Tradimenti nella vita di coppia

Tradimenti nella vita di coppia

 

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

Tradimenti nella vita di coppia

I MOLTEPLICI TRADIMENTI NELLA VITA DI COPPIA

Stefano Cirillo

Psicologo – Psicoterapeuta

 

Premessa
Nella mia attività di terapeuta familiare specializzato in adolescenti e giovani adulti con più o meno gravi patologie (disturbi alimentari, tossicodipendenza, depressione, fallimenti scolastici, comportamenti antisociali...), sono chiamato ad occuparmi dei problemi di coppia che travagliano la vita dei loro genitori.
Infatti i pionieri della terapia familiare hanno sempre sostenuto che "dietro ogni figlio disturbato c'è sempre un matrimonio disturbato ( anche se non tutti i matrimoni disturbati producono figli disturbati)" (Framo, 1965).
Così, incontrando per alcuni anni giovani coppie di fidanzati che si preparavano al matrimonio, mi sono domandato quali meccanismi in buona parte inconsapevoli avrebbero potuto travolgere alcune di quelle persone sorridenti e fiduciose che avevo di fronte, trascinandole in situazioni drammatiche analoghe a quelle dei miei sfortunati pazienti.
Mi è parso che una risposta possa essere trovata nel tradimento, che sgretola il legame coniugale lasciando che vi si insinui un terzo. Non voglio però parlare solo delle fin troppo ovvie ( e studiate) vicende in cui il terzo è rappresentato da un partner sessuale, ma anche di altre, più subdole e dunque più difficili da affrontare e da combattere, e per ciò stesso cariche di conseguenze anche per i figli.

Ciò che crea una coppia

Però, purché si dia un tradimento all'unità della coppia, bisogna che quest'ultima esista, e non sia un mero artefatto di una cerimonia e di un certificato.
Il principio fondatore della coppia è il desiderio di due persone di creare un'unione che le trascenda, che le vincoli l'una all'altra, e che duri per sempre.
È questa dimensione "mitica" (Neuburger, 1995) che definisce l'esistenza della coppia, e nello stesso tempo la rende unica e differente da tutte le altre.
Poco importa che la scelta di costituire una coppia sia radicata nell'esperienza dell'innamoramento, come avviene nella società occidentale a partire dalla fine del 1800, che assumerà in seguito la dimensione dell'impegno reciproco, o che il processo sia inverso, come nel matrimonio combinato, dove è all'interno del contratto matrimoniale che i due coniugi imparano a tessere i fili dell'amore e della fiducia. (Questi meccanismi, impensabili per noi che abbiamo dimenticato la forma dei matrimoni dei nostri nonni, ancora regolano gran parte delle scelte coniugali di ben più della metà del mondo: si può trovarne un'affascinante analisi nello splendido romanzo di Vikram Seth Il ragazzo giusto, 1993).
Purtroppo molte persone sono destinate a vivere ignorando la possibilità di un legame di questo tipo, consumando la loro esistenza all'interno di vincoli legali o di fatto, in cui la coppia non esiste.
Possiamo definire "matrimonio inesistente" la convivenza di due persone tra le quali manca l'investimento reciproco, e in cui ciascuno resta sostanzialmente solo, perché privo di speranza che l'altro possa corrispondere alle sue attese. Con alcuni colleghi,  studiando i percorsi familiari dei giovani tossicodipendenti (Cirillo e al., 1996), abbiamo trovato tra i loro genitori tante di queste "pseudo-coppie", che si mettono insieme per motivi casuali, per inerzia, perché "lo fanno tutti", ma senza in alcun modo contare l'uno sull'altro. In queste situazioni divorzi e separazioni sono assai frequenti, ma è possibile anche una convivenza, magari lunga, di due estranei sotto lo stesso tetto. Evidentemente in tali condizioni i tradimenti sono la regola: abbiamo sentito il racconto di un marito che ha tradito la moglie già in viaggio di nozze!

Sentiamo cosa dice un uomo  di circa trentacinque anni, che si è sposato a ventuno e ha un figlio gravemente problematico: “Io mi rendo conto che mio figlio mi accusa di essere una persona egoista, che non si è mai occupata della famiglia e io non lo nego. Riconosco che effettivamente è così. Però sono cresciuto in un ambiente in cui il matrimonio significava semplicemente avere qualcuno che mi preparasse la cena, mi facesse trovare le cose lavate e stirate. Io rientravo, cenavo e poi uscivo con gli amici. Non ho mai pensato che il matrimonio fosse un posto in cui uno assumesse dei doveri, sul piano emotivo, nei confronti dell’altra persona, e tantomeno nei confronti dei figli”.

Dunque in questo tipo di matrimonio il tradimento è qualcosa che è dato per scontato dall’inizio, perché non c’è l’idea che si sta stabilendo un legame privilegiato.
Questi due giovani si sono sposati perché lei era rimasta incinta e il figlio, ora adulto, dirà di aver ritrovato spesso in casa, quando era bambino, delle cassette pornografiche che non erano in alcun modo occultate,  ma erano lì, appoggiate sul mobile, e si aggiungevano ad altri segnali, altrettanto angoscianti per lui, rispetto al tipo di vita di coppia che avevano i suoi genitori. Qui però bisogna pensare che la premessa che al figlio sfuggiva è che in realtà non c’era una coppia: esisteva un matrimonio, esisteva un figlio, ma non esisteva una coppia.

In una forma più attenuata, ritroviamo la stessa mancanza di investimento emotivo nell'altro nel cosiddetto "matrimonio di interesse" (Vinci, 1991), che dà luogo a pseudocoppie anche stabili e formalmente ineccepibili, in cui però ciascuno dei due coniugi, più che attratto dall'altro come persona, è interessato alla "dote" che l'altro porta con sé. Non si tratta di una dote economica (e quindi di un interesse finanziario), ma di un patrimonio - umano, sociale, emotivo... - che fa sì che ciascuno dei due speri di poter raggiungere attraverso questo legame un proprio obiettivo individuale. Uno dei più frequenti di tali scopi è l'affiliazione: un soggetto privo di soddisfacenti legami familiari può sperare - più o meno consciamente - di essere accolto nella famiglia dell'altro, che gli appare calda e accogliente. Così il partner non è selezionato tanto per le sue  qualità intrinseche, ma perché appunto "porta in dote" al futuro coniuge il patrimonio della propria appartenenza familiare. Oppure l'interesse è dato dallo status o dal successo del futuro partner, che attrae una persona insicura del proprio valore personale la quale si attende così di brillare di luce riflessa, consolidando la propria stima di sé attraverso il legame con un coniuge che, di nuovo, non viene visto per quello che è, ma per quello che "ha" e sembra poter offrire.
Trascureremo le vicende di questi due tipi di pseudocoppie, per occuparci della coppia "vera", quella unita da un forte investimento reciproco, da uno slancio comune, dal progetto condiviso di fondare un'appartenenza e un'entità innovatrice. E analizzeremo quattro tipi di tradimento che possono attentare a questo progetto fondatore.

 

Il tradimento con un  partner sessuale
Consideriamo per primo quello più ovvio, in cui la terza polarità che si inserisce nella coppia è quella di un altro partner, in termini sentimentali e sessuali.
Questo tipo di tradimento è interessante, in questo momento, dal punto di vista culturale, perché ci troviamo in un'epoca in cui c’è uno scontro tra modelli di coppia, e soprattutto uno dibattito rispetto a che peso abbia nella coppia la dimensione della fedeltà e dell’esclusività del legame.
Da un certo punto di vista possiamo dire che questa dialettica, tra  chi sostiene che il tradimento sessuale attacchi l’esclusività della scelta del rapporto di coppia e ne sia una ferita molto grave, e chi  invece sottolinea che il tradimento sia un evento statisticamente normale, è  presente da molto tempo.
Possiamo considerare ad esempio come nel mondo greco e nella tradizione giudaico-cristiana sia fortemente rappresentata l'idea che la coppia è un’unità: esiste una rappresentazione ideale che "i due sono uno", che si può ritrovare tanto nella mitologia greca (alle origini l'essere umano era formato dalla fusione dell'uomo e della donna, solo successivamente separati), quanto, nel racconto della Genesi, dove si sottolinea come l'uomo e la donna formino un tutt’uno.
Contemporaneamente sappiamo come i miti greci siano centrati sugli amori extraconiugali di Zeus e come i patriarchi biblici avessero più donne, così come sia durata per secoli la convinzione dell'impossibilità che l’uomo rimanesse fedele a una sola donna. In un bel romanza di Yehoshua, Viaggio alla fine del millennio (1998), l'autore immagina che la poligamia, ancora consentita agli ebrei del Nordafrica attorno all'anno mille, scompaia nel momento in cui si affaccia un'analoga pretesa delle donne di unirsi a più uomini. Viceversa, la poligamia resiste tuttora in larga parte del mondo islamico.
Quindi questi due tipi di idee contrapposte (il tradimento è un grave attentato/è un fatto normale) restano in tensione dialettica anche ai nostri giorni.
Uno psicologo francese, R. Neuburger, nel suo divertente libro  Le nuove coppie (1997) propone una boutade provocatoria, dicendo che se attualmente un matrimonio, nella regione di Parigi, a causa del tasso di separazione dura in media nove anni, anche all’inizio del secolo nella stessa zona la durata media del matrimonio era identica, perché uno dei due coniugi moriva, in linea di massima la donna (a causa della mortalità legata al parto)!
Il  dato  del considerevole allungamento dell'aspettativa di vita fa dunque sì che quando  adesso promettiamo la fedeltà coniugale, lo facciamo per la prima volta all’interno di una relazione che può durare moltissimi anni.
Vorrei anche ricordare quelle che sono considerate le basi etologiche di questo dibattito tra le due polarità: naturalità della fedeltà, naturalità dell'infedeltà.
Un primo punto di vista argomenta che quello che rende naturale l’infedeltà maschile è il fatto che l’uomo è costituito in modo da produrre un enorme numero di cellule germinali e quindi programmato per cercare di diffondere la sua progenie, cercando di fecondare il maggior numero di donne possibile. Questa sarebbe una delle ragioni per sostenere che l’infedeltà maschile sia determinata naturalmente.
Dall’altra parte starebbe una ragione opposta, che sottolinea come la progenie dell’essere umano non sia come quella di un pesce, ad esempio. I pesci puntano a far sopravvivere un piccolo numero di pesciolini, fecondando una grandissima quantità di uova, in modo che da quelle migliaia e migliaia di avannotti che nascono, se ne salvi almeno una piccola parte. La specie umana investe invece su un piccolo numero: la gravidanza della donna è lunga, in linea di massima non è gemellare, ma dà origine a un solo bambino. Il neonato ha bisogno di una cura molto attenta per riuscire a sopravvivere, a  diventare adulto, e ad acquisire il patrimonio della specie. Quindi è dipendente dai genitori per un lungo numero di anni, il che fa sì che la presenza di una coppia stabile, monogamica, in cui entrambi i genitori sono impegnati in compiti connessi con la protezione del nucleo e l'accudimento dei piccoli,  renda più probabile che la prole sopravviva di quanto non avverrebbe in una famiglia in cui c'è solo la madre a doversi occupare dei figli. È stato addirittura detto che lo scopo etologico del matrimonio sia creare un padre! Infatti vincolando a sé l'uomo la donna procura un altro genitore al bambino.
Un altro aspetto culturale, tipico di questo periodo storico, che può essere connesso con la giustificazione del tradimento (tanto maschile che femminile) è  l'enfasi attuale sul fatto che la relazione di coppia debba essere prevalentemente spontanea, fondata sull’amore romantico, mettendo tra parentesi l'altra componente della costituzione della coppia, cioè il contratto, la responsabilità, l'impegno,
Secondo il messaggio che ci viene dato oggi, la relazione di coppia si basa esclusivamente sull'innamoramento,  sul fatto di "scoprire la persona giusta", di incontrare l’altra metà della mela. Questa premessa induce molto spesso, di fronte alle inevitabili difficoltà, alla convinzione di aver sbagliato persona e dunque a cercarne un'altra.
Oggi, checché se ne dica, siamo in una situazione ideologica in cui non è in crisi l’idea di sposarsi o di convivere,  o comunque di stabilire una relazione di coppia. C’è piuttosto l’idea che se incontriamo una difficoltà, probabilmente abbiamo sbagliato partner. E dunque le persone molto spesso, dopo il fallimento di un legame, tendono a risposarsi o comunque a riaccoppiarsi, non a restare sole (anche se non sempre: le statistiche negli Stati Uniti dicono che il secondo matrimonio tende a durare, quindi non è detto che le persone continuino incessantemente a cambiare partner). Ma il tentativo di cercare una persona che sia più adatta della prima molte volte si rivela illusorio, nel senso che nella realtà uno rischierà di riprodurre le sue stesse problematiche, le sue stesse difficoltà, la sua stessa fatica con un'altra persona.
Nel loro manuale sulle dinamiche della coppia Malagoli Togliatti  e i suoi collaboratori (2000) analizzano appunto le fasi a cui qualunque relazione coniugale va incontro: l'illusione (nel momento dell'innamoramento), la delusione (quando il partner rivela immancabilmente i propri difetti) e la disillusione, a cui approdano quelle coppie che non si sono spezzate nella fase precedente, ma sono capaci  di stabilire un rapporto più maturo e  realistico, che tenga cioè conto dei pregi e dei limiti dell'altro.
Una cosa che invece sarebbe utile pensare è che l'unica persona che ciascuno di noi può veramente cambiare è se stesso: quindi di fronte ad una insoddisfazione di coppia, la sola reazione sensata che dovremmo coerentemente e coscientemente avere, sarebbe cercare di capire in che cosa possiamo cambiare noi.
Così il fatto che nella relazione di coppia possa aver luogo un tradimento anche precocemente, può avere a che fare soprattutto con questo fenomeno: la persona è profondamente demoralizzata e delusa per il fatto che si aspettava qualcosa di più e di  meglio, e quindi è alla ricerca di qualcuno che possa realizzare compiutamente la sua illusione che ci possa essere un compagno ideale,  con il quale  l’amore romantico possa durare definitivamente, senza una dimensione di sforzo e di impegno, ad accettare le frustrazioni.
Esiste un differente tipo di tradimento, che è invece una sorta di provocazione indirizzata al partner; esistono cioè delle persone che ritengono, più o meno consapevolmente, che tradendo il partner lo stanno punendo, e quindi in realtà non si stanno staccando da lui/lei per cercare di legarsi ad un’altra persona, come nel caso che abbiamo esaminato sopra. Questi tradimenti non significano che chi li compie si stia stancando della quotidianità, sia semplicemente deluso della vita di coppia, ma costituiscono un mezzo, più o meno consapevole, per rinegoziare la relazione con il partner, attraverso un attacco che viene sferrato attraverso un’avventura,  una relazione extraconiugale, spesso compiuta con una persona che riveste un ruolo di puro strumento.
Questo aspetto di provocazione, si badi, può essere presente sia che il coniuge  venga a scoprire il tradimento sia che ne resti all'oscuro, in quanto il sentimento che anima la persona che tradisce il coniuge sarà comunque del genere: “così impara”.
In situazioni estreme - che sono ovviamente eccezionali ma clamorose, e che dunque ben si prestano come esempi illustrativi -  si sentono persone che dicono delle cose assurde su questo punto.

È il caso di un uomo che si trova in  carcere per aver abusato per quattro anni di sua figlia oggi di dieci anni, il quale arriva a dire: «Insomma, io ho avuto un'amante, ne ho avute, due, tre, ma mia moglie non se ne accorgeva mai ed io allora ad un certo punto gliel’ho fatta sotto il naso”. Si tratta naturalmente di una giustificazione allucinante,  che mostra, in modo inequivocabile che lui in testa non aveva né le amanti, né la figlia, ma solo la moglie!
Ho sentito una moglie dire tristemente: «Sì, è vero, noi non siamo mai andati d’accordo”, e quando lo psicologo le chiede se in quel lungo matrimonio infelice ci siano stati dei tradimenti,  lei risponde: «Sì,  mio marito ad un certo punto mi ha tradita. Purtroppo l’ha fatto con la persona sbagliata: mia zia”. (Nel senso che se invece l’avesse fatto con la persona "giusta", lei non l’avrebbe sentito come una provocazione nei suoi confronti?)

 

Il tradimento con la famiglia d'origine
Ma tutte queste attese che nutriamo nei confronti del partner, attese che possono rischiare di rimanere deluse, tutte queste aspettative anche irrealistiche, il progetto che ognuno di noi fa sull’altro, la speranza di essere "riparato" nelle proprie ferite, tutto il mondo emotivo che si condensa nella relazione di coppia, da dove vengono? Come mai ciascuno di noi ha una serie di aspettative nei confronti dell’altro, che sono uguali per tutti? Certo, i bisogni che ognuno di noi va cercando di colmare grazie al suo compagno sono gli stessi, però non sono sempre declinati allo stesso modo.
Da dove viene la peculiarità delle attese di ciascuno?
Viene dalla storia che ognuno ha avuto nella propria famiglia d’origine.
In pratica possiamo dire che la relazione di coppia rappresenta per tutti la speranza  - e l'occasione - vuoi di ricalcare vuoi di modificare la relazione che abbiamo avuto con i nostri genitori.
Ma proprio qui può situarsi il secondo tipo di tradimento che voglio descrivere.
È  interessante rileggere il versetto della Genesi (2, 24) tante volte citato: "Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla donna e i due saranno una carne sola", perché alla lettera questo versetto  dice che il motivo per cui l’uomo lascerà suo padre e sua madre è per unirsi alla donna. La Bibbia cioè non dice che quando uno ad un certo punto diventa adulto si stacca dai suoi genitori, che poi tra l'altro dovrà continuare ad onorare per tutta la vita, ma dice che se vuole diventare una coppia, ovvero diventare "uno" con la moglie, bisogna che lasci il padre e la madre.
Questa secondo me è una sottolineatura molto interessante da un punto di vista psicologico, perché mostra che il requisito per poter costituire una coppia è che uno possa lasciare suo padre e sua madre.
E questa non è una cosa automatica, non è che uno lasci i genitori semplicemente cambiando appartamento,anzi è molto complesso, tanto è vero che la Sacra Scrittura lo raccomanda altre tre volte (Mt 19, 5; Ef 5, 31; 1 Cor 6, 16).
Come ci sono delle coppie che non sono tali (come ho accennato sopra), così ci sono dei distacchi apparenti che in realtà non lo sono: ci sono persone che si sono allontanate fisicamente dai genitori magari mettendo una grande distanza, ma che non riescono a considerare quella con il partner la relazione privilegiata, su cui investire di più, perché restano profondamente vincolati alla propria famiglia d’origine e in particolare all'uno o all’altro dei propri genitori.
Questo tipo di difficoltà è soprattutto vistosa nelle coppie che vanno in crisi nei primi anni della loro fondazione, anni in cui la coppia si sta costituendo.
Una delle ragioni più frequenti di litigio in quegli anni sono “I miei e ituoi”, cioè la lealtà ancora prevalente che ciascuno dei due manifesta nei confronti dei suoi legami precedenti e che fa sentire il partner messo in secondo piano.
Questo genere di configurazione, che è così frequente, può avvenire per due ragioni opposte.
            La ragione più vistosa e anche più superficiale, tanto che occupa tutte le barzellette sulla mamma italiana, è la dipendenza di uno dei due coniugi, nelle nostre caricature solitamente il maschio, da una relazione particolarmente gratificante con uno dei genitori.
Si dice che i maschi italiani siano particolarmente “mammoni”, stereotipo che contiene un elemento di verità: e così un rapporto particolarmente gratificante può essere duro da interrompere per investire su un altro ancora tutto da costruire, quello coniugale, che è una relazione paritaria dove la bilancia, l’equità del dare e dell’avere, prevede un rapporto simmetrico, mentre il rapporto con la madre è asimmetrico in quanto in esso il figlio, per ragioni naturali, è maggiormente in posizione di ricevere che di dare.

Ho conosciuto una coppia in cui la signora era alcolizzata. Si trattava di una donna intelligente, colta, che aveva fatto molte terapie per cercare di uscire da questa sua condizione di alcolismo. Le sedute di coppia davano questo triste effetto, non infrequente, che più lei raccontava cosa la faceva soffrire nel matrimonio e più si sentiva giustificata nella sua depressione, a causa dei torti che il marito le faceva, e per questo motivo beveva sempre più.
Questa signora aveva cinquantaquattro anni e suo marito più di  sessanta: l'interessante  - che da un certo punto di vista faceva anche un po’ ridere - è che l’addebito principale che la signora faceva al marito era di essere "un mammone”. Lui aveva una madre molto anziana allettata, che la nuora stimava e a cui voleva bene, però non poteva sopportare la dipendenza da lei  di suo marito, il quale andava dalla madre a fare la prima colazione ogni mattina, mentre lei dopo venticinque anni di matrimonio non aveva avuto ancora il piacere di preparargli un caffelatte!
Se vogliamo era una caricatura, però lui non era pazzo. Aveva anche lui (come sempre) le sue buone ragioni: era figlio unico di una madre due volte vedova, il padre era morto (di cirrosi conseguente all'alcolismo!) quando lui aveva quattro anni, la madre si era risposata con il fratello del marito che era morto anche lui quando il ragazzo aveva dieci anni e la madre non solo aveva coraggiosamente allevato il figlio molto bene, ma era riuscita anche a mandare avanti l’azienda di famiglia. Quindi quest’uomo era pieno di gratitudine verso la madre, con la quale aveva lavorato tutta la vita, e aveva un'enorme dedizione verso di lei, incurante di provocare questa gravissima sofferenza alla moglie, la quale si sentiva sempre messa  in secondo piano.

Questo è un tradimento, dunque, molto appariscente, in cui la ragione per la quale uno dei due resta più legato alla famiglia d’origine che al coniuge è la dipendenza da un rapporto gratificante: quest'uomo era stato molto accudito e amato dalla madre e faceva fatica ad abbandonare questo legame.
Però io voglio proporre anche l’evenienza opposta, più sottile e meno evidente, cioè che uno faccia fatica a lasciare il genitore quando non ha ricevuto abbastanza da parte sua. Infatti una delle ragioni più insidiose della scarsa capacità di emancipazione dalla famiglia d’origine è che è difficile svincolarsi se non ci si è sentiti sufficientemente amati.
Tipicamente nelle coppie che presentano questa difficoltà, il marito può dire: «Mia moglie sta sempre al telefono con sua madre» e la moglie chiarisce: «Mia madre non mi ha mai voluto bene, aveva in mente solo il suo negozio, io sono stata molto gelosa dei negozio di mia madre». Oppure: «mia madre pensava unicamente mio fratello». O: «aveva  solo in testa che mio padre stesse sempre al bar e la sera mandava me a prenderlo quando era ubriaco». In sintesi: «la mia mamma aveva sempre in mente un’altra cosa e non me».
Questo tipo legame insoddisfacente può risultare più vincolante, in maniera sotterranea ma tenace, di un legame eccessivamente gratificante.
C’è un grande terapeuta di coppia, Alfredo Canevaro  (1999), che usa una bella metafora. Sostiene che un dissidio di coppia (coppie che litigano, che si separano, che si tradiscono, ecc.)  ha sempre a che fare con un incompleto svincolo dalla famiglia d’origine: molto spesso ciò accade perché la persona  è partita verso il legame coniugale con delle "valige troppo vuote", cioè con poche provviste affettive, e  perciò continua a ritornare alla fonte per cercare di riempire le sue valigie. Se potesse riempirle una volta per tutte, se riuscisse effettivamente a rinegoziare la relazione con i genitori, potrebbe smettere di inseguire i genitori facendo sentire il partner in secondo piano, tradito.
Questa realtà mi è regolarmente presente nella pratica che ho con le famiglie che maltrattano iloro bambini, specie con le madri che trascurano gravemente i loro figli (Cirillo, 2005).

Una giovane donna, ad esempio, mi dice: «Mia madre purtroppo è subnormale, un’insufficiente mentale, e per più una donna anaffettiva. Pensi che quando ho avuto la tubercolosi a dieci anni mi ha messa in un sanatorio e non è mai venuta a trovarmi per tre anni». Allora le chiedo: «Ma allora signora se la sua mamma è così, come mai quando lei ha avuto una bambina, che ha trascurato in tutti modi, uno dei modi in cui l’ha trascurata è stato proprio affidarla a sua madre?». E lei risponde con le lacrime agli occhi : «Perché volevo darle un’ultima possibilità!» E intende: "di volermi bene occupandosi della mia bambina".

Ma è un tipo di comportamento che il partner non capisce e vive come un affronto. Ad esempio il marito di questa signora si sente veramente tradito da lei.  Perché una delle cose che un  coniuge può proporsi nel momento in cui trova una persona che ha una storia difficile con la sua famiglia d’origine è farle arrivare questo messaggio: «Io ti compenserò. Dimentica il tuo triste passato, mettici una pietra sopra: non sei stata contenta con la tua mamma? Ci sono qui io, io ti salverò». E si aspetta che la moglie sia appagata. Per cui se questa si mostra invece sempre all'inseguimento (inutile) della madre, si sente offeso e ingannato.
Io penso che il marito di questa signora, così come molti altri (uomini o donne), si immaginasse di essere come San Giorgio sul cavallo bianco, che arriva e salva dal drago questa ragazza, che è sempre stata trascurata, abbandonata e così via. Lui la salva, la porta via  al castello sul suo cavallo bianco e poi si accorge che lei rimpiange il drago!
Ma la ferita dei bisogni infantili di accudimento e di amore è profondissima e rischia di non rimarginarsi mai, per cui si fa fatica a staccarsi da qualcuno che non ci ha dato tutto quello che ci spettava di diritto.
Questo è dunque il secondo tipo di tradimento: la permanenza irrisolta di un legame con la famiglia d’origine che fa sì che il partner, il coniuge, non venga messo al primo posto, ma rappresenti sempre una sorta di surrogato, mai del tutto soddisfacente, di una relazione con la famiglia d’origine che ha dato troppo, o più spesso, che ha dato troppo poco.

 

Il tradimento con il lavoro
Il terzo tipo di tradimento che può aver luogo in una coppia è rappresentato dall'investimento eccessivo su una polarità che non è rappresentata da una persona, ma dalla realizzazione di sé attraverso il lavoro, la professione.
Negli Stati Uniti  come esistono gli Alcolisti Anonimi, o i Narcotici Anonimi, o  i gruppi per i mangiatori compulsivi, così esistono anche gruppi per le persone che sono dipendenti dal lavoro (workaholics).
Ci sono infatti persone che hanno un tale investimento sul lavoro che questo rischia di essere competitivo con l’investimento coniugale.
Questo tipo di patologia è (ancora?) prevalentemente maschile, nel senso che è più facile che sia l’uomo che attraverso un sovrainvestimento sul lavoro, cerchi di rispondere a dei quesiti esistenziali: chi sono? Che senso ha la mia vita? Che senso ha questo mondo? Che cosa resterà di me?
Tale investimento sul lavoro non è solo economico o puramente verso la realizzazione di un successo. C’è proprio l’idea di poter rispondere attraverso il coinvolgimento compulsivo con il lavoro ad un dubbio di fondo sulla propria identità, sul proprio valore.
Un simile comportamento è meno frequente nelle donne, che più spesso rispondono alle stesse domande (chi sono io? Che cosa faccio a questo mondo?) attraverso un altro atteggiamento: vediamo chi mi vuol bene, vediamo a chi sono capace di voler bene. Cercano insomma il rispecchiamento di sé e del proprio valore piuttosto nelle relazioni che nella riuscita professionale.
Si tratta di un'argomentazione naturalmente un po’ schematica, in quanto i ruoli legati al genere sono in rapido cambiamento: però a me capita ancora  raramente di vedere un matrimonio in cui il marito si sente tradito dalla moglie perché questa investe troppo nella carriera. È più facile che imariti si immaginino che le mogli li tradiscano con il lavoro, perché ragionano con la propria mentalità, piuttosto che verificare che questo corrisponde davvero al modo di agire delle mogli.
Anzi, è abbastanza facile che se un marito geloso e possessivo  esercita una pressione sulla moglie perché questa lasci un'attività professionale, questa lo accontenti (salvo magari pentirsene più tardi), perché è raro che per la moglie il lavoro abbia lo stesso genere di valenza nevrotica del tipo: “Se non faccio questo, io chi sono?».

Ho conosciuto una coppia di professori universitari in cui effettivamente il matrimonio si è sfasciato perché la moglie aveva sovrainvestito sulla carriera e quindi non aveva voluto avere figli, sacrificando  la maggior parte degli spazi della coppia al successo accademico.  Questa donna veniva da una famiglia in cui c’erano parecchi fratelli  maschi tutti docenti universitari, e lei aveva una fortissima competizione con loro, per cui ottenere la cattedra più tardi rispetto ai suoi fratelli, sarebbe stata per lei un’umiliazione insostenibile.

            Di fronte a questo tipo di tradimento risulta spesso difficile poter aiutare i due coniugi a decodificare il fatto che il terzo polo che si inserisce nella coppia può avere per l’uomo questa valenza di affrontare un quesito esistenziale a cui non riesce a rispondere in altro modo, per il tipo di storia familiare che ha avuto, e conseguentemente i valori che ha fatto suoi.
Per questa ragione il marito finisce spesso per non considerare legittime le proteste della moglie, in quanto  non riesce a vedere in cosa la stia sacrificando. Infatti le obietta: «Ma io non vado fuori per divertirmi, esco per lavoro, non vado fuori con un’altra donna, faccio una cosa per la famiglia». Anche se non è affatto vero che si sta ammazzando di lavoro per la famiglia, ha un’ottima possibilità di crederci lui stesso! Si può dare insomma una  sorta di alibi per negare che in realtà trascura la coppia per un bisogno di riconoscimento, vale a dire di rafforzare la stima di sé nell'unico campo che ha imparato a considerare significativo per un uomo, quello dell'affermazione professionale, che schiaccia per lui ogni altro genere di legame e di priorità

Una donna sposata da venticinque anni, madre di cinque figli, rimprovera ancora oggi al marito di non averla accompagnata all'ospedale quando sono nati i primi due bambini, a un anno di distanza l'uno dall'altro, ma di averla fatta portare a partorire da un proprio dipendente. Il marito la guarda allibito, domandandosi come mai una persona che sembrerebbe intelligente non riesca a capire che in quegli anni lui aveva bisogno di tutte le sue energie e di tutto il suo tempo per far decollare l'impresa che oggi garantisce il benessere di tutta la famiglia ( e che lo riscatta - aggiungo io - da un passato di miseria e di umiliazioni...)           

 

Il tradimento con il figlio
Quest'ultima situazione è estremamente rischiosa. Infatti nelle altre situazioni che abbiamo descritto non abbiamo un rischio di patologia per il terzo polo che si inserisce nella coppia, mentre in questo caso sì.
Certo un amante può sentirsi male se avverte di essere strumentalizzato, se si accorge che la persona amata non lo ha scelto per amore, ma soltanto per fare un torto al coniuge; però non rischia la patologia psichica.
Anche figli della coppia, se ce ne sono, possono naturalmente soffrire nei tradimenti che abbiamo esaminato. Così, ad esempio, se un genitore tradisce l'altro con un amante, il figlio può reagire un vari modi (a seconda dell'età, del sesso del genitore traditore e del proprio, del vincolo con ciascuno dei genitori, ecc.): le sue reazioni saranno in misura diversa caratterizzate dalla rabbia, dalla vergogna, dal disgusto, dall'odio. Ma in ogni caso la natura del tradimento gli risulterà chiara e questo lo faciliterà nel farci i conti.
Quando è invece lui stesso il polo del tradimento, le cose diventano estremamente confuse, e reagirvi adeguatamente può diventare quasi impossibile.

La coppia “non coppia” di cui ho parlato per prima, ha un unico figlio, quello per la gravidanza del quale si sono sposati, che adesso ha venticinque anni: questo giovanotto è tossicodipendente da molti anni, è un truffatore internazionale, ne ha fatte di tutti i colori e dorme nel letto della sua mamma! E questo è abbastanza comprensibile, perché sua madre psicologicamente non è sposata e ha un marito che non ha mai pensato di sposarla; lei sostanzialmente si è sposata questo figlio, e suo figlio si è sposato con lei. Se uno dice a questo ragazzo: «Che cosa penseranno i tuoi genitori del fatto che con la scusa di avere degli incubi notturni continui a dormire con la mamma? La loro vita sentimentale, sessuale, matrimoniale è rovinata...», lui ti guarda come se tu dicessi una bestialità e risponde: «Mia mamma preferisce dormire con me!». E probabilmente non ha torto. Tendo a pensare che il ragazzo abbia captato perfettamente come stanno le cose.

In casi estremi come questo, in cui la coppia non c’è, è possibile che  il coniuge che si sente più solo si consoli apertamente con il figlio.
Però questo meccanismo può scattare anche all’interno di coppie che ci sono, che funzionano, di coppie che sotto tanti profili si vogliono anche molto bene, insomma in  coppie "normali".
E vorrei che non lo considerassimo una eventualità connessa con la scelta sessuale: non sto parlando in maniera più o meno modificata del complesso di Edipo, cioè della moglie che si sceglie il figlio maschio come alternativa al legame con il marito, o dell’uomo che viceversa sceglie la figlia. Questo può succedere, ma lo stesso tradimento può aver luogo anche  con il figlio dello stesso sesso .
È semplicemente il fatto che per uno dei due coniugi diventa più importante, dà più soddisfazione, è più bello passare del tempo con il figlio, pensare a lui/lei, occuparsi di lui/lei,  piuttosto che di una persona nei confronti della quale i sentimenti si sono andati un po’ appannando.

Faccio un esempio: una coppia si sposa e va a vivere con la madre vedova di lui. La giovanissima moglie ha una storia molto difficile: aveva un padre invalido e una madre dominante, mentre lei ha un carattere remissivo. Dirà molti anni dopo: «Io in casa mia non ho mai deciso niente, anche il vestito di nozze me lo ha scelto la mia mamma, io ho sempre detto di sì e pensavo fosse giusto così». Si è sposata con un uomo più vecchio di lei, molto autoritario, sicuro di sé e le è parso una bella cosa appoggiarsi, farsi sostenere, aver accanto un compagno solido. Quando è andata a vivere con la suocera, il marito studiava la sera e di giorno lavorava, e anche lei andava a lavorare come operaia. Naturalmente non ha mai deciso niente in casa della suocera, è sempre rimasta in una posizione filiale subalterna. Dopo un anno partorisce una bambina, torna a lavorare dopo quaranta giorni e la lascia alla suocera che la accudisce.
In terapia le chiedo: «Ma signora, non è mai successo che lei abbia potuto imporsi, che una volta tanto abbia potuto dire la sua, che abbia potuto essere un po’ assertiva?» Lei ci pensa bene e poi dice: «Ah sì, una volta ho fatto veramente una battaglia. Quando mia figlia aveva due anni si è ammalata di influenza, ma mia suocera non la poteva tenere perché doveva portare al mare un altro  nipotino che aveva la pertosse. Io non sapevo come fare e mia suocera mi ha suggerito di mettermi in malattia. Io quella volta ho detto di no». «Bene», rispondo io, «e come è andata a finire?» chiedo. «Che sono andata in ditta e  mi sono licenziata». E così ha perso l’unica area di autonomia che aveva, povera donna!  E si è trovata a casa con una bambina che non la conosceva come madre, perché era sempre stata allevata dalla nonna.
A quel punto aveva un sogno: farne una per sé. È  rimasta incinta, ha perso il bambino, è rimasta incinta un’altra volta, si è messa a letto lo stesso giorno che ne ha avuto notizia per non compromettere anche questa gravidanza e ha passato la gravidanza a parlare con il suo bambino, che poi è stata una bambina. Lei si è innamorata della figlia prima ancora di vederla, e questa ragazza a diciannove anni dice: «Io ho sempre vissuto per mia madre. Non c’è mai stata una cosa, tranne la dieta dimagrante (perché oggi è diventata anoressica) che io abbia fatto per me. Io sono sempre vissuta per far felice mia madre». E la signora è vissuta per sua figlia.
Questo non vuol dire che non volesse bene a suo marito. Sono una coppia che tiene i corsi di preparazione al matrimonio, che si vuole bene, che sul piano sessuale non si è mai tradita. Ma  non c’è paragone tra l’importanza che per questa signora ha la figlia e l’importanza che per la stessa ha il marito. Il marito è una persona di cui ha un po’ paura, una persona sì fondamentalmente buona, ma autoritaria. Lui ribatte: «Io non capisco quello che state dicendo, perché io sono sempre stato democratico, ho sempre portato in casa i soldi e li ho dati a mia moglie». Io chiedo di farmi un esempio e chiedo: «Chi fa la spesa? Chi compra gli abiti per le figlie?”. Lui risponde: «Sempre insieme. Anch’io vado a controllare quello che compra mia moglie». Al termine della terapia la signora dirà: «Sa dottore, io alla fine ho fatto una rivoluzione femminista, sono diventata una donna autonoma!». «Bene, signora, mi racconti cosa ha fatto ». «L’altro giorno sono uscita, era di sabato, mio marito non poteva, io ho preso la macchina e sono andata a comprare il pane da un panettiere più lontano, e mi sono sentita libera come un uccellino!».
In quella prima seduta è evidente che non è che la moglie non voglia bene al marito, ma certo non gli parla di sé. Quest'uomo non sa niente di quello che sua moglie pensa e sente, mentre la figlia sa tutto: si parla delle sofferenze della signora, della vita sacrificata che ha fatto e la figlia conosce a menadito, perché per diciannove anni la mamma non ha fatto che confidarsi con lei, mentre il marito la guarda come guaderebbe una marziana, in quanto non ha mai minimamente sospettato che sua moglie avesse qualcosa che la faceva soffrire.
In questo senso il rapporto tra la madre e la ragazza è un tradimento, in quanto in questa coppia manca completamente la comunicazione sugli aspetti affettivi della moglie. Questo versante di scambio intimo e personale è attribuito alla relazione con la figlia. Si può capire come ciò costituisca un legame patologico per ha ragazza: non perché la mamma non le permetta di avere un fidanzato o degli amici, è una madre è del tutto normale, né autoritaria, né permissiva, contenta che la figlia abbia dei successi, che sia una bella ragazza, che abbia delle amicizie, non la tiene incatenata a sé. Ma il peso dell’investimento emotivo che questa donna ha sulla figlia impedisce alla ragazza di pensare ad altro che non sia l’adesione a sua madre . Ci dice: «Fin da piccola, se io prendevo un bel voto era per la mia mamma». Non c‘è mai stato qualcosa che lei abbia fatto per sé: non ha sviluppato la sua identità, non si è differenziata. Senza essere in alcun modo castrata o repressa, semplicemente non ha avuto uno spazio suo, perché il fatto che non ci fosse una comunicazione affettiva tra la madre ed il padre pesava su di lei e la  sovraccaricava.

            Si può pensare che questo genere di meccanismo sia più frequente nelle madri, che sia un po’ il corrispettivo di quello che dicevamo prima a proposito del fatto che è statisticamente più frequente che sia il marito a tradire la moglie con il lavoro.
Probabilmente in effetti c’è un numero maggiore di coppie genitoriali in cui è la moglie che, realizzandosi esclusivamente attraverso i figli, tende a tradire il marito con loro:  però non è sempre così. E’ possibile  che anche un padre  possa sentire più affine la figlia (o il figlio), avvertendola propria alleata in una certa area di scontento coniugale.
Può avvenire per esempio che un uomo sospiri o inarchi le sopracciglia sistematicamente di fronte a un certo modo di comportarsi della moglie e in qualche maniera inviti implicitamente la ragazza a pensare come lui: «Poveri noi, ma guarda che la mamma ha ricominciato a fare...,  a dire...,».
Questo tipo di seduzione può anche consistere in pochissime parole, perché ci possono essere dei padri che non fanno niente di quello che farebbe la mamma con la figlia, che non la portano per esempio a fare lunghe passeggiate o compere nei negozi, approfittando per parlarci fittamente, ma che con  poche semplici espressioni lentamente tessono un rapporto privilegiato con la figlia da cui la madre si sente confusamente estromessa, e che non è solo pregiudizievole per l’equilibrio della coppia, ma anche per la vita della figlia (o del figlio).
Infatti se il marito tradisse, poniamo, la moglie con la segretaria, la moglie, se lo scoprisse, potrebbe andarle a "cavare gli occhi", mentre non può fare la stessa cosa con la figlia: se il marito, in maniera sottile e allusiva, manifesta una preferenza, una predilezione, un privilegio per la figlia, si appoggia più a lei che alla moglie, la ragazza resta ciononostante figlia anche della madre, e questa la ama ancora, è sempre sua figlia. Per questa ragione il miscuglio di sentimenti che questa madre ha nei confronti della figlia è estremamente difficile da districare, tanto che a volte la gelosia che nutre verso di lei non viene neanche "pensata".
È difficile per questa donna riconoscere di provare una certa ostilità per la figlia a causa del privilegio che il papà le riserva, le è difficile ammettere che il marito gliela sta istigando contro.
Sente sì che si sta creando un muro tra loro due, una distanza, percepisce che la figlia non è complice con lei, che non le sta vicina, così come avverte che il marito in certe cose la critica e che la ragazza è solidale con lui, ma le è difficile capire che quello che si sta verificando è un tradimento e decodificarlo come tale.
Ed è altrettanto difficile per la figlia rendersi conto che si è creata una sorta di comunicazione privilegiata fra lei e il papà ai danni della madre: se per di più parliamo di persone di sesso opposto come un padre e una figlia, questa ammissione è ancora più difficile da raggiungere perché c’è il tabù dell’illecito, dell’incesto.
La figlia è sì consapevole dei suoi sentimenti ostili, di non sopportare la mamma,  e magari anche del fatto che questi suoi sentimenti si rispecchiano in quelli del padre, ma non coglie che essi sono un'eco, una risposta alla seduzione di lui.
Quindi questo di legame è estremamente patologico proprio per la confusione che genera.

            Quest’ultimo tradimento che  ho descritto mi sembra particolarmente interessante, in quanto ci permette di ritornare al primo in ordine di tempo, quello della coppia che inizia il suo rapporto coniugale con l'ingombro di un rapporto irrisolto con la famiglia d’origine: adesso abbiamo visto come questo tradimento si prepari attraverso il legame privilegiato nato all'interno della generazione precedente. È come se al "triangolo perverso" (Haley, J., 1971) costituito  - poniamo - da madre e figlio contro il padre corrispondesse un nuovo triangolo nella famiglia che il figlio costruisce, formato da lui e la madre contro la moglie.
C’è un libro di due colleghi (Berrini e Cambiaso, 1995) che si chiama appunto Figli per sempre, che descrive come giovani trentenni, magari anche sposati, sono rimasti figli e rischiano di rimanerlo per sempre non riuscendo a diventare adulti e autonomi proprio per questa seduzione che hanno ricevuto nella famiglia d’origine.
Questo genere di rapporto in cui  il figlio da una parte riceve troppo, ma dall’altra troppo poco, perché non ottiene mai il diritto ad individuarsi, diventando lui il consolatore del genitore, senza poter riempire le sue valigie e andare via, ovviamente peserà come un’ipoteca enorme sulla coppia che questi eterni figli andranno a cercare di costituire. Molto spesso cercano addirittura di farlo prematuramente, sbattendo la porta e strappando un cordone ombelicale, proprio perché sentono troppo vincolante il carico della relazione con i genitori e quindi si proiettano in maniera precipitosa e avventata in una relazione di coppia che non ha le basi per poter funzionare, perché è carica di attese assolutamente irrealistiche.

                Per evitare situazioni simili occorre dunque preservare lo spazio di coppia: non bisogna dimenticare che ci si è scelti e che sulla saldezza della coppia si fonda la famiglia. Il sodalizio tra marito e moglie va nutrito, magari ritagliandosi un piccolo spazio fisso per un'uscita serale nell'affollato mosaico di impegni familiari, quasi un rito di rifondazione e di conferma.
Per diventare una coppia, per unirsi in una carne sola, l'innamoramento infatti non basta: l'amore va trasformato in un vincolo di attaccamento che si costruisce con l'impegno, investendo la coppia come legame privilegiato.

 

BIBLIOGRAFIA

 

 

Berrini, R., Cambiaso, G. (1995) Figli per sempre, F. Angeli, Milano.

Canevaro, A. (1999) "Nec sine te nec tecum vivere possum". In: Andolfi (a cura di) La crisi della coppia, R. Cortina, Milano.

Cirillo, S. (2005), Cattivi genitori, R. Cortina, Milano.

Cirillo, S., Berrini, R., Cambiaso G., Mazza, R. (1996) La famiglia del tossicodipendente, R. Cortina, Milano.

Framo, J. (1965) Programma e tecniche della psicoterapia familiare intensiva. Tr. it. In: Boszormenyi - Nagy, I, e Framo J. (a cura di) Psicoterapia intensiva della famiglia, Boringhieri, Torino, 1969.

Haley, J (1971) Il distacco dalla famiglia. Astrolabio, Roma 1983.

Malagoli Togliatti, M., Angrisani, P., Barone, M., (2000) La psicoterapia con la coppia, Franco Angeli, Milano.

Neuburger, R. (1995) Le mythe familial. ESF, Parigi.

Neuburger, R.  (1997) Nouveaux couples. O. Jacob, Parigi.

Seth, V. (1993) Il ragazzo giusto, tr.it. Longanesi & C., Milano 1995.

Yehoshua, A. (1998) Viaggio alla fine del millennio, tr. it. Einaudi, Torino 1999.

Vinci, G. (1991) "Percorsi familiari nelle tossicomanie da eroina. Ipotesi di ricerca". In : Ecologia della mente, 10, pp. 69-94.

 

 

 

 

Fonte: http://www.in-formazione-psicologia.com/MOLTEPLICI%20TRADIMENTI.doc

Sito web da visitare: http://www.in-formazione-psicologia.com e www.scuolamaraselvini.it

Autore del testo: sopra indicato nel documento di origine

Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.

 

Tradimenti nella vita di coppia

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

Tradimenti nella vita di coppia

 

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco

www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve

 

Argomenti

Termini d' uso, cookies e privacy

Contatti

Cerca nel sito

 

 

Tradimenti nella vita di coppia