Ferrotipia

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Significato dei termini utilizzati nei libri

 

Ferrotipia

Ferrotipia (1852-1865). Procedimento fotografico al collodio, conosciuto anche come melainotipia o tintotipia, il cui supporto primario è costituito da una sottile lastra di ferro laccata di scuro. L’invenzione è del 1852, essa è stata attribuita a hannibal l. Smith, ma secondo altri l’inventore del procedimento è adolphe alexandre martin. Certamente di l. Smith è il brevetto del procedimento con metallo brunito (melanotipo) e la ditta smith and griswold che egli fondò a new york in società con victor m. Griswold fu la prima a produrre ferrotipi a livello industriale. Sono noti anche alcuni brevetti inglesi di william kloen e danierl jones. Questo procedimento per un certo tempo in america, dove ebbe una vasta diffusione, continuò ad essere chiamato ambrotipia. Il supporto del ferrotipo è una lastra di metallo, nel caso specifico il ferro, da cui il nome di ferritipo. La lastra metallica era trattata con una vernice nera, emulsionata con collodio, esposta, sviluppata e fissata. L’immagine, sempre speculare rispetto all’originale, aveva ovviamente similitudini con quella dell’ambrotipo: è positiva, debole, offuscata (l’intervallo delle gradazioni dei grigi è piuttosto ristretto, i bianchi e i neri sono praticamente assenti). Il colore dell’immagine è nero-brunastro negli scuri e crema nei chiari. L’emulsione, essendo applicata a mano, spesso è disuguale e mostra delle ondulazioni. Può in alcuni casi presentare segni di ammaccature o di ruggine, particolarmente lungo i bordi. Si possono trovare ferrotipi sciolti oppure, piuttosto comunemente, montati su passe partout di cartoncino sottile, spesso decorato. In alcuni rari casi possono essere conservati all’interno di custodie o cornici, simili a quelle utilizzate per i dagherrotipi o gli ambrotipi. La tecnica del ferrotipo fu piuttosto diffusa anche al di fuori degli ambienti professionali, soprattutto per il costo relativamente basso, tant’è che nel 1887 furono prodotti e diffusi apparecchi automatici a gettone per la ripresa, lo sviluppo ed il fissaggio, con una funzione simile a quella delle più recenti macchine per fototessera. Questo procedimento era molto diffuso anche tra i fotografi ambulanti. I ferrotitpi non furono prodotti soltanto su ferro laccato di nero, ma anche su metallo laccato marrone, su panno nero, su cuoio verniciato, su cartonico nero e su carta laccata. I ferrotitpi potevano anche essere colorati. Bibliografia: fotografia 1990, residori 2002.

 

Fonte: http://www.cricd.it/pages.php?idpagina=13&idContenuto=6151

Sito web da visitare: http://www.cricd.it/

Autore del testo: Carlo Pastena C.R.I.C.D.

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