Filigrana

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Significato dei termini utilizzati nei libri

 

Filigrana

Filigrana [comp. Di filo, lat. Fīlum, e grano, lat. Granum, «frumento, chicco», propr. «Filo a grani»]. 1. Artificioso assottigliamento del foglio di carta, che consente di vedere in controluce il marchio distintivo della cartiera. In occidente, per opera dei cartai italiani nel xiii secolo fu inserito nella forma del telaio per fare la carta, un sottile filo di rame o secondo alcuni autori più verosimilmente un filo d’argento, per opera di un orafo, che raffigurava un animale, una croce, uno stemma, ecc., Questo simbolo è detto filigrana. Oggi la filigrana è utilizzata principalmente nei documenti di riconoscimento e nella cartamoneta, per evitare le falsificazioni. In quest’ambito, si distinguono: filigrana monotonale, che può essere chiara o scura, filigrana a molette, filigrana bitonale, filigrana multitonale, denominata anche filigrana in bassorilievo (gds 2007). 2. Nel linguaggio della critica letteraria, trama o motivo nascosto o appena accennato, tra le righe, tale che si veda o affiori come in trasparenza. La tecnica di realizzazione delle filigrane che dalle origini fino alla seconda metà del xviii secolo fu del tipo a filo semplice, detto anche a tratto, consisteva nel situare un filo metallico (di rame, di bronzo, di ottone, d’argento oppure una lega in cui l’argento era maggioritario) su un disegno preparatorio e nel curvarlo con la punta delle dita, secondo la sagoma che si voleva riprodurre. I primi segni di filigrane, osservati sulle carte prodotte durante il xiii secolo, appaiono molto elementari, probabilmente a causa della lavorazione ancora grossolana dei fili metallici che non permettevano una facile modellatura del materiale. Nel corso del xiv e xv secolo, in seguito ai progressi tecnologici relativi alla trafilatura dei fili metallici, nel processo di manifattura delle filigrane furono apportate alcune varianti tecniche che consentirono di realizzare esemplari sempre più elaborati. Dal xiv secolo la sagoma poteva essere realizzata mediante la tiratura e la piegatura del filo intorno a una serie di puntelli, infissi su una tavoletta di legno recante il disegno con l’ausilio di pinze a punta piatta, arrotondata oppure dentellata, come era uso a fabriano. Un sistema alternativo prevedeva l’impiego di disegni preparatori incisi su matrici di rame o lignee, nelle cui scanalature era compresso e inserito il filo metallico, la realizzazione di fregi rotondi, invece, si realizzava avvolgendo il filo intorno a un utensile di legno fornito di perni a sezione circolare molto utilizzato dai modulari fabrianesi. La progettazione grafica del modello, tuttavia, soggiaceva a una serie di disposizioni tecniche finalizzate a conferire un’elevata solidità alla filigrana che, per la sua destinazione d’uso, era costantemente a rischio di deformazioni e disfacimenti, indotti dallo stress subito durante la fase di formazione dei fogli e la successiva fase di ponitura. Le superfici più ampie dell’immagine, per esempio, si ottenevano con più fili, disposti parallelamente fra loro, tenuti insieme da piccoli punti di cucitura o di saldatura, analogamente si congiungevano le zone del disegno recanti volute o altri motivi decorativi a contatto fra di loro. Per rendere più stabile le decorazioni a cerchi concentrici e mantenere inalterata la loro distanza nel tempo, si ricorreva all’inserimento tra questi, di piccoli fregi ornamentali, quali anelli, rosette e losanghe. Quando l’impiego del filo d’argento e la complessità del disegno legittimavano un lavoro di oreficeria, come nel caso delle filigrane che riproducevano stemmi cittadini o principeschi, si faceva ricorso a maestranze specializzate nella lavorazione dei metalli preziosi, quali orefici e argentieri. Al termine della sagomatura, la filigrana era sottoposta a una forte pressione finalizzata a livellare le estremità recise e i punti di incrocio dei fili metallici. La fase successiva era la sua disposizione sul piano della forma: il fissaggio avveniva mediante una serie di piccoli punti di cucitura passanti sopra la filigrana e sotto la trama metallica, effettuati con un filo metallico più sottile di quello impiegato per la realizzazione della sagoma o con crini di cavallo. Tale inserimento, tendenzialmente, avveniva nello spazio tra due colonnelli situati nella metà sinistra o destra della forma, in modo tale che la filigrana potesse essere cucita non solo alle vergelle ma anche alle due catenelle a essa adiacenti. Il sistema di collegamento, tuttavia, era fortemente subordinato alle caratteristiche dimensionali della filigrana tanto da prevedere, nei casi in cui la su larghezza superava la distanza media tra i colonnelli della forma, un aumento dello spazio destinato a contenerla. In corrispondenza dell’esatta metà di quest’intervallo maggiore era realizzata una semplice catenella supplementare. Sebbene non sia possibile stabilire esattamente quando sia entrata in uso, questa prassi fu conservata fino al terzo quarto del xv secolo, quando fu introdotto un ulteriore colonnello (colonnello supplementare) di supporto alla filigrana e soggiacente alla catenella supplementare. Entrambi le soluzioni tecniche, oltre a svolgere una funzione di supporto, garantivano alla filigrana un sistema più completo di congiunzione al piano delle vergelle. La filigrana, in tal modo, veniva a trovarsi sopraelevata rispetto al piano metallico ma sottostante al bordo della coperta che, come già detto, nella forma occidentale delimitava lo spessore della carta. Poiché, come è evidente, lo spessore degli elementi metallici della trama e della filigrana erano intrinsecamente correlati alle caratteristiche morfologiche del foglio di carta e alla sua destinazione d’uso, l’elaborazione tecnica di una forma richiedeva necessariamente una stretta collaborazione tra il cartaio e il modularo. Il diametro delle vergelle, il numero dei colonnelli, lo spessore del foglio e il grado di definizione della filigrana dipendevano dal livello di raffinazione della materia prima e dal tipo di stracci impiegati. L’estensione del disegno della filigrana, era inoltre, un elemento da valutare attentamente ai fini della qualità del prodotto finito: la sagoma della filigrana è visibile in trasparenza proprio perché coincide con l’assottigliamento del foglio, pertanto una rilevante discontinuità di spessore avrebbe necessariamente comportato problemi di solidità soprattutto nei fogli destinati alla stampa, a causa della pressione esercitata in quell’area dal torchio. L’abilità dei modulari risiedeva anche nel valutare con precisione le dimensioni delle forme tenendo conto del naturale restringimento della carta in fase di asciugatura, di norma, alle misure standardizzate del formato del foglio da ottenere si aggiungevano alcuni millimetri sia in larghezza sia in lunghezza (in francia 2 lignes, pari a 4,512 mm).

 

Fonte: http://www.cricd.it/pages.php?idpagina=13&idContenuto=6151

Sito web da visitare: http://www.cricd.it/

Autore del testo: Carlo Pastena C.R.I.C.D.

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