Riassunto libro ancora le fiabe

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Riassunto libro ancora le fiabe

ANCORA LE FIABE ? CAPITOLO 1

L’uomo secondo Moscovici si trova all’interno di situazioni reali piene di continui cambiamenti, e spesso si trova a dover dare senso a tutto ciò che gli capiti, nonché a tutti gli stimoli. Ogni dimensione nuova viene, quindi valutata e confrontata con quanto il soggetto già possiede, ed agisce in base al suo patrimonio esperienziale. In questo quadro di assegnazioni di significati, le rappresentazioni sociali svolgono il ruolo da codificatori. Ogni nuova esperieza, però, si aggiunge ad una realtà predefinita, dal momento che la nostra mente non è libera dagli effetti del condizionamento, perchè noi pesiamo per mezzo di una lingua, organizziamo i nostri pensieri in base alle nostre rappresentazioni influenzate dalla cultura d’appartenenza. Moscovici, ritiene che, le rappresentazioni sociali si costruiscono attraverso: l’ancoraggio e l’oggettivazione. L’ancoraggio, consiste nell’agganciare un’informazione, una teoria, una persona ecc, ad una categoria già posseduta, in altre parole si parla di categorizzare qualcuno o qualcosa secondo paradigmi immagazzinati nella memoria. L’oggettivazione, invece consiste nel rendere oggettivo e concreto una nozione in un immagine o un oggetto maturo, reale e quindi osservabile. Quindi le rappresentazioni sociali vengono costruite al fine di classificare eventi e persone offrendo la possibilità di orientarsi nell’ambiente sociale e di interagire con i membri del gruppo di appartenenza e in più permettono di creare, mantenere e modificare tutte le norme, le regole e i valori di comportamento che caratterizzano ciascun gruppo contribuendo all’identità dei singoli, il sistema delle norme così diventa lo schema di riferimento con cui ogni individuo interpreta la realtà e valuta l’accettabilità degli atteggiamenti e dei comportamenti propri ed altrui.

CAPITOLO 2

La rivelazione di differenze e somiglianze si ha solo attraverso il linguaggio che non è repertorio immutabile ma è costituito da bozze generali riguardanti la categorizzazione-->cogliamo le differenze/somiglianze di qualcuno o qualcosa solo attraverso la categorizzazione sociale che di esso abbiamo costruito.Questa costruzione comincia prima che il soggetto contribuisca.Moscovici affermache le rappresenzazioni sociali influenzano il bambino già dalla prima infanzia e le esperienze personali influenzanorelazioni e comportamenti.Dunque il ruolo di costruzione e decostruzione delle rappresentazioni sociali costituisce la personalità elo Zeitgeist socioculturale.infatti secondo Duveen e llov sono insufficenti le conoscenze di genere a internalizzare l'identità sociale.Il cardine che permette orientamento e apertura alle rappr sociali è il plateau educativo

IL RUOLO DEI MODELLI EDUCATIVI FAMILIARI

Nella costruzione delle rappresentazioni sociali giocano un ruolo importante i modelli educativi familiari. Per prima cosa è necessario sostituire la locuzione << educazione ricevuta >> con << educazione  scambiata

>>, perché ciò che riceviamo altro non è che il prodotto delle interazioni che avvengono non solo tra genitori e figli ma tra genitori stessi e tra questi con i figli insieme all’ambiente sociale. In questa cornice, il clima appare come fondamentale, visto che il clima familiare è la caratteristica che definisce e differenzia ciascuna famiglia. In tale ottica si ben posizione la concezione del modello bioniano. Bion parlava di << contenitore>> e di <<contenuto>>, la relazione contenitore-contenuto, il cui punto di partenza è la  relazione madre-lattante è riconducibile a qualsiasi tipo di rapporto-->da questa relazione deriva la qualità della dimensione cognitivo-emozionale e la salute psichica dell'individuo.Dunque l'educazione consiste in incrementare, sopportare, contenere o meno i vari contenuti,le responsabilità che sono tutti gli aspetti e le esperienze che la vita ci impone. Ferreira elabora il concetto di MITO FAMILIARE che rimanda a opinioni concernenti reciproci ruoli familiari,condivisi da tutta la famiglia.Essi sono così integrati nella vita da diventare parte inalienabile del contesto percettivo-->a qst modello opposto al cambiamento si contrappongono interpretazioni come quelle di bagarozzi e Anderson,che riconoscono alle richieste della realtà esterna forza di ridefinire il mito Più complesso è il concetto che Reiss esprime di PARADIGMA FAMILIARE, inteso come variabile sistemica che assolve ad una duplice funzione: quella di orientare i componenti familiari nelle interazioni della vita di tutti i giorni e quella di fornire loro un punto di riferimento che serva a fronteggiare il nuovo. Le dimensioni che caratterizzano il paradigma familiare, riguardano:

  • Le idee che la famiglia ha del mondo sociale, questa prima dimensione viene definita

attraverso il termine configurazione, CON CUI la famiglia può percepire il mondo o come ordinato, controllabile e conoscibile o come caotico ed imprevedibile;

  • Le idee che la famiglia ha di se stessa, questa dimensione denominata coordinazione, fa riferimento al modo in cui si concepisce la famiglia stessa cioè se unitaria o meno;
  • I comportamenti che risultano tipici nella soluzione dei problemi, questa terza dimensione chiamata chiusura richiama il modo di concepirsi aperti o chiusi all’informazione e quindi al nuovo.

In base a queste dimensioni si possono distinguere le seguenti tipologie di famiglia:

    • famiglie sensibili al consenso(percezione dell'ambiente come caotico e di se come coesa-->il consenso è raggiunto sia xkè non è tollerato il dissenso,sia xkè non si da importanza alle informaz esterne);
    • famiglie sensibili alla distanza interpersonale(percepisce l'ambiente come caotico e se come disagregata,l'informazione non è ogg di scambio e il consenso è raggiunto difficilmente);
    • famiglie sensibili all’ambiente(percezione di se come unitaria e dell'ambiente come realtà comprensibile, informaz esterna accettata-->ciò probuce accordo solo dopo valutazione delle proposte);
    • famiglie sensibili al risultato (percezione di se come insieme di individui separati che operando indipendentemente raggiungono soluzioni originali.

Kantor e Lehr relativamente al paradigma aperto, chiuso, casuale e sincrono hanno formulato un ulteriore classificazione: il paradigma chiuso si caratterizza per l’adeguamento al principio d’autorità, la preminenza dell’organizzazione gerarchica e l’importanza alla continuità, dunque l’interesse è rivolto alla famiglia piuttosto che al singolo individuo, perché la famiglia è fonte di sicurezza e stabilità. Sul piano temporale si preferisce il passato rispetto al futuro;

il paradigma aperto è più predisposto ad accettare il cambiamento, ritenuto indispensabile sia per la famiglia che per l’individuo, sul piano temporale si preferisce il presente . il paradigma casuale attribuisce identica valenza alla stabilità ed al cambiamento, funzionale all’integrazione dei bisogni individuali e familiari perché coniugabili , e sul piano temporale il passato, il presente ed il futuro sono ben integrati.

Il paradigma sincrono è caratterizzato dall’armonia e dalla tranquillità, infatti la soluzione dei problemi  risult secondaria rispetto agli scopi, obiettivi e modi di pensare dei componenti purchè siano coincidenti ed omogenei.

I modelli sopra indicati rappresentano una sorta di griglia di lettura della realtà familiare che nonrientra mai in modo rigido in un'unico paradigma.Tali proposte rendono cmq più leggibile una realtà, caratterizzata da coinvolgimento emozionale,come quella familiare.Dunque il fenomeno educativo è frutto direlazione costante tra esterno e interno(io-mondo;famiglia-sociale).Modelli educativi e modalità relazionali sono terreno di coltura e limite di ttt le future costruzioni psico-sociali.

IL RUOLO DEI MODELLI RELAZIONALI NELLE ISTITUZIONI EDUCATIVE EXTRAFAMILIARI

La natura delle relazioni familiari sembra influenzare il comportamento del bambino già alla scuola  materna, relativamente alla capacità di iniziare e mantenere le relazioni con i propri coetanei. Talvolta infatti, ci troviamo di fronte a comportamenti di disconferma (che caratterizzanoil rapporto con i genitori ma) che impediscono la costruzione di interazioni con i coetanei. Nei comportamenti di diconferma in relazione al rapporto madre/bambino tendono a venir meno atteggiamenti prosociali quali la condivisione dei giochi e dei giocattoli, la soluzione dei problemi ecc.. Nei comportamenti di disconferma in relazione al rapporto padre/bambino, invece, sono presenti eccessivi atteggiamenti centrati sul comando e sul controllo. Appare dunque importante sul piano dello sviluppo emotivo, relazionale e cognitivo la cooperazione che rende possibile l’instaurazione delle regole della reciprocità, la riflessione e l’obiettività.In età precocela relazione che il bambino intrattiene con l'educatore all'asilo nido interviene su strategie cognitive e relazioni dirette a soluzioni-->ciò è confermato dalla ricerca di Bonino in cui risulta che i bambini,le cui educatriciintervengono solo indirettamente,offrendo attività ludiche,nelle dispute dei bambini,risultano meno aggressivi rispetto aquelli le cui educatrici intervengono costantemente;questo xkè quando l'adulto fornisce abitualmente risposta preformata il bambino ha più difficoltà a distaccarsi dal progetto iniziale poichè non realizza autonoma rielaborazione cognitiva ed emotiva.In un altra ricerca (vanni,Baldin)risulta     che  se  l'educatrice  non  interferisce  nel  gioco,bambini  di  un  anno    preferiscono


interazioni con i coetanei-->il materiale ludicoera costituito d arredi ambientali visti diversamente dall'uso abituale ciò fa pensare a atteggiamento cognitivo gestaltico opposto a fissità funzionale-->gli autori ipotizzano l’esistenza di due differenti sistemi relazionali, quello adulto-bambino e quello bambino- bambino, il primo, nel quale il bambino assume una condizione di passività, imitazione e identificazione, è necessario perché egli possa apprendere le modalità adulte di agire e comunicare tipiche della cultura e dell’ambiente in cui dovrà vivere; il secondo legato a relazioni esplorative verso l’ambiente ed i suoi compagni, sembra indipendente dal comportamento adulto e più teso ad una predisposizione innata. Nonostante ciò, l’adulto o l’educatore, talvolta più che una possibilità costituisce un limite, nel senso che la sua attiva presenza di controllo e attenzione costituisce un vero e proprio ostacolo. La stessa Mahler ritenenva che lo sviluppo del bambino attraversa la fase autistica normale (1° mese), cui segue quella simbiotica, intorno al 4-5 mese inizia il processo di separazione –individuazione che si articola in una prima sotto-fase: differenziazione e sviluppo dell’immagine corporea e in una seconda sotto-fase: la sperimentazione, che si articola in una prima sperimentazione nel periodo compreso fra i 14 ed i 24 mesi. Fu sempre la Mahler a condurre una ricerca il cui risultato vedeva maturare ottime condizioni di sviluppo in bambini le cui madri erano capaci di mantenere un buon contatto a distanza (durante le attività ludiche) a differenza di quelle madri che invece mostravano intensi bisogni simbiotici.Non si vuole dichiarare pratica educativa superiore quella del disimpegno ma si rileva importanza di permettere al bambino di gestire spazi,tempi ecc..Il ruolo dell'adulto è quindi fond riguardo costruzione di dimensione cognitivoemozionale e declinazione del modo di porsi rispetto agli altri-->è chiara importanza di qualità dell'offerta educativa e di necessità di conoscenza riguardo al bambino.Una ricerca su bambini di prima elem segnalati x scarso rendimento mostra ke qll segnalati da insegnanti più autoritari raggiungevano capacità cognive + elevate.Il significato di esperienze scolastiche in età come qll preadolescenziale rappresenta ekem che catalizza  valore attribuito alla scuola--<ad es riguardo l'esperienza scolastica come condizione di violenza da parte di studenti,per essi la violenza mostra rifiuto dal proprio modo di essere e assenza delle attese dei ragazzi riguardo qualità che dovrebbero essere competenze educative del docente-->forme di violenza didattica sono ad es andare avanti nel programma nonostante qualcuno sia rimasto indietro,ironia verso studenti considerati inadeguati ecc..Anche fuori dalla scuola dell'obbligo i risultati sono simili-->indagine su studenti di 15/16 anni mostra come l'area vissuta cm + conflittuale sia qll relativa a rapporto cn la scuola-->ciò a causa di insufficente utilizzaz da parte dei docenti di competenze acquisite in campo psicopedagogico(sapere non sostenuto da saper essere o saper fare)In qst fase si ha una dimensione psicologica ke si manifesta nel "fare vi conti con il futuro"-->in una società ke almeno dichiaratamente rifiuta magia,l'attività di previsione si realizza attraverso processo di categorizzazione che chiarisca rapporti tra sè e il mondo circostante-->su qst schemi ha grande influenza la scuola.

CAPACITA' DI DECENTRARSI E PORRE IN DISCUSSIONE IL PROPRIO RUOLO E LE CERTEZZE ACQUISITE

In tal senso il ruolo del conflitto è fondamentale. Il tipo di gestione della conflittualità contribuisce a proporzionare la dimensione cognitivo-emozionale. La presenza di uno spazio psicologico, all’interno del quale risulti possibile mettere in gioco ed elaborare il conflitto, cioè il diverso o il perturbante, rende possibile la metabolizzazione del conlitto stesso. L’assenza di tale spazio psicologico invece impedisce sia l’elaborazione che la metabolizzazione del conflitto con conseguente povertà dell’alimentazione psichica. In altre parole la capacità di mettere in discussione le proprie certezze e punti di vista altro non è che il saper mettersi nei panni dell’altro, concedendo a ciascuno che parli con le parole che gli appartengono-->quanto qst esigenza sia fondamentale appare chiaro dalla realtà di oggi caratterizz da convivenza con culture,religioni ecc molto diverse dalla nostra.Purtroppo però ricerche mostrano come gli insegnanti siano in difficoltà a gestire situazioni cui sono impreparati,come mostra ricerca su insegnanti di palermo ke su problemi legati a presenza di alunni stranieri,danno risposte istituzionali anzichè tenere nella giustaq considerazione il problema e le difficoltà x i bambini migranti e la loro doppia appartenenza culturale

CAPITOLO 3

Le rappresentazioni sociali dunque contribuiscono a strutturare e rendere conoscibile e chiara la realtà, però esse sono continuamente risistematizzate e modificate.Ogni comportamento umano appare logico, giustificato ecc.. in relazione al contesto in cui si inserisce e alle valutazioni di tipo morale, giuridico, etico, che l’uomo fa, e in relazione anche allo spazio e quindi età cronologica e soprattutto psicologico- comportamentale  corrispondenti    ai  canoni  sociali.  In  altre  parole  le  trasformazioni  che  subiscono  le


rappresentazioni sociali seguono un percorso ben preciso, ossia, dall’infanzia passando attraverso l’adolescenza fino all’età adulta.

LA RAPPRESENTAZIONE SOCIALE DI ADULTO-EDUCATORE

A proposito dell’adulto,in tempi recenti la rappresentazione dell’adulto va assumendo sempre di più la connotazione di educatore anche se questi non la pratica professionalmente, ma ciò deriva dal carico di resposabilità che l’adulto assume nei confronti del bambino;si è consolidata immagine di adulto più critico ke vive adultità in modo problematico ponendo alcentro il bambino.L’agire educativo deve dunque rispettare le caratteristiche infantili senza violentarne caratteristiche e inclinazioni,visto che l’adulto è in grado di esercitare una forte influenza sul bambino, motivo per il quale il focus dell’attenzione si sposta dal bambino o dall’adulto allo spazio della reciprocità cioè della relazione reciproca, che dapprima è diadica (madre-bambino) poi sempre più poliadica.Tuttavia a questa consapevolezza non corrisponde competenza dell'adulto verso possibilità e capacità del bambino e verso utilizzazione di se come risorsa cognitivo- emozionale

LA RAPPRESENTAZIONE SOCIALE DI UNA TRASFORMAZIONE:L'ADOLESCENZA

Il fatto che ormai manchino riti di iniziazione rende più difficile passaggio alla maturità per la mancanza di segni visibili come invece accadeva ad es nell’antica Roma repubblicana una volta raggiunta la pubertà il giovane deponeva la toga praetexta e la bulla, per indossare la toga virilis. Nelle odierni concezioni l’adolescenza viene interpretata come uno spazio psicologico e temporale che si trova nel mezzo tra un’età in cui il soggetto passa dalla richiesta/offerta di dipendenza (tipica dell’infanzia) ad un età definita dall’autonomia e dall’indipendenza. L’adolescenza però viene contrassegnata come l’età conflittuale, l’età della trasformazione, di transizione o di passaggio.In questa fase il giovane attua una energica relazione tra se e l’oggetto, che può essere il motorino, capi firmati, scarpe alla moda ecc.. uno dei primi conflitti adolescenziali si realizza per tali ragioni. Infatti si assiste ad una reazione di vincolante irrinunciabilità, con toni imperativi da parte dei giovani e un atteggiamento critico, pessimista e denigratorio degli adulti. Purtroppo gli oggetti e i comportamenti di consumo divengono strumenti per rendere intellegibile e socialmente visibile l’identità e la partecipazione dell’adolescente nei vari ambiti socio-relazionali. Anche il rapporto con la sottocultura massmediale occupa un ruolo importante, perché il gruppo dei pari appare incapace di elaborare una cultura che sia espressione dei reali bisogni degli stessi membri. Pertanto agli occhi dei genitori, degli insegnanti e degli adulti in genere sembrano più tesi a raggiungere mete e a

soddisfare bisogni subdoli quale un jeans firmato. Anche se l’atteggiamento educativo sebra andare contro cultura ai giovani, gli adulti devono però ricordare che sono carichi di responsabilità in riferimento alla gestione del presente e del futuro, alla modalità di utilizzo (spreco o no) delle cose, alla perdita, o alla conquista, ecc… Da alcune ricerche risulta infatti che gli adolescenti sono profondamenteinfluenzati dalle aspettative dei genitori sia riguardo risultati scolastici che progetti professionali.Dunque non bisogna trascurare il fatto che l’adolescente sente il bisogno di rispecchiamento nelle immagini, nelle valutazioni, negli atteggiamenti dei genitori, che servono per la costruzione dell’autostima personale e dell’identità sociale.La ricerca sull'adolescenza è statacaratterizzata da prospettiva adultocentrica e dunque da una definizione in negativo dell'adolescente->sono state riflessioni sull'individuazione dei problemi ad aprire uno spazio di analisi in positivo.

RAPPRESENTAZIONE SOCIALE DI BAMBINO:EFFETTI

Nel periodo storico di fine ‘800 il tipo di vita offerto/imposto ai bambini corrispondeva alla realtà storica del tempo e si contraddistingue fortemente dalla realtà storica dei giorni nostri come ad estestimonia Verga nella novella Rosso Malpelo.Chi ha potuto conversare con persone molto anziane sa kea inizi 900 i bambini di 4/5 anni venivano mandati all'alba a raccogliere pietre x i genitori,senza ke ciò causasse sentimenti di stupore o critiche-->qst perchè la rappresentazione del bambino ha subito modificazioni e la natura delle rappresentazioni sociali influenza l'immagine che il bambino costruisce di se come individuo sociale. Secondo Richter il Cristianesimo è culto del bambino eppure nel Medioevo essa era caratterizzata da isolamento e capacità di resistenza dei bambini santi ai martiri mentre gli altri verso i 7 anni entravano nel mondo degli adulti.Questo perchè nel medioevo sentimento dell'infanzia e coscienza di particolari caratteristiche infantili non esistevano.Un aiuto a favore dei bambini cominciò a venire dalla fondazione di alcuni odini religiosi perche fondati sull’insegnamento rivolto ai bambini, fra i quali ricordiamo i Gesuiti e gli


Oratoriani.Al termine di qst fase ne iniziò un altra ke collegava il bambino al selvaggio x la mancanza di disciplina nel lavoro, assenza di sentimenti di vergogna e controllo,mancanza delle virtù del cittadino.. e la scienza cementò qst visione collegando l'infanzia allo stato primitivo.E' stato poi determinante ruolo della psicologia ke ha centrato l'attenzione su relazione a creare l'infanzia come spazio psicologico autonomo, piattaforma fondante ke sostiene l'intero sviluppo.La psicoanalisi ha dunque reso impossibile pensare al bambino se non in riferimeto alla produzione freudiana,anche se il ridursi a questa sola teoria ha prodotto schematismo e ha contribuito alla netta separazione tra normale e patologica che lui stesso considerava infondata.Il nostro secolo è dunque segnato dalla consapevolezza della specificità infantile,letta però secondo l’ottica adulta “che ha tutto il potere e sa tutto,mentre il bambino non sa niente”. Inoltre le numerose idee sullo sviluppo disorientano gli educatori; così,considerando le pratiche educative funzionali alla cultura globale si rischia di non vedere le competenze dei bambini. Si deve avere dunque la consapevolezza che il nostro sguardo deve essere quello di un adulto che però crede in una possibile crescita del bambino.

CAPITOLO 4

Nonostante la nuova immagine del bambino L’adulto spesso crede che il bambino debba necessariamente crescere,anche se talvolta questo percorso naturaleviene scombussolato dalla presenza di ritardi nello sviluppo.Dunque l'adulto sollecita ma solo superficialmente poiche il processo presuppone altre competenze,meno visibili,del linguaggio,come la comprensione di emozioni,immagine di sè ecc che hanno però grande importanza

IMPORTANZA DELL'OSSERVAZIONE CONSAPEVOLE:CHIEDERSI COSA,COME,QUANTO..

Durante il periodo di regolare crescita, l’osservazione assume un ruolo fondamentale sia per il bambino  che cresce che per l’adulto che lo aiuta a crescere. E’ necessario, però, distinguere i vari tipi  di  osservazione, esiste infatti l’osservazione come metodo di indagine, proprio dei ricercatori,  e  l’osservazione semplice intesa come sguardo e scambio di informazioni quotidiane che avvengono tra l’adulto e il bambino.Osservazione che deve essere come "pelle proteiforme "capace di adattarsi alla forma dell'altro dando consapevolezza di una distanza che collega i mondi diversi di adulto e bambino-->x comprendere qst differenze è necessario non solo dare risposte ma anche porsi domande.Domandare, quindi, non solo per sapere cioè per avere risposte, ma anche per vivificare lo sguardo.Già Freud osservava come nella relazione con i bambini badiamo a essere lasciati in pace,creando un bambino ben educato ma non curandoci se qst educazione giovi a lui.

CAMBIAMENTO DI PARADIGMA PRODOTTO DALLA PSICOANALISI

Con l’avvento della psicoanalisi e le teorie freudiane, si assiste ad una nuova visione e concezione

del bambino e del mondo dell’infanzia in genere.Grazie alla psicoanalisi la consapevolezza acquisisce ruolo emancipativo e influeanza sul pensare educativo(è stata favorita nascita di altre discipline come psicologia evolutiva,epistimologia genetica..da cui la psicoanalisi si è rafforzata) Rileggendo l’autore sembra che l’adulto sia gravato dal peso di grani responsabilità, dal momento che i bambini (specialmente se piccoli) non fanno che mettere continuamente in pericolo la propria vita, in tale direzione sembra che la qualità della vita del bambino dipenda dall’adulto e complessivamente anche dal suo atteggiamento educativo;anche se egli non sempre si mostra all'altezza del compito-->"se l'uomo imparassero l'osservazione diretta del bambino i 3 saggi sulla teoria sessuale avrebbero potuto non essere scritti" (freud).Dunque il modello di freud fondato sulla pulsione tende a isolare il bambino,mentre la successiva teorizzazione kleiniana centra l'attenzione sulle relazioni oggettuali che sono al centro della vita psichica.Dunque si ha spostamento dell'attenzione dal bambino alle relazioni con le persone   significative--

>ciò è dovuto dalla posizione centrale attribuita all'io da Hartmann che sostiene imprescindibilità,x qualsiasi applicazione di ipotesi psicanalitica,dell'analisi della situazione reale.

INFLUENZA ESERCITATA DAGLI STUDI SUL PENSIERO:ALCUNI MODELLI FONDAMENTALI

Il bambino viene trattato scientificamente da molti autori, alcuni e tre in particolare hanno definito il bambino (come afferma Olga Liverta Sempio) <<logico>>, <<culturale>>, e <<transazionale>>.

IL BAMBINO LOGICO DI PIAGET:Secondo Di stefano l'assunto di partenza di qst teoria è ke la conoscenza è un  processo  più che  uno  stato.E Piaget  dunque  prone  l'infanzia  come  soggetto  di  studio  e  mezzo per


comprendere la costruzione del pensiero.L'interesse di Piaget è centrato sulla dimensione epistemologica ma qst problema si connotò diversamente quando sulle rive di un lago notò che alcuni molluschi,della stessa specie di altri visti in uno stagno,apparivano molto diversi a causa dell'adattamento a un diverso ambiente-->così capì che che il modo di affrontare problemi scientifici poteva trovare risposta solo in quella psicologia che chiede il contributo di altre scienze.Egli parla dunque di "via tertium"-->autoregolazione che tre le polarità eredità/ambiente è l'unica dimensione che può spiegare la crescita.Infatti ritiene impossibile ke la struttura ereditaria possa contenere tutte le succesive modificazioni:è infatti impossibile che un comportamento riflesso pregontenga il sistema di operazioni logiche che si svilupperanno;così come è impossibile che il bambino sia protagonista passivo di un procedimento di registrazione di ciò che gli viene insegnato.E il processo di costruzione di nuove strutture  si sviluppa a partire dal sistema innato dei riflessi, il cui esercizio rende possibile il processo di maturazione procedendo per stadi. Nel primo stadio senso- motorio il bambino diventa capace di coordinare le proprie azioni, raggiungendo la connessione mezzi- fini;nel secondo stadio simbolico-rappresentativo il bambino inizia a interiorizzare il linguaggio e rappresentare l’oggetto anche in sua assenza; nel terzo stadio operatorio-concreto le azioni mentali si coordinano, sono caratterizzate da reversibilità e si ha la coordinazione di punti di vista diversi dal proprio; nel quarto stadio operatorio formale si sviluppano le operazioni mentali su astrazioni e simboli.Secondo piaget l'immagine di qst costruzione è quella di una piramide rovescita(Secondo Bocchi e Cheruti alla base  di questo modello c'è la concezione piagetiana di adattamento considerato equilibrio tra assimilazione e accomodamento che innesca processualità dell'evoluzione). La crescita dunque implica l’interazione sociale e in tale contesto l’adulto gioca un ruolo fondamentale poichè deve saper osservare e intervenire in maniere rispettosa delle possibilità del bambino,il cui pensiero si diversifica da qll dell'adulto solo sul piano qualitativo e non quantitativo come si pensava precedentemente. Infatti il comportamento degli adulti era influenzato da questo-->non si parlava ai bambini di certi argomenti poichè si credeva non li avesse capiti e si trascurava di valutare in modo adeguato certi aspetti della vita del bambino come il gioco,considerati simbolo della sua debolezza.Dunque la motivazione che spinge Piaget a studiarelo sviluppo dell'infanzia è la sua convinzione che le origini della vita mentale vanno ricercate in questo periodo,poichè"il sogg si conosce così poco ke x spiegare le operazione dovrebbe ricostruire il passato di cui non ha mai preso coscienza. Piaget attribuisce ruolo fondamentale a interazione e trasmissione sociale nella spiegazione dello sviluppo socio-cognitivo,rispetto a maturazione esperienza e equilibrazione -->ciò ha portato negli anni 60 a studi su qst ambito che hanno rilevatoimportanza del "conflitto socio-cognitivo"-->esso sottolinea utilità di confronto tra centrature e soluzioni diversenello scambio sociale,che risulta funzionale a integrazione a una struttura cognitiva più avanzata,ottenutacon esposizione del bambino a una soluzione diversa ma non per forza più complessa.La resa cognitivaè superiore se il compito è eseguito in una situazione di relazione tra pari.

IL BAMBINO CULTURALE DI VYGOTSKIJ:(egli morì giovanissimo non vedendo così la sua opera tolta dalla circolazione,come rileva Bruner,x paranoia e antisemitismo del governo di stalin-->la sua opera è arrivata a noi x la dedizione dei suoi discepoli:Bruner nel 62 traduce in inglese l'opera pensiero e linguaggio.Nel 56 era stata ripubblicata in Russia seppur con molte censure,e ciò coincise con la nascita della rivoluzione cognitivista).Per V. il linguaggio svolge una funzione sociale e comunicativa immediata, solo dopo diventa interiore nonché guida e controllo del comportamento;egli inoltre introduce il concetto di zone di sviluppo prossimale intendentole come le potenzialità che il bambino potrebbe sviluppare se guidato da un adulto competente.Vigotskij afferma che l’origine dello sviluppo delle attività infantili risiede nell’ambiente sociale.Duque Il linguaggio diventa fondamentale ed è il fattore più importante dello sviluppo in quanto media la partecipazione del bambino alla vita intellettuale e sociale che lo circondaàil linguaggio fornisce  al bambino indicazioni x creare nessi nuovi ,le parole sono come pietre miliari che guidano all’acquisizione e allo sviluppo dell’esperienza. Egli conclude affermando che all’inizio dello sviluppo vi è l’atto indipendente dalla parola,mentra alla fine vi è la parola che diviene atto.

IL BAMBINO TRANSAZIONALE DI BRUNER : Egli stesso afferma di essere stato fortunato x aver avuto come guide Piaget e Vigotskijàegli dalle due concettualizzazioni differenti tra una sua teorizzazione originale.In lui è fondamentale il concetto di transazione..x transazionale intende rapporti che costituiscono premessa che approda a condivisione di assunti e credenze riguardo realtà del mondo.-->la realtà viene esperita attraverso rappresentazione mentale che gli altri comunicano.E quindi ispirandosi a Vigotskij afferma che  il


bambino nell’apprendere il linguaggio deve prendere in prestito le conoscenze di ki lo sta educando anche perché il processo cognitivo necessita partecipazione e interazione attiva a cultura e comunità linguistica.L’attività dell’adulto è definita scaffoldingàimpalcatura fornita dalla madre nelle interazioni precoci del bambino. L’intervento attivo dell’adulto crea un contesto di sequenze interattive (FORMAT,che si crea quando un procedimento regolarizzato rende convenzionale un contesto naturale), consentendo al bambino di individuare i segnali di significato e di agire in uncontesto più prevedibile. La costruzione dei significati avviene in una continua ricontestualizzazione che va dall’esterno vero l’interno e viceversa(dalla cultura verso la mente e viceversa.E il potere di reinventare la cultura è il punto da cui la teoria dello sviluppo deve avviare l’analisi della menteàa la cultura è creata dall’uomo,che in quanto educatore è co- costruttore di personalità,pensiero e capacità del bambinodi coordinare le sue competenze.Si rileva dunque l’importanza del ruolo educativoàquando il bambino compie atti apparentemente inspiegabili si mostra l’influenza dei nostri atti sul bambino che si mostra capace di fare cose di cui non lo rendevamo capace,poiché ha utilizzato risorse che evidentemente possedeva.

PENSIERO METARAPPRESENTATIVO E LA COMPRENSIONE INFANTILE DELLA MENTE

Piaget innaugura il filone di ricerca relativo alla rappresentazione infantile del mondo (teoria infantile della mente, cioè come il bambino concepisce i processi mentali che gli permettono competenze in età precoce.)Si tratta dell’attribuzione ad altri di stati interni non visibili che rimandano alla teoria della mente (io penso che lui pensa..)àsono riflessioni interpersonali che permettono al bambino un adeguamento comportamentale. In questo pensiero è presente la metarappresentazione ,cioè rappresentazione della rappresentazione che altro non è che la rappresentazione momentanea e soggettiva del bambino. Oltretutto la metarappresentazione è utilizzata dal bambino nelle attività ludiche e più specificatamente nei giochi di finzione(come afferma Battistelli).Per rilevare la presenza della teoria della mente si utilizzano i “compiti di falsa credenza”,ad es in un esperimento si fa vedere una scena in cui una bambina posa un  gioco in un posto e un'altra bambina in sua assenza lo sposta in una scatola chiusa;quindi si chiede al bambino dove la prima cercherà il giocoàse risponde nella scatola,non possiede la teoria della mente.Versione differente è quella della scatola degli smarties in cui si mostra al bambino qst scatola e si chiede cosa c’è dentro,quando avrà risposto smarties si mostrerà che dentro c’è una matita e si chiede cosa risponderà alla domanda un altro bambinoàse risponde che dirà la matita non possiede competenza metarappresentativa.L’uso della teoria della mente è dunque molto importante sul piano sociale;tutti gli studiosi concordano su ciò anche se con contenuti diversi.In generale cmq si concorda che la teoria della mente appare intorno a 4 anni anche se alcuni studi sulle bugie prodotte da bambini di 30 mesi testimoniano una comparsa anteriore in quanto la bugia è manipolazione intenzionale delle convinzioni dell’altro e quindi presuppone rappresentazione del convincimento altrui.La comparsa anteriore della teoria,al pensiero metarappresentativo è testimoniata anche dal gioco finzione che compare intorno a 2 anni(Perner invece afferma che il bambino di 18 mesi che usa la penna come spada,la colloca in una dimensione in cui la stessa può essere davvero una spada).In età ancora + precoce appare intenzione comunicativa protodichiatativa,che riguarda intenzione del bambino già nel primo anno di intervenire sull’attenzione dell’adulto(ad es indicando un oggetto)àinfluenzare lo stato mentale diventa scopo da raggiungere.Ancora antecedente la capacità a 6 mesi di inserirsi nel canale visivo della madre,come rileva butterworth che cmq non lo considera presupposto della teoria della mente. Sul piano dello scambio  sociale appare importante anche il ponting (individuazione di oggetti attraverso comprensione del gesto)  a

12 mesi e empatia che nei primi stadi dello sviluppo si traduce in contagio emotivo con funzione organizzativa del se,e in stadi + avanzati come adolescenza,in comprensione del punto di vista degli altri.

LA TEORIA DELLA MENTE SECONDO DAVID STERN

Stern è un grande studioso di matrice psicoanalitica che messo al centro dei suoi studi il bambino, integrando le indicazioni della psicologia evolutiva con quelli della psicoanalisi e ponendo al centro della  sua indagine il “senso del Sé”(come rilevano Speranza e Ammaniti). A tal proposito identifica per ogni periodo d’età la formazione di un Sé diverso:

  • il senso del Sé emergente: che si forma nei primi mesi di vita, la cui formazione è data dalla percezione amodale, cioè da quella capacità che l’autore definisce innata, e che permette il riconoscimento visivo di un

oggetto già sperimentato, queste stesse capacità permettono al bambino di costruire una rappresentazione dell’esperienza soggettiva precoce, favorendo per l’appunto la costruzione del senso del sé emergente.

  • Il senso del Sé nucleare: si froma intorno ai 5 mesi, sulla base del senso del sé emergente e attraverso la produzione di nuovi comportamenti e capacità.
  • Il senso del Sé soggettivo: si forma intorno ai 7-9 mesi, in conseguenza delle conquiste posturali, locomotorie ecc., in più è quello che gli permette di operare nell’ambito della relazione intersoggettiva.
  • Il senso del Sé verbale: si forma tra i 15-18 mesi grazie al gioco simbolico e all’introduzione nonché uso  del linguaggio.
  • Il senso del Sé narrativo: si forma intorno ai 3-4 anni, mediante il quale il bambino risulta capace di raccontarsi storicamente.

Stern applicando metodi osservativi e sperimentali ha studiato il costruirsi del mondo relazionale del bambino nei primi mesi di vita, nella prospettiva della strutturazione del Sé e della costruzione del mondo interno come correlato mentale del mondo reale. S. presenta un bambino che interagisce attivamente con l’ambiente umano circostante fin dalla nascita e che struttura le sue immagini interne e il suo senso del Sé attraverso un processo di integrazione di dati percettivi e non fantasmatici. Egli ha contribuito a spostare l’approccio psicoanalitico da un impostazione individualistico-pulsionale a una relazionale, evidenziando l’enorme importanza delle relazioni strutturanti di base. Secondo s. il neonato è in grado di integrare i segnali sensitivi in entrata in sistemi percettivi e di pensiero e mostra una capacità mnestica di tipo episodico, in cui l’evento e non il singolo dato rappresenta l’unità mnestica di base. Un posto di rilievo per  la strutturazione sia del senso del Sé sia del significato emotivo-cognitivo delle esperienze vissute occupa la comunicazione transmodale nel rapporto con la madre, per cui, per es. la modalità comunicativa mimico- gestuale del bambino è accompagnata e incoraggiata da espressioni vocali della madre (modalità sonoro- acustica).

PARTE SECONDA CAPITOLO 1

L’utilizzo di un sistema verbale insieme alla deambulazione e automizzazione delle mani,ha reso l’uomo libero rispetto le altre creatureàsi ricorda il racconto di kafka in cui un oratore riferisce il suo procedere da scimmia a uomo, sancito con la produzione di una parola. La parola deve possedere identificazione(non appartenere a nessuno),identità (essere di tutti),deve esprimere soggettività collegandola a socialità,deve essere altro dal pensiero riuscendo allo stesso tempo ad essere pensiero. Nocolaidis afferma che le preme relazioni compaiono attraverso gesti,sguardi ecc; la parola comincia con delle espressioni simboliche di immagini-cose. La parola dunque è simbolo, e la parola “simbolo” deriva da “simbolia” che significa segno  di riconoscimento di 2 pezzi di un oggetto tagliato in 2.. quindi il simbolo indica collegamento. Inoltre l’autore afferma che non vi è simbolia senza anfibolia (ambiguità)àperché il simbolo conservi valore simbolico è necessario che sia anfibolico poiché se rappresentasse perfettamente la cosa non sarebbe simbolo ma la cosa stessa. Dunque il linguaggio rappresenta quel ponte che collega la realtà con le proprie categorie semantiche permettendo la continua crescita e conseguente espansione. La produzione della prima parola da parte del bambino rappresenta l’avvenuta traduzione simbolica della realtà sulla dimensione fenomenologica. Oltretutto la parola rappresenta il fondamento dell’interazione che permette di stabilire la distanza tra me o il mio io e l’altro differente da me,che sta alla base dell’interazione. E grazie all’interazione adulto/bambino, il bambino acquisisce una serie di significati che via via diventano sempre più convenzionali, costituendo il codice linguistico, il linguaggio in sé. Secondo Berger e Luckman Il linguaggio ha funzione sociale e socializzante connessa alla molteplicità delle sue funzioniàè di un ampiezza tale da permettere di oggettivare una grande varietà di esperienze. Attraverso il linguaggio si può conversare con l’interlocutore anche su individui con cui non si è in interazione diretta:il mondo intero può essere attualizzato con il linguaggio; il linguaggio rende presenti anche persone del passato o figure immaginarie o future. Esso rende dunque possibile la presenza dell’assenza. Dunque ogni tema che getta  un ponte tra diverse sfere della realtà può essere definito simbolo e chiamato linguaggio simbolico

CAPITOLO 2


In merito alla qualità della verbalizzazione dell’adulto e la conseguente costruzione del linguaggio infantile, vi sono stati diversi autori che hanno contribuito in tal senso, per es. Chomsky sosteneva che nel bambino era presente un meccanismo innato, il cosiddetto LAD (dispositivo di acquisizione linguistica),mentre una matrice comportamentista attribuisce all’associazione tra suoni e oggetti,l’apprendimento del linguaggio. Una terza teoria è quella di Bruner, che nella sua teoria sul bambino transazionale, spiegava sulla base di un approccio interazionista, che il bambino oltre a possedere il LAD possedeva anche il LASS, cioè un dispositivo di supporto svolto dal ruolo dell’adulto. A conferma di ciò sono esemplificative le ricerche condotte sul Motherese (quel particolare linguaggio che le madri utilizzano nei confronti dei bambini caratterizzato da brevità e suggerimenti), sul baby talk (il linguaggio deli adulti o dei bambini più grandi utilizzato con i bambini piccoli) e il fatherese (il linguaggio paterno nei riguardi del bambino caratterizzato da minore adattamento rispetto alla madre alle competenze del bambino e maggiore presenza di domande). Gli studi della Nelson,che analizza l’acquisizione delle prime 50 parole,dimostrano inoltre la presenza di 2 gruppi:referenziale (caratterizzato da parole indicanti oggetti)àquesto gruppo mostra linguaggio più ampio,ma quantità di espressioni grammaticali inferiori; e espressivo (termini indicanti i sentimenti. Questa indagine ha dimostrato che le attenzioni da parte degli adulti in genere, influenzano profondamente lo sviluppo del linguaggio infantile. Successivamente si è dato maggiore spazio all’analisi delle competenze comunicativa, sia sul piano sintattico-grammaticale che su quello socio-relazionale del linguaggio. Il problema, dunque non riguarda tanto il bambino nell’imparare a parlare, quanto l’adulto nell’insegnare principalmente le parole e successivamente insegnare a contestualizzare correttamente a motivare il bambino in tal senso. Il bambino già precocemente possiede competenze comunicative prelinguistiche e quindi <<intenzioni comunicative>> che si traducono in attività prima prevalentemente gestuali, poi sempre più di tipo linguistico.Esse sono insieme una possibilità (perché strumento di espressione) e limite (perché lo sviluppo dipende dalla decodifica dell’adulto di questa gestualità,non sempre semplice). Il linguaggio non può essere acquisito da spettatore ma attraverso l’uso,infatti + precoce sviluppo hanno i bambini che ricevono istruzioni e domande sulle attività in cui sono impegnati. Inoltre il linguaggio non può essere neutrale, perché esso impone punto di vista,direzione dell’attenzione ecc,che rimarranno cmq elementi della lingua madre semantica nonostante le successive rinegoziazioni (come afferma Bruner). Il linguaggio dunque è uno strumento di rappresentazione del mondo o della realtà su cui verte la comunicazione, in questo senso è inteso il modo in cui uno parla che finisce per diventare il modo  in cui rappresenta. Le rappresentazioni, in altre parole sono influenzate dal linguaggio, e in particolare dalle specifiche competenze semantiche, sintattico-grammaticale, emozionale, relazionale.

COMPETENZA SEMANTICA

Se analizziamo il lavoro che i bambini fanno nella costruzione del linguaggio, condividiamo a pieno ciò che  lo stesso Macnamara sostiene, e cioè che il linguaggio il bambino, lo costruisce per gradi. Inizialmente associa le parole come nomi degli oggetti e la continua ripetizione di tali nomi va a formare il lessico, successivamente il ambino presta attenzione ai significati delle signole parole per poi allargare il significato di tali parole al contesto in cui esse stesse si collocano, in tal modo il bambino diventa progressivamente capace di costruire la cosiddetta <<competenza semantica>> (cioè l’attribuzione dei significati alle parole). Molti autori in merito a tale competenza ritengono che l’ambiente linguistico familiare è il maggiore responsabile della costituzione di questo tipo di competenza, pertanto da esso dipende la qualità della competenza semantica.

COMPETENZA MORFO-SINTATTICA

Lo sviluppo della grammatica appare quando il bambino possieda un vocabolario sufficientemente ricco  (tra le 50 e le 100 parole in soggetti normali e 100/600 parole in soggetti precoci secondo Camaioni)àintorno ai 16 mesi si hanno circa 50 parole ,intorno ai 20 mesi 150,seppur con elevata  variabilità indiviaduale. I sottosistemi della grammatica sono costituiti dalla morfologia,che riguarda forma delle parole(suffissi,singolare/plurale,verbi ecc) e dalla sintassi, che riguarda i modi di combinare le parole  in insiemi verbali. Riguardo la domanda se vi siano regolarità nell’apprendimento verbale corretto vi sono diversi orientamenti ma in generale le ricerche sulle modalità di acquisizione delle  conoscenze grammaticali, dimostrano che non è possibile operare generalizzazioni e che è importante analizzare la dimensione semantica,messa in ombra spesso da quella sintattica. Questa deve inoltre essere analizzata all’interno della lingua materna che ha regole che il bambino deve controllareàla nostra lingua richiede


padroneggiamento di accordo sogg-verbo e, quando questo non basta, coerenza semantica (in una frase come “la bicicletta rompe il bambino” l’accordo sogg-verbo non è sufficiente). Molto importante è il ruolo dell’adulto come produttore di modelli verbaliàl’ipercorrettismo usato dai bambini (ando,salo ecc)mostra come essi, + che imitare le frasi dell’adulto,le prendano ad esempio

Manca 99,100,101 COMPETENZA EMOZIONALE

Gli studi condotti sulle emozioni, relativamente all’età infantile, sembrano indicare come i bambini molto precocemente siano capaci di riconoscere le emozioni espresse dagli altri e di reagire ad esse. Le ricerche, che utilizzano la tecnica dell’abituazione,mostrano come i bambini mostrano maggiore interesse per immagini connotate emozionalmente e accompagnate da tracce sonore congruenti. Inoltre il bambino mostra già da piccolo interesse alla suggestione emozionaleàattraverso linguaggio corporeo (come mostra Bruner) stabilisce rapporti prima di saper parlare. Nonostante ciò però il linguaggio permette di compiere atti che solo esso rende possibili,come ad es la promessa (nel racconto di Kafka, quando la scimmia afferma che con il linguaggio voleva imitare gli uomini per ottenere la libertà,nonostante nessuno glielo avesse promesso, si mostra che la promessa richiede per natura una verbalizzazione). Infatti,come afferma Bruner, Le emozioni acquistano il proprio carattere qualitativo per il fatto di essere contestuali con la realtà sociale che lo produce, e questa contestualizzazione si realizza attraverso il linguaggio che rende conoscibile un sentimento e permette confrontabilità degli stati. Anche l’approccio psicoanalitico considera il linguaggio come lo strumento fondamentale per raggiungere la dimensione affettiva talvolta profonda ed inconscia (come afferma Fornari). In altre parole il linguaggio traduce ed elabora la dimensione affettiva, la cui rilevanza è resa nota dal ruolo che ha il sentimento nel guidare le decisioni. E’ dunque chiara l’importanza  di un’educazione che renda il soggetto esperto della verbalizzazione/comprensione delle emozioni. Inoltre l’apprendimento può essere considerato prodotto di un codice duale attraverso cui ogni percezione viene etichettata sia per le proprietà fisiche che per le qualità emotive. Assume dunque carattere centrale la capacità di decodifica semanticaàessere in grado di estrarre un sent e dargli un nome, permette al bambino consapevolezza delle emozioni e capacità di esprimerle in maniera simbolica e non solo di agire fisicamente sulla loro spinta. Dunque la traduzione linguistica contiente l’esperienza emozionale, dandole forma, continuità spazio-temporale e significato.

COMPETENZA RELAZIONALE

Essere capaci di costruire relazioni sociali,vivere in sintonia con gli altri ecc,sono parte essenziale della qualità della vita. Le radici di questa competenza si rintracciano nella tendenza dell’adulto a trattare i gesti del bambino come espressione di una volontà comunicativaà qst processo di semantizzazione è il primo modello di reciprocità x la nuova struttura cognitivo-relazionale. E l’adulto in quesa ricerca di equilibri reciproci,diventa modello di interazione sociale, la quale avviene attraverso l’acquisizione di competenza interattiva, simbolico/linguistica e sociale. La prima nasce dall’apprendimento di sistemi di turnazione (ad es quando durante la suzione la mamma sta zitta e interagisce durante le pause) che permettono al bambino individuazione di regolarità e rispetto di norme. La struttura formale di questo processo è dialogica, in quanto il bambino, come rileva Schaffer, prima di comprenderne i contenuti, si trova in un sistema con le caratteristiche di un dialogo, le cui forme prototipiche sono rintracciabili oltre che nella suzione anche nel visual coorientation (condivisione di attenzione di madre e lattante). Questa posizione è condivisa da Bruner, quando rileva che l’azione congiunta di dare e prendere mutua la struttura del dialogo. Altra modalità di relazione è quella derivante da accettazione/rifiuto, che il bambino riceve dall’adulto rispetto i suoi tentativi linguisticià ricerche evidenziano che i limiti linguistici dipendono dal fatto che la madre accetti o rifiuti le proposte linguistiche del bambino, non mettendolo in condizione di diventare consapevole e capace (la Nelson ha rilevato che il rifiuto delle proposte verbali infantili influisce sull’evoluzione linguistica). Nelle prime performance verbali è dunque fondamentale saper ascoltare senza attegiamenti correttivi, in quantio questi rendono inintellegibili le possibilità creative di un linguaggio da scoprire. La capacità di ascolto è invece occasione di rendere le prime prove linguistiche opportunità costruttiva sul piano relazionale.

CAPACITA’ DI ANALIZZARE E PROGETTARE IL FUTURO


Secondo Andreoli, senza percezione del futuro non è possibile fare progetti, e dunque l’uomo perde le sue principali caratteristiche: pensare e costruire dimensione spostata nel tempo;senza percezione del futuro muore    il    desiderio    e    la    percezione    di    attesa,    e    senza    desiderio    la    vita    si    disanima.     La costruzione di una rappresentazione del futuro però affonda le radici nell’infanzia; e la capacità di analizzare il futuro è dirett proporzionale a quella di analizzare il reale, intendendo x esso, non solo la realtà esterna ma anche se stessi. E modalità privilegiata di analisi del reale è il linguaggio. E’ dunque fomdamentale la trama linguistica che l’adulto offre al bambino, che diventa chiave di lettura e modello di composizione/scomposizione del mondo. (modello di analisi e proggettazione) . Riguardo la percezione  della natura ipotetica della conoscenza, Carol Feldman, analizza il linguaggio usato da docenti, durante le ore di lezioni con gli alunni, e durante quelle trascorse con i colleghi, utilizzando come indice l’utilizzo di verbi modali indicando probabilità (può essere,può darsi ecc). Ne rileva che la frequenza di essi è più elevata nel linguaggio con i colleghià questi risultati mostrano la possibilità offerta (o negata) ai giovani di imparare a progettare il futuro, che si può attuare solo se si riesce a rappresentare ciò che ancora non c’è. Altre ricerche svolte da Berstein hanno evidenziato l’uso di 2 tipi di linguaggio che le madri offrono ai figli:ristretto o elaboratoàil primo è tipico delle famiglie posizionali e si differenzia per tendenza all’uso di linguaggio implicito che è comprensibile solo x l’immediato contesto di appartenenza, e dunque isola l’individuocostringendolo ai confini del suo mondo; inoltre è caratterizzato da scarse scansioni  cronologiche, attribuzione causale al principio di autoritàà questo mostra i limiti quando l’individuo esce dal cerchio familiare e si inserisce nel contesto della scuola dove è richiesto un codice elaborato,tipico di famiglie centrate sull’individuo,appartenenti spesso a classi sociali più elevate. Infine importanza ha l’uso dei modi verbali che si sono ridottiàl’uso del congiuntivo è sostituito dall’indicativo che è inadatto a introdurre il peso dell’ipoteticità. La scomparsa di qst strumenti verbali è spesso attribuita ai mass media,ma non si deve dimenticare che la costruzione verbale/mentale del bambino passa dal filtro che  deve essere proposto dall’adulto che, nella sua funzione educativa, deve essere stella polare del  firmamento psicologico del bambino.

PARTE TERZA CAPITOLO1

Come rileva Elisabeth Cook,la fiaba non è nata x i bambini ma è diventata lo spazio che conosce l’infanzia. Bruner individua 4 componenti grammaticali fondamentali che rendono efficace una narrazione: agentività, mantenimento di ordine sequenziale, sensibilità verso ciò che viola o rispetta canoni dell’interazione  umana, e prospettiva del narratoreà qst caratteristiche a livello grammaticale-lessicale sono le prime ad apparire nello sviluppo del bambino. Quando l’adulto si rivolge al bambino,costituisce modelli linguistici, che se presentati in una favola, sono più efficaci sia x interatività delle fiabe che x incisività emozionale. Il legame tra fiaba e bambino è identificabile nella consonanza,poiché soltanto una storia che si conformi ai nostri principi base del pensiero risulta convincente x noi. Questa capacità di adattamento e resistenza al tempo si spiega con motivi di tipo strutturale-formale.

SEMPLICITA’ DEL LINGUAGGIO E LINEARITà DEL RACCONTO

La fiaba aderisce al bambino poiché non richiede particolari sforzi attentivi; la sua semplicità deriva da caratteristiche tra cui espressioni delle emozioni(che introducono il piccolo nella modalità affettiva) , onomatopee (che captano l’attenzione del bambino), nomi aggettivati (che identificano e connotano i personaggiàqst caratteristica è consonante con la convinzione del bambino che i nomi siano parte della naura del soggetto.) . Inoltre si nota somilianza tra il linguaggio della fiaba e la ritmicità, apprezzata dai bambini,prensente in filastrocche e cantilene. Sul piano psicologico le fiabe sono fonte di sicurezza poiché  la storia proseguirà secondo schemi che sono in evoluzione ma che possiamo seguire poiché seguono un cammino simile al nostro. Le preposizioni (ad es avversative) inoltre,hanno funzione di contapporre mondo della fiaba a quello reale; e gli avverbi non indicano realmente dove,come e quando rispetto la realtààla grammatica della fiaba dunque mentre lega in un’unità semantica, si fonda sulla mancanza di definizioni. Ciò, come afferma Simeti,è ottenuto dal continuo uso di metafore e metonimie. Infine la struttura  periodale delle frasi è costituita da successione lineare di frasi , con accadimenti che si realizzano uno x volta.. l’ordine è dunque orizzontale.

FLESSIBILITA’ DELLE CATEGORIE LOGICHE


La fiaba inizia con una situazione reale che poi lascua spazio ad eventi fantastici, caratterizzata da comparsa di esseri soprannaturali. Essi, secondo todorf, rappresentano onnipotenza e sopperiscono ad una causalità deficitaria (nelle fiabe tutto ha una causa poiché essa è soprannaturaleà manca il confine tra cosa e parola). Il principio di causalità è sganciato dalla necessità e rende possibile soppressione delle frontiere  che separano gli oggetti e questi dai soggettià qst sganciamento ha effetto su tutte le forme di categorizzazioneàanche i rapporti spazio-temporali, come quelli causa-effetto si fondano su libertà dalle regole. Il tempo infatti spesso è indefinito,così da poter essere accettato facilmente dal bambino piccolo.

PERSONAGGI MONOLITICI

I personaggi sono semplici e monotematici e il loro spettro personologico aderisce ad una dimensione che incarna una tipologia.La fiaba condivide una caratteristica delle tragedie greche, fondate su meccanismo  del destino che rende i personaggi archetipi che costiuiscono un punto di riferimento. Dunque con la fiaba il bambino può guardare alla realtà attraverso la semplificazione data dai personaggi fiabeschi, che rappresentano incarnazione di tendenze contraddittorie del bambino,il quale può collocare i personaggi in dimensioni psicologiche contraddittorie. In questo modo il bambino può confrontare diversi aspetti della realtà ,metterli a confronto e trarre conseguenze. Come rilevava Selma Fraiberg, le fiabe consentiranno al bambino di giungere dalla magia di ogni possibile, alla misura di ciò che è realmente possibile. Infine anche i personaggi hanno nomi comuni o aggettivati che ne indicano la funzione, e ciò permette al bambino di identificarsi in una forma essenziale.

ISOMORFISMO TRA CLIMA FIABESCO E MONDO MAGICO DEL BAMBINO.

(ISOMORFISMO=fenomeno x cui realtà diverse si cristallizzano in realtà simili).

L’infanzia è caratterizzata da incapacità di distinguere tra io e mondo, definita da Piaget realismo egocentrico . Ciò comporta che da un lato il limite tra io e mondo esterno nel piccolo è molto più vago che in noi, e dall’altro che il realismosi prolunga in partecipazioni e atteggiamenti magici spontanei. Questa indistinzione comporta che ogni cosa partecipa di tutto e ogni cosa può agire su tutto; e potrebbe diventare dannosa se esporrebbe come afferma Freud, all’azione del perturbante, ma egli stesso afferma che ciò è impossibile poiché, per far si che forze occulte, animazione di ciò che è inanimato ecc, risultino perturbanti, occorrerebbe che queste convinzioni si rivelassero nella realtà, e questo è reso impossibile dalle stesse premesse del mondo della fiaba. Infine come rileva Simeti,il pensiero magico-immaginativo,motiva e dirige le relazioni e ricrea fuori di se l’immaginario; esso permette di recuperare una tensione di onnipotenza e svolgere scambi tra mondo interno ed esterno—>dunque tutte le relazioni interpersonali ne sono condizionate.

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(La funzione principale della fiaba è quella di colmare temporaneamente nel bambino delle lacune dovute inevitabilmente alla mancanza di esperienza e di informazione per i pochi anni vissuti. Allo stesso tempo, la fiaba permette al bambino di cominciare a controllare il caos interno fra tendenze aggressive - cattive e tendenze buone. Le prime vengono così proiettate su una strega o su un lupo, soddisfacendo il proprio impulso quando questi personaggi fanno una brutta fine; mentre le seconde - i sentimenti buoni- le può indirizzare su una principessa o su un eroe, permettendo a se stesso di identificarsi con questi personaggi. Spesso ci si interroga sull’utilizzo delle fiabe e delle favole nella prassi educativa dei propri figli, chiedendosi se è giusto esporre il proprio bambino ad emozioni forti ma contemporaneamente “negative”; i genitori vorrebbero presentare ai propri figli solo racconti positivi che vanno incontro ai loro desideri. In realtà, come dicevamo, così facendo si commette un'errore, in quanto il bambino non vivrà in una realtà “tutta rose e fiori”, dovendosi invece destreggiare tra gli ostacoli della vita alle quali deve essere preparato, disponendo del più ampio numero di “cartucce”. A ciò va aggiunto un altro aspetto di non minore importanza: il bambino ha spesso pensieri distruttivi e/o aggressivi, del tutto normali all’interno del suo processo di crescita; egli, tuttavia, non sa che questi sentimenti sono “normali”, perciò se gli vengono presentati esclusivamente modelli positivi si alimentano automaticamente i suoi sensi di colpa. La paura deve essere scoperta dal bambino nella favola, così come la temporanea vittoria del nemico. In questo modo, ciò che avrà appreso potrà essere utilizzato nella quotidianità, consapevole dell'esistenza di eventi negativi (ostacoli e problemi) nella vita di tutti i giorni. A tutto questo va aggiunto che, identificandosi con il personaggio buono o con l'eroe, il bambino comprende che, sebbene sia normale trovare delle difficoltà sul


proprio cammino, egli riuscirà a superarle. Questo viene rinforzato anche dalla frase conclusiva di ogni favola: "e vissero tutti felici e contenti" assicura il bambino sia sul lieto fine (della storia e della sua vita) sia sul fatto che egli non rimarrà mai solo. Pensate ad esempio alla favola di Hansel e Gretel: essa permette di far sperimentare il sentimento di solitudine (i due protagonisti che si perdono) e che può accadere nella  vita di tutti i giorni. Ci si sente perduti e senza via d'uscita. Poi, come nella fiaba in cui i due protagonisti superano il difficile momento con le prorie forze (sconfiggono la strega e tornano a casa), così anche nella realtà si ha la speranza del lieto fine. Questo elemento è tanto importante nel bambino, quanto nell'adulto in un momento della vita negativo, come può essere ad esempio dover affrontare la fine di una storia d'amore o un lutto. Si ritorna quindi al discorso che la fiaba spesso assume una valenza terapeutica. perchè è tanto importante una fiaba per il bambino:

Ø Come le fantasie, la storia inizia in maniera realistica: una madre dice di andare dalla nonna (Cappuccetto Rosso), una famiglia povera (Hans e Gretel) ed il bambino è stimolato da queste situazioni, ricercando quella che maggiormente si avvicina a lui, comprendendo il perché accadono alcune cose e come risolverle. Ø Allo stesso tempo la storia non parte dalla realtà fisica del bambino (sedere in mezzo alla cenere come Cenerentola o rimanere nel bosco come Hans e Gretel) perché sarebbe insopportabile e la fiaba ha al contrario la funzione di confortare.

Ø La fiaba aiuta il bambino nello sviluppo di una propria identità, suggerendone i passaggi fondamentali. In linea generale il messaggio che trasmette è che la vita è gratificante, sebbene gli ostacoli siano tanti, ma importante è superarli.

Ø La possibilità di due personaggi opposti nella fiaba (buoni e cattivi) permette al bambino da un lato di conservare l’immagine di una madre buona anche se in realtà non lo è e dall’altro, di non alienarsi dalle sue grazie, madre non matrigna.

Ø Dopo i cinque anni le fiabe diventano importantissime. L'utilità per il bambino nell'ascoltare fiabe coinvolge vari aspetti: intellettivo, relazionale e morale. Il bambino prova piacere ad ascoltare la voce dell'adulto ed inoltre, facendo parlare i sentimenti, viene interrotta la rigidità generazionale. Per ciò che concerne l'etica, a 6-7 anni si inizia a strutturare il Super-Io. Il portatore della morale è il protagonista della fiaba con il quale il bambino si identifica.

Ø Le fiabe rispecchiano l'immagine interiore che il bambino ha di se stesso, cosi ora emerge l'ansia dell'abbandono (Hansel e Gretel) o il complesso edipico (Biancaneve) o la rivalità fraterna (Cenerentola).

Ø Ascoltando il racconto di una fiaba, si contribuisce a sviluppare nel bambino la capacità di ascoltare l’altro nella vita di tutti i giorni.

Bettheleim consiglia di raccontarla più che leggerla, affermando che le storie illustrate lasciano poco spazio all’immaginazione del bambino su come egli stesso possa rappresentarsi il racconto ascoltato. Pensiamo ad esempio ai diversi modi con cui può essere immaginato un lupo… Allo stesso tempo per raccontare senza leggere, anche l’adulto deve utilizzare la fantasia, lasciarsi trasportare, trasmettendo al bambino l’empatia  e il sentirsi coinvolto. Si crea quindi un importante punto di incontro tra l'adulto-genitore e il bambino-figlio in cui l'emozioni circolano liberamente e l'atmosfera diventa magica. Abbiamo detto che ogni fiaba insegna qualcosa alla persona, ancora di più al bambino. E' facile quindi domandarsi: Quale fiaba devo raccontare al bambino? Non possiamo sapere a quale età è importante una determinata storia, possiamo tentare iniziando a raccontare la storia che ci sta più a cuore adesso o quando si era piccoli: se al bambino non interessa, significa che i temi affrontati da quella fiaba non sono significativi per lui in quel dato momento. Questo è l'lemento più importante. Bisogna ascoltare i bisogni del bambino. La richiesta di sentire la stessa storia, significa quanto questa sia importante per lui in quel momento. Ad un certo punto, una volta preso tutto ciò che la favola può offrirgli, oppue nel momento in cui i problemi che l’hanno reso recettivo ad essa sono superati, richiederà una seconda fiaba. E’ importante seguire l’interesse del bambino, non guidarlo. Per lui è fondamentale non solo che il genitore si appassioni a ciò che racconta (come se la favola preferita fosse di entrambi), ma anche che i suoi intimi pensieri siano ignoti al genitore finchè lui stesso non voglia esplicitarli. In questo

senso è importante: • non interpretare i suoi bisogni, ma lasciarsi guidare da lui stesso

  • non spiegare la storia, ognuno trae il suo significato a seconda della personalità e del momento di vita

  • non deve mai essere rivelato al bambino il motivo per cui gli piace la fiaba. Il significato dei simboli della fiaba nella realtà della sua vita deve rimanere segreto Anche Freud così come tutti gli pscoanalisti affermano che le situazioni delle fiabe richiamano simbolicamente le ansie, le paure e le angoscie infantili che nel racconto trovano una soluzione positiva e rassicurante.

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- CAPITOLO 2

LA FIABA COME SPAZIO TRANSIZIONALE TRA REALE E IRREALE

Gabriele, bambino di tre anni e mezzo e figlio della prof., ha espresso che <<in ogni fiaba c’è una realtà, magica>>. Queste dimensioni esprimono 2 mondi che l’adulto ha imparato a distinguere ma che per un bambino sono uniti poiché la fiaba condivide gli opposti che si mostrano come due ingressi che conducono ad un’unica realtà. Questa espressione dunque racchiude una verità che è stato oggetto di studio di molti studiosi e in particolar modo di Winnicott, secondo il quale il bambino inizialmente vive in una realtà costruita soggettivamente, dove tutto (compresa la madre) è sotto il suo controllo onnipotente (onnipotenza soggettiva); in questa realtà il bambino crede di costruire la madre con i suoi desideri. Gradualmente dovrà abbandonare questa visione edonistica, anche grazie alla madre a cui toccherà “deludere” il piccolo, per abbracciare una visione dello spazio oggettivo condiviso, dove la madre esiste indipendentemente dalla volontà egoistica del bambino. Tra le due forme di realtà ne esiste una terza, lo spazio transizionale, il quale è sia costruito soggettivamente che percepito oggettivamente. Dell’esperienza transizionale fanno parte gli oggetti transizionali che costituiscono zona intermedia di esperienza in cui coesistono onnipotenza soggettiva e realtà esterna. Per Winnicott i fenomeni transizionali appartengono ad un area intermedia tra mondo esterno e mondo interno, che chiama luogo di pace, poiché il bambino si riposa dal dover distinguere realtà e fantasia.Il fenomeno transizionale non è quindi percepito ne onnipotentemente ne visto come appartenente alla realtà oggettiva, venendosi a trovare in uno spazio di mezzo. In questa prospettiva la fiaba è vista come spazio transizionale x eccellenza; infatti Giuliana Boccardi afferma che i bambini hanno bisogno di storie: le prime sono le ninne nanne, poi si passa a alle favole, contenenti parole cui il bambino attribuisce ruolo di realtà magicaàla fiaba è dunque spazio transizionale. La fiaba è quindi luogo in cui il bambino attribuisce attribuibilità a sentimenti e emozioni, rappresentando altra occasione x la costruzione della teoria della mente. Infatti come rileva Annoli, il bambino basandosi sulla propria capacità di attribuire opinioni e desideri,diventa progressivamente in grado di cogliere connessioni tra aspettative e interazioni altrui, con le loro condotte emotive, costruendo una elementare ma efficace teoria della mente.

<<C’ERA UNA VOLTA>> I <<SEGNALI DI CHIAMATA>> E L’INGRESSO IN UN MONDO ALTRO MA REALE

All’interno delle fiabe troviamo dei segnali di chiamata che sono veri e propri landmark cioè dei punti di riferimento facilmente identificabili che servono a non perdersi e ritrovare la strada del ritorno alla realtà. I landmark non possono essere considerati né egocentrici né allocentrici (poiché non sono centrati né su memorizzazione dei comportamenti né su quella di aspetti ambientali), bensì  transcentrici, in virtù del  fatto che costituiscono una sorta di segnaletica (di una terza realtà) che svolge la funzione di separare la realtà dalla fantasia, mantenendole collegate. La transcentralità di qst landmark dipende dall’appartenere alla fiaba che è metaforica, collocandosi a metà tra impossibilità della realtà e certezza della fantasia. E la metafora aiuta il bambino a dare senso alla realtà, in quanto forma di classificazione permeata di giocosità: è dunque strumento x dar senso al mondo

L’IMMAGINARIO INFANTILE COME PRIMA MAPPA COGNITIVO/EMOZIONALE CHE IL BAMBINO UTILIZZA X SPIEGARE/PREVEDERE LA REALTA’.

Il rapporto tra indicazioni offerte dalla fiaba e dalla realtà, è isomorfo a quello tra cognizione situata(??) e formale, che indica come alla facilità di soluzione dei problemi di matematica si opponga difficoltà quando gli stessi siano prodotti in parole. Allo stesso modo la preparazione alla vita offerta dalle fiabe è + forte rispetto a qll indicata nelle pratiche educative, poiché vi è la presenza di immaginazioneàin questo modo l’immaginario è mappa cognitiva poiché la fiaba stimola i processi cognitivi, attraverso la raccolta, l’immagazzinamento, l’analisi, la valutazione e la trasformazione delle informazioni o dati per poi utlizzarle in varie situazioni. Riguardo la dimensione emozionale, invece, la fiaba va a stimolare il desiderio, che è


presenza dell’assenza e che assume una valenza affettivo-simbolica. La fiaba è dunque una realtà da cui il bambino,per via analogica, desume indicazioni circa la comprensione della realtààcome afferma Bruner, le storie forniscono una mappa di ruoli e mondi, in conformità ai quali azione,pensiero ecc sono consentiti. Le fiabe sono quindi rappresentazione di strutture relazionali ,rapporti sociali,soluzione ai problemi ecc, cui il bambino attinge analogicamente x darsi una spiegazione. Peraltro l’uso dell’analogia (intesa come proiezione di una struttura da una situazione nota a una non nota ma simile) come modalità esplicativa è frequente da parte dell’adulto nelle situazioni più difficili, sia in ambito familiare (metafora delle api x spiegare come nascono i bambini) sia scolastico il cartone (di ricorda il cartone animato del corpo umano, che facendo uso delle analogie spiegano per bene e in modo chiaro il funzionamento del corpo).

FIABA ED IMMAGINI MENTALI.

Abbiamo fatto cenno alla fiaba come sistema di rappresentazioni, le quali possono essere considerate in termini di immagini mentali, che inizialmente sono di tipo riproduttivo, ma grazie alla costruzione degli schemi operatori diventano anticipatrici, nel senso che non copiano la realtà ma portano alla soluzione dei problemi, ecco perché spesso si identifica la fiaba come spazio d’origine delle immagini mentali (tra i primi  a occuparsi di immagini mentali ricordiamo Galton e James).Come rileva Di Nuovo infatti, Il processo immaginativo, produce ed elabora un oggetto di conoscenza senza che gli stimoli relativi siano effettivamente presenti nel sistema senso-percettivo.(nota p 127?) Dunque la fiaba è luogo naturale di origine e trasformazione di immagini che vengono prodotte dalle informazioni verbali che alle fiabe si collegano. Alcune informazioni verbali sono costituite dai segnali di chiamata, i quali configurano mentalmente un luogo che risulta a tutti comune. Dunque le fiabe sono produttrici di immagini mentali poiché dall’incipit “c’era una volta in un paese lontano un re..” nasce l’immagine di un castello che si avvicina a noi progressivamente ,all’interno del quale penetriamo fino a raggiungere la sala del re.

CAPITOLO 3

La fiaba costituisce un potente strumento con cui l’adulto indirizza, il comportamento infantile su ciò ke è giusto e ciò ke non lo è. (riguardo la competenza della comprensione delle emozioni, è stata dimostrata totale penetrazione dei bambini nel mondo del racconto). Shweder afferma ke i bambini sono assistiti nella costruzione di giusto e sbagliato ma le deduzioni sulla morale e su ciò ke è morale, sono ricostruzioni personali. La fiaba è sedimentazione del pensare dell’uomo nel suo contesto di appartenenza; inoltre nel profondo interesse ke i bambini mostrano x il racconto si vede quanto siano potenti le immagini della narrativa nel generare individualità,questo xkè le fiabe definiscono una gamma di variazione delle caratteristiche fisiche e nello stesso tempo forniscono una mappa dei mondi possibili in cui le azioni sono ammissibili. In questo senso la fiaba è considerata come modello di rappresentazione della dimensione contestuale. Nel libro cmq non si propone un analisi definitiva della rappresentazione della realtà veicolata dalle fiabe, soprattutto x la enorme numerosità delle fiabe e nella presenza in esse di variabili geografiche e e storiche diverseà x questo all’interno del libro si sono prese in considerazione storie fiabesche classiche,che costituiscono una presenza costante nella crescita psicologica di intere generazioni e si sono escluse volutamente fiabe come quella di Pinocchio o Peter Pan che, per la loro complessa struttura sia contenutistica che linguistica, sono indicate per bambini più grandi. Di queste fiabe + “semplici” si evidenzieranno i modelli di soluzione dei problemi che diventano parte costitutiva della Weltanshauung personale, e questo xkè la fiaba offre modi ke il bambino può facilmente afferrare in base al proprio livello intellettivo e emotivo. I modelli analizzati nelle seguenti pag riguardano:1) la modalità dicotomica (bene/male) di inquadrare il mondo,2) l’atteggiamento negativo verso ki appare diverso,3) il rifiuto verso la possibilità di cambiamento e 4)presentazione molto critica dei modelli familiari.

  • L’IMMANENZA MANICHEA DEL BENE E DEL MALE.

La fiaba e l’assetto originario della psicoanalisi hanno una caratteristica in comune, cioè quello dell’orientamento bipolare o dualistico, amore-odio, istinto di vita-istinto di morte ecc.. che già presenti in Freud vengono ulteriormente approfondite dalla Klein. Nella fiaba troviamo spesso la divaricazione buono- cattivo, lo stesso Bettelheim, ritiene che la polarizzazione costituisce una base per comprendere le grandi differenze tra le persone, e che quindi bisogna operare una scelta circa il tipo di persona che si vuole  essere. Le fiabe scelte e argomentate nel libro sono Cappuccetto Rosso(la versione dei Grimm e non quella di   Perraut,   che   x   l’assenza   del   cacciatore   e   quindi   del   lieto   fine,   aveva   lo   scopo   di   indurre i


bambini,attraverso la paura, a evitare scelte sbagliate) e Biancaneve, al loro interno si riscontrano alcune caratteristiche, quali: • coesistenza del buono e del cattivo; • prevalenza del cattivo sul buono; • difficoltà e sofferenza del buono; • sconfitta del cattivo per l’intervento di un salvatore.

-Se prendiamo in esame la fiaba di Cappuccetto Rosso (a parere di Fromm il cappuccio rosso simboleggia le mestruazioni, e identifica il messaggio della fiaba in termini di conflittualità tra uomo e donna, che si risolve con la vittoria della donna sull’uomo) notiamo che la bambina protagonista riceve dalla madre un incarico da portare a termine ed un lunga serie di raccomandazioni relative al percorso che deve proseguire, al trattamento e cura delle vivande che ha con sé, e a tutte quelle norme educative (tipo il saluto alla nonna)  a cui deve prestare attenzione. Il comportamento e le parole della madre nei confronti di cappuccetto, sembrano dare dirette spiegazioni che il bambino stesso può facilmente riscontrare nella realtà nel rapporto con la madre. Però nel corso della fiaba vi sono alcuni avvenimenti, quali l’incontro nel bosco con il lupo che distoglie cappuccetto da quelle che erano le raccomandazioni iniziali, tanto che, prestando attenzione a ciò che il lupo le dice, si dilunga nel bosco ritardando ad andare dalla nonna. Di fatto ciò sottolinea intanto, l’aver dato retta ad un estraneo che per di più era un lupo (del quale cappuccetto non temeva perché ignorando il carattere cattivo di questo animale, non provava alcuna paura), e le conseguenze che ne derivarono. Infatti,l’incontro con il lupo fu determinante affinchè questo potè realizzare le sue intenzioni, che erano quelle di mangiare dapprima la nonna e poi, traendo in inganno cappuccetto rosso,che non si mette all’erta per la classica affermazione “che orecchie grandi che hai…” anche lei. Il lieto fine della storia è segnato dall’intervento di un salvatore, che nel caso specifico era il cacciatore, che taglia la pancia del lupo e fa uscire sane e salve le sfortunate. In seguito Cappuccetto riempie di pietre la pancia del lupo, il quale svegliatosi, nel tentativo di andarsene, cadde a terra x il peso delle pietre e morì.

-La fiaba di Biancaneve, invece, era la storia di una bambina che nata dalla moglie del re la cui madre muore proprio dandola alla luce. Il re che sposatosi successivamente con un’altra bella ma superba donna, è ignaro dei comportamenti che questa donna in veste di matrigna, riserva alla figlia Biancaneve, verso la quale nutre dei sentimenti di odio, tanto da indurla a progettare una vera e propria uccisione, perché ritenuta dallo specchio della matrigna più bella di lei stessa.Per fortuna il cacciatore incaricato di ucciderla si impietosisce e porta alla matrigna il cuore di un cinghiale come finta prova, e la fanciulla, risparmiata, arriva in una piccola casa predisposta x sette persone, dove si addormenta nel settimo lettino; in seguito, tornati a casa i 7 nani proprietari, la invitano a rimanere, purchè si occupi delle faccende domestiche. Ma la regina,grazie allo specchio, scopre ke Biancaneve è ancora viva e tenta x I tentativi di uccisione sono 3, i primi due andati a vuoto e l’ultimo andato in porto seppur alla fine risolto con l’intervento di un salvatore che, a differenza della precedente storia, era un principe. Il lieto fine della fiaba è racchiuso dalla morte e quindi sconfitta della cattiva matrigna e dall’avvicinamento della figlia Biancaneve al padre ed il successivo innamoramento di questa col principe. Le considerazioni relative all’interpretazione della suddetta fiaba, sono in prima battuta riferite alla categoria del “bello” che appare rilevante in tutta la fiaba. Nella fiaba la dimensione estetica è costante ma è diversamente connotata a seconda dei soggetti cui è riferita. Infatti ha valenza sempre negativa se riferita alla regina, la quale si presenta bella e superba. E’ positiva se è riferita a biancaneve, ad eccezione di alcuni episodi, quali quelli dei nastri o dei pettini o ancora della mela (tutti e tre non fannoche sottolineare il senso della vanità e della golosità, facendo allusione all’infantilismo della bambina Biancaneve che facilmente si lascia raggirare dall’astuta e cattiva maturità della regina), in cui la categoria del bello viene utilizzata come strumento per raggiungereil successo. La bellezza, dunque deve appartenere all’ordine naturale e non deve servire a qualcosa diversamente provoca solo guai. Simbolicamente parlando l’immagine e l’uso dello specchio da parte della regina, in quanto donna, riproduce la rappresentazione dell’ <<ALTRO>>. Il mirroring o il rispecchiamento, nell’immaginario infantile svolge importanti funzioni di tipo cognitivo-relazionale, dal momento che durante lo sviluppo psichico il bambino si rappresenta mentalmente mentre comunica col suo sé. Altra caratteristica rilevante in questa fiaba è relativa all’emozione dell’invidia, tipica della matrigna, che consiste nella protezione del proprio valore, nella difesa e protezione del sé. Questa emozione è spesso elicitata in tutte quelle situazioni in cui si sperimenta un confronto interpersonale vissuto come rischioso, poiché evocano vissuti di inferiorità, di insicurezza e mancanza di controllo determinati dalla percezione dell’altro percepito come rivale. La presenza dell’invidia nella matrigna scatenata dalla bellezza superiore de volte di ucciderla: le prime lla


bambina rispetto ad ella stessa, va conseguenzialmente ad intaccare il rapporto tra matrigna-figlia, la fanciulla è salvata dai nani, il terzo tentativo va in porto, grazie alla mela avvelenata, che offre alla fanciulla. Infine i nani la pongono in una bara di vetro, e la storia si conclude con il lieto fine quando arriva  un principe, che innamoratosi, convince i nani a cedergli la ragazza, e durante il trasporto della bara, questa si rompe, cade a terra il pezzo di mela avvelenata, e Biancaneve si risveglia. Infine la matrigna, invitata alle nozze, è costretta a indossare delle scarpe di ferro roventi e ballarci fino a ke non le si bruciarono i piedi e cadde a terra morta.

NON ESISTE IL “PUNTO DI VISTA DEL CATTIVO, NON C’E’ NESSUNO SFORZO DI RECUPERO NEI SUOI CONFRONTI.

In Cappuccetto Rosso qst tema è più scoperto: il lupo è paradigma di stereotipo e pregiudizio; ancora oggi nella sua figura coesistono rappresentazioni negative fantasiose che devono l’origine all’attività costruttiva ke l’uomo mette in atto x cercare comportamenti x cui la routinne cognitiva non è sufficiente. La tradizionale pericolosità del lupo è confermata dal fatto ke essa sia elemento fondante di una grande miracolo e cioè quello di di San Francesco, che a contatto con il lupo, riesce a farlo diventare docile. E proprio xkè il lupo è tradizionalemente cattivo, Cappuccetto Rosso all’inizio non aveva paura poiché “non sapeva ke fosse un animale cattivo”. In realtà non ha senso attribuire agli animali la categoria del buono/cattivo. Le conseguenze dell’insaziabilità del lupo vanno oltre la prevedibile conclusione, infatti nella fiaba in questione è messa in evidenza una barbarica crudeltà (riempire la pancia del lupo di pietre) che, essendo prodotta da una scelta culturale, non consente più di considerare l’esecutore come vittima x il torto subito, ma come carnefice. E’ una situazione che va oltre la responsabilità oggettiva di cui parla  Piaget. Però l’uso di tale punizione testimonia che la dimensione cognitivo/emozionale è fondata sull’eteronomia processo o modalità che Piaget considerava come caratterizzata dall’io che doveva adeguarsi a quelle regole che erano al suo esterno per non incorrere a conseguenze spiacevoli, con la formazione delle operazioni cognitive reversibili, invece, cominciano a svilupparsi le modalità dell’autonomia in base alle quali le regole adesso sono interorizzate. (p 138)

. In questa storia il lupo è fatto oggetto di un comportamento ke si configura come privo del rispetto ke  ogni essere merita. Sul piano dello sviluppo del giudizio morale, la vicenda si situa in una dimensione psicologicamente immobile: Cappuccetto rimane infatti nella condizione di subalternità inizialeà la madre le aveva elencato tutto ciò ke non doveva e doveva fare, considerandola incapace di decidere da sola, ma non ha potuto elencare anche l’imponderabile ke in qst caso è rappresentato dall’incontro con il lupo. E dunque a qst avvenimento la bimba mostra di non essere stata messa nelle condizioni di autonomia concettuale e comportamentale. Infatti decidere rispetto alla ubbidienza/disobbedienza di rispetto una norma esterna, significa non avere strumenti di valutazione. Dunque in qst fiaba il soggetto rimane legato al suo stadio di sviluppo, non sperimentando opportunità di partecipare a situazioni relazionali che  potenziano  capacità di  assumere      ruoli. Riguardo la fiaba di Biancaneve, essa sembra rappresentare il momento di menopausa, in cui si procede alla verifica delle femminilità e al bilancio della propria vita. E non è facile assistere al sorgere di una nuova  stella (nella relazione genitori/figli adolescenti, il confronto tra declino e fioritura biologica è molto importante, tanto ke può far emergere il conflitto di identità legato a femminilità/mascolinità, di ogni componente della famiglia). Alla regina, che chiede conferme di se, risponde lo specchio, il quale è “doppio”, come l’ombra e il compagno immaginarioà secondo Gallino, qst due immagini x il bambino svolgono funzioni di tipo relazionale e cognitivo nello sviluppo psichico, tra cui il “mirroring” o rispecchiamento (il bambino si rappresenta mentalmente mentre comunica con il suo sé). E dunque la regina, cerca dallo specchio auto/etero, conferme ke non le pervengono dalla realtà circostante. Ed è lo specchio che con la sua ultima risposta esprime sadismo, con una frase che ripete prima la stessa frase degli anni precedenti “la più bella sei tu”, seguita da una ke che ribalta la situazione “ma Biancaneve lo è di più”. E’ inoltre importante in questa fiaba, il tema della bellezza, inizialmente mostrato dalla scelta del cacciatore di non uccidere la ragazza perché bellissima (chissà a ke atroce destino sono condannati coloro ke non raggiungono il canone estetico XD) ; poi dai nani, che vedendo che la ragazza era così bella la lasciarono dormire e poi la invitarono a restare. Nella fiaba la dimensione estetica è costante ma è diversamente connotata a seconda dei soggetti cui è riferita. Infatti ha valenza sempre negativa se riferita alla regina, la quale si presenta bella e superba. E’ positiva se è riferita a Biancaneve, ad eccezione di alcuni episodi,  quali


quelli dei nastri o dei pettini o ancora della mela (tutti e tre non fanno che sottolineare il senso della vanità e della golosità, facendo allusione all’infantilismo della bambina Biancaneve che facilmente si lascia raggirare dall’astuta e cattiva maturità della regina), in cui la categoria del bello viene utilizzata come strumento per raggiungere il successo. La bellezza, dunque deve appartenere all’ordine naturale e non  deve servire a qualcosa diversamente provoca solo guai. La regina dunque trascorre la sua vita macchiandosi di atroci delitti pur di uccidere Biancaneve, mostrando anche capacità metacognitiva e superiorità intellettiva rispetto alla ingenua fanciulla (riesce anche a mettersi nei panni di Biancaneve,sapendo cosa l’avrebbe attratta e riuscendo a farle mangiare la mela), che non impara dagli errori. Altra caratteristica rilevante in questa fiaba è relativa all’emozione dell’invidia, tipica della matrigna, che consiste, come rilevano Contarello e Laniando, nella protezione del proprio valore, nella difesa e protezione del sé. Questa emozione è spesso elicitata da situazioni di confronto vissuto come rischioso, poiché evocano vissuti di insicurezza determinati dalla percezione dell’altro percepito come rivale. Infine la Fiaba si conclude con un’avversativa “ma sulla brace erano già pronte due pantofole di ferro ke la regina indossò”à il “ma” è avversativo rispetto a tutto il fatto, cui viene posto un limite facendo morire la regina.

La struttura di fondo di qst tipo di fiabe è la scissione della totalità umana in 2 emisferi. X Klein, il bambino attraversa 2 fasi: schizo-paranoide (0-3 mesi caratterizzata da relazioni oggettuali fondate su processo di scissione) e depressiva (fond su processi riparativi), e la contrapposizione tra brama di soddisfacimento e angoscia persecutoria, producono nel bambino il senso dell’esistenza di un seno ideale e un seno persecutorio; e questa scissione radicale permette di fare ordine e dare significato alle cose, mentre sull’identificazione proiettiva si basa la capacità di mettersi nei panni dell’altro. Nelle fiabe i processi riparativi ke sono alla base della costituzione dell’oggetto interno, non si verificano, e quindi esse rappresentano per certi versi, una forma incompiuta di crescita psicologica che si ferma al primo stadio di sviluppo e non consente la nascita di quei processi di pensiero sostenuti dalla capacità di decentramento che   risultano   fondamentali   anche   per   la   costruzione   di   un   atteggiamento   di   prosocialità.   (Come rileva lo stesso Piaget, è dominante al suo interno una logica irreversibile sorretta da un egocentrismo che rende invisibile il punto di vista degli altri. Pertanto la posizione egocentrica, secondo la visione piagetiana, ostacola la costruzione dell’atteggiamento collaborativo e prosociale. Un ultima considerazione viene riservata alla rappresentazione della giustizia, in cui la posizione della violenza appare per molti versi giustificata, anche se il trattamento riservato al <<cattivo>>, non solo non prevede alcuna possibilità rieducativa, ma viene colpito da punizioni brutali.)

  • LA DIVERSITA’

Un'altra dimensione riguarda i problemi circa la convivenza di appartenenze diverse, e i problemi si hanno quando, rispetto ad una realtà diversa, si cercano più le differenze ke le somiglianze. Paradigmatica di qst problematica è la fiaba del Brutto Anatroccolo; essa racconta la storia di un’anatra che cova una nidiata di uova che a un certo punto si aprono tutte tranne uno. Quando quest’uovo si apre esce un grande e brutto anatroccolo che rispetto ai propri fratelli e alla razza d’appartenenza in genere era completamente diverso. La sua tale bruttezza demarcava sempre di più la sua diversità nei confronti degli altri del gruppo, e sottomesso a continue prese in giro e maltrattamenti sia degli altri che della stessa famiglia (la madre, pur ammettendo ke è brutto, cerca di elencarne le doti), si vede costretto ad andare via dal luogo di nascita, avventurandosi in posti sconosciuti con animali e persone nuove. Fin qui la storia non fa che rilevare il problema relativo alla diversità e quindi al rapporto io/altro, quando l’altro presenta denotazioni discordanti da qll tipiche del gruppo “maggioritario”ànessun abitante dell’aia conosce i cigni ma, piuttosto ke riconoscere la limitatezza della propria segmentalità categoriale, risulta + facile inserire l’oggetto sconosciuto nel contenitore in cui si inseriscono le cose ke nn si capiscono: la diversità. Queste vicende, rimandano alla mente il cambiamento fisico che caratterizza l’età adolescenziale e alle difficoltà di auto ed etero-riconoscimento che possono incidere significativamente sulla solidità dell’identità corporeo- personale; in tal senso la fiaba incoraggia il bambino a superare le difficoltà che derivano da un una immagine e stima di sé inadeguate. Anche Fromm sottolinea l’importanza del bisogno di appartenenza per l’uomo attraverso il confronto con gli altri percepiti come diversi. Questa diversità però è un’arma a doppio taglio, perché da un lato l’identificazione può essere meccanismo inibitore dell’aggressività in quanto favorisce l’aggressività nel caso in cui la propria identità manca di piena accettazione quanto (x confermare il bisogno di appartenenza egli individua gli altri come diversi e e qst porta a possibile aggressività nei loro


confronti); dall’altro l’identificazione permette la realizzazione. L’anatroccolo era talmente brutto che “bisogna ke le buschi”: è questa la spiegazione ke da un’anatra al morso ke infligge all’anatroccoloàla punizione non riguarda un comportamento specifico ma solo il fatto ke l’anatroccolo è brutto e grosso. E il rifiuto generalizzato si estende fino alla famiglia e ai fratelli tanto ke l’anatroccolo si allontana e riesce ad approdare in uno stagno di anatre selvagge, le quali lo accettano con la condizione che “non prenda moglie nella nostra famiglia”. A qst proposito Licciardello e De Caroli durante una ricerca nell’ambito prima dell’ateneo catanese e poi in una scuola media superiore, evidenziarono che, a proposito  di  distanza sociale, tra gli studenti stranieri e quelli catanesi c’è una sorta di accettazione ma risultava meno approvata nel caso di parentela stretta. L’anatroccolo allontanatosi nuovamente arriva in una casa con soggetti tutti di razze diverse (una vecchia, una gallina, un gatto), ma gli abitanti non gli permettono di esprimere opinioni diverse dalle proprie xkè non fa le uova, ne le fusa (“se non sei come me sei contro di me”). Nell’ulteriore fuga verso il non so dove, l’anatroccolo si imbatte in un gelido inverno scampando a morte certa grazie all’intervento di un contadino che se lo portò a casa, ma i modi rozzi dell’uomo per il trattamento lo fecero indisporre e fuggì ulteriormente. Situazioni simili nella quotidianità capita spesso a tutte quelle persone che vivono continuamente su una frontiera psicologica, e dovendo accettare situazioni sociali sempre nuove non sanno se verranno accettate veramente; ciò comporta che pur sperando in un cambiamento positivo,   si attendono comunque tutto ciò che hanno dolorosamente sperimentato in passato, mettendo in atto forme di comportamento inadeguate.Infine l’anatroccolo di dirige verso dei grandi uccelli ke muovono le ali e china il capo verso lo stagno pronto a morire: solo in quel momento, specchiandosi, si accorge di essere  un bellissimo cigno proprio come loro e solo così si sentì finalmente felice. Il bambino a questa fiaba, partecipa commosso alla triste vicenda in cui prepotenza e pregiudizio, si intrecciano. L’anatrino si mostra capace solo di una grande capacità di sopportazione, atteggiamento che però non produce effetti positivi. La risposta qui è la fuga, realizzata senza progettazione. Fuggire dai problemi, come metodo risolutivo, significa non ritenersi capace di portare cambiamenti positivi nel proprio spazio vitale per cui si ha un locus of control esteriore, significa cioè di reagire alle situazioni frustranti utilizzando comportamento fondato sul “decidere di non decidere”. La mancanza di progettazione conferma la labilità della scelta di fuggire, fine a se stessa che porta al continuo evitamento di qualcosa o di qualcuno. Ritornando, invece, al tema dell’identità e del gruppo di appartenenza, la scoperta del sentimento della propria identità avviene in relazione all’individuazione ed al riconoscimento del proprio gruppo di appartenenza. La pecca di questa fiaba, però è che ci spinge a dimenticare l’amore culturale e a considerare simili solo coloro che ci somigliano.

  • CAMBIAMENTO DI IDENTITA’

Molte fiabe contengono quello che è solito definire <<salto d’identità>>, causato da trasformazioni magiche. Tali mutazioni servono a favorire la fuga o la vittoria dell’eroe, oppure sono il frutto di maledizioni lanciate dai genitori o da esseri magici come punizioni per comportamenti inaccettabili. In alcuni casi la riacquisizione della precedente identità si ha dietro grandi sofferenze, impegno, fatica e rinunce. Però in questa sede si fa riferimento a tutte quelle trasformazioni che non sono ritornate alla riconquista dell’identità originaria. Paradigmatiche di delle 2 modalità esistenti di cambiamento sono le fiabe :a) Cenerentola, in cui si ha il cambiamento come dono dal cielo; b) La sirenetta, in cui si ha cambiamento  come rischio personale.

    • In esame si prende la fiaba di Cenerentola, la versione di Perrault,e non quella di Grimm, in cui la fanciulla ubbidisce a tutto solo xkè è obbligata. In questa versione Cenerentola, appare come una fanciulla rassegnata, orfana di madre, che non chiede nulla alla dura matrigna, accetta tutto e perdona  condividendo, peraltro, la gioia del coronamento del suo amore con le persone che più l’hanno fatta soffrire, ovvero la matrigna e le sorellastre. Il padre,vittima della matrigna, è ignaro degli ordini e del trattamento impartiti sulla primogenita. Presentandosi l’occasione del ballo organizzato da un principe in cerca di dama, la piccola fanciulla si presta, obbligata, ad aiutare le sorellastre per la preparazione a tale ballo. Cenerentola desiderosa di voler partecipare non chiede nulla e non fa nulla per potervi partecipare. Ma grazie all’intervento della madrina che era una fata con la sua bacchetta magica opera una serie di magie, e cenerentola po’ partecipare a questo ballo ma a determinate condizioni, cioè che rientri entro la mezzanotte altrimenti l’incantesimo cessa. Da quanto detto cenerentola appare come una bella fanciulla alla quale il destino, privandola dell’amore della madre morta e dell’autorevolezza del padre   (strumentato

dalla moglie) ha riservato la sorte di serva. Una sorte che per certi versi sembra accettare e rinforzare (dal momento che sedeva sempre sulla cenere del focolare, tanto da soprannominarla “culincenere”). La rassegnazione di Cenerentola sembra dipendere dall’arroganza e dalla forza della matrigna e delle sorellastre ma anche da una sua debolezza, equivalente a una sorta di inadeguatezza che la fanciulla si attribuisce. Ciò è dovuto al ruolo che gioca l’autorità nel rapporto interpersonale in cui una persona considera un’altra persona superiore a se stessa, e in questo tipo di relazione Cenerentola non fa che rinforzare la superiorità della matrigna e delle sorellastre. Si evince dunque una bassa autostima che la fanciulla ha di sé. Cenerentola non provando ad ottenere la partecipazione all’evento e aiutando le sorelle, mette in atto un comportamento masochista. In Cenerentola manca l’iniziativa, che secondo l’interpretazione eriksoniana si configura come senso di inferiorità. Però grazie alla trasformazione della fata, da serva a dama, si assiste ad un cambiamento nell’atteggiamento della fanciulla. Infatti il suo diverso apparire, provoca la performances di attrice, fingendo di essersi svegliata da poco al ritorno delle sorelle dal ballo. Ciò sta a significare che la piccola ha bisogno di un aiuto esterno che la collochi in modo preciso fisicamente e psicologicamente; infatti mostra un comportamento “rischioso”, solo quando sa di poter contare sull’aiuto della madrina. Battacchi e Codispoti, analizzando la vergogna, affermano ke Cenerentola  è la fiaba di umiliazione e vergogna, ke si trasformano in gloria e trionfo. La fanciulla, che alla fine, grazie alla famosa vicenda della scarpetta, riesce a diventare moglie del principe, diventa principessa solo grazie all’intervento di un personaggio (la fata), ma non attiva nessun comportamento x raggiungere lo scopo. La morale della fiaba infatti afferma ke la grazia è il dono ke ricevette Cenerentola, e qst dono vale molto + di essere ben pettinate x conquistare un cuore; con la grazia si può tutto. La seconda morale poi afferma ke è buona cosa avere talento e sangue nobile, ma a nulla serviranno se nn ci sarà zelo di padrini e madrine. Conseguenze: una buona raccomandazione apre tutte le porte; non è necessario progettare dei piani x raggiungere obiettivi: il tempo sistema tutto; basta avere fiducia e procurarsi importanti padrini o madrine.

B)La Sirenetta è la storia di una strana bambina, quieta e pensosa il cui diletto maggiore era coltivare un’aiola a forma di sole (a differenza delle atre 5 sorelle che scelgono forme marine) al centro della quale c’è una statua di marmo raffigurante un fanciullo. Raggiunti i 15 anni, le sirene hanno il permesso di salire sulla superficie del mare e di vedere il mondo degli uomini, che fino ad allora avevano conosciuto tramite i racconti della vecchia nonna che le accudisce(dalla morte della mamma), e dopo un mese di vita terrena tornavano al loro mondo d’appartenenza. La sirenetta aveva una gran voglia di vedere il mondo fuori dal mare e per questo aveva una gran voglia di piangere ma non avendo lacrime soffriva ancor più intensamente. Arriva il fatidico giorno, salendo in superficie vide un gran bastimento sopra il quale vi era un principe dagli occhi neri che l’affascinò sin da subito. Ma una intemperia colpì duramente la nave e la sirenetta non curandosi di potersi ferire salvò da morte certa il giovane principe, del quale si innamora. Il suo, però, era un amore solitario e struggente, e pertanto spinse la nonna a spiegarle il destino delle sirene, e le raccontò che le sirene dopo 300 anni muoiono trasformandosi in spuma di mare perché non dotate di anima immortale, per avere la quale l’unica condizione era l’amore profondo di un uomo, che doveva durare in eterno. Durante un ballo organizzato dalla nonna, mentre la sirenetta cantava, udì il fischio di un bastimento che le fece ricordare il principe, e disposta a tutto per conquistare il suo amore e l’anima immortale, si reca da una maga che trasforma le sue sembianze marine in umane. Nonostante tutto il principe finisce per sposare un’altra donna(la “giovinetta del tempio” che credeva lo avesse salvato). Il mancato amore conduce la sirena a destino fatale, ovvero era destinata a morire prima di aver trascorso i suoi 300 anni. Il nucleo centrale della fiaba, alla quale non si può applicare il classico finale “e vissero felici e contenti” (Andersen conobbe da piccolo povertà,mireria e alcolismo)consiste nella decisione, di cambiare vita, di abbandonare le certezze consolidate, per entrare in un nuovo mondo. Si evidenzia l’apertura verso il nuovo, che sembra caratterizzare tutti quei soggetti che manifestano una elevata distanza tra il “Sé reale” e il “Sé ideale”. Tali soggetti, come mostra una ricerca di Licciardello, Di nuovo e De caroli) avvertono l’esigenza di viaggiare per conoscersi nel senso di sperimentarsi in assenza di persone che caratterizzano la propria quotidianità. La sirenetta si trova in una condizione di totale insoddisfazione del proprio Sé reale e quindi alla ricerca di un sé ideale profondamente diverso, tanto da rinunciare al suo status, al suo corpo per andare incontro a ciò che non le appartiene. La storia è volta tutta su una dimensione al femminile,dalla presenza dell’acqua, che simbolicamente richiama l’immagine femminile (anche il re è definito in relazione della mancanza di una donna, e il principe dall’essere legato all’immagine della giovinetta del tempio, che


annebbia le sue facoltà di rendersi conto del dono d’amore ke gli spetta). La femminilità della fiaba è data inoltre anche dal clima ke la pervade. La fonte di tutte le informazioni è la nonna, ke funge da filtro alla realtà esterna . Inoltre la nonna nega il problema della riflessione della fanciulla ke vorrebbe essere umanaàl’atteggiamento della nonna si rivolge a un soggetto abituato alla riflessione. La scelta della sirenetta di abbandonare il suo mondo è frutto di una lunga riflessione, data dai racconti e dalle sue coraggiose incursioni nel mondo degli uomini e dalla curiosità. E nonostante sia vero ke l’assenza di ciò ke desideriamo ci fa vivere il desiderio come + prezioso, è anche vero ke la lontananza dei 2 mondi è così smisurata da renderne impossibile la comparazione. Ma la sirenetta decide di usare se stessa x unire qst  due mondi, trasformandosi, attraverso un operazione di accomodamento,  essere adatta al nuovo mondo:  il cambiamento tramite l’acquisizione delle gambe, significa ricostruire lo schema corporeo e psicofisico. La fanciulla abbandona il suo mondo facendo quello ke dovrebbe fare il principe: amarla + dei propri genitori, e dimostrando quindi ke ciò è fattibile (la nostra capacità, la nostra esperienza, sono metro di giudizio x l’attività di previsione dei comportamenti altrui). La sirena diventa straniera, e ciò rappresenta un limite; la sirena accetta, da ricca com’era, una posizione di subalternità, tanto da dormire come un cane dietro la porta del principe. Dunque essa rinuncia al suo corpo, al suo status e mette a repentaglio la vita x amore e immortalità: solo l’amore può sdoppiare l’anima del principe xkè lei possa accoglierlaà c’è la metafora dell’amore oblativo, che si dona senza diminuzioni, in cui dare significa ricevere e dividere, moltiplicare. Rifiuta il destino scritto nel dna e qst scelta la porta alla morte, rifiutata anche la salvezza offerta dal coltello dato dalle sorelle, e torna al mare come spuma, scoprendo ke così può partecipare alla vita del mondo, essendo cmq immortale. Dunque l’orgoglio ha sempre la sua pena, come aveva detto la nonna, e la scelta  di cambiare, che è stata atto di orgoglio, ha presentato il conto; voler cambiare stato non porta a nulla, meglio accontentarsi. Non si deve cambiare il destino, ciò provoca danni (si pensi alle polemiche attuali sul voler cambiare parti del corpo)

  • FAMIGLIA:VALORI E RELAZIONI

L’analisi finora fatta, verte si fiabe centrate su singoli personaggi. Le fiabe che seguono sono rappresentate non più da singoli personaggi autori del proprio destino, bensì da famiglie che decidono il futuro dei protagonisti(conseguenze del modello familiare nella costruzione della personalità dei figli. Le fiabe analizzate sono raggruppate in 3 sezioni: 1)IL BISOGNO INCIDE SULLA SORTE DEI FIGLI. E’ esplicativa la  storia di Hansel e Gretel.Qst è la storia di una famiglia, la cui madre dei bambini è morta, il padre un povero taglialegna, è risposato con una donna cattiva, che non provava alcun amore verso i figli dell’uomo. L’uomo in preda ad una carestia si preoccupa della loro fine e poi di quella dei figli. Preso dal profondo sconforto si fa convincere dalla donna di abbandonare i figli nel bosco così le bocche da sfamare erano meno. Hansel si prepara all’evento che aveva origliato, e grazie all’aiuto dei sassolini che lascia nel sentiero del bosco, durante il tragitto, riesce insieme alla sorella a far ritorno.La matrigna chiede però al padre di ripetere la cosa e la stessa situazione si presenta una seconda volta, però a differenza della precedente Hansel non aveva più sassolini ma molliche di pane, che gli uccelli avevano beccato e perduti nel bosco si misero in cerca di un rifugio. L’unico rifugio trovato fu una casa accogliente fatta di pane e zucchero che i bambini iniziano a mangiare ma che in realtà ospitava una vecchia strega cattiva che mangiava i bambini. La donna li invita a restare ma dopo alcuni giorni trascorsi in quella casa era arrivata l’ora del pranzo da parte della strega, che ordina a Gretel di preparare l’acqua x cuocere il fratello, ma ella riuscì ad ucciderla spingendola all’interno del forno, e una volta liberato il fratello decisero di svaligiare la casa affinchè potessero tornare a casa, sollevando il padre da tutte le preoccupazioni economiche. Al loro ritorno la matrigna era morta e così vissero felici e contenti. In qst fiaba emerge dall’inizio il sospetto ke il rapporto genitori/figli non sia fondato sulla preoccupazione dei primi sui secondi, come testimonia la domanda del padre alla moglie “come faremo a sfamarli se nn possiamo mangiare noi?” mostrando di preoccuparsi prima di se stesso. La fiaba è fondata sulla presenza di 2 coppie, la prima in cui domina la donna sul padre, la seconda il bambino sulla sorella, carismatico e rassicurante. Si nota mancanza di flessibilità cognitiva: una volta presa una decisione non è possibile cambiarla, come si nota dalla frase della donna “ poiché la prima volta hai ceduto ad abbandonarli, devi farlo anche la seconda” e nel comportamento di hansel ke usa anche x la seconda volta  il sistema delle pietre ke però fallisce. Alla fine è invece la piccola Gretel ke esce dal solito atteggiamento (piangere, farsi coccolare) e riesce a uccidere la strega; e alla fine i 2 piccoli mostrano di aver capito ke l’unico  modo  x  rimanere  a  casa  è  far  cessare  i  problemi  economici  ke  hanno  portato  alle   disgrazie,


mostrando di riconoscere i limiti personologici di colui ke avrebbe dovuto prendersi cura  dei propri figli.    La piccina dei fiammiferi invece è una breve storia ambientata durante la notte di San Silvestro, in cui qst piccola fanciulla, che era affamata e viveva in una misera casa piena di fessura, tentava invano di vendere dei fiammiferi x far soldi, e non poteva tornare a casa xkè il padre l’avrebbe picchiata se tornava a mani vuote. così accende prima un fiammifero e immagina una bella stufa che portava calore; poi un altro e immagina un’oca arrostita, e un altro e vede un bell’albero di natale. Infine vede una stella cadere e ricorda le parole dell’amorevole donna morta ke diceva ke ogni volta ke cade una stella una persona va in cielo.  Così accendendo un altro fiammifero appare la nonna e la piccola le chiede di portarla con se, e la nonna la abbraccia e la porta in cielo con se, dove non c’è ne fame ne freddo. Questa è una storia ke dura una notte ma ke in realtà rappresenta un intero periodo in cui non erano riconosciuti diritti ai bambini. La bimba ha 2 certezze entrambe negative: la nonna, l’unica ke l’amasse è morta lasciano solo la certezza della solitudine, e il padre l’avrebbe sicuramente picchiata. E’ la storia delle deboli difese dell’infanzia ke sono immaginazione e sogni ad occhi aperti; la bimba è sola mentre dentro le case e le carrozze c’è la vita, e così anche la morte può sembrare preferibile. Anche quando è morta il corpo è solo, la vede gente descritta senza volti ke pensa abbia cercato di riscaldarsi con i fiammiferi. Dunque non si ci può fidare neanche del padre xkè l’amore è secondario ai bisogni fondamentali; alla solitudine non c’è rimedio, un bambino senza sostegno della famiglia è destinato a morire. La storia è permeata da mancanza di speranza, quella  speranza ke Erikson definisce virtù, fiducia originaria ke “qualcuno è là” senza la quale non possiamo vivere. 2)IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI. Nel Gatto con gli stivali si narrano le conseguenze dell’eredità lasciata da un povero mugnaio ai 3 figli: il maggiore ebbe il mulino, il secondo l’asino, il terzo il gatto. Quest’ultimo era disperato poiché non gli restava ke morire di fame, ma il gatto lo rincuorò dicendogli ke bastava gli mettesse degli stivali e andasse in giro con lui; così il gatto infilati gli stivali, pone una trappola a un coniglio e uccisolo lo porta al re da parte del padrone; poi, saputo ke il re sarebbe andato a fare una passeggiata con la figlia, consiglia al ragazzo di andare a fare un bagno nel fiume. Quando il re passò il gatto urlò ke il  ragazzo (che fece credere fosse marchese) stava affogando, e spiega al re ke era stato derubato, cos’ il re gli da dei vestiti nobili ke esaltarono la sua figura e la figlia se ne innamora. Il gatto fa credere al re che il ragazzo sia possessore di molti terreni che in realtà appartengono a un orco ke ha la capacità di  trasformarsi in tanti animali diversi, così il gatto lo spinge a trasformarsi in topo e lo mangia; nel frattempo arriva il re ke crede che anche il castello sia del ragazzo e colpito, gli chiede di diventare suo genero. Così il giorno stesso egli sposa la principessa e il gatto diventa gran signore. Tutta la vicenda ruota attorno all’ingiustizia dell’eredità ; il giovane si sente costretto a morire di fame. E’ un giovane con scarsa identità, non ha neanche un nome, se non quello dato in seguito dal gatto; al contrario il gatto mostra grande capacità e iniziativa e riesce a far in modo ke gli altri vedano qualcosa di diverso da quello ke hanno davanti, lasciando ignaro dei suoi piani anche il diretto interessato. Il gatto è sostituto del padre, che con la sua eredità, limita la libertà personale dei figli (De vito afferma che + l’individuo potrà realizzare le sue mete, meno sarà aggressivo, poiche nel clima autoritario l’autoaffermazione equivale alla disobedienza), e  il gatto, organizzando la vita del suo padrone, si sostituisce al padreà con entrambi il giovane adotta stessa risposta fondata su mancanza di autonomia e accettazzione passiva. Minacce e menzogna sono gli  strumenti del gatto, che uccide anche l’orco quando mostra segni di debolezza (si trasforma in un topo). In conclusione x raggiungere uno scopo ogni mezzo va bene, bisogna avere fiducia su come si manipolano i dati,  l’obiettivo  è  vincere  (come  afferma Machiavelli). 3)L’AMORE DI MADRE NON E’ ONNIPOTENTE . Storia di una mamma, narra di una donna, con un figlio  molto malato, alla cui porta bussa un vecchio coperto (che era la morte) a cui la donna offre una birra; essendosi distratta, la donna poi scopre ke il vecchio ha portato con se il bambino. Uscita di casa incontra una donna (la notte) che gli rivela l’identità del vecchio, e spiega ke condizione x cui le dica la direzione in cui è andato è ke ella canti le canzoni, così lo fa e segue le indicazioni della donna; in seguito chiede indicazioni al cespuglio, che gliele da a condizione ke lo riscaldi; poi arriva al lago, ma non c’è nessuna barca x attraversarlo, pensa di bere tutta l’acqua, ma essendo impossibile il lago le propone di dargli i suoi occhi e in cambio l’avrebbe portata alla riva. La madre, ormai cieca arriva davanti alla vecchia delle tombe, che le chiede i suoi capelli e la invita a cercare tra i mille fiori,che rappresentano i morti, il battito del bambino. Non appena lo trova la vecchia le dice di non toccarlo e minacciare la morte di strappare tutti i fiori, che la morte si sarebbe impaurita. Arriva così la morte che spiega alla donna di eseguire solo i compiti dati da dio  e ke i fiori sarenno trapiantati nel giardino del paradiso. A qst punto la madre minaccia di strappare 2 fiori e


la morte ridà gli occhi alla donna e le fa vedere la sorte di 2 bambini: uno sarà x il mondo una benedizione, l’altro causa di disgrazie, e dice alla donna ke uno e suo figlio ed ella risponde di evitare al suo bambino ogni disavventura; così la morte chiede se vuole il suo bambino o può portarlo con se e la donna risp che deve essere fatta la volontà del signore. La morte porta via il bambino. Dunque qst è la storia di una madre ke lotta contro ki si oppone alla vita del figlio; diventa la madre x eccelenza quando le viene tolto l’oggetto simbolo del suo ruolo, il figlio e procede verso il suo impossibile obbiettivo. E questa donna, per la forza ke le conferisce l’essere madre, riesce, parlando con la Notte a dar voce al silenzio e luce al buio (impresa impossibile a una non madre). La sua sopportazione del dolore è infinita in quanto riesce a riscaldare abbracciandola la pianta spinosa, evocando l’immagine di San Francesco ke fa rifiorire un cespuglio di rose. Ella nonostante sia cieca riconosce il battito del figlio; come ella è stata privata del simbolo del suo ruolo, minaccia la morte di privarla del ruolo che la definisce morte. Ma quando la donna viene messa davanti alla scelta di decidere la sorte di suo figlio di essere benedizione o sfortuna x l’umanità, allora la sua forza si ferma; e delega la scelta a ki possiede volontà migliore. Se come rileva Selma Fraiberg, i personaggi magici possono essere eredi di un sogno di onnipotenza, che nella prima infanzia è la figura materna, in qst fiaba la madre mostra la sua Impotenzaà la madre può costrire il futuro del figlio, ma se si parla di destino, in qst fiaba non c’è futuro diverso da qll ke la sorte riserva. In conclusione, il destino è stabilito e non può nulla neanche l’amore di una madre , che non può modificare una storia scritta da altri. Dunque meglio non decidere ; non c’è spazio x la libertà. Non ha nessun ruolo quindi l’educazione; ma se questo fosse vero un sogg down non avrebbe meritato l’Oscar.

 

Le fiabe sono molto cambiate: i principi hanno spade laser e le principesse non aspettano il principe, ma cmq il buono vince sul cattivo. Il successo di Guerre stellari, che può essere considerata fiaba moderna, mostra il fascino ke qst genere esercita ancora sui bambini, nonostante la capacità di adeguarsi alle nuove forme culturali. La fiaba riesce ancora ad unire adulto e bambino, anche se magari all’interno di un cinema affollato. Cambiano tempi e luoghi ma rimangono i buono ke vincono sui cattivi, e soprattutto non cambia lo sguardo appassionato del bambino. La fiaba riscalda il legame tra adulto e bambino. I messaggi dati dalle fiabe possono spingere il piccolo ad una visione della realtà a rischio. E’ x questo ke è necessaria la presenza dell’adulto che accompagni il bambino, che lo aiuti a portare al livello di riflessione quanto la fiaba connota. Alle fiabe l’uomo deve l’esercizio di utilizzare la capacità mentale ke è alla base del piacere del pensare, dei giochi di pensiero. E Greenspan afferma ke Einstein e altri pensatori arrivarono a intuizioni geniali grazie ad esperimenti di pensiero; le idee si formano tramite esplorazioni giocose e fantasiose che in seguito sono tradotte nel vigore della matematica. Dunque come afferma Einstein “ chi non è in grado di provare  stupore o sorpresa è morto; i suoi occhi si sono spenti”.

 

Fonte: http://www.riassuntisdf.altervista.org/wp-content/uploads/2014/09/ANCORA-LE-FIABE1.pdf

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