Riassunto linguaggio e stile

Riassunto linguaggio e stile

 

 

 

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Riassunto linguaggio e stile

Figure... di stile
Le figure retoriche si possono chiamare anche figure di stile perché è grazie al loro uso che un autore dà un particolare "stile" alla propria opera letteraria.
Anche per chi non ha particolare interesse nel conoscere perfettamente la retorica può essere utile conoscere perlomeno qual'è l'effetto principale che esse creano, se non altro per facilitarsi l'analisi stilistica di un testo letterario (fermo restando che il dizionario retorico rimane lo strumento più completo e preciso).
Figure di sostituzione
Sono tutte quelle figure per cui una parola con un certo significato viene sostituita da un'altra parola con un significato ad esso attinente. In questo gruppo si trovano la metonimia, la sineddoche, la litote, l'antifrasi.
Spesso l'effetto ottenuto dall'uso di queste figure è quello di dare una visione più frammentata della realtà, di soffermarsi maggiormente sui dettagli (metonimia e sineddoche); oppure quello di attenuare il carattere negativo o troppo diretto di una certa realtà o di una certa espressione (litote, antifrase). Queste ultime figure retoriche, in particolare, erano frequentissime durante il periodo del Classicismo, quando era di rigore una poetica della "morale" e della "nettezza linguistica".
Figure d'insistenza
Qui si trovano tutte le figure retoriche che permettono, tramite ripetizioni o altri accorgimenti, un'insistenza su un certo concetto o una certa parte del discorso. Tra le figure di ripetizione troviamo l'anafora e l'assonanza; altre figure d'insistenza sono il parallelismo e il climax (che operano al livello della sintassi), e l'iperbole e la preterizione.
Di solito queste figure vengono utilizzate quando si vuole ordinare il testo secondo un certo ritmo che sottolinea appunto, insistendovi sopra come un ritornello, alcune parti del discorso.
Figure di opposizione
Le figure di opposizione mettono accanto due cose che, per un motivo o per un altro, sono tra loro opposte. L'opposizione può verificarsi al livello della sintassi (chiasmo), del significato (ossimoro) o di pensiero (antitesi).
L'effetto ottenuto è quello di sottolineare l'esistenza di un conflitto. Si crea una "nuova realtà", presentandone gli aspetti meno evidenti. Si sottolinea l'opposizione tra due cose, ma anche, spesso, la loro intima unione.
Figure di rottura sintattica
Tra le figure che rompono l'ordine e la costruzione sintattica normale ci sono l'anacoluto, l'ellissi e lo zeugma.
Queste figure retoriche creano degli effetti di sorpresa, e quindi svegliano l'attenzione del lettore che è portato a soffermarsi maggiormente sul testo. Esse quindi servono principalmente a mettere in rilievo una parte importante. L'ellissi, d'altra parte, omettendo alcune parti del discorso crea un effetto di accelerazione del ritmo e di condensazione del senso. Queste figure retoriche, proprio perché rompono l'ordine sintattico, creano spesso effetti comici e sono dunque molto utilizzate nella satira e negli epigrammi.


Ma lo "stile" cos'è?
Esistono libri e libri. Questo è ovvio per tutti. Ma questo non vuol dire soltanto che ogni libro racconta una storia diversa: spesso significa anche che la racconta in un modo diverso. Infatti, si può raccontare esattamente la stessa storia per infinite volte, ma se lo si fa cambiando stile sembreranno infinite storie distinte e separate.Un modo simpatico per capire cosa significa raccontare una stessa storia cambiando stile ce l'ha dato lo scrittore francese Raymond Queneau, in un libro intitolato Exercices de style (Esercizi di stile). Questo libro, sapientemente tradotto in italiano da Umberto Eco, racconta per ben 99 volte... la stessa, banalissima storia...
Notazioni
      Sulla S, in un'ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino. Gli rimprovera di spingerlo ogni che passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese di cattiveria. Non appena vede un posto libero, vi si butta. Due ore più tardi lo incontro alla Cour de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare. È con un amico che gli dice: «Dovresti far mettere un bottone in più al soprabito». Gli fa vedere dove (alla sciancratura) e perché.

Retrogrado
      Dovresti aggiungere un bottone al soprabito, gli disse l'amico. L'incontrai in mezzo alla Cour de Rome, dopo averlo lasciato mentre si precipitava avidamente su di un posto a sedere. Aveva appena finito di protestare per la spinta di un altro viaggiatore che, secondo lui, lo urtava ogni qualvolta scendeva qualcuno. Questo scaarnificato giovanotto era latore di un cappello ridicolo. Avveniva sulla piattaforma di un S sovraffollato, di mezzogiorno.

Onomatopee
      A boarrrdo di un auto (bit bit, pot pot!) bus, bussante, sussultante e sgangherato della linea S, tra strusci e strisci, brusii, borbottii, borrrborigmi e pissi pissi bao bao, era quasi mezzodin-dong-ding-dong, ed eccoco, cocoricò un galletto col paltò (un Apollo col cappello a palla di pollo) che frrr! piroetta come un vvortice vverso un tizio e rauco ringhia abbaiando e sputacchiando «grr grr, arf arf, harffinito di farmi ping pong?!».
      Poi sguizza e sguazza (plaffete) su di un sedile e sooossspiiira rilassato.
      Al rintocco e allo scampanar della sera, ecco-co cocoricò il galletto che (bang!) s'imbatte in un tale balbettante che farfuglia del botton del paletò. Toh! Brrrr, che brrrividi!!!

Volgare
      Aho! Annavo a magfnà e te monto su quer bidone de la Esse - e 'an vedi? - nun me vado a incoccià con 'no stronzo con un collo cche pareva un cacciavite, e 'na trippa sur cappello? E quello un se mette a baccaglià con st'artro burino perché - dice - jé acciacca er ditone? Te possino! Ma cche voi, ma cchi spinge? e certo che spinge! chi, io? ma va a magnà er sapone!
      'Nzomma, meno male che poi se va a sede.
      E bastasse! Sarà du' ore dopo, chi s'arrivede? Lo stronzo, ar Colosseo, che sta a complottà con st'artro quà che se crede d'esse er Christian Dior, er Missoni, che so, er Mister Facis, li mortacci sui! E metti un bottone de quà, e sposta un bottone de là, a acchittate così alla vitina, e ancora un po' ce faceva lo spacchetto, che era tutta 'na froceria che nun te dico. Ma vaffanculo!


Sonetto
      Tanto gentile la vettura pare
      che va da Controscarpa a Ciamperetto
      che le genti gioiose a si pigiare
      vi van, e va con esse un giovinetto.
      Alto ha il collo, e il cappello deve stare
      avvolto in un gallone a treccia stretto:
      potrai tu biasimarlo se un compare
      iroso insulta, che gli pigia il retto?
      Ora s'è assiso. Sarà d'uopo almeno
      ritrovarlo al tramonto, quando poi
      non lontano dal luogo ove sta il treno
      s'incontri un amico, che gli eroi
      della moda gli lodi, e non sia alieno
      dall'aumentare li bottoni suoi.

Telegrafico
BUS COMPLETO STOP TIZIO LUNGOCOLLO CAPPELLO TRECCIA APOSTROFA SCONOSCIUTO SENZA VALIDO PRETESTO STOP PROBLEMA CONCERNE ALLUCI TOCCATI TACCO PRESUMIBILMENTE AZIONE VOLONTARIA STOP TIZIO ABBANDONA DIVERBIO PER POSTO LIBERO STOP ORE DUE STAZIONE SAINTLAZARE TIZIO ASCOLTA CONSIGLI MODA INTERLOCUTORE STOP SPOSTARE BOTTONE SEGUE LETTERA STOP
Versi liberi
      L'autobus
      pieno
      il cuore
      vuoto
      il collo
      lungo
      il nastro
      a treccia
      i piedi
      piatti
      piatti e appiattiti
      il posto
      vuoto
      e l'inatteso incontro alla stazione dai mille fuochi spenti
      di quel cuore, di quel collo, di quel nastro, di quei piedi,
      di quel posto vuoto
      e di quel
      bottone.


Anglicismi
      Un dèi, verso middèi, ho takato il bus and ho seen un yungo manno con uno greit necco e un hatto con una ropa texturata. Molto quicko questo yungo manno becoma crazo e acchiusa un molto rrspettabile sir di smashargli i fitti. Den quello runna tovardo un anocchiupato sitto.
      Leiter lo vedo againo che ualcava alla steiscione Seintlàzar con uno friendo che gli ghiva suggestioni sopro un bàtton del cot.
Botanico
      Dopo aver fatto il porro sotto un girasole fiorito, m'innestai su un cetriolo in rotta orto-gonale. Là sterrai uno zucchino dallo stelo inverosimilmente lungo, e il melone sormontato da un papavero avvolto da una liana. E questa melanzana si mette a inghirlandare una rapa che gli stava spiaccicando le cipolle. Datteri! Per evitar castagne, alla fine andò a piantarsi in terra vergine.
      Lo rividi più tardi al mercato ortofrutticolo. Si occupava di un pisellino proprio al sommo della sua corolla.

Medico
      Dopo una breve seduta elioterapica, temendo d'esser messo in quarantena, salii finalmente su un'autoambulanza piena di casi clinici. Laggiù mi accade di diagnosticare un dispeptico ulceroso affetto da gigantismo ostinato con una curiosa elongazione tracheale e un nastro da cappello affetto da artrite deformante. Questo tale, preso subitamente da crisi isterica, accusa un maniaco despressivo di procurargli sospette fratture al metatarso. Poi, dopo una colica biliare, va a calmarsi le convulsioni su di un posto-letto.
      Lo rivedo più tardi al Lazzaretto, a consultar un ciarlatano su di un foruncolo che gli rovinava i muscoli pettorali.

Modern style
      Okey baby, se vuoi proprio saperlo. Mezzpgiorno, autobus, in mezzo a una banda di rammolliti. Il più rammollito, una specie di suonato con un collo da strangolare con la cordicella che aveva intorno alla berretta. Un floscio incapace anche di fare il palo, che nel pigia-pigia, invece di dar di gomito e di tacco come un duro, piagnucola sul muso a un altro duro che dava di acceleratore sui suoi scarpini - tipi da colpire subito sotto la cintura e poi via, nel bidone della spazzatura. Baby, ti ho abituata male, ma ci sono anche ometti di questo tipo, beata te che non lo sai.
      Okey, il nostro fiuta l'uppercut e si butta a sbavare su un posto per mutilati, perché un altro rammollito se l'era filata come se arrivasse la Madama.
      Finis. Lo rivedo due ore dopo, mentre io tenevo duro sulla bagnarola, e che ti fa il paraplegico? Si fa mettere le mani addosso da un flosio della sua razza, che gli fiata sulla balconata una storia di bottoni su e giù che sembrava Novella Duemila.


Geometrico
      In un parallelepipedo rettangolo generabile attraverso la linea retta d'equazione 84x+S=y, un omoide A che esibisca una calotta sferica attorniata da due sinusoidi, sopra una porzione cilindrica di lunghezza l>n, presenta un punto di contatto con un omoide triviale B. Dimostrare che questo punto di contatto è un punto di increspatura.
      Se l'omoide A incontra un omoide omologo C, allora il punto di contatto è un disco di raggio r<l.
      Determinare l'altezza h di questo punto di contatto in rapporto all'asse verticale dell'omoide A.

Interiezioni
      Pssst! Ehi! Ah! Oh! Hum! Ouf! Eh! Toh! Puah! Ahia! Ouch! Ellala'! Pffui! No!? Sì? Boh! Beh? Ciumbia! Urca! ma va!
      Che?!! Acchio! Te possino! Non dire! Vabbe'! Bravo! Ma no!

Prezioso
      Era il trionfo del demone meridiano. Il sole accarezza con accecante virilità le opime mammelle dell'orizzonte ambrato. L'asfalto palpitava goloso esalando gli acri incensi del suo canceroso catrame roso da rosate lepre. Carro falcato, cocchio regale, gravido di enigmatica e sibilante impresa, l'automobile ruggì a raccoglier messe umana molle di molli afrori, dissolta in esangui foschie al parco che tu dici Monceau, o Ermione. Sulla lucida piattaforma di quella macchina da guerra della gallica audacia, ove la folla s'inebria di amebiche voluttà, un efebo, di poco avanti alla stagione che ci fa mesti, con una calotta fenicia onusta di serpenti, la voce esile dal sapor di genziana, alto levò un clamore, e l'amarezza dei suoi lombi espanse, e de' suoi calzari feriti da un barbaro, da un oplite ferigno, da un silvestre peltasta.
      Poscia, anelante e madido, cercò riposo, esangue di deliquio. Di poco la clessidra aveva sbavato i suoi rugosi umori e ancora il vidi, alla Corte di Roma, astato come bronzo, con un sodale dal volto d'Erma e senza cigli, androgino Alcibiade che il petto gli indicava, il dito come strale, l'ugne tese a ferire. E con voce d'opale, di un bottone diceva, e di sua ascesa, a illeggiadrir la taglia, e a tener la rugiada umida lungi
Sogno
Mi pareva che tutto intorno fosse brumoso e biancastro tra presenze multiple e indistinte, tra le quali si stagliava tuttavia abbastanza netta la figura di un uomo giovane, il cui collo troppo lungo sembrava manifestarne da solo il carattere vile e astioso. Il nastro del suo cappello era sostituito da una cordicella intrecciata. Poco dopo ecco che discuteva con un individuo che intravvedevo in modo impreciso e poi - come colto da sùbita paura - si gettava nell'ombra di un corridoio.
      Un altro momento del sogno me lo mostra mentre procede in pieno sole davanti alla Gare Saint-Lazare. È con un amico che gli dice: «Dovresti far mettere un bottone in più al soprabito».
      A questo punto mi sono svegliato.


Lo stile prezioso
La preziosità è una moda culturale che invase l'Europa all'inizio del XVII secolo. In Italia, essa è rappresentata dal marinismo, cioè dal movimento che nasce a seguito di Giovan Battista Marino. Egli inaugura, all'interno del filone barocco, un tipo di poesia che si caratterizza per un'esuberanza di gusto e uno stile "prezioso", in opposizione al principio rinascimentale dell'imitazione dei classici e al rispetto del gusto classico. In Francia, questa moda prettamente letteraria ha dato luogo al formarsi di salotti preziosi, dov'era di regola il desiderio di distinguersi.
Ogni periodo storico ha le sue mode (le sue curiosità): quello che ai nostri occhi può apparire talvolta molto ridicolo, in realtà fa parte di un insieme culturale da prendere sul serio, proprio come quello in cui viviamo (che non manca di cose "ridicole"). Per ridere un po', e rendersi conto di come ogni moda sia, effettivamente, legata ad un certo periodo storico al di fuori del quale perde ogni fondamento, riporto qui di seguito alcune curiosità della corrente "preziosa" riguardo all'uso della lingua.

Lo "stile" prezioso:

  • per distinguersi dagli altri, i "preziosi" inventano di frequente neologismi che avevano proprio lo scopo di fare ammirare l'ingegnosità del coniatore;
  • l'esagerazione e l'iperbole erano usate di frequente, e accanto ad esse l'antitesi (ad es. nell'espressione una persona audacemente paurosa);
  • la volontà di mantenersi all'interno di un linguaggio epurato (il rispetto della cosiddetta bienséance) porta al rifiuto dei termini troppo crudi, realistici, equivoci o comunque in qualche modo offensivi per la morale. Quest'atteggiamento provoca un uso estensivo della perifrasi, per evitare parole equivoche; si rifiutano il linguaggio popolare e i linguaggi tecnici, accentuando il divario tra "parole nobili" e "parole basse".
  • i preziosi amavano la precisione: ogni parola doveva essere usata col suo significato primo; ma, nello stesso tempo, il loro linguaggio era ricco di termini dal significato vago o del tutto inutile.


Esempi (tradotti dal francese):
Vi sono tanti esempi di perifrasi dell'epoca: la scopa era definita "lo strumento della pulizia", la candela "il supplemento del sole", il cappello "lo sfidante il tempo", il camino "l'impero di Vulcano", la mano "la bella movente", i piedi "i cari sofferenti", il pane "il sostegno della vita", lo specchio "il consigliere delle grazie", la poltrona "la comodità della conversazione".
Altri esempi di perifrasi racchiudono anche delle metafore ardite: i denti "il mobilio della bocca", incipriarsi "lustrare il proprio viso", le guance "i troni del pudore", la luna "la fiamma della notte", la musica "il paradiso delle orecchie", il naso "le chiuse del cervello", gli occhi "gli specchi dell'anima".


Gli stili narrativi,
ovvero
Narratore vs Personaggi

Il rapporto tra narratore e storia narrata può essere molto vario a seconda del testo che leggiamo. Si può raccontare una storia o parlare di una cosa utilizzando stili retorici molto diversi tra loro (vedi Ma lo stile cos'è?), ma si può anche giostrare sullo stile della narrazione. Vediamo da vicino quali sono gli stili narrativi fondamentali.

Il discorso narrativizzato (o raccontato)
Il discorso raccontato, come lo dice il nome, prevede la massima distanza tra il narratore da un lato e la vicenda di cui narra la storia dall'altra. La si ha quando in un testo non si trova neanche un discorso riportato (un discorso tra virgolette): il narratore si assume completamente la narrazione e non lascia ai personaggi nessuno spazio per esprimersi autonomamente.

Esempio:
Informai mia madre della mia decisione di sposare Alberta.
Secondo Tvezan Todorov, in questo caso il Narratore ne sa più del Personaggio, nel senso che è più informato di lui sulla vicenda. Possiamo allora dire che:
N > P
È il tipico caso di narratore tradizionale, alla Manzoni, dove il lettore è preso per mano dal narratore che gli spiega tutto, lo conduce nella narrazione, lasciando un personaggio da una parte per seguirne altri, dando giudizi personali sugli avvenimenti, ecc.

Lo stile indiretto
Lo stile indiretto prevede l'inglobamento, da parte del narratore, del discorso dei personaggi. Le virgolette sono assenti, come nel discorso narrativizzato, ma a differenza di questo si trovano nel testo delle tracce dell'operazione compiuta dal narratore, che fanno capire dove esso si assume i discorsi dei personaggi.

Esempio:
Dissi a mia madre che dovevo assolutamente sposare Alberta.
Secondo Tvezan Todorov, anche in questo caso il Narratore ne sa più del Personaggio, ma essi hanno comunque una figura più personalizzata che non nel caso precedente. Dovremo, comunque, ugualmente dire che:
N > P
Lo stile indiretto libero è un'importante variante dello stile indiretto, portato al massimo grado di perfezione nelle opere di Flaubert. In questo caso il passaggio da una narrazione che riporta il discorso del narratore ad una narrazione in cui il narratore si assume e fa propri i discorsi dei personaggi diventa molto labile, e crea una notevole ambiguità stilistica.

Esempio:
Andai a trovare mia madre: dovevo assolutamente sposare Alberta.
Come sopra, il Narratore ne sa più del Personaggio, ma l'importanza e l'oggettività della figura dei personaggi va assumendo connotati sempre più chiari, con un narratore che, talvolta, piega il proprio punto di vista cercando di entrare nelle loro coscienze. In questo caso abbiamo:
N P

Il monologo interiore
Frutto della moderna ricerca narratologica, il monologo interiore, la cui invenzione si deve al francese Édouard Dujardin, è stato portato ad una perfezione stilistica da Joyce nell'Ulysses (1922). Questo stile narrativo presuppone un narratore che segua fedelmente i pensieri del personaggio, al loro sorgere e nel loro sviluppo, attraverso un racconto sprovvisto di punteggiatura e, talvolta, sgrammaticato. Esso rappresenta il tentativo più complesso di far entrare la figura del narratore non solo nei pensieri, ma persino nella coscienza dei personaggi.

Esempio:
Scendo dall'auto quest'auto schifosa non l'ho mai sopportata devo cambiarla ma per farlo dovrei di nuovo chiedere un prestito a mia madre uffa mia madre a volte non mi capisce e chissà cosa dirà se le dico che devo sposare Alberta devo assolutamente sposarla uffa.
Questa volta il Narratore ne sa esattamente quanto il Personaggio, di cui si fa semplice portavoce dei pensieri:
N = P

Il discorso riportato
Rappresenta la forma più mimetica tra gli stili narrativi, nel senso che in essa i personaggi sembrano liberi di esprimere autonomamente i propri pensieri attraverso dei discorsi diretti, senza alcuna intromissione da parte del narratore. In testi di questo genere abbonda l'uso delle virgolette, che circoscrivono e separano il discorso dei personaggi da quello del narratore.

Esempio:
Dissi a mia madre: "Bisogna assolutamente che io sposi Alberta".
Questo stile narrativo può comprendere casi tradizionali di rapporto tra Narratore e Personaggi, ma anche casi più sperimentali, in cui il Narratore sa solo quello che viene detto dai Personaggi. In tal senso, i discorsi detti dai personaggi sono per lui, come per un qualsiasi lettore, degli indizi importanti per capire la vicenda. Diremo che:
N P
Bibliografia
Il testo di base dal quale abbiamo tratto materiale per la stesura di quest'articolo è il seguente:

Gérard Genette, Discours du récit (1972);

testo molto famoso nell'ambito della critica strutturalista e, in particolare, narratologica.

Per chi volesse approfondire sui testi il passaggio dall'indiretto libero al monologo interiore può essere interessante partire dai testi di Gustave Flaubert (ad es. Mme Bovary), leggere poi i tentativi fatti dal meno noto scrittore Édouard Dujardin, e finire con l'Ulysses di Joyce, in cui la tecnica del monologo interiore si esplica con maestria.
È utile anche la seguente lettura:

T. Todorov, Letteratura e significato, 1967.



I sei fattori della comunicazione e le teorie letterarie

I 6 fattori minimi della comunicazione linguistica, secondo Jakobson, sono i seguenti:
1. il CODICE
È l'insieme delle convenzioni segniche per cui è stabilito che un dato segno (mimico, fonico, linguistico, ecc) ha un dato significato.
Ad es., il codice della strada è fatto perlopiù di segni iconici posti su cartelli di vario formato (rettangolare, triangolare, tondo), dove a ciascuno è attribuito un particolare significato (il triangolo significa attenzione, il tondo rosso con la barra bianca in orizzontale significa divieto di accesso, ecc). Il codice è accettato convenzionalmente dagli utenti (in questo caso, i guidatori), e dunque riconosciuto come tale.
2. il MESSAGGIO
È ciò che si vuole dire all'altro attraverso i segni, il codice; è il contenuto dell'atto comunicativo.
3. il CONTATTO
È il mezzo attraverso il quale avviene la comunicazione, in senso assolutamente materiale: nel caso della segnaletica stradale, è il metallo dei cartelli e la tinta dei disegni; nel caso, ad es., della comunicazione orale, è l'aria attraverso cui passano i suoni; nel caso della comunicazione scritta, è la carta.
4. il CONTESTO
È il contesto di realtà in cui avviene l'atto comunicativo, dato da tutte le circostanze che costituiscono in qualche modo una premessa all'atto comunicativo.
Ad es., nel caso della segnalitica stradale, la premessa (implicita) è che esistano delle strade con delle automobili e dei guidatori.
Ad un livello più generale, il contesto di realtà è la situazione in cui avviene la comunicazione.
5. il DESTINATARIO
È colui al quale è rivolto il messaggio dell'atto comunicativo.
Nel caso della segnaletica stradale, è il guidatore.
6. il DESTINATORE
È colui che rivolge il messaggio dell'atto comunicativo.
Nel caso della segnaletica stradale, è un'istituzione definita dalla società per regolarizzare i traffici stradali.
Dato che la letteratura è un particolare tipo di comunicazione, è possibile tradurre questi 6 fattori generali dell'atto comunicativo in 6 fattori particolari dell'atto letterario. Rispettivamente all'ordine usato sopra, si avrà quindi:
1. il CODICE => la LINGUA+ la CONVENZIONE LETTERARIA
Per quanto riguarda il discorso letterario, il codice è non soltanto l'insieme del sistema segnico linguistico (ad es., nel caso della Divina Commedia, la lingua fiorentina trecentesca), ma anche l'insieme del sistema stilistico-retorico a cui appartiene il testo (poesia, prosa, poema in prosa, sonetto, ode, lirica, diario, ecc.).
Quest'ultimo aspetto, in particolare, è la cosa spesso più interessante da analizzare in un'opera letteraria, a maggior ragione quando non si tratta solo di verificare l'appartenenza di un testo a un preciso genere, quanto di verificarne l'originalità attraverso le eventuali trasgressioni al genere di appartenenza.
Un esempio di teoria letteraria che si focalizza sullo studio del codice è lo strutturalismo, con la sua attenzione rivolta alla distinzione dei generi tramite opposizioni binarie e confronti sincronici.
2. il MESSAGGIO => il TESTO
Attinenti al messaggio letterario sono tutti quegli elementi appartenenti esclusivamente all'ambito del testo: per es. le tematiche, i personaggi, le azioni, ecc.
Il formalismo russo è un chiaro esempio di teoria letteraria che si sofferma quasi del tutto questo fattore; senza uscire mai dal testo (quindi senza guardare né il contesto storico, né l'autore, ecc.), i formalisti ricercano gli elementi che si ripetono come costanti all'interno dell'opera.
3. il CONTATTO => la TRASMISSIONE
La trasmissione di un testo letterario avviene generalmente attraverso il materiale cartaceo, solo raramente (e anticamente) attraverso la memoria e la ripetizione orale. Con le nuove tecnologie digitali, e la nascita di Internet, si deve però cominciare a considerare anche l'elettricità e il computer due possibili futuri oggetti di trasmissione anche per le opere letterarie (tra l'altro esistono già, in rete, numerose biblioteche virtuali).
Il problema della trasmissione in genere non viene affrontato in letteratura, tranne nel caso in cui essa sia, per varie ragioni, motivo d'ostacolo alla ricezione dell'opera: ad es. nel caso in cui un manoscritto è andato perso, o si è deteriorato; oppure nel caso in cui si debbano confrontare varie versioni di una stessa opera; ecc. Gli studi filologici, in particolare, sono focalizzati su questi problemi.
4. il CONTESTO => il CONTESTO STORICO
È ciò che assai spesso lo studente italiano recepisce della letteratura, concentrandosi sulla "storia della letteratura" invece che, per es., sullo studio dei generi o sull'analisi testuale.
Dare la priorità allo studio del contesto storico significa inquadrare storicamente e geograficamente la nascita e lo sviluppo di un testo letterario, trovarne le ragioni in motivi di ordine politico, sociale e/o economico, spiegarne gli accenti rispetto alla tradizione passata, ecc.
Ma l'analisi del contesto storico non si limita solo alla realtà esterna al testo; prende anche in considerazione il contesto storico interno al testo, cioè problemi come: dov'è ambientata la vicenda? in che periodo storico? ecc.
5. il DESTINATARIO => il LETTORE
La nozione di "lettore" di un testo, apparentemente chiara e banale per tutti, è in realtà piena di insidie. Con lo stesso termine si designano infatti almeno due realtà molto diverse:
1. il lettore implicito (sottinteso dal testo)
2. il lettore reale (quello che effettivamente legge il testo)
e ancora:
1. il lettore collettivo (la società)
2. il lettore individuale (il singolo lettore).
Tutti questi concetti riassumono i problemi legati alla ricezione dell'opera, alla sua fortuna.
La teoria letteraria più attenta ai problemi del lettore è l'approccio Reader-Oriented.
6. il DESTINATORE => l'AUTORE
L'autore del testo non è un istanza meno problematica di quella del lettore. Comunque sia, basterà qui ricordare che intorno alla sua figura ruotano questioni come quelle degli eventuali tracce autobiografiche di un testo, della situazione di vita reale che riguarda l'autore (la biografia), ecc. Ovviamente, per certi aspetti, questi problemi sono legati al contesto storico (punto 4).
Teorie letterarie di tipo più romantico-umanistico rappresentano studi focalizzati sull'autore.
Le funzioni del linguaggio
Cosa voglio fare parlando?
Quando parliamo compiamo delle vere e proprie azioni: azioni linguistiche, ovviamente, che non sono però meno incisive sulla realtà delle azioni gestuali. Se un bambino dice alla propria mamma "dammi la pappa", egli raggiunge esattamente lo stesso scopo di quando, piangendo, le ricorda che è l'ora di mangiare.
Le funzioni della lingua
Ogni funzione predilige uno dei 6 elementi che costituiscono l'atto comunicativo (vedi Jakobson e i 6 fattori della comunicazione): il destinatore, il destinatario, il contesto, il codice, il messaggio e il contatto.

Premesso che un atto linguistico non risponde MAI ad una sola funzione linguistica, ma spesso a più d'una e talvolta in maniera celata, vediamole da vicino una alla volta:

Funzione emotiva
È la funzione che si concentra sul destinatore del messaggio (o emittente). L'emittente (colui che parla) esprime attraverso il linguaggio la propria emotività, il proprio mondo interiore e il proprio modo di sentire le cose. La lingua diventa uno strumento di esteriorizzazione di sentimenti e stati d'animo.

Funzione conativa (o persuasiva)
È la funzione che si concentra sul destinatario. Si verifica quando l'emittente utilizza il linguaggio per cercare di convincere l'altro delle proprie idee, per persuaderlo a fare ciò che vuole. La funzione conativa (dal latino conari, "tentare", "far di tutto per...") può essere espressa come una supplica, una minaccia, un suggerimento o anche solo un'osservazione.

Funzione referenziale (o informativa)
È la funzione che si concentra sul contesto. L'emittente parlando dà delle informazioni al ricevente che vanno spesso al di là del semplice significato delle parole che utilizza, e che derivano da un insieme di fattori sociali, economici, politici, ecc. che riguardano lo stesso emittente. Per esempio, un accento particolare può indicare la provenienza geografica di chi sta parlando, oppure l'uso di una terminologia particolare può dare delle informazioni sul suo status sociale e culturale (emittente più o meno giovane, più o meno colto, ecc.).

Funzione poetica
È la funzione che si concentra sul codice. Deriva dalla scelta particolare che l'emittente compie nel curare la forma con la quale esprimere il proprio messaggio. Questa scelta può andare dal genere letterario (problema dello scrittore: scrivo un romanzo? una poesia? uso endecasillabi? stile libero? ecc.), alla collocazione sintattica delle parole ("io amo te", "amo te, io", io ti amo", ecc.), all'attenzione rivolta per gli effetti sonori (ripetizioni, assonanze, ecc.), ecc.

Funzione metalinguistica
È la funzione che si concentra sul messaggio. È quella funzione che si attua quando emittente e ricevente si concentrano sul significato e la forma del messaggio e, in generale, del linguaggio. Qualche esempio si ha quando si chiede a qualcuno di ripetere quello che ha detto, oppure quando si chiede il significato di una parola, ecc.

Funzione fàtica
È la funzione che si concentra sul contatto. Essa si rende esplicita, la maggior parte delle volte, quando c'è un disturbo nella trasmissione del messaggio, e comunque quando, in un modo o nell'altro, si presenta il problema del canale comunicativo. Qualche esempio: quando rispondiamo al telefono dicendo "pronto" diamo un segnale fàtico all'emittente che ci vuol parlare, che corrisponde pressoché al seguente: "la trasmissione funziona e sono pronto a ricevere il messaggio"; quando qualcuno ci parla e noi ascoltiamo, spesso usiamo intercalari come "sì... già... ehm... certo!" che hanno la funzione fàtica di assicurare l'emittente che ci siamo e lo stiamo ascoltando; ad un livello più complesso, un saggio di filologia si compone di riflessioni, informazioni, ecc. quasi tutte di carattere fàtico, cioè concentrate sul problema della trasmissione dei testi nel corso dei secoli.

Gli atti performativi
In linguistica si fa riferimento alle "azioni linguistiche" parlando di atti performativi. È il linguista J. L. Austin, nelle sue lezioni del 1955 raccolte in "How to do things with words" ("Come fare cose con le parole") ad averne definito per primo la natura.

Nel suo saggio, Austin distingue tre diversi livelli nell'uso del linguaggio:
1. l'atto locutivo --> è l'emissione di una frase (emissione linguistica) con un certo significato e un certo referente. È il primo livello d'uso del linguaggio.
2. l'atto illocutivo --> è la "forza convenzionale" con la quale si compie l'atto locutivo, cioè la maniera in cui viene utilizzata la frase in questione per raggiungere un certo fine o rispondere ad una certa esigenza (ad es. rispondere ad una domanda, dare informazioni, annunciare un'intenzione, dare una dexcrizione, fare una critica, ecc.). È il secondo livello d'uso del linguaggio.
3. l'atto perlocutivo --> è la conseguenza dell'atto locutivo con la forza dell'atto illocutivo, il risultato nel mondo oggettivo dell'atto linguistico.

Esempio 1:
Situazione: Mario dice a Giulia: "Colpiscilo!", e Giulia colpisce Andrea.
Atto locutivo: l'emissione della frase "Colpiscilo!", col suo significato ("Dai un pugno a lui") e il suo insieme di referenti (Io Mario dico a te Giulia di colpire lui Andrea).
Atto illocutivo: il tentativo, da parte di Mario, di convincere Giulia a colpire Andrea.
Atto perlocutivo: il fatto che Giulia colpisca Andrea.

Esempio 2:
Situazione: Giovanni è in mezzo alla corrente e dice a Massimo: "Sento freddo".
Atto locutivo: l'emissione della frase "Sento freddo", col suo significato ("Ho i brividi") e il suo insieme di referenti (in questo caso solo uno: io Giovanni)
Atto illocutivo: il tentativo, da parte di Giovanni, di indurre Massimo a chiudere la finestra.
Atto perlocutivo: Massimo si alza e chiude la finestra.

Dopo aver definito l'esistenza dell'atto illocutivo, Austin individua l'esistenza dei cosiddetti "verbi di forza illocutoria", cioè proprio di quei verbi che sono causa della forza dell'atto illocutivo. La lista fornita dallo studioso è la seguente:
1. verbi verdettivi --> verbi che esprimono un verdetto (da parte di un giudice, un arbitro, ecc.)
2. verbi esercitivi --> verbi che esprimono l'esercizio di poteri, diritti o influenze (come il verbo votare, ordinare, avvisare, ecc.)
3. verbi commissivi --> verbi che indicano la promessa, l'impegno a far qualcosa
4. verbi comportativi --> tutti quei verbi che hanno a che fare con il comportamento sociale (ad es. scusarsi, congratularsi, fare le condoglianze, sfidare, ecc.)
5. verbi espositivi --> verbi che chiarificano la maniera in cui si stanno utilizzando le parole (es. ribadire, postulare, assumere, illustrare, concedere, sostenere, ecc.)
Sugli atti performativi, oltre al testo di Austin:

J. L. Austin, How to do things with words

può essere interessante approfondire l'argomento degli atti linguistici attraverso la seguente raccolta di articoli:

Gli atti linguistici. Aspetti e problemi di filosofia del linguaggio, a cura di M. Sbisà

che racchiude interventi di autori come lo stesso Austin, Strawson, Vendler e Searle

 

Fonte: http://www.scicom.altervista.org/tecniche%20Espressive%20e%20Composizione%20di%20Testi%20in%20Italiano/Retorica%20e%20figure%20retoriche.doc

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