Papiro

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Significato dei termini utilizzati nei libri

 

Papiro

Papiro [dal lat. Papyrus, gr. Pápyros, voce probabilmente di origine egiziana]. Nome della pianta (cyperus papyrus l.) Con fusto a sezione triangolare, alto anche fino a 5 metri, caratteristica della valle del nilo in egitto. Studi recenti hanno dimostrato che questa pianta è originaria dell’etiopia, e solo in seguito fu importata nella valle del nilo (leach e tait 2009, 227). Plinio (nat. Xiii, 71) la descrive così: «dunque il papiro nasce negli acquitrini d’egitto o nei pantani lasciati dal nilo dopo le inondazioni, dove le acque stagnano in pozze profonde non più di due cubiti. Ha una radice obliqua della grossezza di un braccio, un fusto a sezione triangolare non più lungo di dieci cubiti, che si assottiglia verso l’alto e termina, simile a un tirso, con un’infiorescenza priva di semi e senza altro uso se non quello di farne corone per le statue degli dèi». Il papiro era presente anche in altre zone mediterranee, in palestina, lungo il lago di tiberiade, in babilonia (dove forse fu importato ai tempi della guerra con l’egitto), in sicilia, a siracusa, dove secondo alcuni autori sarebbe stato importato dagli arabi nel x secolo e a palermo, nella zona ancora oggi chiamata papireto. Strabone riferisce anche di una pianta che cresceva in etruria, chiamata pápyros, portata poi a roma, ma probabilmente si tratta di una specie affine al papiro egiziano che non fu in ogni modo mai utilizzata per fabbricare la carta. Le notizie fornite dallo stesso strabone di una presenza del papiro anche in india, e di plinio nelle canarie, non hanno mai trovato una conferma. Il papiro, secondo la testimonianza di erodoto (ii, 92,5, v 58,3) ed eschilo (supplici, 761), dal v secolo a.C. Era detto in greco býblos o bíblos, dal iv secolo a.C., Fu anche chiamato pápyros, termine che potrebbe originariamente aver designato solo il fusto e solo successivamente, per estensione, l’intera pianta. Il corrispondente termine latino era papyrus o papyrum, che indicava sia la carta da scrivere, che quella scritta, sia qualunque oggetto fatto di papiro come, per esempio, una veste. Isidoro di siviglia riferisce (vi, x, 1) che lucano definì il papiro bibula, ossia poroso, in quanto bibit, ossia assorbe l’umidità. Teofrasto (hist. Plant.), Parla di pápyros quando tratta dei vari impieghi della pianta, mentre di býblos quando si occupa della fabbricazione della carta, riferendosi forse al midollo della pianta da cui si tagliavano le strisce per fare i fogli. Con il passaggio dal rotolo al codice, cambiò la maniera di indicare il rotolo, che fu chiamato in greco eilētón, eilētárion, da eiléō, «arrotolare». I termini pápyros e býblos sono entrati nelle lingue occidentali per indicare la carta di stracci: da pápyros viene il francese papier, l’inglese paper, il tedesco papier, lo spagnolo papel, l’arabo fāfīr. Il termine greco di býblos, proviene dal nome della città fenicia di gbl in libano (ebraico gebal, accadico gubla o gubal, egiziano kbn o kpn, aramaico ǧabāl, greco býblos), da cui partiva il papiro egiziano il quale era esportato nei paesi egei. Con il termine papiro, si indica anche genericamente un documento o una carta, mentre da býblos, deriva invece il primo elemento di vocaboli composti che contengono la parola libro (biblio-) come a esempio biblioteca, bibliografia, ecc. Il papiro, in uso fino al medioevo, fu adoperato per gli usi più svariati. Esso serviva: come alimento: la masticazione del suo gambo, e forse delle radici, era molto nutriente e comunemente diffusa in egitto dove entrava a far parte della dieta del popolo egiziano.

 

Fonte: http://www.cricd.it/pages.php?idpagina=13&idContenuto=6151

Sito web da visitare: http://www.cricd.it/

Autore del testo: Carlo Pastena C.R.I.C.D.

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