, perciò, prescindere dalla selezione dei contenuti la quale, a sua volta, è indotta dalla natura del destinatario.

IL MESSAGGIO

Il messaggio è il centro del processo comunicativo, lega emittente e destinatario, costituisce l’atto sociale di instaurare un contatto.
Ciò di cui parliamo (ovvero il “contenuto” che trasmettiamo in un messaggio), è ovviamente condizionato dall’obiettivo della nostra comunicazione: ad esempio, scrivere una lettera d’amore, una legge, una relazione, implica di volta in volta un diverso obiettivo che potrebbe essere rispettivamente quello di voler trasmettere un sentimento, imporre un comportamento, commentare dati e informazioni.
Nel caso dello scritto, in quanto atto comunicativo, si assume come regola generale quella che il testo debba trasmettere un contenuto in modo chiaro e comprensibile: ci si rifà cioè alle massime conversazionali di Grice:

  • Massima della quantità = il contributo formativo non deve essere né troppo prolisso né troppo conciso.
  • Massima della relazione=rispettare le pertinenze degli argomenti, senza divagare su temi non coerenti.
  • Massima della modo = essere chiari, congrui e trasparenti, evitando le ambiguità.
  • Massima della qualità= fornire un contenuto che non sia falso o di cui non si hanno prove adeguate.

 

IL RICEVENTE O DESTINATARIO

Il ricevente è colui che riceve il messaggio anche se non è diretto a lui (es.: intercettazione di discorsi senza volerlo). Il destinatario invece è colui che è interessato ad assumere il messaggio.
In sostanza la figura del ricevente o destinatario, è speculare a quella dell’emittente: chi riceve il testo deve essere in grado di interpretare il messaggio e risalire al significato che l’emittente aveva voluto dare. Se questo non avviene, si ha un “fallimento” della comunicazione. Nessun messaggio è efficace se non si considera la qualità del destinatario!
Molte inferenze vengono operate dal ricevente sulla base di proprie conoscenze, ma è bene precisare che, in generale, il ricevente deve solo collaborare con il testo e non ricostruirlo o intuirlo o, addirittura, scoprirne l’inganno. Chi scrive non deve mai dare per scontato che l’altro sia in grado di comprendere, ed è proprio su questa premessa che deve saper calibrare contenuti espressi ed omissioni.


IL CONTESTO O REFERENTE

Il contesto è l’ambito in cui viene prodotto il testo. Può anche essere esplicitato nel termine di “referente”, vale a dire, l’argomento o l’oggetto del messaggio a cui l’emittente si riferisce.
Più dettagliatamente, possiamo dire che il contesto è l’insieme dei fatti (idee, parole, ecc.) che circondano il messaggio e ai quali il messaggio fa riferimento. È la situazione più generale in cui il messaggio si colloca e a cui è necessario riferirsi per capirlo.
In sostanza possiamo quindi considerare il contesto come una complessa realtà “extralinguistica” e cioè come l’insieme delle condizioni spazio-temporali, sociali e psicologiche dei soggetti che partecipano all’atto comunicativo. Questa ricca cornice, consente di poter omettere informazioni e, contemporaneamente, consente di ricostruirle. Di seguito un esempio che chiarisce quanto detto.
L’enunciato “Sto pensando alla campagna”, suona ambiguo data la presenza di un sostantivo polisemico, che rende la frase estrapolata dal suo contesto non interpretabile univocamente. Soltanto ricostruendo la situazione propria dell’emittente nel determinato contesto in cui si trova, la frase si scioglie e rende senza difficoltà un significato.
Ad esempio per un copywriter significherà “devo creare uno spot per una pubblicità”, per un contadino “sto immaginando il raccolto di quest’anno”, per un militare “devo fare in modo di evitare una sconfitta”, per un allenatore di calcio “devo riflettere sui giocatori da comprare”, e via di seguito. Ecco pertanto che la realtà extratestuale aiuta a comprendere il testo che, calato in quella realtà stessa, non appare più ambiguo.
La presenza di un contesto non incide soltanto a livello “linguistico”, ovvero sul significato di una determinata parola o frase, ma comporta altresì delle interpretazioni di ordine pragmatico. Una frase come “Abbiamo forato la gomma”, non presenta ambiguità di ordine semantico, ma nasconde diverse interpretazioni dovute ciascuna ad una diversa intenzionalità: chi entra da un gommista vuole evidentemente formulare una richiesta di sostituzione di uno pneumatico; se la stessa frase viene detta perché si è arrivati in ritardo, ecco che allora assume il significato di “scuse”.
Una dimostrazione di quanto detto finora, è data da un messaggio pubblicitario del 1997, il quale, ricorreva alla frase sopraccitata (sfruttando il gioco di parole indotto dalla decontestualizzazione), per pubblicizzare un paio di scarpe a cui è stata forata la suola per permettere al piede di respirare. L’azione del “bucare”, non più subìta ma volontaria, si presenta quindi come innovazione tecnologica e non come inatteso evento.

Nota: il linguaggio, nella pubblicità, è caratterizzato fondamentalmente dalla RETORICA e dalla funzione PERSUASIVA; spesso propone inoltre un messaggio INGANNEVOLE. È però sempre molto importante il CONTESTO, in quanto da esso dipende l’interpretazione che si dà al messaggio.
Il contesto può giustificare qualsiasi cosa, è l’elemento fondamentale della comunicazione!


IL CODICE

Il codice è il sistema di SEGNI mediante il quale si formula e si comprende il messaggio. Può essere grafico, sonoro, gestuale.
Il codice deve essere innanzitutto interpretato, quindi affinché emittente e destinatario si possano capire, essi devono utilizzare un codice comune. L’esempio più classico è dato dal LINGUAGGIO: un insieme di regole, il codice più complesso del quale disponiamo.

Nota: il termine “codice” deriva dal latino “codex”, cioè rotolo, pergamena per scrivere.

  • Un codice molto importante fu il “codice di legge napoleonico”.
  • I codici contengono testi prescrittivi e regolativi, ossia leggi!
  • Un testo di legge deve essere scritto affinché tutti convergano sulla stessa opinione.
  • Il codice di legge fu all’origine il codice per eccellenza.

IL CANALE

Il canale è il mezzo attraverso il quale avviene la comunicazione.
Sono 5 i canali: visivo, uditivo, gustativo, tattile e olfattivo.
Il canale si realizza attraverso diverse tipologie:

  • Livello fonico-acustico = il PARLATO
  • Livello grafico-visivo = lo SCRITTO

Nel caso della scrittura per esempio, il canale è costituito da ogni supporto che consentirà alla scrittura stessa di essere visualizzata (supporti cartacei, video ecc.).
Ovviamente la scelta di un canale dipende dal tipo di messaggio che si vuole inviare e ciò implica che il canale imponga delle differenti condizioni di forma: in sostanza si vuole sottolineare l’esistenza di regole ben precise ma altrettanto differenti tra parlato e scritto e come spesso le caratteristiche dell’uno e dell’altro, si incrociano con differente gradualità.

Dallo scritto al parlato: un complesso “continuum

Generalmente scritto e parlato sono due tipi di testo segnatamente differenti l’uno dall’altro. Le regole dello scritto sono ad esempio più rigide di quelle del parlato; lo scritto è cioè soggetto a forte regolamentazione.
Vediamo alcune variabili:

PARLATO
ORALE MONOLOGICO (3 tipi):
- Spontaneo (parlare da soli)
- Parzialmente pianificato (studiare ad alta voce, preparare una conferenza)
- Pianificato (leggere ad alta voce)

ORALE DIALOGICO (2 tipi):
- Spontaneo (conversazione faccia a faccia o telefonica)
- Parzialmente pianificato (esame, intervista)


SCRITTO (6 tipi)
- SCRITTO INFORMALE (scrivere un diario)
- SCRITTO DIALOGICO (chat line, lettere)
- SCRITTO PER ESSERE DETTO (dialoghi e/o monologhi di un copione)
- SCRITTO PER ESSERE AMPLIATO NEL PARLATO (simile al testo parzialmente pianificato)
- SCRITTO PER ESSERE LETTO AD ALTA VOCE (corrisponde al parlato pianificato)
- SCRITTO PER ESSERE CONSULTATO (avvisi, libri, riviste).

Importante:
Un testo scritto (prodotto linguistico molto complesso dove le frasi si combinano secondo regole ben precise di strutturazione), deve possedere due qualità fondamentali:

  • Deve essere COERENTE
  • Deve essere COESO

Coerenza significa che i contenuti, oltre ad essere organizzati secondo capitoli, paragrafi e capoversi, devono anche essere organizzati per grandi blocchi tematici connessi in logica di sequenza, ciascuno dei quali presenta argomenti che si legano a quelli successivi.
Coesione significa che il testo deve essere strutturato dal punto di vista logico-sintattico, con frasi connesse secondo regole grammaticali più o meno complesse.
Anche il testo orale è COERENTE e CONCISO ma queste condizioni sono riprodotte in maniera meno rigida rispetto allo scritto. Quando si parla di testo “orale” in senso stretto, ci si riferisce invece al “parlato spontaneo”, in quanto tipo di testo non pianificato: esso tra l’altro, è quello che più si allontana dallo scritto e che meglio rappresenta il polo opposto.
Le differenze tra scritto e parlato sono da ricondursi principalmente al materiale con cui si manifesta la forma espressiva: permanente nello scritto e volatile nell’orale.
Lo scritto viene prodotto con tempi più o meno lunghi che danno adito alla pianificazione e ad una possibile revisione; inoltre è caratterizzato da un tipo di elaborazione MONODIREZIONALE, nel senso che viene prodotto in totale assenza del ricevente.
L’orale si contrappone allo scritto per la BIDIREZIONALITÀ, ovvero, per la compresenza degli interlocutori. La conversazione pertanto, permette un possibile scambio di ruoli tra emittente e ricevente in modo simultaneo ed è spesso caratterizzata da informazioni supplementari quali il tono della voce, le pause, le intonazioni, la postura, la mimica, la gestualità ecc. L’emittente in questo caso riceve cioè un “feedback” dal ricevente, ed è quindi in grado di intuire il grado di comprensione del ricevente stesso.
Ricordiamo che i segni non verbali possono contraddire o confermare ciò che esprimiamo verbalmente: il significato di una frase può essere contraddetto da un tono ironico o, al contrario, enfatizzato da un gesto come un pugno battuto sul tavolo.

Le competenze richieste nella scrittura

Lo scrivere prevede una serie di capacità cognitive e linguistiche. Bisogna innanzitutto saper strutturare il discorso ovvero saper attivare le adeguate competenze che consentono di organizzare le idee e di presentarle secondo una data forma (COERENZA). Con queste capacità vanno integrate quelle di ordine strettamente linguistico (COESIONE), vale a dire una competenza grammaticale che comprende conoscenze sintattiche e ortografiche, una competenza semantica che prevede la padronanza del lessico e dei significati del codice e dei sottocodici, nonché una competenza di ordine pragmatico che riguarda la CONTESTUALIZZAZIONE del testo, ovvero la modalità di variare registro e stile in base agli scopi e ai destinatari.


Saper pianificare
Strutturare e organizzare le idee

Produrre un messaggio vuol dire elaborare e organizzare dei contenuti secondo modelli e procedure ben precise. Saper organizzare un testo comporta il saper selezionare i contenuti necessari e saperli relazionare tra loro, vuol dire saper dare un giusto ordine alle idee e manipolarne la forma fino a trovare la versione adeguata. L’impostazione che seguiremo è quella del top down, cioè quella che prevede che per selezionare i contenuti si debba partire da un problema generale e discendere poi attraverso varie domande, ai contenuti correlati più specifici e dettagliati.

Dalle mappe testuali alla struttura del testo

La scelta dei contenuti deve essere guidata dal topic ovvero dall’argomento o tema che si vuole trattare (prima domanda da porsi sarà quindi “Di cosa deve parlare il mio testo?”). Il titolo fornisce il topic principale.
Una volta definito il tema, è bene porsi dei sotto-quesiti che andranno a delineare un percorso più dettagliato per la determinazione dei contenuti. Tali domande sono chiamate mappe testuali e cioè schemi-interrogativi-tipo.
La scrittura giornalistica ci offre un esempio basilare di mappa testuale, quella delle cosiddette “5W”. Essa corrisponde cioè a cinque domande fondamentali:

  1. WHAT (che cosa)
  2. WHEN (quando)
  3. WHO (chi)
  4. WHERE (dove)
  5. WHY (perché)

Tipologie dei testi: caratteristiche e schemi organizzativi

Dire che i testi sono classificabili in base a dei “tipi” significa riconoscere che alla base degli stessi esistono modelli caratterizzati da proprietà costanti. Saper pianificare un testo implica sapere quali di queste proprietà vanno attivate e di conseguenza quale sia il tipo più idoneo dati certi obiettivi.
Negli ultimi anni ha avuto un notevole successo la tipologia di Werlich (1976) che rintraccia nelle COMPETENZE COGNITIVE il principale fondamento che genera la diversità tra i testi. Saper organizzare il proprio testo implica saper gestire la propria mente ovvero saper organizzare la propria conoscenza e il proprio pensiero: l’abilità del saper scrivere sarebbe dunque strettamente vincolata alla capacità del saper pensare.
Tale classificazione prende in esame le seguenti tipologie di testi:

  1. Descrittivo
  2. Narrativo
  3. Espositivo
  4. Argomentativo
  5. Regolativo.

DESCRITTIVO

Il verbo descrivere deriva dal latino describere e cioè “scrivere da un modello, trascrivere, copiare” ovvero trasporre in un testo qualcosa di oggettivo, di riproducibile. Descrivere significa pertanto essere in grado di distinguere dettagli e proprietà di un oggetto nonché disporre e gerarchizzare, in un testo, gli elementi individuati.
Ovviamente gli oggetti descrivibili non sono solo “concreti e tangibili” ma anche “ideali e generici”. Si può descrivere ad esempio una persona che conosciamo come pure un soggetto che esiste solo nella nostra immaginazione, un extraterrestre ad esempio.

  • Il FOCUS (ciò su cui si concentra e focalizza il testo), è nel caso del testo descrittivo lo spazio.
  • La MATRICE COGNITIVA (modo in cui la nostra mente elabora e percepisce il testo e che sta alla base della differenziazione dei testi stessi), consiste nelle differenze e interrelazioni di percezione nello spazio.
  • Generi: descrizioni in testi narrativi, espositivi, descrizioni tecnico-scientifiche.

NARRATIVO

Nel testo narrativo le percezioni dei fatti sono organizzate in rapporto ad una dimensione temporale. L’attenzione deve essere concentrata sull’esposizione di eventi concatenati tra loro secondo una data sequenza. Il testo narrativo ha una struttura scomponibile in unità rintracciabili, solitamente, in quattro fasi fisse:

  • Situazione iniziale: in cui si delineano le premesse generali.
  • Complicazione: che modifica l’ordine ravvisato nelle premesse e avvia il conflitto
  • Peripezia: che stabilisce la dinamicità degli eventi.
  • Scioglimento: che risolve il conflitto restaurando la situazione finale o sostituendola con una nuova.

Queste 4 fasi così strutturate costituiscono la FABULA, ovvero la struttura astratta in cui gli eventi si presentano in un rapporto logico causale-temporale.
La concreta elaborazione del racconto è invece la TRAMA o INTRECCIO: qui gli eventi sono narrati in un ordine diverso da quello naturale (es. flashback o flashforward). In sostanza la TRAMA è una elaborazione individuale del racconto.

  • Il FOCUS è in questo caso il tempo.
  • La MATRICE COGNITIVA consiste nelle differenze e interrelazioni di percezione nel tempo.
  • Generi: fiabe, leggende, romanzi, articoli di cronaca, notiziari, testi teatrali.

ESPOSITIVO

Questo tipo è individuabile quando l’argomento trattato nel testo non è riconducibile ad una descrizione o ad una narrazione ma riguarda piuttosto un sapere oggettivo.

  • Il FOCUS è l’analisi (scomposizione) o la sintesi (composizione) dei concetti.
  • La MATRICE COGNITIVA consiste nella comprensione dei concetti.
  • Generi: tesi, relazioni, saggi, manuali, rapporti.

ARGOMENTATIVO

È tipico testo del Giulio Cesare!
Chi elabora un testo argomentativo, predispone un discorso attraverso cui convincere il pubblico: si frutta cioè la cosiddetta “arte della retorica”. Pertanto attraverso il ragionamento, si vuole modificare uno stato di conoscenze preesistenti, indirizzando i riceventi verso una conclusione piuttosto che un’altra.
Lo svolgimento del ragionamento è strutturato su un percorso composto da quattro fasi:

  • Iniziale o confronto (si definisce il tema).
  • Apertura (viene dichiarata e discussa l’opinione).
  • Discussione (vengono introdotti gli argomenti e i controargomenti che costituiscono la discussione effettiva).
  • Conclusione (si definisce l’esito dell’argomentazione).
  • Il FOCUS è rappresentato da relazioni fra concetti.
  • La MATRICE COGNITIVA consiste nel giudizio e l’istituzione di relazioni tra concetti, attraverso la messa in rilievo di similarità e contrasti.
  • Generi: interventi in dibattiti, dialoghi, temi scolastici.

 

REGOLATIVO

Il confine tra il testo argomentativo e quello regolativo è difficilmente determinabile. Sia nel primo che nel secondo caso si cerca di modificare il ricevente nelle sue credenze e nei suoi comportamenti. La differenza che possiamo puntualizzare è che mentre il testo argomentativo può sottacere la sua intenzione persuasiva, il testo regolativo deve dichiarare palesemente le sue intenzioni, in quanto va a costituire spesso un vero e proprio modello comportamentale.

  • Il FOCUS è rappresentato dal comportamento futuro (altrui e/o proprio).
  • La MATRICE COGNITIVA consiste nella pianificazione del comportamento.
  • Generi: ordini e istruzioni, regole, statuti, ricette.

 

COMMISTIONI

Un testo non può essere ricondotto esclusivamente ad un tipo, se non per le sue qualità dominanti. L’incrocio tra un tipo e l’altro è un’inevitabile contaminazione che prevede interazioni di caratteristiche proprie all’uno e all’altro.
Testi in cui sono percepibili immediatamente queste interazioni, sono ad esempio quelli pubblicitari, in cui all’aspetto argomentativo (mirato al convincimento) è affiancato quello regolativo, che cerca di pianificare il comportamento del pubblico inducendolo all’acquisto.
Altri esempi di commistioni, sono rintracciabili nei testi prodotti in ambito di comunicazione giornalistica, politica e istituzionale.


Saper riscrivere
Riformulare un testo già dato

Saper scrivere non vuol dire soltanto inventare ma anche saper rimodellare un testo già dato, variandolo a seconda degli obiettivi richiesti nella data circostanza attenendosi a dei filtri particolari. Per riformulare un testo devono essere attivate diverse abilità linguistiche e cognitive.

SINONIMIE E PARAFRASI

Due parole sono sinonimiche quando hanno lo stesso significato. Allo stesso modo il concetto di parafrasi si riferisce ad un’invarianza di significato in riferimento però, non a singole parole, ma ad intere frasi. Usarle è indispensabile nella redazione di un testo perché i sinonimi permettono di evitare ripetizioni di uno steso termine a breve distanza.
Le formulazioni teoriche sulla sinonimia sostengono che non esistono i una lingua parole identiche tra loro integralmente e quindi i sinonimi vanno intesi come EQUIVALENTI e NON IDENTICI. La scelta dell’uno o dell’altro non si limita alla sola consultazione di un qualsiasi buon dizionario, ma va sperimentata di volta in volta nelle frasi concrete. Saper scegliere il giusto sinonimo presuppone quindi l’analisi di tutto il CONTESTO FRASTICO e una riflessione sulle sfumature di senso. Così come è possibile variare una sola parola, allo stesso modo si può parafrasare in vario modo un’intera frase, rispettandone l’equivalente contenuto semantico.

STILI E REGISTRI

Chi produce un testo deve saper selezionare il modo che ritiene più adeguato ad esprimere una data rappresentazione del pensiero, in una precisa situazione. Il piano della forma di un testo può usufruire di diverse varietà linguistiche, attinte dalla pluralità di mezzi espressivi di cui le lingue e le culture dispongono. Tali variazioni concernono i REGISTRI e gli STILI.
Il REGISTRO è il TIPO di linguaggio. Esso si sviluppa lungo un asse graduale i cui poli sono, da un lato, un alto grado di formalità rappresentata dalla lingua colta ma anche dai linguaggi tecnico-scientifici, fino ad arrivare, al polo opposto, all’alta informalità della lingua popolare o familiare.
Chi emette un messaggio si serve dunque di REGISTRI LINGUISTICI:

  • Informale = colloquiale, familiare, confidenziale, sino ad arrivare al gergo che, fuori dal gruppo, non si comprende.
  • Formale = rispettoso, colto, solenne, ufficiale (presenza di sottocodici, tipico dei linguaggi specialistici).

Al concetto di STILE si riferiscono diverse definizioni come l’insieme dei tratti formali che caratterizzano il MODO di esprimersi di una persona o, più semplicemente, il modo di scrivere di un autore, o il modo in cui è scritta una sua opera.
Quello che qui ci sembra più pertinente è il rapporto tra lo stile e i fini comunicativi: saper esprimere dei contenuti implica saper scegliere il repertorio lessicale adeguato ai contesti: così lo stile giornalistico, sarà diverso da quello commerciale o ancora, da quello poetico. Nota: dato che stili e registri si condizionano a vicenda, risulta comunque difficile dissociarli completamente: c’è chi non fa differenza tra i due.
SINTESI

Per scrittura di sintesi s’intende quella che, a partire da un testo, ne produce un altro sostanzialmente più breve ma capace di condensare la linea tematica principale.
Parafrasare vuol dire anche riuscire a mutare la forma sintetizzando contemporaneamente i contenuti.
Il processo della sintesi è molto più complesso di quello che appare. La scrittura sintetica deve poter consentire la riduzione di concetti ad unità minime attraverso la separazione delle idee principali dalle secondarie. Implica contemporaneamente la capacità di riscrittura e di parafrasi. La prima operazione da fare è individuare la parola chiave, ovvero quelle parole che condensano gli argomenti principali. La sintesi è necessaria non solo quando c’è bisogno di ridurre i nuclei informativi a quelli principali, ma anche quando i contenuti risultano dilatati da un eccessivo numero di parole.

LA TITOLAZIONE

L’ esercizio estremo di sintesi si realizza nella stesura dei titoli. Il titolo ha come obiettivo il presentare i contenuti che seguono nel testo e di delineare un percorso di lettura guidato dall’argomento indicato. Nella stesura del titolo è importante la ricerca, all’interno del testo stesso, del tema da focalizzare e delle parole chiave che puntualizzino il topic senza sviare l’attenzione sui fatti marginali. Benché più agevolmente controllabile nella stesura, il titolo è fortemente vincolato tanto nei contenuti che nella forma.

ESPANSIONE

È l’operazione inversa alla sintesi. Vi sono tre modi essenziali per sviluppare e specificare dei temi:

  1. Per analisi: quando un concetto, spezzato in più sotto-argomenti specifici, viene spiegato e dettagliato.
  2. Per ampliamento: quando ad un concetto già espresso se ne affiancano altri che estendono il campo di ricerca, grazie all’associazione di realtà simili.
  3. Per innesto: quanto i concetti già trovati diventano il nucleo di partenza a cui si applicano altri interrogativi che permettono di costruire, a lato dei primi, altri contenuti di supporto ed approfondimento tramite ipotesi, dati, ecc.

In sostanza l’espansione risponde alla domanda: “Cosa si può dire di più sull’argomento?” Altre domande più dettagliate possono aiutarci nella ricerca delle idee:

    • Si possono spiegare alcuni fenomeni?
    • Si possono esemplificare con degli esempi?
    • Si possono fornire dettagli?
    • Si possono supportare le idee con dei dati?
    • Si possono fare riferimenti confronti, collegamenti, contrapposizioni rispetto ad altri fenomeni?

Saper semplificare
Rendere un testo comprensibile

Adeguare un testo al destinatario vuol dire saper formulare i contenuti in maniera che questi siano chiari ed accessibili a chi legge. Mentre le “scritture creative” consentono un’ampia variabilità del codice, ed esprimono proprio attraverso la potenziale creatività linguistica la loro funzione espressiva, i testi prodotti nella comunicazione quotidiana, mirano sostanzialmente alla trasmissione diretta dei contenuti.
Stilare un testo implica saper usare la lingua e saperla adeguare al progetto di scrittura in atto. La brevità delle frasi, il lessico di base e la sintassi elementare, sono solo i principi da cui partire per scrivere un testo leggibile.

CRITERI DI LEGGIBILITA’

Ciò che garantisce una comunicazione efficace è uno stile chiaro, preciso e conciso.
I due fondamentali criteri che guidano verso la stesura di un testo facilmente leggibile sono quindi CONCISIONE e CHIAREZZA: solo eliminando le ridondanze e le oscurità e tutto ciò che può rendere il testo fuorviante o indecifrabile, si possono semplificare i processi cognitivi del leggere e del capire.
Di seguito, una lista dettagliata di regole da seguire affinché gli obiettivi di efficacia ed immediatezza vengano attuati:

  • Livello del testo = Cancellare il materiale estraneo; evitare di inserire troppi contenuti i un testo breve.
  • Livello del periodo = Ridurre le subordinazioni; suddividere frasi lunghe in frasi più brevi.
  • Livello delle parole = Sostituire, se possibile, parole non di base con quelle di base; spiegare le parole nuove.

Livello del testo

Il criterio della concisione riguarda la capacità di saper quantificare e selezionare i contenuti e prevede che un testo non debba essere ridondante né prolisso. Infatti, più un testo si espande più si rischia di distogliere l’attenzione del destinatario. Bisogna operare una giusta concisione che va ricercata in rapporto a due variabili: la prima è interna e riguarda l’effettiva quantità di temi da trattare, la seconda è esterna e riguarda i limiti di spazio che si hanno a disposizione per scrivere.

Livello del periodo

Il criterio della concisione non vale soltanto per l’intero testo ma anche per le singole frasi: più le frasi sono lunghe, più si rischia di rendere il testo poco leggibile (frasi composte da circa 20 parole si ritengono di alta leggibilità per persone con istruzione medio-bassa; più aumenta il numero di parole più diminuisce il grado di leggibilità e quindi di comprensione). Parole superiori alle 30-40 unità costringono alla rilettura anche lettori esperti.


Livello del lessico

Per quanto riguarda il piano lessicale, è la stessa flessibilità delle parole a permettere alcune operazioni che danno fluidità e maggiore comprensibilità al testo. Una delle norme principali da seguire è evitare l’uso ingiustificato di parole difficili o troppo lunghe. Lo strumento di cui ci si avvale per il repertoriamento delle parole comuni è il cosiddetto “dizionario di base” (circa 7000 vocaboli, ritenuti accessibili ai componenti delle più svariate stratificazioni sociali).

Un testo pubblico come esempio di semplificazione

I principi finora visti si realizzano (o quanto meno dovrebbero realizzarsi) in maniera palese, nelle scritture pubbliche o istituzionali ovvero nei tesi erogati dalle amministrazioni pubbliche o dalle aziende di servizio pubblico. Essendo destinati ad un’ampia utenza mista, questi testi devono “saper fare informazione”, conferendo a ciascun utente la possibilità di comprendere. Secondo quanto detto finora, è proprio grazie ad un linguaggio semplice che si può garantire l’accesso al contenuto e il diritto all’informazione.
Inoltre un testo destinato al pubblico deve essere leggibile dal punto di vista grafico-visivo: deve cioè rispettare ed utilizzare le dovute convenzioni grafiche (corpo del testo, tipo di carattere, grassetto, sottolineatura, rientri, paragrafazione ecc.).

Saper compilare

La scrittura con documentazione

Definiamo “scritture con documentazione” quelle che richiedono, oltre alla consueta attività cognitiva di ideazione e di elaborazione delle idee, anche una ricerca sull’argomento da trattare, mirata al reperimento di materiali utili all’approfondimento. Documentarsi vuol dire, a partire da una prima idea dell’argomento da sviluppare, cominciare a rintracciare materiali di ordine generale e sintetico che affrontino il problema per grandi linee, in seguito indirizzare la propria attenzione verso la ricerca di fonti più specifiche.
Le fonti possono essere di almeno tre tipi e cioè scritte (materiale cartaceo), elettroniche (Internet) e umane (pareri di persone autorevoli).

La tesina

La funzione principale della tesina è quella di valutare, e per lo studente di attivare, le competenze assimilate durante lo svolgimento di un seminario o durante la lettura di un libro di testo. La tesina, che non prevede produzione di dati nuovi o commenti personali, si definisce “compilativa”. Di facile stesura questo testo si pone come obiettivo quello di riassumere, comparare e collegare dati già noti. In una fase più avanzata degli studi, gli studenti devono essere in grado di svolgere ricerche personali, aggiungendo dati nuovi e commenti personali: in questo caso la tesina sarà un lavoro “in proprio” e si potrà parlare pertanto di “tesina di ricerca”.


Come procedere nella tesina di ricerca

La tesina ha il vantaggio di identificare immediatamente il suo ricevente, pertanto rivolgendosi a persone già specializzate non dovrà necessariamente disperdersi in indicazioni generiche. Ciò consente l’uso di un lessico più specialistico pertinente all’argomento trattato.
Per la definizione e l’organizzazione preliminare dei contenuti si possono individuare le seguenti fasi salienti:

  • Definizione dell’argomento di cui si vuole discutere.
  • Definizione dei macro temi e prima scaletta.
  • Individuazione di una propria opinione, una linea di osservazione.
  • Raccolta di dati e informazioni inedite.
  • Consultazione di materiali già pubblicati sull’argomento.
  • Selezione tra i materiali raccolti di ciò che è pertinente e che convalida la propria opinione e di ciò che la invalida.
  • Stesura della scaletta finale.
  • Stesura del testo: discussione dei temi con argomentazione del proprio punto di vista, impiego delle opinioni avverse al fine di creare un contraddittorio.
  • Conclusioni.
  • Revisione ed editing.

Il momento più importante in una tesina di ricerca è sicuramente il reperimento e la selezione delle fonti. In generale la selezione, viene attuata valutando la validità dei testi, tenendo conto ad esempio della fama dell’opera o dell’autorevolezza dell’autore.
Solitamente è organizzata nelle seguenti sezioni:

    • Frontespizio o copertina
    • Introduzione
    • Testo centrale
    • Conclusione
    • Bibliografia.

La tesi

La tesi rappresenta la conclusione di un articolato corso di studi ed è di conseguenza un impegno che oltrepassa la semplice verifica in itinere. La tesi è una scrittura complessa basata su una serie di abilità integrate che in quanto tali, non possono generarsi improvvisamente all’ultimo anno di studio, ma vanno coltivate in parallelo. E’ nella tesi che lo studente può dimostrare la sua autonomia di ricerca, la sua passione verso una disciplina. La tesi non rappresenta soltanto la conclusione di un percorso ma una vera fase di transito tra uno studio indotto e programmato ed una vera capacità di autodeterminazione.

Le sezioni della tesi

La tesi è da intendersi come un vero e proprio libro. La tesi sarà organizzata fisicamente come segue:

  • Il frontespizio in cui si indicano le informazioni riportate in copertina
  • L’indice (che può anche andare in coda)
  • Un’eventuale premessa
  • L’introduzione
  • I capitoli (divisi in paragrafi e sottoparagrafi)
  • Le conclusioni
  • Eventuali appendici
  • La bibliografia

Il frontespizio dovrà riportare in testa la denominazione dell’università, della facoltà e del corso di laurea, la denominazione dell’insegnamento del docente relatore e al centro il titolo. In basso a sinistra sarà citato il nome del relatore preceduto dalla sigla “Ch.mo” (chiarissimo), in basso a destra il nome del candidato con numero di matricola e, in basso centrato, l’anno accademico.
L’indice che sintetizza il percorso sviluppato, può essere interpretato come l’ultima evoluzione della scaletta (va fatto come ultima cosa).
L’introduzione e le conclusioni come sezioni di sintesi, vanno scritte dopo aver sviluppato tutto il corpo della tesi. L’introduzione deve presentare il contenuto della ricerca e il commento sulla stessa, nelle conclusioni invece, si opera una breve panoramica di quanto sviluppato nel corpo del testo.
La trattazione si sviluppa poi in più unità di lunghezza diversa la cui somma equivale al totale del corpo del testo. Queste unità, ovvero capitoli e paragrafi, rispecchiano il modo in cui gli argomenti sono organizzati e relazionati tra di loro. Definire un indice non significa solo dare un ordine sequenziale ai contenuti, ma soprattutto significa sviluppare un ordine logico.
I capitoli di una tesi (mediamente 4 o 5), sono blocchi concettuali che sviluppano grandi temi e sono suddivisi a loro volta in paragrafi che sviluppano più nel dettaglio i contenuti generali del capitolo. I paragrafi, vengono spesso suddivisi in altri elementi detti sottoparagrafi, quando i singoli temi da affrontare meritano ulteriori approfondimenti.
Infine possiamo dire che mentre i titoli, che denominano capitoli e paragrafi forniscono una prima indicazione esterna sui contenuti, la lettura delle singole sezioni viene guidata all’interno delle pagine, grazie ai capoversi o “a capo. Questi periodi, contrassegnati da un rientro, indicano il mutare di un argomento all’interno di un paragrafo o sottoparagrafo e aiutano lo scorrimento della lettura.

Impaginazione e veste grafica

Dopo aver concluso il testo e averne revisionato l’editing il testo va formattato ovvero, reso omogeneo dal punto di vista della forma, del tipo di font usato, del numero di battute e righe, ordine della titolazione ecc.
Una pagina prevede mediamente dalle 15 alle 20 righe, spaziatura doppia, margine sinistro superiore al destro per rilegatura.
Il font (tipo di carattere) può essere scelto tra i diversi forniti da Word; il corpo del carattere (la dimensione) è compreso tra 12 e 16 punti. Le pagine saranno numerate in successione con il numero a piè di pagina.
Il corpo del testo deve essere giustificato, ordinato a seconda dei capitoli, dei paragrafi e dei capoversi. I titoli dei capitoli possono essere centrati, in grassetto e con un corpo maggiore del testo. I paragrafi vanno numerati e lasciati preferibilmente al margine sinistro senza rientro.


Il paratesto

Le tesi e le tesine sono corredate da una serie di sezioni testuali che completano il corpo del testo. Queste sezioni fanno parte del paratesto e possono essere identificate nelle note a piè di pagina nella bibliografia, nei titoli dati ai capitoli e ai paragrafi e nelle citazioni.

Le citazioni

Le citazioni sono parti prese da altri testi e solitamente vengono individuate dalle virgolette. Ogni stralcio preso, va però segnalato obbligatoriamente altrimenti il non farlo, equivarrebbe a plagiare il testo dell’autore: è necessario distinguere sempre ciò che si scrive da ciò che ha scritto qualcun altro. Le citazioni vanno inoltre seguite dal riferimento della fonte dalla quale sono state attinte (la fonte può essere inserita nel corpo del testo o in una nota a piè di pagina).
L’obbligo della citazione vale anche per i materiali grafici-visivi: quindi inserendo un’immagine nel testo, questa va numerata e corredata di didascalia, citando il riferimento alla fonte.

Le note

Il testo principale viene integrato dalle note che generalmente sono riportate a piè di pagina ma che possono anche essere riportate a fine capitolo o a fine saggio. Nel punto del testo dove va introdotta la nota, si inserirà un numero in apice (preferibilmente tra parentesi), che rimanderà alla rispettiva nota fuori testo. Come ricorda Eco le note vengono utilizzate fondamentalmente per:

  • Indicare le fonti delle citazioni
  • Aggiungere informazioni bibliografiche di rinforzo
  • Rinvii esterni (che rimandano al altri testi) o interni (che rimandano a capitoli e paragrafi propri al testo)
  • Ampliare le affermazioni che sono state fate nel testo principale con osservazioni di diversa importanza
  • Per un particolare commento di chi sta scrivendo che può correggere le affermazioni già riportate nel testo principale
  • Per tradurre i brani riportati in lingua originaria nel testo principale.

Riferimenti bibliografici

Quando si inserisce una citazione abbiamo visto che è possibile riportare la fonte in nota. La forma del riferimento può essere sintetica o estesa. Entrambe si possono o no, far precedere dalla sigla cfr. (confronta).
Estesa: riporta tutte le indicazioni relative all’opera. Es.: P. Bourdieu, La domination masculine, Edition du seuil, 1998 (trad. it. La dominazione maschile, Feltrinelli, Milano, 1998, p.64)
Sintetica: riporta solo l’autore, l’anno e la pagina. Es.: P. Bourdieu (1998) p. 64.
Si usa quando, nel corso del testo, l’opera è già stata citata.


La bibliografia

Tutta la documentazione utilizzata va testimoniata attraverso i dovuti riferimenti bibliografici. Ogni testo citato nel corso del saggio deve essere segnalato in una sezione finale denominata appunto bibliografia o riferimenti bibliografici: non rientreranno in bibliografia i testi, seppure letti e consultati, che non siano stati citati esplicitamente.
Il riferimento bibliografico prevede le seguenti parti identificative:

  • autore,
  • titolo dell’opera,
  • sottotitolo,
  • casa editrice,
  • città sede della casa editrice,
  • anno di pubblicazione, separati ciascuno da una virgola.

I nomi degli autori possono essere scritti in maiuscoletto, i titoli delle opere si scrivono in corsivo, i titoli delle riviste si scrivono tra doppie virgolette.

Esistono diversi modi per organizzare le parti identificative, ricapitoliamo le forme più consuete:

  1. Bibliografia tradizionale è organizzata con la sequenza autore-opera ovvero: cognome, nome o iniziale del nome puntato, titolo in corsivo, città, editore, anno di edizione:
    Eco, U., Come si fa una tesi di laurea, Milano, Bompiani, 1977.
  2. Bibliografia autore-data è organizzata con la sequenza: cognome, nome o iniziale del nome puntato, anno di edizione tra parentesi, titolo in corsivo, città, editore:
    Eco, U., (1977), Come si fa una tesi di laurea, Milano, Bompiani.
  3. Bibliografia “americana”, vede sul primo rigo cognome, nome o iniziale del nome puntato, ed immediatamente sul secondo rigo l’anno di edizione senza parentesi separato da tabulazione e il titolo in corsivo cui seguono città ed editore:

    Eco, U.
    1977    Come si fa una tesi di laurea, Milano, Bompiani.

Nel caso di ristampa, va sempre citato il numero dell’edizione.

Le opere scritte da più autori (dette collettanee), nessuno dei quali è citato come curatore, vanno citate nel modo seguente:

AA.VV. (1979), Enciclopedia, Einaudi, Milano.

Se invece l’opera è scritta da più autori e ciascuno è citato come tale, allora si scriverà come segue:

Ai cardi G., Rossi P. (1994), Percorsi di ricerca, Lupetti, Milano.


INFERENZE = interpretazioni, deduzioni.

POLISEMICO = parola che ha più significati.

PRAGMATICO = pratico, mon teorico.

SEMANTICO = relativo al significato.

PARAFRASI = esposizione di un testo con parole proprie, accompagnata spesso da una spiegazione.

FRASTICO = inerente alla frase.

SCRITTURE CREATIVE = possibilità di variabilità del codice.

 

Fonte: http://www.scicom.altervista.org/tecniche%20Espressive%20e%20Composizione%20di%20Testi%20in%20Italiano/Riassunto%20Cicalese.doc

Sito web da visitare: http://www.scicom.altervista.org/

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