Certezza affettiva

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Certezza affettiva

La certezza affettiva
Il dono dei riti

Per la riflessione e la discussione in gruppo

1. Quale spazio e importanza diamo all’espressione dei sentimenti e delle emozioni nella comunicazione di coppia (e nel rapporto con i figli)?

Portiamo degli esempi...

 

2.  Quali sono le parole e i gesti con i quali cerchiamo di trasmetterci reciprocamente, in modo chiaro, il messaggio: "tu vali per me" , "tu sei proprio importante per me", “Io ho fiducia in te”?

 

SPUNTI PER LA RIFLESSIONE


Nella famiglia tradizionale, la buona relazione emozionale e affettiva fra i coniugi era ritenuta un valore importante ma non indispensabile per la sopravvivenza dell’istituzione famigliare. La coesione della famiglia, infatti, era fondata soprattutto su valori riconosciuti come assoluti, superiori alla volontà del singolo. Nella famiglia odierna, invece, la motivazione alla stabilità viene meno quando il sentimento amoroso di coppia si attenua o scompare. Gli affetti diventano così il centro della famiglia perché sono l’unico linguaggio umano capace di personificare gli individui. L’affetto però non è tutto. Ci sono anche altre espressioni dell’amore, ancor più potenti ed evidenti. Prove d’amore sono, per esempio, il sacrificio, la rinuncia a sé a favore dell’altro, la gratuità di chi dona senza mettere in conto alcun ritorno e vantaggio. Negli affetti, uomo e donna, figli e genitori si attendono una conferma del loro amore.
Nella società delle libertà individuali, però, il linguaggio dell’amore si è come corrotto. All’amore viene a mancare la sua caratteristica fondamentale: la sua certezza e la sua durata. Sempre più, le persone si sentono porre insistentemente domande dettate dall’insicurezza affettiva: “Mi ami?”, “Non mi abbandonerai?”, “Quanto mi ami?”.
A queste domande (spesso inespresse) si può rispondere verbalmente ma questo non è sufficiente Perché la persona si senta amata, ci vuole la conferma del comportamento intero da parte dell’altro. Solo se si sentono sinceramente amate e considerate, le persone possono dare il meglio di sé. Nell’educazione tutto dipende dall’amore.
Nulla è efficace, se il bisogno d’amore e la sicurezza affettiva di un bambino (ma anche, se pur in maniera diversa, di un adulto) non sono soddisfatti.
Ogni persona sviluppa in realtà una particolare sensibilità, in base al suo temperamento e alle esperienze vitali fatte nel nucleo familiare, grazie alla quale comprende l’amore dell’altro (genitore, partner, figlio) e risponde con il suo affetto.
L’amore personifica in proporzione alla sua certezza, poiché non pone condizioni ed esclude il calcolo. Per sapere di essere amati è necessario ricevere un amore incondizionato, donato per il solo fatto che si esiste. L’affetto condizionato, basato sui risultati, è considerato come la conseguenza del proprio comportamento in risposta ai desideri e alle indicazione degli altri. Non ha quindi la possibilità di personificare, può contribuire alla crescita dell’autostima come avviene a proposito di qualsiasi altro risultato performativo conseguito. Per raggiungere l’autonomia e la maturazione della persona non basta certo la personificazione dell’amore. Servono anche i risultati concreti, l’applicazione personale; è necessaria anche la stima di sé. Possiamo dare il meglio di noi però solo quando la certezza affettiva è pienamente garantita. Solo l’amore incondizionato, inoltre, può risolvere la condizione dell’insicurezza, della mancanza di fiducia, del senso di colpa e del risentimento (la vergona).
I partner dicono di amarsi, così come tutti i genitori affermano di amare i propri figli, ma non tutti riescono a comunicare il loro affetto in modo comprensibile o accettabile. I figli che crescono in un clima di amore insicuro, imparano a loro volta, ad amare in questo modo. Giunti all’adolescenza, possono allora utilizzare le loro relazioni affettive per ricattare o manovrano i genitori. Si alimenta così solo il risentimento, la rabbia, oppure si favorisce il falso sé del comportamento mimato.
La certezza affettiva è trasmessa solo dall’amore incondizionato. Possiamo quindi ricavare dalle dimensioni del dono, come sono state illustrate nell’incontro precedente, altrettante forme della comunicazione affettiva: il contatto fisico, le parole della fiducia, i riti familiari, il regalo inatteso.
Le quattro forme sintetiche della certezza affettiva sono egualmente importanti e nessuna dovrebbe mancare. Il temperamento e i tempi evolutivi dei singoli partner (e figli), tuttavia, possono privilegiare ora una forma ora un’altra.

- Il contatto fisico
Senza abbracci, carezze e baci, senza la naturalezza delle espressioni fisiche dell’affetto, difficilmente la sicurezza affettiva può essere percepita. Il contatto fisico familiare è la manifestazione più immediata e percepibile della gratuità dell’amore. I figli hanno bisogno della spontaneità fisica dei loro genitori per percepire il significato delle parole dell’affetto. La forza performativa del “Ti voglio bene” agisce solo quando le parole fanno unità con i gesti del corpo. La fisicità dell’amore è il linguaggio più facile da usare, nella quotidianità del vivere insieme; non è necessario preparare occasioni speciali.
- Le parole della fiducia e dell’incoraggiamento
Nel comunicare amore, le parole sono potenti. Le espressioni di affetto e tenerezza dicono la fiducia deposta nell’altro: “Ci tengo (ci teniamo)  a te”, “Mi stai a cuore”. Quelle d’incoraggiamento e di lode trasmettono sicurezza: “Tu ce la farai”, “Credo (crediamo) nelle tue possibilità”. I bambini giungono a comprendere il significato delle parole astratte solo gradualmente, dal tono di voce, dalle manifestazioni di premura, dall’affabilità degli adulti. Affettuose, infatti, non sono le parole che descrivono l’amore ma quelle che lo trasmettono e lo donano.
- I riti familiari
Ciò che dà senso alla famiglia è sempre penetrato dall’affettività. Lì trae origine il processo complesso del vissuto emozionale familiare. “Affetto” significa letteralmente “essere toccati”. In famiglia le persone si amano; l’affetto che ognuno riceve dall’altro lo tocca, lo riguarda, lo prende. Chi ama le persone della sua famiglia è “toccato” da ciò che esse sono e fanno. Possiede una lucida consapevolezza del significato che le persone hanno e la trasmette con i sentimenti: la gioia, la serenità, l’armonia oppure, in caso contrario, la tristezza, la delusione, la vergogna. Le ritualità familiari rigenerano e rinforzano al massimo livello la sicurezza affettiva perché rendono performative parole e gesti. Le ritualità degli affetti interpretano gli snodi fondamentali della giornata e della vita e si fissano in modo indelebile nella memoria. Celebrano i momenti speciali dell’attenzione esclusiva e alimentano la base sicura della vita familiare. Le ritualità quotidiane del saluto, per esempio, sospendono per un attimo il tempo e orientano alla persona dell’altro per farla sentire unica. Nulla produce la sicurezza dell’amore quanto l’attenzione alla persona, al punto che per un figlio (bambino o adolescente) è preferibile l’attenzione negativa (il farsi rimproverare, l’apparire pesante e noioso) alla mancanza di considerazione. I riti performativi fanno sentire le persone uniche e insostituibili.
- Il regalo inatteso
Il dono inaspettato ha una particolare efficacia nella trasmissione dell’affetto incondizionato. È però una forma di rassicurazione difficile perché, quando non segue alcune condizioni essenziali, rischia di essere inutile o controproducente. 
Gradualmente le persone, sufficientemente amate, si rendono conto di tutto ciò che ricevono gratuitamente dall’altro e il riconoscimento diventa riconoscenza, segno evidente di maturità affettiva. Il dono ricevuto diventa così uno stimolo a imparare il valore del servizio, un incentivo per la crescita in responsabilità.
Espressione massima del “regalo inatteso” è il perdono in famiglia. In casa si diventa figli soprattutto attraverso il perdono reciproco. L’atto del perdono, infatti, non può mai essere programmato, né preteso: è puro dono.



 

 

Fonte: http://www.mediavia.it/file/011213.docx

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