Doping sport storia

Doping sport storia

 

 

 

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Doping sport storia

 


INTRODUZIONE

Si parla spesso di doping, ma le proporzioni del fenomeno sono ancora maggiori rispetto all’interesse e all’attenzione poste ad un autentico e preoccupante dramma sociale.
Le cifre sono impressionanti: in Italia sono circa 400 mila le persone che fanno uso di sostanze dopanti, di queste 300 frequentano palestre mentre gli altri 100 mila sono collegati agli sport amatoriali. Il 15% delle palestre rappresenta il luogo di detenzione e spaccio dei farmaci proibiti.
Il fenomeno del doping ha raggiunto un giro d’affari da 650 milioni di euro all’anno, per gli integratori si arriva a spendere addirittura fino a 1,5 miliardi e nel 2000 la sola vendita di eritropoiteina ha fruttato 300 miliardi di vecchie lire.
L’eritropoiteina, meglio conosciuta come EPO, è una sostanza che ha la capacità di aumentare quantità di emoglobina e migliorare sensibilmente le performances sportive. Essa ha avuto una grande diffusione perché la sua presenza non viene rilevata nelle urine e quindi risulta trasparente ai controlli antidoping, per questo il motivo nel 1997 si è arrivati ad effettuare test mediante l’esame del sangue.
All’EPO s’aggiungono il GH (l’ormone della crescita), gli anabolizzanti e l’insulina, che negli ultimi tempi ha registrato un larghissimo consumo.
Ormai il fenomeno del doping è degenerato in un vero e proprio business mondiale, basti sapere che le grandi aziende farmaceutiche mettono in commercio un numero di prodotti nettamente superiore alle reali esigenze.
Attualmente sono in vigore pene per chi spaccia e per che fa uso di sostanze dopanti.
A partire dal 14 dicembre 2000 è entrata in vigore in Italia una legge anti-doping che prevede pene anche per l’atleta che fa uso di queste sostante.
L'articolo 9 prevede la punibilità per chiunque procura, somministra, assume o favorisce l'utilizzo di sostanze dopanti, con la reclusione da tre mesi a tre anni o con una multa da 2.500 euro a 50.000 euro. Chiunque commercia questi prodotti attraverso farmacie, dispensari, strutture è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 5.000 a 75.000 euro.
È stato riscontato che chi fa uso di questi prodotti illegali è soggetto a sviluppare tumori, gravi squilibri ormonali, danni irreversibili al sistema nervoso e a quello epatico.
Diversi studiosi e farmacologi sono convinti che sarà il doping, purtroppo, a sconfiggere lo sport!
Noi sosteniamo che il doping è coessenziale allo sport.
L'origine del termine "doping" è controversa. Secondo alcuni, proviene dal fiammingo "doop", che significa mistura, miscela, poltiglia. Secondo altri, "doping" viene dall'inglese "dope", che viene usato per indicare una sostanza densa, liquida, lubrificante. In slang, dope significa per lo più sostanza stupefacente. Doping equivarrebbe quindi grosso modo a "uso di stupefacenti".
Nel gergo sportivo, il termine doping è entrato alla fine degli anni Quaranta. Secondo la International Amateur Athletic Federation (IAAF), "il doping è l'uso da parte di un atleta, o la distribuzione ad esso, di determinate sostanze che possono avere l'effetto di migliorare artificialmente la condizione fisica e/o mentale dell'atleta stesso, aumentando così la sua prestazione atletica".
L'etica sportiva richiede infatti che tutti gli atleti debbano gareggiare a parità di condizioni, rispettando un regolamento liberamente accettato. Ogni Federazione Sportiva stabilisce il proprio regolamento e quali sono le sostanze vietate ai propri affiliati. Esistono pertanto elenchi e regolamenti che possono differire da Federazione a Federazione. In genere, vengono vietate quelle sostanze il cui uso da parte dell'atleta viene finalizzato a ridurre la fatica, migliorare i riflessi, migliorare la forza e/o resistenza, ridurre il dolore, controllare la frequenza cardiaca e/o respiratoria, ridurre il peso corporeo, ridurre l'ansia, mascherare la presenza nelle urine delle sostanze vietate.
Gli elenchi prescindono dall'effetto delle sostanze sulla salute dell'atleta. Pertanto è possibile che una sostanza vietata da una Federazione sia ritenuta "utile" dal medico per curare l'atleta ammalato. Così come è possibile che sostanze e/o pratiche non considerate doping e quindi ammesse dai Comitati di Controllo delle varie Federazioni, vengano giudicate inutili o parzialmente dannose dal medico curante. (Antonio Groppetti)

IL DOPING MAI SMETTERA’ DI ESISTERE finche ci sarà un vincitore e un premio in denaro o un misero “salamino e bottiglia di vino”, ci sara ‘ il doping, e chi per vincere usera’ la sua magia nera per sentirsi almeno per un giorno il “re di casa”.

L'APPOSITA COMMISSIONE DEL MINISTERO PRESENTA I PRIMI DATI

L'uso di sostanze vietate diffuso soprattutto negli sport minori
Doping, un anno di controlli: positivi tre sportivi su cento
Il generale Borghini (Nas): "Si teme interesse della criminalità"
E il 65-70% degli atleti prende troppe medicine e integratori
ROMA - Doping, fenomeno allarmante e in continua espansione. Lo confermano i dati raccolti dall'apposita commissione ministeriale nel suo primo anno di attività: è risultato positivo il tre per cento degli sportivi italiani sottoposti a test. Nel corso del 2003 sono stati effettuati 735 controlli su 34 federazioni sportive. Ed è emerso un preoccupante aumento dell'uso di sostanze vietate, soprattutto tra chi pratica gli sport cosiddetti minori. Non più quindi soltanto ciclisti, calciatori e corridori ma anche culturisti e appassionati del tiro a volo.
I controlli antidoping del Coni e delle Federazioni sportive nazionali negli anni 2000, 2001 e 2002 avevano dato percentuali di positività rispettivamente dello 0,9%, dello 0,8% e dello 0,6%. Dalle verifiche realizzate lo scorso anno dal ministero della Salute, ha spiegato Giovanni Zotta, presidente della commissione di vigilanza sul doping, "è stata riscontrata una percentuale di positività cinque volte maggiore".
Allarmanti sono anche i dati relativi all'assunzione di medicine e integratori: il 65-70% degli atleti sottoposti a controllo antidoping ha dichiarato di prendere farmaci, soprattutto antinfiammatori non steroidei, assunti nel 35% dei casi, nel 37% integratori e nel 2% prodotti erboristici o omeopatici. "Gli sportivi di casa nostra - ha commentato Luciano Caprino, ordinario di Farmacologia all'Università La Sapienza di Roma e vice presidente della commissione - prendono troppi integratori e farmaci per uso diverso da quello indicato e autorizzato, con altissimi rischi di effetti collaterali".
Tornando al doping, la scelta di controllare diverse specialità sportive si è basata sull'ipotesi che il fenomeno fosse diffuso in tutte le discipline. Il 14% dei controlli sono stati effettuati sulla Federazione Italiana Gioco Calcio. Tutti gli altri sono stati fatti su federazioni che negli ultimi cinque anni avevano avuto pochi o nessun controllo: la Federazione italiana triathlon, dove il 50% del campione è risultato positivo (due casi su quattro); la Federazione italiana pesistica e cultura fisica, con il 25% di positività (quattro su 16); la Federazione italiana tiro a volo, con il 12,5%; la Federazione italiana gioco Squash anche essa con il 12,5% di positività.
I dati sono stati presentati nel corso di un convegno nazionale all'Istituto superiore di sanità dedicato proprio alla tutela della salute e la lotta al doping.
Molte le riflessioni suscitate dal fatto che ad utilizzare le sostanze siano proprio gli atleti che praticano sport minori, non quelli sui quali viene esercitata una pressione da parte del mercato o degli sponsor. "È proprio questo aspetto - ha affermato Roberta Pacifici dell'Osservatorio fumo, alcol e droga dell'Istituto superiore di sanità e membro della Commissione ministeriale - che fa più riflettere".
Un aspetto che desta preoccupazione in quanto si tratta di realtà più difficili da controllare. "Il ministero della Salute - ha aggiunto Zotta - intende proseguire su questa strada intensificando i controlli in quelle discipline in cui dai primi dati è risultato più grande il fenomeno del doping estendendo i controlli anche fuori dalle gare nel corso, ad esempio, degli allenamenti". Ciò sarà possibile anche grazie ai 3 milioni 500 mila euro stanziati nella Finanziaria 2004 per aumentare i controlli ed investire in prevenzione.
E dietro il doping ci sono sicuramente vastissimi interessi economici. E, come ha sottolineato il comandante dei Nas, generale Emilio Borghini, durante il convengo "c'è un'ipotesi di coinvolgimento
della criminalità organizzata dietro il traffico di sostanze dopanti". "Fortunatamente è intervenuta la legge 376 - ha aggiunto l'ufficiale - che prevede anche sanzioni penali. Attualmente ci sono controlli in tutta Italia".
(19 gennaio 2004)

La guerra al doping non si ferma, anche se il nemico, però, sembra avere una marcia in più. Ci sono troppi "non negativi" ai controlli, troppe morti sospette, ed ancora polemiche sulle contromisure fin qui adottate e pochissime risposte certe all'appello
Il timore più diffuso è che le dimensioni del fenomeno-doping siano ben più allarmanti di quanto dicano i numeri e di quanto i fatti di cronaca, che ad intervalli regolari destano le coscienze, portino alla ribalta. Pertanto, per un nome più o meno noto che rimbalza su giornali e tv, ce ne sono tanti altri che gonfiano, anonimamente e senza clamori, le statistiche sportive alla voce "non pulito".
Clamore e silenzio, comunque, dramma.
Così si può riassumere anche la morte di Marco Pantani.
E poi ancora un altro caso di morte sospetta, quella di Lauro Minghelli, 31 anni, ex giocatore di Torino e Arezzo, l'ultima vittima del morbo di Lou Gehrig. Perché oggi fa notizia e clamore un calciatore trovato positivo al nandrolone, magari una medaglia olimpica conquistata a forza di anabolizzanti, un campione di ciclismo sorpreso con una farmacia "fai da te" in macchina, o una nuotatrice troppo massiccia per sembrare solo molto allenata, mentre il resto rimane nell'ombra, soprattutto se a doparsi sono atleti di discipline poco note al grande pubblico o praticate a livello amatoriale.
È proprio qui, infatti, lontano dalla ribalta mediatica, che il doping sembra essere davvero fuori controllo: secondo recenti dati sarebbero oltre 400mila gli sportivi italiani che fanno uso di sostanze dopanti. E mentre la lista delle sostanze illecite si allunga, chi a vario titolo è in prima linea nella crociata antidoping, oltre a tenere alta la soglia di allarme, continua a controllare, indagare, assolvere e punire.
La versione aggiornata, approvata dalla Giunta Nazionale del Coni il 23 gennaio 2003, comprende: stimolanti, come cocaina, efedrina e stricnina, narcotici, come metadone, morfina ed ossicodone, cannabinoidi, come hashish e marijuana, agenti anabolizzanti, tra i più noti il nandrolone, il testosterone, e lo zeranolo, ormoni peptidici, come eritropoietina e l’insulina ormone della crescita, glucocorticosteroidi, alcool, beta-bloccanti e diuretici. "Tutte queste sostanze - spiega il professor Francesco Furlanello, consulente del Policlinico San Donato di Milano - possono provocare gravi conseguenze epatiche, cerebrali, muscolo-tendinee, ematiche, metaboliche, endocrine e persino tumorali. Nel mondo dei professionisti si fanno controlli sempre più raffinati, resta però aperto il vastissimo campo degli amatori, degli sportivi della domenica, delle decine di migliaia di ragazzi che nessuno controlla.
Con la complicità di genitori, parenti e sedicenti guru di palestre, stanno crescendo generazioni di giovani che rischiano la salute e la vita!". È considerato DOPING l'uso di sostanze o di procedimenti destinati ad aumentare artificialmente il rendimento.
Il doping contravviene all’etica sia dello sport che della scienza medica.
Il doping consiste:
- nella somministrazione di sostanze appartenenti alle classi proibite di agenti farmacologici e/o
- nell’utilizzo di vari metodi proibiti.
Le autorità sportive e governative sia italiane che internazionali, hanno sempre dimostrato di sottovalutare il problema. La ricerca del risultato a tutti i costi ed i crescenti interessi economici, hanno portato a modificare il tipo di preparazione introducendo metodiche illecite e dannosissime.
Il giro di affari ha raggiunto livelli vertiginosi (quasi mille miliardi di lire l'anno solo nel nostro paese) ed il numero di "praticanti" è in evidente ascesa!
I paesi dell'Europa dell'est hanno sicuramente recitato il ruolo di precursori in questo campo a scapito spesso della salute o addirittura della vita stessa degli atleti. Pochissimo si sapeva degli effetti collaterali delle sostanze ingerite, mentre evidenti erano i miglioramenti. Ai medici ed allenatori era sufficiente realizzarsi grazie al risultato; gli atleti ora ne pagano le conseguenze.
Ci rendiamo perfettamente conto che risolvere il problema sarà estremamente difficile, complicato e dispendioso. Sarebbero necessarie strutture adeguate e serie, pene molto più severe per chi lo pratica e soprattutto per chi lo prescrive.
Si dovrebbe fare leva sull'etica sportiva attraverso una campagna seria di cultura sportiva nei giovani. Si potrebbe fare sicuramente molto di più!!
Con ogni probabilità purtroppo, il problema doping nello sport attuale e nella società attuale, riteniamo non abbia una soluzione reale.

 

CORRUZIONE, AFFARI, DROGA, FRODE E CRIMINALITÀ NELLO SPORT DALL’ANTICHITÀ AI NOSTRI GIORNI

AGLI INIZI

La ricerca della pozione miracolosa in grado di aumentare il vigore fisico risale fin dall'antichità, quando era finalizzata all'esaltazione delle doti dei guerrieri per sconfiggere il nemico.
Con il passare del tempo questa ricerca si è trasferita al mondo dello sport con l'intento di ottenere performances sempre migliori, ed una grossa spinta proviene dai grandi interessi economici che girano attorno al mondo dello sport professionistico. Da questo atteggiamento deriva, in ultima analisi, il fenomeno del doping, cioè il ricorso a sostanze farmacologiche o pratiche e metodi illeciti per modificare la prestazione sportiva.
Si pensa che la parola doping abbia avuto origine dal linguaggio Sud Africano. Dope si riferisce a una bevanda alcolica primitiva usata come stimolante nelle danze cerimoniali. Nei contesti sportivi di oggi il termine si riferisce all’uso da parte degli atleti di sostanze o di metodi vietati che possono migliorare le loro prestazioni.
Mentre la parola "doping" apparve in un dizionario inglese nel 1879, l’uso di droghe è presente in tutta la storia dello sport.

Sumeri
Le attività motorie, intese come gioco e rito, sono presenti in tutte le civiltà umane da migliaia di anni, ma è in Occidente che, come la filosofia nasce in Grecia nel momento in cui i bisogni primari sono soddisfatti, le prime manifestazioni sportive organizzate hanno origine.
I sumeri, il popolo che ha inventato la scrittura e che per primo ha costruito le città, si instaurarono nel 3500 a.C. nel territorio di pianura tra i fiumi Tigri ed Eufrate, che molti autori (tra cui ISAAC ASIMOV, In principio, Saggi Mondadori - Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1997, pag. 104) hanno considerato come l’antico giardino dell’Eden, “pianura” in lingua sumera, un enorme e straordinariamente prosperoso terreno agricolo ambìto dalle molte popolazioni nomadi che gravitavano nella zona. Lo sport inizialmente, oltre ai significati religiosi e magici che lo accompagneranno sempre, anche se via via più o meno consapevolmente mascherati, ebbe lo scopo di preparare i soldati alle eventuali battaglie e dimostrare la forza del proprio popolo per intimidire i potenziali nemici tanto che “le discipline praticate furono improntate unicamente a scopi militari o paramilitari: la lotta, il nuoto e le gare equestri erano attività che, se svolte con maestria, potevano tornare assai utili in guerra.” (C. SANGALLI, sito web.)

Egizi
L’Egitto al contrario, circondato da barriere naturali (mare e deserto), visse per quasi 1500 anni nella pace. Le discipline sportive, appannaggio, come presso i sumeri delle classi socialmente superiori, erano improntate più sul valore estetico che sull’agonismo: un affresco del 2000 a.C. circa raffigura due lottatori che effettuano 122 prese e posizioni diverse, senza alcuna traccia di sangue o trofei. Vista l’importanza del Nilo nell’economia egizia, anche il nuoto era una disciplina che rivestiva un grande rilievo, come il canottaggio, rappresentato in pitture tombali risalenti al 2600 a.C.. Fino a questo momento, visto il significato che lo sport assume tra i sumeri e gli egizi, è difficile pensare alla presenza di corruzione o truffe.
Qualcosa però inizia a cambiare nel 1690 a. C. con la cosiddetta “invasione degli Hyskos”, che porta gli egizi dapprima a considerare lo sport alla stregua dei sumeri, e, poi, con una reazione a catena, a comportamenti molto familiari alle popolazioni che li seguiranno: “I Re del Nuovo Regno furono continuamente impegnati a crearsi una fama di atleti supremi e grandi cacciatori e ogni nuovo Faraone doveva superare i risultati del suo predecessore (…) Tutmosi III scoccò una freccia conficcandola profondamente in una lastra di metallo dello spessore di 5 cm e tale lastra fu successivamente esposta nel tempio a imperitura testimonianza della forza inarrivabile del sovrano; ma suo figlio Amenofi II, per superarlo in destrezza, centrò da un carro in movimento quattro bersagli di rame, ognuno spesso 7 cm, e fece celebrare tale impresa in un bassorilievo” (C. SANGALLI, sito web cit.). Non sappiamo se questa gesta furono realmente compiute, ma sicuramente erano molto enfatizzate.

Cinesi
In Cina, da almeno 2500 anni a.C., l’esercizio fisico codificato era usato per scopo terapeutico ma anche per aumentare la forza fisica (ginnastica del Kong-Fou) ed anche Confucio aveva praticato l’attività fisica. Comunque, a differenza delle civiltà occidentali, “Per i Cinesi, la pratica ginnastica così razionale e così estesa, era quindi concepita con fini formativi e profilattici, anziché con lo scopo di preparare giovani alla guerra.” (M. GORI, Storia dello sport, 2001, pag. 27). “E certo non v’è maggior gloria per l’uomo, finché vive, di quella che si procura coi piedi e con le mani”. (Omero, Odissea, 8, 147 sg.)

GRECIA ANTICA

Dall’800 a.C. lo sport diventò un elemento importante nello stile di vita dei Greci fino a far parte del campo religioso e culturale del tempo. L’enfasi fu posta sulla natura artistica degli atleti, come pure il ruolo preparatorio che gli atleti interpretavano come guerrieri. Ai partecipanti, infatti, era richiesto di scrivere testi poetici, o forse mostrare anche altre abilità artistiche, come pure eseguire imprese che evidenziavano abilità fisiche.
Dal 400 a.C. lo sport nella vita sociale dei Greci raggiunse uno "status" simile, se non più grande, al suo posto nella società odierna.
Lo sport era largamente diffuso, ma i ricchi premi per i vincitori portarono all’emergere di una classe di sportivi cospicuamente pagata, che determinò la decadenza dei competitori amatoriali. Scritti del tempo di Platone rivelano che nelle antiche olimpiadi il valore di una vittoria era l’equivalente di quasi mezzo milione di dollari. Questo era completato da altre ricompense che includevano cibo, case, esenzione dalle tasse e anche il rinvio dal servizio militare. Il professionismo portò alla corruzione: i concorrenti di questo periodo erano disposti a ingerire qualsiasi preparato che potesse aumentare il loro rendimento fisico, inclusi estratti di funghi e semi di piante. L'uso delle droghe e le interferenze politiche furono i principali motivi della scomparsa degli antichi giochi olimpici.

Frode e corruzione
Se non si hanno notizie di sport “corrotto” e violento tra i sumeri e gli egizi (e questo del resto non dimostra che non lo fosse) e soprattutto tra i cinesi, le cronache dall’età greca ci riportano molte testimonianze a favore della tesi secondo la quale “la curva degli ippodromi antichi era il luogo dove normalmente si consumavano le frodi, si attuavano le tattiche più subdole e si riusciva ad eliminare - spesso anche fisicamente - i più agguerriti rivali.” (A. ALEDDA, De Coubertin Addio, Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 17).
In realtà i trucchi non erano appannaggio della corsa dei carri, ma erano presenti perlomeno nel pugilato, nel pentathlon e nella lotta: “…salvo nelle gare di lanci, dove si riesce ad intravedere un po’ di sportività in senso moderno, in quasi tutte le altre domina l’intervento degli dei – i dirigenti internazionali dell’epoca – che spingono apertamente i loro beniamini a sopravanzare i rivali…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 18).
Per esempio, nell’Iliade (libro XXIII), “Achille organizza alcuni giochi atletici come tributo per la morte di Patroclo (…) Nella gara di corsa Odisseo instaura un avvincente testa a testa con il giovane nobile Aiace, che sembra destinato ad avere la meglio; ma Ulisse, rendendosi conto di non essere in grado di vincere con le sue sole forze, invoca aiuto della dea Atena, la quale fa scivolare Aiace in vista del traguardo e permette al suo protetto di arrivare primo. È utile precisare che quello che a noi sembra un colpo di fortuna o un intervento scorretto, agli occhi dei Greci era un motivo di pregio ancora maggiore per Ulisse che aveva saputo meritarsi il favore degli dei; infatti lo stesso Omero ci narra di come la folla reagì divertita e con gesta di scherno alla protesta del giovane sconfitto”. (C. SANGALLI, sito web cit.).
Durante le stesse cerimonie, Menelao, fratello di Agamennone, “…ritenuto il migliore tra i greci nel condurre i carri.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 17) fu superato scorrettamente in curva nella corsa dei carri da Antiloco, incitato nel “pre-gara” dal padre Nestore, re di Pilo, al fine di guadagnare denaro e lustro per la famiglia. Questi metodi erano comunque accettati come leciti, tanto che Achille premiò anche il perdente e Nestore, “…quasi a consacrazione della liceità di siffatti comportamenti…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 17).
La differenza tra furbizia e truffa è spesso molto labile e questi comportamenti erano comuni in uno sport che prevedeva ventitré curve e che per le sue caratteristiche, soprattutto in partenza, proponeva dei vantaggi a chi era in grado di usufruirne: “Il luogo di ciascuno dove correre, se a destra o a manca, si determinava a sorte poiché alcuni luoghi erano molto più vantaggiosi di altri: quelli ad esempio posti a manca restavano più vicini alla meta intorno alla quale dovevano girare, mentre quelli a destra avevano più largo il circuito da percorrere; i posti occupati da ciascuno avanti la partenza venivano necessariamente alterati nel tratto del corso, poiché i più rapidi cavalli e gli aurighi più esperti s'impossessavano subito alla partenza del lato più vantaggioso.” (Olimpiadi antiche, http://www.cronologia.it/mondo11.htm)
Nella lotta, Ulisse, famoso per la sua astuzia, riuscì ad imporre il pareggio al ben più forte Aiace Telamonio grazie ad un calcio nei polpacci.
Il pugilato non era immune da casi di frode: nel 388 a.C. “con un’operazione di corruzione senza precedenti” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 18) il giovane pugile Eupolo di Tessaglia vinse il torneo dopo aver corrotto tre pugili; il “Comitato Olimpico” dell’epoca si limitò a multare Eupolo, ma non gli tolse l’alloro del vincitore. Aledda, citando altri storici, afferma che il fatto che i giochi siano durati dal 776 a.C. al 393 d.C. e che non vi fossero documenti precedenti circa truffe alle Olimpiadi dovrebbe dimostrare che questo episodio fosse isolato (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 18).
A mio parere questa tesi non è condivisibile per i seguenti motivi:
- il fatto che non vi siano documenti precedenti potrebbe semplicemente dimostrare che non fosse “conveniente” descrivere episodi che avrebbero potuto rovinare la reputazione di un atleta e quindi della città che rappresentava, visto che “…la vittoria in una disciplina iniziò a diventare un fatto nazionale, quindi politico, che coinvolgeva il prestigio del Paese con il tifo nazionalistico dell'intera popolazione” (Olimpiadi antiche, sito web cit.); contribuivano, inoltre, al prestigio del vincitore e della città i vari “… poeti (…) letterati (…) musicanti che componevano inni dedicati…” (Olimpiadi antiche, sito web cit.), inviati dalla stessa città e quindi difficilmente imparziali, al contrario di Pausania, lo storico che ci ha riportato il fatto di Eupolo, che viene definito dallo stesso Aledda “freelance” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 19);
- potrebbe essere stato, inoltre, lo stesso “Comitato Olimpico” del tempo, da una parte, a nascondere episodi di corruzione, e, dall’altra, ad alimentarli, vista la semplice multa, seppur salata, comminata ad Eupolo. Le multe erano inoltre usate per costruire statue in onore di Zeus;
- come vedremo nei capitoli successivi, le frodi non bastano certo a far cessare le manifestazioni sportive organizzate, soprattutto quando queste portano un importante ritorno economico e politico, come alle Olimpiadi greche.
Forse la mia tesi viene successivamente confermata dal fatto che, dopo cinquant’anni, vi fu un altro episodio che fece scalpore, quando Callipo, un pentatlheta ateniese, corruppe i suoi avversari e vinse la gara. In questo caso, però, i giudici squalificarono Atene per i giochi successivi (forse perché si era raggiunto il limite) tanto che Atene inviò come di routine “il grande oratore Iperide a sostenere le ragioni della città” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 19), che riuscì a cambiare la situazione solo con l’intervento dell’oracolo di Delfi, che diede ragione ai giudici ma riammise Atene.
Altri furono i casi di corruzione alle Olimpiadi riportati: Eudemo (lotta, 68 a.C.), una gara di lotta pesante nel 12 a.C., una di pugilato nel 125 d.C.
Se “Gli episodi di corruzione (…) erano accettati come fisiologici alla pratica dello sport, nel senso che, una volta accertati, non implicavano la perdita del titolo e della corona ma solo sanzioni pecuniarie o altre di lieve entità.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 21), agli schiavi era destinata un’altra forma di punizione, la fustigazione, come accadde nel 420 a.C. a Lica, un alto ufficiale e diplomatico spartano, che si era presentato alle olimpiadi sotto false spoglie (Sparta era stata esclusa perché non aveva rispettato la tregua olimpica) vincendo due gare di carri.
In Grecia, poteva anche succedere che un arbitro partecipasse ad una gara, fino al 372 a.C., quando un giudice chiamato Troilo vinse in maniera “… alquanto chiacchierata…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 22) due gare equestri; da quel momento, questa pratica fu sospesa.
Il caso, però, più eclatante di corruzione è quello attuato da Nerone, che “ … ossessionato dall’idea di essere un ineguagliabile cantore, un nobile poeta e un grande atleta…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 31), decise di partecipare alle Olimpiadi, facendole anticipare di due anni con immense somme di denaro e con la promessa di proclamare cittadini romani tutti i greci; vinse tutte le gare alle quali partecipò, anche quella della corsa al cocchio trascinato da dieci cavalli, sebbene fosse stato catapultato fuori sbandando in curva.

Violenza
“La caratteristica principale dei giochi antichi era (…) la violenza. Perciò lo sport si faceva corruzione e poteva divenire ancora più duro” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 29).
Del resto i giochi olimpici nascono da un mito violento: Enomao, re della regione Pisa, dove sorgeva Olimpia, era solito sfidare nella corsa del carro chi volesse sposa sua figlia Ippodamia. C’era una regola sola: chi perdeva accettava di morire trafitto dalla lancia di Enomao; furono in 13 a morire (da qui, mitologicamente, il numero dei giri che i carri facevano ad Olimpia) finchè Pelope, spinto dagli dei a conquistare Ippodamia, vinse corrompendo l’auriga del re, Mirtilo.
Leontisco di Messana, considerato il più violento tra gli atleti greci, praticava il pancrazio ed era detto lo “spaccadita”, in quanto spezzava le dita degli avversari, costringendoli a ritirarsi; vinse in questo modo due olimpiadi.
Non mancano casi di morte, come quella di Arricchione, avvenuta per strangolamento dopo aver, comunque, imposto il ritiro all’avversario per una frattura al piede; la cosa assurda è che nonostante fosse morto fu incoronato come vincitore, come avvenne a Icco di Epidauro, premiato perché sconfitto, e ucciso, con mezzi illeciti.
Il pugilato era una disciplina violenta, in cui “i disputanti combattevano con pugno armati di cesti, una sorta di guanto di strisce di cuoio foderato di lastra di ferro, per rendere i colpi più violenti (…) e talvolta cadevano morti sul campo con un solo pugno alla parte del mento o a destra e a manca del viso” (Olimpiadi antiche, sito web cit.) anche se, secondo un’altra fonte, durante la settantaduesima olimpiade, nel 492 a.C., Kleomedes di Astipalea uccise nel pugilato Ikkos di Epidauro e gli fu tolta la corona perché “…non era ammesso l’eccesso omicida nemmeno nel più duro scontro pugilistico. Doveva prevalere l’intelletto sul bruto colpo.” (SISTO FAVRE, Homo olimpicus, Società Stampa Sportiva, Roma, 1987, pag. 58) e lo stesso accadde a Dionietos di Creta, che uccise Eracles.

Affari e politica
In Grecia, oltre alla corruzione ed alla violenza, nacque lo sport come fonte di guadagno non soltanto per gli atleti, ma anche e soprattutto per i faccendieri, molto spesso i padri degli atleti, che intorno a questo mondo giravano: “… la storia dello sport è sempre un ricominciare e un terminare, un riprendere da capo e finire allo stesso punto di sempre. Si parte così da una concezione disinteressata e fine a se stessa della pratica sportiva e si approda ad una funzione strumentale (al denaro, al potere, al prestigio).” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 26).
Gli atleti erano ormai dei professionisti e “già nel V secolo la figura dello sportivo-dilettante-aristocratico di omerica memoria era scomparsa…” (C. SANGALLI, sito web cit.).
Non mancò chi approfittò di vittorie olimpiche proprie o di un assistito per propaganda politica: “Uno dei casi clamorosi fu un "barbaro" Armeno [Varazdat]: dopo aver vinto al pugilato, divenne addirittura Re della sua gente” (Olimpiadi antiche, sito web cit.).
Era, inoltre, uso comune comprare atleti di altre città, visto che, come dimostra il caso di Lica, era facile farsi passare per cittadino di una città diversa dalla propria, visto che non esistevano documenti di identità, ed il riconoscimento “…era affidato in pratica al giuramento ed alla buona fede…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 24). Atleti stranieri comprati furono Astilo di Crotone, Sotade che corse per Efeso, Cimone di Atene.
Le olimpiadi, come le attuali grandi manifestazioni sportive, muovevano un giro d’affari molto importante per quanto riguarda il pubblico: “Si organizzavano imponenti pellegrinaggi al seguito degli atleti e sappiamo che il gran numero di avventori rendeva caotica la vallata, ma costituiva una fonte di ricchezza di enorme importanza per tutte l’Elide.” (C. SANGALLI, sito web cit.).

Droga
Scritti del tempo di Platone rivelano che, nelle antiche olimpiadi, il valore di una vittoria era l’equivalente di quasi mezzo milione di dollari ed i concorrenti di questo periodo erano disposti a ingerire qualsiasi preparato che potesse aumentare il loro rendimento fisico, inclusi estratti di funghi e semi di piante.
D’altra parte gli Dei, simbolo da imitare, si nutrivano di nettare e ambrosia che avevano “capacità miracolose” (M. GORI, Storia dello sport, 2001, pag. 9).

ROMA ANTICA: PANEM ET CIRCENSES

In questo periodo lo sport e la posizione degli atleti continuano ad essere ritenuti molto importanti, tuttavia i romani svolgevano attività sportive differenti rispetto ai Greci.
Gli spettatori accorrevano numerosi agli incontri dei gladiatori e alle corse dei carri e questi sport erano considerati come intrattenimento per il pubblico. Nel 100 d.C. il Colosseo fu ristrutturato per accogliere oltre 60.000 spettatori.
Anche in questo periodo si registra l’uso di droghe: i concorrenti nelle corse dei carri davano ai cavalli potenti miscele di sostanze per farli correre di più, mentre i gladiatori venivano dopati per aumentarne il vigore e per rendere più sanguinoso lo spettacolo.

Affari e politica
Caratteristiche principali dei ludi romani (probabilmente discendenti di manifestazioni sportive etrusche con influssi greci) furono la violenza e la partecipazione di massa del popolo romano, probabilmente primo esempio di sport inteso come controllo delle masse: “Questa grande attività derivava da un preciso calcolo politico fatto da un Imperatore [Augusto] conscio della necessità di mantenere il più possibile l’ordine pubblico in una città in cui vivevano 150.000 disoccupati a carico dello Stato; Augusto era convinto, e forse aveva ragione, che un popolo ozioso ed annoiato può minacciare intrighi e rivolte più di uno a cui i suoi governanti offrono talmente tante possibilità di svago da non lasciargli il tempo di pensare. Inoltre lo stesso Augusto presenziava ai ludi il più spesso possibile stabilendo così un contatto diretto con i suoi sudditi che rendeva più popolare la sua autorità e accresceva la sua popolarità.” (C. SANGALLI, sito web cit.).
Roma era al centro del mondo, il popolo romano era orgoglioso di esserne padrone del mondo e non si preoccupava troppo di chi lo comandasse: “…come dice il grande storico francese Paul Veyne, [ il popolo romano] aveva ceduto la scheda elettorale in cambio del biglietto del circo e non voleva assolutamente transigere su questo suo ultimo privilegio.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 39); chi tentò di far cessare i combattimenti tra i gladiatori dovette presto cambiare idea.
In questo modo, almeno un terzo dell’anno era vissuto dai romani assistendo ai ludi.
Per poter fare questo, a Roma e nelle province, venivano spese somme di denaro ingenti: il 25-30 % delle entrate dello stato (circa 30 milioni di sesterzi all’epoca di Marco Aurelio) erano usate per organizzare giochi nell’arco di tutto l’anno.
Anche i gladiatori avevano un loro “… tariffario che partiva dal compenso di 1000/2000 sesterzi per le categorie ordinarie fino alle 10000 per quelle più elevate con punte di 150000 per i gladiatori eccezionali”. (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pagg. 43-44) e fu per questo che molti liberi cittadini rinunciarono al loro stato giuridico per diventare “… i Maradona di quei tempi. Ricchi, corteggiati dalle dame, qualcuno amato dalle imperatrici, carnefici di uomini (…) osannati dalle folle, circondati dai fan…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 40); Diocle per esempio guadagnò in carriera 34 milioni di sesterzi.

Violenza
Caratteristica principale, e uno dei motivo della fine dei ludi, fu una violenza senza precedenti: in epoca imperiale “si accentua la componente atletica delle gare rispetto a quella religiosa” (M. GORI, Storia dello sport, 2001, pag. 38) che, in concomitanza con l’educazione fisica soprattutto a scopo militare e con l’uso, come vittime predestinate, dei cristiani, porta le lotte gladiatorie ad essere così violente che “… non sono paragonabili neanche alla moderna corrida, che è il migliore esempio di "sport" odierno in cui il rischio della vita è parte integrante della competizione.”
L’unica salvezza per i Cristiani è “… legata alla capricciosa generosità del imperatore o chi per lui.” (C. SANGALLI, sito web cit.).
“L'evoluzione dello sport in Europa rischia di condurre a un indebolimento della sua funzione educativa”
(Relazione “di Helsinki” 1999/644 della Commissione Prodi al Consiglio Europeo, 10 dicembre 1999)

Era Cristiana
L’inizio dell’Era Cristiana segnò la caduta degli altri sport, perché la natura violenta di molti degli sport romani era inaccettabile per il nuovo ordine sociale: nel 396 d.C. L’imperatore Teodorico dichiarò la fine degli antichi giochi e furono bandite tutte le forme di sport pagani. Gli unici sport ammessi furono il wrestling e la boxe, ma la era ampiamente incoraggiata la concezione che lo sviluppo fisico ostacolasse lo sviluppo intellettuale.
Soltanto alla fine del diciannovesimo secolo lo sport riemerse. L’impeto di questa ripresa si manifestò nell’Inghilterra rurale e velocemente si diffuse in tutto il resto del mondo.

LO SPORT MODERNO

Lo sport nella società inglese dell’inizio del diciannovesimo secolo comprendeva in gran parte attività ricreative non strutturate. L’Inghilterra era una società agricola e rurale e mostrava forme di attività fisica che erano casuali. Il tipo di attività ricreativa rifletteva l’andamento della società: i riti in rispetto del raccolto o delle ricorrenze religiose, come il Natale, volevano unire il villaggio in una forma centrale d’intrattenimento. Celebrazioni tipiche consistevano in sbornie e danze, giochi come la corsa coi sacchi, saltamontone e caccia al maiale, attività come il combattimento di galli e incontri di box, giochi di calcio con oltre 1000 giocatori su un campo lungo diverse miglia.
L’industrializzazione e l’urbanizzazione trasformarono gli stili di vita e anche il modello dei giochi campestri, e sorsero forme di attività sportive più organizzate e sofisticate. Il fattore che contribuì maggiormente a determinare i cambiamenti nello sport, come conseguenza dello sviluppo della tecnologia, dei trasporti e delle comunicazioni, fu una nuova concezione del tempo e dello spazio: il nuovo insediamento urbano della popolazione del tardo diciannovesimo secolo stabilì rigidi controlli di giochi e attività che riflettevano la nuova società regolamentata (il gioco del calcio, praticato da un migliaio di giocatori su un campo senza confini, non era adatto alle città), nacque inoltre in questo periodo la netta distinzione tra lavoro e tempo libero.
Si manifestarono notevoli sviluppi che cambiarono la forma delle tradizionali attività. Queste includevano:
restrizioni di tempo e spazio;
Formazione di club e competizioni avanzate;
restrizione nel numero dei giocatori;
sviluppo di regole;
standardizzazione e modificazione delle attrezzature.
Emersero nuovi sport (come il rugby, il pattinaggio a rotelle e il bowling), mentre attività come il combattimento di animali e la lotta fra polli persero popolarità e alla fine furono bandite.
La Rivoluzione industriale ebbe un impatto significativo su tutti gli aspetti dello sport e del divertimento. La tecnologia era usata per sviluppare nuove attrezzature in sport come il golf, il tennis e il cricket. Anche altre invenzioni ebbero un'influenza, per esempio, la luce elettrica che permise di giocare di notte.
Il miglioramento delle comunicazioni rese possibile l’invio via cavo di notizie sportive e lo sviluppo dei trasporti permisero competizioni tra città diverse. Questi fattori portarono all’incremento della partecipazione alle attività sportive e di divertimento e contribuirono significativamente alla diffusione dell'interesse per queste attività in tutto il mondo.
Due significative conseguenze dell’aumento del coinvolgimento nello sport furono mercantilismo e professionismo. Le folle di spettatori alle principali partite di calcio aumentarono da poche migliaia durante la metà del diciannovesimo secolo a più di centomila nei primi anni del 1900. Furono costruiti grandi stadi, e gli eventi sportivi ricevettero ampio spazio di trattazione in quotidiani e riviste specializzate.
Di lì a poco i professionisti sportivi occuparono un posto nella società. Lo sport non era più solo una frivola attività da svolgere nel tempo libero, per alcuni lo sport diventava una professione.

Il ventesimo secolo
Al cambio del secolo, lo sport ha assunto un posto simile a quello che aveva occupato nelle società Greca e Romana. Durante il ventesimo secolo l’attività sportiva si è trasformata gradualmente in una forma d'intrattenimento di massa che è diventata un grande affare, perché garantisce un'ampia fonte di guadagno. Le pressioni economiche hanno contribuito ad una escalation nell’incidenza dell’assunzione di sostanze dopanti e nel numero delle morti ad esso collegate all'interno della comunità sportiva.
Il mondo dello sport viene spesso coinvolto da fenomeni analoghi a quello del mondo sociale dove la droga è una triste realtà. Il "doping" è in campo sportivo il fenomeno che esprime un concetto analogo al consumo o utilizzo di droga.
L'origine del termine "Doping" è controversa. Secondo alcuni proviene dal fiammingo "doop", che significa mistura, miscela, poltiglia; secondo altri autori la sua origine viene fatta risalire al linguaggio sudafricano nel quale il termine "dope" viene associato ad una bevanda alcolica usata come stimolante nelle danze e nei riti primordiali.
In inglese il termine "dope" identifica una sostanza densa, liquida, lubrificante, più propriamente uno stupefacente. Il termine "Doping" si diffuse ai primi del'900 nei cinodromi e negli ippodromi per indicare la stimolazione illecita degli animali durante le gare.
Il termine venne poi esteso anche in campo umano e precisamente il Doping in campo sportivo equivarrebbe a "uso di sostanze illecite".
Esso, infatti, consiste nel ricorso a mezzi illegali o all'assunzione di sostanze chimiche proibite dalle autorità sportive, sia a livello nazionale sia internazionale, in quanto accrescono artificiosamente la prestazione e l'efficienza agonistica, combattendo la fatica e aumentando le capacità basali dello sportivo contravvengono alla lealtà sportiva.
Il doping, quindi, è il principale responsabile della perdita dello spirito agonistico, il quale dovrebbe rispettare quei valori che spingono un atleta a confrontarsi con se stesso e con gli altri. La vittoria diventa uno strumento che sfida il tempo, produce gloria e celebrità. È nello spirito della vittoria che già al tempo dei Greci lo sport da dilettantistico delle prime manifestazioni religioso-culturali assume con il passare del tempo un ruolo sempre più professionistico, diventa una realtà sociale del tempo.
I vincitori erano considerati veri eroi, ricompense sia in denaro che i beni materiali, facevano si che gli atleti assumessero una sostanza simile all'ambrosia che si narra permettesse di migliorare l'agressività e la prestazione fisica.
In epoca romana il problema si ripresenta sotto due diversi aspetti. Animali e schiavi erano considerati sullo stesso piano negli spettacoli. Il divertimento era messo al primo posto; nelle corse dei carri infatti, i cavalli venivano drogati per rendere più avvincente la competizione; ed analogamente i lottatori nell' arena venivano dopati per aumentare l'aggressività.
Con l'avvento dell'era cristiana e la riscoperta del misticismo si ha una perdita della sportività in generale, per tutto il rinascimento giochi di corte e tornei sono gli unici spazi sportivi ed anche per i secoli successivi le attività erano per lo più da collocarsi in sagre , danze e riti propiziatori del raccolto; lo sport per parecchi secoli non ebbe più il valore e la stessa importanza che aveva assunto presso gli antichi greci.
Solo con l'avvento della società industriale , il delinearsi della distinzione fra tempo dedicato al lavoro e tempo libero fece scoprire all'uomo nuovi spazio per se ed il delinearsi delle associazioni amatoriali, la nascita di competizioni regolamentate, l'evolversi delle tecnologie, portò alla fine dell'800 alla costituzione di veri club, soprattutto legati allo sport del calcio; il passo verso l'attuale sport professionistico, era compiuto.
Nella società del XX° secolo lo sport ha assunto la stessa importanza del periodo dell'antica Grecia, gli sportivi soprattutto nei paesi oltre cortina venivano utilizzati per vincere medaglie e dimostrare al mondo la validità di un sistema politico rappresentavano uno "status symbol" con enormi privilegi rispetto al tenore di vita medio della popolazione. Germania dell'est e Romania sono stati i Paesi in cui la scienza del doping e dei primati costruiti in laboratorio ha avuto la massima espressione.
I Paesi Occidentali a loro volta per fronteggiare le continue vittorie degli atleti dell'Est Europa investirono notevoli risorse per migliorare le prestazioni e agli atleti venivano assegnati notevoli premi in denaro al fronte di vittorie o primati a livello internazionale. Si pensa che l'uso di sostanze stimolanti esistesse già nelle Olimpiadi del 1952, un incremento lo si ebbe nel 1954 con la diffusione degli anabolizzanti, il cui uso era molto diffuso fra gli atleti dell'Olimpiade del 1964 a Tokio, tanto che dal 1968 furono introdotti i primi controlli anti-doping.
L'italia è stata fra le prime nazioni a preoccuparsi del problema già dal 1954; nel 1961 viene aperto il primo laboratorio di analisi a Firenze e nel 1971 fu emanata una legge che punisce l'uso di sostanze illecite agli atleti, e condanna anche chi le fornisce.
Nel 1971 il C.I.O (Comitato Olimpico Internazionale) ha reso noto un elenco di sostanze considerate proibite e viene annualmente aggiornato.
La guerra vera e propria al doping inizia però solo dopo le Olimpiadi di Seoul del 1988 con il trattato USA-URSS. Le due super-potenze decisero di disarmare i loro arsenali chimici.
Alle soglie del XXI° secolo, tuttavia il problema permane, non è più di tipo politico ma commerciale, agli atleti di alto livello sono riservati ingaggi miliardari, la relativa pubblicizzazione grazie ai media di un prodotto o di una linea sportiva mediante l'immagine di un atleta popolare possono essere valide motivazioni per iniziare ad assumere sostanze dopanti che potrebbero garantire una permanenza ai vertici dello sport commercio-spettacolo il più a lungo possibile.
Il mondo del doping, quindi non è però solo degli sportivi, che sono quelli che rischiano maggiormente,ma anche di coloro che contribuiscono al raggiungimento del risultato e traggono benefici economici dalla pubblicità e dalla propaganda: allenatori, società sportive, laboratori medici e di analisi, che falsificano i risultati degli esami.
Il problema è difficile da risolvere tuttavia i responsabili della sanità all'ONU per combattere la diffusione del doping hanno stilato un codice medico con una classificazione che viene annualmente aggiornata. La “Dichiarazione di Losanna” scaturita dalla Conferenza mondiale sul Doping nello sport nel febbraio del 1999 è un passo importante per garantire una collaborazione fra diverse Istituzioni come Comunità Europea, CONI nazionali, Federazioni sportive e gli stessi Governi; essa prevede inoltre, dei controlli sugli atleti e delle sanzioni a tutti coloro che dovrebbero contribuire al ripristino di “uno sport leale” a rinnovamento di quei valori che hanno ispirato il barone Pierre De Coubertain, padre dei Giochi Olimpici moderni.
Doping è un lemma inglese ormai ufficialmente entrato nei vocabolari di tutto il mondo, compreso quello della lingua italiana. Le sue origini, però, sono olandesi: i termini to dope, che letteralmente significa "drogare", e dope, "liquido denso", derivano infatti dall'olandese doop, "salsa".Doop, a sua volta, viene da dopen, "mescolare", parola che originariamente veniva usata nel significato di "battezzare per immersione". Al di là dell'etimologia è necessario capire che cosa è veramente il doping. Tornando al dizionario, sullo Zingarelli, "doping", sostantivo maschile invariabile, è definito come "uso e somministrazione illegale di droghe ad atleti o animali per accrescere le energie psicofisiche e quindi il rendimento agonistico in competizione".(È citato anche un sinonimo non bello: "drogaggio").
Fin qui il vocabolario. Ma, per descrivere con compiutezza i confini, caratteristiche, portata, effetti e significati del doping occorre ben altro e l'impresa non deve essere semplice, se è vero che ancora oggi si avverte la necessità di giungere a una più adeguata definizione del fenomeno.In proposito i tentativi non sono mancati.
Solo per ricordare qualcuno tra i più significativi, basterà richiamare quello del Consiglio d'Europa, che nel 1985, evidentemente preoccupato per la sua progressiva diffusione, emanò una Carta europea contro il doping nello sport: "Il doping nello sport consiste nell'impiego di sostanze o di categorie di sostanze che sono state bandite dalle organizzazioni sportive interessate".
Gli stessi estensori riconobbero che si trattava di una definizione semplicistica, ammettendo al contempo la difficoltà di arrivare a una più chiara e completa. Non furono molto diversi gli esiti del lavoro della Commissione medica del Comitato olimpico internazionale (Cio), che nel 1986 adottò una definizione che servì per l'edizione dei giochi olimpici di Seul, nel 1988: "Il doping consiste nell'impiegare sostanze comprese nel gruppo dei farmaci che non si devono usare, ma anche attuare altri interventi illeciti come l'emotrasfusione". Alla definizione seguiva la lista delle sostanze farmacologiche e l'elenco degli interventi proibiti. Anche in questo caso si preoccuparono di chiarire che il loro scopo era quello di dare una definizione di doping che, prima ancora che adeguata sotto il profilo dei contenuti,fosse innanzitutto facile da applicare.
Ma in cosa difettano tutte queste definizioni? E a chi possono interessare? A tale proposito è necessario ricordare due importanti fenomeni:
Il primo: l'esplosione dei mass media ha portato sempre più alla marcata internazionalizzazione dello sport e del suo consumo spettacolare, con il conseguente sviluppo di interessi (economici, nazionali, politici e anche sociali) totalmente estranei, se non opposti, ai motivi "classici" che stanno alla base delle competizioni sportive.
Il secondo: la pratica di attività sportive è ormai diventata in tutto il mondo un comportamento di massa, che si riferisce, come modello imitativo, alle pubblicizzatissime e quindi conosciutissime gesta dei grandi atleti internazionali.
Se si ammette (ed è realtà purtroppo indubitabile) che esiste il doping nello sport e si "incrocia" il fenomeno con quelli appena ricordati, bisogna necessariamente concludere che: il doping è ormai un problema internazionale, presente in tutti o quasi i paesi del mondo; il doping, sempre a livello mondiale, da fenomeno tipico e specifico delle élites sportive, tende a diventare un fenomeno di massa.
I tentativi che ancora oggi vengono condotti per definire correttamente il doping, dunque, possono essere letto come una forma di raggiunta consapevolezza, da parte delle autorità sportive internazionali, di avere peccato di immobilismo almeno fino agli anni Sessanta e , successivamente, di inerzia, non andando oltre a un impegno tiepido di facciata per conoscere e quindi combattere il fenomeno del doping.
Al punto che non sono pochi gli esperti convinti che i grandi scandali fin qui succedutisi siano poco più la punta di un immenso iceberg, sul quale rischiano di andare a sbattere la credibilità dello sport e, cosa più grave, la salute di chi lo pratica, anche a livello amatoriale.
È vero che l'assunzione di sostanze allo scopo di aumentare le prestazioni fisiche è un problema vecchio come il mondo: nella Cina imperiale si utilizzavano estratti di edera (contenente efedrina, un alcaloide con proprietà stimolanti); i guerrieri della mitologia nordica europea, per accrescere le loro forze, ricorrevano a preparati a base di amanita muscaria, un fungo velenoso che contiene tra le altre sostanze un altro alcaloide stimolante, la bufoteina; è noto e documentato da secoli l'uso delle foglie di Coca, nell'America del Sud, per affrontare massacranti competizioni di corsa che si sviluppavano per 650 chilometri da percorrere in tre giorni e tre notti, così come è ben conosciuto l'uso che alcune popolazioni del Nord e del Centro America facevano del peyotl, un fungo velenoso contenente messalina, sempre per ricavarne un aiuto nella corsa. Ed è anche vero che il primo caso mortale da doping documentato e riportato in letteratura risale a più di due secoli fa: riguardò proprio un ciclista, morto in una gara in Francia nel 1886, per avere assunto una delle sostanze che andavano in voga all'epoca (nitroglicerina, cocaina, eroina, stricnina, ma anche trimetilene o zollette di zucchero imbevute d'etere).
Perché venisse istituita una forma ufficiale di controllo antidoping, però, si dovette attendere il 1955.
Fu in quell'anno, infatti, che, sempre in Francia, cominciarono le analisi obbligatorie sui ciclisti, scoprendo immediatamente percentuali di positivi pari anche al 20 per cento. Da allora, i controlli hanno avuto luogo, progressivamente, in tutte le discipline sportive e in tutte le manifestazioni internazionali più importanti: nei Mondiali di calcio i controlli vennero introdotti nell'edizione inglese del 1966, alle Olimpiadi della neve nell'edizione del 1968, mentre per i Giochi olimpici fu necessario aspettare fino al 1976.

Iniziative internazionali anti-doping
L'uso di eccitanti da parte degli atleti era un fatto comunemente accettato nella comunità sportiva internazionale, ma la sua diffusione si allargò a tal punto che dopo le Olimpiadi di Melbourne del 1956 si incominciò a parlare del danno che il doping provocava agli atleti e allo sport.
La prima significativa presa di posizione internazionale ebbe luogo nel 1960 quando il Consiglio europeo, un gruppo di 21 nazioni dell’Europa occidentale, propose una risoluzione contro le sostanze dopanti nello sport e a favore dell'introduzione dei test anti-doping
La Francia emanò la legislazione anti-doping nel 1963 e anche il Belgio prese questa via nel 1965, ma l’impatto dei programmi fu poco rilevante sino alla morte di Tommy Simpson nel Tour de France. Immediatamente dopo, nel 1967, fu insediata la Commissione medica del CIO, e venne stilato l'elenco delle sostanze e delle pratiche proibite.
I governi e le organizzazioni sportive nazionali ed internazionali continuarono ad impegnarsi in iniziative sul doping per tutto il tardo 1960 e 1970 e i test diventarono un elemento diffuso nelle competizioni sportive ad alto livello, ma il semplice fatto che i programmi di controllo fossero in attuazione non garantiva la loro efficacia: i test positivi erano limitati a causa di una tecnologia inadeguata, e, soprattutto, perché gli atleti impararono velocemente a battere il sistema, sostituendo i campioni di urine e cessando di usare droghe in tempo sufficiente per cancellarene le tracce prima che il test fosse effettuato.
Nel 1983 i test fecero un importante passo avanti quando le prove analitiche vennero significativamente perfezionate, con l'introduzione della gas-cromatografia e della spettrometria di massa. Fu proprio in quest'anno che scoppiò lo scandalo dei giochi Panamericani a Caracas, dove numerosi atleti risultarono positivi a droghe proibite e molti altri lasciarono le gare per non essere testati.

Affari e politica
Come si è visto, fin dall’antica Grecia, e soprattutto a Roma, la politica è entrata potentemente nello sport, finanziandolo e favorendolo, allo scopo di controllare le tensioni interne agli stati e per dare evidenza a personaggi in cerca di potere e denaro.
Come avviene nella peggior politica, “il CIO è composto di poco meno d’un centinaio di persone spesso ultrasettantenni che si riciclano, si riproducono e si perpetuano al di fuori di ogni logica e controllo democratico…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 80) e che promuovono manifestazioni mondane “… in nome dello sport, degne delle migliori feste delle corti europee di un secolo fa…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 61).
Al contrario, lo sport non può interessarsi di politica: “Nel nostro secolo il principio della separatezza dello sport dalla sfera politica è stato infatti enunciato e riaffermato ossessivamente da tutti i responsabili dello sport.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 60), fino ad arrivare a casi che hanno del ridicolo, come il minuto di silenzio nei campi di calcio negato dalla F.I.G.C., nel 1983, in occasione della morte a Capaci del giudice Falcone, o il permesso negato al Foggia Calcio di indossare magliette con la scritta “Pace in Bosnia”. Tutti sono stati, però, pronti a rimandare un turno di Champions’ League e a ordinare un minuto di silenzio domenicale, in occasione dell’atto terroristico che ha colpito gli Stati Uniti nel 2001 forse perché l’opinione pubblica lo richiedeva a gran voce. È questo, però, un caso eccezionale, se si pensa che, in occasione dei Mondiali di Calcio del 2002 la F.I.F.A, forse per evitare casi imbarazzanti, ha impedito ai giocatori di sfoggiare magliette con scritte di qualsiasi tipo e agli Stati Uniti di presentarsi alla gara inaugurale con un vigile del fuoco di New York come portabandiera.
Che il divieto dello sport di entrare in politica sia univoco lo dimostra il fatto che le Olimpiadi del 1980, a Mosca, e del 1984, a Los Angeles, furono boicottate per motivi strettamente politici, sebbene la maggior parte degli atleti non fosse d’accordo con questa decisione; nel 1980, i russi, che poi boicotteranno le olimpiadi successive, per evitare l’assenza degli U.S.A., si appellarono alla non intrusione della politica nello sport, dopo averlo usato per decenni “… a fini politici soprattutto per il controllo delle tensioni interne e di prestigio internazionale.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 60).
Se quindi gli sportivi non devono addentrarsi in questioni politiche, lo stesso non vale per i dirigenti, protagonisti di vere e proprie lotte di potere, come quella che ha visto protagoniste il CONI e la F.I.P.A.V. durante le prime fasi di Tangentopoli, quando molte federazioni furono commissariate per gli avvisi di garanzia giunti ai vari presidenti; l’elezione del nuovo presidente CONI fu rinviata.
Quando anche la F.I.P.A.V. venne commissariata per una denuncia di compravendita di voti poi sancita dalla CAF come falsa, si poté votare come presidente della stessa Federazione quello sponsorizzato dal CONI; “a dimostrazione del collegamento esistente tra le due vicende…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 72) furono indette subito le elezioni per la presidenza del Comitato Olimpiaco Italiano, vinte da Pescante.
Quello che, però, caratterizza fortemente lo sport moderno è l’ingresso di fortissimi interessi economici: è difficile pensare che la politica e l’alta finanza non possano entrare in gioco in un settore in cui sono impegnati 615 mila addetti “… per la maggior parte nel comparto produttivo non sportivo (impiegati di federazioni e di enti sportivi, custodi di impianti, tecnici, guardie, ecc…“ (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 63) con un giro di affari 14000 miliardi di lire (6000 solo dal calcio) senza contare le persone che vi lavorano sporadicamente in occasione di grandi manifestazioni: per le Olimpiadi Invernali di Torino 2006 almeno 37 mila persone troveranno un impiego. Inoltre, per assistere a manifestazioni sportive in Italia, nel 1989, gli italiani hanno speso 642 miliardi di lire di cui l’80% solo per il calcio.
Si sono, quindi affacciati a questo mondo nuovi personaggi, come gli owners, i “presidenti” delle squadre professionistiche di baseball, football e hockey americane, che sono spesso proprietari di mass-media (Ted Turner è proprietario della CNN e degli Atlanta braves) o di grandi industrie (la Levy’s controlla la squadra di baseball di Oakland), costituendo delle fortissime sinergie.
La differenza con i presidenti degli altri paesi è che “le fortune degli owners americani risalgono al periodo intercorrente tra le due guerre mondiali, e, soprattutto, all’immediato dopoguerra, epoca in cui le scommesse consentirono ad alcuni allibratori, e, talvolta, a grossi scommettitori di acquistare squadre di prim’ordine con poche migliaia di dollari” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 112). Tra questi vi era, per esempio, Tim Mara, primo padrone dei New York Giants.
Molti sono, inoltre, gli intrecci tra politica, mafia e sport negli USA, come le vicende di Charlie Bidwill (Chicago Cardinals), Mickey McBride (Cleveland Browns), Clint Murchison, Lamar Hunt, Arthur Modell.
Nello sport moderno hanno assunto un’importanza fondamentale le cosiddette agenzie “… di razionalizzazione delle sponsorizzazioni sportive” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 119)
Tra queste, la ISL, esclusivista del CIO nella gestione di “tutto il pacchetto degli interventi pubblicitari” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 119), ha un giro di affari di cento milioni di dollari l’anno.
L’agenzia IGM (International Management Group), al contrario, “… sponsorizza gli atleti [oltre 500 di varie discipline sportive] e promuove direttamente gli eventi sportivi.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 120). Il giro di affari è di 800 milioni di dollari l’anno e, producendo alcune delle manifestazioni in cui gareggiano gli atleti che rappresenta, la IGM “… finisce per utilizzare gli atleti e relativo contorno come attori delle loro stesse manifestazioni negli sport commerciali.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 120) Il grande colpo della IGM è la giovane tennista Anna Kournikova, che, pur non avendo vinto un torneo importante in carriera, guadagna più soldi di qualsiasi altra collega.
Altre agenzie, che non hanno potere ed introiti come la ISL e soprattutto la IGM, sono la Pro Serv (che si occupa di tennis ed è rimasta coinvolta in una causa legale con Ivan Lendl nel 1987), la Amauty (ciclismo), la APA (compravendita di media come la IGM), la First Artist (calcio).
A sé stante è il caso della Steiner Sport Marketing, che cura gli interessi di società che cercano testimonial, spesso atleti locali, “…che riescono a sintonizzarsi meglio con l’esigenza che si va a tutelare” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 123) per campagne pubblicitarie. Queste agenzie vengono viste “… con molta diffidenza a tutti i livelli, soprattutto perché sono ritenuti i primi responsabili dei fenomeni di corruzione e di sfruttamento degli atleti.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 120) anche se “…hanno l’onestà di definirsi uomini d’affari, non come certi dirigenti dello sport che (…) in nome di elevati ideali realizzano ben più lucrosi guadagni.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 119).
Con le sponsorizzazioni, non esiste più lo sport dilettantistico di olimpica memoria, in quanto in tutti gli sport più seguiti nel mondo, dal golf all’automobilismo, dal basket al calcio, dal tennis al baseball e al pugilato, sono proprio gli sponsor la maggiore fonte di guadagno: la tennista Seles, per esempio, ha guadagnato, nel 1992, due milioni di dollari in premi e sette tramite sponsorizzazioni.
Michael Jordan, il più grande giocatore di basket della storia, nel 1992 (quindi non ancora al massimo della popolarità), era sponsorizzato da Coca Cola, Gatorade, McDonald, Hanes, Wilson, Whaeties, ecc… Successivamente, sponsorizzato dalla Nike, è diventato lo sportivo più pagato della storia. Questo suo vivere con e per gli sponsor gli ha fatto vivere, però, una situazione grottesca: durante le Olimpiadi di Barcellona, “… fu costretto ad avvolgersi con la bandiera americana nel corso della cerimonia di premiazione ripresa dalle televisioni di tutto il mondo. Infatti indossava una tuta della Reebok, sponsor ufficiale del Dream Team americano, ma nel contempo aveva l’esclusiva delle apparizioni televisive con la Nike.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 151). Lo stesso accadde a Magic Johnson che “… sponsorizzato dalla Pepsi, non poté affacciarsi in tivù, perché la squadra americana di basket aveva un’esclusiva con la Coca Cola.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 151).
Gli atleti americani, dagli anni ’70, sono diventati “… per dirla col professor Staudohar dell’Università della California, che da anni studia il fenomeno, degli uomini d’affari con carriere burocratizzate e giornate pianificate… “ (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 146) e capita spesso, per esempio nel pugilato, che vengano organizzati incontri in cui chi perde guadagna milioni di dollari e non è raro che durino un round, con i pugili contenti di guadagnare tanto senza aver preso troppi pugni. Il primo esempio clamoroso di sponsorizzazione in Italia fu nel 1962, a Milano, quando Antonio Maspes “… detentore del titolo, scandalizzò tutto il mondo sportivo allora conosciuto piazzandosi, cheto e sornione, per ben 25 minuti sotto un tabellone pubblicitario dell’Ignis… “(A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 149).
Poche sono, quindi, le storie di puri dilettanti che sono riusciti a vincere qualcosa di importante senza essere pagati, oltre che gestiti, dalle grandi case di sponsorizzazioni: i fratelli Abbagnale, quattro canoisti che vinsero la medaglia d’oro alle olimpiadi di Los Angeles (Tiff Wodd, John Biglow, Joe Buscaren, Brad Lewis), Giuliano Giongo (un atleta che oggi può essere definito di sport “estremi”), Tony Valeruz (l’inventore dello sci estremo). Oggi però, anche chi fa sport estremi, portando avanti una filosofia di libertà, è sponsorizzato dalla testa ai piedi. Nello sport moderno, oltre che agli sponsor, lo sport è legato con un doppio filo alla televisione anche perché “… la partecipazione popolare da millenni ha privilegiato l’attività sportiva tra quelle spettacolari.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 162) e soprattutto perché dall’altra parte “… gli investimenti televisivi hanno i loro ritorni in termini di pubblicità, di sponsorizzazioni e di abbonamenti alle pay-tv.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 164).

Truffe
Del vasto mondo delle truffe sportive fanno parte le scommesse, fenomeno sorto con “… lo sport in Inghilterra. Qui divenne immediatamente abitudine raccogliere le puntate sui due pugili che se la davano di santa ragione in un parto…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 174), anche se già nel 1707 “… una denuncia inoltrata (…) alle autorità papaline da parte di alcuni cittadini evidenzia la collusione tra un’organizzazione del gioco della palla ed un vecchio allibratore che teneva le scommesse in un vicolo…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 175).
Secondo Bernie Parrish (ex giocatore professionista di football americano), “… vi sarebbero almeno tre modi per alterare l’andamento di una gara: a) pagare un giocatore decisivo; b) mettersi d’accordo con lo staff di allenatori; c) riuscire a drogare almeno una parte di giocatori.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 177). In Italia, probabilmente, si penserebbe anche alla quarta eventualità di comprare l’arbitro, ma non tutti hanno la fantasia latina…
Molti sono gli esempi di truffe nel mondo professionistico americano, per esempio nel pugilato, come quella smascherata dalla procura federale del New Jersey, che “…ha formalmente incriminato il presidente e tre dirigenti della Federazione internazionale di pugilato, per aver regolarmente manipolato su pagamento le valutazioni dei pugili impegnati in incontri di rilievo mondiale negli ultimi 14 anni.” (Pugilato: mega-inchiesta su corruzione dirigenti federazione internazionale,

Droga
Probabilmente, il peggiore male che sta colpendo lo sport è il doping, o meglio la “… politossicomania, ultima emergenza in fatto di rappresentazione scientifica (e collettiva) di questo problema, che significa in parole povere abitudine all’assunzione di più sostanze vietate (…) anabolizzanti (…), stimolanti (…), betabloccati (…) e ormoni peptidici (…).” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 185), come concettualizzato, nell’autunno del 1993 da un gruppo di studio riunitosi in convengo a Pavia.
Per sconfiggere il problema, fondamentale è capire le motivazioni che spingono un atleta a ricorrere a sostanze voluttuarie che ormai si sa fanno del male fino ad uccidere, come è accaduto spesso: “Al fondo probabilmente sono due modi antitetici e problematici di vivere: consumare una vita breve ma intensa oppure logorarsi nel tempo in un’esistenza incolore. (…) Alessandro Manzoni reputava che la strada che porta al successo fosse noiosa e logorante. Dostoevskij ad un’amica che gli chiese consiglio su cosa potesse fare per ottenere la popolarità immediata consigliò ironicamente : “Uccidi lo zar”.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 186). Non solo “afferrare l’attimo fuggente per molti è la sola cosa che conta.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 186), ma “… l’atleta non è più solo. Sulla sua vita e sulla sua attività ormai vigilano molte persone e intorno gli girano interessi non trascurabili.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 187).
Veri e propri “doping di stato” sono stati definiti quelli che riguardano la Cina (con nuotatrici che sembravano uomini) e ancor prima la Germania Est, una delle scuole che hanno utilizzato per prime gli anabolizzanti e “… la punta dell’iceberg del sistema…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 194).
“Lo sfruttamento dell’uomo nei paesi dell’Est Europa raggiungeva comunque livelli ineguagliabili.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 195). Come per ogni altra attività umana, se si ha abbastanza denaro si può uscire puliti anche da un’accusa di doping: è il caso di Reynolds, l’americano primatista del mondo dei 400 metri piani, che, squalificato dopo un controllo, nel 1990, a Montecarlo, fece ricorso alla Corte Suprema degli Stati Uniti per poter correre a San Francisco, dove si tenevano gare in vista dei Trials olimpici; chiaramente gli fu data ragione perché “… gli americani non debbono sottostare ad altro ordinamento che non sia quello del loro paese.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 200).
Negli Stati Uniti, il fenomeno doping “… è aggravato dall’uso di sostanze ordinarie.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 202): molti sono gli atleti arrestati per uso o spaccio di sostanze stupefacenti.
“Purtroppo oggi lo sport è una macchina. Una macchina non finalizzata all'uomo ma al suo prodotto, al risultato che l'uomo può produrre. A questo pensava de Coubertin proponendo le Olimpiadi moderne. Ha tentato di fare dello sport e del fatto olimpico una nuova religione, con i suoi sacerdoti, i suoi riti, i suoi templi... e le sue vittime.” (Aldo Notario, Basta con uno sport selettivo!, Note di Pastorale Giovanile, 1973)

LE OLIMPIADI MODERNE

Affari e politica
Le Olimpiadi moderne sono nate “per dare sfogo a questa aggressività latente [percui] era (…) necessario promuovere la competizione sportiva di una parte di questa società, e il tifo degli spettatori dall'altra. Quando sono assenti i campi di battaglia, e prima che l'aggressività trasformi ogni luogo delle nostre città in un campo di battaglia, bisogna intervenire; creare delle arene d'altro tipo.” (Olimpiadi antiche, sito web cit.) diventando ben presto uno show business, in cui l’unico vero imperativo è arricchirsi con l’aiuto di “una popolarità che inevitabilmente finisce per essere strumentalizzata dagli scalatori o dai gestori del potere. I quali hanno perfetta coscienza del ritorno politico e di fama dato dalla conquista della presidenza o dalla sponsorizzazione di una squadra sportiva.” (C. SANGALLI, sito web cit.).
Sono lontani i tempi in cui a Jim Thorpe fu tolta la medaglia d’oro, vinta nel penthatlon, perché “… gli venne scoperta una prestazione sportiva professionale casuale.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 131) di un mese con la squadra di baseball della Carolina del Sud, che gli era valsa un ingaggio di 60 dollari. Lo stesso accadde a Carlo Airoldi, che fu squalificato alle Olimpiadi del 1936, in Grecia, perché in una gara amatoriale aveva vinto 5 lire.
Anche alle Olimpiadi si sono avvicinati gli sponsor e le televisioni, tanto che i proventi derivanti dai diritti televisivi e dalle sponsorizzazione hanno raggiunto nelle ultime edizioni cifre astronomiche "il CIO (…) tra il 1989 ed il 1992 fa rastrellato circa 930 milioni di dollari in diritti televisivi per i due giochi che si sono tenuti in questo periodo e più di 710 milioni di dollari in sponsorizzazioni. A questo vanno aggiunti altri 175 milioni di dollari che provengono dal TOP (The Olympic Program)" (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 81), mentre solo per le immagini attraverso Internet, il CIO ha preso 1.3 miliardi di dollari solo per i Giochi di Sydney e la NBC ha sborsato 705 milioni di dollari per le trasmissioni negli Stati Uniti.
Anche gli interessi che gravano attorno alla scelta della sede dove si svolgeranno le Olimpiadi, sono impensabili e molti componenti del CIO devono avere la coscienza sporca, soprattutto vedendo le scelte degli ultimi anni: “Nella stampa britannica e tedesca circolano pettegolezzi sui compensi che sarebbero girati ai membri del CIO in occasione delle votazioni del 1990.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 77).
Del resto, “da sempre i grandi business olimpici venivano realizzati con le grandi corporation americane: i network televisivi, le case di abbigliamento e di calzature, la Coca Cola…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 86-87) e, proprio a proposito della bevanda americana, sembra che, grazie alle Olimpiadi, le vendite in Giappone e in Australia, sedi dei giochi invernali ed estivi, siano aumentate negli ultimi due anni del 30%. La Coca Cola è “il numero uno degli sponsor sportivi nel mondo…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 156) tanto da riuscire a far disputare le Olimpiadi del centenario proprio ad Atlanta, “… città dove ha sede la meravigliosa bottiglietta.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 156).
Helmick, membro del CIO e presidente della federazione internazionale di nuoto, fu costretto, nel 1991, a dimettersi dal CIO “… travolto da una campagna stampa che gli rimproverava di aver intascato circa 275 mila dollari nel 1990 da clienti che volevano entrare del giro del business olimpico.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 87).
Anche le Olimpiadi di Nagano sarebbero state “comprate”, come rivelato dal quotidiano statunitense Washington Post: “… i dirigenti della città giapponese avrebbero bruciato dieci scatoloni contenenti decine e decine di fogli e ricevute che dimostrerebbero l'avvenuta corruzione di membri del CIO per l'assegnazione delle Olimpiadi a Nagano (…) Nagano avrebbe stanziato per convincere gli alti dirigenti del CIO e per i loro parenti e amici 14 milioni di dollari” (Bufera Olimpiadi, nel mirino Nagano,
http://www.repubblica.it/online/sport/lake/scatole/scatole.html).
A causa della bufera corruzione, che ha toccato anche i Giochi Invernali di Salt Lake City 2002, il CIO ha dovuto espellere sei membri corrotti e Juan Antonio Samaranch si è dovuto scusa pubblicamente: “Chiedo scusa agli atleti, alle gente di Salt Lake City e dell'Utah, alla famiglia olimpica, a tutti quelli che sognano le Olimpiadi. Mi scuso per il comportamento di alcuni membri del CIO, che hanno violato e tradito i principi della nostra organizzazione.
Vogliamo estirpare ogni irregolarità e fare in modo che non avvengano più, ci tengo a fare notare che siamo stati i primi a fare un'inchiesta e i primi a chiuderla. E questo é solo l'inizio. Vogliamo ripulire la nostra casa…” (http://www.repubblica.it/online/sport/lake/purga/purga.html).
Naturalmente, quando ci sono di mezzo interessi economici importanti, come quelli che stanno dietro ai Giochi, sono i poveri a rimetterci: centinaia di persone sono state sloggiate dai quartieri di Jiaodaokou e Donghuashi della città di Pechino, per fare spazio alle infrastrutture olimpiche che ospiteranno i Giochi del 2008.

Droga e truffe
Uno dei casi più eclatanti di doping è quello del canadese Ben Johnson, vincitore dei 100 metri piani alle Olimpiadi di Seul del 1988 con lo straordinario tempo di 9’’79. Trovato positivo agli anabolizzanti, gli fu tolta la medaglia d’oro e fu squalificato per due anni. Tornato alla vittoria ai mondiali di Stoccarda del 1993, non si è mai tolto di dosso il sospetto che “… non abbia smesso di far uso di sostanze stupefacenti (…) il problema è sempre stato quello di incastrarlo al momento giusto.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 191).
Altri sono stati gli episodi di doping alle Olimpiadi, ma “ad avviso degli autori di Lords of Rings [un libro contro la azioni politiche del CIO] neanche il CIO tutto sommato sembra interessato a fare di più [nella lotta contro il doping]. Addirittura si mostrerebbe tollerante, poiché è contrario ad interventi al di fuori dei momenti e delle strutture ufficiali. A riprova di ciò si cita il fatto che esso ha respinto qualche anno fa un piano di controlli a tappeto del costo di un milione di dollari perché eccessivi…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 198).
Le ultime Olimpiadi Invernali sono state colpite da moltissimi casi di doping, che hanno portato alla squalifica di molti atleti medagliati anche con l’oro.

IL CALCIO

Mentre scriviamo sono stati rinviati a giudizio decine di giocatori e dirigenti e molte squadre di serie A, B e C per il nuovo scandalo del calcio scommesse.

Affari e politica
Il calcio è cambiato in maniera sensibile negli ultimi dieci anni a causa dell’entrata in gioco di forti poteri ed interessi economici: “È in quel periodo, infatti, che il rapporto tra il mondo dei media e lo sport subisce una brusca accelerazione. Se fino ad allora lo sport, pur non potendo fare a meno dei media, era in qualche modo riuscito a governarne, se non arginarne, l'invadenza e la pervasività, nella prima metà degli anni Novanta questa relazione si modifica. I media hanno la meglio, individuano i filoni vincenti ai fini della loro espansione e della produzione di ricchezza, prendono il potere e dettano tempi e modelli organizzativi. (…)Ai vertici degli organismi di governo dello sport si insediano così uomini legati a doppio filo all'industria dei media (l'esempio più fulgido è certamente quello di Joseph Blatter, il presidente della FIFA, la federazione calcistica mondiale), fedeli esecutori delle direttive altrui.” (P. FREEMAN, Il calcio nel pallone,
Se nel 1989 la RAI spese 120 miliardi di lire per le varie manifestazioni sportive (di cui 103 erano solo per il calcio), ha pagato ben 75 milioni di Euro per i mondiali di calcio del 2002, riuscendo anche ad abbassare il prezzo iniziale dopo una lunga trattativa e con l’intervento del Governo italiano.
Inoltre “… la FININVEST ha acquistato dall’UEFA, per l’Italia, alla modica cifra di 20 miliardi di lire a stagione, tutti i diritti di trasmissione delle partite dei gironi finali della Coppa dei Campioni per le stagioni 93-94.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 168).
Siccome lo sport, e, quindi, anche il calcio, è praticato da atleti e da arbitri che possono sbagliare, può succedere che qualcosa non vada come previsto e si cerchi di riprendere i tanti soldi spesi: come la RAI è intenzionata a chiedere i danni alla FIFA per l’eliminazione dell’Italia dai Mondiali, la Nike, “… a causa degli scandali che hanno turbato il calcio brasiliano negli ultimi tempi…”
(http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,101578,00.html), ha deciso di diminuire del 25% i versamenti alla nazionale brasiliana.
Negli ultimi dieci anni, per molti motivi, la voce “diritti televisivi” è diventata quella più importante nei bilanci delle società: “… l'incremento di questa voce è infatti del 12% rispetto al '98 e addirittura del 98% sul 1996. Questo significa che in un solo quadriennio la quantità di soldi incassati dalla cessione dei diritti di sfruttamento televisivo della serie A è raddoppiata. A questo va aggiunta, per quanto riguarda l'anno 2000, la voce relativa ai diritti televisivi per il calcio criptato (pay per view) che ne dovrebbe accrescere oltremodo il valore.” (P. FREEMAN, Il calcio nel pallone, sito web cit.).
I soldi derivanti dai diritti televisivi delle partite della Serie A TIM (anche il campionato è sponsorizzato…) servono alle società per portare avanti campagne acquisti sempre più lussuose con sempre più stranieri, non tanto per aumentare gli abbonamenti (che insieme alla vendita dei biglietti rappresenta il 31% del fatturato di una squadra di Serie A), ma la visibilità di presidenti per lo più incompetenti che si ritrovano, negli ultimi anni, con lo spauracchio di televisioni che non vendono (e quindi comprano) come previsto uno spettacolo molto al di sotto delle aspettative e che il pubblico non gradisce più. Il giocattolo rischia, così, di rompersi.
A tal proposito, la crisi della Fiorentina (che al momento rischia il fallimento) non è che la prova lampante della crisi che, prima o poi, il calcio intero si troverà a dover affrontare, a causa delle molte scelte discutibili, che hanno totalmente cambiato il modo di vivere il calcio a livello italiano ed europeo e che stanno allontanando una vasta fetta di pubblico.
Sempre per motivi di ordine televisivo, è stata cancellata la Coppa dei Campioni per far posto alla moderna Champions’ League, una sorta di campionato europeo per club, nel quale le nazionali più potenti (e con un maggiore seguito televisivo) sono rappresentate anche da quattro squadre, mentre quelle meno “dignitose” da una sola, che perlopiù, deve spesso passare anche due turni preliminari; non esiste più la Coppa delle Coppe, e la Coppa UEFA è diventata la sorella povera della Champions’ League, cioè una manifestazione per club scontenti che nessuno segue più. Sempre più partite di calcio sono presenti nei palinsesti televisivi, e sempre meno visibili in chiaro. In Italia, sono iniziate, da quasi dieci anni, aste miliardarie per accaparrarsi i migliori giocatori, che, poi, usufruiscono di contratti miliardari, che, spesso, vengono addirittura rinnovati di stagione in stagione con la minaccia da parte dei calciatori di cambiare squadra. Spesso questi sedicenti campioni stranieri vengono comprati per investire su aree di mercato ancora “vergini”: “il caso Nakata è esemplare: il giocatore giapponese, costato più di 50 miliardi, forse non vale tanto sotto il profilo tecnico, ma acquistandolo la Roma sa di penetrare sul mercato nipponico in termini di cessione di diritti sportivi e di merchandising (il marchio Roma Calcio è ora conosciutissimo in Giappone). Nakata, insomma, vale a prescindere da quanto è capace di fare con un pallone tra i piedi. Oggi, per un club che voglia competere in un mercato globalizzato, riuscire a conquistare pubblico al di fuori dei confini nazionali è divenuto indispensabile.” (P. FREEMAN, Il calcio nel pallone, sito web cit.) “La patina democratica e repubblicana passata da qui a un secolo e mezzo a tutte le istituzioni europee ha fatto sì che anche nello sport i padroni amino definirsi nel Vecchio Continente eufemisticamente presidenti.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 89), mentre abbiamo visto che negli Stati Uniti si chiamano owners.
Purtroppo, “ormai la squadra, sopratutto quella di calcio, è divenuta un’azienda che una gestione abile e spregiudicata può far rendere in modo particolarmente conveniente.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 89) soprattutto perché “…sono miriadi le attività commerciali che si possono gestire parallelamente a quella calcistica.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 90).
“Oggi le tradizioni di scarsa trasparenza nella gestione finanziaria delle società sportive a fronte di pochi casi in cui qualcuno ci ha rimesso, in generale consentono ingenti profitti.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 109-110) anche se, per il calcio, da quando nel 1981 le società di calcio sono diventate Società per Azioni, iniziano i guai. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dell’era Tangentopoli, molti presidenti di squadre di Serie A sono stati indagati: Giuseppe Farina (ex-presidente del Milan inquisito, nel 1988, per bagarinaggio), Ernesto Pellegrini (ex-presidente del Inter inquisito, nel 1994, per corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio), le società Genoa, Taranto, Padova, Siena, Cagliari (inquisite per falso in bilancio e omessi versamenti IRPEF), Borsano e Goveani (ex-presidente e nuovo presidente del Torino, nel 1993, inquisiti dalla magistratura per falso in bilancio e fatturazioni inesistenti per le cessioni di Romano, Lentini Dino Baggio).
Nel 1993 Cagnotti, Ciarrapico, Ferlaino e Longarini (presidenti di Serie A) sono finiti in carcere durante le inchieste di Tangentopoli; nel 1994, la stessa sorte è toccata a Pellegrini, Casillo e Cellino.
Anche nel calcio gli sponsor la fanno da padroni: agli inizi degli anni ’90 “… gli sponsor spendono in Italia solo per le squadre di Serie A 1700 miliardi.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 129). Questo ha portato ad una maggiore valorizzazione del calciatore, che così chiedono ingaggi sempre più alti: se, nel 1993, il calciatore che guadagnava di più era Marco Van Basten con 3.3 miliardi di lire all’anno, oggi sono diversi quelli che guadagnano più di 10 miliardi di lire (Recoba, Totti, Batistuta, Vieri, Zidane, ecc…) quasi tutti militanti nel campionato italiano, il più ricco, ma non più bello, del mondo.
La differenza tra gli sport di squadra americani ed il calcio italiano è che se in America esiste il salary cap (che impedisce contratti troppo lussuosi) e gli atleti guadagnano soprattutto con gli sponsor, in Italia non esiste una legislazione sportiva specifica, anche se chiaramente le società, che si stanno lentamente rendendo conto che non possono più sopportare spese del genere, vorrebbero mettere dei limiti alle richieste di calciatori e procuratori.

Corruzione
Non si conoscono, nel calcio, molti casi di corruzione, anche perché i pochi venuti a galla sono stati messi subito in silenzio.
Un esempio è il caso di Moggi e Borsano, del Torino, indagati perché “…proponevano graziose accompagnatrici ad arbitri e delegati UEFA alla vigilia delle partite di Coppa.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 92).
Un altro caso, riguardante il calcio francese, è quello di Tapie, “giovane e ambizioso si è imposto dapprima come coraggioso imprenditore e in qualche modo rappresentava un po’ il sogno di riscossa gallicana nel mondo.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 99), presidente dell’Olympique Marsiglia fino all’8 settembre 1993 quando fu costretto al ritiro dalla scena calcistica, “… che poi non avvenne…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 99), per il sospetto di aver comprato una gara contro il Valenciennes (finita 0-0): a tre giocatori del Valenciennes erano stati offerti quasi 70 milioni di lire prima della gara e 300 gli sarebbero stati dati dopo da Jean-Jacques Eydelie, centrocampista dell’Olympique Marsiglia, che in cambio avrebbe avuto “… un posto sicuro nella finale di Coppa ed un nuovo contratto per l’anno successivo” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 100). A causa di questo scandalo, l’Olympique Marsiglia retrocesse in seconda divisione e “… alla fine il povero Tapie di ritrova addosso 5 magistrati per complessivi 18 capi di imputazione, ha subito 27 controlli fiscali, 19 perquisizioni a casa e in ufficio, ha tutti i telefoni sotto controllo…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 102).
Anche il Perugia è cascato, e più volte, in casi di corruzione: nel 1979-80 furono squalificati per alcuni anni tre giocatori, e la squadra di 5 punti; nei campionari 1984-85 e 1985-86 fu retrocessa in C2 per gravi irregolarità in undici partite; l’anno in cui fu promossa dalla serie C1 alla B, perse in aula la vittoria sul campo, a causa di alcuni cavalli regalati agli arbitri e di partite falsate. Un fenomeno molto grave del calcio sono le scommesse clandestine, nelle quali sono, spesso, coinvolti i giocatori.
Il caso più eclatante è quello del Totonero, che colpì il calcio italiano nel 1980: "lo scandalo cominciò il 1° marzo 1980, quando un commerciante romano di frutta all'ingrosso, Massimo Cruciani, con un esposto alla Procura della Repubblica di Roma si dice vittima di una clamorosa truffa: alcuni giocatori, tra i quali i laziali Wilson, Manfredonia, Giordano e Cacciatori, con cui era venuto in contatto in quanto fornitore del ristorante Le Lampare di Alvaro Trinca, lo avevano indotto a scommettere clandestinamente su alcune partite di Serie A. Avrebbero provveduto loro a truccarle, così da rendere sicura la vincita; ma non tutti i risultati si erano verificati e lui era finito sul lastrico." (Lo scandalo del Totonero del 1980; le squalifiche furono pesantissime: Albertosi, Cacciatori e il presidente Colombo furono radiati, Pellegrini ebbe 6 anni di squalifica, Della Martira 5, Petrini e Savoldi tre e sei mesi, Wilson e Zecchini 3, Paolo Rossi 2 (poi ridotto a uno, anche in concomitanza del Mondiale di Spagna '82, del quale sarà capocannoniere), uno e due mesi a Cordova, sei mesi a Chiodi, a Giordano e a Manfredonia tre anni e sei mesi, cinque a Negrisolo, quattro a Montesi, tre a Colomba e Damiani; Milan e Lazio retrocessi d'ufficio in serie B, Avellino, Bologna e Perugia penalizzati di cinque punti per il torneo successivo; in B, Palermo e Taranto penalizzate di cinque punti e altri giocatori condannati a pesanti squalifiche.
Un altro caso è quello di Andres Escobar, terzino della nazionale colombiana ai Mondiali di Calcio USA 94, che sembra sia stato ucciso proprio per una storia di calcioscommesse: “A parte la coincidenza che l’uccisore lavorava alle dipendenze di un commerciante di Medellin che aveva scommesso una cifra enorme sulla vittoria della Columbia ai Mondiali, vi furono riscontri e dichiarazioni autorevoli che puntavano il dito sull’intreccio calcio, scommesse e droga. Per esempio il presidente della vicina Federcalcio venezuelana si dichiarò sicuro che l’assassinio di Escobar fosse stato perpetrato dalla mafia degli scommettitori clandestini.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 179).

Droga
Nel calcio, soprattutto negli ultimi tempi, molti sono stati i casi di giocatori accusati di doping e di uso di sostanze stupefacenti.
Per quanto riguarda le droghe, il caso più famoso è quello di Maradona “… soggetto interessato più ai festini, alle avventure galanti e alla vita mondana che agli allenamenti e alla vita mondana.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 183) e squalificato dai Mondiali USA del 1994, fatto che molto probabilmente influì sulla sconfitta dell’Argentina contro la Romania.
Il caso di doping più clamoroso nella storia del calcio italiano è quello che riguarda il campionato 1963-64: a poche giornate dalla fine, Bologna e Inter sono distaccate da soli due punti, fino a quando “Alla sera arriva la notizia-bomba, poi confermata dai quotidiani tre giorni dopo: Fogli, Pascutti, Pavinato, Perani e Tumburus, al termine di Bologna-Torino del 2 febbraio, erano risultati positivi all'antidoping!!!” (Bologna-Inter, spareggio scudetto 1963-64: finale thrilling per un campionato thrilling, con un punto di penalizzazione in classifica. A tre giornate dalla fine, però, “… la CAF capovolge la sentenza della disciplinare, restituendo al Bologna punti e dignità sportiva, per cui adesso le due squadre si trovano a pari punti… “ (Bologna-Inter, spareggio scudetto 1963-64: finale thrilling per un campionato thrilling, sito web cit.), con lo spareggio del 7 giugno a Roma vinto dai bolognesi.
Negli ultimi dieci anni molte sono state le squalifiche per doping: nel 1990 Peruzzi e Carnevale (Roma), nel 1992 Bortolotti (Brescia), nel 1993 Caniggia (Roma).
Da quattro anni, dopo che Zeman, allenatore della Roma, “… in quel famoso luglio del ’98 parlò di un calcio che doveva uscire dalle farmacie…” (Doping, http://www.calcioweb.com/articolo.php?aid=34176), sono stati molti i casi di doping che hanno colpito il calcio italiano: Couto, Davids, Guardiola, Gillet, Shalimov, Pavan, Da Rold, Bucchi, Monaco, Stam. È intanto iniziato il primo processo: a Torino si cerca di capire le responsabilità di Antonio Giraudo e Riccardo Agricola della Juventus.

Gli eventi principali delle droghe nello sport in epoca moderna
1886 - La prima morte registrata è quella del ciclista Liton per overdose di trimetil.
1904 - La morte più vicina alle olimpiadi moderne fu di un maratoneta, Thomas Hicks, che aveva usato una mistura di brandy e stricnina.
Molte droghe contenevano stricnina e alcool. L’eroina, la caffeina e la cocaina erano molto usate finché l’eroina e la cocaina divennero disponibili solo su prescrizione.
Dagli anni Trenta incominciò la produzione di amfetamine e rapidamente diventarono l’alternativa alla stricnina.
Dagli anni Cinquanta la squadra sovietica adottò l'uso di ormoni maschili per aumentare potenza muscolare e gli americani, come risposta, iniziarono la produzione e l'uso nello sport degli steroidi di sintesi.
1960 - Alle olimpiadi di Roma il ciclista danese, Durt Jensen, ebbe un collasso e morì a causa di un’eccessiva dose di amfetamina.
1963 - Il Consiglio d’Europa costituì il Comitato sulle droghe nello sport.
1964 - Visibili aumenti delle masse muscolari degli atleti che parteciparono alle olimpiadi di Tokyo.
1967 - Il CIO decise su una definizione di doping e produsse un elenco di sostanze proibite. Nei giochi olimpici entrò la pratica dei test anti-doping.
1988 - Alle olimpiadi di Seul vi fu l'annullamento della medaglia d'oro e del record mondiale di Ben Johnson sui 100 metri piani per uso di anabolizzanti e l'atleta fu sospeso per due anni dalle competizioni sportive.

ARTICOLI SUL DOPING

DONNE E DOPING
Spesso mi chiedo: ma come mai si parla solo di uomini e delle loro usanze "poco salutari" quando ogni giorno sento parlare di donne che abusano di farmaci rientranti nella lista del "doping", per ottenere risultati da primato e chi invece lo faccia solo per perdere cellulite o peso?
Non c'è bisogno di guardare le fotografie di qualche Campionessa di Body Building per farsi un'idea di cosa possa ottenere una donna sottoponendosi a varie cure di prodotti anabolizzanti o GH o altro che sia!
Conosco tante ragazze che si sottopongono a cure a base di estratti tiroidei per essere in forma da spiaggia, o altre che decidono di combattere la ritenzione idrica con diuretici.
Per non parlare di quelle che dopo aver scoperto che il Gh non solo fa ringiovanire, non avendo problemi nell'investire 10-15 milioni di vecchie lire all'anno,si dedichino frequentemente a terapie all'insegna della "lunga vita estetica".
Potrei stare qua ore e ore a raccontare oltre 20 anni di doping e di donne che hanno perso la loro femminilita' "interna" per vedersi qualche kg. di muscolo in piu' e le vene sui quadricipiti; donne che condividano la vita solo con uomini che abbiano lo stesso stile di vita, visto che poveretto sarebbe chi dovesse cercare di vivere una vita assieme a chi abbia scelto la regola del doping come hobby di tutti i giorni!
Vi lascio meditare e sopratutto vi allego un'articolo preso dalla Repubblica, fate voi le dovute conclusioni.

Doping
Doparsi? Non è più reato......
È di meno di un'ora fà la notizia: Cassazione: doping libero nelle palestre! Sentenza shock: non è punibile penalmente chi procura sostanze dopanti se questa condotta non è volta "ad alterare le prestazioni agonistiche degli atleti". Da oggi, 'spaccio' legalizzato tra i dilettanti.
ROMA - Non è punibile penalmente chi procura, commercia o somministra sostanze 'dopanti' ad altri se questa condotta non è volta ad ''alterare le prestazioni agonistiche degli atleti'', o se non è tale da ''modificare i risultati dei controlli sull'uso di questi farmaci o sostanzè'. Lo ha stabilito la Cassazione (sentenza 11277) e non si tratta di una buona notizia. Ci vuole poco, infatti, a immaginare gli effetti di tale sentenza. Chi vende (o spaccia, se preferite) anabolizzanti - o altri prodotti - nelle palestre potrà continuare tranquillamente il suo commercio.
Massima severità, invece, con chi vende doping ai professionisti dello sport. ll guaio è che mentre i professionisti sono seguiti da staff medici di alto livello, i dilettanti del muscolo non sono seguiti da nessuno, assumono prodotti pericolosi per la salute a casaccio, non devono sottoporsi ad alcun controllo antidoping e, ogni tanto, ci lasciano pure la pelle. Si tratta di una piaga sociale, non dello sport. Che la Cassazione non conosce o ha deciso di ignorare respingendo il ricorso del Procuratore presso il Tribunale di Biella che chiedeva la condanna di un giovane sorpreso a commerciare anabolizzanti, vale a dire ''dieci fiale di medicinale Deca Durabolin (nandrolone decaonato), attraverso canali diversi da quelli consentiti dalla legge, accordandosi per la loro cessione a un'altra persona, dietro pagamento''.

GIRO DOPING
Dopo il clamoroso fatto di DOPING (body building) portato alla ribalta nazionale dal settimanale Panorama qualche tempo fa, e alla luce dei nuovi fatti accaduti al Giro d’Italia, la partenza della tappa da Rovereto il 31 maggio p.v., mi da un senso di grande disagio. Infatti il nome della”mia Rovereto” (suo malgrado) per la seconda volta (in poco più di un mese) verrà associato a fatti sportivi inerenti il doping. Il 1°caso lo abbiamo in casa, il 2° lo ospitiamo e a me personalmente questa cosa non piace. Purtroppo che si voglia o no iI Giro d’Italia è diventato la grande vetrina nazionale del doping ….. e passa come esempio sotto gli occhi dei nostri ragazzi. Tutti sanno che il ciclismo è largamente dopato, (chi non ricorda che un “Campionissimo” del passato ad un controllo fu trovato “INCINTO”). Tutti sanno che la maggior parte dei culturisti si dopano e tutti sanno che anche le olimpiadi sono in gran parte dopate. Più uno sport è ricco e più c’è doping. Il mondo dello sport professionistico….? È un mondo ipocrita ! Atleti che iI giorno prima giurano di non doparsi, il giorno dopo vengono trovati positivi……e piangendo in diretta TV, dicono che è colpa del caffèlatte della nonna, oppure: Mi sono agitato e… automaticamente il mio corpo ha reagito alterando i miei valori….…. Ma per piacere! Lo sapevate che la positività alla caffeina, nel 90% dei casi serve a “mascherare”cose ben più pesanti, ma è la squalifica ad essere molto più leggera? Purtroppo anche il pianto in diretta rende loro migliaia di euro. Dovrebbero sottoporsi tutti ad un corso forzato di dignità. Non sono da esempio ai giovani, ne come atleti e tanto meno come uomini. I peggiori però sono gli Ex dopati, quelli che ci fanno la predica sull’ etica nello sport, ……loro……che con il doping, ci sono andati a nozze per anni. Purtroppo il messaggio che scaturisce da tutto questo è: Dopatevi ! Ma fatelo bene! Vincerete, avrete successo popolarità e denaro! Se vi pescano? No problem ! Ci sono sportivi del passato, squalificati perché trovati positivi, che ora ricoprono cariche prestigiose. (Quando mai un “BIG” dello sport ha denunciato qualcuno del suo team?)Ecco così svelato il perché di tanta OMERTA’ nello sport professionistico.Se invece di sport ci vivete, provate a denunciare il doping. Avrete tante parole d’elogio…… e probabilmente finirete senza lavoro e nel dimenticatoio.
Fermate il mondo voglio scendere

27 gennaio 2004
Pugno duro della Federcalcio per i giocatori che dicono no ai controlli sangue-urine: scatteranno le analisi a sorpresa
Doping, niente nazionale per chi rifiuta i test incrociati
Slittano all'autunno le assemblee per il rinnovo dei vertici
ROMA - La Federcalcio passa alle misure forti contro i giocatori che rifiuteranno il test sangue-urine: per loro scatteranno i controlli antidoping sorpresa e saranno esclusi dalla nazionale. Il presidente della Figc, Franco Carraro, è molto esplicito anche se ha sottolineato che il rifiuto di alcuni giocatori non deve preoccupare dato che i nuovi controlli sono ancora "in una fase di rodaggio". "È una novità - ha affermato al termine della riunione del Consiglio federale - e siamo il primo paese che lo fa nel corso del campionato. Il nostro obiettivo è che entro la fine della stagione la percentuale di quanti rifiutano il prelievo siano vicini allo zero".
La decisione di non chiamare in azzurro chi rifiuta i test sangue-urine potrebbe stupire. Se non fosse che agli Europei in Portogallo e alle finali degli Europei under 21 questi controlli saranno obbligatori.
Nel consiglio di oggi si è anche parlato dell'assemblea straordinaria fissata per il prossimo 2 febbraio e rinviata per due motivi: il Consiglio vuole aspettare un approfondimento sul problema dello statuto dopo il provvedimento Urbani-Pescante che ha riformato la legge Melandri. Ma è anche lo scontro tra la Lega e altre componenti, compresa la Federcalcio, a impedire di fatto che lunedì si possa svolgere l'assemblea, già sfumata nella sostanza nel settembre scorso proprio, causa l'ostruzionismo della Lega.
A questo proposito il vice presidente della Lega Antonio Matarrese ha detto che con il rinvio si è voluto evitare "che la Figc subisca un altro affronto e che si arrivi a un altro scontro che non fa bene al calcio". Parole tutto sommato distensive, che avvicinano le parti, che quanto meno sembrano animate da buoni propositi nel discutere prima di decidere. Certo, l'Assemblea avrebbe accelerato i tempi ed avrebbe messo i paletti (leggi regole, ndr) prima dell'iscrizione ai vari campionati che, come ha ricordato Carraro alla fine del Consigilio federale, "è decisa dalla Covisoc". "Se dovessimo organizzare l'Assemblea straordinaria - ha continuato il presidente Figc - non possiamo farla prima degli Europei ma soltanto dopo, visti gli impegni internazionali pressanti". Dunque discorso rinviato a data da destinarsi e con altre idee in testa, perché adesso l'interesse principale è verso la nazionale che giocherà gli Europei a giugno ma che prima sarà interessata da una serie di amichevoli di preparazione.
"Personalizzare lo scontro tra Lega e Federcalcio - ha proseguito Carraro - non è giusto. Quello che è avvenuto la scorsa estate ha portato a conseguenze drammatiche, ma il diritto di veto non si può estendere a tutte le materie".
Carraro ha anche illustrato il calendario messo a punto per i rinnovi dei vertici di Leghe e Federazione: a metà ottobre si svolgerà l'assemblea della Figc mentre a settembre ci saranno quelle delle Leghe e delle varie componenti tecniche.
Tra i provvedimenti presi oggi dal Consiglio federale ci sono anche alcune modifiche al manuale delle licenze Uefa per consentire l'avvio nell'ambito della Figc. Il Consiglio federale ha recepito la nuova lista Wada (agenzia mondiale antidoping), delle sostanze vietate approvata dalla giunta Coni il 23 gennaio scorso.
Carraro ha infine annunciato di aver deciso di presentare la sua candidatura all'esecutivo Uefa, al congresso il programma il 22-23 aprile a Cipro.
Infine, ma non meno importante, Carraro ha affrontato l'argomento riguardante il decreto spalma-ammortamenti: "Il calcio ha commesso errori, ma chi sostiene che lo Stato abbia aiutato il calcio dice il falso. Noi uomini di calcio riteniamo sia ingiusto subire processi demagogici. Certo è che si devono esaminare con freddezza i problemi. Io dico sì all'attenzione sui conti del calcio, ma questa attenzione non deve essere costosa".
19 gennaio 2004
L'apposita commissione del ministero presenta i primi dati
L'uso di sostanze vietate diffuso soprattutto negli sport minori
Doping, un anno di controlli positivi tre sportivi su cento
Il generale Borghini (Nas): "Si teme interesse della criminalità"
E il 65-70% degli atleti prende troppe medicine e integratori
ROMA - Doping, fenomeno allarmante e in continua espansione. Lo confermano i dati raccolti dall'apposita commissione ministeriale nel suo primo anno di attività: è risultato positivo il tre per cento degli sportivi italiani sottoposti a test. Nel corso del 2003 sono stati effettuati 735 controlli su 34 federazioni sportive. Ed è emerso un preoccupante aumento dell'uso di sostanze vietate, soprattutto tra chi pratica gli sport cosiddetti minori. Non più quindi soltanto ciclisti, calciatori e corridori ma anche culturisti e appassionati del tiro a volo.
I controlli antidoping del Coni e delle Federazioni sportive nazionali negli anni 2000, 2001 e 2002 avevano dato percentuali di positività rispettivamente dello 0,9%, dello 0,8% e dello 0,6%. Dalle verifiche realizzate lo scorso anno dal ministero della Salute, ha spiegato Giovanni Zotta, presidente della commissione di vigilanza sul doping, "è stata riscontrata una percentuale di positività cinque volte maggiore".
Allarmanti sono anche i dati relativi all'assunzione di medicine e integratori: il 65-70% degli atleti sottoposti a controllo antidoping ha dichiarato di prendere farmaci, soprattutto antinfiammatori non steroidei, assunti nel 35% dei casi, nel 37% integratori e nel 2% prodotti erboristici o omeopatici. "Gli sportivi di casa nostra - ha commentato Luciano Caprino, ordinario di Farmacologia all'Università La Sapienza di Roma e vice presidente della commissione - prendono troppi integratori e farmaci per uso diverso da quello indicato e autorizzato, con altissimi rischi di effetti collaterali".
Tornando al doping, la scelta di controllare diverse specialità sportive si è basata sull'ipotesi che il fenomeno fosse diffuso in tutte le discipline. Il 14% dei controlli sono stati effettuati sulla Federazione Italiana Gioco Calcio. Tutti gli altri sono stati fatti su federazioni che negli ultimi cinque anni avevano avuto pochi o nessun controllo: la Federazione italiana triathlon, dove il 50% del campione è risultato positivo (due casi su quattro); la Federazione italiana pesistica e cultura fisica, con il 25% di positività (quattro su 16); la Federazione italiana tiro a volo, con il 12,5%; la Federazione italiana gioco Squash anche essa con il 12,5% di positività.
I dati sono stati presentati nel corso di un convegno nazionale all'Istituto superiore di sanità dedicato proprio alla tutela della salute e la lotta al doping.
Molte le riflessioni suscitate dal fatto che ad utilizzare le sostanze siano proprio gli atleti che praticano sport minori, non quelli sui quali viene esercitata una pressione da parte del mercato o degli sponsor. "È proprio questo aspetto - ha affermato Roberta Pacifici dell'Osservatorio fumo, alcol e droga dell'Istituto superiore di sanità e membro della Commissione ministeriale - che fa più riflettere".
Un aspetto che desta preoccupazione in quanto si tratta di realtà più difficili da controllare. "Il ministero della Salute - ha aggiunto Zotta - intende proseguire su questa strada intensificando i controlli in quelle discipline in cui dai primi dati è risultato più grande il fenomeno del doping estendendo i controlli anche fuori dalle gare nel corso, ad esempio, degli allenamenti". Ciò sarà possibile anche grazie ai 3 milioni 500 mila euro stanziati nella Finanziaria 2004 per aumentare i controlli ed investire in prevenzione.
E dietro il doping ci sono sicuramente vastissimi interessi economici. E, come ha sottolineato il comandante dei Nas, generale Emilio Borghini, durante il convengo "c'è un'ipotesi di coinvolgimento
della criminalità organizzata dietro il traffico di sostanze dopanti". "Fortunatamente è intervenuta la legge 376 - ha aggiunto l'ufficiale - che prevede anche sanzioni penali. Attualmente ci sono controlli in tutta Italia".

 

I DANNI ALLA SALUTE CHE PROVOCA L’EPO

Il metodo cosiddetto dell’emotrasfusione e l’ormone eritropoietina rappresentano due fondamentali mezzi di doping ematico nella pratica dello sport, soprattutto nelle specialità di resistenza, laddove – cioè – è di fondamentale importanza il possesso di efficienti meccanismi di trasporto dell’ossigeno ai diversi distretti organismici e di cessione dello stesso ai tessuti impegnati nel lavoro.
L’eritropoietina è, come detto, una sostanza ormonale prodotta naturalmente dall’organismo sano, che svolge il fondamentale compito di stimolare la produzione e la crescita dei globuli tossi (o eritrociti o emazie). Questa funzione di stimolazione dell’eritropoiesi viene esercitata dall’eritropoietina nel midollo osseo, sul gruppo cellulare cosiddetto dell’eritrone. L’eritropoietina agisce soltanto sulle cellule più adatte, essendo in grado di attivare una sorta di selezione che elimina le cellule meno buone, consentendo solo ad alcune di passare attraverso differenti linee di maturazione e di diventare, alla fine, eritrociti. Tale processo, in verità assai complesso, si definisce apoptosi. Questo processo è tipico dell’eritropoietina endogena, ma non di quella introdotta dall’esterno (esogena, industrialmente prodotta, allo scopo di curare alcune gravi patologie renali).
L’eritropoietina ricombinante umana (rHuEPO) non è in grado, infatti, di selezionare, all’interno dell’eritrone, le cellule più adatte per diventare eritrociti: tale incapacità di discernimento (risultante nell’inibizione dell’apoptosi) comporta che tutte le cellule dell’eritrone, anche quelle imperfette, passino attraverso i previsti livelli di maturazione e diventino eritrociti. Secondo le segnalazioni provenienti dalla letteratura scientifica, ciò comporterebbe il rischio di sviluppare nel tempo addirittura malattie tumorali oltre che altre gravi patologie (eritroleucemia, policitemia vera, aplasia della serie rossa da formazione di anticorpi anti-EPO, leucemia mieloide acuta da aumentata concentrazione di EPO nel sangue, ecc).
Ma sono diversi i rischi che, oltre a quello sopradescritto, sono insiti nell’uso – specie se massiccio e se protratto, come avviene in diversi atleti - dell’eritropoietina ricombinante:
tendenza alla trombofilia, indipendente dal valore di ematocrito: infatti, l’EPO ha la capacità di inibire fattori della coagulazione del sangue, come la proteina "S", motivo per il quale – anche con valori di ematocrito assai bassi – può verificarsi la formazione di trombi intravascolari, nei diversi distretti ed organi corporei (fegato, reni, polmoni, ecc.);
tendenza alla trombofilia, dipendente dal valore dell’ematocrito: infatti, l’emoconcentrazione, dovuta all’incremento della massa dei globuli rossi circolanti, può comportare la formazione di grumi e di coaguli sanguigni, all’interno sia delle cavità cardiache atriali e ventricolari sia dei vasi sanguigni, venosi ed arteriosi, dei diversi distretti ed organi corporei (fegato, reni, polmoni, ecc.);
emoconcentrazione, ovvero neutralizzazione del fenomeno della emodiluizione (cosiddetta pseudo-anemia dell’atleta di resistenza), che è fenomeno decisamente positivo, soprattutto perché responsabile sia di un miglior rendimento meccanico del cuore, sia della costituzione di una elevata riserva di liquidi da impiegare per la sudorazione;
potenziale incremento delle resistenze vascolari nelle zone profonde del cervello, con possibile instaurarazione di un invecchiamento precoce delle strutture, di anticipazione delle modificazioni degenerative età-dipendenti, di alterazione del ruolo fisiologico delle sostanze deputate alla trasmissione degli impulsi nervosi, di aumento delle azioni negative esercitate dai radicali liberi, ecc.);
ipertensione, conseguente sclerosi vascolare (nei diversi distretti ed organi corporei, come fegato, reni e polmoni) ed accresciuto rischio di infarto;
convulsioni;
encefalopatia ipertensiva;
leucoencefalopatia (con modificazioni della sostanza bianca cerebrale.
Alcuni dei danni connessi all’utilizzazione dell’EPO ricombinante umana, a scopo di doping, sono tipici anche della pratica dell’emotrasfusione, della quale l’uso di EPO può essere considerata come una più "moderna" continuazione. L’emotrasfusione comporta, da parte sua, altri rischi assai gravi:
emolisi, con massiccia distruzione di globuli rossi, dovuta soprattutto a sangue non compatibile e manifestantesi con la comparsa nel plasma e nelle urine di emoglobina, arrossamento del volto, dolori addominali, ecc.;
emosiderosi, ovvero aumento dei depositi di ferro nel fegato, nel pancreas, nel cuore e nelle ghiandole, con rischio di sviluppare una emocromatosi;
ipertermia, ovvero pericoloso incremento della temperatura corporea, in seguito a stimolazione del centro termoregolatore da parte di sostanze pirogene (prodotte da inquinanti batterici del sangue conservato), con conseguente inefficace processo di smaltimento del calore corporeo;
ittero emolitico, per passaggio dei pigmenti biliari, dal circolo sanguigno ai tessuti;
nefrite, ovvero insieme di lesioni reattive sia dei glomeruli renali sia delle microscopiche anse capillari che ne fanno parte, ipertensione arteriosa, alterazioni dell’urina (nel ritmo, nella quantità, nelle modalità di escrezione, nelle stesse caratteristiche chimico-fisiche);
reazioni allergiche a conservanti, a farmaci e ad altri additivi del sangue, con possibilità di reazioni umorali (febbre, orticaria, dolori agli arti, ingrossamento delle ghiandole linfatiche), alterazioni anche gravi di cute e mucose (eruzioni, fotodermatosi, edema dei tessuti, congiuntiviti, riniti, nefriti), depressione della funzionalità del midollo osseo (con comparsa di anemia, trombocitopenia, agranulocitosi, ecc.), epatite allergica;
shock emolitico, con cefalea, artralgie, lombalgia, vertigine, sudorazione, brividi, febbre, collasso cardiocircolatorio, ipotensione, perdita della coscienza, ecc.).

 

IL NANDROLONE, UN DOPING ANTICO

Il Nandrolone, rinvenuto nei test antidoping effettuati su molti atleti - ultimi la velocista giamaicana Merlene Ottey e lo sprinter britannico-olandese Douglas, è uno steroide anabolizzante apparso sul mercato nel 1959. E', forse, assieme al testosterone, l'ormone che presiede a molte funzioni biologiche riguardanti la forza, uno dei prodotti dopanti più utilizzati nello sport. Prescritto normalmente per curare la magrezza costituzionale, la denutrizione e la fragilità delle ossa, soprattutto negli anziani, viene utilizzato dagli sportivi per "gonfiare" i muscoli e fare fronte, in questo modo al "catabolismo", cioè alla distruzione della massa muscolare dovuta agli allenamenti intensi. La presenza del Nandrolone nelle urine è misurata attraverso l'identificazione di due metaboliti, il 19 NA e il 19 NE, che sono il prodotto finale della degradazione della sostanza nell'organismo. E' ancora controverso dal punto di vista scientifico se l'uomo possa produrre in via endogena il Nandrolone. Una minima quantità di questa sostanza è stata rilevata nelle urine delle donne incinte. Ma si tratta di entità minime: da 1 a 2 nanogrammi (un nanogramma = un miliardesimo di grammo). Molto recentemente il dottor Louis Dehennin, che già aveva evidenziato la possibilità di rintracciare Nandrolone nelle donne in stato di gravidanza, ha constatato che tracce di Nandrolone potrebbero trovarsi anche nell'uomo. Per questo, anche se al momento i regolamenti del CIO non prevedono un "barrage", cioè che la positività venga legata al superamento di una certa quantità rilevate nelle urine, i laboratori internazionali di controllo antidoping hanno trovato una sorta di "gentleman agreement", per cui si considera "positivo" l'atleta nelle cui urine la concentrazione dei metaboliti del Nandrolone superi i 2 nanogrammi. Negli ambienti sportivi c'è l'opinione che questa sostanza non sia particolarmente dannosa per il fisico umano. Ma è un'impressione sbagliata: il Nandrolone rischia di provocare oppure di accentuare (se ereditaria) la tendenza al diabete; provoca, inoltre problemi al sistema cardiovascolare, delle disfunzioni al pancreas oltre che a "mascolinizzare" marcatamente l'aspetto delle donne.

 

IL DOPING DA GH

Introduzione
Lo sport è non solo esperienza fisica, ma anche educazione a valori quali l'autodisciplina, il rispetto per se stessi, per l’avversario e per le regole; volontà e spirito di sacrificio. Negli ultimi anni, il notevole incremento delle conoscenze di fisiologia umana, ha permesso lo sviluppo di nuove pratiche d’allenamento atte al miglioramento delle prestazioni degli atleti nelle competizioni sportive. Tale conoscenza, accanto a tecniche e metodi leciti ha altresì aperto nuovi orizzonti anche per quanto riguarda metodologie di doping nuove e più sofisticate. Per doping s’intende oggi l'uso non giustificato da motivi terapeutici di farmaci e l'adozione di pratiche o artifici tesi ad accrescere artificialmente il rendimento psicofisico. Nello sport il ricorso ad agenti dopanti costituisce non solo un illecito sportivo, ma mina il valore della competizione sportiva distruggendone i valori morali, etici, sociali. E - quel che più conta - il più delle volte è dannoso alla salute.
Prima dei recenti sviluppi scientifici, il doping più frequentemente praticato, era costituito dal ricorso a xenobiotici, ad esempio stimolanti, facilmente rintracciabili nelle urine. La tecnica del DNA ricombinante, ha permesso la preparazione d’ormoni peptidici dalla struttura identica a quell’umana in grandi quantità, ad esempio l’eritropoietina e l’ormone della crescita (Growth Hormone, GH). La disponibilità di tali ormoni, per la medicina tradizionale, ha rappresentato un enorme progresso, permettendo la cura di patologie invalidanti, ad esempio il nanismo ipofisario. Ma - per contro - ha consentito anche un uso atipico, fuori dalle normali terapie allo scopo di migliorare le prestazioni fisiche. Ad esempio, l' rGH, è attualmente ampiamente utilizzato a scopo di doping in quegli sport che necessitano l’incremento delle masse muscolari. L’abuso di tali sostanze, fuori dai tradizionali limiti terapeutici, pone nuove problematiche e impone lo sviluppo di nuove strategie di controllo.
Fisiologia
L’ormone della crescita (growth hormone, GH) è un ormone polipeptidico, costituito da una sequenza di 191 aminoacidi, del peso di 21.500 D, con una emivita di 20-50 minuti, sintetizzato dall'ipofisi anteriore.
Secrezione. La secrezione del GH è sotto il controllo di due fattori ipotalamici: il growth hormone-releasing hormone (GRH), che è stimolante e la somatostatina (SS), che è inibente. Questi due ormoni sono parte di un complesso meccanismo di regolazione influenzato da fattori metabolici, ormonali e neurologici (Tab.1).

Tab. 1: Fattori che influenzano la secrezione del GH.
Fattori stimolanti Fattori inibenti
FISIOLOGICI

Sonno
Esercizio fisico
Stress
Iperaminoacidemia post-prandiale
Ipoglicemia post-prandiale FISIOLOGICI
Iperglicemia post-prandiale
Acidi grassi circolanti

FARMACOLOGICI
Insulina
GRH
ACTH, aMSH, vasopressina
b-endorfina
Estrogeni
Agonisti a-adrenergici (clonidina)
Antagonisti b-adrenergici (propanololo)
Dopamino agonisti (levodopa, apomorfina, bromocriptina)
GABA agonisti (muscimol)
Pirogeni FARMACOLOGICI
Somatostatina
GH
Progesterone
Glucocorticoidi
Antagonisti a-adrenergici (fentolamina)
Agonisti b-adrenergici (isoproterenolo)
Serotonino antagonisti (metisergide)
Dopamino antagonisti (fenotiazine)

PATOLOGICI
Deplezione proteica
Cachessia
Anoressia nervosa
Insufficienza renale cronica
Acromegalia PATOLOGICI
Obesità
Ipo ed ipertiroidismo

La modalità della secrezione è pulsatile, con una periodicità di circa tre ore, con picchi associati all’assunzione dei pasti e all’attività fisica. Il 70% della produzione del GH avviene nel sonno notturno, con picchi durante le fasi 3 e 4. I picchi secretori si diradano progressivamente con il passare degli anni. La produzione giornaliera in un adulto sano e dell’ordine di 400 micg. Il GH circola nel plasma legato a proteine simili alla porzione esterna del recettore per il GH: growth hormone binding protein (GHBP). I valori ematici medi nell’adulto a digiuno al mattino sono inferiori a 5 mcrg/ml. L'attività fisica determina una secrezione del GH, inversamente correlata al grado di allenamento, in relazione con la soglia anaerobica.
Gli effetti del GH sono in parte diretti, come ad esempio l’effetto diabetogeno e lipolitico ed in parte mediati da fattori insulino simili: Insulin Growth Factor (IGF-1, IGF-2). L’IGF-1 è prodotta in numerosi tessuti dove agirebbe sia per via autocrina che per via paracrina. La quota circolante è essenzialmente di produzione epatica. Le IGF sono legate a proteine vettrici le IGF-binding protein (IGFBP), di cui attualmente ne sono state identificate 6. Il 75 % dei peptidi IGF circolano legati ad una molecola di IGFBP3 ed a una proteina denominata Acid-Labile subunit (ALS), costituendo un composto ternario. L’emivita della IGF è di circa 10 minuti, di 1-2 ore se legata alla IGFBP, mentre il composto ternario ha emivita di 12-15 ore. Sia la IGFBP3 che la ALS sono indotte dal GH. L’IGF-1 agisce stimolando la sintesi proteica ed inoltre stimola l’eritropoiesi e la steroidogenesi. Grazie alla tecnica del DNA ricombinante è attualmente disponibile per la terapia, ad esempio del nanismo di Laron: pazienti in cui mancano i recettori per il GH e quindi sono nani con elevati valori di GH e assente IGF-1.
L'asse GH-IGF agisce fisiologicamente sul metabolismo glicidico, determinando iperglicemia; protidico, aumentando la captazione cellulare di amminoacidi ed accelerando trascrizione e traduzione di mRNA, favorendo quindi l'anabolismo proteico e lo sviluppo delle masse muscolari; lipidico, determina lipolisi con aumento degli acidi grassi liberi e dei corpi chetonici.
Uso ed abuso
Nei pazienti affetti da deficit di GH, per la terapia sostitutiva, si somministrano da 0.1 a 1 mg al giorno. Probabilmente la dose dell'ormone utilizzata a scopo di doping è notevolmente maggiore. Per evidenti motivi, non vi sono studi controllati sugli effetti dell'abuso del GH.
Gli effetti collaterali osservati nei pazienti affetti da deficit di GH posti in terapia con rGH, soprattutto quando agli esordi di tale terapia si prescrivevano dosaggi più elevati degli attuali, sono: ritenzione di fluidi, edemi, sindrome del tunnel carpale, artralgie, mialgie, parestesie, lipoatrofia nei punti di inoculazione, ginecomastia, ipertensione intracranica benigna con papilledema e cefalea, pancreatite acuta. Vi sono dati non confermati che indicherebbero un’aumentata incidenza di leucemia.
Nell’acromegalia, patologia dovuta alla presenza di un adenoma ipofisario secernente GH, le alterazioni sono correlate sia con i valori del GH che con la durata della malattia. Anche se, probabilmente, l’abuso a scopo di doping non porta ai livelli plasmatici di GH elevatissimi che si riscontrano in questa condizione, vogliamo citare gli effetti sistemici dell’abnorme secrezione di GH: iperglicemia, cardiomegalia con cardiomiopatia, cardiopatia ischemica, sindrome del tunnel carpale, acromegalia, visceromegalia, poliposi intestinale, patologia nodulare tiroidea, possibile induzione neoplastica soprattutto a livello del colon, ipertensione arteriosa, ipertricosi, dislipidemia.
Controllo anti-doping
L'uguale struttura molecolare fra ormone nativo (endogeno) e ormone ricombinante (assunto per via esogena) non ne permette ancora la distinzione in laboratorio con i mezzi attualmente a disposizione. Mentre il tipo di secrezione (a picchi) e la breve emivita rendono assai difficile la ricerca di questa sostanza nei test antidoping sia sul sangue che sull'urina. Anche se da tempo in varie parti del mondo (anche in Italia) si stanno conducendo studi tesi proprio a questo obbiettivo. Mentre nell'applicazione di un eventuale metodo antidoping si dovrebbe tener conto anche dei tempi: test pre-gara o a sorpresa piuttosto che i tradizionali prelievi post gara che potrebbero dare adito a falsi positivi.
Attualmente non si conoscono ancora metodi e analisi sensibili e sicure per identificare il doping da rGH. Anche se un'equipe europea (cui partecipano anche ricercatori dell'Università di Napoli) ci sta lavorando e sembra molto vicina all'obbiettivo. Per il futuro, dunque, si dimostrano necessari:
a) analisi di campioni di sangue durante il periodo di allenamento, con dosaggio di IGF-1, IGFBP-2, IGFBP-3;
b) una più stretta collaborazione con le case farmaceutiche che producono l’rGH per evitare che partite di tale preziosa risorsa della clinica endocriologica, finiscano sul "mercato" del doping.

I CORTICOSTEROIDI
Con il termine corticosteroidi, o più correttamente steroidi corticosurrenaIici, si rappresenta una
serie di sostanze prodotte dalla corteccia surrenale la cui sintesi è regolata dall'ipofisi attraverso
l'ormone corticotropina (ACTH). Del consistente numero di corticosteroidi surrenalici immessi in circolo soltanto alcuni sono significativamente biologicamente efficaci. Sono quelli che si legano direttamente alle cellule bersaglio, mentre i restanti sono inattivi o precursori di molecole attive. La classificazione di questi composti viene effettuata in base alla capacità di poter intervenire sul metabolismo glucidico (gIucocorticoidi); oppure alla possibilità di provocare una ritenzione salina (mineraIcorticoidi) ed all'espletamento di attività androgena ed estrogena. Nel contesto del tema "doping" sono di relativa importanza soltanto i glucocorticoidi.
Il più importante glucocorticoide presente negli esseri umani è il cortisolo noto anche come
idroicortisone. Tale sostanza viene prodotta dall'organismo con ritmo circadiano (prevalentemente
nel sonno) in quantità pari a 10 - 20 mg/die. Una volta prodotto ed immesso in circolo
nell'organismo viene legato per circa il 75% ad una proteina specifca (CBG), la quota rimanente e
che rappresenta la parte attiva è legata all'albumina.
L'emivita, plasmatica del cortisolo è di circa 60 - 90 minuti, il 20% è convertito in cortisone e
successivamente ambedue le molecole sono inattivate a livello epatico; soltanto l' 1% del cortisolo
prodotto viene escreto tal quale nelle urine.
L'azione biochimica, di questa sostanza si espieta principalmente a livello del DNA cellulare
attivando, od inibendo, zone dello stesso e quindi stimolando o reprimendo la produzione di
proteine geneticamente determinate. Altresì è stato dimostrato che alcune ed importanti reazioni
biochimiche possono avvenire soltanto in presenza di glucocorticoidi sebbene la loro velocità sia
indipendente dalla concentratone degli stessi.
In particolare i glucocorticoidi influenzano il metabolismo dei carboidrati , delle proteine e degli
acidi grassi; queste proprietà, in caso di abuso, sono responsabili degli effetti collaterali collegati
alla sommiinistrazione di queste sostanze.
I glucocorticoidi stimolano la glicogenogenesi, favoriscono la produzione di glucosio dal catabolismo proteico ed inibiscorto la captazione di quest'ultimo da parte delle cellule adipose con consequenziale aumento della lipolisi. In ogni caso lo stimolo alla produzione di insulina correlato alla glicogenogenesi annulla l'effetto lipolitico facendo in modo che il bilancio finale sia correlato ad un aumento dei depositi di grasso.
Sebbene queste sostanze stimolino la sintesi di RNA e delle proteine l'effetto catabolico esercitato
su questultime è di gran lunga superiore. Ovviamente tale situazione si verifica quando la
concentrazione dei glucocorticoidi circolanti è superiore a quella fisiologica (quindi in caso di
somministrazione) infatti oltre ad un aumentato catabolismo dei grassiì, si riscontra un aumentatato
catabolismo della massa muscolare, della cute, del tessuto linfatico e dei tessuto connettivo;
associata a queste situazioni è evidenziabile una demineralizzazione delle ossa con conseguenti
manifestazioni di osteoporosi.
Dal punto di vista terapeutico i glicocorticoidi vengono utilizzati per le loro accertate attività
antinfiammatorie ed immunosoppressive; l'attività antinfiammatoria viene espletata attraverso
l'inibizione della fosfolipasi A2, aumentando la concentrazione dei polimorfinucIeati neutrofili e
diminuendo quella delle altre categorie in cui sono suddivisi i globuli bianchi. L'inibizione
dell'attività della fosfolipasi A2 comporta una diminuzione della produzione di prostaglandine e di
leucotrieni fattori determinanti l'instaurazione di un processo infiammatorio.
Qualora applicati localmente i corticoidi provocano una vasocostrizione, con conseguente
diminuzione della permeabilità dei vasi sanguigni capillari, e producendo come effetto finale una
diminuzione del rilascio di istamina da parte dei granulociti basofili.
Si tralasciano gli aspetti biochimici associati all'attività immunosoppressiva di questi farmaci in
quanto non dInteresse per l'argomento in oggetto.
Data l'enorme importanza che a tutt'oggi questi farmaci rivestono per la cura dell'infiammazione e di altri disordini imnunitari appare ovvio che la ricerca scientifica sia stata indirizzata verso la realizzazione di molecole sintetiche più efficaci ed efficienti di quelle prodotte dall'organismo. I glucocorticoidi di sintesi, prodotti utilizzando acido colico come molecola basale, differiscono lievemente da quelli naturali, ed in particolare, le modificazioni apportate sono state indirizzate quasi esclusivamente ad aumentare l'emivita delle sostanze stesse lasciando inalterate le attività biochimiche espletate.

Nella tabella qui sotto i glucocorticoidi sintetici più comunemente ufflizzati
Glucocorticoidi ad azione breve Glucocorticoidi ad azione intermedia Glucocorticoidi ad azione protratta
Cortisone Triamcinolone Betametasone
Fluocortone Parametasone Desametasone
6-Metilprednisolone Fluprednisolone
Meprednisone
Predinsone
Prednisolone

Gli effetti collaterali derivanti dalla sommnustrazione di glucocorticoidi sono consequenziali sia alla quantità della sosstanza sommnustrata che alla durata dei trattamento. Bassi dosaggi e tempi di somministrazione brevi non evidenziano l'insorgenza di effetti collaterali degni di rilievo. Viceversa somministrazioni pari a 50 - 100 mg/die (dose equivalente) comportano la comparsa di arrotondamento e rigonfiamento del viso, aumento della peluria sulle cosce e sul tronco, insonnia ed aumento dell'appetito. Qualora il trattamento, con le sopracitate quantità, venisse protratto nel tempo potrebbe verificarsi l'insorgenza di effetti indesiderati ben più gravi quali: aumento di peso, riduzione delle masse muscolari iperglicemia, osteoporosi ulcere gastriche, psicosi, cataratte, glaucorna, ritenzione di sodio e perdita di potassio, ipertensione arteriosa, micosi ed infezioni batteriche.
In ambito sportivo la somministrazione di corticosteroidi è proibita ad eccezione dell'uso topico (orecchio, occhi, derma) , per inalazione e per via intrarticolare (che comunque deve essere segnalata per iscritto, èreventivamente dal medico curante, agli organi competenti). La somministrazione per via rettale è comunque proibita.

 

LE NUOVE FRONTIERE DEL DOPING
SOSTITUTI DEL SANGUE: UN PERICOLO FACILMENTE NEUTRALIZZABILE

Negli ultimi anni l’evoluzione tecnologica e la ricerca scientifica in campo medico non subiscono battute d’arresto. Ne sono riprova le numerose molecole e/o preparazioni – di indubbia efficacia – che vengono continuamente immesse sul mercato.Tra le ultime novità ecco "sostituti del sangue" che rivestono un ruolo assai importante per quanto riguarda la salute pubblica, in quanto ricoprono un ruolo fondamentale nelle terapie di pronto soccorso e in certi interventi chirurgici a carattere di emergenza. Fino a pochi anni fa era ritenuto impossibile produrre sinteticamente prodotti alternativi al fluido biologico indispensabile alla vita umana. Oggi non è più così. Naturalmente si tratta di sostituti "sui generis", cioè prodotti ben lungi dall’espletare tutte le funzioni biochimiche del sangue. Ma, essendo caratterizzati dalla capacità di trasportare l’ossigeno, rappresentano una valida alternativa quando si presenti questa necessità negli interventi chirurgici più delicati. La maggior parte delle attività immunologiche e coagulative del sangue, dunque, non sembra attualmente riproducibile in termini di sintesi, ragion per cui la ricerca si è rivolta verso la caratteristica più abbordabile, quella, appunto del trasporto di ossigeno.
Questi prodotti che citeremo come "trasportatori di ossigeno", pur essendo incompleti dal punto di vista biochimico, presentano alcuni considerevoli, vantaggi rispetto alle usuali trasfusioni. Tra questi c’è prima di tutto la disponibilità (il sangue omologo o anche eterologo non sempre è disponibile) , il lungo periodo di conservazione, la possibilità di essere completamente slegati dai gruppi sanguigni e dalla presenza o meno del fattore "rh" nella somministrazione e l'elevato rapporto molecolare di trasporto.
Le tecnologie utilizzate per la loro produzione differiscono a seconda del tipo di "trasportatore d’ossigeno". Attualmente ne esistono di due soli tipi: i trasportatori a base emoglobinica e i perfluoroderivati. Per quanto riguarda i trasportatori a base emoglobinica il primo approccio scientifico di produzione è stato quello di utilizzare l’emoglobina estratta dai globuli rossi umani. Tale tipo di tecnica è risultata scarsamente praticabile in quanto la molecola dell’emoglobina, costituita da quattro sub-unità, una volta infusa si divide in due parti ciascuna delle quali comprende due sub-unità, con conseguente diminuzione della capacità legante dell’ossigeno. Inoltre, tale forma molecolare risulta tossica per l’organismo e crea numerosi problemi di carattere biochimico. L’ipotesi di utilizzare emoglobina umana è stata presto scartata. I trasportatori di ossigeno della prima generazione sono stati, dunque, realizzati attraverso la produzione di emoglobina modificata attraverso tecniche genetiche a DNA ricombinante cross-legandola in modo tale da dare origine a forme di poliemoglobina. Questa soluzione (cross-legare chimicamente l’emoglobina) ha risolto il problema della sua instabilità e questa procedura è stata estesa coniugandola con polimeri solubili: sono nate così le cosiddette "emoglobine coniugate". Esistono, inoltre, altre combinazioni di cross-legame chimico con altre sostanze realizzate a seconda delle necessità clinico- terapeutiche di utilizzo.
Nell’altra classe di trasportatori di ossigeno la molecola di base è un perfluoro derivato. I perfluoro derivati presentano una elevata capacità di rendere solubile l’ossigeno, tale da consentire concentrazioni superiori fino a 50 volte quelle presenti nel plasma normale. Questi prodotti, però, necessitano di essere legati ad altre particelle, che, nel caso specifico, sono rappresentate da prodotti lipidici. Tale combinazione, in soluzione acquosa, dà origine ad una emulsione costituita da particelle molto piccole, che può essere infusa nel paziente. I prodotti di prima generazione sono stati praticamente dismessi in quanto poco efficaci: la quantità "fisiologica" che poteva essere somministrata non dava luogo ad apprezzabili benefici. La situazione è migliorata con l’introduzione dei perfluorocarburi e di altre molecole quali il perfluorottilbromuro, utilizzanto lecitina come supporto.
Essendo trasportatori di ossigeno ed essendo la capacità di trasportare ossigeno fondamentale nelle discipline sportive, specie quelle a base aerobica, è chiaro come la possibilità che tali sostanze siano utilizzate per alterare la performance agonistica sia reale. Ma una tale pratica al di fuori dal necessità cliniche legate ad una qualche patologia non può essere consentita e quindi va inquadrata come vera e propria pratica doping. Tra l’altro, nonostante i dati a disposizione siano ancora pochi, data la relativamente recente introduzione di tali preparati, si ritiene che l’abuso o l’uso non terapeutico di tali sostanze possa comportare, nel caso di componenti emoglobinici gli stessi problemi legati al cronico utilizzo delle trasfusioni (non infettivologici); per i perfluoroderivati sono stati già evidenziati effetti indesiderati per il fegato.
Fortunatamente tali sostanze sono facilmente rintracciabili e questo rappresenta il freno maggiore ad una loro potenziale diffusione. Infatti, anche un comune laboratorio dotato di una banale apparecchiatura quale lo spettrofotometro, un cromatografo liquido ad alta prestazione (HPLC) ed un emogasanalizzatore, non lascerebbe scampo ai soggetti che praticassero questo tipo di abuso.
Ma, naturalmente, occorre una ricerca mirata e nelle procedure del Cio questa semplice verifica non c’è ancora.

ECCO LA SUPER-EPO
NESP, O ARANESP, O DARBEPOETINA

COS'E':
La Darbepoetina (nome comune, Nesp, ovvero: Novel Erithropoiesis Stimulating Protein o Aranesp) è una proteina sintetica che stimola la produzione dei globuli rossi del sangue. Prodotta dalla Amgen di Los Angeles con tecniche ricombinanti, è un farmaco prezioso per curare i malati di reni, alcuni tipi di tumore, i dializzati e le anemie. E’ più costosa dell’epo, ma dieci volte più efficace.
COME LA USANO:
Si somministra per iniezioni endovenose o sottocutanee. La struttura chimica (è coniugata con 5 molecole di acido sialico, invece di due) consente una lunga permanenza nell’organismo ed espleta la sua attività più a lungo; una dose basta per una settimana, mentre con l’epo, a parità di effetti, occorrono dosi almeno bi-giornaliere.
GLI EFFETTI:
Si hanno entro otto giorni dall’iniezione; e consistono nell’aumento dei globuli rossi, il che vuol dire più capacità di trasportare ossigeno ai muscoli, cioè migliori prestazioni a base aerobica (sport di resistenza) e migliore recupero.
LE PRESTAZIONI:
Il miglioramento della disponibilità di ossigeno è valutato fra il 9% e il 20% (Ekblom)

L'EMATOCRITO:
L’ematocrito (parte corpuscolata del sangue) sale dai valori-base 42%-44% fino aL 60% ed oltre, secondo le dosi e la durata del trattamento.
EFFETTI COLLATERALI:
Simili a quelli dell'epo:
IMMEDIATI: infezioni, ipertensione, epilessia, ictus, diarrea, sangue più denso, trombosi vascolare, insufficienza cardiaca e danni al cuore, allergie.
A LUNGO TERMINE: inibizione della produzione endogena di epo; policitemia, leucemia acuta, (monitoraggio Janssen Cilag-Ministero della salute).
COME SI INDIVIDUA AI TEST:
Si individua nei test incrociati sangue (parametri ematochimici variati) e nelle urine attraverso l’immunoelettroforesi a gradiente di pH (immunoelettrofocousing). Si fa "migrare" la proteina in un campo elettrico con ph variabile e si identificano le "isoforme" caratteristiche e tipiche di ciascuna delle tre sostanze: epo naturale, epo ricombinante o Nesp. Dal momento che la Nesp non è prodotta da fisico umano, la semplice presenza della molecola è indice di doping.

DOPING - NUOVI SVILUPPI E PROBLEMATICHE

I nuovi sviluppi
Il doping nello sport di alto livello rappresenta a tutt’oggi un problema che si cerca di debellare, con sempre maggiore successo, mediante controlli in allenamento da parte non solo delle organizzazioni nazionali, ma anche delle Federazioni internazionali competenti. Tuttavia, in molti Paesi, non vengono ancora effettuati controlli antidoping soddisfacenti; in particolare sussistono gravi carenze per quanto con-cerne le misure di controllo da mettere in atto in allenamento. Quest’anno la IAAF (International Athletic Amateur Federation, la Federazione internazionale d’atletica leggera) ha riconosciuto la validità dei sistemi di controllo dell’allenamento dei seguenti Paesi (IAAF 1998) Australia, Canada, Danimarca, Finlandia, Germania, Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Norvegia, Svezia e Svizzera.
Contemporaneamente, grazie al miglioramento delle tecniche di analisi, si è riusciti a scoraggiare maggiormente l’uso di steroidi anabolizzanti. Purtroppo esistono ancora settori problematici all’interno delle procedure d’analisi anti-doping, come l’assenza di metodi atti a rilevare alcuni ormoni peptidici, per cui un atleta può far uso di tali sostanze proibite senza che sia possibile provarne la colpevolezza. Ciò viene spesso addotto dalla stampa per affermare che l’anti-doping è una guerra persa.
Uno dei nuovi sviluppi, nel campo delle analisi atte a rilevare la presenza di sostanze anabolizzanti, è il miglioramento della tecnica per individuare gli steroidi sintetici mediante spettrometria di massa ad alta risoluzione e l’utilizzazione della spettro¬metria di massa degli isotopi del carbonio per provare il doping con ormoni steroidei a produzione endogena. La prova a lungo termine della presenza di sostanze ad effetto anabolizzante (beta 2 agonisti, steroidi anabolizzanti) nei capelli è attualmente oggetto di ulteriori ricerche e potrebbe diventare una potenzialità per il futuro.

1. Utilizzazione di metodi per rilevare la presenza di sostanze anabolizzanti
Grazie all’uso di tecniche evolute per identificare la presenza di ormoni steroidei anabolizzanti e dei loro metaboliti, negli ultimi anni si è riusciti a migliorare la verifica retroattiva dell’assunzione illecita di ormoni steroidei anabolizzanti sintetici.
Questi risultati nella lotta contro il doping si sono potuti ottenere anche grazie alla presa di posizione ed al lavoro coerente della International Weightlifting Federation (IWF), la Federazione internazionale sollevamento pesi. Infatti l’IWF ha imposto che per tutti i controlli da essa previsti venisse utilizzata, senza eccezioni di sorta, la spettrometria di massa ad alto potere di risoluzione (HRMS = High Resolution Mass Spectrometry), sottoposta a ricerca ed adottata a Colonia a partire dal 1992 per i controlli anti-doping di routine relativi agli anabolizzanti.

Tabella 1
Campioni controllati 1995 1996 1997
Numero totale di controlli antidoping 6715 7171 6053
Campioni A positivi per presenza di steroidi anabolizzanti 117 69 68
% di campioni A positivi 1.7 1.0 1.1
Campioni A positivi solo alla prova con HRMS 72 25 34

L’alto numero di casi di positività, che non sarebbero stati scoperti senza l’impiego di questa metodica, ha contribuito notevolmente a scoraggiare il doping con anabolizzanti nel settore della pesistica.
Tutti i referti anti-doping positivi, e ciò vale non soltanto per quelli relativi agli steroidi anabolizzanti, devono essere inequivocabili. Una sostanza proibita deve venire identificata con assoluta certezza. A tal fine viene utilizzata la cromatografia a gas/spettrometria di massa (CG/SM), con la quale devono essere rilevati uno spettro di massa o frammenti di massa caratteristici di una sostanza proibita. Perché il campione possa essere definito positivo questi dati spettrometrici di una sostanza isolata dall’urina devono coincidere con quelli del composto di riferimento. Di fatto il metodo dell’HRMS non è una novità, In linea di principio questa tecnica esiste già da alcuni decenni.
Già nel 1972, in occasione dei Giochi Olimpici di Monaco, Manfred Donike aveva introdotto l’uso di spettrometri di massa molto costosi, seppure non ancora ad alto potere di risoluzione, per garantire la veridicità dei referti di positività relativi alla presenza di stimolanti e narcotici. Solo più tardi vennero prodotti, a prezzi più modici, spettrometri di massa più semplici, con un normale potere di risoluzione, che a partire dal 1976 hanno trovato impiego nei controlli di routine per verificare l’assunzione vietata di anabolizzanti. Con questa strumentazione si è reso possibile il controllo di un gran numero di campioni di urina in tempi relativamente brevi, cosa che non era possibile con i precedenti spettrometri, a causa dell’utenza complessa e della mancanza di una elaborazione computerizzata dei dati.
Per la verifica della presenza di sostanze vietate bisogna distinguere due metodi di analisi: il metodo dello screening ed il metodo dell’identificazione-

Analisi anti-doping: metodo dello screening:
analisi rapide, sensibili ed a prezzi contenuti, atte a rilevare molte sostanze ed a fornire un quadro d'insieme
metodo dell'identificazione:
analisi atte a fornire prove inequivocabili della presenza di una data sostanza dopante

PROCEDIMENTO METODOLOGICO NELLE ANALISI ANTIDOPING DI ROUTINE

1. Il metodo dello screening è un metodo per ottenere un primo quadro d’insieme, con il quale si cerca di rilevare, con efficienza e su un numero elevato di campioni di urina, l’eventuale presenza di numerose sostanze proibite. Il metodo dello screening è sempre un compromesso fra una sensibilità quanto più possibile elevata del metodo di analisi, il tempo necessario per ogni analisi ed i costi. Nel caso degli steroidi anabolizzanti il metodo dello screening consiste nel registrare, per ogni singolo steroide proibito e per i loro metaboliti, un segnale nelle rispettive tracce ioniche.
Generalmente un risultato positivo significa dapprima soltanto che è stato fatto uso di una qualche sostanza proibita, ad es. metandinone. La riprova vera e propria della presenza della data sostanza deve essere ottenuta con
2. il metodo dell’identificazione. A tal scopo può essere utilizzato un procedimento di segregazione specificamente atto ad isolare il composto cercato dalla sua matrice biologica, l’urina. Perciò i metodi di identificazione, rispetto a quelli di screening, richiedono più tempo ed una maggiore mole di lavoro.
Solo a partire dal 1992 sono stati immessi sul mercato spettrografi di massa che consentono di effettuare giornalmente controlli di routine (screening) per appurare la presenza di un gran numero di sostanze in una quantità elevata di campioni di urina. Ciò ha permesso che divenisse possibile con il metodo della HRMS controllare fino a quaranta campioni di urina al giorno in condizioni ottimali per rilevare la presenza di ormoni steroidei anabolizzanti. Perciò, come si è già detto, con la HRMS non è stato introdotto un metodo spettrografico nuovo, ma è stata ottimizzata l’utilizzazione di tecniche già esistenti. Il fatto che molti labora¬tori fino ad oggi non avessero ancora introdotto l’uso di questi strumenti costosi era evidentemente da ricondursi ai loro limiti tecnici, che non consentivano di effettuare controlli di routine nell’ambito di una prima analisi d’insieme.
Una volta divenuti noti i risultati che si ottenevano per mezzo della HRMS, in occasione dei Giochi estivi di Atlanta, il Comitato internazionale olimpico (CIO) ha deciso a breve scadenza di utilizzare questa tecnica di controllo. Fortunatamente questa decisione è divenuta anche esecutiva: tre spettrografi di massa ad alta risoluzione sono stati messi a disposizione dalla ditta Finnigan di Brema e l’utenza è stata assistita dall’Istituto di biochimica dell’Istituto superiore tedesco di sport di Colonia (responsabile Dr. Stevan Horning). In seguito a tutti i laboratori accreditati dal CIO è stato imposto di introdurre e documentare, entro un anno, l’uso di questa tecnica o di altra tecnica spettrografica di massa altrettanto sensibile per effettuare i controlli.
Con l’accredito del CIO nel 1997 tutti e venticinque i laboratori riconosciuti dal CIO sono stati sottoposti a verifica anche per ciò che concerne queste prove ottimizzate e più sensibili per rilevare la presenza di steroidi anabolizzanti. Alla verifica tutti i venticinque laboratori hanno fornito risultati soddisfacenti.
In tal modo, si può dare per certo che in ogni laboratorio i controlli vengano eseguiti con tecniche di rilevazione di analoga sensibilità e portino, con un altrettanto elevato grado di sicurezza, alla scoperta di atleti che trasgrediscono le regole dopandosi con steroidi anabolizzanti.
In che cosa consiste la differenza sostanziale fra i metodi spettrometrici utilizzati in passato e la HRMS? Si possono differenziare due punti:
La sensibilità dello spettrografo di massa ad alta risoluzione può essere fino a cinquanta volte maggiore. Ciò significa che con la tecnica della HRMS può essere appurata anche la presenza di quantità assai inferiori di uno steroide anabolizzante di quelle rilevabili con la spettrometria utilizzata in passato per le analisi anti-doping di routine.
La selettività nel determinare la presenza di una data sostanza nella matrice biologica analizzata, come l’urina, è notevolmente più elevata.
Selettività significa che l’esistenza di un dato composto in presenza di altri composti interferenti, come appunto nel caso di estratti di campioni di sostanze di natura biologica, può essere registrata in maniera più precisa ed inequivocabile. Grazie al maggiore potere di risoluzione possono essere rilevate anche sostanze con una più
ristretta “finestra di massa”. In questo modo si ottiene una riduzione degli effetti del substrato biologico interferente, cosicché le sostanze dopanti eventualmente presenti possono essere evidenziate meglio.
Qui di seguito vorrei descrivere brevemente questa tecnica: il principio della spettrometria di massa ad alta risoluzione si basa sul fatto che le sostanze da rilevare non possiedono una massa molecolare unitaria. Lo stesso vale anche per i frammenti da dissociazione formatisi nello spettrometro in seguito al “bombardamento” di elettroni, ovvero i cosiddetti frammenti ionici.
Per convenzione solo il carbonio ha una massa pari a 12, mentre l’idrogeno ha esattamente una massa di 1.007825, l’azoto di 14.003074 e l’ossigeno di 15.994914.
Dal computo dei valori di massa degli steroidi anabolizzanti e dei loro metaboliti si ottengono perciò numeri decimali (ad es. per I’epimetendiolo, un metabolita del metandinone, la massa è pari a 448.3192 e per un altro ione dissociato è pari a 358.2692). Grazie all’elevato potere di risoluzione lo spettrometro di massa può essere regolato in modo che possano essere registrati solo ioni con una massa compresa fra 448.27 e 448.37 e fra 358.22 e 358.32. Tutte le sostanze la cui massa non rientra in queste due finestre (l’ampiezza della finestra è pari a 0.1 unità di massa), non venendo registrate, non possono neanche interferire con una sostanza vietata. La finestra di massa dei precedenti spettrometri, invece, è pari esattamente ad 1 unità di massa.
La finestra è quindi dieci volte maggiore, per cui la registrazione della sostanza doping può essere inficiata da un maggior numero di composti interferenti.

La figura 3 mostra il risultato dell’HRMS, e della spettrometria di massa usata in precedenza, nell’esempio di un campione positivo al controllo della presenza di metandinone (registrazione del suddetto metabolita del metandinone, l’epimetendiolo).



2. Determinazione di ormoni steroidei di natura endogena con la spettrometria di massa degli isotopi del carbonio
Uno dei più recenti sviluppi nella determinazione del doping effettuato con l’apporto esogeno di ormoni steroidei simili a quelli prodotti dal corpo, come il testosterone, è l’utilizzazione del metodo degli isotopi del carbonio. Questo metodo, applicato per la prima volta da Becchi et al. (1994) per determinare il testosterone eliminato con l’urina, dalla fine del 1996 viene sottoposto ad ulteriori verifiche all’Istituto di biochimica dell’Istituto superiore di sport di Colonia, dove viene utilizzato regolarmente per ottenere prove a conferma di risultati che fanno sospettare il doping con ormoni di natura endogena (Hornig et al. 1997). L’utilizzazione di questa tecnica viene sostenuta finanziariamente dalla Federazione internazionale ciclismo.
Con essa è possibile, a prescindere dal metodo della prova del testosterone utilizzata fino ad oggi per verificare un incremento non fisiologico del quoziente testosterone/epitestosterone (T/E > 6), nell’urina, individuare se un valore di testosterone al di fuori della norma sia causato da sintesi endogena (e cioè non si tratti di doping) o, viceversa, da apporto esogeno (e cioè si tratti di doping). La misurazione degli isotopi serve a determinare il rapporto fra gli isotopi 13C/12C contenuti nell’ormone. Gli isotopi di un composto possiedono lo stesso numero di protoni, ma un diverso numero di neutroni. L’isotopo 12C è la forma di carbonio più comunemente presente in natura (costituisce il 98.9 % circa del carbonio totale) e possiede 6 protoni e 6 neutroni, da cui il valore convenzionale 12 attribuito alla sua massa totale. L’isotopo del carbonio 13C, che possiede 7 neutroni (uno in più dell’iso¬topo 12C) rappresenta circa l’1.1 % del carbonio totale.
Con il metodo degli isotopi viene determinato con esattezza in quale rapporto stanno fra loro questi due isotopi (13C/12C). Tale rapporto nel caso del testosterone farmacologico, che viene isolato dai suoi precursori vegetali e modificato chimicamente, differisce dal rapporto esistente invece nel testosterone sintetizzato dal corpo (figura 4).



Questo metodo consiste nell’isolare gli ormoni di natura endogena ed i loro principali metaboliti contenuti nell’urina, nel dissociarli mediante cromatografia a gas e quindi nel provocarne la combustione catalitica totale in una camera di ossidazione, riducendoli ad anidride carbonica (CO2). Dopo la combustione la CO2 così ottenuta viene introdotta direttamente in uno spettrometro di massa regolato in modo tale da rilevare soltanto la massa pari a 44 della 12C02 e quella pari a 45 della 13C02. In questo modo si può stimare il rapporto 13C/12C, che in natura corrisponde circa all’1.12 %, con una probabilità di sbagliare pari allo 0.0002 %.
Dopo un apporto vietato di testosterone i quozienti degli isotopi 13C/12C sia del testosterone, che dei suoi metaboliti come l’androsterone e l’eziocolanolone, sono notevolmente modificati rispetto ai loro precursori sintetizzati dall’organismo, il pregnandiolo ed il pregnantriolo (figura 5).
Ciò si spiega in quanto nel suo metabolismo il testosterone non può venire convertito nei suoi precursori, cosicchè dopo un apporto esogeno di testosterone l’eliminazione urinaria di pregnandiolo e pregnantriolo rimane costante, mentre il testosterone ed i suoi metaboliti presenti nell’urina segnalano la presenza di testosterone sintetico in proporzione alla quantità apportata.



La figura 6 mostra il risultato positivo di un controllo (Flenker et al. 1998): come risulta evidente già da una semplice ispezione visiva, i precursori metabolici del testosterone, pregnandiolo e pregnantriolo, a differenza del testosterone e dei suoi metaboliti hanno quozienti 13C/12C più positivi.
Con questa metodica è possibile rilevare la presenza, oltre che del testosterone, anche di altri ormoni steroidei di natura endogena, come il deidrotestosterone od il deidroepiandrosterone.

3. Analisi dei capelli
L’analisi dei capelli è un metodo che attualmente viene utilizzato in larga misura in tossicologia ed in medicina legale. In particolare, nei capelli, vengono depositati composti basici come gli oppioidi di tipo morfinico, per cui dall’analisi dei capelli è possibile ottenere una prova dell’uso di tali sostanze. L’analisi dei capelli fornisce prove dell’avvenuto uso di tali droghe, a seconda della quantità di droga e dalla durata dell’apporto, anche a distanza di mesi dalla sospensione dell’assunzione delle droghe. Perciò questa metodica di analisi rivestirebbe un interesse solo nel caso di quelle sostanze il cui uso è vietato in allenamento, come quelle facenti parte del gruppo degli ormoni peptidici e del gruppo delle sostanze ad effetto anabolizzante, che a sua volta si compone degli anabolizzanti propriamen¬te detti e dei beta 2 agonisti. La possibilità di provare a lungo termine l’avvenuto apporto di sostanze ad effetto anabolizzante è progredita notevolmente soprattutto per ciò che concerne il gruppo degli ormoni steroidei androgeni anabolizzanti (cfr. la trattazione relativa all’HRMS). Tuttavia una metodica aggiuntiva, che potesse produrre prove anche a distanza di mesi, sarebbe utile specialmente in quei settori dove i controlli in allenamento non vengono ancora effettuati con sufficiente regolarità. Esistono ancora pochi dati riguardo alla possibilità di provare la presenza di steroidi anabolizzanti nei capelli. Sono stati presentati risultati ottenuti sia con animali (Hòld u.a. 1996), che con soggetti umani (Thieme et al. 1998), seppure con dosaggi elevati di anabolizzanti.
Invece ci sono un gran numero di ricerche che provano la presenza di un Beta 2 agonista, il clenbuterolo, nei capelli di animali e dell’uomo. La prova della presenza di clenbuterolo nei capelli umani mediante metodi immunologici è stata pubblicata da Gleixner et al. (1997).


La prova dei capelli, affinché possa essere impiegata nelle analisi antidoping, è stata validata con la tecnica combinata della cromatografia a gas e della spettrometria di massa ad alta risoluzione (Machnik u.a. 1998), per cui sarebbe già possibile utilizzarla per le analisi di routine.
La figura 7 mostra il cromatogramma, relativo alla determinazione spettrografica HRMS della presenza di clenbuterolo, nel caso di un risultato negativo ottenuto su un campione di capelli normali (figura 7a) e nel caso di un risultato positivo ottenuto su un campione di capelli due mesi dopo che era stata sospesa una somministrazione terapeutica di 60 microgrammi di clenbuterolo al giorno per ridurre le contrazioni uterine (figura 7b).
Perciò la presenza di clenbuterolo è stata dimostrata inequivocabilmente ancora due mesi dopo la sua somministrazione.
Pur essendo molto promettente, il metodo dell’analisi dei capelli presenta ancora alcune difficoltà sulle quali occorre richiamare l’attenzione. Al metodo si possono opporre obiezioni dal punto di vista della parità di opportunità per tutti, poiché i risultati noti fino ad oggi dimostrano che le sostanze basiche vanno a depositarsi in misura maggiore nei capelli scuri (fino a cinque volte di più), per cui persone con capelli chiari sarebbero avvantaggiate a causa nell’inferiore concentrazione di tali sostanze nei capelli e della conseguente maggiore difficoltà di provarne la presenza. Dato che la concentrazione di sostanze anabolizzanti nei capelli, anche nel caso di un uso prolungato, è molto bassa, è presumibile che sarà praticamente impossibile riuscire a dimostrare con la prova dei capelli un uso a breve termine di queste sostanze.
E che cosa succede nel caso di atleti che si tagliano i capelli a zero o che li tagliano regolarmente per tenerli corti?
In questi casi le probabilità di successo con l’analisi nei capelli sarebbero quasi inesistenti. Manipolazioni come quelle dovute a trattamento chimico dei capelli potrebbero rendere più difficile l’analisi.
Nel settore dell’antidoping l’analisi dei capelli non potrà sostituirsi all’analisi dell’urina. Certamente essa potrà fungere da metodo aggiuntivo per chiarire casi di positività o essere adottata al fine di scoraggiare la pratica del doping. Per poter valutare meglio, per il futuro, le potenzialità d’impiego di questo metodo di analisi sono necessari ancora ulteriori risultati sperimentali, in particolare per ciò che concerne gli anabolizzanti.

Le problematiche

Vengono affrontati i problemi attualmente esistenti per quanto riguarda il rilevamento della somministrazione a scopi dopanti degli ormoni peptitici (eritropoietina - EPO, somatotropina o ormone della crescita - HGH) come anche alcuni recenti sviluppi che riguardano l'utilizzazione, sempre per gli stessi scopi, della caffeina ed anche di altre sostanze stimolanti e dei narcotici.

1. Rilevazione della presenza di ormoni peptidici
Attualmente la rilevazione dell'avvenuta somministrazione di ormoni peptidici, come l'eritropoietina (EPO) e la somatotropina (o ormone della crescita, HGH, Human Growth Hormone) rappresenta un problema.
L'uso di queste sostanze nello sport è un tema ricorrente nella stampa e, spesso, l'assenza di prove soddisfacenti per determinarne la presenza viene addotta come argomento in favore del fatto che l'antidoping sarebbe una guerra persa, e che prestazioni di massimo livello non sarebbero realizzabili senza doping. Tuttavia, chi argomenta in questo modo parte dal presupposto che questi ormoni peptidici abbiano un'efficacia illimitata per potenziare la prestazione.
Invece solo l'EPO è riconosciuta come sostanza che potenzia la prestazionte, mentre a tutt'oggi esistono ragioni di dubitare degli effetti dopanti della somatotropina. Il problema, ancora irrisolto, di come provare la presenza di queste sostanze rende difficile fare una stima esatta dell'abuso di esse nello sport di vertice.
Per trattare il problema della rilevazione dell’avvenuta somministrazione di ormoni peptidici in questa sede, è necessario fare una distinzione fra gonadotropina corionica,eritropoietina e somatotropina, fornire alcune informazioni sull'avanzamento della ricerca e commentare l'attuale stato delle conoscenze relative agli effetti fisiologici di queste sostanze al fine di stimarne gli effetti dopanti.

2. La gonadotropina corionica
Per quanto riguarda la gonadotropina corionica (Human Chorionic Gonadotropin - HCG), ovvero ormone della gravidanza) c’è poco di nuovo da dire. Come si e già visto in altra sede (cfr. Schànzer 1997), questa sostanza, che negli uomini stimola la sintesi di testosterone, è ben chiaramente rilevabile. Ciò vale, però, solo per atleti di sesso maschile, in quanto gli uomini non producono che quantità insignificanti di HCG, cosicché un’assunzione illecita di HCG può venire rilevata assai facilmente nell’urina (Nitschke 1997; Delbeke et al. 1998). Invece nelle donne l’HCG ha un effetto stimolante sulla produzione di estradiolo e di progesterone. L’uso di HCG da parte di atlete è perciò da considerarsi doping? In base al regolamento antidoping la risposta è ”si”’, dal momento che esso non prevede distinzioni fra uomini e donne per ciò che concerne il divieto di somministrazione di HCG. Tuttavia nel caso di atlete di sesso femminile va considerata l’eventualità di uno stato di gravidanza. In caso di gravidanza si rilevano nell’urina elevate concentrazioni di HCG di natura fisiologica (l’aumento di concentrazione di HCG viene appunto utilizzato come indice nei test di gravidanza). In questo caso non può più essere provata la somministrazione esogena di HCG.

3. Analisi del sangue
In collaborazione con la commissione anti¬doping della Federazione sportiva tedesca e del Comitato olimpico nazionale tedesco e con il laboratorio antidoping di Kreischa è stato avviato un progetto di ricerca sul sangue al fine di definire i parametri per la prova dell’abuso di eritropoietina (EPO) e dell’ormone somatotropo. Non si tratta di controlli antidoping, bensì di uno studio effettuato su campioni di sangue e di urina di atleti volontari.
L’approccio su cui si basa questo studio consiste nel cercare di individuare, in atleti di altissimo livello, valori di riferimento (basali) per l’EPO e per la somatotropina, come pure altri parametri indiretti che si modifichino sensibilmente in seguito alla somministrazione di questi ormoni. Scopo della ricerca è quello di verificare se è possibile stabilire dei valori limite di concentrazione dell’EPO e della somatotropina da utilizzare in futuro, possibilmente, per controllare l’eventuale abuso di queste sostanze. A questo proposito, attualmente, si sta vagliando l’ipotesi di analizzare comparativamente, oltre all’urina, anche il sangue, dal momento che i valori di riferimento nel sangue sono significativamente più stabili di quelli nell’urina e che per determinare la concentrazione di ormoni peptidici nel sangue sono disponibili in commercio test già ben collaudati. A questo punto è bene sottolineare che, eccezion fatta per la determinazione della trasfusione ematica eterologa, fino ad oggi non esistono prove antidoping basate sull’analisi del sangue che siano in grado di fornire risultati migliori dell’analisi dell’urina. Mentre una parte dei campioni di sangue viene sottoposto ad analisi nei due laboratori tedeschi per la determinazione dell’EPO, un’altra parte dei campioni viene passata al Prof. Sònksen (Londra), il quale attualmente coordina una ricerca sulla determinazione della somatotropina promossa dal Comitato olimpico internazionale e dall’Unione Europea.

4. L’eritropoietina
Gli effetti dopanti dell’eritropoietina sono stati evidenziati finora soltanto in uno studio di Ekblom, Berglund (1991). In questo studio a quindici studenti di educazione fisica è stata somministrata EPO (20-40 IU/kg alla settimana) per sei settimane. Al test di resistenza protratto fino ad esaurimento (test su nastro trasportatore) il massimo consumo di ossigeno (VO2max) è aumentato significativamente da 4,52 ±0,45 a 4,88 ± 0,43 l/min ed il tempo massimo di corsa è salito da 500 ± 87 fino a 583 ± 97 sec. Esistono solo pochi dati certi in rapporto all’abuso di EPO a scopo di doping, anche se ci sono indicazioni che permettono di ipotizzare un tale abuso in attività sportive di resistenza come il ciclismo e lo sci di fondo. La portata quantitativa di questo fenomeno, tuttavia, è ancora ben poco conosciuta. Attualmente non si dubita del fatto che l’EPO sia una sostanza che incrementa la prestazione.
Nei mammiferi l’EPO stimola la maturazione degli eritrociti all’interno delle cellule del midollo osseo. Agli eritrociti ancora immaturi viene dato il nome di reticolociti. Se aumenta il numero di eritrociti circolanti aumenta anche la quantità di ossigeno che può essere trasportata da essi per unità di volume sanguigno. Ne consegue un miglioramento della produzione aerobica di energia e quindi della prestazione di resistenza. Attualmente non si è in grado di definire in che misura la somministrazione illecita di EPO produca un effetto positivo su un atleta in funzione del suo stato di allenamento. Si presume che atleti di altissimo livello ne abbiano vantaggi minori rispetto ad atleti di livello di prestazione inferiore, ma attualmente non sono disponibili dati per avallare scientificamente quest’ipotesi. Si ritiene che far uso di EPO sortisca effetti comparabili a quelli di un allenamento in altitudine ottimale, ma anche a questo proposito non ci sono dati. L’utilizzazione contemporanea di EPO e dell'allenamento in altitudine è da escludersi, poiché comporterebbe una stimolazione eccessiva e pericolosa dell'eritropoiesi. Più sensata sarebbe invece la somministrazione di EPO al termine di un allenamento in altitudine per mantenere l’accresciuto numero di globuli rossi in circolo.
Quanto fin qui esposto evidenzia che è assolutamente necessario controllare l’EPO. Perciò, per scoraggiare questo tipo di doping la Federazione internazionale Ciclismo (Uci) e la Federazione internazionale sci (Fis) hanno emanato il divieto di superare determinati valori limite di emoglobina e di ematocrito. L’Uci utilizza come valore limite da non superare un valore di ematocrito pari al 50 %. La Fis, invece, utilizza come valore limite quello dell’emoglobina, pari a 16,5 g su 100 ml di sangue per le donne e 18,5 g su 100 ml di sangue per gli uomini. I controlli di questi valori ematici, però, non vengono effettuati nell’ambito dei controlli antidoping, nè sono da considerarsi tali. La motivazione è quella di operare in favore della salvaguardia della salute dell’atleta e contro i rischi legati a valori troppo elevati di ematocrito e di emoglobina. Questi controlli vengono effettuati prima delle gare. Se il valore di ematocrito o di emoglobina supera il valore limite l’atleta viene escluso dalla competizione. Oltre a questa iniziativa attualmente ne esistono altre, portate avanti da vari gruppi di lavoro, volte a tentare di sviluppare controlli antidoping per l’EPO con i quali si possa dimostrare con certezza scientifica l’avvenuto uso illecito di questa sostanza.
Le ricerche attuali possono essere suddivise in metodi diretti ed indiretti. Nel caso dei metodi di determinazione diretta si cerca di individuare le differenze minime esistenti fra l’EPO prodotta con tecniche di manipolazione genetica, detta anche EPO ricombinante, e l‘EPO di natura umana.
L’EPO è un ormone peptidico composto da 165 aminoacidi e possiede, in quattro punti della catena proteica, legami con catene di carboidrati eterogenee, che costituiscono il 4O% circa della massa totale della molecola dell’EPO. Ciò significa che l‘EPO non è una molecola ben definita, con una struttura chimica ed un peso atomico esatti ed una formula chimica fissa. A causa della molteplicità delle possibili catene di zuccheri ci sono altrettanto molteplici forme di EPO, aventi tutte lo stesso effetto fisiologico, ma caratteristiche fisiche e chimiche leggermente differenti. L’EPO ricombinante viene prodotta da cellule ovariche di cavie cinesi modificate con tecniche di manipolazione genetica. Ha la stessa identica catena peptidica dell’EPO umana, mentre dovrebbero esserci piccole differenze per quanto riguarda le catene di zuccheri. A causa del diverso numero di gruppi di acidi nelle catene di zuccheri, i due tipi di EPO, quella ricombinante e quella umana, hanno cariche elettriche diverse. Con adeguati metodi di scissione (ad es. elettroforesi capillare) si cerca di sfruttare queste differenze di carica elettrica per riuscire a separare questi due tipi di EO. Recenti pubblicazioni (Wide et al. 1995) mostrano che, in linea di principio, questa distinzione è possibile, seppure siano ancora necessarie grandi quantità di urina, fino ad un litro. Per una futura utilizzazione di questo metodo nelle analisi antidoping di routine la quantità di urina necessaria deve essere ancora notevolmente ridotta, dato che il volume dei campioni di urina disponibili per tutte le procedure di determinazione antidoping non supera i 60-70 ml.
Al momento vengono favoriti i metodi indiretti, che consentono uno screening rapido con ridotte quantità di urina o di sangue. Per ottenere conferme sicure dei risultati ottenuti con metodi indiretti possono, successivamente, trovare applicazione metodi diretti, più sicuri ma anche estremamente costosi in termini sia finanziari che di lavoro e di tempo. Dei metodi indiretti per provare il doping con EPO fanno parte, ad es., i metodi immunologici per la determinazione dell’EPO complessiva. A tal fine devono essere prefissate fasce di valori d riferimento. In presenza di valori elevati di EPO nell’urina o nel sangue, comunque, deve essere possibile distinguere i casi in cui sussistono cause fisiologiche o patologiche. A questo scopo potrebbero essere idonei studi endocrinologici, in modo da accertare i valori di riferimento individuali di un atleta. Questo è l’approccio che viene utilizzato attualmente nel nostro Istituto (Breidbach, Schànzer 1998). Per poter lavorare con valori di riferimento, il campo di variazione normale dell’EPO deve essere molto ristretto, affinchè, all’analisi statistica, le concentrazioni di EPO dopo la sua somministrazione possano risultare significativamente diverse dai valori di riferimento. In base ai risultati ottenuti fino ad oggi questi presupposti sono presenti solo nel sangue, mentre valori nell’urina sono troppo bassi e vanno soggetti a fluttuazioni troppo ampie.


La figura 1 mostra, ad es., l’andamento della concentrazione dell’EPO nel sangue di un soggetto che presenta basse fluttuazioni da una misurazione all’altra nel corso dei due giorni precedenti un’unica iniezione sottocutanea di 100 lE di EPO per kg di peso corporeo (Breidbach, Schànzer 1998). Dopo la somministrazione di EPO la sua concentrazione nel siero ematico aumenta notevolmente e rimane significativamente elevata per 48 ore. Questo metodo sarebbe fin da ora applicabile per effettuare controlli allo scopo di scoraggiare il doping con EPO. In caso di atleti sospetti si potrebbe procedere poi con verifiche a lungo termine, accertandone i valori di riferimento individualizzati. Questo metodo presuppone che venga fatto uso di campioni di sangue e che i controlli vengano effettuati anche in fase di allenamento. Inoltre si deve verificare quali sono i fattori che influenzano l’increzione di eritropoietina e che causano variazioni della sua concentrazione nel sangue.

5. Somatotropina
La probematica dell’uso della somatotropina (ormone della crescita, HGH) come sostanza dopante è già stata trattata in altra sede (Schànzer 1997, traduzione italiana in Sds n. 41-42, pp. 10-20). Per quanto riguarda lo studio svolto a Londra sotto a direzione del Prof. Sònksen (cfr. par. 3), il suo termine era previsto per la fine del 1998 ed i suoi risultati sono attesI per l’anno in corso. Quindi, attualmente, non si può ancora dire se per i Giochi Olimpici di Sydney del 2000 sarà disponibile una procedura antidoping. Comunque resta ancora da stabilire se la somatotropina sia davvero una sostanza dopante. Dati scientifici che mostrino un effetto di potenziamento della prestazione esistono solo nel caso di adulti affetti da carenza dI somatotropina, dovuta ad es. ad uno stato patologico dell’ipofisi. Nel caso di queste persone la somministrazione di somatotropina provoca un miglioramento della qualità di vita che si accompagna, tra l’altro, ad un aumento della forza muscolare. Comunque, ciò non vale invece nel caso di adulti con una normale funzionalità dell'ipofisi e con una sintesi ed un’increzione fisiologiche di questo ormone. È bene notare che il miglior modo per stimolare la sintesi endogena di somatotropina è dato dal carico sportivo. La figura 2 mostra l’incremento della somatotropina nel sangue a seguito di un carico fisico.
Per chi pratica attività motoria nel tempo libero ed in particolare per i culturisti esiste una gran quantità di informazioni concernenti l’uso di sostanze anabolizzanti. Tali informazioni “clandestine” vengono diffuse sia attraverso articoli di riviste specializzate e libri che, di recente, anche via Internet. La figura 3 mostra un estratto di tali informazioni clandestine sulla somatotropina dall'Europian Anabolic Update. Le informazioni qui riportate mostrano che alI’HGH viene attribuito un effetto anabolizzante solo nel caso in cui viene somministrato in combinazione con altri ormoni come quelli tirodei, insulina, gonadotropine, estrogeni, androgeni ed anabolizzanti.
Tali informazioni non sono da considerarsi fonti scientifiche, ma rispecchiano le esperienze di culturisti e dei loro istruttori nell'abuso di queste sostanze e mostrano chiaramente che gli effetti dell’HGH vengono considerati opinabili dai suoi stessi consumatori.
È evidente che si tratta di pubblicità di determinati composti, costituiti da misture di più sostanze da somministrare insieme. Gli atleti che fanno uso ditali sostanze andranno sicuramente incontro a danni a carico della salute, mentre chi gestisce questa offerta illegale ottiene profitti elevati.



6. Caffeina - Caffeina e doping
La caffeina è stata inserita nella lista delle sostanze dopanti dalla Commissione medica de CIO da quando è stato appurato che veniva assunta dagli atleti ad alti dosaggi per le sue proprietà eccitanti. A tal fine la caffeina veniva somministrata prevalentemente in forma di preparato farmacologico. Per non vietare del tutto la possibilità d bere bevande contenenti caffeina è stato fissato un valore minimo di 12 microgrammi di caffeina per ml di urina. Solo se la concentrazione della caffeina nel campione di urina di un atleta supera questo valore il risultato del controllo viene dichiarato positivo.
La caffeina, insieme alla teobromina ed alla teofillina, appartiene al gruppo dei derivati della xantina (figura 4).



Queste sostanze hanno effetti rilassanti sulla muscolatura liscia, in particolare su quella bronchiale, per cui ad es. la teofillina vene utilizzata a scopo terapeutico contro l‘asma. D’altra parte, hanno anche un effetto stimolante a livello del sistema nervoso centrale, del muscolo cardiaco, della muscolatura scheletrica ed un effetto diuretico a livello dei reni. A differenza della caffeina, per la teofillina e la teobromina non esiste attualmente alcun divieto. Dal momento che l’assunzione di caffeina non è del tutto proibito, sussiste il problema se assumendo bevande contenenti caffeina si possa incorrere nel rischio di superare questo valore limite di 12 microg/ml. Purtroppo negli ultimi anni non sono state fornite agli atleti indicazioni attendibili in proposito. Ad es. l’informazione diffusa che con il semplice consumo di caffè non è possibile raggiungere questo valore limite non è corretta. Invece gli atleti dovrebbero attenersi strettamente alla seguente indicazione (Donike, Rauth 1996):
a prescindere dall’assunzione intenzionale di caffeina a scopo di doping, la presenza di un’elevata concentrazione di caffeina nell’urina può dipendere da due cause:
- è stata ingerita un’elevata quantità di caffeina sotto forma di bevande come caffè o tè. Ciò può accadere se si assume tutta in una volta una bevanda contenente caffeina molto concentrata, oppure se si beve ripetutamente, in un lasso di tempo maggiore, una bevanda contenente una concentrazione minore di caffeina. In entrambi i casi, infatti, c’è il rischio che possa venire superato iI valore limite imposto.
- il metabolismo individuale della caffeina può, in singoli casi, provocare un’aumentata eliminazione urinaria della caffeina, per cui già soltanto dopo aver ingerito 300 mg circa di caffeina (corrispondenti a due tazze di caffè forte tedesco, vedi ndt), che fino ad ora non erano state considerate a rischio, si può raggiungere il valore limite.

Indicazione per gli atleti riguardo all'assunzione di caffè e di altre bevande contenenti caffeina:
il giorno della gara persone di corporatura "normale" (peso corporeo di circa 75 Kg) non dovrebbero bere più di due tazze (da 150 ml) di caffè "normale"1 . Persone di peso inferiore dovrebbero berne proporzionalmente di meno. Lo stesso vale per il Tè od altre bevande contenenti caffeina. Dall'inizio della gara fino a quando sarà stato consegnato il campione di urina per il controllo antidoping si dovrebbe evitare del tutto il consumo di caffè e di tè.

La caffeina viene metabolizzata quasi totalmente dal corpo e solo il 5% della quantità assunta viene eliminata con l’urina. Se un atleta a causa di differenze individuali ha, rispetto ad altre persone, una minore trasformazione metabolica della caffeina, può accadere che elimini una quantità maggiore di caffeina non trasformata, per cui ne risulta una concentrazione più elevata nell’urina. Per poter valutare il metabolismo individuale della caffeina di una persona abbiamo messo a punto il seguente protocollo. Nell’ambito di uno studio inerente alla caffeina la persona interessata assume in 30 minuti 300 mg di caffeina in forma di caffè (300 ml, due grosse tazze). I campioni di urina prelevati prima e dopo l’assunzione di caffeina vengono analizzati e viene appurata la concentrazione di caffeina. La figura 5 mostra il risultato ottenuto con 9 soggetti che si erano astenuti dal bere caffè prima della prova, i valori di concentrazione urinaria della caffeina dopo l’assunzione del caffè sono compresi fra 4 ed 8 microg/ml, per cui non desterebbero alcun problema nel caso di un controllo antidoping.



La stessa prova effettuata con un’atleta di peso corporeo inferiore mostra invece, come si vede nella figura 6, che questa atleta ha superato senza difficoltà il valore limite di 12 microg/ml.



Ciò andrebbe nettamente a sfavore dell’atleta nel caso di un controllo antidoping, benché essa abbia ingerito la stessa quantità di caffeina degli altri soggetti esaminati nel precedente esperimento. Giacché molti dei campioni di urina risultati positivi alla prova della caffeina negli ultimi anni contenevano una concentrazione di caffeina intorno ai 14 microq/ml, un innalzamento del limite di tolleranza a 15 microg/ml servirebbe di sicuro a ridurre notevolmente la portata di questa problematica. Tuttavia a mio avviso non è prevedibile, a breve termine, che all’interno del CIO e delle Federazioni sportive internazionali emerga un parere maggioritario in proposito. Perciò si raccomanda a tutti gli atleti di rispettare le indicazioni presentate più sopra per quanto riguarda l’assunzione di bevande contenenti caffeina.
7. Sostanze dopanti per la gara:
Per quanto riguarda il gruppo delle sostanze stimolanti e narcotiche vale il principio che sono vietate solo nella fase competitiva (ad esclusione del ciclismo). La loro utilizzazione a scopo terapeutico al di fuori della gara, cioè in fase di allenamento, è invece consentita. Perciò questo gruppo di sostanze può essere utilizzato per ragioni mediche. La loro assunzione, però, deve essere interrotta per un periodo ragionevolmente lungo prima della competizione, affinché il giorno della gara non ce ne siano più tracce nell’urina. Perciò agli atleti viene anche richiesto di indicare, al momento del controllo antidoping, tutti i preparati farmacologici di cui hanno fatto uso nelle ultime 48 ore. Nel caso in cui il risultato del controllo sia positivo, tale indicazione può essere tenuta in considerazione a vantaggio dell’atleta quando si tratta di giudicare il caso e definire il grado della penalità. Inoltre, per ciò che concerne l’utilizzazione di derivati dell’efedrina sono stati definiti valori limite di concentrazione nell’urina, tali che un impiego terapeutico il giorno prima della gara non dovrebbe comportare alcun risultato positivo 24 ore dopo. Il valore limite per l’efedrina, la norpseudoefedrina e la metilefedrina è di 5 microg/ml e quello per la pseudoefedrina e la norefedrina è di 10 microg/ml.
Inoltre, negli ultimi anni ci sono stati problemi con il destropropossifene, che, essendo un antidolorifico oppioide, rientrava nel gruppo vietato dei narcotici. Questa sostanza, che viene utilizzata nella terapia antidolorifica, poteva essere rilevata nell’urina fino a 10 giorni dopo l’avvenuta assunzione per via orale, per cui era possibile che un atleta risultasse positivo al controllo se non interrompeva il trattamento medicamentoso con sufficiente anticipo.
Dal regolamento antidoping della Iaaf
Suddivisione del gruppo delle sostanze stimolanti (regolamento del CIO) in derivati delle anfetamine e stimolanti
Amfetamine:
amineptina, amfetamina, amfetaminil, benzfetamina, dimetilamfetamina, etilamfetamina, fenetilina, fenproporex, fefurfenorex, mesocarbo, metossifenamina, metilamfetamjna, metilfenidato, morazone, pemolina, fendimetrazina, trazina, pipradolo, pirovalerone
e sostanze chimicamente o farmacologicamente affini Stimolanti:
amifenazolo, caffeina*, catina, clorfentermina, clobenzorex, clorprenalina, cropopamide, crotetamide, efedrina, etadrina, etamivan, fencamfamina, mefenorex, metilefedrina, nichenichetamide, pentetrazolo, fentermina, fenilpropanolamifenmena, propilesedrina, stricnina
e sostanze chimicamente o farmacologicamente affini
* per la caffeina la positività del risultato dipende dalla concentrazione nelle urine che non deve superare i 12 microgrammi/ml

L’analisi dei valori presenti nell’urina non consente di risalire con certezza a quando, di fatto, è stata assunta una data sostanza, poiché sono molti i fattori che possono avere un'incidenza sulla sua eliminazione. Perciò è possibile solo una verifica approssimativa della veridicità delle affermazioni di un atleta (ad es. se afferma di aver assunto una data sostanza l’ultima volta tre giorni prima della gara).
Il destropropossifene, frattanto, è stato tolto dalla lista delle sostanze illecite. Un motivo fondamentale alla base di tale decisione è che questo antidolorifico, a differenza della morfina, non provoca dipendenza ed è assai meno rischioso per la salute. Inoltre non trattandosi di un narcotico non è soggetto a limitazioni legali come nel caso della morfina.
In questa sede vorrei anche fare presente che sia la Federazione internazionale di atletica leggera (laaf) che la Federazione internazionale ciclismo (Uci) fanno una distinzione fra stimolanti blandi, come l‘efedrina e la caffeina, e stimolanti forti, cioè i derivati dell’amfetamina. Nella tabella presentata su questa stessa pagina è riportato il regolamento della laaf per questi stimolanti. In base a come sono suddivisi varia anche la penalità in cui incorre l‘atleta che ne faccia abuso. Infatti la laaf in caso di prima contravvenzione per avvenuta assunzione di stimolanti blandi prevede, invece della squalifica, soltanto un’ammonizione. Invece in caso di provata assunzione di sostanze del gruppo delle amfetamine è prevista l’interdizione dalle gare per due anni.
È interessante notare che l'Uci (la Federazione internazionale di ciclismo) nel suo attuale regolamento antidoping vieta l’uso di sostanze del gruppo delle amfetamine anche in fase di allenamento. È la prima Federazione che impone questo divieto, con il quale vuole evitare l’eventuale abuso di stimolanti forti durante l’allenamento. Questa possibilità non è stata presa in considerazione in nessun altro sport. Allo stato attuale si possono fare senz’altro solo speculazioni riguardo ai motivi che spingono all’uso di stimolanti in fase di allenamento, come ad esempio, per incrementare la motivazione e la disponibilità emotiva a svolgere un allenamento “duro” ed a sopportare grandi volumi di allenamento. Ma non ci sono ancora dati scientifici che dimostrino in che misura, di fatto, gli stimolanti possano giovare in fase ai allenamento e quindi concorrere ad incrementare la prestazione.
(1) Si tratta ovviamente di una indicazione quantitativa valida solo per il caffè tedesco, assai meno concentrato del caffè espresso italiano.
Bibliografia
1- Breidbach A., Schànzer W., Individual reference ranges far serum erythropoietin - A possible approach to detect Epo misuse, in: Schanzer W., Geyer H., Gotzmann A., Mareck-Engelke U. (a cura di), Recent advances in doping analysis (6), 16th Cologne Workshop in Dope Analysis, 1998.
2- Delbeke F. T., Van Eenoo P., De Backer P., Detection of human chorionic gonadothropin misure in sports, lnternational iournal of Sports Medicine, 1998, 19, 287-290.
3- Donike M., Rauth 5., Dopingkontrollen, Colonia 1996.
4- Ekblom B., Berglund B., Effect of recombinant human erythropoietin in physical performance and maximal aerobic power in man, lnternational Journal of Medicine, 1991, 229, 125-130.
5- Nitschke R., Steroidprofile und Verànderung biochemischer Parameter von Hochleistungsradrennfahrern unter extremen Ausdauerbelastungen wàhrend zwei Rundfahrten, Tesi di dottorato, DSHS, Colonia, 1997.
6- Schànzer W., Aktuelle Probleme und Tendenzen im Doping, Leistungssport, 27, 1997, 2, 4-11 (Traduzione italiana a cura di P. Magrini e M. Gulinelli, Problemi e tendenze attuali del doping, Sds - Scuola dello sport, 1998, 41-42, 10-20).
7- Wide L, Benotsson C., Bergland BO, Ekblom B., Detection in blood and urine of recombinant erythropoietin administered to healthy men, Medicine Science of Sports and Exercise, 27, 1995, 1569-1575.

IL DOPING GENETICO

'Doping genetico' per ottenere super-atleti?
02 aprile 2004
Alcuni ricercatori hanno lanciato l'allarme sulla possibilità che tecniche di ingegneria genetica possano essere impiegate per 'crearè degli atleti superiori
È un trattamento pensato per combattere la distrofia muscolare e per incrementare la forza muscolare negli anziani, ma potrebbe venir utilizzato per costruire illegalmente dei super-atleti. L'allarme riguarda la terapia genetica per l'aumento della massa muscolare e a mettere in guardia sul rischio di un doping genetico sono gli studiosi che se ne stanno occupando.
Ad evidenziare i rischi è stato Lee Sweeney, dell' Universita' della Pennsylvania, nel corso della riunione annuale dell'American association for the Advancement of science a Seattle. 'Ci sono cose che vengono sviluppate con in mente le malattie - ha detto Sweeney - e che un giorno potrebbero essere utilizzate per migliorare le performance degli atleti'.
La terapia genetica al centro dell'attenzione è stata studiata per ora sui topi ed ha mostrato un incremento della massa muscolare, sia in dimensioni che in forza, dal 15 al 30%.
Richard Pound, della World Anti-doping agency, ha sottolineato come siano già in vigore regolamenti che vietano manipolazioni genetiche negli atleti, ma ha ammesso che terapie del genere potrebbero essere difficili da rilevare. 'Vorremmo poter essere presenti nelle prime fasi delle ricerche - ha detto - ed aiutare a regolamentarlè.

GENETICA
Atleti, in agguato il doping biotech
di SARA CAPOGROSSI COLOGNESI
LA POSSIBILITÀ che gli atleti proveranno presto a migliorare le proprie prestazioni con tecnologie genetiche viene evidenziata dai risultati di una nuova ricerca sui muscoli atrofizzati nei ratti. Gli scienziati dietro il nuovo studio sostengono che il loro obiettivo è solo quello di trovare una nuova strada per il trattamento di mali quali la distrofia muscolare. Ma di qui a immaginare i risultati come una nuova e facile soluzione per sportivi che ambiscono alla vittoria finale “truccando la macchina” il passo è breve. E l'ingranaggio non si ferma: «Direi che la metà delle e-mail che ho ricevuto provengono da atleti e l'altra metà da pazienti con distrofia muscolare», è stata la triste constatazione fatta da Lee Sweeney, ricercatore della University of Pennsylvania, nel corso di una conferenza scientifica a Washington State.
Ma come si è svolta la ricerca? Il gruppo di ricercatori guidati da Sweeney ha iniettato nei ratti un virus che trasportava un particolare gene all'interno delle cellule muscolari allo scopo di produrre l'ormone della crescita chiamato Igf-I. I roditori sottoposti a questa particolare terapia sono stati inseriti in un programma di esercizi ginnici che ha promosso lo sviluppo di muscoli più grandi e forti. È stato osservato inoltre che un maggiore livello di ormone Igf-I consentiva il mantenimento della massa muscolare raggiunta anche all'arrestarsi dell'allenamento. Una bella notizia per chi deve contrastare il decadimento muscolare, e non solo… Molti atleti si sono subito interessati allo studio, che non è ancora stato pubblicato e che non ha ancora avuto alcuna applicazione sull'uomo.
Il passaggio dai ratti all'uomo non è infatti semplice e immediato. Esperimenti clinici di questo tipo hanno portato alla morte di almeno un paziente. Due ragazzi in Francia trattati per l'X-Scid, i cosiddetti "bambini nella bolla", hanno sviluppato una forma di leucemia. E questi sono solo i casi accertati. Il gioco vale la candela? Purtroppo pare che la risposta sia in ogni caso affermativa visto che la World Anti-Doping Agency ha dovuto includere tra la sue norme il divieto di ricorrere alla tecnologia del trasferimento genico, come sottolinea Dick Pound, portavoce dell'agenzia. Norme che a volte, come in questo caso, sono solo virtuali, visto che tutt'oggi sarebbe alquanto difficile individuare una simile forma di doping. «L'unico sistema di verifica sarebbe attraverso una biopsia muscolare», chiarisce Sweeney. Al scuro quindi da qualsiasi controllo? Forse, ma almeno per ora è sconsigliabile sperare che si possa vincere per mutazione genica. La tecnologia non è ancora sufficientemente sviluppata e soprattutto sicura. La speranza è che le federazioni sportive collaborino con la scienza affinché questi come altri ritrovati non vengano usati per migliorare le prestazioni atletiche, ma per aiutare la medicina.

Il doping genetico
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La nuova legge antidoping è stata accolta con grande entusiasmo dallo sport agonistico. Alcuni l'hanno anche accolta come un rimedio efficiente per la prevenzione della diffusione del doping a livello amatoriale. Su questo punto non siamo affatto d'accordo, anzi pensiamo che la legge sia un vero e proprio boomerang per lo sport non professionistico (se applicata, ma se non la applicano che l'hanno fatta a fare?). Già ora le manifestazioni amatoriali a livello nazionale (per esempio i campionati italiani) non godono di un'alta partecipazione; probabilmente d'ora in poi andranno addirittura deserte. Se poi si introducesse il controllo doping a sorteggio nelle grandi maratone anche in queste il numero di partecipanti si ridurrebbe drasticamente in nome del principio "che corro a fare se rischio la galera?".
Sì, perché la nuova legge continua a parlare di sostanze proibite, dimenticandosi che molte di esse sono farmaci. Se la loro assunzione da parte del campione è spesso dolosa, nel caso dell'amatore che arriva duemillesimo alla maratona di Venezia è un po' ridicolo parlare di doping. Ci sono i cortisonici, assunti da migliaia di persone per patologie diversissime, l'efedrina contenuta in molti prodotti da erboristeria o negli spray nasali, il DHEA, assunto (a torto o a ragione, non ha importanza, visto che ci sono medici che lo prescrivono) da arzilli cinquantenni nella speranza di ritardare l'invecchiamento, moltissime altre sostanze dai nomi meno noti che sono presenti nella lista antidoping, ma sono comunemente contenute in farmaci. Se la legge è quindi giustificata per i professionisti, è ridicola se verrà applicata genericamente agli amatori; come conseguenza, visto che il fumo fa molti più danni di alcune sostanze inserite nel famoso elenco perché non condannare a tre mesi di carcere tutti i fumatori? Anziché esultare, come sempre quando ci si trova di fronte a una posizione autoritaria, ci si deve rendere conto che la legge è il fallimento della filosofia di controllo. Se ci fossero controlli validi che scoprissero tutti quelli che si dopano, che bisogno ci sarebbe dello spauracchio del carcere? Se nessuno la facesse franca, nessuno ricorrerebbe al doping. Semplice, no? Purtroppo se fallisce la strategia di controllo, le leggi servono a poco e rischiano di provocare inutili ingiustizie. Siamo cioè d'accordo con il Pm titolare dell'inchiesta di Ferrara, Pierguido Soprani: "Non condivido appieno la scelta di sanzionare penalmente l'atleta, Considerando che questi è il soggetto economicamente debole e specie nello sport dilettantistico e giovanile spesso privo di un'adeguata maturazione culturale che consenta loro di opporsi efficacemente alle pratiche di doping". Il fatto che anziché le leggi servono i controlli è dimostrato dai possibili sviluppi del doping. Vediamo cosa c'è dietro l'angolo.
Il doping genetico - Grazia alla genetica, fra non molti anni saranno pronti vaccini che potranno inserire geni artificiali nei geni delle cellule muscolari, per esempio geni in grado di codificare una proteina o un ormone che stimolano la crescita muscolare oppure geni che attivino la produzione di miosina IIb (un'isoforma della miosina, comune in piccoli mammiferi), con velocità di contrazione altissima che darebbe più potenza alle fibre veloci (in tal modo si potrebbero correre i 100 m in 8"). Come molte runner sanno, in un maratoneta la quantità di fibre muscolari lente è molto maggiore di quella di fibre veloci. Con la genetica chi nasce velocista potrà trasformarsi in un (grande) maratoneta. La possibilità di scoprire questa forma di doping è secondo le conoscenze attuali praticamente nulla poiché per identificare il DNA del gene artificiale occorre conoscere la sequenza del gene, possedendo un campione del tessuto contenente quel DNA; ma poiché potrebbe bastare una sola iniezione per introdurre il gene, non è pensabile di cannibalizzare i muscoli dell'atleta alla ricerca della manipolazione genetica.

16-02-2004
DOPING: QUELLO GENETICO IN AGGUATO DIETRO TERAPIE MUSCOLI
(ANSA) - ROMA, 16 FEB - Il doping genetico è l'ombra che fin da oggi si disegna dietro i primi esperimenti di terapia genica volti a rigenerare e a rinvigorire i muscoli indeboliti da malattie come la distrofia muscolare. Sono consapevoli del rischio i ricercatori impegnati su questo fronte della ricerca, dall'americano Lee Sweeney, dell'universita' della Pennsylvania, all'italiano Antonio Musaro', dell'universita' di Roma La Sapienza. Ad avvicinare l'ipotesi che gli atleti di domani potrebbero potenziare i propri muscoli non solo con l'allenamento ma anche con i geni, aumentando massa e forza muscolare, è il lavoro presentato da Sweeney a Seattle, nel convegno dell'Associazione americana per l'avanzamento delle scienze (AAAS). Nella ricerca, che sara' pubblicata sul Journal of Applied Physiology, il gruppo di Sweeney ha combinato la terapia genica e l'esercizio fisico riuscendo a potenziare massa e forza muscolare. Ripetute arrampicate su delle scalette e iniezioni del fattore di crescita dei muscoli Igf-1 specifico del topo sono riusciti, insieme, a potenziare del 31,3% la massa muscolare e del 28,3% la forza muscolare. Un effetto ben piu' importante di quello osservato utilizzando, da soli, esercizio fisico e fattore di crescita: il 23,3% di massa muscolare in piu' e il 14,4% di forza fisica. Secondo Sweeney l'uso della genetica per il potenziamento muscolare potrebbe servire anche nella riabilitazione in caso di traumi e per gli anziani che hanno perso mobilita' in seguito ad indebolimento muscolare. L'allenamento, suggerisce Sweeney, ha stimolato le cellule precursori deu muscoli, chiamate 'satelliti', ad essere piu' recettive a IGF-I. Il surplus di questa sostanza ha fatto il resto potenziando la massa e la forza muscolare di questi topi. Topi di controllo non trattati col vettore virale non hanno raggiunto, solo con l'allenamento, lo stesso livello di potenziamento dei muscoli. Secondo Musaro' il doping genetico ''apre una prospettiva preoccupante ma - rileva - è prevedibile che ci si arrivera'. È comunque vero - ha aggiunto - che interventi come questi non si fanno nel laboratorio di casa. Ci vogliono competenze e attrezzature per manipolare i virus da utilizzare come vettori nella terapia genica''. A pensare che il doping genetico sia un rischio da non sottovalutare è anche un rappresentante della World Anti-Doping Agency , secondo il quale la situazione attuale è paragonabile a quella di 30 o 40 anni fa, quando le attuali tecniche di indagine e i meccanismi regolatori anti-doping non esistevano ancora.(ANSA).

IN AGGUATO IL "DOPING GENETICO" PER AUMENTARE MASSA E FORZA MUSCOLARE DEGLI ATLETI
Secondo uno studio presentato da Sweeney a Seattle, nel convegno dell'Associazione americana per l'avanzamento delle scienze (AAAS).
Il doping genetico o cellulare è definito come l'uso non terapeutico di geni, elementi genetici e/o cellule che hanno la capacità di migliorare la prestazione sportiva.
(ANSA) - ROMA, 16 FEB - Il doping genetico è l'ombra che fin da oggi si disegna dietro i primi esperimenti di terapia genica volti a rigenerare e a rinvigorire i muscoli indeboliti da malattie come la distrofia muscolare.
Sono consapevoli del rischio i ricercatori impegnati su questo fronte della ricerca, dall'americano Lee Sweeney, dell'universita' della Pennsylvania, all'italiano Antonio Musaro', dell'universita' di Roma La Sapienza.
Ad avvicinare l'ipotesi che gli atleti di domani potrebbero potenziare i propri muscoli non solo con l'allenamento ma anche con i geni, aumentando massa e forza muscolare, è il lavoro presentato da Sweeney a Seattle, nel convegno dell'Associazione americana per l'avanzamento delle scienze (AAAS). Nella ricerca, che sara' pubblicata sul Journal of Applied Physiology, il gruppo di Sweeney ha combinato la terapia genica e l'esercizio fisico riuscendo a potenziare massa e forza muscolare. Ripetute arrampicate su delle scalette e iniezioni del fattore di crescita dei muscoli Igf-1 specifico del topo sono riusciti, insieme, a potenziare del 31,3% la massa muscolare e del 28,3% la forza muscolare. Un effetto ben piu' importante di quello osservato utilizzando, da soli, esercizio fisico e fattore di crescita: il 23,3% di massa muscolare in piu' e il 14,4% di forza fisica. Secondo Sweeney l'uso della genetica per il potenziamento muscolare potrebbe servire anche nella riabilitazione in caso di traumi e per gli anziani che hanno perso mobilita' in seguito ad indebolimento muscolare.
L'allenamento, suggerisce Sweeney, ha stimolato le cellule precursori deu muscoli, chiamate 'satelliti', ad essere piu' recettive a IGF-I. Il surplus di questa sostanza ha fatto il resto potenziando la massa e la forza muscolare di questi topi.
Topi di controllo non trattati col vettore virale non hanno raggiunto, solo con l'allenamento, lo stesso livello di potenziamento dei muscoli.
Secondo Musaro' il doping genetico ''apre una prospettiva preoccupante ma - rileva - è prevedibile che ci si arrivera'. È comunque vero - ha aggiunto - che interventi come questi non si fanno nel laboratorio di casa. Ci vogliono competenze e attrezzature per manipolare i virus da utilizzare come vettori nella terapia genica''.
A pensare che il doping genetico sia un rischio da non sottovalutare è anche un rappresentante della World Anti-Doping Agency , secondo il quale la situazione attuale è paragonabile a quella di 30 o 40 anni fa, quando le attuali tecniche di indagine e i meccanismi regolatori anti-doping non esistevano ancora.(ANSA).

LA PAURA DEL DOPING GENETICO

I controlli per il doping genetico saranno la principale preoccupazione per il futuro. Gambe piu' lunghe per favorire il salto in alto, la clonazione di campioni del passato, sono alcune ipotesi al vaglio degli esperti dell'antidoping mondiale.
Se cosi' a Rio de Janeiro i primi di ottobre si era svolto il Congresso Pan-Americano del marketing e degli affari dello sport, negli stessi giorni a Ginevra si riunivano esperti di genetica ospiti di un incontro organizzato dall'Universita' di Losanna per parlare di "Geni e Sport".
"Il doping del futuro sara' quello genetico. Cercheranno di alterare la proporzionalita' dell'atleta e dei suoi sistemi organici. Un atleta con gambe molto lunghe avra' il vantaggio nelle gare di salto, oppure per giocare a basket. Ci sara' anche la possibilita' di utilizzare la clonazione. Questo avverra' da qui a 20 anni", ha sostenuto a Rio il medico brasiliano Eduardo de Rose, accreditato come la maggiore autorita' del continente americano nei controlli antidoping.
"Credo che siamo ancora lontani dall'identificazione chiara e sicura di questi modelli genetici, ma la storia del doping nello sport ci ha mostrato spesso che molta gente ambiziosa forza la mano della tecnologia prematuramente", ha detto a Ginevra il professor Sandro Rusconi dell'Universita' di Friburgo. "Se dovessi prevedere dove la genetica verra' male utilizzata se nella cosmetica o nello sport, direi senza dubbio nello sport. Spero solamente che questo non causi molti danni", anche perchè certe manipolazioni possono risultare irreversibili.
"Dieci anni fa, le persone ridevano se gli si parlava della terapia genetica come modalita' di doping. Oggi non è piu' uno scherzo, perchè questa è la direzione verso la quale ci stiamo muovendo. Le leggi necessarie per affrontare il problema arriveranno di fatto tardi. L'importante è che non arrivino troppo tardi", ha precisato Rusconi.

DOPING, LA NUOVA FRONTIERA: SUPER ATLETI GRAZIE ALLE INIEZIONI GENETICHE?
Sui giornali si legge di tutto. Anche a proposito (ed a sproposito) quando l'argomento è così importante e complesso come il doping nello sport. Di seguito sintetizziamo un articolo apparso sul quotidiano "Il Giornale" di martedi 26 Novembre 2002, che riporta l'intervista rilasciata da Antonio Musarò (Università La Sapienza di Roma), a margine del convegno dei ricercatori Telethon svoltosi a Riva del Garda (TN). Lasciamo ai lettori ogni considerazione si carattere etico - sportivo.
"Ratti, topi, topini. Il futuro del doping sembra ...squittire.Non è uno scherzo, ma l'amaro -a volte- progresso della amara -a volte- scienza....La scienza è riuscita ad isolare il gene della crescita e ne ha verificata l'efficacia sui topini. Basta iniettarlo e alla povera bestia crescono potenza e massa nei muscoli. Questo, detto in soldoni.
Per di più, ed è questo che attira i senza scrupoli dello sport, queste applicazioni genetiche non lasciano traccia sull'organismo dei topini. Dunque...si teme il proliferare di medici, allenatori ed altra fauna pseudosportiva in fila presso qualche ricercatore delinquentello in cerca del suo compiacente aiuto. Una certa parte del mondo dello sport non ha infatti esitato a proporre ai ricercatori di utilizzare la terapia genica per ottenere dei super cavalli e, purtroppo, anche imbattibili giocatori di foot-ball americano.
Questa nuova frontiera si chiama doping genetico.
"Il confine tra l'approccio scientifico limitato alla terapia e altri interessi è purtroppo molto sottile", ha precisato uno dei maggiori studiosi impegnati nella rigenerazione dei muscoli, Antonio Musarò, dell'Università La Sapienza di Roma, a margine del convegno dei ricercatori Telethon di Riva del Garda (Tn).
La tentazione di usare la genetica a fini di doping è nata soprattutto dopo le ricerche condotte in Italia, dal gruppo di Musarò, e negli Usa, dal gruppo del fisiologo Lee Sweeney (Pennsylvania University). Collaborando, i due gruppi sono riusciti ad utilizzare il fattore di crescita specifico delle cellule muscolari e ad iniettarlo nelle cellule di topi anzianiie poi di topi con distrofia muscolare. In entrambi i casi i muscoli sono diventati più sviluppati e più forti.
Dunque, un grande progresso per la scienza, soprattutto pensando ai malati di distrofia, ma niente di pù allettante per chi andava alla ricerca di nuove strategie per sfuggire ai controlli anti doping: "Il fattore di crescita specifico dei muscoli - ha sottolineato Musarò - non entra in circolazione nel sangue. Di conseguenza, non può essere identificato nè con l'analisi del sangue, nè con quella delle urine. L'unico modo per vberificarne la presenza è una biopsia".
Soltanto una tecnica difficilmente praticabile su larga scala, come il prelievo di un frammento di tessuto muscolare, potrebbe rivelare il doping genetico.
"I primi a contattarci, ha proseguito Musarò, sono stati alcuni ricercatori australiani interessati ad iniettare il fattore di crescita specifico nei cavalli da corsa. Abbiamo avuto anche altre ricerche di questo tipo". Richieste che, naturalmente, non hanno trovato appoggio da parte dei ricercatori.
Negli Stati Uniti si pensava già di fare il passo più lungo, sperimentando il doping genetico direttamente sull'uomo. "Al mio collega Sweeney - ha concluso Musarò - ha telefonato l'allenatore di una squadra di foot-ball americano". Il suo obiettivo era iniettare il fattore di crescita specifico nei muscoli a tutta la squadra, in modo da ottenere atletipraticamente imbattibili.-
Sui giornali si legge di tutto. Anche a proposito (ed a sproposito) quando l'argomento è così importante e complesso come il doping nello sport. Di seguito sintetizziamo un articolo apparso sul quotidiano "Il Giornale" di martedi 26 Novembre 2002, che riporta l'intervista rilasciata da Antonio Musarò (Università La Sapienza di Roma), a margine del convegno dei ricercatori Telethon svoltosi a Riva del Garda (TN). Lasciamo ai lettori ogni considerazione si carattere etico - sportivo.
"Ratti, topi, topini. Il futuro del doping sembra ...squittire.Non è uno scherzo, ma l'amaro -a volte- progresso della amara -a volte- scienza....La scienza è riuscita ad isolare il gene della crescita e ne ha verificata l'efficacia sui topini. Basta iniettarlo e alla povera bestia crescono potenza e massa nei muscoli. Questo, detto in soldoni.
Per di più, ed è questo che attira i senza scrupoli dello sport, queste applicazioni genetiche non lasciano traccia sull'organismo dei topini. Dunque...si teme il proliferare di medici, allenatori ed altra fauna pseudosportiva in fila presso qualche ricercatore delinquentello in cerca del suo compiacente aiuto. Una certa parte del mondo dello sport non ha infatti esitato a proporre ai ricercatori di utilizzare la terapia genica per ottenere dei super cavalli e, purtroppo, anche imbattibili giocatori di foot-ball americano.
Questa nuova frontiera si chiama doping genetico.
"Il confine tra l'approccio scientifico limitato alla terapia e altri interessi è purtroppo molto sottile", ha precisato uno dei maggiori studiosi impegnati nella rigenerazione dei muscoli, Antonio Musarò, dell'Università La Sapienza di Roma, a margine del convegno dei ricercatori Telethon di Riva del Garda (Tn).
La tentazione di usare la genetica a fini di doping è nata soprattutto dopo le ricerche condotte in Italia, dal gruppo di Musarò, e negli Usa, dal gruppo del fisiologo Lee Sweeney (Pennsylvania University). Collaborando, i due gruppi sono riusciti ad utilizzare il fattore di crescita specifico delle cellule muscolari e ad iniettarlo nelle cellule di topi anzianiie poi di topi con distrofia muscolare. In entrambi i casi i muscoli sono diventati più sviluppati e più forti.
Dunque, un grande progresso per la scienza, soprattutto pensando ai malati di distrofia, ma niente di pù allettante per chi andava alla ricerca di nuove strategie per sfuggire ai controlli anti doping: "Il fattore di crescita specifico dei muscoli - ha sottolineato Musarò - non entra in circolazione nel sangue. Di conseguenza, non può essere identificato nè con l'analisi del sangue, nè con quella delle urine. L'unico modo per vberificarne la presenza è una biopsia".
Soltanto una tecnica difficilmente praticabile su larga scala, come il prelievo di un frammento di tessuto muscolare, potrebbe rivelare il doping genetico.
"I primi a contattarci, ha proseguito Musarò, sono stati alcuni ricercatori australiani interessati ad iniettare il fattore di crescita specifico nei cavalli da corsa. Abbiamo avuto anche altre ricerche di questo tipo". Richieste che, naturalmente, non hanno trovato appoggio da parte dei ricercatori.
Negli Stati Uniti si pensava già di fare il passo più lungo, sperimentando il doping genetico direttamente sull'uomo. "Al mio collega Sweeney - ha concluso Musarò - ha telefonato l'allenatore di una squadra di foot-ball americano". Il suo obiettivo era iniettare il fattore di crescita specifico nei muscoli a tutta la squadra, in modo da ottenere atletipraticamente imbattibili.

IL FUTURO DEL DOPING
Roberto Quaglia

La caccia alle streghe è uno dei tuoi passatempi preferiti? Ti proclami contro le discriminazioni però discrimini tra una discriminazione e l'altra? Pensi quasi sempre quello che pensano anche gli altri? Allora sei probabilmente finito nel posto sbagliato a leggere le cose sbagliate. Muta la rotta, o lettore normale, finché sei in tempo, oppure continua a leggere sapendo che comunque perderai il tuo tempo.
E' molto di moda al giorno d'oggi vedere nel doping sua maestà il Male. Io che però sono pignolo e poco sensibile ai richiami delle mode, mi ritrovo a domandarmi cosa ne sarà del doping al prossimo giro di boa degli umani costumi, quando la moda dell'antidoping avrà fatto il suo tempo e nessuno discriminerà di più fra doping e doping. Una moda è infatti tale perché dopo un po' passa. Ed è già parecchio tempo che una parte d'umanità si trastulla senza molto senso con il vezzo estetico dell'antidoping.
In realtà, l'umanità ha da sempre amato il doping, anche se non lo ha mai chiamato così, facendo di esso libero uso in tutti i tempi e in tutti i contesti. Cos'è infatti il doping? Nient'altro che il fatto di assumere alcune sostanze in grado di migliorare le proprie prestazioni in un qualsiasi campo di attività fisica. Dato che il doping è quindi finalizzato ad ottimizzare le proprie prestazioni, viene da chiedersi perché molti vogliano vederci in esso il Male. Cosa c'è di male a volere migliorare le proprie prestazioni? Non migliora le proprie prestazioni anche chi semplicemente si allena? Non sarebbe quindi anche il mero allenamento da intendersi come innegabile doping? La risposta dei fanatici dell'antidoping è: il doping deve essere vietato quando è innaturale e fa male alla salute. D'altra parte, se il doping facesse bene alla salute, mancherebbe davvero qualsiasi argomento per provare a vietarlo. Sul fatto della sua naturalità, poi, c'è tutti da ridire: è naturale andare in automobile? Sono naturali i cibi dei fast-food? E' naturale guardare la televisione? Se la naturalezza di un azione fosse il criterio per stabilire se di doping si tratti o meno, si macchierebbe di doping qualsiasi cittadino (sportivo o meno) che vada in auto, mangi al fast-food e guardi la televisione. E potremmo fare migliaia di altri esempi. Dimentichiamoci quindi l'argomento naturalezza, che in un'epoca di artificiosità totale può solo fare ridere i polli, e limitiamoci al solo altro tema che riempie la bocca dei maniaci dell'antidoping: la salvaguardia della salute dell'atleta.
A questo punto però mi viene un inevitabile dubbio: o sono scemo io, o sono scemi gli altri. Per quanto dopati, gli atleti godono infatti nel 99% dei casi di una salute migliore di quella di gran parte del resto della popolazione. Certo ogni tanto ne schiatta qualcuno, ma questo succede anche alla gente normale. Si vive e si muore, cosa c'è di strano? Per ogni volta che un atleta muore a causa del doping, ce ne sono altri dieci che muoiono perché nello sport che fanno semplicemente accade spesso che qualcuno ci lasci la pelle. Due pugili che si pestano danneggiano la mutua salute infinitamente di più che un atleta dedito ad un equilibrato doping, ed i frequenti decessi dei pugili ed i loro inevitabili rimbambimenti lo dimostrano senza ombra di dubbio. Eppure il pugilato non è vietato. Così come non è vietato l'automobilismo, uno degli sport con il più alto coefficiente di morte. E lo stesso calcio, lo sport più amato dagli italiani, pur producendo una bassa quantità di decessi lede i corpi degli atleti più del più accanito doping: è infatti uno scempio continuo di articolazioni, menischi, fibre muscolari e ossa. Non passa domenica che qualche calciatore non s'infortuni. Non preme ai fanatici dell'antidoping della salute di costoro? No. I fanatici dell'antidoping sono dei feticisti. Perché la loro sensibilità morale s'infiammi deve venire rispettata una complessa liturgia di condizioni, devono essere state consumate sostanze proibite e deve essere stato effettuato un rituale di analisi e controanalisi. Insomma, una faccenda essenzialmente mistica come nella storia se ne sono viste molte. Un pretesto come un altro per una bella caccia alle streghe. Una persecuzione contro gli sportivi ma vi siete mai chiesti perché con la storia del doping rompono le palle solo agli sportivi? Perché non fanno l'antidoping anche agli attori cinematografici e teatrali ed ai presentatori televisivi, molti dei quali notoriamente dediti all'uso di cocaina per migliorare le loro prestazioni sulla scena? Dopotutto, anch'essi competono con colleghi che risultano svantaggiati dal loro mancato ricorso a tali sostanze stimolanti. E per non fermarsi agli esempi ovvi, perché non procedere anche contro gli scrittori dediti a doping? Viene fatto l'antidoping sui candidati al premio Nobel per la letteratura? E a quello per la medicina?
E a questo punto devo proporre agli inquisitori la mia stessa persecuzione, dato che ricorro abitualmente al doping per riuscire a scrivere i miei pezzi di Pensiero Stocastico. Non so se infatti otterrei gli stessi risultati senza abitualmente drogarmi, prima di ogni mia prestazione, facendo smodato uso di abnormi quantità di caffè (talvolta seguite da dosi integrative di coca cola), beveroni noti per l'alto contenuto di caffeina in essi contenuto. Perché se trovano caffeina nelle urine di Del Piero gli fanno un mazzo così mentre a me che ce l'ho sempre non la cercano neppure? Forse che la mia salute vale meno di quella di Del Piero? Analizzare la mia urina fa più ribrezzo? O la caffeina nuoce meno a me che a un calciatore? Dieci anni fa, per riuscire a scrivere un certo mio libro, dovetti per alcuni mesi ricorrere ad un doping esasperato che certo incise non poco sulla mia salute. All'epoca fumavo, e fumavo parecchio. Scrivendo il mio libro, fumavo ancora di più e, quel che è peggio, non riuscivo a scrivere se non fumavo continuamente. Tutti i giorni, però, dopo qualche ora di scrittura la mia capacità di fumare veniva meno, nausea e disgusto mi rendevano repellente la sola idea di ulteriori sigarette, ed io mi ritrovavo bloccato; non riuscivo infatti più a scrivere se non continuavo a fumare. Pur di continuare a scrivere, allora, ero costretto ad iniziare con il caffè. Il caffè mi faceva infatti tornare voglia di fumare, e così potevo procedere a scrivere, tirando avanti per un altro po'. Ma il caffè dopo un po' ti stronca anche di più delle sigarette, e se non la pianti il cuore ti scoppia. Finalmente smetterla di scrivere? Neppure a pensarci! Ricorrevo a quel punto ad un certo liquore cecoslovacco, di cui avevo in precedenza fatto abbondanti riserve. Il liquore cecoslovacco mi faceva tornare voglia di fumare, il che mi consentiva di proseguire a scrivere, fino a quanto fatalmente giungeva sera. A questo punto, lievemente alticcio, schizzato, e con un misterioso senso di profonda intossicazione interiore, potevo spegnere il computer, soddisfatto e perplesso, e terminare la mia giornata di scrittura. In seguito, il mio istinto di conservazione mi ha indotto a moderare il doping al quale ricorro per scrivere, ma non è questo il punto: può infatti quel mio libro considerarsi valido? Io non l'avrei infatti mai scritto se non avessi fatto ricorso alle sostanze che ho detto, così come Umberto Eco non avrebbe scritto Il Nome della Rosa se non avesse potuto nel contempo fumarsi le sue quaranta sigarette quotidiane. E allora perché a Maradona gli hanno fatto per anni l'antidoping tre volte al dì mentre ad Umberto Eco e a me non lo ha mai fatto nessuno? Forse che un libro vale meno che una partita di calcio? Forse che la salute di Umberto Eco vale meno di quella di Cuccureddu (giocatore della Juventus di 20 anni fa trovatene uno oggi con un nome così!). E perché durante le riprese dei film non viene fatto l'antidoping agli attori che in seguito vinceranno il premio Oscar? E' giusto che ad un attore possa essere consentito di recitare meglio di un altro al prezzo dell'ingestione di regolari dosi di caffè, sigarette ed alcolici (per non parlare della cocaina)? Perché un attore salutista dove trovarsi svantaggiato? Perché non si va a vedere cosa si sono fumati gli sceneggiatori di un film umoristico di successo o di certe trasmissioni tivù demenziali? Quindi torniamo alla domanda precedente: perché l'antidoping è una persecuzione dei soli sportivi? La risposta è che gli sportivi sono classicamente individui giovani e inesperti, irregimentati in federazioni di vario genere (a volte anche militari, e comunque sempre paramilitari), una situazione che mal si presta a rivendicare il proprio diritto di fare della propria salute ciò che a uno pare. Attori, giornalisti, scrittori e presentatori televisivi si opporrebbero energicamente (e con pieno diritto) ad intrusioni sistematiche nella loro privacy biochimica.
Si vive e si muore, e la società moderna occidentale ha trasferito il paradigma della quantità (su cui è fondata) alla sfera esistenziale: la quantità di qualcosa vale di più della qualità di qualcosa. Questo è il paradigma contemporaneo nel quale l'Occidente affoga. Nella sua estrema e inevitabile manifestazione, questo paradigma ci satura della convinzione che una lunga vita valga di più di una bella vita. Vivere di più diventa più importante che vivere meglio. Altri popoli non annaspano in un pantano simile. Per altri popoli e per altre culture, presenti e passate, la qualità della vita è prevalente rispetto alla quantità della stessa. E in queste culture non troviamo l'orribile tabù della morte che affligge la nostra con tutte le peggiori manifestazioni che da esso derivano: dal senso di sconfitta comunemente associato alla morte all'accanimento terapeutico sui malati terminali. E la qualità della vita è rappresentata da ciò che uno fa. Molti uomini hanno sacrificato la loro vita per una causa. In certi casi li si loda per questo, in altri casi li si condanna. Ma il principio per il quale uno mette in gioco se stesso, la propria salute e la propria vita è uno solo ed è sempre lo stesso ed in quanto tale non andrebbe giudicato: si tratta della legittima ambizione di un essere umano di influire sulla realtà il più possibile durante la vita propria, secondo le modalità ad esso più congeniale, costi quel che costi. Per alcuni ciò si tradurrà nell'ambizione di varare leggi più giuste o di salvare una patria, per altri nell'ambizione di stabilire nuovi primati di tipo sportivo, per altri ancora di scrivere opere letterarie che esprimano concetti ed emozioni mai prima rappresentati su carta, per altri ancora di interpretare personaggi cinematografici che rimangano indelebili nell'Immaginario dell'umanità. Tutte queste persone romanticamente tese verso il superamento dei propri e collettivi limiti sono il vero grandioso motore dell'umanità. Ognuna di esse rischierà volentieri di sacrificare tutto, dalla salute alla vita, pur di incidere sulla realtà in quell'opera o in quel gesto che per loro vale a dare senso a una vita. Ed è davvero misera cosa che masnade di ombrosi figuri senza né arte né parte e insensibili a tale romantica vocazione si industrino ad imbrigliare, ostacolare, giudicare, condannare e punire persone più nobili e coraggiose di loro con la sola colpa di anteporre la qualità del risultato di ciò che essi fanno alla propria incolumità personale.
Il futuro del doping può quindi esprimersi in due direzioni opposte.
La prima possibilità è quella di un'improvvisa eruzione di fondamentalismo antidoping. In una società governata da un fondamentalismo antidoping, il test antidoping sarà obbligatorio in qualsiasi contesto che preveda una competizione fra esseri umani. Durante le campagne elettorali, i politici dovranno sottoporsi ad analisi dopo ogni comizio o tribuna politica, e se dalle loro urine emergerà che hanno fatto uso di sostanze proibite (dalla cocaina ai tranquillanti, dalla nicotina al caffè) verranno squalificati, ovvero perderanno ogni diritto di concorrere a quelle elezioni. Negli studi televisivi, gli ufficiali dell'antidoping suggeranno metodicamente urine a tutti i coloro che abbiano appena partecipato ad una trasmissione televisiva, presentatori, cantanti, ospiti di talk show e sportivi. Gli atleti dovranno quindi abituarsi che dopo aver appena fatto un controllo antidoping al termine di una competizione sportiva toccherà loro rifarlo se verranno intervistati da un'emittente televisiva. Tutte le industrie ed aziende dovranno avere il personale regolarmente sottoposto ad analisi da parte del Ministero dell'Antidoping, una nuova grande istituzione pubblica che darà vita a migliaia e migliaia di nuovi utili posti di lavoro. Le aziende saranno poi legalmente tenute a tenere un regolare registro dell'antidoping dove gli accertamenti positivi possano venire contabilizzati e convertiti in tasse. Dato che il doping (caffè, nicotina, vino, birra, antidepressivi, ecc.) dei dipendenti favorisce infatti un'azienda rispetto alla concorrenza, sarà giusto che tale illecito vantaggio finisca per tramutarsi in una maggiore tassazione. Il Ministero dell'Antidoping avrà suoi funzionari anche sul set di tutte le produzioni cinematografiche. Pure le pornostar non sfuggiranno al Nuovo Ordine Chimico e dopo ogni amplesso sul set dovranno immancabilmente devolvere un po' della loro pipì alle analisi obbligatorie per accertare la naturalezza e legalità del loro coito. Gli accoppiamenti che risulteranno essere stati incoraggiati dall'uso delle solite sostanze proibite (caffè, nicotina, alcolici, ecc.) saranno regolarmente multati. Non è però detto che la storia prenda il corso del fondamentalismo antidoping, ed anche se lo facesse, non durerebbe per sempre. I Grandi Proibizionismi, per quanto frequenti nella storia dell'umanità, sono sempre pregni di quel carico di aberrazione che li condanna a non durare per sempre e venire un giorno rimpiazzati da una tendenza contraria.
Vedremo quindi inevitabilmente il giorno in cui la moda mistica dell'antidoping scomparirà nel nulla dal quale emerse poco tempo fa. Il liberismo chimico restituirà finalmente a chiunque la piena responsabilità ed autodeterminazione in merito all'uso ed abuso del proprio corpo.
Sotto la propulsione del doping libero, lo sport vivrà una nuova stagione di traguardi grandiosi ed inimmaginabili oggi. Dopotutto, c'è un limite alle capacità fisiche di un corpo umano. E senza i progressi della scienza, questi limiti segnerebbero un giorno la fine dello sport agonistico. Senza i progressi della scienza, si giungerebbe fatalmente al giorno in cui nessuno sarebbe più in grado di correre o nuotare una certa distanza al di sotto di un certo tempo, di saltare, sollevare pesi, lanciare oggetti migliorando ad oltranza i rispettivi record. Il doping libero sarà in futuro l'unico modo in cui lo sport potrà continuare ad esistere e ad appassionare le folle e gli sponsor. Naturalmente, esso non si limiterà alla sola chimica.
In futuro, il doping chimico apparterrà all'archeologia dello sport. Anabolizzanti, anfetamine, bombe di aminoacidi, stimolanti, autoemotrasfusioni e chi più ne ha più ne metta, verranno ricordati con tenerezza dagli storici dello sport. Il vero doping del futuro sarà il doping genetico.
L'ingegneria genetica brucia oggi tappe su tappe e sta già cambiando il mondo anche se gli effetti non sono ancora bene visibili. Si parla già oggi delle mirabilie che l'ingegneria genetica comporterà in futuro per l'essere umano in campo medico. Non si fa menzione però di quelle che sopra le altre appariranno come le applicazioni più eclatanti: l'ingegneria genetica nel campo dello sport. Correggere le malattie genetiche della popolazione è infatti operazione eticamente pregevole, ma commercialmente diafana. C'è troppa poca gente in giro con il DNA difettoso per costituire un mercato interessante. Milioni di anni di selezione naturale hanno già spazzato via le tare genetiche dal grosso della popolazione. In futuro, agli sponsor interesserà ben altro. Agli sponsor interesserà sempre di più che i campioni dello sport violino vette inviolabili, superino barriere invalicabili, infrangano record infrangibili. Ed il miglior modo di conseguire tali risultati in futuro si avrà con l'ingegneria genetica applicata agli atleti o, se preferite, con il doping genetico. Gli atleti professionisti del futuro accetteranno di venire geneticamente modificati al fine di essere concorrenziali e di potere fare cose che interessino alla gente (intesa come telespettatori). Vedremo allora centometristi con gambe dal diametro crescente anno dopo anno, giocatori di pallacanestro alti dai tre metri in su, ginnasti con le ossa flessibili, sollevatori di pesi massicci e larghi come bulldozer, sottili campioni di salto in alto con ossa cave, lottatori di sumo da una tonnellata, scalatori free climber con poderose mani grifagne dotate di superunghie appuntite retrattili, e forse addirittura pugili con scatola cranica rinforzata e due braccia supplementari (destinate nel tempo a diventare quattro, poi otto, sedici, ecc.). Gli ecologisti insorgeranno contro questi progressi. La biodiversità ne sarà tuttavia accresciuta, ed è opinione consolidata che la natura abbia una certa predilezione per la biodiversità. Ne consegue che, paradossalmente, i Mostri dello Sport venturi non saranno neppure contronatura, anche se a parecchi piacerà molto considerarli tali. Essi vivranno, alcuni di più, altri di meno, ed infine morranno come a tutti tocca. Dalla loro progenie, nuovi incroci daranno realtà a nuove forme e funzioni. L'Evoluzione, che ne sa una più del diavolo, procede anche così. Con il doping genetico e tutti i suoi figli e figliastri.

DOPING: CON LA GENETICA ATLETI 'COSTRUITI' PER PECHINO 2008

(ANSA-AFP) - PARIGI, 25 LUG - Atleti costruiti in laboratorio saranno già pronti in pista alle Olimpiadi di Pechino: lo scrive la rivista scientifica francese 'Sciences et Avenir', nel numero che sara' in edicola ad agosto. In laboratorio si potranno sviluppare muscoli con fibre lente per la maratona o con fibre veloci per lo sprint. Ma gia' adesso con il doping chimico, sostiene la rivista, l'impunita' e' quasi totale e gli atleti migliori sono quelli che hanno a disposizione i migliori chimici. Con la svolta genetica, i rischi di risultare positivi non esisteranno piu'. Il muscolo "trattato" in laboratorio sara' piu' potente e non rischiera' piu' infortuni come strappi o stiramenti, grazie a veri e propri "bendaggi genetici". Iniettare fattori di crescita e' gia' possibile sull'uomo, mentre la tecnica del trasferimento di geni per ottenere cellule "riparatrici" di muscoli o tendini e' consolidata da anni. Secondo la rivista, nei prossimi cinque anni sara' possibile sperimentarla sull'uomo a fini terapeutici. Tutto con una semplicita' inimmaginabile: "potrei realizzare tutto questo nella mia cucina" assicura Olivier Danos, direttore scientifico del centro di ricerca Genethon di Evry, alle porte di Parigi. L'effetto delle cosiddette "cellule riparatrici" iniettate nel muscolo e' straordinario. Il massimo effetto "dopante" prodotto sugli animali e' stato osservato su alcuni topi, che nell'ambiente della genetica sono diventati famosi come "topi Schwarzenegger". Per Charles Yesalis, epidemiologo all'Universita' di Pennsylvania, "i primi sportivi che avranno fatto ricorso alla genetica saranno in pista alle Olimpiadi del 2008. Attualmente i vincitori sono coloro che dispongono dei migliori chimici. Nel futuro saranno quelli che avranno i migliori genetici". Ma anche l'attuale doping chimico e' talmente diffuso che 'Sciences et Avenir' puo' fornire l'elenco dei metodi normalmente usati da tutti gli "stregoni" delle varie discipline per evitare agevolmente i controlli: liste di prodotti dopanti non ricercati dalle analisi, controllo e gestione dei tempi di individuazione del prodotto nel sangue o nelle urine, prodotti "coprenti". Recenti analisi, secondo la rivista, hanno mostrato per la prima volta che parecchi sportivi utilizzano prodotti che non corrispondono ad alcun farmaco dopante conosciuto: si tratta di medicine sperimentali, e gli atleti sono delle semplici cavie che si prestano al pericoloso gioco pur di migliorare le prestazioni. Per la rivista francese, invece delle analisi biologiche, fin troppo facili da beffare, servirebbe confrontare le curve delle performance di ogni atleta nel tempo e l'analisi dei ritmi cardiaci. A titolo di esempio lampante di doping generalizzato, la rivista nota che nel 1989 furono sette i corridori che scalarono, al Tour de France, la vetta dell'Alpe d'Huez in meno di 45 minuti. Nel 1997 erano diventati 60. Per realizzare alcuni dei loro exploit nelle tappe di montagna, questi corridori hanno bisogno di sviluppare una potenza che consentirebbe di sollevare un sacco di 50 chili per un metro di altezza, 1.380 volte di seguito, alla cadenza di una volta al secondo. (ANSA 25 Luglio 2002 - 18:08).

DOPING GENETICO
per ottenere super-atleti?

Alcuni ricercatori hanno lanciato l'allarme sulla possibilità che tecniche di ingegneria genetica possano essere impiegate per 'creare' degli atleti superiori E' un trattamento pensato per combattere la distrofia muscolare e per incrementare la forza muscolare negli anziani, ma potrebbe venir utilizzato per costruire illegalmente dei super-atleti. L'allarme riguarda la terapia genetica per l'aumento della massa muscolare e a mettere in guardia sul rischio di un doping genetico sono gli studiosi che se ne stanno occupando.
Ad evidenziare i rischi è stato Lee Sweeney, dell' Universita' della Pennsylvania, nel corso della riunione annuale dell'American association for the Advancement of science a Seattle. 'Ci sono cose che vengono sviluppate con in mente le malattie - ha detto Sweeney - e che un giorno potrebbero essere utilizzate per migliorare le performance degli atleti'.
La terapia genetica al centro dell'attenzione è stata studiata per ora sui topi ed ha mostrato un incremento della massa muscolare, sia in dimensioni che in forza, dal 15 al 30%.
Richard Pound, della World Anti-doping agency, ha sottolineato come siano già in vigore regolamenti che vietano manipolazioni genetiche negli atleti, ma ha ammesso che terapie del genere potrebbero essere difficili da rilevare. 'Vorremmo poter essere presenti nelle prime fasi delle ricerche - ha detto ed aiutare a regolamentarle'.
Quanti ne hanno sentito parlare? .. Su "Le Scienze" di Novembre 2000, pagina 48: Si parla di muscoli che possono essere potenziati e midificati tramite terapie genetiche! Ad un certo punto dell'articolo (pag.56) si trova scritto:"Queste tecniche saranno usate illecitamente dagli atleti del futuro. Le autorità sportive avranno il loro da fare per identificare gli abusi, perchè i geni modificati produrranno proteine in molti casi identiche a quelle prodotte dal copro umano. Inoltre basterà una sola iniezione per introdurre il gene, minimizzando il rischio di essere scoperti. E' vero che i controllori potranno pur sempre identificare il DNA del gene artificiale, ma ne dovranno conoscere la sequenza, e chi effettuerà le prove ne dovrà disporre di un campione! Ma il test antidoping basato sul prelievo di frammenti dei muscoli degli atleti non ha molte probabilità di diventare di routine! Quindi si conclude che da ogni punto di vista il DOPING GENETICO SARA' IMPOSSIBILE DA IDENTIFICARE!!

IL DOPING GENETICO O CELLULARE È DEFINITO COME L'USO NON TERAPEUTICO DI GENI, ELEMENTI GENETICI E/O CELLULE CHE HANNO LA CAPACITÀ DI MIGLIORARE LA PRESTAZIONE SPORTIVA.
(ANSA) - ROMA, 16 FEB - Il doping genetico e' l'ombra che fin da oggi si disegna dietro i primi esperimenti di terapia genica volti a rigenerare e a rinvigorire i muscoli indeboliti da malattie come la distrofia muscolare.
Sono consapevoli del rischio i ricercatori impegnati su questo fronte della ricerca, dall'americano Lee Sweeney, dell'universita' della Pennsylvania, all'italiano Antonio Musaro', dell'universita' di Roma La Sapienza.
Ad avvicinare l'ipotesi che gli atleti di domani potrebbero potenziare i propri muscoli non solo con l'allenamento ma anche con i geni, aumentando massa e forza muscolare, e' il lavoro presentato da Sweeney a Seattle, nel convegno dell'Associazione americana per l'avanzamento delle scienze (AAAS). Nella ricerca, che sara' pubblicata sul Journal of Applied Physiology, il gruppo di Sweeney ha combinato la terapia genica e l'esercizio fisico riuscendo a potenziare massa e forza muscolare. Ripetute arrampicate su delle scalette e iniezioni del fattore di crescita dei muscoli Igf-1 specifico del topo sono riusciti, insieme, a potenziare del 31,3% la massa muscolare e del 28,3% la forza muscolare. Un effetto ben piu' importante di quello osservato utilizzando, da soli, esercizio fisico e fattore di crescita: il 23,3% di massa muscolare in piu' e il 14,4% di forza fisica. Secondo Sweeney l'uso della genetica per il potenziamento muscolare potrebbe servire anche nella riabilitazione in caso di traumi e per gli anziani che hanno perso mobilità in seguito ad indebolimento muscolare. L'allenamento, suggerisce Sweeney, ha stimolato le cellule precursori dei muscoli, chiamate 'satelliti', ad essere più recettive a IGF-I. Il surplus di questa sostanza ha fatto il resto potenziando la massa e la forza muscolare di questi topi.
Topi di controllo non trattati col vettore virale non hanno raggiunto, solo con l'allenamento, lo stesso livello di potenziamento dei muscoli.
Secondo Musarò il doping genetico ''apre una prospettiva preoccupante ma - rileva - e' prevedibile che ci si arriverà. E' comunque vero - ha aggiunto - che interventi come questi non si fanno nel laboratorio di casa. Ci vogliono competenze e attrezzature per manipolare i virus da utilizzare come vettori nella terapia genica''.
A pensare che il doping genetico sia un rischio da non sottovalutare e' anche un rappresentante della World Anti-Doping Agency , secondo il quale la situazione attuale e' paragonabile a quella di 30 o 40 anni fa, quando le attuali tecniche di indagine e i meccanismi regolatori anti-doping non esistevano ancora.(ANSA).

Super atleti con il doping genetico

Diventare dei super-atleti grazie alla terapia genica. Una prospettiva piu' vicina grazie al lavoro di un gruppo di ricercatori americani che sono riusciti, con iniezioni di materiale genetico, ad aumentare la potenza muscolare di alcuni topi, rendendoli dei 'campioni'. La ricerca, spiegano gli studiosi dell'universita' della Pennsylvania, durante la conferenza dell'American association for the advancement af science di Seattle, e' nata per combattere le malattie degenerative dei muscoli, come la distrofia muscolare.
Lee Sweeney , coordinatore dello studio, ha rivelato che l'esperimento ha suscitato un grande interesse tra gli allenatori di diverse discipline sportive. Ma, ha sottolineato, che si tratta solo di un esperimento sugli animali e che, comunque, e' una tecnica proibita sull'uomo per i possibili effetti collaterali e perchè, in campo sportivo, potrebbe essere considerata come una sorta di 'doping genetico'.
Il team universitario americano ha iniettato nei topi un virus inattivato che 'trasportava' un gene capace di stimolare nelle cellule dei muscoli la produzione del fattore di crescita igf-1. Gli Animali così trattati, sottoposti a un intenso programma di allenamento, sviluppavano una massa muscolare imponente e potente, che si manteneva sostanzialmente intatta nel tempo. Una tecnica che potrebbe essere di grande aiuto per i pazienti colpiti da malattie degenerative dei muscoli o che hanno perso massa muscolare per immobilità o invecchiamento. La ricerca sarà pubblicata sul numero di marzo della rivista 'Journal of applied physiology'.

Il motivo del rinnovato interesse per il doping genetico

Il motivo del rinnovato interesse per il doping genetico è legato al fatto che agli esperimenti sui super-topi, già pubblicati, se ne sta per aggiungere un altro (sul Journal of Applied Physiology), destinato a aumentare le preoccupazioni dei vertici dell'antidoping mondiale. Ricercatori americani hanno infatti dimostrato che i muscoli già fuori del comune dei ratti "dopati" geneticamente si possono ulteriormente potenziare con l'allenamento. Proprio ciò che un atleta di vertice potrebbe desiderare. Ma partiamo dai super-topi.
Il metodo «Abbiamo iniettato nei muscoli delle cavie un gene capace di aumentare la formazione in di IGF-1 (Insuline-like growth factor-1), una proteina che stimola il metabolismo muscolare, incrementando volume e prestazioni. E ci siamo accorti che i risultati erano ancora migliori se inducevamo le cavie a praticare esercizio fisico (nel caso in questione la "palestra" era una ruotina da far girare nella gabbia)», spiega Lee Sweeney, dell'Università della Pennsylvania. «Per trasferire il gene nei muscoli abbiamo usato come "taxi" un virus innocuo, privato di alcuni geni, sostituiti con altri. Questi ultimi, dopo l'inoculazione, sono stati incorporati dalle cellule muscolari, che li hanno usati per fabbricare la proteina di nostro interesse».
Ma non sarebbe stato più semplice iniettare direttamente l'IGF-1 nel sangue? «No,» risponde Sweneey «perché in tal caso ne sarebbe servito troppo per raggiungere valori sufficienti a fare crescere i muscoli. Inoltre, l'IGF-1 non agisce solo sui muscoli volontari, ma anche su quelli involontari, come quelli del cuore e di altri visceri. Quindi, se un atleta prendesse l’IGF-1 per doparsi non avrebbe alcun risultato e in compenso rischierebbe di ammazzarsi danneggiando il cuore e altri organi, rischiando, tra l'altro, un cancro alla prostata». Zampe e quadricipiti.
Nel vostro caso invece non c’era questo rischio? «No, almeno in teoria, perché noi abbiamo iniettato il vettore genetico (il virus modificato) in determinati muscoli, ottenendo una maggiore produzione a livello locale dell’IGF-1, senza modificarne i livelli nel sangue». Però rimane da capire come un atleta si potrebbe servire di un metodo del genere. Un conto è fare un'iniezione a un topino con una zampa di pochi millimetri, un conto è voler sviluppare le gambe di uno sprinter. Quante iniezioni dovrebbe fare per avere un quadricipite femorale super? «Basterebbe bloccare la circolazione della gamba e iniettare il virus in un'arteria, per distribuirlo a tutti i muscoli del distretto interessato». Beh, la faccenda allora non è così semplice: bisognerebbe prima di tutto procurarsi un gruppo di biologi-genetisti che sappia replicare il metodo di transfer genetico con un virus modificato, e poi anche un chirurgo vascolare senza scrupoli che accetti di prestare la propria opera per un intervento del genere. «In teoria non è semplicissimo, ma sappiamo bene che ormai nello sport professionistico di alto livello girano somme elevatissime. E se qualcuno mettesse qualche milione di dollari (o di euro) sul tavolo di scienziati e di medici senza troppa coscienza...». Contromisure Tanto più che scoprire il dolo sarebbe parecchio difficile vero?
«Gli attuali metodi di indagine sarebbero del tutto impotenti per svelare il doping genetico, perché la concentrazione di IGF-1 nel sangue non cambia. Si sta cercando di stabilire se ci sia qualche altro marcatore, ma, per ora, l'unico modo per svelare il trucco sarebbe quello di fare una biopsia muscolare e poi di analizzare il tessuto con la PCR (Polimerase Chain Reaction), un metodo che servirebbe ad amplificare e quindi a scovare il Dna del gene inserito con il virus. Avete il sospetto che il sistema sia già stato utilizzato da qualche campione? «Non lo sappiamo. Purtroppo, però, non appena le notizie delle nostre sperimentazioni hanno cominciato a circolare siamo stati bombardati e-mail, di sportivi, tra cui allenatori di squadre giovanili, che volevano aumentare le prestazioni proprie o dei propri campioncini.Impressionante...
«Sì, soprattutto perché non è stato capito che i nostri esperimenti dicono che il metodo funziona sui topi e che ora stiamo cercando di capire se funziona su animali più grandi, come i cani, ma per sapere se le cose possono andare bene sull'uomo ci sarà bisogno di molti altri studi, di molto altro tempo e di molta prudenza. Sia per verificare l'efficacia, sia, soprattutto per verificare la sicurezza». Già, perché a Seattle è stato ricordato che i vettori virali non sempre hanno funzionato a dovere e hanno fatto anche un paio di vittime. E un conto è correre un rischio per malattie serie, per le quali non c'è altra possibilità che la terapia genica, un conto è correre un rischio… per correre.

DOPING GENETICO

Il doping genetico o cellulare è definito come l'uso non terapeutico di geni, elementi genetici e/o cellule che hanno la capacità di migliorare la prestazione sportiva.
La terapia genica mostra i muscoli. E agita il mondo del doping.
Il futuro del doping sarà quello di super-atleti geneticamente modificati con masse muscolari straordinarie sviluppate grazie a geni specifici? Se fino a ieri questa ipotesi poteva sembrare fantascientifica o quanto meno lontana, da oggi è quasi realtà.
In un laboratorio dell'università della Pennsylvania, Lee Sweeney ha sottoposto alcuni topi a un intervento di terapia genica, iniettando un virus che trasportava il gene per la sintesi del fattore di crescita dei muscoli Igf-1.
L'incredibile topo-Hulck. Ha così creato dei super topi, molto più forti degli altri: 23,3 per cento di massa muscolare in più e 14,4 di forza fisica. Iniettando il gene e sottoponendo i topi a specifici allenamenti (facendoli arrampicare su scalette e correre su tapis roulant per esempio) i risultati sono stati ancora più strabilianti, riuscendo a potenziare del 31,3 per cento la massa muscolare e del 28,3 per cento la forza muscolare.
Effetti collaterali. Il fine della ricerca era naturalmente diverso: trovare una terapia efficiente per la cura della distrofia muscolare e per il potenziamento dei muscoli nella riabilitazione in caso di traumi e per gli anziani con indebolimento muscolare. Con la nuova tecnica, infatti, il fattore di crescita rimane nei muscoli e non si trasferisce nel sangue dove potrebbe danneggiare altri organi, causando problemi cardiaci e tumori. Ma - come mette in guardia Sweeney - potrebbe essere utilizzato dagli atleti per potenziare forza, massa e resistenza dei muscoli e per recuperare velocemente dopo gli infortuni. Senza alcuna possibilità di essere scoperti. Anche perché l'effetto dell'ormone della crescita non si esaurisce.
Rischi remoti? Il trasferimento di materiale genetico è già bandito dal codice internazionale contro il doping. E soprattutto la terapia genica non è un procedimento alla portata di tutti. È ancora in fase di sperimentazione per malattie mortali e con risultati non sempre positivi. Dunque il doping genetico non è ancora alla portata di tutti. Ma ancora per quanto? Dick Pound, presidente dell'Agenzia mondiale per l'anti-doping, non si è detto preoccupato per le olimpiadi di Atene. Ne tanto meno per quelle di Pechino del 2008. Ma a partire dalle olimpiadi del 2012 le autorità sportive potranno trovarsi di fronte a un grave problema. Quello dei super atleti

Il doping genetico - Grazie alla genetica, fra non molti anni saranno pronti vaccini che potranno inserire geni artificiali nei geni delle cellule muscolari, per esempio geni in grado di codificare una proteina o un ormone che stimolano la crescita muscolare oppure geni che attivino la produzione di miosina IIb (un'isoforma della miosina, comune in piccoli mammiferi), con velocità di contrazione altissima che darebbe più potenza alle fibre veloci (in tal modo si potrebbero correre i 100 m in 8"). Come molte runner sanno, in un maratoneta la quantità di fibre muscolari lente è molto maggiore di quella di fibre veloci. Con la genetica chi nasce velocista potrà trasformarsi in un (grande) maratoneta. La possibilità di scoprire questa forma di doping è secondo le conoscenze attuali praticamente nulla poiché per identificare il DNA del gene artificiale occorre conoscere la sequenza del gene, possedendo un campione del tessuto contenente quel DNA; ma poiché potrebbe bastare una sola iniezione per introdurre il gene, non è pensabile di cannibalizzare i muscoli dell'atleta alla ricerca della manipolazione genetica.

Italia. Le staminali che rafforzano i muscoli

Muscoli piu' forti e potenti? Possono diventarlo grazie a un vero e proprio megafono molecolare, un segnale biochimico che chiama a raccolta le cellule staminali in circolazione nel sangue, perche' queste rigenerino il tessuto muscolare. E' una scoperta italiana, pubblicata on-line dalla rivista dell'Accademia americana delle scienze, PNAS, e getta le basi per future terapie contro la distrofia muscolare e apre scenari non troppo fantascientifici sull'eventualita' di una sorta di doping molecolare.
Lo studio, coordinato da Antonio Musaro', del dipartimento di Istologia ed Embriologia Medica dell'universita' di Roma La Sapienza, e' stato condotto in collaborazione con Nadia Rosenthal, del Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare (EMBL) di Monterotondo (Roma) e con Giovanna Borsellino, dell'istituto scientifico Santa Lucia di Roma. La ricerca e' stata finanziata principalmente da Telethon e in parte dal progetto cellule staminali del ministero della Salute.
A due anni esatti dalla scoperta che il fattore di crescita mIgf1 (Insulin-like growth factor 1) puo' trasformare topi anziani in topi muscolosi, restituendo tonicita' ai loro muscoli, il gruppo di Musaro' ha adesso perche' i muscoli possono rigenerarsi grazie al fattore mIgf1. Ha scoperto quindi perche', grazie al fattore mIgf1, i muscoli invecchiati ritrovavano vigore e quelli indeboliti dalla distrofia si rigeneravano.
Il punto di partenza e' stato osservare che i muscoli sono naturalmente in grado di rigenerarsi. Tuttavia, ha osservato Musaro', "nella distrofia muscolare, nell'invecchiamento e in molte malattie neurodegenerative la capacita' dei muscoli di rigenerare le fibre danneggiate e' particolarmente compromessa". Questo accade perche' le cellule specializzate nel riparare i muscoli danneggiati, chiamate cellule satelliti, sono poco numerose e con il tempo diventano meno attive anche proteine importanti nella riparazione dei muscoli.
Fortunatamente, pero', anche altre cellule staminali, individuate recentemente, possono andare in aiuto dei muscoli. "Possiamo immaginare una sorta di autostrada di cellule staminali -ha detto Musaro'- in cui tali cellule migrano nel circolo sanguigno e raggiungono i vari organi e tessuti in risposta ad uno stimolo rigenerativo". Ma perche' arrivino nei muscoli devono sentire un richiamo molto forte, cosa che in condizioni normali non avviene.
Il gruppo di Musaro' ha scoperto che il segnale di cui le staminali hanno bisogno e' il fattore mIgf1, che deve essere pero' potenziato. I ricercatori hanno cosi' utilizzato topi modificati geneticamente (transgenici) in modo da produrre maggiori quantita' del fattore mIgf1. Quest'ultimo, prodotto in grandi quantita', ha amplificato il segnale che i muscoli generano in condizioni normali, comportandosi come un megafono molecolare. "Il fattore di crescita mIgf1 e' in grado di reclutare in modo considerevole le cellule staminali circolanti, le quali, una volte entrate nel compartimento muscolare, partecipano efficientemente al riparo delle fibre muscolari danneggiate".
Avere a disposizione un tale megafono molecolare, ha concluso, permette quindi di "disegnare delle strategie terapeutiche al fine di integrare la terapia genica con la terapia cellulare per prevenire i segni patologici della senescenza muscolare e di malattie genetiche, come la distrofia muscolare.
Se la scoperta rappresenta una speranza per le persone malate di distrofia muscolare, apre anche la porta al cosiddetto doping genetico. Non e' pura fantasia, infatti, ipotizzare che in futuro il doping abbandoni la via tradizionale dei farmaci per scegliere nuove strade. "Ma fare questo significherebbe giocare col fuoco", ha osservato il ricercatore.
Il doping genetico "non e' ancora una realta' ma e' possibile che nel giro di pochi anni la scoperta del fattore di crescita specifico dei muscoli venga sfruttata da chi specula". Le prime richieste in questo senso erano arrivate gia' tempo fa negli Stati Uniti a un collaboratore di Musaro', il fisiologo Lee Sweeney, dell'universita' della Pennsylvania. L'allenatore di una squadra di football americano gli aveva telefonato, nella speranza di poter iniettare il fattore di crescita specifico dei muscoli a tutta la squadra, in modo da ottenere atleti praticamente imbattibili.
"A qualcuno il doping genetico puo' sembrare a prima vista un affare -ha osservato Musaro'- perche' permette di aumentare la massa muscolare senza che resti alcuna traccia sospetta. Ma si tratta di un affare losco. Il nostro obiettivo di ricercatori e' dare un supporto a persone i cui muscoli non sono in grado di funzionare, come quelle colpite dalla distrofia muscolare o gli anziani che hanno i muscoli atrofizzati".
Oltre alle obiezioni etico, ce ne sono altre relative ai pericoli in agguato dietro al doping genetico. Il fattore di crescita Igf1 e' infatti gia' in vendita su Internet ma, avverte Musaro' "non si tratta del fattore di crescita specifico dei muscoli da noi sperimentato, chiamato mIgf1, ma del fattore circolante". Quest'ultimo viene sintetizzato dal fegato e, circolando nell'organismo, bersaglia vari organi. Quando raggiunge i muscoli ha effetti positivi perche' li rende piu' tonici, ma su altri organi ha effetti negativi, provocando tumori (soprattutto nella prostata) e malattie cardiovascolari. "La forma dell'Igf1 specifica dei muscoli non esiste in commercio e ad oggi non ha dato alcun effetto collaterale negli animali. Anche in questo caso, tuttavia, occorrono cautela e controlli prima di passare dagli esperimenti sugli animali a quelli sull'uomo".

Secondo Robert Sheckley, per troppo tempo ormai Roberto Quaglia non è stato famoso. Secondo Ugo Malaguti, è un genio. Roberto Quaglia, ovvero il rappresentante della fantascienza del nostro Paese più famoso all'estero e più sconosciuto in Italia, continua a fare tante domande e a rifiutare tutte le risposte.
La caccia alle streghe è uno dei tuoi passatempi preferiti? Ti proclami contro le discriminazioni però discrimini tra una discriminazione e l'altra? Pensi quasi sempre quello che pensano anche gli altri? Allora sei probabilmente finito nel posto sbagliato a leggere le cose sbagliate. Muta la rotta, o lettore normale, finché sei in tempo, oppure continua a leggere sapendo che comunque perderai il tuo tempo.
E' molto di moda al giorno d'oggi vedere nel doping sua maestà il Male. Io che però sono pignolo e poco sensibile ai richiami delle mode, mi ritrovo a domandarmi cosa ne sarà del doping al prossimo giro di boa degli umani costumi, quando la moda dell'antidoping avrà fatto il suo tempo e nessuno discriminerà di più fra doping e doping. Una moda è infatti tale perché dopo un po' passa. Ed è già parecchio tempo che una parte d'umanità si trastulla senza molto senso con il vezzo estetico dell'antidoping. In realtà, l'umanità ha da sempre amato il doping, anche se non lo ha mai chiamato così, facendo di esso libero uso in tutti i tempi e in tutti i contesti. Cos'è infatti il doping? Nient'altro che il fatto di assumere alcune sostanze in grado di migliorare le proprie prestazioni in un qualsiasi campo di attività fisica. Dato che il doping è quindi finalizzato ad ottimizzare le proprie prestazioni, viene da chiedersi perché molti vogliano vederci in esso il Male. Cosa c'è di male a volere migliorare le proprie prestazioni? Non migliora le proprie prestazioni anche chi semplicemente si allena? Non sarebbe quindi anche il mero allenamento da intendersi come innegabile doping? La risposta dei fanatici dell'antidoping è: il doping deve essere vietato quando è innaturale e fa male alla salute. D'altra parte, se il doping facesse bene alla salute, mancherebbe davvero qualsiasi argomento per provare a vietarlo. Sul fatto della sua naturalità, poi, c'è tutti da ridire: è naturale andare in automobile? Sono naturali i cibi dei fast-food? E' naturale guardare la televisione? Se la naturalezza di un azione fosse il criterio per stabilire se di doping si tratti o meno, si macchierebbe di doping qualsiasi cittadino (sportivo o meno) che vada in auto, mangi al fast-food e guardi la televisione. E potremmo fare migliaia di altri esempi. Dimentichiamoci quindi l'argomento naturalezza, che in un'epoca di artificiosità totale può solo fare ridere i polli, e limitiamoci al solo altro tema che riempie la bocca dei maniaci dell'antidoping: la salvaguardia della salute dell'atleta.
A questo punto però mi viene un inevitabile dubbio: o sono scemo io, o sono scemi gli altri. Per quanto dopati, gli atleti godono infatti nel 99% dei casi di una salute migliore di quella di gran parte del resto della popolazione. Certo ogni tanto ne schiatta qualcuno, ma questo succede anche alla gente normale. Si vive e si muore, cosa c'è di strano? Per ogni volta che un atleta muore a causa del doping, ce ne sono altri dieci che muoiono perché nello sport che fanno semplicemente accade spesso che qualcuno ci lasci la pelle. Due pugili che si pestano danneggiano la mutua salute infinitamente di più che un atleta dedito ad un equilibrato doping, ed i frequenti decessi dei pugili ed i loro inevitabili rimbambimenti lo dimostrano senza ombra di dubbio. Eppure il pugilato non è vietato. Così come non è vietato l'automobilismo, uno degli sport con il più alto coefficiente di morte. E lo stesso calcio, lo sport più amato dagli italiani, pur producendo una bassa quantità di decessi lede i corpi degli atleti più del più accanito doping: è infatti uno scempio continuo di articolazioni, menischi, fibre muscolari e ossa. Non passa domenica che qualche calciatore non s'infortuni. Non preme ai fanatici dell'antidoping della salute di costoro? No. I fanatici dell'antidoping sono dei feticisti. Perché la loro sensibilità morale s'infiammi deve venire rispettata una complessa liturgia di condizioni, devono essere state consumate sostanze proibite e deve essere stato effettuato un rituale di analisi e controanalisi. Insomma, una faccenda essenzialmente mistica come nella storia se ne sono viste molte. Un pretesto come un altro per una bella caccia alle streghe. Una persecuzione contro gli sportivi ma vi siete mai chiesti perché con la storia del doping rompono le palle solo agli sportivi? Perché non fanno l'antidoping anche agli attori cinematografici e teatrali ed ai presentatori televisivi, molti dei quali notoriamente dediti all'uso di cocaina per migliorare le loro prestazioni sulla scena? Dopotutto, anch'essi competono con colleghi che risultano svantaggiati dal loro mancato ricorso a tali sostanze stimolanti. E per non fermarsi agli esempi ovvi, perché non procedere anche contro gli scrittori dediti a doping? Viene fatto l'antidoping sui candidati al premio Nobel per la letteratura? E a quello per la medicina? E a questo punto devo proporre agli inquisitori la mia stessa persecuzione, dato che ricorro abitualmente al doping per riuscire a scrivere i miei pezzi di Pensiero Stocastico. Non so se infatti otterrei gli stessi risultati senza abitualmente drogarmi, prima di ogni mia prestazione, facendo smodato uso di abnormi quantità di caffè (talvolta seguite da dosi integrative di coca cola), beveroni noti per l'alto contenuto di caffeina in essi contenuto. Perché se trovano caffeina nelle urine di Del Piero gli fanno un mazzo così mentre a me che ce l'ho sempre non la cercano neppure? Forse che la mia salute vale meno di quella di Del Piero? Analizzare la mia urina fa più ribrezzo? O la caffeina nuoce meno a me che a un calciatore? Dieci anni fa, per riuscire a scrivere un certo mio libro, dovetti per alcuni mesi ricorrere ad un doping esasperato che certo incise non poco sulla mia salute. All'epoca fumavo, e fumavo parecchio. Scrivendo il mio libro, fumavo ancora di più e, quel che è peggio, non riuscivo a scrivere se non fumavo continuamente. Tutti i giorni, però, dopo qualche ora di scrittura la mia capacità di fumare veniva meno, nausea e disgusto mi rendevano repellente la sola idea di ulteriori sigarette, ed io mi ritrovavo bloccato; non riuscivo infatti più a scrivere se non continuavo a fumare. Pur di continuare a scrivere, allora, ero costretto ad iniziare con il caffè. Il caffè mi faceva infatti tornare voglia di fumare, e così potevo procedere a scrivere, tirando avanti per un altro po'. Ma il caffè dopo un po' ti stronca anche di più delle sigarette, e se non la pianti il cuore ti scoppia. Finalmente smetterla di scrivere? Neppure a pensarci! Ricorrevo a quel punto ad un certo liquore cecoslovacco, di cui avevo in precedenza fatto abbondanti riserve. Il liquore cecoslovacco mi faceva tornare voglia di fumare, il che mi consentiva di proseguire a scrivere, fino a quanto fatalmente giungeva sera. A questo punto, lievemente alticcio, schizzato, e con un misterioso senso di profonda intossicazione interiore, potevo spegnere il computer, soddisfatto e perplesso, e terminare la mia giornata di scrittura. In seguito, il mio istinto di conservazione mi ha indotto a moderare il doping al quale ricorro per scrivere, ma non è questo il punto: può infatti quel mio libro considerarsi valido? Io non l'avrei infatti mai scritto se non avessi fatto ricorso alle sostanze che ho detto, così come Umberto Eco non avrebbe scritto Il Nome della Rosa se non avesse potuto nel contempo fumarsi le sue quaranta sigarette quotidiane. E allora perché a Maradona gli hanno fatto per anni l'antidoping tre volte al dì mentre ad Umberto Eco e a me non lo ha mai fatto nessuno? Forse che un libro vale meno che una partita di calcio? Forse che la salute di Umberto Eco vale meno di quella di Cuccureddu (giocatore della Juventus di 20 anni fa trovatene uno oggi con un nome così!). E perché durante le riprese dei film non viene fatto l'antidoping agli attori che in seguito vinceranno il premio Oscar? E' giusto che ad un attore possa essere consentito di recitare meglio di un altro al prezzo dell'ingestione di regolari dosi di caffè, sigarette ed alcolici (per non parlare della cocaina)? Perché un attore salutista dove trovarsi svantaggiato? Perché non si va a vedere cosa si sono fumati gli sceneggiatori di un film umoristico di successo o di certe trasmissioni tivù demenziali? Quindi torniamo alla domanda precedente: perché l'antidoping è una persecuzione dei soli sportivi? La risposta è che gli sportivi sono classicamente individui giovani e inesperti, irregimentati in federazioni di vario genere (a volte anche militari, e comunque sempre paramilitari), una situazione che mal si presta a rivendicare il proprio diritto di fare della propria salute ciò che a uno pare. Attori, giornalisti, scrittori e presentatori televisivi si opporrebbero energicamente (e con pieno diritto) ad intrusioni sistematiche nella loro privacy biochimica.
Si vive e si muore, e la società moderna occidentale ha trasferito il paradigma della quantità (su cui è fondata) alla sfera esistenziale: la quantità di qualcosa vale di più della qualità di qualcosa. Questo è il paradigma contemporaneo nel quale l'Occidente affoga. Nella sua estrema e inevitabile manifestazione, questo paradigma ci satura della convinzione che una lunga vita valga di più di una bella vita. Vivere di più diventa più importante che vivere meglio. Altri popoli non annaspano in un pantano simile. Per altri popoli e per altre culture, presenti e passate, la qualità della vita è prevalente rispetto alla quantità della stessa. E in queste culture non troviamo l'orribile tabù della morte che affligge la nostra con tutte le peggiori manifestazioni che da esso derivano: dal senso di sconfitta comunemente associato alla morte all'accanimento terapeutico sui malati terminali. E la qualità della vita è rappresentata da ciò che uno fa. Molti uomini hanno sacrificato la loro vita per una causa. In certi casi li si loda per questo, in altri casi li si condanna. Ma il principio per il quale uno mette in gioco se stesso, la propria salute e la propria vita è uno solo ed è sempre lo stesso ed in quanto tale non andrebbe giudicato: si tratta della legittima ambizione di un essere umano di influire sulla realtà il più possibile durante la vita propria, secondo le modalità ad esso più congeniale, costi quel che costi. Per alcuni ciò si tradurrà nell'ambizione di varare leggi più giuste o di salvare una patria, per altri nell'ambizione di stabilire nuovi primati di tipo sportivo, per altri ancora di scrivere opere letterarie che esprimano concetti ed emozioni mai prima rappresentati su carta, per altri ancora di interpretare personaggi cinematografici che rimangano indelebili nell'Immaginario dell'umanità. Tutte queste persone romanticamente tese verso il superamento dei propri e collettivi limiti sono il vero grandioso motore dell'umanità. Ognuna di esse rischierà volentieri di sacrificare tutto, dalla salute alla vita, pur di incidere sulla realtà in quell'opera o in quel gesto che per loro vale a dare senso a una vita. Ed è davvero misera cosa che masnade di ombrosi figuri senza né arte né parte e insensibili a tale romantica vocazione si industrino ad imbrigliare, ostacolare, giudicare, condannare e punire persone più nobili e coraggiose di loro con la sola colpa di anteporre la qualità del risultato di ciò che essi fanno alla propria incolumità personale.
Il futuro del doping può quindi esprimersi in due direzioni opposte. La prima possibilità è quella di un'improvvisa eruzione di fondamentalismo antidoping. In una società governata da un fondamentalismo antidoping, il test antidoping sarà obbligatorio in qualsiasi contesto che preveda una competizione fra esseri umani. Durante le campagne elettorali, i politici dovranno sottoporsi ad analisi dopo ogni comizio o tribuna politica, e se dalle loro urine emergerà che hanno fatto uso di sostanze proibite (dalla cocaina ai tranquillanti, dalla nicotina al caffè) verranno squalificati, ovvero perderanno ogni diritto di concorrere a quelle elezioni. Negli studi televisivi, gli ufficiali dell'antidoping suggeranno metodicamente urine a tutti i coloro che abbiano appena partecipato ad una trasmissione televisiva, presentatori, cantanti, ospiti di talk show e sportivi. Gli atleti dovranno quindi abituarsi che dopo aver appena fatto un controllo antidoping al termine di una competizione sportiva toccherà loro rifarlo se verranno intervistati da un'emittente televisiva. Tutte le industrie ed aziende dovranno avere il personale regolarmente sottoposto ad analisi da parte del Ministero dell'Antidoping, una nuova grande istituzione pubblica che darà vita a migliaia e migliaia di nuovi utili posti di lavoro. Le aziende saranno poi legalmente tenute a tenere un regolare registro dell'antidoping dove gli accertamenti positivi possano venire contabilizzati e convertiti in tasse. Dato che il doping (caffè, nicotina, vino, birra, antidepressivi, ecc.) dei dipendenti favorisce infatti un'azienda rispetto alla concorrenza, sarà giusto che tale illecito vantaggio finisca per tramutarsi in una maggiore tassazione. Il Ministero dell'Antidoping avrà suoi funzionari anche sul set di tutte le produzioni cinematografiche. Pure le pornostar non sfuggiranno al Nuovo Ordine Chimico e dopo ogni amplesso sul set dovranno immancabilmente devolvere un po' della loro pipì alle analisi obbligatorie per accertare la naturalezza e legalità del loro coito. Gli accoppiamenti che risulteranno essere stati incoraggiati dall'uso delle solite sostanze proibite (caffè, nicotina, alcolici, ecc.) saranno regolarmente multati. Non è però detto che la storia prenda il corso del fondamentalismo antidoping, ed anche se lo facesse, non durerebbe per sempre. I Grandi Proibizionismi, per quanto frequenti nella storia dell'umanità, sono sempre pregni di quel carico di aberrazione che li condanna a non durare per sempre e venire un giorno rimpiazzati da una tendenza contraria. Vedremo quindi inevitabilmente il giorno in cui la moda mistica dell'antidoping scomparirà nel nulla dal quale emerse poco tempo fa. Il liberismo chimico restituirà finalmente a chiunque la piena responsabilità ed autodeterminazione in merito all'uso ed abuso del proprio corpo.
Sotto la propulsione del doping libero, lo sport vivrà una nuova stagione di traguardi grandiosi ed inimmaginabili oggi. Dopotutto, c'è un limite alle capacità fisiche di un corpo umano. E senza i progressi della scienza, questi limiti segnerebbero un giorno la fine dello sport agonistico. Senza i progressi della scienza, si giungerebbe fatalmente al giorno in cui nessuno sarebbe più in grado di correre o nuotare una certa distanza al di sotto di un certo tempo, di saltare, sollevare pesi, lanciare oggetti migliorando ad oltranza i rispettivi record. Il doping libero sarà in futuro l'unico modo in cui lo sport potrà continuare ad esistere e ad appassionare le folle e gli sponsor. Naturalmente, esso non si limiterà alla sola chimica. In futuro, il doping chimico apparterrà all'archeologia dello sport. Anabolizzanti, anfetamine, bombe di aminoacidi, stimolanti, autoemotrasfusioni e chi più ne ha più ne metta, verranno ricordati con tenerezza dagli storici dello sport. Il vero doping del futuro sarà il doping genetico. L'ingegneria genetica brucia oggi tappe su tappe e sta già cambiando il mondo anche se gli effetti non sono ancora bene visibili. Si parla già oggi delle mirabilie che l'ingegneria genetica comporterà in futuro per l'essere umano in campo medico. Non si fa menzione però di quelle che sopra le altre appariranno come le applicazioni più eclatanti: l'ingegneria genetica nel campo dello sport. Correggere le malattie genetiche della popolazione è infatti operazione eticamente pregevole, ma commercialmente diafana. C'è troppa poca gente in giro con il DNA difettoso per costituire un mercato interessante. Milioni di anni di selezione naturale hanno già spazzato via le tare genetiche dal grosso della popolazione. In futuro, agli sponsor interesserà ben altro. Agli sponsor interesserà sempre di più che i campioni dello sport violino vette inviolabili, superino barriere invalicabili, infrangano record infrangibili. Ed il miglior modo di conseguire tali risultati in futuro si avrà con l'ingegneria genetica applicata agli atleti o, se preferite, con il doping genetico. Gli atleti professionisti del futuro accetteranno di venire geneticamente modificati al fine di essere concorrenziali e di potere fare cose che interessino alla gente (intesa come telespettatori). Vedremo allora centometristi con gambe dal diametro crescente anno dopo anno, giocatori di pallacanestro alti dai tre metri in su, ginnasti con le ossa flessibili, sollevatori di pesi massicci e larghi come bulldozer, sottili campioni di salto in alto con ossa cave, lottatori di sumo da una tonnellata, scalatori free climber con poderose mani grifagne dotate di superunghie appuntite retrattili, e forse addirittura pugili con scatola cranica rinforzata e due braccia supplementari (destinate nel tempo a diventare quattro, poi otto, sedici, ecc.). Gli ecologisti insorgeranno contro questi progressi. La biodiversità ne sarà tuttavia accresciuta, ed è opinione consolidata che la natura abbia una certa predilezione per la biodiversità. Ne consegue che, paradossalmente, i Mostri dello Sport venturi non saranno neppure contronatura, anche se a parecchi piacerà molto considerarli tali. Essi vivranno, alcuni di più, altri di meno, ed infine morranno come a tutti tocca. Dalla loro progenie, nuovi incroci daranno realtà a nuove forme e funzioni. L'Evoluzione, che ne sa una più del diavolo, procede anche così. Con il doping genetico e tutti i suoi figli e figliastri.

 

IL DOPING NELLO SPORT

I settori più «dopati» sono quelli relativi agli sport cosiddetti minori
Il 3% degli sportivi usa sostanze dopanti
I controlli del 2003 su 34 federazioni sportive dicono che il fenomeno è in forte crescita rispetto ai 3 anni precedenti
ROMA - Ciclisti, corridori e calciatori, ma anche culturisti e appassionati di tiro al volo: il 3% degli sportivi italiani esaminati dalla commissione di vigilanza sul doping usa sostanze dopanti.
Emerge dal primo anno di attività di controllo della commissione ministeriale antidoping che nel corso dello scorso anno ha eseguito 735 controlli su 34 federazioni sportive. Dai test realizzati, è emersa una realtà fino ad ora sconosciuta: a fare uso di queste sostanze sono anche e soprattutto gli atleti degli sport cosiddetti minori.

IL CONVEGNO - I dati sono stati presentati nel corso di un convegno nazionale all'Istituto superiore di sanità dedicato proprio alla tutela della salute e la lotta al doping. Molte le riflessioni suscitate dal fatto che a utilizzare le sostanze siano proprio gli sportivi che esercitano la loro attività in sport minori, non quelli sui quali viene esercitata una pressione da parte del mercato o degli sponsor. «È proprio questo aspetto - ha affermato Roberta Pacifici dell'Osservatorio fumo, alcol e droga dell' Iss e membro della Commissione ministeriale - che fa più riflettere». Un aspetto che desta preoccupazione in quanto si tratta di realtà più difficili da controllare. «Il ministero della Salute - ha aggiunto Zotta - intende proseguire su questa strada intensificando i controlli in quelle discipline che dai primi dati risultata più grande il fenomeno del doping estendendo i controlli anche fuori dalle gare nel corso, ad esempio, degli allenamenti». Ciò sarà possibile anche grazie ai 3 milioni 500 mila euro stanziati nella finanziaria 2004 per aumentare i controlli ed investire in prevenzione.

DATI IN CRESCITA - Rispetto ai controlli precedenti, l'utilizzo di queste sostanze sembra in crescita. Infatti, i controlli antidoping del Coni e delle federazioni sportive nazionali negli anni 2000, 2001 e 2002, hanno dato percentuali di positività rispettivamente dello 0,9%, dello 0,8% e dello 0,6%. «Dalle verifiche realizzate lo scorso anno dal ministero della Salute, ha spiegato Giovanni Zotta, presidente della commisione di vigilanza sul doping - è stata riscontrata una percentuale di positività 5 volte maggiore». La scelta di controllare diverse specialità sportive si è basata sull'ipotesi che il doping fosse diffuso in tutte le discipline. Il 14% dei controlli sono stati effettuati sulla Federazione Italiana Gioco Calcio.

LE FEDERAZIONI - Tutti gli altri controlli sono stati fatti su federazioni che negli ultimi 5 anni avevano avuto pochi o nessun controllo: la federazione italiana Triathlon, dove il 50% del campione è risultato positivo (2 casi su 4); la federazione italiana pesistica e cultura fisica, con il 25% di positività (4 su 16); la federazione italiana Tiro a volo, con il 12,5%, e la federazione italiana gioco Squash anche essa con il 12,5% di positività.

PATTINAGGIO
Primo caso di doping alle Olimpiadi di Salt Lake
Ancora polemiche nel mondo del pattinaggio
SALT LAKE CITY - Primo caso di doping alle Olimpiadi della neve. La notizia viene dal Cio, ma non sono stati forniti particolari né sull'identità dell'atleta, né sul suo sesso o sulla specialità praticata. Sembra, però, che non si tratti di un vincitore (o di una vincitrice) di medaglia.
La cosa è grave, ma non inaspettata. Prima dell'apertura delle Olimpiadi dello Utah, un dirigente del Cio aveva previsto che nei giorni delle Olimpiadi sarebbero stati certamente scoperti almeno cinque o sei casi di utilizzo di sostanze proibite da parte degli atleti. Segno che tutti, nell'ambiente, sanno che molti continuano a provarci e che i meccanismi di controllo sono ormai abbastanza affinati.
Una tegola che arriva alla fine della miglior giornata per i colori azzurri con le medaglie d'oro (Daniela Ceccarelli in superG), argento (staffetta maschile 4x10 chilometri di fondo) e bronzo (Karen Putzer ancora nel superG) e dopo una notte di ulteriori polemiche nel mondo del pattinaggio artistico. Sul ghiaccio c'è stata la seconda giornata di gare per le coppie di danza. Dopo il programma obbligatorio e quello originale, Barbara Fusar Poli e Maurizio Margaglio (campioni del mondo in carica) sono ancora al terzo posto dietro la coppia francese Marina Anissina e Gwendeal Peizerat (e ci poteva anche stare), ma anche dietro ai russi Irina Lobacheva e Ilia Averbukh. Il distacco non è incolmabile, con il programma libero, l'ultima prova, ma la medaglia d'oro pare davvero difficile da afferrare. Sembrano inevitabili ulteriori polemiche e accuse sul fronte dei giudici di gara dopo quelle lanciate nei giorni scorsi dagli uomini dello staff della coppia azzurra.
Ma più che dalle polemiche di fonte italiana, il mondo del pattinaggio è sconvolto dalla questione della medaglia d'oro ex-aequo assegnata alle coppie di artistico Elena Berezhnaya-Anton Sikharulidze (russa) e Jamie Salé-David Pelletier (canadese) dopo che Cio e federazione internazionale hanno acclarato "pastette" tra i giudici. E proprio mentre si svolgeva la cerimonia di consegna della medaglia alla coppia canadese ingiustamente penalizzata, è partito il contrattacco del giudice sotto accusa, la signora francese Marie-Reine Le Gougne. Le Gougne ha raccontato a un giornalista di essersi sentita "minacciata" e ha accusato la presidente della commissione tecnica Sally Ann Stapleford che ha la doppia cittadinanza francese e canadese: "Mi ha assalito - ha detto - e mi ha rimproverato di aver votato per i russi". In sostanza, par di capire, la signora Le Gougne sembra aver imboccato la strada della ritrattazione della sua "confessione" nella quale aveva ammesso di aver aiutato la coppia russa in cambio di futuri "favori" da parte di altri giudici proprio alla coppia francese di danza che si batte contro i nostri Fusar Poli-Margaglio.
Insomma, tra doping e veleni, le Olimpiadi hanno preso una strada che rischia di mettere in secondo piano le gare o di trasformarle in risse con lamentazioni preventive e successive ai risultati.
Elena Berezhnaya perde il titolo per doping
La russa Elena Berezhnaya è risultata positiva al doping durante i recenti campionati ISU. I controlli le erano stati fatti durante i Campionati Europei 2000 a Vienna. La pattinatrice ha dichiarato che i medicinali che hanno fatto risultare il test positivo erano stati presi inconsapevolmente, ma la federazione ha comunque proibito la partecipazione di Elena e Anton ai Campionati mondiali sospendendo la coppia di artistico per 4 mesi.. La coppia è stata anche privata del titolo europeo e del relativo premio in denaro che è stato assegnato alla coppia che si era classificata seconda, Petrova/Tickhonov.

SCI DI FONDO E DOPING
Purtroppo anche nello sci di fondo il problema doping ha caratterizzato questo ultimo decennio anche se nessun atleta italiano è mai stato trovato positivo nei controllo antidoping.
Da una perquisizione effettuata a Ferrara presso il centro dell’università diretto dal professor Conconi è stato sequestrato un file chiamato "epo" nel quale figurano anche nomi di atleti dello sci di fondo. Da un attenta analisi però, emergono numerose discordanze tecniche e di metodo, che tolgono validità scientifica al lavoro, mettono a nudo ipotesi di un clamoroso falso.
Maurilio De Zolt atleta simbolo dello sci di fondo dichiara di essere stato seguito da Conconi ma con tecniche lecite sottolineando invece la bontà dell’allenamento svolto in tale periodo. Manuela Di Centa afferma invece di non aver mai assunto alcuna sostanza vietata e che il professor Conconi si è limitato a predisporre un programma di preparazione e di controlli analitici durante le varie fasi dell’allenamento, per verificare che le condizioni di salute consentissero di sopportare il carico di lavoro programmato.
Nello sci di fondo, come in tutti gli sport di resistenza, il ricorso al doping riguarda per lo più il sangue.Il Doping ematico consiste nella somministrazione ad un atleta di sangue, di globuli rossi e di relativi prodotti emoderivati.
L'unico caso eclatante di doping nello sci di fondo è il caso della campionessa russa L. Egorova, squalificata per 2 anni ma regolarmente rientrata alle competizioni.... Molti invece i sospetti e le voci....

IL DOPING NEL CALCIO
di Eugenio Capodacqua
C’è un momento preciso in cui il problema doping nel mondo del calcio sale prepotentemente alla ribalta. È il luglio del 1998, nel ciclismo al Tour de France è appena scoppiato il “caso Festina”; l’arresto del massaggiatore Willy Voet, con l’ammiraglia carica di prodotti dopanti destinati ai corridori, oggetto di una “terapia” continua e organizzata per amministrare sostanze dannose e pericolose con l’unico obbiettivo della prestazione migliore.
Zdebek Zeman, allenatore della Roma, in ritiro a Predazzo parla in una storica intervista all’Espresso di un calcio “che deve uscire dalle farmacie”. Indignazione, scandalo, grande bailamme sui “media”, intervento della Procura antidoping del Coni, allora diretta dall’avvocato Ugo Longo (oggi presidente della Lazio) e poi la conclusione; il doping nel calcio non esiste.
ORIGINI E invece il doping nel calcio esisteva e come. Si incaricarono, qualche tempo dopo, i tanti, improvvisi casi “nandrolone” (12 nomi “pesanti” ed importanti finiti nella rete dei controlli e oltre una quarantina di casi “border line”, vicini al limite massimo di tolleranza). Se non era mai emerso era anche perché c’erano tante, troppe complicità; prima fra tutte quella del vecchio laboratorio antidoping romano dell’Acquacetosa, l’unico autorizzato in Italia ai controlli, che non rispettava le regole imposte dal Cio (la ricerca sugli anabolizzanti, le sostanze che più incidono sulla prestazione sportiva, veniva fatta violando la normativa, in pratica veniva elusa in buona parte). Laboratorio chiuso, ristrutturato, rinnovato dalle radici, ma problema-doping nel calcio sempre sul tappeto. Un problema che probabilmente nasce dal ricorso drammaticamente intenso ed eccessivo ai farmaci, come prova, ad esempio, il processo alla Juventus ancora in corso, nel quale un farmacista fornitore della squadra bianconera ha già patteggiato la pena, riconoscendo così la propria colpevolezza nel fornire prodotti alla squadra torinese.
MERITI E COLPE DELLE TV Il calcio, come tanti altri sport, si è evoluto ed ingigantito con l’avvento delle tv. Sono cresciuti gli appuntamenti, gli impegni, le partite. Nella quantità e soprattutto nella qualità. Forza, velocità, resistenza, potenza hanno preso il sopravvento su tecnica, tattica e strategia. In questo quadro, la figura del giocatore “fornitore” di prestazione diventa centrale. Deve giocare sempre e ad alto livello, deve recuperare prima, deve rimettersi prestissimo dagli acciacchi di gioco. In tutto questo la farmacia ha un ruolo importantissimo. E, dalla farmacia (lecita) abusata, al doping (illecito) il passo è quasi consequenziale, vista la debolezza del controlli, ancora oggi assolutamente spiazzati e incapaci di individuare decine e decine di sostanze. L’esempio più recente con il Thg, un anabolizzante che sfuggiva fino a pochissimo tempo fa ai controlli che sta creando un grossissimo scandalo negli Usa (usato, pare, da numerosi atleti di baseball, football, atletica, tennis, ecc.), è emblematico. Eppure il problema non è tecnico (nell’era dei computer sofisticatissimi e della clonazione umana può sfuggire una semplice molecola?), ma di volontà chiara. Lo sport (il calcio, quindi) con le esigenze dello spettacolo odierne non può controllare se stesso. Ma è esattamente quello che avviene ancora, nonostante il ripetersi degli scandali.
GLI ULTIMI CASI Fra i più recenti, prima di Blasi e Kallon, i sorteggi pilotati emersi dal caso Empoli. Non il medioevo, solo l’altro ieri. Un caso, la cui esplosione improvvisa ha bloccato un’ operazione delle forze dell’ordine su vasta scala che avrebbe potuto mettere a nudo una realtà probabilmente diffusissima e clamorosa.
Ora anche la Figc, la federazione italiana, ha deciso di mettere mano al problema. Presto dovrebbero partire i famosi controlli “incrociati” sangue e urina. Ma, a parte il fatto che sono rivolti solo su una sostanza, l’epo, l’ormone che stimola la produzione di globuli rossi favorendo le prestazioni e accelerando il recupero, molto di penderà dalle modalità con cui verranno realizzati. Basta poco per rendere il tutto inefficiente e tornare a situazioni già viste, come 10 anni fa quando a fronte di migliaia di test le positività erano bassissime, al di sotto dell’1%. E i controlli ancora una volta sono fatti da strutture calcistiche, cioè interne del mondo dello sport. Insomma l’identità fra controllato e controllore non è la miglior partenza per ricostruire credibilità e allontanare i sospetti.

Boniek attacca: "Nel calcio tutti usano il doping"

30/10/2003. L'inchiesta sull'assunzione di sostanze dopanti da parte della Juventus che trionfò in Champions sull'Ajax, i casi di Davids, Monaco e Bucchi, i più recenti di Blasi e Kallon, per arrivare fino alla cocaina di Maradona. Il doping sembra avere colto soltanto una piccola parte del calcio, ma ogni volta che scoppia un caso riesplodono le polemiche e le domande si moltiplicano.
Sull'argomento si pronuncia l'ex giocatore bianconero Boniek, il quale ha rilasciato un'intervista al Messaggero in cui attacca tutto il calcio in generale e quello italiano in particolare. È colpa dell'evoluzione che ha avuto il calcio moderno se il doping è entrato "nelle vene" del calcio? Secondo il polacco è proprio così.
"È tutto il calcio ad essere dopato. Tutti vogliono guadagnare di più, ritengono si tratti di soldi facili e non si fanno scrupoli - afferma Boniek - Il doping ai nostri tempi non c'era, ma con questo non voglio dire che noi eravamo bravi e i giocatori di oggi sono corrotti. I giocatori non sono cambiati, è cambiata la medicina ed è cambiato il ritmo del calcio. Troppe partite, troppi viaggi, troppi allenamenti. E solo con acqua e spaghetti non si va avanti. Il doping c'è ovunque, ammettiamolo; è colpa delle regole poco chiare, come quelle relative al controllo delle società. Le televisioni ti ricoprono d'oro e in cambio ti chiedono la vita. I tifosi non contano più nulla. Al calcio farebbe bene il calendario di una volta: tutte le gare di domenica e al massimo un posticipo".

Doping e sospetti nel calcio italiano
«Se avessi saputo che per tutta quella roba avrei perso amici, e rischiato di morire anch'io, non credo che potendo tornare indietro, rifarei tutto da capo. E mi domando, se valga ancora la pena che un giovane sacrifichi tutta la sua vita per un calcio del genere»: sono le parole pronunciate da Nello Saltutti nell’ultima intervista.
Saltutti è morto qualche giorno dopo, colpito da un infarto. Le morti che colpiscono il mondo dello sport cominciano ad essere troppe perché il silenzio continui, ma se ne parla ancora troppo poco. Ecco il perché di “Palla avvelenata”, che parte dalla famosa intervista che Zdenek Zeman rilasciò al Messaggero il 26 luglio 1998 (a pochi giorni dallo “scandalo Festina” del Tour de France, poi raccontato da Willy Voet nel libro “Massacro alla catena”, anche questo pubblicato da Bradipolibri) e dalla conseguente indagine avviata dal procuratore torinese Raffaele Guariniello per fare il punto sul fenomeno del doping e delle morti misteriose nel calcio nostrano.
Il libro offre ai lettori un quadro preciso e attento che ripercorre e ricostruisce gli avvenimenti degli ultimi anni (dalla chiusura del laboratorio dell’Acqua Acetosa al processo — ancora in corso — alla Juventus) per soffermarsi in particolare, attraverso interviste, ricostruzioni, ritratti di vita, sui tanti, troppi, casi “sospetti” che ammalano il nostro calcio: dalle troppe morti dovute al morbo di Gehrig ai casi di leucemia, di tumori al fegato, d'infarto. Le morti non chiarite di Bruno Beatrice, Giuliano Taccola, Mauro Bicicli, Guido Vincenzi, Ernst Ocwirk, Gianluca Signorini, Fabrizio Gorin, Andrea Fortunato... Una lista lunga, drammatica, mai completa, che chiede chiarezza attraverso le voci delle vedove, dei familiari o dei vecchi compagni di squadra preoccupati per le loro stesse sorti.
Il morbo di Gehrig colpisce i calciatori in misura 150 volte maggiore rispetto alla media mondiale, altre malattie hanno percentuali assurde, largamente superiori a quelle delle persone che non svolgono attività sportive o che praticano altri sport. Il “cocktail infernale”, come lo definisce Eugenio Capodacqua nella prefazione, tutti quei medicinali usati negli anni per potenziare la muscolatura, per favorire un recupero veloce, per alleviare il dolore in vista di una partita importante, e «i cui effetti si cominciano drammaticamente a vedere»: il libro non lancia accuse avventate, ma fa il punto della situazione anche con l’aiuto di medici ed esperti. Gli autori non considerano il volume un punto d’arrivo, ma un punto di partenza per approfondire, discutere un drammatico mistero ancora tutto da risolvere.
Mauro Salizzoni, responsabile del centro trapianti delle Molinette e presidente della Commissione antidoping della Federciclismo, racconta ancora Capodacqua, denuncia un uso di EPO nei giovani tra i 17 e i 23 anni al di sopra del 50%. E nel 2003 sono stati sei i ciclisti morti per infarto, tutti sotto i 35 anni. Quanti sanno ciò che assumono, quali conseguenze può avere sulla loro salute, quali rischi corrono? “Palla avvelenata” ha soprattutto lo scopo di mettere a conoscenza dei rischi. Il suo scopo principale è quello di permettere un’informazione precisa e puntuale, che porti soprattutto i giovani e i loro genitori ad evitare che la situazione attuale possa continuare nei prossimi anni.
È un libro che parla perché tutti possano sapere, capire, decidere. C’è chi ha detto che un libro così fa male allo sport, che parlare di doping allontana dallo spettacolo sportivo. Gli autori si augurano, anche perché loro stessi sono appassionati di sport, che il risultato sia un desiderio di uno sport pulito, senza sospetti, senza malati e morti. Uno sport che torni ad essere gioco, gioia, sfida leale, capacità di divertire e di divertirsi

È lo stesso doping?
Calcio e ciclismo, destino diverso

Il doping sembra tornato con grande furia a scuotere il mondo del calcio. Due famosi giocatori di Inter e Parma, Kallon e Blasi, sono risultati positivi al nandrolone, una sostanza che già due anni fa aveva mietuto una bella messe di vittime, e di cui poi non si era più parlato. A voler essere cinici, c'è da pensare che il doping, essendo presente in quasi tutto lo sport d'elite, fatalmente torna, ciclicamente, a colpire questa o quella disciplina, e stavolta tocca di nuovo al dio pallone. Ma a voler invece essere ingenui, viene fuori una domanda facile facile: come mai il ciclismo (che in ogni caso ora non può e non vuole ergersi a fustigatore di questo o quello, non avendo - è dimostrato - le referenze morali per farlo) ha visto la sua immagine deteriorarsi in maniera così netta (e per certi versi irrimediabile), e ha visto certi suoi campioni letteralmente massacrati mediaticamente, e invece i calciatori positivi continuano a giocare con successo, amati e ammirati da tutti? Come mai la positività nel ciclismo viene vissuta come un'onta (lo è, sia chiaro!), e invece nel calcio nessuno ne chiede più conto a chi ne è stato coinvolto? Come mai i tifosi del calcio non danno peso al fatto che i loro campioni più amati possano essere dopati, e quelli del ciclismo sì? E infine, perché se un calciatore disputa una gran partita non viene altro che incensato, mentre se un ciclista fa un'impresa memorabile la fatidica domanda ("Che cosa avrà preso?") aleggia sempre nell'aria?
Tutti questi interrogativi li vogliamo girare a addetti ai lavori ed esperti. A loro le risposte, a voi lettori le conclusioni.
Il sociologo: Nicola Porro (Presidente Uisp)
«Il calcio è una religione civile, vince la filosofia del patto col diavolo»
Affrontiamo la questione riguardante il differente impatto che il doping ha sull'opinione pubblica e sui media a seconda se sia coinvolto un ciclista o un calciatore intervistando Nicola Porro, sociologo (autore di diverse pubblicazioni sulla sociologia dello sport) e presidente dell'Unione Italiana Sport per tutti.
Professore, come mai questa discrepanza tra ciclismo e calcio?
«La prima e più elementare risposta è che il calcio è uno sport di squadra, e quindi a livello di percezione le responsabilità vengono divise per 11. Ma un'analisi più approfondita prende in esame la natura del calcio, che è ormai diventato una religione civile, per non dire una paranoia collettiva: per questo si tende a non voler vedere certe situazioni».
Troppo amore acceca.
«Pensiamoci bene: il calcio è rimasto l'unico credo collettivo. I valori si sono invertiti rispetto al passato, oggi, la domenica, meno del 20% della popolazione va a messa, ma l'80% segue le partite. E alla sera, pur non essendo andati allo stadio, è inammissibile non sapere se una squadra ha vinto o perso».
A cosa porta tutto ciò?
«Porta ad una distorsione della percezione della figura del calciatore, che viene innalzato a idolo. Prendiamo l'esempio di Maradona: tutti sanno dei suoi problemi con la droga, ma si tende a perdonare, perché il campione viene identificato con la definizione di "genio e sregolatezza", quindi tutto è lecito per lui. Il calciatore appartiene ormai a una categoria a parte, quella che un tempo era riservata ai musicisti virtuosi: gli si riconoscono doti straordinarie, e a lui è permesso anche trasgredire. È la cosiddetta "filosofia del patto con il diavolo": il campione è lo strumento per ottenere il risultato (che ormai è un valore assoluto, di gran lunga più importante di tutto il resto, etica compresa), per questo motivo a lui tutto è concesso».
Una situazione che non fa il bene dello sport...
«Sarebbe adatta forse al mondo dello spettacolo (o dell'arte), ma non coincide con le linee guida dell'etica pubblica. Lo sport è un bene pubblico o uno spettacolo?».
Ci libereremo mai del doping?
«Difficile, se si pensa che addirittura i settantenni ne fanno uso, per arrivare all'800esimo posto piuttosto che al 900esimo della maratona per anziani. Abbiamo rimosso l'idea del limite, non vogliamo riconoscere i nostri, e speriamo, attraverso risultati sportivi artificiosi, di perpetuare la nostra "immortalità"».
Un quadro sconfortante.
«Anche tra gli amatori, anche tra i semplici frequentatori di palestre di periferia il doping è una realtà. E i giovani dimostrano di accettarlo sempre di più: il 50% degli studenti di scienze motorie da noi intervistati trova ingiusto che ci siano regole severe solo in Italia, perché all'estero si gareggerebbe in condizioni d’inferiorità. Come se il fine dello sport e della lotta al doping non fosse la salute ma il risultato!».
Ma è vero che non c'è, a livello dirigenziale, la volontà vera di combattere il doping?
«Sì, è vero. Per questo abbiamo voluto definire il doping come reato penale, pur non amando questo passo. Solo così qualcosa si è mosso».

Il medico: Antonio Dal Monte (Membro Commissione Medica Cio)
«Anche nel calcio infinite motivazioni per doparsi»
Il Professor Dal Monte è un nemico storico del doping, che da anni combatte attraverso i suoi molteplici incarichi in ambito sportivo e dirigenziale. Un nemico forse ormai disilluso, ma non per questo meno tenace.
«Mi fa infuriare vedere le differenze d’entità nelle squalifiche per i ciclisti, o gli atleti, e i calciatori».
Il Professore entra nel merito.
«Ho visto carriere di atleti distrutte da una pur legittima condanna per doping. Invece coi calciatori mi pare che le cose vadano diversamente: una pacca sulla spalla, "sei stato cattivello, non lo fare più", e tutto viene presto dimenticato».
Eppure il doping nel calcio non è meno grave che in altri sport.
«Verissimo. Si crede che il calcio non abbia bisogno d’ausili chimici come altre discipline di fatica. Ma guardiamo la cosa da vicino: a parte il potenziamento muscolare ottenibile grazie a medicinali vari, bisogna considerare la capacità di recupero, dopo una partita o anche solo dopo un singolo scatto. L'effetto di una sostanza illecita sui tessuti muscolari, dilatati e usurati dopo molti sforzi, può essere determinante. Inoltre, vorrei anche sfatare delle false credenze relativamente all'hashish: chi l'ha detto che non possa servire a migliorare le prestazioni sportive? Forse che un atleta che gareggia tranquillo (grazie all'assunzione di oppiacei) non può rendere di più?».
Ora dall'America arrivano notizie allarmate sul nuovo steroide che non veniva cercato con le analisi e che, pare, fosse largamente usato.
«Purtroppo la legge da noi non ci aiuta. Sono illecite solo le sostanze la cui formula è indicata precisamente dal legislatore. Ma così non vengono "coperte" le miriadi di sostanze assimilabili a quelle, ovvero quei farmaci la cui formula è stata minimamente variata, che perciò non rientrano nell'elenco proibito ma che hanno effetti ampiamente dopanti».
È vero che non c'è, a livello dirigenziale, una volontà vera di combattere il doping?
«No, e questa cosa mi offende. Intanto non posso generalizzare: ci sono soggetti teneri col doping, ma anche persone impegnate fino in fondo. Non posso quindi condividere certe frasi, che trovo qualunquiste e poco professionali».
Lei chiaramente è tra quelli impegnati. Con che prospettive?
«Non mi faccio illusioni. Ce la metto tutta, ma so che questa lotta non si vincerà: quando in un laboratorio antidoping si scopre una nuova sostanza da vietare, contemporaneamente ne vengono immesse 10 sul mercato. E poi, una cosa che spesso non si considera: l'antidoping costa, e non basterebbe un intero bilancio italiano per studiare tutte le sostanze farmacologiche presenti sulla piazza. Non dimentichiamo infatti che ciò che è dopante è anche utile in medicina come farmaco: il campo di ricerca sarebbe enorme, chi se lo può permettere?».

Il ciclista: Daniele De Paoli
«Due anni di stop senza essere positivo, loro 4 mesi per nandrolone»
La storia di Daniele De Paoli è esemplare e paradossale. Fermo dal maggio scorso per essere incappato in una squalifica di due anni, è ancora alle prese con avvocati e processi. L'accusa contro di lui: essere stato fermato con sostanze dopanti nell'auto. Per la sua difesa diamo al diretto interessato la parola.
«Sto scontando una squalifica di due anni senza essere stato trovato positivo. Tornavo da Livigno, avevo dei medicinali in auto, ma intanto non ero solo, e poi c'erano anche le ricette. Quando la Finanza scoprì che ero un ciclista professionista, scoppiò il casino, e sono ancora qui invischiato in questa storia. Lo ripeto: mai stato trovato positivo».
La squadra, la Alessio, come reagì?
«Fui io, di mia iniziativa, ad autosospendermi. Dovevo fare il Tour, ma non andai in Francia per evitare problemi alla squadra, visto che gli organizzatori erano molto attenti a questo tipo di cose».
Cosa pensa delle attuali squalifiche, molto miti, che subiscono i calciatori?
«Beati loro, cosa devo dire? Mi sembra assurdo, ecco tutto. Le scuse che trovano, del tipo che il nandrolone proverrebbe dalla carne di cinghiale o che altro, sono ridicole. Ma anche se restiamo in ambito ciclistico, chi viene fermato per Epo o Nesp subisce una squalifica di un anno. Io, non positivo ma presunto dopato, devo star fermo 2 anni. Questa cosa mi fa girare le scatole, mi sento un perseguitato».
Tornerà a correre?
«Chi ci pensa? Devo scontare ancora più di un anno di squalifica, se ne riparlerebbe nel 2005, troppo lontano nel tempo. Salvo che qualche ricorso non vada a buon fine; ma non ci credo».

La voce del calcio: Sergio Campana (Presidente AIC)
«I tifosi sono poco interessati a quello che succede fuori dal campo»
L'Avvocato Campana, rappresentante dei calciatori e fondatore del sindacato di categoria, non si sottrae al confronto e difende il suo mondo e i suoi "ragazzi".
«No, non so se ci sono differenze tra come viene vissuto il doping nel calcio e nel ciclismo. Mi pare che anche da noi ci sia stato un bel clamore, specialmente due anni fa».
Sì, però la gente ha dimenticato in fretta: e l'olandese Stam (per fare un esempio), positivo al nandrolone nel 2001, oggi viene incensato come il miglior difensore del mondo, mentre un Pantani si porterà per sempre appresso il marchio di dopato.
«Ma quando Stam risultò positivo non era ancora affermato come oggi, e probabilmente se fosse successo qualcosa del genere a Platini, o a Rivera, la reazione di media e pubblico sarebbe stata forte come fu per Pantani».
Non può però negare che quando un ciclista compie un'impresa aleggia nell'aria la solita domanda ("Che avrà preso?"), invece quando un calciatore gioca una partita memorabile nessuno si chiede se c'è il trucco.
«Questo è vero. Forse perché quello del ciclismo è un pubblico più romantico, che vede i suoi beniamini come eroi, e si sente quindi tradito se quelli sbagliano».
Cosa pensa degli ultimi casi di nandrolone che hanno coinvolto i calciatori Blasi e Kallon?
«Io ci parlo, con loro, e mi sembrano innocenti. Specialmente Blasi, so per certo che non prende nemmeno le aspirine, perché ha paura dei farmaci. Sono dispiaciuto per loro, ma non posso non portarmi dentro quest'interrogativo: cos'è successo veramente?».
Le pare plausibile che professionisti di serie A non sappiano cosa viene loro somministrato?
«Gliel'assicuro: c'è fiducia cieca nei medici sociali, può succedere che qualche dottore senza scrupoli dopi gli atleti a loro insaputa. L'AIC comunque non sta con le mani in mano, infatti abbiamo subito dato la nostra adesione ai controlli incrociati su sangue e urine».
Lo sport ad alto livello si libererà mai da questa piaga?
«Il problema è un'attività agonistica esasperata. So per certo che il recupero naturale dalla stanchezza è ormai impossibile. E allora via ad integratori e altre sostanze, qualcuna delle quali può essere dopante».
E cosa dice a chi crede che il doping nel calcio non serva?
«Altro che se serve. Malgrado questo sia uno sport molto tecnico oltre che atletico, è ovvio che, dopandosi, anche un campione può migliorare le sue prestazioni».
E perché il pubblico calcistico è poco interessato a questi risvolti?
«I tifosi sono troppo innamorati di questo sport, ed è un bene. L'altra faccia della medaglia è che non si curano di quel che succede fuori dal campo, a loro (che in ciò non sono ben educati dai media) importa solo che la squadra giochi bene e vinca. Altrimenti non si spiegherebbe come il calcio abbia potuto superare scandali epocali come le scommesse clandestine o i passaporti falsi».

Comunicato Stampa del Sport e doping, il 3% degli atleti esaminati dalla Commissione antidoping assume farmaci e sostanze proibite per migliorare le proprie prestazioni
19/01/2004
Vengono presentati oggi, all'ISS, i risultati del primo anno di attività della Commissione per la vigilanza e il controllo sul doping, istituita presso il Ministero della Salute, che ha effettuato, per la prima volta, controlli pubblici antidoping in molte Federazioni, incluse quelle che raggruppano sport minori.
Ciclisti, corridori e calciatori, ma anche culturisti, appassionati di squash e del tiro a volo: il tre per cento di questi atleti esaminati dalla Commissione di vigilanza sul doping si "allena" con farmaci e sostanze ad uso doping. È quanto emerge dal primo anno di attività di controllo della Commissione ministeriale antidoping che ha realizzato, nel corso del 2003, 735 controlli su 34 Federazioni sportive. I risultati di questa attività verranno presentati oggi, all'ISS, nel corso del convegno "La tutela della salute nelle attività sportive e la lotta contro il doping".
"I risultati ottenuti - afferma Roberta Pacifici, dell'Osservatorio Fumo, Alcol e Droga dell'ISS e membro della Commissione ministeriale - rivelano quanto l'uso di sostanze illecite sia diffuso nel mondo dello sport. E non solo nel mondo del calcio e del ciclismo, ma anche in quello degli sport che richiamano, di solito, un pubblico meno vasto".
Sono stati riscontrati positivi ai test anti-doping 22 atleti, che rappresentano il tre per cento del totale dei controlli, la percentuale più alta riscontrata fino ad oggi in Italia. "Pur tenendo conto che per alcune Federazioni gli atleti controllati sono stati pochi - afferma Giovanni Zotta, Presidente della Commissione di vigilanza sul doping -, le percentuali di positività sono allarmanti". Infatti, i controlli antidoping effettuati dal CONI e dalle Federazioni sportive nazionali negli anni 2000, 2001 e 2002 hanno dato percentuali di positività rispettivamente dello 0,9, dello 0,8 e dello 0,6 per cento. "Quindi il Ministero della Salute - va avanti Zotta - pur avendo effettuato un numero di controlli 10 volte minore di quelli del CONI ha trovato una percentuale di positività cinque volte maggiore".
La scelta di controllare diverse specialità sportive si è basata sull'ipotesi che il doping fosse diffuso in tutte le discipline e non solamente nel calcio. Infatti solo il 14% dei controlli sono stati effettuati sulla Federazione Gioco Calcio. Tutti gli altri controlli sono stati condotti su Federazioni che negli ultimi cinque anni avevano avuto pochi o nessun controllo: la Federazione Italiana Triathlon, dove il 50% del campione è risultato positivo (2 casi su 4), la Federazione Italiana Pesistica e Cultura Fisica, con il 25% di positività (4 casi su 16), la Federazione Italiana Tiro a Volo, con il 12,5% di casi riscontrati (1 su 8) e la Federazione Italiana Gioco Squash, anch'essa con il 12,5% di positività (2 casi su 16).
"Il Ministero della Salute - conclude Zotta - intende proseguire su questa strada intensificando i controlli in quelle discipline in cui dai primi dati risulta più grave il fenomeno del doping ed estendendo i controlli anche fuori gara, nel corso, per esempio, degli allenamenti. Questo sarà possibile in quanto il governo nella finanziaria 2004 ha stanziato 3.500.000 di euro che consentiranno non solo di effettuare maggiori controlli ma anche di investire in prevenzione, formazione e attività di vigilanza, in collaborazione con il CONI e le Federazioni sportive".

CALCIO & DOPING
Niente Nazionale e test a sorpresa a chi dice no agli esami del sangue
Niente azzurro per chi rifiuta i test ematici. Lo ha annunciato Federcalcio
*NIENTE AZZURRO- In pratica, i calciatori che rifiuteranno di sottoporsi al prelievo del sangue dopo le partite, come d'altronde è nel loro diritto, verranno sottoposti ai controlli obbligatori sulle urine per cercare l'Epo e ad altri controlli a sorpresa durante il campionato. Chi rifiuterà di sottoporsi a questo ulteriore esame non verrà chiamato in nazionale.
*TRANQUILLO - Carraro non si è detto preoccupato per il rifiuto da parte di alcuni giocatori ai nuovi controlli: "Siamo in una fase di rodaggio"
ROMA, 27 GENNAIO 2004 - Niente azzurro per chi rifiuta i test ematici. Lo ha annunciato Federcalcio ufficializzando un provvedimento che era nell'aria.
In pratica, i calciatori che rifiuteranno di sottoporsi al prelievo del sangue dopo le partite, come d'altronde è nel loro diritto, verranno sottoposti ai controlli obbligatori sulle urine per cercare l'Epo e ad altri controlli a sorpresa durante il campionato. Chi rifiuterà di sottoporsi a questo ulteriore esame non verrà chiamato in nazionale.
Carraro non si è detto preoccupato per il rifiuto da parte di alcuni giocatori ai nuovi controlli perchè siamo ''in una fase di rodaggio. È una novita' e siamo il primo paese che lo fa nel corso del campionato. Il nostro obiettivo è che entro la fine della stagione la percentuale di quanti rifiutano il prelievo siano vicini allo zero''.
Carraro ha anche ribadito che il rifiuto comporta anche l'esclusione dalla nazionale: ''Chi non accetta non viene chiamato in azzurro''.

Allarme rosso: senza doping il calcio muore

«Questi casi spuntano come funghi e se molti dicono che certe sostanze sono negli integratori, cominciamo a non prenderli più». Gabriel Batistuta
Tutti contro tutto. Senza sapere ancora il perchè. Senza sapere, soprattutto, dove andrà il calcio da ora in poi. Da quando ha deciso di andare meno in farmacia. Da quando i giocatori, in preda al panico, non si fidano più nemmeno di quello che trovano nel piatto a pranzo e cena.
L'ultimo a dirlo è Batistuta:«Non era mai successo che venissero fuori tanti casi positivi e siamo molto preoccupati, lo saremo fino a che non verrà fatta chiarezza». È difficile esprimere un'opinione, dice l'argentino della Roma, proprio perchè non ci si capisce nulla. Ma qualcosa di concreto, però, si può già fare: «Se è vero che queste sostanze si trovano negli integratori, eliminiamoli. Tanto non sono fondamentali, si può superare la fatica anche bevendo acqua e riposando di più».
Futuro nebuloso
Una linea adottata ormai dall'intera categoria, in attesa di trovare punti di riferimento che non hanno neppure medici ed esperti chimici, in questo momento. Ma nel frattempo, un altro grande interrogativo resta in sospeso: se sei giocatori della Lazio, dopo la partita con il Parma, hanno giustificato i crampi con la scelta di non assumere più integratori, cosa significa questo per il futuro del calcio? Come potranno, gli stessi giocatori, sostenere i ritmi a cui li ha costretti il calendario nelle ultime stagioni?«Vedremo partite sempre più brutte e prestazioni sempre più scadenti»assicura Vincenzo Pincolini, preparatore atletico appena tornato al Milan dopo altre esperienze importanti nel calcio e, ancora prima, nell'atletica.«La colpa è della televisione, che ormai impone un calendario da pazzi. E purtroppo impedisce di allenarsi, perchè ormai si lavora solo sui recuperi e l'obiettivo non è più quello di arrivare al massimo del rendimento di un giocatore, ma quello di mantenersi su un livello accettabile per tutta la stagione».
Bufala Nandrolone
Alla storia del nandrolone, comunque, Pincolini non crede:«Secondo me è una bufala al novantanove per cento e sono curioso di vedere quali sono i livelli, perchè potrebbe darsi che ci sia anche una produzione naturale in certi soggetti. La cosa insopportabile è che si dia per scontato il doping in un ambiente dove non esiste questa cultura e comunque, per me, si può trovare un rimedio alla fatica anche senza integratori: lavorando sull'alimentazione. Come succede con gli africani nell'atletica, che non vogliono assolutamente prendere niente di sintetico e che costringono i medici a trovare soluzioni naturali. Nel calcio è più difficile, perchè i giocatori mangiano insieme solo quando sono in ritiro. Eppure, una dieta particolarmente ricca di proteine può avere la stessa funzione degli integratori. Insieme ad un po' di riposo in più».

Il DOPING NEL CICLISMO
Purtroppo nel mondo del ciclismo il termine 'doping '- usato in origine per designare le sostanze eccitanti somministrate ai cavalli da corsa - viene pronunciato assai di frequente, sin dai tempi di Fausto Coppi.
Secondo il Comitato Olimpico Internazionale (1993), si considera doping l' uso o la somministrazione di sostanze estranee all' organismo, o di sostanze fisiologiche assunte in quantità anormale da soggetti in buona salute, allo scopo di ottenere un incremento artificiale della performance.
Gli steroidi androgeni - anabolizzanti vengono utilizzati da alcuni atleti - in genere sono sportivi di competizioni che richiedono potenza muscolare, forza fisica, massa corporea e velocità - per migliorare le loro prestazioni oppure per lenire il dolore che talvolta insorge a causa di un allenamento intenso ed impegnativo.
Secondo Anshel, citato da un documento dell'International Society of Sport Psychology (1993), esistono tre possibili categorie di motivazioni che inducono gli atleti all'uso degli steroidi :
• Cause psico - fisiologiche: diminuzione della sensibilità al dolore, riabilitazione dopo aver subito un infortunio, controllo del peso corporeo.
• Effetti psicologici ed emotivi: nikefobia, paura di fallire, ricerca di sicurezza e del benessere fisico.
• Cause sociali : la pressione dei compagni o dei dirigenti sportivi, desiderio di emulare le prestazioni degli altri atleti di alto livello.
Alcuni studi effettuati in merito descrivono gli aspetti positivi e quelli negativi derivanti dall' uso degli steroidi.
Tra gli effetti positivi annoveriamo : un incremento della fiducia in sé stessi, un'elevazione dell' attivazione, una maggior resistenza agli sforzi fisici, nonché una maggiore vigilanza mentale, uno stato d'animo positivo e la riduzione della sensazione di fatica.
Tra gli effetti negativi, sia dal punto di vista fisico che di quello psicologico, citiamo : un aumento dell' aggressività e dell'irritabilità, insonnia, diminuzione della libido, aumento dell'ostilità e pensieri paranoici.
È necessario aggiungere che, secondo alcune indagini, l'uso degli steroidi anabolizzanti può portare all' assuefazione in alcuni atleti e alla dipendenza psicologica in altri soggetti ; chiaramente da questi dati emerge la considerazione che l' uso e l' abuso di queste sostanze sono potenzialmente pericolosi sia per il soggetto che ne usufruisce che per chi gli sta accanto.
Bisogna comunque precisare che l' accostamento tra la realtà sportiva e quella di chi fa un uso sistematico di sostanze stupefacenti é spesso improponibile, anche se non impossibile.
Con ciò si intende mettere in risalto la differente modalità d' uso delle sostanze in questione da parte dello sportivo e del tossico - dipendente : innanzitutto si tratta di sostanze diverse dal punto di vista chimico (eroina, cocaina e così via per quanto riguarda il tossico - dipendente, amfetamine e preparati ormonali per alcuni sportivi) e poi le finalità per cui esse vengono utilizzate sono diametralmente opposte.
Infatti lo sportivo intende potenziare la sua prestazione atletica e migliorare la funzionalità del suo corpo ; la sostanza che viene somministrata é molto spesso un mezzo - certamente inadeguato - per valorizzare sé stessi e raggiungere il fine ultimo della vittoria agonistica.
Esistono comunque delle situazioni e delle condizioni psicologiche che possono creare nell' atleta uno stato di crescente disagio e predisporlo all' assunzione, ad esempio, di sostanze stimolanti.
Quando un atleta entra in uno stato depressivo - e questo può accadere alla fine della carriera, o quando le aspettative di raggiungere dei risultati soddisfacenti continuano a non venire soddisfatte, oppure dopo un lungo periodo di riposo forzato in seguito ad un infortunio - é possibile che prenda in considerazione l' opportunità di assumere sostanze stimolanti.
Ma, tornando al discorso del ' doping ' nel ciclismo,da più parti é stato denunciato il fatto che per rendere più interessanti le corse ciclistiche e favorire una selezione e un distacco che un percorso breve e normale non potrebbe permettere, vengono programmati percorsi ardui; é appunto ad esasperazioni di questo genere che alcuni hanno fatto risalire le origini del ' doping ' nel ciclismo.
I corridori, impossibilitati ad affrontare e superare tali ingenti difficoltà, sono ricorsi alle sostanze chimiche, attingendo da esse una fonte di energia e di euforia.
Il fenomeno é di entità generale e coinvolge tutti i rami delle corse ciclistiche, a partire da una certa età del corridore - intorno ai 18 - 20 anni ed anche prima.
Tra gli effetti negativi, sia dal punto di vista fisico che di quello psicologico, citiamo : un aumento dell' aggressività e dell' irritabilità, insonnia, diminuzione della libido, aumento dell' ostilità e pensieri paranoici.
È necessario aggiungere che, secondo alcune indagini, l'uso degli steroidi anabolizzanti può portare all' assuefazione in alcuni atleti e alla dipendenza psicologica in altri soggetti ; chiaramente da questi dati emerge la considerazione che l' uso e l' abuso di queste sostanze sono potenzialmente pericolosi sia per il soggetto che ne usufruisce che per chi gli sta accanto.

L’IPPICA
Doping, le nuove sostanze invisibili
Dopo il ciclismo l'indagine sul doping travolge il mondo dell'ippica. I carabinieri del comando provinciale e dei Nas di Milano hanno effettuato perquisizioni negli ippodromi e nelle scuderie di diverse città d'Italia, tra questi anche l'ippodromo de "Le bettole" di Varese. I nuclei speciali si sono presentati alle scuderie di Varese, sabato mattina, e avrebbero perquisito quelle di un celebre trainer varesino, uno degli otto allenatori indagati in tutt'Italia.
L'inchiesta riguarderebbe l'uso di sostanze dopanti somministrate ai cavalli nelle gare di galoppo. Non si tratterebbe della vecchia caffeina, ma di medicinali di ultima generazione, risultato di ricerche avanzate. Sostanze che annullerebbero la fatica e sostanze anabolizzanti, estremamente costose e provenienti dal mercato estero: dhea (conosciuto come ormone della giovinezza), bentelan (antinfiammatorio che aumenta le capacità respiratorie), apomorfina (derivato della morfina per il controllo delle fluttuazioni motorie), clenbuterolo (anabolizzante di sintesi corrispondente all'ormone testosterone), di cui in Italia, secondo l'inchiesta, ci sarebbe un vasto mercato sommerso.
Dall'ippodromo di Varese fanno sapere che l'indagine non riguarda la struttura dell'unire, che tra l'altro è rigidamente controllata. Infatti nelle mattinate di mercoledì e giovedì, quindi ancor prima dell'arrivo dei nas, erano stati effettuati i normali controlli e prelievi di routine. I controlli sui cavalli - secondo quanto dicono i veterinari dell'ippodromo - sarebbero rigorosi soprattutto in gara e le possibilità di sfuggire all'antidoping sarebbero quasi inesistenti. La procedura prevede che sui cavalli vincitori e su tutti i cavalli segnalati, per qualsiasi motivo, all'autorità veterinaria presente sul campo, vengano prelevati campioni di sangue e di urine, spediti poi all'unire di Roma, dove un'equipe di specialisti effettua le analisi.
Alcune delle sostanze incriminate però non lascerebbero traccia immediatamente dopo la performance agonistica, perché verrebbero metabolizzate dall'animale con estrema velocità. Questa sarebbe la ragione delle perquisizioni in vari ippodromi d'Italia ventiquattrore prima dello svolgimento delle corse.
L'articolo 229 del regolamento Encat e Jockey (titolo IV e capo I) , intitolato "Doping e cavalli" , recita così: è considerata "doping" la presenza nell’organismo di un cavallo, nel giorno della corsa in cui sia stato dichiarato partente, di una qualsiasi quantità di una sostanza o metabolita di essa appartenente ad una delle categorie comprese nella "lista delle sostanze proibite". Questa norma escluderebbe, dunque, dal campo dell'inchiesta sul doping delle corse di galoppo, con annesse polemiche, quei prelievi fatti su cavalli non iscritti in gara e sottoposti a cure mediche con sostanze antinfiammatorie i cui principi attivi sono inclusi nella lista delle sostanze proibite.

IL CALCIO
Calcio e nandrolone, uno steroide anabolizzante usato per gonfiare i muscoli, sembrano viaggiare ormai a braccetto in una simbiosi scandalosa e pericolosa. Il caso di Fernando Couto, il portoghese della Lazio, trovato non negativo dopo la partita Fiorentina-Lazio del 28 gennaio, ha sollevato ormai un polverone nel nostro mondo del pallone.
Navigando con la mente scopriamo un listone di altri casi di scottante attualita'. I casi di doping piu recenti portano la firma del poertiere del Bari Gillet, di cui sono state concluse le operazioni di controanalisi che hanno confermato la non negativita', e dei piacentini Caccia e Sacchetti, per i quali nelle prossima settimana ci saranno le controanalisi. La lista di chi ha fatto uso di anabolizzanti si allunga con gli ultimi casi di Bucchi e Monaco del Perugia, risultati positivi lo scorso novembre e qualificati per 16 mesi. E allora è un bel listone di calcio e farmacia. I casi, compreso quello di Couto, diventano ancora piu' scottanti, se si considera che da gennaio l'uso del doping è punito anche penalmente.
Ora anche l'Assocalciatori si rende conto del problema il presidente Campana ha lanciato un vero monito ai giocatori, invitandoli ad essere consapevoli di cosa prendono non affidandosi totalmente alle decisioni dei dottori. Ed è notizia di oggi che Sergio Campana sara ascoltato dal capo della procura antidoping del Coni e dal collega dell'ufficio indagini della Figc. Dunque il calcio ora è avvolto dallo scandalo nandrolone. Inevidabile ricordare le parole bomba dell'estate '98 di Zeman sul calcio malato. Dichiarazioni a cui seguirono polemiche, veleni e inchieste.

LA PALLAVOLO
Inchiesta doping
Ascoltato Velasco
La Federazione di pallavolo si riforniva nella farmacia Giardini Margherita
Julio Velasco, ex allenatore della nazionale maschile di pallavolo e poi di quella femminile, ora direttore generale della Lazio, è stato ascoltato alla procura di Bologna per essere sentito dal pm Giovanni Spinosa come persona informata sui fatti.
Velasco, accolto davanti alla procura da due militari del Nas che lo hanno accompagnato dal magistrato, ha dribblato le domande dei cronisti. Ci sono farmaci pericolosi nella pallavolo?, è stata una delle domande. "Per carita'...", ha risposto Velasco prima di entrare nel palazzo della procura. "La farmacia (quella dei Giardini Margherita, al centro dell'inchiesta bolognese) era fornitrice anche della Federazione Pallavolo e mi è stato chiesto se avevo visto qualche anomalia. Io non le ho viste. D'altronde la nazionale di pallavolo maschile ha vinto per otto anni e io non devo spiegare che cosa c'era nelle pastiglie che prendevano i giocatori perchè non c'era nessuna pastiglia".
Julio Velasco all'uscita dalla procura di Bologna ha spiegato cosi' i 45 minuti di audizione davanti al pm. E l'ex ct della nazionale di pallavolo ha dato la sua ricetta contro il doping: la prevenzione. "Alcune sostanze doping non vengono fuori nemmeno dalle analisi - ha detto Velasco - per questo è importante la cultura della prevenzione". Tornando alla nazionale di pallavolo, Velasco ha ribadito che "non è stato preso alcun farmaco di nessun tipo, comprese le aspirine tranne quando uno aveva mal di testa. Noi abbiamo fatto di questo un principio fondamentale. Semplicemente perchè non volevamo creare la cultura dell'aiuto, neanche di cose lecite. In farmacia compravamo le stesse medicine che comprate voi. Sulla polemica del doping nel calcio io non sono intervenuto perchè purtroppo anche sui mezzi di informazione si cerca piu' il titolo eclatante che la chiarezza. Questo è un tema serio, importante dove non va cercato il titolo". Velasco ha anche bacchettato i giornalisti, dopo una domanda sulla bibita-integratore che ha sponsorizzato la nazionale di pallavolo: "Voi avete una responsabilita' fortissima in questa vicenda. Se fate confusione fate un danno, e il vero rischio della confusione non è per i professionisti ma per i ragazzini. Se un ragazzino ha paura per una bibita si fa confusione e dopo fa di testa sua". La critica si è estesa a come sono state riportate le sue parole dopo l'audizione davanti alla procura antidoping del coni: "Mi hanno messo in bocca cose che non ho detto. Per esempio mi hanno attribuito una domanda che mi avevano fatto. Un giornalista ha chiesto perchè la federazione si riforniva in quella farmacia. Io ho risposto, poi sui giornali c'era la domanda come se l'avessi fatta io, tra virgolette. Io avevo risposto che avevo chiesto alla federazione e mi avevano detto che la farmacia faceva sconti del 20 per cento". La pallavolo è immune dal doping? è stato chiesto: "Secondo lei i suoi figli sono immuni? Certe domande malposte non possono avere una risposta. Io alle mie figlie ho sempre insegnato che non erano immuni da nessun pericolo. Quindi le ho educate ad essere attrezzate a qualunque pericolo della vita. Il rischio c'è per chiunque.

BODY BILDING

Da decenni siamo bombardati da riviste con foto di campioni americani di 130 chili che dicono di essere diventati così grazie “ ai principi d’intensità e di corretta alimentazione “.Tralasciano il fatto di essere il frutto di una combinazione tra genetica altamente favorevole e anni di somministrazione a volte dissennata di anabolizzanti e ormone della crescita. Purtroppo la maggioranza dei metodi d’allenamento sono stati testati proprio su questi “atleti“ (vedi i pur buoni , per loro, sistemi Swarzennegger e company) e quindi assolutamente inattendibili per la maggior parte delle persone. Se non prendete steroidi e avete un talento genetico normale, provate ad allenarvi 2 volte al giorno per 25 serie a muscolo come Arnold o 6-7 ore al giorno come un qualsiasi altro professionista: Non crescerete di un solo millimetro e andrete in superallenamento nel giro di un mese. Ma il dramma è che almeno il 95% dei frequentatori delle palestre il talento genetico non c’e l’ hanno assolutamente ed è un assoluto suicidio allenarsi con le tecniche d’allenamento usate dai bodybuilders professionisti. Il problema comunque sembra non essere la rivista che propone le schede del campione, ma nella diffusione, oseremo dire capillare di sedicenti istruttori, molte volte soltanto agonisti o ex agonisti enormi, che con l’aria annoiata o l’atteggiamento classico di chi ti fa un favore, propongono ai loro allievi pari pari le loro schede e la loro alimentazione dicendoli: ”Io sono cresciuto così“. Si, è vero, con quelle schede sono cresciuti, ma supportati da cicli e cicli di steroidi che generalmente il socio medio della palestra non usa, e inevitabilmente, facendo quei programmi si spegne come una candela. Il recupero dell’Hard-Gainer (duro a crescere, in pratica i soggetti che non rispondono molto bene all’ allenamento ipertrofico e sono tanti) è molto più lento dell’ atleta geneticamente favorito e per di più dopato. Si può tranquillamente asserire che nella maggioranza dei casi il recupero dell’ Hard-Gainer varia da un minimo di 2 fino a 7-10 giorni. Allenamenti giornalieri, 3+1, 4+1 ed altro sono quindi da evitare accuratamente per l’atleta naturale (a meno che non prevedano sedute di poche serie).In realtà il bodybuilding così detto “Natural” è praticamente un'altra sport rispetto al culturismo normale in quanto i carichi di lavoro e le tecniche di intensità (super serie, stripping, forzate, negative, ecc.) devono essere enormemente minori per permettere il recupero e quindi la tanto sospirata crescita muscolare.

IL DOPING PSICOLOGICO

Il doping in Psicologia passa sotto una diversa interpretazione a confronto del modello medico. Alla psicologia, infatti, facendo parte delle cosiddette scienze deboli, deboli dal momento che non posseggono al loro interno precise categorie matematiche di riferimento, toccano i problemi forti, i grandi perché della vita a cui non si può dare risposte precise, standardizzate, al contrario delle scienze esatte, come la matematica, la fisica, la chimica ecc., scienze cosiddette forti a cui toccano i problemi deboli, quelli facilmente standardizzabili.
È difficile definire il concetto di doping psicologico senza fare delle precise distinzioni. Alla luce della psicologia si possono distinguere tre forme differenti di doping:
Il doping da allenamento.
Il doping chimico.
Il doping povero.

 

IL DOPING DA ALLENAMENTO

L'allenamento é considerabile dalla psicologia una forma particolare di doppaggio, l'influenza dell'allenamento non é unicamente diretta al corpo dell'atleta, é diretta al suo cervello, attraverso un sottile e protratto condizionamento in cui, giorno dopo giorno, si assiste ad un vero e proprio rimodellamento della sua struttura cerebrale. È particolarmente utile comprendere come il cervello reagisce ad un contesto di apprendimento, e come le pratiche di allenamento sono forme di apprendimento protratto nel tempo; i neuroni costituiscono la parte quantitativa della materia cerebrale, sono collegati tra loro attraverso i bottoni sinaptici, terminazioni sensibili in grado di regolare l'afflusso on/off degli impulsi nervosi (se passa un messaggi, quanto passa di un messaggio o se non deve passare), essi costituiscono la parte qualitativa del cervello e sono dunque direttamente implicati nelle varie forme di intelligenza. Ora nel momento che si svolgono delle operazioni col corpo, la mente é direttamente coinvolta, in quanto delegata al controllo del movimento stesso, i neuroni implicati nell'attività cerebrale subiscono per questo continui rimodellamenti, così la ripetizione protratta di determinati processi mentali consolida dei circuiti neuronali a spese di altri, lasciando tracce precise di tale attività: condizionamenti, fissazioni, manie ecc. Tutta l'operazione "allenamento" diviene un unico processo di attività collegate e ritualizzate nel tempo, andando a fissare in modo sempre più netto certe qualità e competenze. Il modellamento mentale é un principio presente in tutti i percorsi di apprendimento, é dunque normale per un atleta affrontare tale esperienza. Piuttosto il problema é da porsi in termini evolutivi: quale età può essere considerata legittima per usare le capacità e abusare delle capacità d'apprendimento dei ragazzi, considerando che il cervello tende a fissare le esperienze di apprendimento più significative che divengono in questo modo la base per le esperienze future.
Senza voler fare del moralismo credo sia opportuno confrontarsi sulla legittimità o meno di creare forme d'orientamento/condizionamento mentale; senza nulla togliere all'intento positivo dimostrato da molti allenatori, tecnici ed addetti a voler guidare i giovani verso un modello di vita costruttivo e positivo attraverso l'impegno nello sport, piuttosto mi chiedo per quale motivo non fissare dei limiti precisi di età alla "scolarizzazione forzata" dello sport competitivo nella vita di un ragazzo. Purtroppo si ha la tendenza a sottovalutare ciò che non viene direttamente percepito dai sensi, un pugno, uno schiaffo lasciano il segno, mentre parole negative, ragionamenti per quanto distorti e pericolosi non lasciano tracce dirette ed immediate, ma la mente dei giovani, dei bambini in particolare, é estremamente vulnerabile, non possedendo ancora barriere e protezioni, a forme sottili di condizionamento mentale, tanto più quando questi condizionamenti sono appresi attraverso un'attività fisica, infatti é agendo che si impara, l'uomo é molto sensibile all'attività fisica.
In momenti di crescita e di cambiamento evolutivo, in pratica fino al completamento dello sviluppo puberale, sono importanti ed utili allenamenti a-specifici, forme ludico-motorie di impegno, oltre a programmi strutturati e precisi di allenamento, anche se così facendo si rischia di allontanare le "geniali" occasioni di apprendimento precoce di abilità e capacità in tenera età, il rischio che si corre, al contrario, é quello di asservire un individuo allo sport e non viceversa. Lo sport deve essere uno degli strumenti di vita non può essere l'unico modello di vita conosciuto. Pensiamo a quanto é diffuso il fenomeno di riciclaggio nel mondo dello sport da parte di ex atleti che non avendo conosciuto altro ambiente per molti anni, divengono manager sportivi, allenatori, tecnici sportivi, ora non é possibile che una parte così numerosa di persone rimanga nel contesto sportivo per scelta; purtroppo molti atleti a fine carriera, pur introdotti in ambienti differenti, non riuscendo ad esprimersi nel nuovo ambiente, son dovuti tornare al punto da cui erano partiti.
Tutto questo é spesso dovuto alla mancanza di piani formativi adeguati alla crescita dei futuri atleti, credo che in Italia troppo spesso si vivano i contesti di apprendimento, quali scuole, sport, università, lavoro, come contesti separati gli uni dagli altri; un individuo che va bene a scuola non può permettersi lo sport, come uno che lavora non può seguire l'università; le aspettative distorte, i banali luoghi comuni, i pregiudizi delle persone, obbligano a pensarsi in modo limitato. Gli stessi addetti alla formazione dei giovani, perpetuano tali convinzioni! Molte volte mi capita di assistere a manifestazioni di rigidità da parte di educatori ed insegnanti che, venuti a conoscenza dell'attività sportiva di un giovane, non solo non applicano una particolare attenzione nel distinguere tra impreparazioni e difficoltà dimostrate, bensì tendono a considerare il soggetto debole negli studi non accorgendosi magari di pretendere da lui/lei più di ciò che pretendono dagli altri allievi. Stesse pretese e stessi limiti sono dimostrati all'opposto contrario da tecnici, allenatori e quant'altri si interessano del mondo dello sport, tutti vorrebbero dai giovani la loro esclusiva, gli stessi genitori non son da meno ponendo troppo spesso traguardi ed obbiettivi ai loro figli tesi a soddisfare bisogni o pacare personali frustrazioni, che non seguire gli interessi e le ambizioni dei figli.
ALLENAMENTO: LA SCIENTIFICITÀ DELLA PROGRAMMAZIONE COME ALTERNATIVA AL DOPING

La sindrome generale d'adattamento e l'intervento ormonale
Da T. Lucherini, C. Cervini: Medicina dello sport, Società Editrice Universo, Roma, 1960, 630-631, a proposito dei risultati fatti registrare alle Olimpiadi di Roma nel 1960 si riporta:
"rimasti stazionari per lungo tempo e limitati esclusivamente al già citato campo della costituzionalistica, gli studi sui rapporti tra ormoni e sport, alla stessa stregua che gli studi sui rapporti tra ormoni e altre branche della fisiopatologia e della medicina, hanno subito un cospicuo impulso solo dopo che Selye rese note le sue ricerche e le sue teorie sulla così detta 'Sindrome generale d'adattamento".
Tale "sindrome", ancora oggi, costituisce la base sulla quale è essenzialmente interpretato il meccanismo con cui l'individuo in via aspecifica si difende e, quindi, si adatta all'azione dei fattori alternativi del più svariato genere. Tra questi fattori alterativi Selye e gli altri autori, che successivamente se ne sono occupati, hanno incluso: agli agenti fisici, chimici, batterici, il lavoro muscolare, il lavoro intellettuale, la tensione emozionale, le variazioni di temperatura, ecc..
Già agli inizi del 1900 erano stati avviati studi sulla adattabilità degli organismi viventi, ivi compreso l'uomo, alle varie perturbazioni esterne ed interne (agenti alterativi o "stress") che su di essi esercitano la loro influenza. Selye ha avuto il merito di definire in maniera chiara e schematica, apportandovi il contributo di numerose ed originali ricerche personali, il meccanismo ormonale che permette il realizzarsi di questo adattamento.
I fondamenti essenziali di questa nuova concezione possono essere così sintetizzati:
1) Nell'adattamento degli organismi all'azione dei vari fattori alterativi esogeni ed endocrini si realizzerebbero due tipi di complesse reazioni, di cui una specifica (esempio: ipertrofia dei muscoli nel lavoro muscolare, formazione d'anticorpi nelle infezioni batteriche, ecc.) e l'altra aspecifica: quest'ultima, pur nella sua proteiformità, sarebbe praticamente la stessa qualunque sia l'agente alterativo che lo provoca.
2) Il meccanismo con cui si stabilirebbe il complesso delle reazioni aspecifiche che permettono all'organismo di difendersi e di adattarsi, sarebbe sempre lo stesso qualunque sia il tipo d'alterativo che lo provoca; esso consisterebbe essenzialmente in un'aumentata produzione di corticoidi (specie glicocorticoidi) da parte della corteccia surrenale, fenomeno questo mediato tramite un'aumentata produzione iperfasica d'ormone corticotropo (ACTH).
3) La dizione "sindrome generale di adattamento", con cui è espressa la somma di queste reazioni aspecifiche, porterebbe pertanto in se un significato finalistico, che sarebbe quello di permettere all'organismo di "adattarsi" ai diversi fattori alterativi, sì da poterli sopportare e superare. Base essenziale di questa adattabilità aspecifica è una normalità di funzione dell'asse ipofiso-corticosurrenalico, poiché i fenomeni peculiari non si verificano se il corticosurrene manca o se l'ipofisi non è in grado di stimolare il corticosurrene mediante il suo ormone corticotropo.

L'attività sportiva è uno stress
Una delle evenienze più gravi per uno sportivo è lo scarso rendimento che può manifestarsi lentamente ed avere una durata più o meno lunga (come per i giocatori di calcio, alle volte di un'intera squadra), o manifestarsi invece, in maniera acuta (come ad esempio le "crisi" o "cotte" del corridore ciclista o del podista) sì da costringere all'interruzione della prestazione. Allo stato attuale dalle conoscenze, a parte l'intervento di altri fattori (di ordine fisico, psichico, neurovegetativo, in rapporto all'uso inconsulto di eccitanti, ecc.), sembra che notevole peso abbia nella genesi di questi fenomeni un'insufficiente funzione del corticosurrene, come denunciato sia dai dati di laboratorio precedentemente riferiti, sia dalla scarsa risposta della ghiandola alla stimolazione esogena con ACTH sia dalla sintomatologia strettamente affine a quella della insufficienza surrenale vera e delle insufficienze surrenali cosi dette "sub-cliniche" o "fruste"; facile stancabilità, astenia, ipotensione, turbe gastroenteriche, ritardo nel recupero del peso perduto durante la prova, alle volte - anche se raramente - collasso e stato di shock.
Se questi episodi, acuti o di lunga durata, di scarso rendimento riconoscono come uno dei fattori della loro genesi un'insufficienza corticosurrenale si pone logicamente la questione:
A) della possibilità di prevenirli con l'impegno di ormoni;
B) della convenienza di curarli con ormoni;
C) del come curarli con ormoni.
Si ritiene che le forme in parola, che spesso rasentano o fanno chiara parte della patologia, debbano andare di regola trattate con gli usuali mezzi che ha a disposizione la medicina sportiva: riposo, miglioramento dell'allenamento, cure climatiche, regolare alimentazione, tonici, sedativi, ecc…
L'impiego degli ormoni deve invece essere limitato, e sempre insieme con le predette misure, solo a particolari casi, e cioè quando vi siano condizioni di gravità o di acuzie o quando il miglioramento non intervenga in periodi di tempo ragionevole o quando, infine, necessiti un particolare recupero che richieda una pronta ripresa di forma dello sportivo.
Le risposte aspecifiche
In virtù di quanto precedentemente detto si capisce come l'organismo tenda a mantenere integra, con lievi oscillazioni, la propria struttura funzionale come risposta agli stimoli (stress) dell'ambiente in cui vive (temperatura, malattie, traumi, attività muscolare, ecc.).
Le reazioni sistemiche aspecifiche si manifestano secondo una risposta che si articola sempre nella successione di tre fasi:
FASE DI SHOCK (insufficienza corticosurrenale acuta) nella quale l'organismo subisce passivamente l'azione dell'agente stressante manifestando pallore e sudorazione fredda, debolezza muscolare, tachicardia, ipotensione, ipovolemia, emoconcentrazione, ipoglicemia, ipocloremia, iperpotassiemia, ecc.;
FASE DI CONTROSHOCK e DI RESISTENZA (risposta corticosurrenale) nella quale l'organismo mobilita le sue difese tendendo ad aumentare la sua resistenza con la normalizzazione del volume e della pressione del sangue, la caduta dell'ematocrito, l'elevazione della glicemia, l'aumento dell'escrezione dell'azoto, l'aumento dei leucociti, la caduta dei linfociti e degli eosinofili, ecc.
In questa fase le reazioni dell'organismo sorpassano il reale bisogno di compensazione
FASE DI ESAURIMENTO (esaurimento cortico surrenale) nella quale l'organismo soccombe agli agenti dannosi; essa può comparire più o meno tardivamente in rapporto alle capacità di risposta dell'organismo stesso e all'intensità dello stress. La fase di esaurimento può anche mancare qualora lo stress si esaurisca in tempo utile, come avviene, nell'attività sportiva.

Le reazioni specifiche
Secondo Selye, l'attività muscolare è uno "stress" che provoca un periodo di shock molto breve e debole, seguito da fenomeni molto pronunciati di contro-shock che, come già esposto, amplificano la risposta compensativa. Gli agenti stressanti, basati sull'esercizio fisico hanno un indirizzo molto mirato e preciso, in base alla specificità della disciplina praticata e quindi impegnano molto settorialmente tutto il meccanismo di risposta.
In base al tipo di stimolo è attivata una puntuale risposta che permette all'organismo di reagire con specificità all'evento stressante: è l'asse ipofiso-corticosurrenalico che attiva il meccanismo di adattamento specifico ormonale e funzionale: ad esempio la termoregolazione se lo stress è determinato dal passaggio da un clima all'altro, l'aumento delle difese immunitarie se la causa stressante è un'infezione, l'aumento della massa muscolare se l'organismo compie un impegnativo lavoro meccanico, ecc.
In tutti i casi, in base alla specificità dello stress la risposta organica, è ripagata con un livello maggiore speso per resistere e rispondere allo stress.
Riferendosi al lavoro muscolare, possiamo dire che esso attiva la funzionalità dell'asse ipofiso-corticosurrenalico che a sua volta attiva (sempre su base ormonale) il sistema muscolare ed il processo energetico più appropriato per poter protrarre il lavoro fino al suo compimento.
Finito il lavoro, nella fase di recupero, l'organismo ristabilisce in maniera autonoma ed in quantità superiore a quanto speso nel lavoro stesso (supercompensazione), in previsione di un impegno successivo e più gravoso.
Il bivio tra programmazione e doping
In quest'ultimo concetto, che andremo ad approfondire, esiste il bivio tra i principali metodi utilizzati per elevare la capacità organica:
- programmando l'allenamento in maniera organizzata, sfruttando i principi fisiologici dell'adattamento;
- sfruttando l'intervento esogeno di sostanze farmacologiche a base ormonale.
In tutti e due i casi, comunque, si tende ad aumentare la potenzialità del sistema ormonale che sta alla base del lavoro muscolare.
La differenza consiste:
- nel primo caso, nell'elevarla in maniera naturale, imponendo all'organismo degli stress (esercizi o stimolo) con carico crescente ed articolati in maniera organizzata e ciclica, in modo da sfruttare l'effetto della supercompensazione
- nel secondo caso tale aumento è demandato, per via esogena, all'utilizzo di sostanze definite dopanti

La programmazione dell'allenamento
Tralasciando (e condannando) questa seconda strada, possiamo analizzare le basi fisiologiche ed organizzative sulle quali impostare l'allenamento al fine di ottenerne i massimi benefici e risultati.

LA SUPERCOMPENSAZIONE

Se la prima esposizione non è stata troppo severa e la durata della fase di riposo è stata sufficiente, la seconda esposizione trova l'organismo già predisposto e con un grado di adattamento superiore in partenza, giacché l'organismo ripaga sempre il lavoro svolto con un livello di recupero maggiore di quanto speso.
Questo aumento di disponibilità energetica è definita supercompensazione. Ciò porta ad un successivo innalzamento della resistenza allo stimolo specifico rispetto a quella che aveva la prima volta, purché il tempo intercorso tra le due esposizioni non sia eccessivo e l'organismo ne conservi il ricordo. In questo caso, una nuova esposizione ben dosata anche se più intensa della precedente, farà aumentare ancora la capacità di risposta e si costituirà così per ripiani, un aumento della resistenza predisponendo il sistema ad impegni sempre più gravosi.
L'organismo, infatti, si adatta a tale successione di stress con precise reazioni specifiche che si esplicano ad esempio con l'ipertrofia muscolare, ipertrofia cardiaca, ecc., indispensabili nell'attività sportiva poiché sono la base della forza e della resistenza.
Nell'intervallo tra un'esposizione e la successiva si instaurano e si consolidano i fenomeni di adattamento; la regolarità all'esposizione determina il potenziamento del sistema per effetto di sommazione.
Una corretta organizzazione del lavoro muscolare, quindi, deve prevedere una razionale distribuzione ciclica del rapporto stimolo-adattamento affinché si possa esaltare al massimo l'effetto della supercompensazione.
Il collocamento dello stimolo (carico della seduta di lavoro) dedicato allo sviluppo della supercompensazione, deve essere perciò accuratamente studiato; in linea generale esso va inserito quando la supercompensazione precedente può essere considerata completamente avvenuta.
Le singole funzioni biologiche che sono alla base dei principali indirizzi allenanti, hanno precisi tempi di supercompensazione; tale dinamica è definita eterocronismo e la sua conoscenza è fondamentale per la programmazione dell'alternanza dei carichi di allenamento che deve essere impostata sui tempi di ristabilimento parziale o totale delle varie funzioni.

FUNZIONE.BIOLOGICA
INDIRIZZO ALLENANTE
(t") SUPERCOMPENSAZ.
AUMENTI SIGNIFIC.
fosfocreatina
forza- velocità
circa 30 min
glicogeno
resistenza
2 - 3 ore
7 - 10 gg
metabol. proteine
trofia muscolare
36 - 48 ore
20 - 30 gg
enzimi ciclo krebs
endurance
20 - 40 gg

L'organizzazione ciclica dello stimolo
Nell'attività sportiva lo stimolo è dato dal carico allenante del "contenuto della seduta di lavoro", ovvero dalla somma del carico di lavoro proposto per ogni singola esercitazione in ogni seduta di allenamento (definibile dalla scelta dalle esercitazioni - tipo e numero), dal carico di lavoro, dal numero di ripetizioni e dal numero delle serie nonché dai tempi di recupero e di pausa e dalla velocità di esecuzione.
Stabilito il "contenuto delle sedute di lavoro", è fondamentale impostare il giusto collocamento nel tempo, del carico allenante, il cui incremento tra le sedute di lavoro deve essere inserito quando è stata raggiunta la massima entità della supercompensazione sviluppata con l'allenamento precedente.
Ciò presuppone che i carichi di lavoro tra le sedute e tra i microcicli devono essere incrementati gradualmente e progressivamente, ma alternati da precise fasi di sfogo (nelle quali il carico deve diminuire) e fasi di riposo. È in tali periodi che avviene l'adattamento organico (reazioni specifiche) e cioè l'insediamento ed il rafforzamento di quei meccanismi che ripagano il lavoro effettuato, accrescendo così le riserve funzionali e predisponendo il sistema biologico ad un impegno più gravoso.
Questo tipo di distribuzione dello stimolo-adattamento deve avvenire mediante un'organizzazione ciclica per garantire la ripetizione dello stimolo in tempi utili al fine di sfruttare la supercompensazione; tale organizzazione deve creare dei cicli di lavoro consequenziali articolati in cicli di breve e lunga durata che nel mondo dello sport è chiamata periodizzazione.

Conclusioni
Da quanto riportato si può concludere che Selye ha individuato nell'attività motoria uno stress che scatena fenomeni di adattamento aspecifici e specifici che hanno come base l'attività ormonale ed ha descritto le risposte fisiologiche che potenziano l'organismo predisponendolo ad uno stimolo successivo di più elevata intensità.
È tale attività ormonale, quindi, che indubbiamente deve essere elevata per poter aumentare la performance sportiva.
Di conseguenza le strade da percorrere possono essere come detto due: quella esogena (farmacologica) o quella fisiologica basata sull'organizzazione dell'allenamento che potenzia la funzionalità ormonale in maniera naturale ed autonoma e che costringe l'atleta a vincere e sopportare carichi di lavoro sempre più impegnativi ed intensi con un forte intervento della sua volontà e della sua determinazione.
Quest'ultimo punto fa riflettere indubbiamente sulla determinazione che è acquisita dall'atleta stesso e che è trasformata in "sana aggressività agonistica" nel momento della competizione.
Chi si abitua a superare se stesso in allenamento saprà con più decisione superare un avversario durante una competizione. La vittoria nasce dalla convinzione e conoscenza delle proprie capacità e dalla determinazione nel dare tutto quello che si ha.
L'organizzazione dell'allenamento, quindi, è un fatto puramente scientifico, che anche se con gli appropriati aggiustamenti determinati dalla reale applicazione pratica, deve rispettare le leggi fisiologiche che regolano l'adattamento organico allo stress.
Bibliografia
T. Lucherini, C. Cervini: Medicina dello sport, Società Editrice Universo, Roma, 1960, 641-642

IL DOPING CHIMICO

Sul doping chimico non c'é molto da aggiungere a ciò che medici e specialisti del settore hanno saputo esprimere molto bene, ciò che ancora una volta non é ben chiaro é il coinvolgimento psicologico al problema. La dipendenza psicologica all'assunzione di sostanze che influenzano direttamente o indirettamente il sistema nervoso é stata troppo spesso sottovalutata, ciò che non si vede, che non appare evidente all'occhio umano ancora una volta non è considerato!
Esiste un diretto legame tra la mente ed il corpo, un legame stretto che si esprime attraverso un forte equilibrio psico-fisico, un'equilibrio tra sensazioni che si provano, da una parte, e pensieri che ci girano in testa dall'altra.
Le sensazioni che proviamo tutti i giorni sono di due tipi:
Quelle rivolte all'esterno, provenienti dai cinque sensi, (vista, ciò che vediamo, udito, ciò che ascoltiamo, tatto, ciò che percepiamo con la pelle, gusto, ciò che assaggiamo, olfatto, ciò che annusiamo).
E quelle rivolte all'interno, provenienti dagli organi del nostro corpo, quei gruppi di sensazioni che, gemellate a quelle esterne, ci portano sonno, fame, piacere, dolore, paura, gioia, felicità ecc., sono queste le sensazioni interessate ad essere alterate direttamente dall'assunzione di sostanze doppanti.
I pensieri che ci ronzano in testa sono composti da convinzioni, credenze, valori, tutte quelle idee, dalle più banali e futili, alle più complesse e vere, che costituiscono l'insieme della nostra identità: la coerenza che promuoviamo, la consapevolezza che possediamo di noi stessi, il significato che diamo alla nostra vita.
Nel momento che assumiamo determinate sostanze doppanti abbiamo un diretto coinvolgimento della mente sia nei processi interni come in quelli esterni, la nostra identità é esposta alla presenza di un differente equilibrio tra i nostri pensieri e le sensazioni ad essi collegate; nel perseverare di tale stato, protraendo l'assunzione di tali sostanze, la nostra realtà psico-fisica si struttura su di un nuovo equilibrio, tutta la nostra realtà, interna come esterna, si andrà a definire in presenza di quel mutato equilibrio, a quel punto siamo divenuti persone diverse. Ciò che ci può succedere assumendo sostanze doppanti é paragonabile a ciò che prova una persona in stato di ebbrezza, con effetti maggiori o minori, a seconda della quantità di sostanza utilizzata, con sensazioni molto personali, al pari di chi prova la ciucca triste piuttosto che la ciucca allegra.
Tutto questo, oltre a portarci naturalmente danni fisiologici di varia natura, va ad influenzare direttamente una capacità fondamentale di noi stessi, la memoria, la facoltà della nostra mente di fare proprie, esperienze, nozioni, sentimenti e sensazioni e di richiamarle al momento opportuno, ciò che ci permette di mantenere la nostra idea di identità, e ci riconferma giorno dopo giorno per quel che siamo. La nostra memoria infatti non é costituita da una semplice "idea ricordo", una registrazione meccanica di qualcosa, al contrario ogni memoria é strutturata ed organizzata in un preciso stato psico-fisico di riferimento che ci fornisce il contesto entro cui poter ricordare, un operazione che ci é data unicamente rivivendo determinate realtà interne ed esterne a noi stessi, proprio come in un sogno.
Non é dunque possibile recuperare la memoria senza uno stabile contesto di pensieri e sensazioni, e senza memoria non si esiste, non si é nessuno, ecco che diviene indispensabile ricreare lo stato mentale nel quale possediamo memoria di noi stessi, e questo, nel caso di assunzione di sostanze doppanti, dipende strettamente dalle sostanze che si é cominciato ad utilizzare e di cui non si può più fare a meno previo perdere la memoria di sè, questo, in poche parole, costituisce l'astinenza psicologica.

 

IL DOPING POVERO

Il doping povero é dal suo canto la forma di doping più diffusa, soprattutto tra i dilettanti, ed anche il meno controllabile, si manifesta attraverso diverse forme: Suggestioni, Falsi miraggi, Credenze popolari, Dipendenze di vario tipo.
Vediamo alcuni esempi di doping povero.
Esistono forme di doppaggio che sfruttano l'effetto secondario di certi farmaci di largo consumo quali l'aspirina (acido acetil salicilico, antipiretico, antidolorifico, coadiuvante nelle forme influenzali), e diversi antiacido (per la cura di gastriti, ulcere) come il malox, che presi in grande quantità risultano forti eccitanti, alternativi alla cocaina, costosa e difficile da reperire, mantenendo alti livelli di concentrazione per lunghi periodi; naturalmente, per tali quantità, gli effetti sono altamente dannosi.
Amuleti, litanie, feticci di vario genere possono arrivare ad essere vere e proprie ossessioni, a cui giovani atleti tendono, perpetuate nella speranza di ottenere chissà quali vantaggi; spesso tali rimedi e/o consigli sono venduti a caro prezzo da parte di personaggi senza scrupoli.
Comuni integratori alimentari, spesso utili, quando prescritti in diete fornite da medici dietologi, nel momento che sono assunti senza regole possono risultare estremamente dannosi. È, infatti, convinzione di molti che la quantità porti con sè il meglio, si tende a pensare: "Se un'aspirina mi fa bene, allora dieci aspirine mi fanno molto bene!", assumendo così dosaggi da intossicazione.
La dipendenza da certe sostanze doppanti, assunte nel miraggio di chissà quali risultati, sostanze estremamente costose o perché vietate, difficili da reperire o perché di complessa elaborazione, scatenano, nei consumatori abituali, reazioni molto simili a quelle che si incontrano nel mondo delle sostanze stupefacenti, spingendo anche giovani atleti a diventare loro stessi "spacciatori", verso i propri compagni, per poter continuare a dopparsi.
Infine molti gestori di palestre, centri "fitness", società sportive di vario genere, oltre a tenere la cassetta dei medicinali di primo soccorso, posseggono vere e proprie farmacie illegali fornite di ogni ben del "diavolo" si potrebbe dire. La cosa tragicomica, che risulta anche dalla lettura della cronaca di questi giorni, é che molti di coloro che spacciano o fanno uso di certe sostanze illegali lo fanno in buona fede, ignari dei danni che provocano, disinformati sulla reale funzionalità del prodotto, all'oscuro degli effetti secondari che possono insorgere e all'oscuro della legislazione esistente in merito a tali sostanze, ingenui come bambini si fanno prendere con le mani nell'amara marmellata!

Ricerca dell’associazione Libera sulle sostanze proibite: doping per 400mila italiani
(La Repubblica – 11.11.2003)

ROMA – Dal calciatore di serie A al campione di ciclismo fino al culturista della palestra di quartiere: il doping contagia gli italiani. Sono 400.000 in Italia le persone che fanno uso di sostanze proibite per migliorare le proprie prestazioni. Un fenomeno che costa ogni anno ben 650 milioni di euro, cui vanno aggiunti 1,5 miliardi per gli integratori, che spesso non contengono soltanto vitamine.
Ed il 10-15% delle palestre favorisce questo smercio illecito. I numeri sono stati forniti dall’associazione Libera.
“Calcolando quanto avviene in altri Paesi come Inghilterra e Germania – ha spiegato Sandro Donati, maestro dello sport da anni in lotta contro il doping – è possibile stimare in 2,1 milioni gli abitanti dell’Europa occidentale che ricorrono a sostanze dopanti”. E visti i numeri in crescita, la malavita organizzata ha fiutato l’affare. Infatti, ha osservato il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, “dalle indagini promosse da 40 procure italiane è emerso che il traffico di farmaci proibiti segue gli stessi canali del traffico di stupefacenti”.La responsabilità del dilagare di questo malcostume, secondo don Ciotti, “sta anche nell’orizzonte culturale di tante persone per le quali conta la forza, la prestazione, il successo a tutti i costi. Ora possiamo dire che almeno il 10-15% delle palestre è a rischio”.
La quasi totalità delle sostanze dopanti, spiega Donati, è contenuta nei farmaci e, in particolare, in quelli di tipo ormonale. La maggior parte di questi farmaci è prodotta dalle principali aziende farmaceutiche multinazionali che, interessate ad incrementare le vendite, hanno posto in commercio un surplus di prodotti superiore anche di 6 volte alle esigenze terapeutiche”. Tra gli esempi più evidenti ci sono l’eritropoietina (Epo) e l’ormone della crescita (Gh). Nel 2000 “in Italia le vendite di Epo hanno fruttato 300 miliardi di lire, il doppio rispetto a tre anni prima.
Il problema doping nello sport è purtroppo diffuso, serio e preoccupante ! È praticato non solo nello sport di alto livello ma spesso anche in quello amatoriale.
È considerato DOPING l'uso di sostanze o di procedimenti destinati ad aumentare artificialmente il rendimento.
II doping contravviene all’etica sia dello sport che della scienza medica.
II doping consiste:
1. nella somministrazione di sostanze appartenenti alle classi proibite di agenti farmacologici e/o
2. nell’utilizzo di vari metodi proibiti.
Le autorità sportive e governative sia italiane che internazionali, hanno sempre dimostrato di sottovalutare il problema. La ricerca del risultato a tutti i costi ed i crescenti interessi economici, hanno portato a modificare il tipo di preparazione introducendo metodiche illecite e dannosissime.
L'etica sportiva ha lasciato il campo ad un giro di affari che ha raggiunto livelli vertiginosi (quasi mille miliardi di lire l'anno solo nel nostro paese) ed il numero di "praticanti" è in evidente ascesa !
I paesi dell'Europa dell'est hanno sicuramente recitato il ruolo di precursori in questo campo a scapito spesso della salute o addirittura della vita stessa degli atleti. Pochissimo si sapeva degli effetti collaterali delle sostanze ingerite, mentre evidenti erano i miglioramenti. Ai medici ed allenatori era sufficiente realizzarsi grazie al risultato; gli atleti ora ne pagano le conseguenze.
Ci rendiamo perfettamente conto che risolvere il problema sarà estremamente difficile, complicato e dispendioso. Sarebbero necessarie strutture adeguate e serie, pene molto più severe per chi lo pratica e soprattutto per chi lo prescrive.
Si dovrebbe fare leva sull'etica sportiva attraverso una campagna seria di cultura sportiva nei giovani. Si potrebbe fare sicuramente molto di più !! Con ogni probabilità purtroppo, il problema doping nello sport attuale e nella società attuale, riteniamo non abbia una soluzione reale.
Per combattere il grande problema doping nello sport crediamo sia indispensabile l’impegno, non solo delle F.S.N., ma anche dei governi che talvolta ignorano le esigenze del mondo sportivo.
Il C.O.N.I. sicuramente è in prima linea in questa lotta, sono già stati effettuati migliaia di controlli, ma purtroppo la scienza medica quasi sempre è più avanti rispetto ai controlli. Anche la scuola potrà sicuramente avere un ruolo importante sulla formazione degli atleti, perché pensiamo sia un fatto di cultura sportiva.
Forse un’ altra soluzione potrebbe essere quella di riuscire a riflettere maggiormente sulla nostra fisicità, poiché non basta avere muscoli potentissimi, doping è soprattutto il cervello, e la stragrande maggioranza delle droghe sovralimentano proprio quest’organo, determinante, decisivo, fondamentale». Sa anche come funzionano le cose nel mondo «dove tutti quanti rischiamo di diventare merce, lo sono anche gli atleti, testimonial di prodotti che il grande pubblico deve acquistare ecco come vanno le cose nel mondo dello sport moderno: «È ormai questo lo staff delle società: presidente, allenatore, giocatori e adesso anche un bravo farmacologo». «La forza del doping, cioè di tutte quelle sostanze che in realtà appartengono al nostro organismo ma che, ricreate in laboratorio, ingeriamo sintetizzate in grande quantità, è quello di annullare fatica, sonno, sete, fame». Per farti sentire un Rambo: «L’istinto dell’uomo è la sopravvivenza, questo lo rende cattivo, lo ha sempre portato anche a uccidere. E lo sport, infatti, ha bisogno della cosiddetta cattiveria agonistica per farti salire sul gradino più alto del podio». Dove non c’è più solo una medaglia ad attenderti: ci sono i miliardi, c’è la gloria. Meglio un giorno da leone che cento da pecora: «È questo che spinge lo sportivo a barare, perché sul piano etico il doping è una cosa gravissima». Diverso il discorso per chi si dopa per se stesso, per avere un fisico migliore: «Ma in una competizione agonistica no, non vale. Gli anabolizzanti aumentano le masse muscolari: come avere, nel proprio motore, una cilindrata superiore: «Ma è soprattutto nella testa che agiscono queste sostanze. Del resto è tuttora un mistero il fatto che con il condizionamento psicologico si possano portare malati alla guarigione». Il classico effetto placebo: «Dare a un malato una mentina facendogli credere che è la soluzione di tutti i suoi mali». Che sono tanti, nell’uomo. Sport, scienza, etica: l’intreccio è contorto, la miscela esplosiva: «Una medicina può guarirti da una grave malattia. Forse. Sicuramente può farti diventare un superman. Si tratta solo - spiega - di stabilire il rapporto tra costo e beneficio». Il beneficio è elevatissimo: ma vale la pena rischiare di pagare il prezzo più elevato, la propria vita? Il gioco è molto più semplice di quel che appare: «Prendiamo un velocista, non deve compiere azioni particolarmente raffinate, deve solo correre più veloce degli altri. Prendiamo un ciclista: deve solo abbattere la fatica, accumulare energie e arrivare più fresco degli altri all’ultimo sprint». Lo si può fare con droghe dall’effetto immediato, stimolanti, oppure con sostanze, anabolizzanti, che tendono a far diventare il maschio sempre più maschio, («anche a costo di perdere i capelli») e le donne sempre più virili («anche a costo di veder spuntare la barba»). Controindicazioni, queste, che sono una semplice sciocchezza di fronte ai danni: «Fino alla morte, ma ce ne vuole del tempo prima che gli effetti diventino letali. Gli stimolanti prima di toglierti tutto ti danno molto». Esistono poi malattie che fanno tremare le mani, certe medicine ti levano il disturbo, ed è una grande conquista, ma lo stesso farmaco può migliorare la mira di uno sportivo che ha bisogno della mano ferma». I controlli sono efficacissimi, se svolti a dovere: «Non si può affermare che si sia un eccesso di sostanze prodotte dal tuo organisimo : se ci sono, qualcuno le ha introdotte». Frasi semplici e chiare di una grande uomo di scienza. Disincantato. E pessimista sul piante doping. Racconta, infatti, e sembra quasi una parabola laica: «Una volta un gruppo di scienziati, incapace di risolvere un problema, decise di andare a chiedere aiuto a Dio. Il Signore diede una risposta molto cortese e rassicurante: tranquilli, quel problema lo risolveremo. Ma non durante la mia vita».

 

L'ITALIA DEL DOPING AMATORIALE

Il dottore (quello con la "d" minuscola, per distinguersi da quello più noto, famoso e costoso con la "D" maiuscola, indagato dalle Procure di mezza Italia) non fa ricette. Ti guarda, ti fa pedalare qualche minuto su uno strano attrezzo, ti pizzicotta qua e là sull’addome, sulle spalle, sulle gambe, ti dice se sei grasso o meno, ti fa qualche domanda. Ti suggerisce una tabella di allenamento. Niente medicine, la prima volta. A meno di non essere mandati da qualcuno davvero affidabile e amico. Cosa rarissima. "Ottantamila e passa la paura", raccontano. Ma dal dottore si va per ben altro. Lui ha fama di grande "preparatore"; da lui vanno professionisti di nome; ciclisti, soprattutto, ma anche atleti di varie discipline, dall’atletica al calcio, al nuoto, al triathlon e, da quando è riuscito con la farmacopea moderna, a "far camminare come un treno", come si dice in gergo, anche l’ultimo dei gregari, gode di fama da taumaturgo. Lo hanno ringraziato tanto anche davanti alla tv. E non c’è spot migliore che vedere un atleta di terza categoria vincere e ringraziare il proprio medico.
Solo dopo due o tre visite si arriva alla confidenza. E non sempre. Alla formula di rito: "Dottore, voglio andare forte", lui risponde con un contenuto "Quanto forte"?.
Poi ti chiede subito se per caso hai già preso "qualcosa", dove per qualcosa si intende qualche potente farmaco. Tutto dipende da quello che rispondi. "Dottore, il medico della mutua mi ha dato il testosterone. Ho già fatto una curetta, ma senza grossi vantaggi". Ecco il segnale preciso che c’è il terreno adatto. Il dottore ti mette in mano carta e penna: "Scrivi: una iniezione di Profasi una volta ogni due giorni…". Così può cominciare il viaggio della "speranza" dell’amatore degli sport di resistenza. Lo racconta A.N. un cicloamatore pentito, che, naturalmente, vuole mantenere l’anonimo. "Questa è una mafia – dice – mi hanno già minacciato".
È un sottobosco inquietante quello che emerge dal mondo degli amatori di varie discipline nel rapporto sport-doping-uso-abuso di farmaci. Un mondo dove ormai anche la farmacia illecita ha un peso e un ruolo insospettabile. Oltre che un mercato che dai semplici e consentiti integratori, ai vietatissimi steroidi anabolizzanti, ormoni, stimolanti ed eccitanti, costituisce una florida realtà per l’industria farmacologica.
"Con quella roba mi sono sentito fortissimo in poco tempo", racconta A. N., svelando tutta la potenza dei prodotti moderni, davvero in grado di "fare la differenza" e, molto di più dei prodotti del passato, di cambiare equilibri ed esiti sportivi. E sarà proprio lui, autentico spot di se stesso, ad essere il miglior veicolo di pubblicità.
È una delle follie del secolo questa corsa alla farmacia proibita nello sport amatoriale. Un fenomeno insospettabile solo qualche lustro fa ed ora di proporzioni mondiali. Un meccanismo tanto pubblicizzato dal dorato mondo dei professionisti, da dilagare sempre più in basso. Fra i giovani agonisti, ad esempio, come è capitato di constatare qualche tempo fa, quando 8 dilettanti sono stati fermati in Toscana dalla commissione medica della federcilismo perché avevano il sangue troppo denso, come Pantani a Madonna di Campiglio. Per non parlare della "casa delle bambole", una storiaccia di prodotti vietati trovati dai Nas di Firenze in casa della presidentessa di una squadra juniores toscana. Juniores, ovvero: ragazzi di 17 anni cui, presumibilmente veniva somministrato Gh, l’ormone della crescita. Con danni futuri certi, anche se tutti da definire per un fisico in formazione.
O dell’indagine del giudice Casson di Venezia, che in poche perquisizioni a casa di tecnici e atleti giovani e giovanissimi ha sequestrato di tutto. Medicinali a base di eritropoietina, l’ormone che ha sconvolto gli equilibri delle prestazioni di fondo e resistenza (ma anche quelle di forza e velocità). Stimola il midollo spinale a produrre globuli rossi, così il sangue trasporta più ossigeno ai muscoli, migliorando la performance. E, naturalmente, con il sangue che si addensa e circola male nei capillari, porta con sé anche una infinità di controindicazioni e problemi che vanno nel breve termine dalla trombosi, all’ictus; nel lungo dal diabete, al tumore del sangue. E poi corteccia surrenale (allontana la fatica), ormoni, stimolanti, analgesici e preparazioni omeopatiche di tutti i tipi. Prodotti pericolosissimi e anche costosi, che la dicono lunga su quello che ormai è un vero e proprio modello comportamentale. O così o niente sport: questo il ricatto della farmacopea moderna.
"Il vero mercato è qui - spiega un Sandro Donati, dirigente del Coni da sempre in prima linea nella lotta al doping – i giovani che hanno fallito l’approccio con lo sport agonistico maggiore e i meno giovani che rispondono all’esigenza di voler in qualche modo apparire. La nostra è una società dove esisti se appari; non si spiega altrimenti questa autentica follia. È un vero e proprio malessere psicologico che pervade queste persone: cercare in ogni modo di farsi notare, di apparire, in tono con la nostra che è una società dell’apparire e non dell’essere".
Le cifre, come riportiamo a parte, gli danno ragione. Ma c’è da chiedersi come mai proprio il mondo dello sport, che per tanti anni ha propagandato una realtà di valori assoluti e di lealtà, sia finito in questa autentica palude.
"Il mondo dello sport – continua Donati – non ha valutato a sufficienza le conseguenze derivanti dall’esaltazione esasperata del campionismo negli ultimi anni.
È stato fatto credere che la "vetrina" dei campioni fosse un elemento di grande propaganda e conquista di proseliti. A diversi lustri di distanza dall’inizio di questa politica si può dire, risultati alla mano, che il campionismo non ha fatto proseliti, tant’è che la crisi di tesserati nelle federazioni che più hanno spinto in questa direzione è sotto gli occhi di tutti. Il fatto è che altri si sono impossessati della figura del campione e lo hanno usato come mero veicolo pubblicitario, ma per ottenere altre cose. Pubblicizzare prodotti industriali, ad esempio: un’auto, un paio di scarpe, una linea di integratori alimentari, in via diretta; i prodotti più nefasti della farmacia proibita in via indiretta. È qui che va cercata la saldatura tra il desiderio di apparire degli amatori e il messaggio dei campioni di successo. Il tifoso-amatore ha finito per essere il primo a non credere dentro di sé nelle qualità tecnico-atletiche del proprio campione, quanto piuttosto negli additivi, in quel qualcosa di magico e taumaturgico che c’è da sempre nella medicina. E ha scelto di imitare".
"Quando vedi che uno che battevi sempre – spiega il nostro amatore pentito – d’improvviso ti stacca, pensi subito a quale medicina abbia preso, non a che tipo di allenamento abbia fatto". E, naturalmente, il tam-tam immediato dell’ambiente vale molto di più di tanti spot pubblicitari. Vedere il cambiamento radicale di persone dalle doti limitate, da un giorno all’altro è la migliore pubblicità per i prodotti.
E il problema del doping moderno sta proprio qui. Nella enorme capacità che ha la chimica attuale di trasformare la prestazione. Un "trattamento" non più occasionale, ma che dura nei mesi e negli anni (con conseguenze a lungo termine tutte la valutare). "Nessuno conosce oggi cosa possa determinare l’uso incrociato e protratto di prodotti come l’epo e il gh, l’ormone della crescita", dice il professor Pasquale Bellotti, segretario della commissione scientifica del Coni, uno dei pochi organismi nell’ente che ha impostato una vera campagna (battezzata "Io non rischio la salute" e basata su controlli su sangue e urina) contro il diffondersi della farmacia proibita. "Ma saranno comunque conseguenze preoccupanti, per via dei dosaggi abnormi. Questa roba accorcia la vita".
Il vero mercato del doping non è tanto, dunque, nella dorata vetrina dei campionissimi (poche centinaia), quanto molto più in basso e va ricercato nella quotidiana banalità del ragioniere che vuole fare meglio del collega di ufficio, magari arrivando 1200esimo nella maratona o 800esimo nella gran fondo cui partecipa. "C’è anche una sorta di rivalsa sulle frustrazioni quotidiane", dice la psicologa dello sport Marina Gerin.
Un mercato sempre più sofisticato, che fa ricorso spesso a prodotti "pesanti" e costosi, dalle enormi potenzialità. Costituito dai 3 milioni di praticanti la bici (tra ciclisti della domenica, patiti del fuoristrada, ovvero della mountain bike, delle gran fondo, la moda del momento e delle gare amatoriali). Poi c’è il milione dei praticanti jogging e atletica; i 6.000 del triathlon, fra tesserati alle federazioni sportive e gli utenti fai-da-te, sempre più numerosi secondo la tendenza attuale.
Le aziende produttrici di integratori (legali) dalle capacità taumaturgiche si sono moltiplicate negli ultimi anni. Basti pensare che la creatina, messa sotto accusa nel calcio, ha avuto un balzo di almeno il 15% sul mercato, dopo la denuncia di Zeman sugli abusi di farmaci nel pallone.
Tutto spinge verso il consumo. L’effetto sulla prestazione, innanzitutto: "Non senti la fatica – racconta il solito cicloamatore – e nessuno ti controlla. Da noi non ci sono neppure i test antidoping". La facilità nel reperire i prodotti, poi. "Epo e Gh arrivano sul mercato clandestino principalmente dagli ospedali", spiegano i Nas, impegnati da tempo in una difficilissima battaglia. La circolazione rapida del know-how: "Ora tutti anche il gregario più ignorante, sa come fare e cosa fare: dosi, antidoti, procedure per ingannare gli eventuali test", dice Santoni, manager della Cantina Tollo, una delle formazioni priofessionistiche ha preso parte all’ultimo Giro d’Italia.
Ma ci sono delle differenze.
"Nell’atletica amatoriale – dice il dottor Fischetto, responsabile della Fidal, la federazione d’atletica, per i controlli antidoping – non abbiamo la sensazione che il fenomeno doping sia molto diffuso. Quest’anno solo tre casi di positività. Ma debbo dire che nelle grandi maratone controlliamo solo gli atleti di vertice". L’impressione è che il settore sia piuttosto lasciato a se stesso. I test sono pochi (una quarantina l’anno contro le migliaia di praticanti) e basati solo sull’urina, cui sfuggono tutte le sostanze più potenti e quelle che consentono di manipolare il sangue.
Nel triathlon che è la quint’essenza delle specialità a base aerobica spesso non vengono effettuati neppure questi controlli. "Le tre gare di Coppa del mondo disputate in Italia – racconta Danilo Palmucci, ex campione italiano e sempre nel giro della nazionale azzurra – ad Anzio, Forte dei Marmi e Milano, non hanno avuto controlli. Questo vuol dire la possibilità che ci sia doping selvaggio per tutti dai livelli maggiori a quelli più bassi". Né i costi e le difficoltà di procurarsi certi prodotti possono costituire un freno. L’Epo non è difficile procurarsela attraverso canali clandestini (esce – come abbiamo visto - in gran parte dagli ospedali, dove è usata come farmaco salvavita per i dializzati) e ora anche prodotti d’avanguardia come l’emoglobina sintetica e il Pfc (perfluorocarburo), sostanze usate in rianimazione, che trasportano direttamente l’ossigeno, sono facili da reperire perfino su Internet. Sulla loro pericolosità basti osservare che alcune di esse non hanno ancora ricevuto il placet per uso terapeutico dalle autorità internazionali. Ma ci sono fabbriche clandestine (in Messico soprattutto) che sopperiscono alla bisogna. "Il target dell’atleta medio di triathlon – continua Palmucci – è quello del benestante. I soldi non sono un problema. Come si fa, altrimenti, a spendere 30 milioni l’anno per preparare un evento come il famoso Ironman delle Hawaii, il triathlon più famoso e conosciuto del mondo, per ricavarne magari solo 700 dollari di premio?".
I dottori sono tanti. Il nostro lavora non lontano da Roma. Ma come lui nella penisola ce ne sono altri in Toscana, Veneto, Lombardia. Medici o paramedici. "Si sono equamente divisi il mercato, badando bene a non pestarsi i piedi", fanno sapere i Nas. Il loro studio è sempre affollato. Oltre a servire i malati di sport, spesso sono anche medici mutua. Qualcuno ha anche avuto qualche guaio con la giustizia sportiva, una squalifica, ad esempio. Ma questo, lungi dal procurargli problemi, gli ha portato più fama, quindi più clientela. Il tam-tam dei malati di sport è velocissimo e fortissimo. "Arrivare all’altro – racconta il cicloamatore pentito - (quello con la D maiuscola, indagato da tre procure d’Italia per "somministrazione di farmaci dannosi per la salute", n.d.r) - per un amatore è quasi impossibile. È come se un operaio volesse acquistare da Bulgari.
Ma questi qui, sono come il Supermercato. Lavorano sulla quantità.
Entri, chiedi, acquisti e te ne vai".
di Eugenio Capodacqua, dal Venerdì di "La Repubblica" del 25 Giugno 1999

GLI INTEGRATRORI NON SONO DOPING
L'intervista al Dott.Enrico Arcelli pubblicata dalla "Gazzetta dello Sport" di Venerdì 5 Luglio 2002, a firma di Claudio Ghisalberti.
Gli integratori negli ultimi tempi sono stati spesso nell'occhio del ciclone. Nel calcio sono diventati famosi con la carnitina nel Mundial '82. C'è chi sostiene che facciano miracoli; qualcuno li associa al doping. Cerchiamo di fare chiarezza con Enrico Arcelli, dietologo e medico dello sport e Presidente dell'equipe Enervit.
-Che cosa sono gli integratori?
La legge italiana pone gli integratori sullo stesso piano degli alimenti; la maggior parte di quelli utilizzati dagli atleti sono dei "nutrienti" e servono per rifornire il nostro corpo di alcune sostanze quali acqua, micronutrienti (vitamine, minerali) e macronutrienti (carboidrati, proteine e grassi).
-A che cosa servono gli integratori?
Possono costituire la via più agevole ed efficace per porre rimedio ad un problema o per prevenirne l'insorgenza.
È però vero che intorno agli integratori c'è un po' di confusione, anche perchè l'offerta è vastissima...Ogni integratore ha le sue specifiche indicazioni e chi fa da sé è possibile che si sbagli: sarebbe meglio farsi seguire da un dietologo o da un medico sportivo......
-Gli integratori migliorano le prestazioni?
In assoluto no. Però bisogna chiarire una cosa. Ci sono delle persone che hanno delle carenze che in questo caso possono essere risolte con un conseguente miglioramento della prestazione...
Ad esempio, un soggetto anemico, se assume del ferro migliora la resistenza, ma lo fa perchè guarisce dall'anemia.
Qualcuno, per tirare contro la creatina, ha detto, che fa miracoli. Falso. Ma la creatina, in quantità corretta, serve ai vegetariani per migliorare il recupero...
-Con i giovani praticanti come bisognerebbe comportarsi?
Con buon senso. C'è da tenere presente che spesso essi mangiano poca frutta e poca verdura. Un'integrazione a base di minerali e di vitamine è quindi talvolta utile Bisogna anche tenere conto che frutta e verdura, a causa dei trattamenti a cui vengono sottoposte, sono sempre più povere di micronutrienti...
-Ce ne sono alcuni inutili?
La carnitina. È diventata famosa dopo Spagna '82, ma nel calcio non serve a niente. L'organismo ne produce a sufficienza e nel calcio si utilizza glicogeno, non grasso.
La carnitina serve invece a trasportare calcio nei mitocondri (I mitocondri sono corpuscoli presenti in tutte le cellule dell'organismo e servono per il metabolismo aerobico delle cellule. Partecipano alla respirazione ed alla produzione d’energia. Aumentano di numero e di volume negli atleti che praticano sport aerobici, N.d.R.).
-Gli integratori sono l'anticamera del doping?
Nella stessa misura in cui una torta al cioccolato è l'anticamera dell'eroina...

Gli integratori funzionano?
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Moltissimi farmaci e integratori alimentari non funzionano, soprattutto quelli che dovrebbero risolvere piccole patologie o lievi carenze. Nonostante la martellante pubblicità, ormai chi crede ancora ciecamente nella potenza degli integratori (sia sportivi sia per la vita normale) è simile alla massaia che vent'anni fa credeva alla potenza del prodotto per lavare i pavimenti perché vedeva in televisione la sua collega che puliva senza fatica un pavimento sporcato ad hoc con un bel centimetro di polvere e schifezze varie.
Il paradosso dell'aspirante campione - È abbastanza facile trovare a livello giovanile un atleta in grado a diciotto anni di correre i 1000 m in 2'40" senza che abbia mai fatto uso di integrazione alimentare o di supporti per il miglioramento della prestazione. A questo punto considerando tutti gli articoli trovati in letteratura, il ragazzo può ragionare così: con gli amminoacidi a catena ramificata guadagno 3", con la creatina 5", con l'inosina 1", con la carnitina 3", con il bicarbonato 2", con l'OKG o la glutammina 2", con il ginseng 2", con la pappa reale 1", con l'integrazione vitaminica corretta 3", con gli antiossidanti, i minerali e il coenzima Q10 4": in totale in un mese d'integrazione si guadagnano 26", cioè scendo a 2'14". Considerando i benefici dell'elettrostimolazione e del potenziamento muscolare, il cambio d'allenatore e di allenamenti (un allenatore nazionale deve pur valere di più rispetto al mio professore di scuola...), l'ultimo modello di scarpe chiodate ecc. guadagno ancora almeno 10". Crescendo e maturando dovrei guadagnare in un anno almeno 4": è ormai certo che l'anno prossimo correrò i mille in meno di due minuti, abbattendo di oltre dieci secondi il record del mondo!
La cosa vale anche per tutti quegli integratori orientati a persone "normali": dalle vitamine che con dosi ridicole dovrebbero contrastare l'invecchiamento, al ginkgo che dovrebbe preservare la lucidità mentale (una recente ricerca lo considera poco più dell'acqua fresca), agli integratori per alzare il tono della vita (come se la depressione anche lieve fosse una robetta che si può curare con la pastiglia che si trova al supermercato) ecc.
Perché prodotti che in teoria dovrebbero funzionare (per molti di loro ci sono studi scientifici che ne esaltano le qualità) in realtà non producono gli effetti sperati?
Vediamo gli errori (in malafede oppure no, dipende dai casi) più comuni.

Errore di quantità
I risultati delle ricerche scientifiche vengono trasmessi solo qualitativamente; per uno scienziato prolungare la vita di un malato terminale di cancro in media di 15 gg. può essere un grande successo, per tutti noi non è che cambi granché. Con gli integratori il passaparola dal lavoro scientifico alla vita di tutti i giorni porta a dimenticare il risultato quantitativo e ciò che migliora (magari di pochissimo) diventa la panacea universale. Per cui chiedersi sempre: sì fa bene, ma quanto fa bene e che dose devo prenderne perché sia veramente efficace? L'errore di quantità è spesso utilizzato per promuovere integratori del tutto inutili perché in dosi bassissime. D'altro canto dosi accettabili costerebbero troppo o sarebbero ingestibili perché magari con effetti collaterali importanti. C'è chi prende integratori "naturali" a base di vitamina C per 50 mg al giorno, il contenuto di un'arancia, illudendosi di conquistarsi la salute perenne. Stessa situazione per molti integratori poco conosciuti, in cui le "dosi consigliate" sono comunque inutili.

Errore di saturazione
Molti prodotti funzionano tanto più quanto il campione esaminato è influenzabile dal prodotto stesso. Un forte bevitore di caffè probabilmente può berne una tazzina prima di andare a letto senza avere inconvenienti; una persona che non beve caffè probabilmente non dormirà o avrà grosse difficoltà ad addormentarsi. Il nostro corpo sa badare a se stesso e attua tutta una serie di meccanismi per cui una sostanza produce benefici fino a un certo punto, poi è necessario assumerne quantità sempre maggiori (effetto droga, come per il caffè, le amfetamine ecc.) oppure la quantità in eccesso viene eliminata senza nessun beneficio. Un esempio dell'effetto saturazione è la carnitina. In ragione di qualche grammo al giorno (anche 10) può essere utile ai cardiopatici, ma è stato ormai provato che in individui normali non migliora assolutamente la prestazione. Un piccolo aneddoto. Dopo aver provato vari prodotti commerciali e non aver avuto nessun miglioramento se non nei primi giorni d'assunzione, un consumatore di ginseng entra in un negozio con fama di serietà e professionalità e chiede al titolare quale sia il miglior ginseng sul mercato. Il negoziante preleva una boccetta da una scatola, la mostra al cliente e aggiunge di non prenderne più di due compresse al giorno perché è veramente forte. Il cliente prende in mano la boccetta, la apre, prende una manciata di compresse (una decina) e le inghiotte. Paga la boccetta e se ne va, lasciando esterrefatto il negoziante. L'indomani ritorna, aspetta che il negoziante abbia finito di servire un cliente e gli dice:"Per sua informazione non ho avuto alcun particolare beneficio né controindicazioni varie" e poi se ne va senza aggiungere altro. Certo non è consigliabile imitare un simile comportamento (verificato con i miei occhi!), ma è significativo il fatto che il negoziante credesse veramente che due capsule del suo prodotto dessero una forza e un vigore tali che tre fossero già controproducenti.

Errore di falso bisogno
È figlio del precedente. Chi propone l'integratore riconosce l'errore di saturazione, ma insinua il dubbio: potresti essere carente della sostanza x, perché non prenderla? La risposta è semplice e duplice: in teoria si può essere carenti di tutto e la nostra vita dovrebbe scorrere trangugiando farmaci e integratori (con il nostro conto in banca che crolla); inoltre ogni sostanza ha effetti collaterali che possono essere lievi, ma a volte sono anche gravi o comunque spiacevoli se si eccede.

Errore di deduzione per ignoranza
Un prodotto viene proposto con una motivazione che scientificamente non ha senso, ma sembra averlo per chi non sa come stanno le cose. Questo è ovviamente l'esempio più subdolo perché non ci si può salvare se non si è acculturati; un buon metodo è comunque quello di sentire anche la campana contraria (qualcuno che la pensa in modo contrario c'è sempre!) e poi decidere con la propria testa. Faccio solo due esempi: gli integratori salini e la creatina. Come è dimostrato da una serie impressionante di studi, il reintegro salino è essenziale in attività fisiche della durata superiore alle quattro ore. Considerando anche una sensibilità individuale alla disidratazione, si può comunque affermare che tutti gli integratori salini sono completamente ingiustificati per sforzi inferiori alle due ore; basta reidratarsi (la quantità dipende dallo sforzo e dalle condizioni atmosferiche) con acqua per non avere alcun problema. L'equivoco su cui gioca la pubblicità nasce dal fatto che alcuni problemi (crampi) sono erroneamente attribuiti alla disidratazione: se fosse vero perché calciatori perfettamente allenati sono colti da crampi nei supplementari di una partita in una serata primaverile? Sicuramente durante gli intervalli hanno avuto tutto il tempo di reidratarsi. Il secondo esempio riguarda la pubblicità di prodotti contenenti creatina anche per i non sportivi, con la motivazione che darebbe forza e vigore. Poiché la creatina è coinvolta nella produzione di energia solo per attività esplosive (salti, sprint ecc.) una persona anziana cosa se ne fa della creatina, forse per prendere l'autobus al volo dopo averlo inseguito per una cinquantina di metri? Si noti in questo caso come il "dare energia" sia stato generalizzato da situazioni tutto sommato occasionali per chi non fa sport a situazioni che sembrano quotidiane.

PERICOLO INTEGRATORI

Si riportano i risultati, a dir poco allarmanti, emersi da studi eseguiti per verificare gli effetti di alcuni integratori (o sostanze presenti in essi) sull'uomo. È ovvio che si tratta di dati che devono essere confermati, ma la fonte è sicuramente attendibile ed è perciò auspicabile, quanto meno aumentare il livello di attenzione.
Da: "Adverse Cardiovascular and Central Nervous System Events Associated with Dietary Suppelements Containing Ephedra Alkaloids" (C.A. Haller, N.I. Benowitz) e da "Phenylpropanolamine and the Risk of Hemorrhagic Stroke" (W.N. Kernan et al.).
2000 Massachusetts Medical Society.

Le sostanze elencate di seguito possono favorire le emorragie cerebrali, ma sono di facile reperibilità sul mercato (sono contenute in alcuni integratori alimentari sia di tipo sportivo che "per perdere peso"):
1. EFEDRINA
2. PSEUDOEFEDRINA
3. NOREFEDRINA
4. NORPSEUDOEFEDRINA

possono essere anche chiamati:
1. ALCALOIDI DELL’EFEDRINA
2. MA HUANG

Prodotti commerciali in cui sono presenti:
1. ULTIMATE ORANGE (bevanda tonificante)
2. RIPPED FORCE (bevanda tonificante)
3. SHAPE-FAST PLUS (capsule per perdere peso)
4. RIPPED FUEL (capsule per perdere peso)

La FENILPROPANOLAMINA, altro prodotto pericoloso come quelli sopra menzionati, che si usa per sopprimere l’appetito, entra anche nella composizione di prodotti per il raffreddore di uso comune, come:
1. BABYRINOLO
2. DENORAL
3. ZERINETTA
4. ZERINOL
5. DURAZINA
6. TEMPORINOLO
7. TRIAMINIC
Nota bene: tutte queste sostanze fanno parte della lista delle Sostanze Doping per le attività sportive agonistiche.

CON LA CREATINA SI RISCHIA IL CANCRO!

L’abuso dell’integratore può avere effetti devastanti sul fisico degli atleti.

PARIGI - Il surplus di creatina, sostanza azotata consumata da alcuni atleti con l’obiettivo di accrescere la massa muscolare, presenta un "potenziale rischio cancerogeno". Questi i risultati di una ricerca dell’Agenzia Francese per la sicurezza sanitaria degli alimenti (AFSSA).
Considerata un complemento alimentare energetico, la creatina non figura sulla lista dei prodotti dopanti del Cio. In Italia e in altri paesi il suo consumo è lecito, in Francia è vietato e punito dalla legge sportiva.
Nel rapporto si sottolinea che un apporto di creatina superiore a quello di un’alimentazione naturale di origine animale (pesce, manzo, maiale) è inutile, ha pochi effetti sulle performance atletiche e rappresenta "un rischio finora poco considerato, soprattutto a lungo termine".
Il comitato di esperti consultato dall’AFSSA, ritiene inoltre che "i supplementi di creatina appaiono contrari alle regole, allo spirito e al significato dello sport" e suggerisce "una riflessione in vista di un'eventuale iscrizione della creatina sulla lista dei prodotti vietati".
La richiesta fisiologica di creatina è di 3-4 grammi al giorno per gli sportivi durante la pratica intensa (per la popolazione in generale è di circa la metà). Questa quantità è già apportata dall’alimentazione e dalla "sintesi di origine endogena" e non è stata "appurata alcuna necessità di apporto nutritivo", né di carenze di creatina nell’uomo sano.
Se viene raggiunto il risultato sognato da chi prende la creatina - al massimo un aumento del 10% della massa muscolare - ciò avviene, dice la ricerca, "a causa della ritenzione idrica e non di una sintesi proteica".
Per quanto riguarda gli effetti dell’apporto dei complementi in creatina, l’AFSSA ha constatato che i miglioramenti riguardano "unicamente gli esercizi brevi e ripetuti, di alta intensità, per un massimo di 15 secondi". Nessun effetto è stato dimostrato sulla resistenza.
"I rischi della creatina - dicono gli scienziati francesi - in particolare di una elevata ingestione di questo prodotto, sono attualmente mal valutati. Ci risultano incidenti digestivi, muscolari e cardiovascolari. La creatina e la creatinina (sostanza derivata) potrebbero avere, a certe condizioni, effetti cancerogeni per la cui dimostrazione sono stati già portati argomenti sperimentali inoppugnabili".

LA LOTTA AL DOPING

La lotta al doping è nata in Italia nel 1954. Nel 1961 fu aperto a Firenze il primo laboratorio europeo di analisi anti-doping. Dal 1964 (Olimpiadi di Tokyo) si iniziò ad effettuare sistematici controlli anti-doping sugli atleti. Dal 1971 esiste in Italia una legge che punisce sia chi fa uso di sostanze proibite, sia chi le distribuisce agli atleti. Nel 1971 il Comitato Olimpico Internazionale ha pubblicato una lista di sostanze proibite che viene periodicamente aggiornata.
Il CONI ha creato una serie di commissioni ed organismi che danno l’idea esterna di un grande impegno contro il doping, è stato creato un ufficio Procura Antidoping con avvocati e tossicologi per cercare di arginare l’espandersi del fenomeno doping. Sarebbe auspicabile investire risorse alla Scuola dello Sport struttura scientifica del CONI in grado forse di combattere veramente il problema. Il doping possiamo considerarlo un segnale di incultura sportiva, un deficit di educazione sportiva, anche per i limiti che la scuola ha avuto al riguardo, dovrebbe far crescere nei ragazzi la consapevolezza di quanto sia importante per la propria salute adottare uno stile di vita attiva, ma allo stesso tempo insegnare si a vincere, ma anche ad accettare, senza drammi, di non essere un campione.
Attualmente la medicina la chimica e la farmacologia permettono la creazione di prodotti sempre più sofisticati, specifici e difficili da trovare. I controlli antidoping, spesso non sono in grado di rilevare le sostanze dopanti anche grazie ad appositi "coprenti".

LOTTA AL DOPING: TANTO FUMO PER FINIRE IN NIENTE.
PAGANO SOLO I FESSI
Doping sempre all’ordine del giorno, con le vie di sbocco che si presentano come sempre più improbabili se non addirittura impossibili. Questa volta in due processi: quello del caso Conconi, che il GUP di Ferrara ha rimandato al mittente, e quello di Pantani, iniziato nell’aula del Tribunale di Tione (TN) con l’escussione dei primi testi e rinviato al 23 maggio per la prossima udienza. Due farse all’italiana, seppure in toni diversi. Non si riesce a venire a capo di niente. A Tione sembra di essere in presenza delle tre famose scimmiette che non vedono, non sentono e non parlano. L’accusa del PM Giardina contro Pantani è di “atti fraudolenti finalizzati al raggiungimento di un risultato diverso da quello connesso allo svolgimento corretto delle competizioni sportive”, cioè di essersi dopato per vincere. I primi tre testi, gli ex gregari Siboni, Fincato e Ortenzi, che hanno corso al suo fianco per quattro anni, hanno negato di essere a conoscenza di un eventuale uso di sostanze o farmaci proibiti. Anzi, nessuno di loro conosceva le metodologie di allenamento, l’uso di integratori, l’alimentazione e neppure sapeva se il “Pirata” disponesse di un proprio preparatore atletico. Ortenzi ha addirittura detto che non gli rivolgeva la parole perché aveva soggezione di Pantani. Siamo all’assurdo, non è neppure il caso di parlare di reticenza ma di omertà vera e propria.
A Ferrara il giudice dell’udienza preliminare Silvia Migliori, rimettendo gli atti al PM Nicola Proto perché riformuli il capo di imputazione, ha praticamente affossato il procedimento che, tornando alla fase preliminare con un solo capo di accusa su sette, quello della frode sportiva, appare destinato a finire in prescrizione. In un colpo solo vengono annullati tre anni di indagini; considerati i tempi della giustizia, c’è da scommettere che sulla vicenda calerà, con il silenzio, una specie di pietra tombale che impedirà di far luce su quello che, nella sostanza, è stato un vero e proprio “doping” di Stato” che ha operato in Italia dagli anni ’80 in poi fin quasi ai nostri giorni portando medaglie e vittorie a palate allo sport nostrano di cui ci si fa vanto ancora oggi pur sapendo come sono state conseguite.
Il numero e il nome dei campioni coinvolti dal trattamento a base di EPO è significativo al riguardo. Dei 63 compresi nel primo elenco stilato il 27 ottobre 2000 dal PM Soprani nella richiesta a giudizio del prof. Conconi e di altri 7 imputati, ne sono rimasti una trentina: il marciatore Maurizio Damilano e la maratoneta Emma Scaunich, i fondisti Marco Albarello, Maurilio De Zolt, Silvio Fauner, Gianfranco Polvara, Giorgio Vanzetta e Manuela Di Centa, e un folto gruppo di ciclisti. Due squadre quasi al completo: Carrera (Ghirotto, Roscioli, Sorensen, Roche, Chiappucci, Chiesa, Pantani, Pulnikov, Checchin, Siboni, Zaina), e Gewiss (Berzin, Bobrik, Cenghialta, Frattini, Furlan, Gotti, Minali, Santaromita, Ugrumov, Volpi) ai quali si aggiungono Bugno, Bontempi, Della Bianca e Fondriest. Alcuni di costoro sono rimasti nei ranghi nel ruolo di direttori sportivi: chissà cosa insegneranno ai loro corridori ….. Il meglio degli sport di resistenza, insomma, che hanno riportato risultati strabilianti grazie alla “pianificazione” dei valori di emoglobina e di ematocrito che per i fondisti toccavano il massimo d’inverno, in occasione dei Mondiali o delle Olimpiadi, mentre per i ciclisti c’era la differenziazione fra coloro che puntavano alle classiche o alle corse di un giorno come il Mondiale, e quelli che miravano invece alle corse a tappe di giugno e luglio.
Variazioni contenute fra il 21 e 38 per cento per quanto riguarda i fondisti, che salgono però al 70% nel caso di Chiappucci, 54,6 per Bontempi, 51,1 Ugrumov, 42,5 Pantani, 58,9 Frattini, 40 Gotti, 33,8 Fondriest. Dati sotto un certo aspetto terrificanti, che spiegano certi risultati sbalorditivi che hanno entusiasmato per il modo in cui sono stati conseguiti, determinato da questo “aiutino” illecito. Una pratica istituzionalizzata, che ha preso l’avvio da lontano, dall’emotrasfusione avviata dai tedeschi dell’Est e dai finlandesi e applicata da noi dall’atletica leggera della seconda metà degli anni ’70 e che si è poi diffusa e con successo in tanti altri sport. Non era ancora considerata una pratica da proibire. Al fondo è sbarcata nel 1982, in occasione dei Mondiali di Oslo ed è continuata anche dopo la messa al bando con la legge Degan del 1985, sostituita negli anni ’90 con la famigerata EPO. Siamo dei perfezionisti: arriviamo magari in ritardo, ma poi recuperiamo il tempo perduto e ci portiamo all’avanguardia.
L’inchiesta, iniziata il 21 maggio 1996 con il blitz della Finanza al rientro in Italia del Giro partito da Atene senza che le perquisizioni della Finanza portassero a risultati poiché le case ciclistiche erano state preavvertite, ha sollevato il coperchio di un calderone nel quale, oltre all’Università di Ferrara, erano coinvolti il CONI che con i presidenti Carraro, Gattai e Pescante stipulò specifiche convenzioni, dirottando verso Ferrara 660 milioni delle vecchie lire, e diverse federazioni che proprio in quegli anni effettuarono un inaspettato salto di qualità. Una connivenza generale, di cui CONI e federazioni hanno raccolto i frutti , ma della quale alla fine si sono trovati a rispondere davanti alla giustizia solo il prof. Conconi e i suoi assistenti Grazzi e Casoni. Tutti gli altri prosciolti in istruttoria, mentre il dott. Ferrari, “preparatore” di tantissimi ciclisti, ultimo in ordine di tempo Amstrong, ha in corso un processo a Bologna.
Contro Conconi c'erano capi di imputazione sicuramente esagerati dal punto di vista della formulazione (associazione a delinquere, somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute, peculato, falso in atti pubblici, esercizio abusivo della professione, abuso d’ufficio), ma sono caduti nel frattempo perché prosciolti; è rimasto solo quello di truffa sportiva che, come detto, è il male minore e finirà per andare in prescrizione. In parole povere, non si raccoglierà nulla dal polverone suscitato per il semplice fatto che gli sforzi della magistratura inquirente, troppo spesso spettacolare e inconcludente, sono stati in gran parte vanificati da quella giudicante. Tempo e denaro sprecati, di cui qualcuno dovrebbe rispondere, a cominciare dai governi che si sono succeduti in questi anni, che si sono ben guardati dall’adeguare le leggi già esistenti alle nuove necessità. Anzi, ad esclusivo beneficio di quei pochi che in tempi non lontani si servivano dei politici ma adesso gestiscono la politica in proprio, hanno addirittura depenalizzato ogni sorta di reato che li potesse portare nelle patrie galere. Sono i portatori dei nuovi valori che hanno finalmente messo le mani anche sullo sport, riuscendovi laddove persino il fascismo aveva fallito. La legalizzazione del falso in bilancio del calcio è sintomatica a questo proposito e la giustizia sportiva si è immediatamente adeguata alla nuova aria che tira. O non esiste oppure prende posizione a favore dei padroni del vapore; ad andarci di mezzo è solo qualche scartina senza padrini.
Alla fine l’unico a rimetterci, ma più che altro dal punto di vista dell’immagine, sarà solo il prof. Conconi, che nel frattempo è diventato rettore dell’università di Ferrara, mentre chi l’ha posto nella condizione di operare, finanziando la sua attività, si è già coperto le spalle. O si è defilato da anni (l’avv. Gattai) o resta tuttora in sella nel mondo dello sport (Carraro, presidente della Federcalcio) o è addirittura diventato vice ministro con delega allo sport (Pescante). Quest’ultimo, va sottolineato, si tenne nel cassetto per due anni il “dossier EPO” che nel 1994 gli consegnò Sandro Donati, segretario della commissione antidoping e si dimise dal CONI solamente quando scoppiò il caso del laboratorio antidoping dell’Acqua Acetosa a Roma che avrebbe dovuto fare le analisi e non le faceva o le insabbiava. Fu il solo a dimettersi, restando emarginato per qualche anno, ma per tornare prepotentemente a galla con la politica. E adesso pontifica e guadagna sempre nuove e prestigiose ribalte.
Se si dovesse arrivare ad una sentenza il prof. Conconi pagherà per tutti, ma abbiamo comunque grossi dubbi considerati gli appoggi di cui può sempre godere a livello politico, economico, imprenditoriale e sportivo lo “stregone” di Ferrara che ha usato la chimica come scorciatoia per ottenere risultati a colpo sicuro che hanno portato gloria allo sport nostrano. Una malintesa applicazione della scienza. Una causa che poteva essere considerata nobile, ma che ha affrontato con mezzi che sicuramente nobili non sono e che fanno a pugni con la deontologia. A suo credito c’è da dire che non lo ha fatto per guadagno, come è stato invece il caso del suo ex assistente Ferrari. Gli stanziamenti del CONI e delle federazioni non sono certamente finiti nelle sue tasche ma sono stati investiti nell’università della quale era allora vice rettore per diventarne in seguito il numero 1. Lo conosco da troppi anni per dubitarne, dai tempi del liceo quando già nutriva l’ambizione di puntare al Nobel. Agli sport di resistenza ha dato un apporto fondamentale con quel test della soglia anaerobica che porta il suo nome, primo passo di quella strada che si sarebbe dovuta seguire nella programmazione della preparazione. Purtroppo ha svicolato come tanti, all’estero ma anche in Italia, hanno fatto prima e dopo di lui. Al punto che ora, di fronte ad ogni risultato, uno si chiede immancabilmente come è stato ottenuto. Ha dunque minato la credibilità dello sport, ed è questa la cosa più grave.

Codice antidoping, qualcosa si muove
La Wada, nonostante le resistenze di Stati Uniti e diverse federazioni, spera di poter introdurre i nuovi regolamenti da Torino 2006.
dal nostro inviato Maurizio Galdi
COPENAGHEN, 3 marzo 2003 - Non bastano le tensioni per stoppare il cammino del nuovo codice mondiale antidoping. Lunedì si è inaugurata a Copenaghen la riunione della Wada, l’agenzia mondiale antidoping, che dovrà vararlo. Molti i distinguo delle Federazioni che annoverano tra i loro tesserati molti professionisti (ciclismo, calcio, tennis, baseball), ma anche degli Stati Uniti che fanno resistenza soprattutto per le pressioni da parte delle leghe professionistiche.
Ora si tratta di lavorare di diplomazia, ci sta provando Mario Pescante, presidente dei comitati olimpici europei e sottosegretario del governo italiano con delega allo sport. Pescante è fiducioso: "Siamo a buon punto, l’80 per cento dei votanti è a favore del nuovo codice". Preoccupa quel 20 per cento? Non tanto, ma porterà a fare slittare l’adozione almeno fino a Torino 2006 o addirittura di Pechino 2008; in realtà il Cio sperava di averlo operativo già da Atene 2004.
Intanto, però, i primi passi si stanno compiendo. Cambia la filosofia della lotta al doping. Negli sport di squadra non sarà solo il singolo atleta a pagare con la squalifica, ma si arriverà a punire l’intero team se ci saranno altri positivi dopo un controllo di squadra. Le pene saranno più dure, si va verso la famosa armonizzazione: ora chi si dopa rischierà due anni di squalifica e, in caso di recidività, anche la squalifica a vita. Sono proprio le pene severe, ma anche la posizione degli Stati Uniti, che frenano molte federazioni dall’approvare immediatamente il nuovo codice. Rogge, il presidente del Cio, è però stato categorico: "Il codice va approvato perché il doping attacca la nostra gioventù".

Codice antidoping, i dissidenti alle strette
La Wada insiste per le nuove regole, le federazioni di calcio e ciclismo nicchiano ma ammettono la validità del progetto.
dal nostro inviato Maurizio Galdi
COPENAGHEN, 4 marzo 2003 - È stato il giorno degli atti di fede.
Nello sport naturalmente. Hanno cominciato i rappresentanti dei governi, hanno proseguito gli atleti, hanno concluso le organizzazioni sportive. Nessuno che abbia pensato di pronunciarsi contro l’adozione del Codice mondiale antidoping. L’opera di convincimento va avanti. Si cercano i punti di contatto, si evitano le diversità. Meglio non parlarne. Neanche il rappresentante della Fifa vuole alzare un polverone. Certo ci sono problemi, certo le punizioni sembrano eccessive "ma il codice è valido", è alla fine la conclusione.
Nascerà un gruppo di lavoro fino ad Atene 2004 per i casi di doping nel calcio. Anche l’Uci si è mossa: "Non chiediamo un gruppo di lavoro, ma firmeremo ad Atene quando il codice avrà subito le logiche modifiche", dice il responsabile legale Philippe Verbriest. E fin dove si è spinta la capacità di mediare. Fino a ridurre la pena massima di due anni fino a sei mesi quando non sia grave la violazione del codice. Gli atleti volevano di più. Susie O’Neill, nuotatrice australiana, addirittura pensa al quadrato: "Io avrei voluto almeno quattro anni di squalifica per doping. È sempre un fatto grave", ma nel nuoto il professionismo conta ancora troppo poco. I professionisti sorridono.
Calcio e ciclismo possono trarre un sospiro di sollievo. Hein Verbuggen, potente presidente internazionale della pedalata, si tiene lontano, ma lascia trapelare il suo scetticismo per le dichiarazioni del presidente del Cio Rogge. Avrebbo commentato con i suoi più stretti collaboratrori: "Dice che chi non firma non avrà le Olimpiadi, vedremo cosa farà nel 2005 con gli Stati Uniti che vogliono i Giochi del 2012 per New York". E mercoledì si deve arrivare alla firma del protocollo d’intesa. Le organizzazioni governative europee avranno un incontro ufficiale in mattinata per preparare un documento congiunto. Gli altri, alla spicciolata firmeranno. Pound tirerà un sospiro di sollievo: anche la conferenza di Copenaghen è andata. Il codice c’è, ora si può anche lavorare per modificarlo.

La Wada insiste per le nuove regole, le federazioni di calcio e ciclismo nicchiano ma ammettono la validità del progetto.
dal nostro inviato Maurizio Galdi
COPENAGHEN, 4 marzo 2003 - È stato il giorno degli atti di fede. Nello sport naturalmente. Hanno cominciato i rappresentanti dei governi, hanno proseguito gli atleti, hanno concluso le organizzazioni sportive. Nessuno che abbia pensato di pronunciarsi contro l’adozione del Codice mondiale antidoping. L’opera di convincimento va avanti. Si cercano i punti di contatto, si evitano le diversità. Meglio non parlarne. Neanche il rappresentante della Fifa vuole alzare un polverone. Certo ci sono problemi, certo le punizioni sembrano eccessive "ma il codice è valido", è alla fine la conclusione.
Nascerà un gruppo di lavoro fino ad Atene 2004 per i casi di doping nel calcio. Anche l’Uci si è mossa: "Non chiediamo un gruppo di lavoro, ma firmeremo ad Atene quando il codice avrà subito le logiche modifiche", dice il responsabile legale Philippe Verbriest. E fin dove si è spinta la capacità di mediare. Fino a ridurre la pena massima di due anni fino a sei mesi quando non sia grave la violazione del codice. Gli atleti volevano di più. Susie O’Neill, nuotatrice australiana, addirittura pensa al quadrato: "Io avrei voluto almeno quattro anni di squalifica per doping. È sempre un fatto grave", ma nel nuoto il professionismo conta ancora troppo poco. I professionisti sorridono.
Calcio e ciclismo possono trarre un sospiro di sollievo. Hein Verbuggen, potente presidente internazionale della pedalata, si tiene lontano, ma lascia trapelare il suo scetticismo per le dichiarazioni del presidente del Cio Rogge. Avrebbo commentato con i suoi più stretti collaboratrori: "Dice che chi non firma non avrà le Olimpiadi, vedremo cosa farà nel 2005 con gli Stati Uniti che vogliono i Giochi del 2012 per New York". E mercoledì si deve arrivare alla firma del protocollo d’intesa. Le organizzazioni governative europee avranno un incontro ufficiale in mattinata per preparare un documento congiunto. Gli altri, alla spicciolata firmeranno. Pound tirerà un sospiro di sollievo: anche la conferenza di Copenaghen è andata. Il codice c’è, ora si può anche lavorare per modificarlo.

Le immagini sono state girate dalla Guardia di finanza
Ci sarebbe anche un ex vincitore del Giro d'Italia
In un video choc i ciclisti si dopano
Il filmato trasmesso dal Tg2 delle 13
La Federciclismo: "Sbagliato trasmetterle"
ROMA - Scena prima: un uomo seminudo che prepara una siringa e poi esce dal bagno pulendosi, dopo aver praticato l'inframuscolare e aver gettato la siringa. Scena seconda: un terzo uomo "un ex vincitore del Giro" in compagnia di altri due, consiglia e consegna al compagno una sostanza "per andare bene in salita". Scena terza: quello ringrazia, e in veneto dice, "ne sai una più del diavolo". Dopo i sussurri, le accuse, gli arresti, ecco un video che getta nuove ombre sul mondo del ciclismo, già duramente colpito da sospetti e condanne e da mesi al centro della bufera.
Sono immagini choc quelle mandate in onda dal Tg2 nell'edizione di oggi delle 13. Immagini effettuate dalla Guardia di Finanza di Padova con telecamere piazzate nelle camere d'albergo. Ciò che si vede lascia pochi spazi al dubbio: si vedono alcuni ciclisti colti mentre si iniettano sostanze dopanti o si apprestano a farlo. I volti non sono distinguibili, ma il contenuto delle riprese è chiaro. Si vede il passaggio della siringa, i due atleti che si iniettano il contenuto.
Secondo il servizio, si tratta di intercettazioni effettuate durante il Giro d'Italia del 2001, e poi sfociate nel blitz di Sanremo effettuato sia dalla Guardia di Finanza per conto della procura di Padova, sia dai Carabinieri del Nas per conto di quella di Firenze. Un'indagine che si è conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio di 51 persone: ciclisti, medici, direttori sportivi, tecnici e praparatori. Per tutti il reato è di frode sportiva e di violazione delle norme antidoping.
Critica la reazione del presidente della Federciclismo Giancarlo Ceruti: "Non credo all'utilità della trasmissone delle immagini: questo è materiale costruito per le indagini, per permettere alla Procura di far rispettare la legge. Non si affronta in modo costruttivo il problema facendolo vedere in tv".

UN PASSO STORICO: I GOVERNI UNITI NELLA LOTTA CONTRO IL DOPING, MA LA STRADA È ANCORA LUNGA...

Marzo 2003 - "Quello che abbiamo dietro è il medioevo della lotta al doping; quello che viviamo è un nuovo rinascimento, ed ora ci accingiamo ad entrare finalmente nell’era moderna". Trasuda orgoglio e soddisfazione il bilancio finale della conferenza mondiale sul doping nello sport, di Jacques Rogge, il presidente del Cio, il comitato olimpico internazionale. E, in effetti, la tre giorni mondiale di Copenhagen ha portato ad un grosso risultato. Politico, prima che sportivo. I governi si sono resi finalmente conto dell’importanza del problema doping nello sport e nella società ed hanno deciso di cooperare per lottare insieme. Approvano, dunque, il codice unico che prevede regole e sanzioni uguali per tutti. Cercheranno di uniformare le proprie leggi nella direzione da questo indicata. Coopereranno per una convenzione internazionale comune. Per ora in coda alla risoluzione finale che prevede un forte impegno c’è la firma di 50 paesi; quelli "sportivamente" più importanti ci sono tutti, Italia fra i primi. Altri 23 firmeranno a breve. Ma la porta è aperta fino a Torino 2006: si conta – un po’ ottimisticamente - di arrivare a 150 nazioni. In ogni caso, il dado è tratto. Indietro non si torna. E questo è un buon passo in avanti. Piccolo, ma storico e importantissimo. Ora spetterà alle organizzazioni sportive, alle federazioni internazionali dare il proprio assenso. Promettono di sottoscrivere tutti, compresa la Fifa, la potente federazione del calcio internazionale, dopo che la commissione speciale, concordata in questi giorni con l’Ama, avrà messo a punto il meccanismo del minimo della pena, fissato a 2 anni per tutti gli sport, ma che in casi eccezionali (che saranno specificati proprio da questa commissione) potrà essere anche inferiore. Il codice, infatti, non è un "assoluto", ma, come lo ha definito Dick Pound, il dinamico presidente dell’Ama che lo ha fortemente voluto, "una creatura che può e deve evolversi e crescere". Atleti e organizzazioni sportive che non lo accetteranno, comunque, saranno fuori dal movimento olimpico: niente Giochi. L’accordo per le componenti sportive dovrà avvenire prima di Atene 2004. L’applicazione effettiva del codice nel 2006. Passo storico, dunque, anche se qualche motivo per riflettere resta ancora. Uno su tutti: la tanto sbandierata ricerca di una uguaglianza e di un'armonizzazione delle regole e delle pene nel consesso olimpico - tutti gli atleti uguali di fronte alla "legge" - resta al momento un obbiettivo da raggiungere nella sua totalità. Le eccezioni - poche ma clamorose - prodotte dal semplice "invito" e non dall'obbligo di aderire al nuovo codice per le grande organizzazioni professionistiche di Usa e Canada (baseball, football, hochey ghiaccio, principalmente) rischiano di creare più di qualche problema. In buona sostanza un giocatore di baseball può anche rifiutarsi di sottoporsi alla "routine" dei controlli della Wada per tutto il quadriennio olimpico, magari mettendosi a disposizione solo in vicinanza dell'impegno agonistico. "Chi glielo va a dire ad Armstrong che lui è diverso dai suoi connazionali di football e baseball?", fanno sapere - non senza un pizzico ci ragione dall'Uci, la federazione ciclistica internazionale. La scappatoia c'è già ed è rappresentata dai quei "casi eccezionali" di doping non intenzionale di cui una speciale commissione cui prenderà parte anche la Fifa, definirà a breve la casistica dettagliata. Insomma quello che avrebbe dovuto essere un punto di arrivo, sarà invece un punto di partenza. Ma il passo compiuto è comunque importantissimo. Se sarà davvero l'inizio di una nuova era lo dovranno dimostrare adesso tutti i dirigenti sportivi. I governi la loro piena adesione l'hanno data e questo cambierà certamente gli equilibri in campo, dando alla Wada, la cui caratura sopranazionale dovrebbe passare attraverso il riconoscimento ufficiale dell'Unesco (il che semplificherebbe molto i rapporti con gli Stati) un grande potere. Il meccanismo di controllo del doping si sposta sempre più al di fuori del mondo dello sport, come era auspicabile. Al Cio resteranno - se vorrà - solo le Olimpiadi. Alle federazioni internazionali e nazionali i test che vorranno. Ma su tutto vigilerà la Wada, che avrà il massimo potere. Forse a qualcuno dei vecchi dirigenti sportivi la cosa non piacerà del tutto. E forse per questo già circolano voci di un tentativo di formare una sorta di "dependance" europea della Wada; la tesi è: il vero antidoping si fa in Europa . Ma certe manovre del passato risultano più difficili adesso che si sta diffondendo a livello governativo una coscienza più dettagliata e precisa di cosa significhi il doping nello sport, nella società e fra i giovani. E comunque chi non ci sta dovrà venire allo scoperto; dire no. E allora si capirà chi è davvero contro il doping e invece chi fa solo finta di imbastire una lotta cui in realtà tiene pochissimo. In ogni caso, adesso Rogge promette severità: niente sconti a chi non aderisce, saranno fuori dai Giochi. Ma l'ipotesi, ad esempio che possa essere lasciato a casa - ad esempio - il "Dream team" di basket, quando all'epoca l'ex presidente Samaranch avrebbe fatto carte false pur di averlo ai Giochi, visto che trascinava un'ingente fetta di diritti tv, appare davvero esile. Si troverà un compromesso, molto probabilmente. Le cose da fare sono ancora tantissime perché gli atleti non siano più "laboratori chimici ambulanti", come ha detto Pound. A cominciare dalla messa a punto degli standard dei laboratori (cancellata ieri una sostanza vietata: la sinefrina; ciò che rende già obsoleta la lista varata dopo due anni di faticose discussioni dalla CVD, la commissione di vigilanza sul doping della legge 376/2000…). Per finire all’accelerazione della ricerca: il doping genetico batte alle porte e siamo ancora alla dichiarazione di intenti. Pound ha perfino accennato alla possibilità non del tutto irreale di creare una rete di "infiltrati" per conoscere e scardinare dall’interno un meccanismo che è lo stesso o quasi della mafia o della delinquenza comune. E, in effetti, a questo tema sta pensando anche il sottosegretario Pescante con una proposta di modifica della legge antidoping che preveda la possibilità dell’acquisto simulato e limiti inferiori di possesso di sostanze vietate per fare scattare lo spaccio. Più forza a chi indaga, insomma. Iniziativa non disprezzabile. Peccato, però, che l’Italia in questo quadro felice, figuri penosamente in debito. Il nostro beneamato governo non ha versato la sua quota (circa 505 mila euro) per il funzionamento dell’Ama. Come alcune nazioni del terzo mondo. Hanno pagato gli Usa, che questo nuovo codice hanno digerito a fatica per il peso della loro componente professionistica: football e baseball sono semplicemente "invitati" ad aderire (ma – ripete fermo Rogge - chi non accetterà il Codice non farà i Giochi); ha dato il suo contributo (volontario) il Vaticano che non ha atleti se non nello spirito. L’Italia resta in "sur place". Una brutta figura che Tremonti &C potevano risparmiarci.

DOPING: I MEDICI AMMETTONO "ANCHE NOI MEDICI ABBIAMO DELLE COLPE".

"Negli ultimi anni, nel nostro paese, il ricorso agli integratori nello sport ha registrato un vero e proprio boom. Lo sport è vittima di un atteggiamento sbagliato che accomuna sportivi, adulti e giovani ma anche noi medici".
È quanto ha dichiarato Francesco Tancredi, componente della Commissione nazionale antidoping e Presidente della Società Italiana Pediatria, durante il primo Congresso dell'Associazione Medico Sportiva svoltosi nei giorni scorsi a Napoli sulla crescente utlilizzazione di sostanze dopanti tra i giovani. Secondo l'Ams, infatti, l'utilizzo di sostanze e di medicinali biologicamente attivi in assenza di indicazioni terapeutich e per ottenere vantaggi nelle prestazioni sportive, il "doping", è in piena diffusione, soprattutto tra gli sadolescenti in età compresa tra i 16 e i 18 anni. Tuttavia, da alcune indagini effettuate dal Ministero della Sanità, risultano interessate da questo fenomeno anche la fascia di età compresa tra gli 8 e i 14 anni e la maggior parte degli sportivi dilettanti.
"Per procurarsi farmaci come gli anabolizzanti e gli integratori ormonali - ha spiegato Francesco Tancredi - gli sportivi hanno bisogno di una prescrizione medica spesso ottenuta facilmente: ma chi è il responsabile della prescrizione? E soprattutto, chi controlla l'uso e l'abuso di farmaci da parte degli atleti?
La risposta è semplice - ha concluso Tancredi - : noi medici dovremmo fare autocritica e tenere sempre viva l'idea che non si è medici se non si fa prevenzione".
(Tratto da "L'Eco di Bergamo", domenica 1/12/2002).
N.d.R.:
Finalmente anche i medici aprono gli occhi sul problema "doping" ed ammettono anche, in qualche modo, le loro responsabilità. Sarebbe tuttavia importantissimo che la presa di posizione del medico intervistato non rimanesse una semplice "vox clamantis in deserto", ma fosse condivisa da tutti, in modo da offrire dei modelli da seguire sul piano della prevenzione, della sensibilizzazione e dell'educazione ad una vita sana e salutare, ma soprattutto porre dei "paletti" saldi e concreti.

Commissione Medica Federale
IL RUOLO DEL MEDICO DELLO SPORT PER UNA CORRETTA PRATICA SPORTIVA
l’importanza di una figura di riferimento in ambito sanitario e quindi del medico dello sport all’interno di ogni ASA
Il Medico Specialista in Medicina dello Sport, riveste non il ruolo generico di medico che opera in un ambiente sportivo, ma di specialista dell’ “entità atleta” (intendendo con tale termine chiunque pratichi esercizio fisico, prescindendo dal livello prestativo e dalle ambizioni agonistiche) che in termini fisici, fisiologici, nutrizionali e spesso anche clinici, proprio in relazione alla specifica attività, non può essere assolutamente equiparato all’individuo sano sedentario: così come un bambino non può essere considerato da un punto di vista medico e fisiologico come un “adulto in miniatura”, ma un essere con caratteristiche assolutamente peculiari che deve essere assistito, controllato e curato da uno specialista (in questo caso il Pediatra) il praticante attività fisica, nella stessa ottica, non può certo essere equiparato all’individuo sedentario.
È inoltre fondamentale che un atleta sia a conoscenza del proprio stato clinico, delle sue caratteristiche funzionali e delle sue qualità fisiche, e del differente impegno dei sistemi (cardiocircolatorio, muscoloscheletrico, metabolico) dell’organismo determinato dall’attività stessa.
In che modo il medico dello sport, e la sua presenza all’interno di un ASA (in qualità di “medico sociale”), può aiutare l’atleta a raggiungere i propri obiettivi?
Il primo passo è costituito da una approfondita visita medica con gli opportuni accertamenti strumentali che verifichi non solo l’assenza di controindicazioni alla pratica di attività sportiva agonistica specifica o non agonistica (così come richiesto dalla Legge sulla tutela sanitaria delle attività sportive) ma anche il livello di forma fisica attuale del soggetto, la sua postura, il suo stato nutrizionale e le ambizioni agonistiche o meno dello stesso.
Il ruolo del medico nella assistenza di atleti agonisti si svolge in stretto contatto di collaborazione con l’allenatore (e nel caso di atleti di elite di un intero staff di professionisti che può comprendere il fisioterapista, il metodologo dell’allenamento, lo psicologo, ecc.) e punta attraverso il controllo e la valutazione di tutti i vari parametri fisici, fisiologici e nutrizionali ad ottimizzare i risultati dell’allenamento programmato dal tecnico. Disciplina di fondamentale importanza, in quest’ambito, è la “Valutazione Funzionale”, una branca della Medicina dello Sport che attraverso i test (cioè prove standardizzate) permette inizialmente di conoscere le caratteristiche di base dell’atleta, il che consente all’allenatore di elaborare un programma di allenamento individualizzato, e successivamente, attraverso i test di controllo, di verificare e valutare l’entità dei miglioramenti ottenuti e sulla base di questi di modulare il carico di allenamento.
Il coniugare sempre miglioramento della prestazione stato di salute e benessere, a prescindere dal livello dell’atleta, ci conduce poi al ruolo più strettamente clinico del medico dello sport sia in termini preventivi, che terapeutici. È bene considerare che oltre alle patologie comuni a qualsiasi individuo, la cui gestione è bagaglio professionale di ogni medico, gli sportivi possono andare soggetti a peculiari eventi patologici che possono per certi versi essere considerate delle vere e proprie “malattie professionali”. Il riconoscimento, il trattamento, ma, prima di tutto, la prevenzione di tali malattie presuppone una specifica conoscenza non soltanto dell’atleta, ma anche delle singole discipline in termini di gesto tecnico, tipo di impegno muscolo-tendineo e metabolico, consumo calorico e dispendio energetico, caratteristiche delle competizioni, del mezzo tecnico, del terreno di gioco.
Qualora poi, nonostante le misure preventive messe in atto, l’atleta dovesse andare incontro ad un infortunio, l’intervento terapeutico sia immediato, sul campo, sia differito nel tempo come trattamento deve essere indirizzato al rispetto delle peculiari caratteristiche ed esigenze dello stesso.
La specifica conoscenza delle singole discipline sportive, delle più frequenti emergenze cliniche e dei più comuni meccanismi ed eventi traumatici delle stesse garantisce in molti casi una diagnosi tempestiva e precisa, e di conseguenza un trattamento immediato di pronto intervento efficace.
Nel caso poi di trattamento successivo all’evento acuto, di affezioni di tipo traumatico muscolare (contratture, stiramenti, strappi), croniche (es.tendiniti), o ,di patologie di altra natura la terapia deve rispondere ad alcuni criteri imprescindibili:
- essere il più mirata e meno invasiva possibile;
- nel caso di atleti agonisti comprendere farmaci che non contengano componenti inseriti tra le sostanze doping (molti farmaci di uso comune come antinfluenzali, prodotti contro le malattie da raffreddamento, antibiotici addizionati ad anestetici locali, antinfiammatori contenenti caffeina, antiasmatici sono vietati o necessitano di specifica certificazione);
- se necessario, deve essere seguita da una riabilitazione specifica che garantisca in tempi rapidi il recupero, non solo clinico ma anche della migliore condizione atletica.
Quando si parla di atleti è bene considerare sempre come la “guarigione clinica”, obbiettivo per l’individuo sedentario, non corrisponda necessariamente alla possibilità di ripresa della piena attività fisica che deve essere decisa confrontando i dati clinici e gli esami strumentali con il tipo di sollecitazione che l’attività sportiva determina. La gestione di un atleta infortunato e la ripresa della sua attività è infatti un processo molto delicato che deve necessariamente essere condotto da uno specialista del settore, ovviamente se necessario in collaborazione con altri specialisti (ortopedico, fisiatra, ecc.). Dott.ssa Serena Bria

SOSTANZE PROIBITE DAL C.I.O.

Stimolanti
Amifenarolo, amfetamine, amineptina, cocaina, cropropamide, crotetamide, efedrina, etamivan, etilefrina, fencamfamina, fenfluramina, mdea, mesocarb, metilfenidato, norfenfluramina, pentilentetrazolo, pipradolo, stricnina, e sostanze affini.
Caffeina
La concentrazione nelle urine non può superare i 12 microgrammi per millilitro.
Salbutamolo, terbutalina e salmeterolo
Permessi solo se assunti per inalazione; l'atleta deve dichiararlo prima della gara.
Narcotici
Destropropossifene, diamorfina, etilmorfina, idrocodone, metadone, morfina, pentazocina, petidina, propossi-fene e sostanze affini; (sono permesse codeina, destrometorfano, diidrocodeina, defenossilato e folcodina).
Anabolizzanti
Steroidi androgeni: boldenone, clostebolo, danazolo, deidroclormetiltestosterone, diidrotestosterone, drostenolone, fluossimesterone, formebolone, mesterolone, metandienone, metenolone, nandrolone, ossandrolone, ossimesterone, ossimetolone, stanozololo, trenbolone e sostanze affini.
Testosterone: costituisce violazione un rapporto testosterone/epitestosterone superiore a sei, a meno non sia provato che il fatto è dovuto a una condizione fisiologica o patologica (esempi: bassa escrezione di epitestosterone; deficit enzimatici; tumori che producono androgeni).
Beta-2 agonisti: clenbuterolo, salbutamolo, terbutalina, salmetelolo, fenoterolo.
Diuretici
Acetazolamide, bumetamide, clortalidone, acido etacrinico, furosemide, idroclorotiazide, mannitolo, mersalil, spironolattone, triamterene e sostanze affini.
Ormoni peptidici, glicoproteici e analoghi
Gonadotropina corionica, ACTH, GH e rispettivi fattori di rilascio; eritropoietina (EPO).
Betabloccanti
Solo per alcuni sport: acebutololo, alprenololo, atenololo, bisoprololo, bunololo, metoprololo, oxprenololo, propranololo, sotalolo.
Agenti mascheranti
Epitestosterone, probenecid.
Doping del sangue
Somministrazione di sangue, globuli rossi o emoderivati.

GLI ANABOLIZZANTI
I farmaci anabolizzanti vengono usati come sostanze dopanti per le loro azioni generali sui muscoli scheletrici (sviluppo della massa), variazioni indotte nella composizione chimica dei muscoli scheletrici (contenuto di glicogeno e di elettroliti), e per l’azione generale sull’apparato osteo articolare. Essi determinano numerosi effetti collaterali dannosi e tossici ed in particolare sulla sfera genitale sia maschile che femminile, alterazioni delle funzionalità epatiche, alterazioni della pelle e alterazioni nella composizione dei muscoli scheletrici.
GLI ORMONI PEPTIDICI, GLICOPROTEICI ED ANALOGHI
Questo gruppo di medicamenti è alquanto dismogeneo in quanto comprende medicamenti non strettamente correlati farmacologicamente fra di loro. Gli ormoni peptidici e glicoproteici sono la corticotropina, la ganadotropina corionica, l’ormone della crescita, e l’eritropoietina ed hanno tutti gravi effetti collaterali sull’organismo umano, in particolare provocano alterazioni del metabolismo idrico salino, alterazioni cutanee, alterazioni psicologiche, diabete mellito, miopatia steroidea, obesità a bufalo, osteoporosi, sindrome da astinenza steroidea, sindrome di Cushingiatrogena, sindrome ipercorticosteroidea, ulcera gastroduedenale. Inoltre l’ormone della crescita provoca alterazioni del metabolismo intermedio, alterazioni somatiche, formazione di anticorpi, gigantismo, sindrome acromegalica, sindrome di Jakob.
L'ERITROPOIETINA
Durante gli allenamenti e le gare di fondo gli atleti inducono in specifici siti organismici una protratta
diminuzione della pressione perziale di ossigeno che stimola l’eritropoiesi meccanismo molto complesso che coinvolge vari fattori biochimici tra cui l’eritropoietina che nel midollo osseo attiva la conversione di cellule capostipite in elementi successivi fino alla formazione di globuli rossi. Il normale svolgimento dell’eritropoiesi tuttavia necessita di una buona disponibilità di ferro, di varie vitamine, e di alcuni oligoelementi. L’eritropoietina può essere usata a scopo terapeutico in ammalati anemici con insufficienza renale e sottoposti ad emodialisi, ma tali trattamenti sono stati attuati purtroppo anche sugli atleti a scopo di doping alterando artificiosamente la prestazione. Determina un aumento della massa dei globuli rossi circolanti che può portare all’instaurarsi di trombosi dovuta all’aumentata viscosità del sangue.
Conseguenze anche gravi come trombosi, danni cerebrali, anticipazione negli anni delle modificazioni degenerative età dipendenti. Tali eventuali patologie si instaurerebbero molti anni dopo il trattamento, rendendo così difficile stabilire una precisa relazione causa effetto, ma pur sempre potendo costituire un potenziale effetto collaterale molto grave, anche se tardivo.
L'EMOTRASFUSIONE
La somministrazione dolosa di eritropoietina rappresenta il proseguimento della pratica dopante dell’emotrasfusione su cui vi è una grande disparità di opinioni circa l’efficacia nelle prestazioni di fondo. In particolare si parla di autoemotrasfusione qualora si utilizzi il sangue prelevato in precedenza dallo stesso atleta per poi reintegrarglielo in concomitanza della gara.
Numerosi gli effetti dannosi collaterali come emolisi, emosiderosi, ipertermia, ittero emolitico, nefrite, reazioni allergiche, shock emolitico che spesso si manifestano a distanza di tempo.
I DIURETICI
Si possono comunemente definire diuretici quei medicamenti che, indipendentemente dal loro meccanismo d’azione, aumentano la diuresi, ossia la produzione di liquido urinario da parte del tessuto renale. In campo sportivo tali sostanze vengono utilizzate per accorciare i tempi di eliminazione di medicamenti dopanti, per diluire gli stessi per rendere difficile il riscontro nell’urina, per modificare il peso corporeo l’addove questo costituisca un fattore determinante la prestazione.I più comuni effetti collaterali dannosi e tossici sono:
modificazioni dello stato acido basico del sangue e dei tessuti, variazioni nella concentrazione sanguigna ed urinaria di alcuni importanti componenti funzionali quali sodio, potassio, magnesio, calcio, fosfati, bicarbonati, acido urico,alterazioni del sistema nervoso centrale e periferico, reazioni allergiche, disidratazione,alterazioni del sistema endocrino, formazioni di calcoli renali, variazioni del metabolismo degli zuccheri e dei grassi.
GLI STIMOLANTI PSICOATTIVI
Quesi farmaci sono stati studiati e sviluppati per scopi ben lontani da quelli per cui se ne fa improprio uso in campo sportivo, influenzano simultaneamente svariati processi del sistema nervoso centrale e, a dosi diverse, determinano effetti diversificati sul comportamento dell’uomo. In base ai loro effetti si distinguono in:
analettici, capaci di stimolare il sistema nervoso centrale con specifico riferimento ai centri respiratori e circolatori, analgesici stupefacenti capaci di sopprimere la sensibilità dolorifica, ansiolitici, antidepressivi,antiepilettici, antipsicoti, psichedelici e allucinogeni, psicostimolanti, stabilizzatori dell’umore. I più comuni farmaci stimolanti sono le anfetamine, caffeina, efedrina, cocaina e molte altre i cui effetti collaterali sono tuttaltro che da sottovalutare . I farmaci antidepressivi con effetto stimolante sul sistema nervoso centrale invece provocano già effetti collaterali alle dosi terapeutiche normali, provocando effetti collaterali come allucinazioni, alterazioni della pressione sanguigna, convulsioni, eccessiva sudorazione, vertigini, alterazioni del ritmo cardiaco, cefalea, nausea, spasmo dei bronchi, tosse, vomito.
I NARCOTICI E ANESTETICI LOCALI:
Gli effetti collaterali , dannosi e tossici dei narcotici sono i seguenti: deterioramento dell’adattamento dell’ occhio nel mettere a fuoco legato al mal funzionamento del cristallino,alterazione della pressione arteriosa, analgesia,astenia, blocco della libido,bradicardia,cefalea, dismorrea, diminuzione del riflesso tussigeno, edema polmonare, oligomenorrea,ecc., ricordiamo tra detti prodotti la morfina e il metadone usati solitamente in medicina a scopo antidolorifico. Gli effetti collaterali si hanno soprattutto sul sistema nervoso in quanto inducono una riduzione e perdita della sensibilità dolorifica, termica, di contatto e di pressione, senza compromettere lo stato di coscienza e le funzioni vitali generali.Gli anestetici locali non escludono effetti collaterali e tossici specie se, l’ anestetico passa nel circolo sanguigno.

EFFETTI, TABELLA RIASSUNTIVA

Stimolanti
Non migliorano la prestazione, ma danno una sensazione di benessere, che spesso si traduce in un rendimento superiore durante la gara.

Ormoni anabolizzanti
Sempre meno utilizzati negli sport agonistici, dove i controlli sono severissimi, dilagano però nelle palestre di body building. Molti e gravi gli effetti collaterali: danni al fegato, alla prostata e al sistema cardiocircolatorio, sterilità, impotenza, sindromi psichiatriche, femminilizzazione nell'uomo e mascolinizzazione nella donna.

Ormoni peptidici
Molto usati in quanto non rilevabili con le attuali indagini ammesse. Comprendono:
GH (ormone della crescita): usato nell'atletica pesante e dai culturisti, questa sostanza aumenta la forza e le dimensioni dei muscoli. Tra i rischi d'abuso ci sono acromegalia, diabete, ipertensione, aumentata incidenza di tumori, morbo di Creutzfeldt-Jakob.
GF1 (fattore di crescita insulino simile): prodotto dal fegato soprattutto nel periodo puberale, è una delle sostanze dopanti di più recente introduzione. Ha gli stessi effetti (anche collaterali) dell'ormone della crescita.
EPO (eritropoietina): ormone normalmente secreto dal rene, stimola il midollo osseo a produrre globuli rossi, aumentando quindi la disponibilità di ossigeno. È in auge per gli sport a base aerobica, come il ciclismo e lo sci di fondo. Aumenta la viscosità del sangue, e quindi facilita trombosi ed embolie. Può provocare inoltre insufficienza renale cronica e ipertensione. Per contenerne l'abuso, in due sport sono previsti esami del sangue a sorpresa. Nello sci di fondo viene misurata la concentrazione di emoglobina, che non deve superare i 16,6 g/dl per le donne e i 18,5 per gli uomini. Nel ciclismo si misura l'ematocrito. Valori limite: 50 per cento per l'uomo, 48 per la donna. Chi li supera, sta a riposo per 15 giorni, poi si presenta per un nuovo test. Solo se il valore è nei limiti consentiti può riprendere a gareggiare.

Sostanze mascheranti
Permettono di assumere dosi elevate di molecole vietate senza che possano essere riscontrabili con esami di laboratorio. I più usati sono i diuretici, il probenecid e l'epitestosterone.

Betabloccanti
Antitremorigeni molto usati nel tiro e nel nuoto sincronizzato.

Agenti mascheranti
Epitestosterone, probenecid.

Doping del sangue
Somministrazione di sangue, globuli rossi o emoderivati.

DOPING
Si definisce "doping" l'utilizzo di qualsiasi intervento esogeno (farmacologico, endocrinologico, ematologico, ecc) o manipolazione clinica che, in assenza di precise indicazioni terapeutiche, sia finalizzato al miglioramento delle prestazioni, al di fuori degli adattamenti indotti dall'allenamento.
Il concetto di modificazione si applica alla condizione tanto fisica che psichica e la definizione di doping è riferibile solo allo sport e si configura perciò come un illecito sportivo.
In pratica, il mondo dello sport si limita a considerare il fatto che le modificazioni indotte siano positive ai fini del miglioramento della performance. Non esiste una parallela considerazione del fatto che le modificazioni possano essere negative ai fini della salute, in quanto, solo in alcuni casi, è possibile dimostrare un concomitante danno organico.
Il danno organico, infatti, è diagnosticabile solamente a posteriori. I danni alla salute ricadono, ovviamente, in ambito penale.

Le sostanze dopanti
STIMOLANTI
Sono eccitanti centrali che generalmente mimano l'azione dei mediatori prodotti dal sistema neurovegetativo simpatico nel corso dell'esercizio fisico e in situazioni di stress. Migliorano il grado di attenzione e concentrazione e aumentano la resistenza alla fatica e la tolleranza allo sforzo.
NARCOTICI
Fanno parte della classe degli oppioidi e derivati (morfina, eroina, metadone). Svolgono un'azione analgesica centrale e calmante. Vengono utilizzati per spegnere la sensazione dolorifica come nel pugilato; per contrastarne in parte l'effetto di spegnimento dell'attenzione vengono assunti in combinazione con sostanze stimolanti. Danno tossicodipendenza.
ANABOLIZZANTI
Gli steroidi anabolizzanti sono sostanze con azione simile a quella dell'ormone maschile testosterone. Le sostanze, come d'altra parte l'ormone, legandosi a specifici recettori cellulari inducono modificazioni tipiche legate alla differenziazione sessuale, principalmente un aumento della massa muscolare e della forza.
ORMONI PROTEICI, GLICOPROTEICI E ANALOGHI
Gli ormoni sono sostanze naturali che fungono da "messaggeri" all'interno dell'organismo. Questo gruppo di sostanze è disomogeneo, in quanto comprende sostanze non strettamente correlate farmacologicamente fra di loro.

DIURETICI
L’uso dei diuretici induce disidratazione; si tratta di una forma di doping specificamente adottata negli sport ove esistono categorie di peso come la lotta, il sollevamento pesi e il pugilato: il vantaggio che ne deriva è quello di gareggiare in una categoria inferiore sfruttando la struttura fisica che competerebbe ad una categoria superiore. Tuttavia, la disidratazione è causa di ridotta funzione neuromuscolare e di difficoltà di termoregolazione in quanto il processo di sudorazione è meno efficiente
Procedure proibite
EMOTRASFUSIONE
L'emotrasfusione rappresentava lo strumento adottato per aumentare la massa dei globuli rossi e quindi la capacità di trasporto dell'ossigeno nel sangue. Attualmente la pratica è in disuso essendo stata soppiantata dall'assunzione di EPO.
MANIPOLAZIONE FARMACOLOGICA, CHIMICA E FISICA
Con questo termine si intendono procedure atte ad alterare i risultati dei test antidoping. Un esempio è rappresentato dall'assunzione del probenecid, un farmaco antigotta che inibisce la secrezione renale di ormoni steroidei e può quindi mascherare l'assunzione di anabolizzanti.
Sostanze con restrizione
CANNABINOIDI
Gli effetti variano con la dose: a basso dosaggio si ha euforia, a dosaggio medio si ha disinibizione, a dosi elevate aggressività. Tuttavia vi è anche un complesso corredo di sintomi non necessariamente positivi ai fini della performance e che manifestano segno di sofferenza del sistema nervoso centrale: diminuzione della forza muscolare, della memoria, dell'equilibrio.
CORTICOSTEROIDI
Trattamenti prolungati con corticosteroidi sono possibili su precise indicazioni mediche (in particolare in caso di asma e rinite allergica).

BETABLOCCANTI
Si tratta di farmaci che, tra le loro azioni, riducono la frequenza cardiaca. In alcune discipline, come nei tiri (arco, carabina, pistola), l'agitazione fa aumentare la frequenza cardiaca e questo sicuramente disturba la fase di puntamento.

ANESTETICI
Si tratta di farmaci che bloccano reversibilmente la trasmissione dello stimolo dolorifico verso il sistema nervoso centrale. Iniezioni sistematiche sono considerate doping, mentre è invece permesso il trattamento locale. Gli effetti dannosi sono legati al passaggio in circolo dell'anestetico e coinvolgono principalmente il tessuto nervoso centrale e l'apparato cardiocircolatorio producendo tra l'altro alterazioni dello stato psichico (agitazione,depressione, insonnia), blocco atrioventricolare, collasso cardiocircolatorio, ipotensione.

LE SOSTANZE DOPANTI

Stato dell’arte e prospettive future
Una ricerca del dott. D.D’Ottavio, responsabile del Servizio di Chimica Analitica e Controllo della Qualità presso l’Azienda Ospedaliera S.Camillo-Forlanini (Dipartimento servizi: direttore Dr. Mario Valenti).
Con la collaborazione di L.Barrucco e R.Guaitolini
INTRODUZIONE
Negli ultimi tempi l'opinione pubblica é stata scossa, attraverso le notizie riportate dai mass-media dall'enorme diffusione delle pratiche farmacologiche e/o metodologiche atte a migliorare le prestazioni degli atleti nelle competizioni sportive. Questo è avvenuto anche a causa degli enormi compensi economici derivanti dalla pubblicità che sponsorizza gli atleti.L'entità di tale fenomeno non deve e non può essere sottovalutata in quanto l'attività professionistica rappresenta soltanto la punta di un iceberg che con il passare del tempo ed in mancanza di contromisure potrebbe provocare danni tutt'oggi impensabili.
Cercare di migliorare le proprie prestazioni agonistiche non è un fatto recente. Sin dai tempi dell' antica Grecia, durante lo svolgimento dei Giochi Olimpici, era prassi usuale l' assunzione da parte dei concorrenti di infusi di erbe e funghi allo scopo di migliorare le proprie performance. Più recentemente, nel XIX secolo in Francia era molto diffusa una mistura di vino e foglie di coca nota con il nome di "vin maraini" capace di ridurre le sensazioni di fatica e di fame durante attività intense e protratte nel tempo. Agli inizi del novecento i maratoneti assumevano alcool durante la gara e gli atleti americani iniziavano le pratiche farmacologiche utilizzando uno stimolante di diffusione popolare quale la stricnina.
Con il passare degli anni, e con i progressi della farmacologia, tale attività é diventata sempre più intensa sino al punto di diventare un fenomeno internazionale noto con l'appellativo di il doping. Il termine doping (sostantivo di origine anglosassone) ha le sue radici in un dialetto Sudafricano ed identifica un liquore stimolante che veniva somministrato nelle cerimonie religiose. Oggi, con il termine doping si intende l'assunzione di sostanze ad uso non terapeutico e si indica qualsiasi trattamento inteso ad elevare artificiosamente le prestazioni dell’atleta in gara per favorirlo nella competizione, alterando così i termini della competizione stessa. Il termine doping si diffuse intorno ai primi del ‘900 per indicare la stimolazione illecita degli animali in competizione nei cinodromi e negli ippodromi ed in seguito venne esteso anche all'uomo. Talvolta, questo termine viene sostituito con "aiuto ergogenico" ove il termine ergogenico assume il significato di "tendente ad incrementare il lavoro" e comprende una vasta gamma di prodotti e metodi, leciti e non, che vanno dai semplici carboidrati ai più complessi ormoni glicoproteici comprendendo inoltre le complesse metodologie di allenamento inclusa la pratica di terapie psicologiche. Infatti, oggi il doping non include solo l’uso di farmaci, ma anche alcune tecniche quali la deidratazione, la auto-trasfusione del sangue dello stesso atleta (rara), l’ipnosi, la terapia megavitaminica, la somministrazione endovenosa di liquidi, la somministrazione di ossigeno, il carico, ecc.
In tempi più recenti il sospetto della pratica dell'uso di sostanze stimolanti iniziò nei Giochi Olimpici invernali del 1952 ed si intensificò nel 1954 quando si diffusero sul mercato gli steroidi anabolizzanti. L'evidente utilizzo di quest'ultimi nei Giochi Olimpici del 1964 condusse all'introduzione del "Controllo doping" nei successivi Giochi del 1968. Qualora questi controlli fossero stati inseriti più precocemente probabilmente si sarebbe potuto evitare il sospetto che le morti di alcuni ciclisti fossero legate all'uso di amfetamine.
In contrasto all’espandersi del fenomeno doping, le federazioni sportive mondiali sembrano essere d’accordo sul fatto che i farmaci non dovrebbero essere assunti dagli atleti per migliorare la loro performance. Infatti, ciò avrebbe come conseguenza che il vincitore si identifichi con l’atleta che pratichi il programma farmacologico più efficace e non colui che ottenga le vere migliori prestazioni. Oltre alle valutazioni prettamente morali, esistono anche delle conseguenze fisiche, non certo da sottovalutare, date dall’assunzione a lungo termine di questi farmaci che comportano degli effetti collaterali sull’atleta.
Allo scopo di scoraggiare l'uso e l'abuso di farmaci nella pratica sportiva la Commissione medica del Comitato Olimpico Internazionale (IOC) ha stabilito una lista di sostanze, suddivise in classi, e di metodi proibiti applicando severe sanzioni disciplinari agli atleti che dovessero risultare positivi ai controlli effettuati. Ovviamente l'elenco viene continuamente aggiornato e qui di seguito vengono riportate le classi di sostanze e di metodi proibiti.

I Classi di farmaci doping
• A. Stimolanti
• B. Narcotici - analgesici
• C. Agenti Anabolizzanti
• D. Diuretici
• E. Peptidi, Ormoni glicoproteici ed analoghi
II Metodi doping
• A.Doping del sangue (Trasfusioni)
• B. Manipolazioni farmacologiche, chimiche e fisiche
III Classi di farmaci soggetti ad alcune restrizioni
• A. Alcool
• B. Marjuana
• C. Anestetici locali
• D. Corticosteroidi
• E. Beta - bloccanti
Tab.1 Elenco delle classi di sostanze e dei metodi proibiti dal CIO
I DANNI DEL DOPING
C’è chi sostiene che liste di questo tipo siano una guida pratica per fare doping e non promuovono alcuna educazione né in campo sportivo né in quello medico-biologico, tale affermazione appare comunque inesatta un quanto la regolamentazione farmacologica ha già prodotto, sebbene limitatamente, effetti restrittivi sull’abuso di queste sostanze. Come é noto, i danni provocati dal doping possono essere rilevabili a breve ed a lungo termine. Tra i primi, dopo le morti da doping causate dalle "vecchie" tipologie di amfetamine, vanno assumendo rilievo le "nuove" morti indotte da beta-bloccanti.
I danni a lungo termine possono essere correlati:
a) alla mutagenesi farmacologica (ossia mutazione di una cellula germinale portatrice dei caratteri ereditari) le cui conseguenze possono manifestarsi nella prima generazione o dopo molte generazioni successive ;
b) alla cancerogenesi chimica, fenomeno di cui si dispongono numerosi dati sperimentali comprovanti la comparsa di tumori indotti da sostanze chimiche, tra cui alcuni farmaci, anche a distanza di molti anni;
c) alla teratogenesi farmacologica. In campo sportivo essa riguarda un campione indotto, ossia le atlete ai primi stadi di gravidanza in cui farmaci teratogeni inducono malformazioni correlate all"epoca di somministrazione.
Se le analisi anti-doping effettuate sono, da una parte, sempre più specifiche e precise, d’altro canto gli atleti assumono sempre nuove sostanze dopanti per migliorare le proprie condizioni sportive e risultare negativi ai test anti-doping. L’opinione di coloro che propongono l’effettuazione dei test farmacologici, è divisa su tre fronti diversi: ci sono coloro che pensano che se il test effettuato sia effettuato più frequentemente e con strumentazione ad elevata sensibilità, l’uso del farmaco potrebbe addirittura venir eliminato non solo nelle gare, ma addirittura negli allenamenti precedenti la stessa gara. Altri affermano che, vietando l’uso di farmaci conosciuti dal punto di vista chimico e biologico, si spingono gli atleti a cercare altri farmaci sui quali si conosce poco o nulla, sia per quanto riguarda i tipi d’analisi da eseguire e le sostanze intermedie da ricercare, che per quanto riguarda gli effetti collaterali a breve e a lungo termine. Una terza opinione in merito è data da coloro che sostengono che i test debbano essere quantitativi piuttosto che qualitativi e che lo scopo delle federazioni sia quello di prevenire l’uso eccessivo dei farmaci. Una trattazione completa del doping farmacologico incontra molte difficoltà, prima fra tutte la illiceità del fenomeno, che ne impedisce una conoscenza approfondita, sia per quanto riguarda i farmaci impiegati che la loro efficacia farmacologica.La diffusione del doping rappresenta un problema complesso che interessa vari aspetti. Tra i fattori responsabili della diffusione del doping sono da tenere in considerazione: il professionismo sportivo, la scarsa formazione sportiva del pubblico, il protagonismo, l’intento speculativo degli atleti e di coloro che li circondano, la diseducazione famigliare. Inoltre, le reazioni psicologiche dell’atleta non sono probabilmente estranee alla diffusione del doping: il calo sportivo (con conseguente calo del divismo) conseguente ad una condotta di vita inadatta alle prestazioni atletiche, finisce per indurre a tale fenomeno. Purtroppo, data l’incompetenza nell’uso delle sostanze prescelte, il doping, è sovente occasione d’intossicazione e può finanche arrivare a mettere in pericolo la vita dell’atleta stesso.
Per poter comprendere gli effetti derivanti dall'abuso di queste sostanze è necessario conoscerne la natura, la farmacologia e le modalità di smaltimento da parte dell'organismo; queste informazioni consentono di poter ipotizzare la drammatica situazione in cui potremo trovarci tra qualche anno se non verranno prese adeguate contromisure.

LE SOSTANZE VIETATE
Stimolanti (1A)
Appartengono a questa categoria le sostanze riportate nella tabella sottostante:
• Amfepramone
• Fenproporex
• Amfetaminil
• Fendimetrazina
• Aminoneptina
• Fentermina cloruro
• Amifenazolo
• Furfenorex
• Amfetamina
• Isoetarina cloruro
• Bemegride
• Isoprotenerolo
• Benzofetamina
• Ma Huang (Erba efedrinica)
• Bromantin
• Meclofenoxate
• Caffeina (12uglmL)
• Mefenorex
• Catina
• Metaproterenolo
• Clorfentermina
• Metamfetamina
• Clobenzorex
• Metossifenamina
• Glorprenalina
• Metilefedrina
• Cocaina
• Metilfenidate cloruro
• Gropropamide
• Morazone
• Crotetamide
• Niketamide
• Desossiefedrina
• Pseudoefedrina
• Dietilpropionil cloruro
• Pentetrazolol
• Pentilentetrazolo
• Dimetamfetamina
• Picrotoxina
• Efedrina Pipradolo
• Etamivan
• Prolintane
• Etilamfetamina
• Propilexedrina
• Fencamfamina
• Pirovalerone
• Fenetillina
• Selegiline
• Fenilpropanolammina
• Strienina
Tab.2 Elenco delle sostanze stimolanti proibite dal CIO

Appartengono a questa categoria i farmaci che provocano una stimolazione del sistema nervoso; una loro classificazione, pur se non univoca ed ufficialmente accettata, li suddivide in stimolanti psicomotori, ammine simpaticomimetiche e stimolanti del sistema nervoso centrale.

Gli stimolanti psicomotori

Queste sostanze possono a loro volta essere suddivisi in anestetici locali, simpaticomimetici e Xantine.
Anestetici locali
Tutti gli anestetici locali, sebbene il più delle volte in modo assai limitato, stimolano il sistema nervoso centrale; tra questi si differenzia la cocaina in quanto, espletando una intensa attività corticale, è stata inserita tra l’elenco delle sostanze proibite dal CIO.
La cocaina appartiene alla categoria degli alcaloidi e, tra questi, è quello più rappresentativo della miscela che si ottiene per estrazione chimica della Erythroxtylon coca, pianta molto diffusa in America Meridionale, Africa ed Indonesia. Questa sostanza è un derivato dell’ecgonina ed in particolare ne rappresenta l’estere metil benzilico. Sono riscontrabili in questa molecola una zona lipofila ed una idrofobica dovute corrispondentemente all’atomo di azoto terziario con caratteristiche basiche ed all’anello aromatico periferico. Essendo tra l’altro dotata di un centro chirale la molecola può esistere in due forme stereoisomere otticamente attive di cui quella levogira, che è quella presente in natura, è dotata di attività farmacologica.
La cocaina può essere assunta per via parenterale, per assorbimento da parte delle membrane mucose e per inalazione della stessa sotto forma di fumo (sigarette alla coca). La via orale appare alquanto inefficace poiché l’ambiente acido del tratto gastrointestinale idrolizza la molecola inattivandola.
La classificazione di questa sostanza tra gli anestetici locali è dovuta al fatto che la stessa se somministrata in piccole dosi ha effetti anestetizzanti viceversa, se assunta in dosi maggiori, produce una stimolazione del sistema nervoso centrale ed un quadro clinico generale caratterizzato da euforia, diminuito senso della fame e della fatica, aumentati tempi di reazione, aumento del tono muscolare, aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, aumentata frequenza del respiro, xerostomia, midriasi e vasocostrizione. Tali effetti derivano dal blocco del re-uptake dell’adrenalina e della noradrenalina alle sinapsi noradrenergiche nonché dalla stimolazione al rilascio di queste molecole.
L’assunzione per via endovenosa mostra un picco plasmatico dopo 5 minuti mentre se somministrata per altre vie il picco si riscontra dopo circa un’ora. L’emivita di questa sostanza è di circa un’ora, infatti viene rapidamente metabolizzata attraverso l’azione idrolitica di alcune esterasi.
La prima fase metabolica consiste in una prima azione idrolitica che avviene a carico del gruppo metilico con formazione di benzoilecgonina e metanolo ed in una successiva che trasforma la benzoilecgonina in ecgonina ed acido benzoico. Ulteriori reazioni che ultimano il metabolismo di questa molecola avvengono a livello epatico e consistono in una reazione di N-demetilazione che porta alla formazione di norcocaina ed una coniugazione tra l’acido benzoico e l’amminoacido glicina con formazione di acido ippurico. Sebbene non siano state completamente chiariti sia le sedi di azione che i meccanismi metabolici si può con una certa ragionevolezza affermare che, nel processo degradativo, il fegato giuoca un ruolo più importante del rene, dell’encefalo e dei muscoli.
Nelle urine dei soggetti che hanno assunto questa sostanza si riscontrano soltanto piccolissime quantità della stessa immodificata; per lo più si rileva la benzoilecgonina che compare entro 4 ore dall’assunzione e protrae la sua permanenza per almeno due giorni a livelli rivelabili con le usuali indagini analitiche.
Le dosi assunte voluttuariamente variano in un ambito compreso tra 10 e 120 mg/die e la ripetitività delle somministrazioni porta ad assuefazione ed a tolleranza di dosi più elevate. Comunque, l’aumento della tolleranza è dovuto non all’aumento della quantità di sostanza assunta ma alla diminuzione degli intervalli di tempo di somministrazione... E’ importante rilevare che gli effetti farmacologici della sostanza non sono in relazione diretta con le concentrazioni plasmatiche della stessa e quindi con la quantità assorbita; questo fatto fa supporre che l’organismo sia sensibile più alle variazioni di concentrazione che alla effettiva dose somministrata; è stato ipotizzato infatti che la ripetitività delle assunzioni aumenti la sensibilità del sistema nervoso centrale agli effetti della cocaina stessa.
Le dosi letali sono difficili da quantificare in quanto variano dipendono sia dalle modalità di somministrazione che dal grado di assuefazione, i dati relativi alle concentrazioni plasmatiche sono più precisi ed identificano nel valore di 5 mcg/mL la concetrazione massima compatibile con la vita.
L’intossicazione acuta grave provoca convulsioni e gravi aritmie che portano al decesso per arresto cardiaco irreversibile.

Farmaci simpaticomimetici
Il gruppo comprende le amfetamine ( dette anche anfetamine od anfetammine) ed i loro sali nonché altre sostanze psicoattive similari. La prima sintesi di una amfetamina risale al lontano 1887 e da allora sono state apportate numerose altre modifiche alla molecola originaria (1-fenil – 2 – aminopropano), in particolare per sostituzione degli atomi di idrogeno dell’anello benzenico, dando origine così al cospicuo ed eterogeneo gruppo degli amfetaminici. In questo variegato gruppo sono comprese sostanze che vanno dalla fentermina, utilizzata per scopi terapeutici, alla MDA (metilen-diossi-amfetamina) ed alla MDMA ( metilen – diossi – metaamfetamina) quasi esclusivamente destinate all’abuso voluttuario.
L’uso voluttuario dell’amfetamina risale al 1940 essendo la stessa presente in preparati farmacetuici utilizzati come decongestionante nelle iperemie della mucosa nasale. La sua diffusione nei tempi successivi sembra sia in gran parte dovuta al fatto che venne largamente utilizzata in ambito militare nella seconda guerra mondiale.
Queste sostanze si presentano sotto forma di polveri biancastre (a seconda del loro grado di purificazione) allo stato combinato, ovvero, come sali di zolfo o cloro a seconda del tipo di sintesi utilizzata nella loro preparazione. Sono sostanze inodori e dal sapore amaro; la polarità del gruppo amminico le rende solubili in acqua ed alcool.
La presenza nella molecola di un centro chirale la rende otticamente attiva; nelle comuni preparazioni è presente sotto forma racemica.
Gli effetti farmacologici espletati da questa sostanza derivano dal suo potere stimolante sul sitema nervoso centrale e sui recettori alfa e beta adrenergici. In particolare favorisce il rilascio di neurotrasmettitori dai terminali presinaptici quali epinefrina nor-epinefrina e dopamina. Inoltre gli effetti psicotici associati all’assunzione di dosi elevate sono probabilmente dovuti al rilascio di 5 – idrosssi – triptamina da parte dei recettori triptaminergici.
Da un punto di vista sistemico si rileva un aumento della pressione sistolica, un aumento della frequenza cardiaca, vasocostrizione, midriasi, rilasciamento della muscolatura intestinale, aumento del consumo di ossigeno, aumento della temperatura corporea ed eccitazione del centro del respiro; altri effetti prodotti si evidenziano in miglioramento dell’umore, resistenza alla fatica fisica e mentale, aumento della capacità di iniziativa e dell’attività motoria, blocco dello stimolo della fame ( isomero destrogiro) e miglioramento dello stato depressivo.
Comunque, per dosi elevate, all’effetto stimolante fanno seguito una serie di effetti negativi quali ansietà, allucinazioni e disturbi mentali.
La dose attiva è compresa tra i 5 – 10 mg e le intossicazioni mortali sono in effetti molto rare. La dose letale per l’uomo varia notevolmente sia in funzione del grado di assuefazione che delle condizioni fisiche del soggetto; si presume comunque che debba oscillare tra i 20 – 25 mg/Kg di peso corporeo. La variabilità della risposta individuale alle amfetamine si può dedurre dai risultati relativi alle concentrazioni plasmatiche riscontrate nei casi mortali, l’intervallo è compreso tra 0.5 e 41 mcg/mL con una media di 8.6 mcg/mL. In particolare nella pratica dell’attività sportiva l’uso di questo farmaco è assai pericoloso in quanto la ridotta percezione della fatica può indurre all’espletamento di prestazioni nettamente superiori alle proprie risorse fisiche riducendo drasticamente i limiti di tolleranza di cui sopra; è stato tra l’altro dimostrato che la pericolosità del farmaco aumenta all’aumentare del grado di allenamento dell’atleta.
L’amfetamina è bene assorbita sia per via orale che per via parenterale; per via orale, essendo una base relativamente debole l’assorbimento avviene per lo più a livello intestinale e si completa dopo 4 –6 ore dall’ingestione con un picco ematico dopo 1 – 2 ore. A livello plasmatico, data la scarsa affinità di legame con le proteine, le concentrazioni risultano relativamente basse e non sono in diretta correlazione con gli effetti psicotropi.
Il metabolismo avviene prevalentemente a livello epatico attraverso processi deaminativi che portano all’escrezione urinaria di fenilacetone , acido benzoico ed acido ippurico in ragione di circa il 25% della dose assunta. Il 10% viene invece trasformata per idrossilazione in 4 – idrossi – amfetamina e 4 – idrossi – norepinefrina e il 30% escreta immodificata. E’ importante notare che il pH urinario giuoca un ruolo assai importante in quanto le urine alcaline non consentono l’eliminazione del farmaco tal quale; in questi casi la ricerca dello stesso deve essere indirizzata all’evidenziazione dei suoi metaboliti.
Non sembra che l’uso e/o l’abuso di amfetamine porti all’insorgenza di sindromi d’astinenza ma sicuramente comporta una dipendenza psicologica con un aumento della tolleranza. Nei consumatori cronici si riscontrano spesso disturbi vascolari cerebrali, lesioni epatiche e, nei casi più gravi, convulsioni, coma e morte per blocco respiratorio.
Le xantine
Il gruppo delle xantine consiste in un numero di alcaloidi derivati dalla sostanza madre xantina.
Dal punto di vista della diffusione e del consumo la xantina più importante è la caffeina.
Il caffè è nel 90% dei casi il mezzo di assunzione della caffeina, che è però presente anche nel cioccolato, in alcune bevande analcoliche e negli analgesici . A seconda delle modalità di preparazione una tazza di caffè contiene da 100 a 120 mg di caffeina, un quarto di bevanda analcolica ne contiene da 30 a 60 mg. e gli analgesici ne contengono una quantità compresa tra 35 e 60 mg; approssimativamente si valuta una assunzione media per persona intorno a 210 mg al giorno.
La caffeina (1-3-7-trimetil-xantina) è uno dei tre possibili derivati della xantina, mentre gli altri due, teobromina e teofilllina, si trovano nel cacao e nel tè rispettivamente; dei tre la caffeina è quella che agisce in modo più energico sul sistema nervoso centrale, mentre la teobromina espleta l’attività minore. A seguito dell’assunzione la caffeina viene completamente assorbita nel tratto gastrointestinale, mostrando un picco ematico dopo 30-60 minuti, e penetra poi rapidamente nel cervello dando origine ad un miglioramento della prontezza di riflessi. Le concentrazioni maggiori dopo l’assunzione sono state riscontrate nei tessuti a più elevato contenuto in acqua e principalmente nel muscolo scheletrico.. L’emivita varia, negli adulti asintomatici, dalle 2 alle 12 ore, con una media di 4–6 ore.
La caffeina espleta il suo effetto attraverso meccanismi diversi: è un antagonista dei recettori adenosinici, inibisce l’attività di alcuni enzimi come la fosfodiesterasi, altera sia il rilascio del calcio dal reticolo sarcoplasmatico che la permeabilità del sarcolemma, facilita gli impulsi di trasmissione neuromuscolari.
L’inibizione delle fosfodiesterasi provoca un aumento dei livelli di AMP ciclico, importante regolatore delle funzioni cellulari; tra l’altro livelli elevati di questa sostanza provocano un aumento nel rilascio di neurotrasmettitori e dell’attivazione neuronale, la regolazione ormono-indotta della glicogenolisi e della lipolisi, ed una stimolazione dose-specifica del sistema nervoso centrale.
Poiché l’adenosina agisce come depressivo del sistema nervoso centrale, ipnotico ed anticonvulsivante, l’inibizione dei suoi recettori da parte della caffeina produce la stimolazione dello stesso aumentando negli atleti la lucidità mentale e riducendo la sensazione di fatica.
La diminuzione della sensazione di affaticamento è dovuta alla capacità di aumentare il livello di acidi grassi liberi circolanti (NEFA) per accelerata idrolisi dei trigliceridi di riserva; i NEFA sono quindi utilizzati per soddisfare le esigenze energetiche, comportando una riduzione nel consumo delle riserve di glicogeno. L’ingestione di caffeina oltre che produrre un aumento della lipolisi, e quindi della concentrazione plasmatica degli acidi grassi non esterificati, comporta anche un aumento delle catecolammine.
La tolleranza si sviluppa entro pochi giorni e l’effetto sulle performance di un individuo normale è fortemente dipendente dalla quantità e dalle modalità di assunzione. L’abituale consumo di caffeina può attenuare il battito cardiaco e diminuire la pressione sanguigna, mentre abbondanti somministrazioni di caffeina possono produrre una risposta catecolaminergica nell’ambito di pochi giorni.
Tra gli effetti indesiderati sono incluse palpitazioni, tremori, insonnia, nervosismo, irritabilità ed ansia; gli effetti diuretici della caffeina possono provocare negli atleti uno sbilancio idrico o più seri inconvenienti.
La caffeina è stata inclusa dal CIO nell’elenco delle sostanze vietate fino al 1972, per essere in quell’anno rimossa; il suo ruolo venne riconsiderato nel 1984 e quindi di nuovo aggiunta all’elenco fissando però dei valori di soglia: una concentrazione urinaria superiore a 12 mg/L, corrispondente all’assunzione di 500 – 600 mg di caffeina (5-6 tazzine di caffè in un lasso di tempo di 1 – 2 ore) è ritenuta indice di illegalità.
Appartengono a questa categoria le sostanze riportate in Tab.2
Alle sostanze stimolanti appartengono il gruppo delle ammine simpaticomimetiche (amfetamina, efedrina, e loro derivati), la caffeina, ed un’altra serie di sostanze con caratteristiche chimiche diverse e non classificabili quindi nello schema prospettato.

Ammine simpaticomimetiche
Appartengono a questa categoria tutte le sostanze che possono essere considerate derivati della beta-fenil-etil ammina. Gli effetti prodotti da questi farmaci, in gran parte, sono quelli caratteristici degli stimolanti psicomotori ovvero vasocostrizione cutanea, delle membrane delle mucose e dei visceri, vasodilatazione dei muscoli scheletrici, rilascio della muscolatura bronchiale ed uterina, aumento della frequenza cardiaca, dilatazione delle pupille, ridotta sensazione della fame, glicogenolisi e rimozione di acidi grassi liberi dal tessuto adiposo. Tale comportamento era comunque facilmente deducibile data la somiglianza strutturale della molecola base a quella delle amfetamine.
Questi composti si legano ai recettori adrenergici delle cellule componenti i tessuti bersaglio. Bisogna tener presente che esistono due tipi di recettori adrenergici : quelli di tipo alfa e quelli di tipo beta. A loro volta ciascuno di questi recettori si suddivide dando origine a cinque tipi di recettore: alfa 1, alfa 2, beta 1, beta 2 e beta3. Le ammine simpaticomimetiche, a seconda della loro struttura molecolare, possono essere non selettive o parzialmente selettive per ciascuno dei quattro recettori sopraelencati.

RECETTORI ADRENERGICI
• Alfa1 costrizione dei vasi sanguigni relativi alla pelle, alle mucose ed alle membrane
Dilatazione della pupilla
Rilassamento della muscolatura liscia intestinale
• Alfa 2 promuovono l’inibizione del rilascio di norepinefrine
• Beta 1 aumentano il battito e la contrattilità carediaca
• Beta 2 Dilatazione dei vasi sanguigni dei muscoli scheletrici
Rilassamento della muscolatura liscia bronchiale,
Rilassamento della muscolatura liscia dell’utero
• Beta 3 aumentano l’attività metabolica
Aumentano l’effetto termogenico
Diminuiscono l’appetito

Non tutte le ammine simpaticometiche sono proibite dal CIO in quanto hanno azioni diverse e la loro diversificazione è più riconducibile a cause quantitative che non qualitative. Infatti farmaci che sono soprattutto beta 2 selettivi avranno anche qualche effetto alfa e beta 1 adrenergico che in gran parte dei casi è dose – dipenndente. I recettori beta 2 sono localizzati prevalentemente sulla muscolatura liscia respiratoria, vascolare ed uterina e la loro attivazione provoca un rilascio della stesa. Alcuni farmaci beta 2 selettivi (quali albuterolo e salbutamolo) che hanno scarsi effetti sui recettori alfa e beta , sebbene con alcune restrizioni, sono consentiti in quanto non danno un effetto stimolatorio significativo; altri quali l’isoprenalina, il metaproterenolo e la metossifenammina che invece possono dare significativi effetti alfa e beta 1 sono invece proibiti.
Stimolanti del Sistema nervoso Centrale
Questa classe di sostanze, conosciute anche come "risveglianti" – "convulsivanti, comprende Amifenazolo, Bemegride, Doxapram, Etamivan, Fluorotile, Niketamide, Pentilentetrazolo, Picrotossina e Stricnina.
Alcune di queste sostanze stimolano il sistema nervoso ad un certo livello piuttosto che ad un altro. Alcuni stimolano il tronco cerebrale, in particolar modo il respiratorio depresso agendo da convulsivanti ad azione fugace e producendo attacchi clonici.
La stricnina è classificata come stimolante del midollo spinale e, come gli stimolanti midollari, è un convulsivante; determina inoltre eccitazione in tutte le parti del sistema nervoso centrale riducendo l’inibizione della via nervosa spinale.
Beta-2-antagonisti (lA)
I beta-2-antagonisti sono classificati tra le sostanze stimolanti. Alcuni di questi agenti possiedono inoltre proprietà anabolizzanti, assunti per via orale o per iniezione.
Appartengono a questa categoria le sostanze riportate nella tabella qui sotto
I BETA-2-ANTAGONISTI
Bambuterolo Reproterolo
Clenbuterolo Salbutamolo
Fenoterolo Terbutalina
Formoterolo Sostanze affini
Negli atleti la scelta di farmaci per il trattamento dell’asma e delle altre affezioni respiratorie è un grosso problema perché la maggior parte delle sostanze utilizzate ha anche potere stimolante.
L’azione di questi farmaci è simile per cui si esplicitano gli effetti e le caratteristiche del clenbuterolo in quanto farmaco facilmente reperibile ed utilizzato in campo veterinario.
Il clenbuterolo è un beta-2-antagonista adrenergico che possiede proprietà ergogeniche che derivano dagli effetti stimolanti che è in grado di espletare sul sistema nervoso centrale. E’ un farmaco del tipo simpaticomimetico che produce una azione stimolante periferica sulla muscolatura liscia, una eccitazione della funzione cardiaca ed azioni di tipo metabolico ed endocrino. Lo scopo principale dell’uso di questi prodotti risiede nella capacità di produrre un rilassamento della muscolatura liscia. I beta-2-antagonosti sono infatti utilizzati prevalentemente come broncodilatatori, per la prevenzione ed il trattamento dei sintomi derivanti da esercizi che provocano l’asma e per il rilassamento dell’utero in caso di parto prematuro.
Gli effetti anabolici del clenbuterolo sono utilizzati nella prevenzione dell’atrofia muscolare, per l’aumento della massa magra del corpo e per la diminuzione dei grassi; per questo motivo il Clenbuterolo è stato denominato "agente ripartizionante", ovvero, un agente in grado di manipolare la crescita e la composizione del corpo aumentandone la composizione proteica e diminuendone la composizione in grassi. I beta –2- antagonisti sono stati studiati estensivamente negli animali allo scopo di aumentarne la massa magra diminuendone la grassa per migliorarne le caratteristiche alimentari.
Il Clenbuterolo è un beta 2 antagonista in grado di influenzare la crescita con effetti centrali e periferici. Questi effetti includono un aumento della contrattilità e del battito cardiaco, un aumento della glicogenolisi epatica e muscolare, la liberazione di acidi grassi liberi ed un aumento del rilascio dell’ormone pituitario. Gli effetti centrali provocati da questa tipologia di farmaci includono la stimolazione respiratoria, l’aumento dei riflessi e la diminuzione dell’appetito.
I potenti effetti ergogenici del clenbuterolo derivano dalle caratteristiche simpaticomimetiche di questo farmaco. Sono da rilevare l’aumento della lipolisi e la diminuzione della lipogenesi che possono assumere aspetti drammatici nei trattamenti cronici con beta 2 antagonisti. Questi processi biochimici aumentano la disponibilità di grassi destinati alla produzione di energia, è presumibile quindi, almeno dal punto di vista prettamente teorico, un aumento della resistenza. Altresì si verifica inoltre un aumento della glicogenolisi epatica (che produce una maggior quantità di carboidrati disponibili), un aumento della disponibilità di sangue nei muscoli scheletrici ed un aumento della capacità di distribuzione del sistema periferico.
L’anabolismo proteico è stato forse la scoperta più importante associata alla somministrazione di clenbuterolo. L’aumento delle proteine dovrebbe essere associato a processi che comportino l’aumento della loro sintesi o la diminuzione del loro catabolismo, oppure da una combinazione di ambedue i processi. Il meccanismo cellulare proposto per il controllo del metabolismo proteico implica un aumento del trasporto di calcio, un aumento dell’AMP ciclico ed una attivazione della protein-chinasi. Ambedue i meccanismi, diretto (rilascio di insulina, aumento del flusso di sangue periferico, rilascio dell’ormone pituitario) ed indiretto ( modulazione del turnover delle proteine, attività contrattile) possono partecipare al processo di ipertrofia.
Numerosi studi sull’efficienza ergogenica sono stati condotti su animali, inoltre studi sugli esseri umani sono stati iniziati in concomitanza del suo uso per la terapia dell’obesità. Effetti anabolizzanti nei ratti sono stati riscontrati con un aumento del 10 – 20% della massa muscolare dopo 1 – 2 settimane di somministrazione.
La somministrazione di beta 2 antagonisti sembra promuovere l’ipertrofia muscolare fibro-specifica con un aumento che può variare, negli animali, dal 10 al 50%. L’RNA muscolare aumenta in modo consistente con l’aumentare delle proteine nei muscoli e, ultime ricerche, lasciano supporre che il clenbuterolo espleti prevalentemente i suoi effetti anabolizzanti proteici attraverso una diminuzione del rapporto di degradazione proteica, con un lieve aumento della sintesi
Altri beta 2 antagonisti (albuterolo, salbutamolo, cimaterolo), sono stati studiati per determinare il loro potenziale effetto ergogenico. Alcuni ricercatori hanno studiato gli effetti acuti di una dose inalatoria di salbutamolo pari a 200 microgrammi su alcune variabili psicologiche e sulle performance di atleti ad alto livello non affetti da asma. Gli autori non trovarono differenze con un altro gruppo a cui veniva somministrato placebo. Tale dato appare comunque in contrasto con altre ricerche condotte per studiare gli effetti cronici di una somministrazione per via orale per tre settimane di una dose di 16 mg al giorno di una sostanza rilasciante salbutamolo. I risultati ottenuti infatti riportano che il gruppo trattato mostrò un aumento, rispetto al gruppo di controllo, dei quadricipiti femorali, della forza dei muscoli tendinei e del ginocchio.
Tale discrepanza può essere spiegata dal fatto che gli effetti della dose singola e del trattamento cronico, talvolta, possono essere diversi e che per questo tipo di valutazioni i protocolli di ricerca la lunghezza del trattamento, il dosaggio, le modalità di somministrazione debbono essere riproducibili ed omogenei onde poter correttamente comparare i risultati rilevati.
Gli effetti collaterali del clenbuterolo sono simili a quelli di tutti i beta 2 antagonisti. Tremore, tachicardia, ansietà, palpitazioni, mal di testa, anoressia ed insonnia sono i sintomi più comuni. Altri notevoli effetti collaterali comprendono ipertrofia del muscolo cardiaco, aritmia, infarto del miocardio.
Possono essere determinati nelle urine livelli di 0.5 ng/ml dopo 2 – 4 giorni dalla somministrazione. La Commissione Medica del CIO ha proibito l’uso dei beta-2-antagonisti sia per le loro caratteristiche stimolanti che anabolizzanti qualora assunti per via orale od intramuscolare. I farmaci riportati in tabella possono essere assunti soltanto per via inalatoria dandone immediata comunicazione scritta agli organi competenti.

I BETA-2-ANTAGONISTI CONSENTITI PER VIA INALATORIA
Salbutamolo Terbutaline
Salmeterolo Salbutamolo/Ipatropium

Narcotici-analgesici (1B)
Rientrano in questa categoria e sono proibite dal Cio le sostanze di questa tabella:

I NARCOTICI-ANALGESICI
• Alfaprodina Agonista
• Anileridina Agonista
• Buprenorfina Agonista - Antagonista
• Dextromoramide Agonista
• Diamorfina (Eroina) Agonista
• Dipipanone Agonista
• Etoeptazina Agonista
• Fenazocina Agonista
• Idrocodone Agonista -
• Idromorfone Agonista • Levorfanolo Agonista
• Metadone cloruro Agonista
• Morfina Agonista
• Nalbufina Agonista-Antagonista
• Ossicodone Agonista -
• Ossimorfone Agonista
• Pentazocina Agonista - Antagonista
• Petidina Agonista
• Tintura d’oppio

L’elenco comprende molti narcotico-analgesici classificati, a seconda delle loro caratteristiche farmacologiche, in agonisti, agonisti-antagonisti ed antagonisti; tali composti possono essere naturali o sintetici e la loro caratteristica principale è quella di diminuire la risposta fisiologica e psicologica al dolore agendo su recettori specifici del sistema nervoso centrale. Gli antagonisti dei narcotici agiscono in opposizione ai narcotici stessi ma comunque espletato già da soli effetti analgesico-sedativi. Dal punto di vista chimico i narcotici-analgesici possono essere inoltre suddivisi in 5 classi: Fenantreni, Fenileptilammine,Fenilpiperidine,Benzomorfani e Morfinani.
Sebbene in seguito useremo il termine "narcotico" bisogna tener presente che questo temine è impreciso in quanto prevede uno stato soporoso o di sonnolenza, infatti, dato che questi farmaci implicano la produzione di analgesia senza la perdita di conoscenza o sonno, sarebbe più appropriato il termine "oppiato" od "analgesico oppioide".
Il meccanismo di azione dei narcotici-analgesici è simile a quello di alcuni peptidi endogeni (endorfine, encefaline) aventi proprietà oppiodi-simili, infatti, espletano la loro azione legandosi agli stessi recettori (recettori oppiodi). I siti di legame degli oppiodi sono distribuiti nell’organismo prevalentemente nelle corna dorsali del midollo spinale, in alcune regioni sottocorticali cerebrali, nella sostanza grigia periacqueduttale mesencefalica e nel midollo ventrorostale; questi siti sono presenti sia sui neuroni del midollo spinale che trasmettono il dolore sia sulle afferenze primarie che trasmettono ad essi il messaggio. E’ stato dimostrato che sia gli oppiodi che le endorfine ed encefaline inibiscono il rilascio dei trasmettitori eccitatori dalle afferenze primarie.
I farmaci narcotici – analgesici, oltre la funzione antidolorifica, possono produrre sensazioni di euforia o stimolazione psicologica, false sensazioni di invincibilità ed illusione di possibilità atletiche al di sopra di quelle realmente possedute; inoltre innalzano la soglia del dolore al punto tale che gli atleti possono non accorgersi di eventuali danni subiti e quindi subirne ancor più gravi, o percepire come innocue situazioni pericolose, ponendo se stessi e gli altri ad un rischio di incidente ben più grave.
Queste sostanze possono inoltre produrre dipendenza fisica, dando origine ai numerosi problemi connessi con la tossicodipendenza; la morfina ed i suoi analoghi chimici e farmacologici è un tipico esempio di sostanza narcotico – analgesica. La maggior parte di questi farmaci presenta come effetto principale una depressione dell’attività respiratoria in funzione della dose assorbita che, nei casi più gravi, può provocare una morte improvvisa. Tra gli altri effetti si ricordano bradicardia, repressione della tosse, miosi, stipsi, rigidità del tronco, nausea, vomito, riduzione della funzionalità renale, possibilità di coliche biliari, aumentato rilascio dell’ormone antidiuretico (ADH), del GH, della prolattina, diminuito rilascio dell’LH e quindi diminuita produzione di testosterone.
Alcune caratteristiche di questi farmaci vengono riportate nella tabella che segue.

Farmaco Tipo Dose terapeutica (mg) Dose letale(mg) Emivita Concentraz.Plasmatica (ug/mL)
Morfina Nat. 10 - 20 200 1.8 – 2.9 h 0.7
Eroina (diacetilmorfina) Nat. 5 - 10 100 - 200 38 m 0.4
Etilmorfina Nat. 6 - 30 500
Diidromolrfinone Nat. 2 - 5 100
Petidina Sin. 50 - 200 2000 3.2 h 4.3 (e.v) 12 (os)
Alfaprodina Sin. 20 - 60 60 - 120 2.2 h 0.62
Anileridina Sin. 25 – 50 500 0.9 – 2.0
Levorfanolo Sin. 2 - 4 8 - 10 0.8 – 2.7
Metadone Sin. 50 – 600 (os) 500 - 800 15 h 1
Pentazocina Sin. 30 - 100 2.1 h 1 - 5
Destromoramide Sint. 5 - 20

L’abuso dell’utilizzo di farmaci narcotico – analgesici nello sport si è talmente diffuso che la Commissione Medica del CIO ha incluso questi farmaci nell’elenco delle sostanze proibite, inserimento comunque derivato dalle restrizioni internazionali, stabilite dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità, nei confronti del loro trasporto e della loro commercializzazione.
Alcuni narcotici – analgesici come la codeina, la diidrocodeina, il difenossilato, la folocodina ed il propossifene non sono proibiti e possono essere utilizzati, come gli antinfiammatori non steroidei quali l’aspirina, i derivati dell’acido antranilico, i derivati dell’acido mefenamico, e composti come il sulindac e l’indometacina. La Commissione Medica ha inoltre comunicato agli atleti ed ai medici sportivi di non utilizzare queste sostanze permesse se associate in preparazioni farmacologiche contenenti le sostanze proibite comprese nell’elenco.

Agenti anabolizzanti (1C)
Appartengono a questa categoria le sostanze riportate qui sotto:
• Androstenedione
• Metandienone
• Bolasterone
• Metenolone
• Boldenone
• Metandrostenolone
• Clenbuterolo (beta -2- antagonista)
• Metiltestosterone
• Clostebol
• Nandrolone
• Danazolo
• Noretandrolone
• Danocrine
• Ossimetolone
• Deidroclorometil Testosterone
• Oxandrololone
• DHEA Stanozololo
• Diidrotestosterone
• Testosterone
• Fluossimesterone
• Zeranol
• Mesterolone
Gli steroidi anabolizzanti androgenici sono dei derivati dell'ormone maschile testosterone.
Questi androgeni sono farmaci legittimamente prescritti per usi terapeutici.Infatti si usano per bambini od adolescenti per trattare una pubertà ritardata,aplasia,anemia ed ipogonadismo. Negli adulti gli steroidi sono utilizzati con successo per particolari tipi di nemie,nell'angioedema ereditario,in alcune condizioni morbose ginecologiche,per l'anabolismo proteico, e nell'ipogonadismo maschile. In ultimo; possono giuocare un ruolo importante nel trattamento dell' osteoporosi.
L'uso degli steroidi anabolizzanti per scopi non terapeutici non è un fenomeno nuovo.Il primo rapporto sull'uso di queste sostanze risale all' anno 1954 e dieci anni più tardi il loro utilizzo era già largamente diffuso.
Malgrado l'uso degli steroidi anabolizzanti da parte degli atleti esista da circa 40anni,soltanto da pochi anni sono stati introdotti dei test per la rilevazione di queste sostanze. Gli steroidi anabolizzanti espletano la loro azione aumentando la sintesi proteica,incrementando la massa corporea e il bilancio di azoto attraverso parecchi meccanismi. Molte cellule del corpo, inclusi i muscoli scheletrici, possiedono dei recettori per legare il testosterone od ormoni simili.La formazione di un complesso steroide-recettore induce la produzione degli enzimi responsabili dell'attivazione della sintesi proteica.Uno degli enzimi che inducono questo processo é la RNA-polimerasi. Biochimicamente la RNA-polimerasi attiva la sintesi ed il metabolismo cellulare delle proteine promovendo l' azione anabolica che conduce all' aumento dei muscoli, della massa corporea e quindi della forza. Gli steroidi anabolizzanti possono altresì portare all'aumento della massa corporea attraverso effetti anticatabolizzanti. Durante episodi di stress,come un intenso esercizio fisico,il corpo rilascia glucocorticoidi che hanno un effetto catabolico sui tessuti.Gli steroidi anabolizzanti competono con i glucocorticoidi per i siti recettori inibendo la degradazione proteica.Altresì gli steroidi anabolizzanti promuovono la ritenzione dell'azoto attraverso lo spostamento dell'equilibrio dell'azoto verso una favorevole e positiva utilizzazione per la formazione delle proteine.Per ottenere il massimo dei benefici da questo effetto,gli atleti debbono mantenere una dieta elevata in calorie e proteine mentre assumono gli steroidi anabolizzanti.Infine gli steroidi anabolizzanti riescono ad aumentare la forza e le masse muscolari attraverso effetti psicologici; infatti gli atleti che assumono steroidi anabolizzanti frequentemente manifestano episodi di euforia, aumento dell'aggressività e diminuzione della sensazione di fatica, tutte sensazioni che possono portare ad espletare attività faticose per periodi più lunghi del consueto.
Gli steroidi sintetici hanno la struttura base del testosterone umano ed ad essa sono legati sia l' effetto anabolizzante (aumento della massa muscolare) che l' effetto androgenico (mascolinizzazione).
Fisiologicamente i due effetti non possono essere separati. Quando l'ormone si lega con i recettori dei vari tessuti,lo stesso tipo di recettore produce effetti anabolici ed androgenici a seconda delle parti del corpo cui lo stesso si lega.Il nome più appropriato per queste sostanze dovrebbe essere "steroidi anabolizzanti-androgenici" ma questo termine è generalmente abbreviato in steroidi anabolizzanti.
Un tentativo di migliorare gli effetti anabolizzanti e ridurre gli effetti androgenici é stato effettuato attraverso la creazione di più di 40 molecole apportando modifiche chimiche alla struttura dello steroide. Il testosterone è facilmente degradato dal fegato ed i livelli ematici necessari ad espletare l'effetto anabolizzante non vengono raggiunti. Consequenzialmente la molecola del testosterone é stata modificata in tre posizioni diverse (denominate come tipo A, B e C) ed é stato dimostrato l'incremento di efficacia. Tali modifiche sono rappresentate dall'esterificazione del gruppo 17 – Beta idrossilico (tipo A), dall'alchilazione della posizione 17 Alfa (tipo B) e dalla modificazione dell'anello della struttura dello steroide {tipo C). Preparazioni orali sono generalmente relative ai tipi B e C mentre quelle parenterali ai composti di tipo A.
Gli steroidi anabolizzanti possono essere somministrati per via orale o parenterale. Quelli ingeriti per via orale vengono assorbiti dallo stomaco e data la loro scarsa emivita vengono eliminati rapidamente dal corpo umano; a livello epatico sono più tossici degli steroidi iniettabili e hanno un'azione più efficace. Gli steroidi iniettabili sono caratterizzati da una ritardata metabolizzazione, da una eliminazione ridotta (caratteristica questa che consente un aumento della possibilità di determinazione con i test anti-doping per il più lungo periodo di permanenza), da una minore tossicità epatica e da una minore attività rispetto agli steroidi somministrati per via orale. Le preparazioni iniettabili possono essere determinate fino ad un mese dalla somministrazione mentre quelle orali soltanto sino ad un massimo di due settimane in caso di somministrazione discontinua. Gli atleti confidano molto sulle dicerie o sugli aneddoti come guida ai protocolli di somministrazione degli steroidi anabolizzanti. Malgrado non sia supportata da validi presupposti scientifici é frequentemente utilizzata una tecnica definita come "stacking (stoccaggio, ammassamento)" che implica l'uso concomitante di due o più steroidi ad alte dosi. La combinazione dovrebbe coinvolgere sia la somministrazione orale che quella parenterale. Gli atleti sembra che utilizzino uno schema di tipo piramidale, iniziano infatti con bassi dosaggi, raggiungono il picco (talvolta assumendo da tre a cinque farmaci) e lentamente diminuiscono la dose d'uso per un periodo di tempo che può andare dalle 4 alle 18 settimane. Questo tipo di protocollo piramidale é seguito da un periodo di astinenza che può durare da alcune settimane ad alcuni mesi ; questo processo é definito come "ciclo". Durante il picco del protocollo piramidale gli atleti possono assumere quantità maggiori di 10 - 100 volte rispetto quelle previste dai normali trattamenti terapeutici. Non esiste alcun presupposto scientifico che tale pratica sia indispensabile per raggiungere l'effetto anabolizzante.
L'aumento di peso é comunemente associato all'uso degli steroidi anabolizzanti ed ha stimolato lo studio della variazione della composizione del corpo. La letteratura internazionale riporta un aumento medio del peso di 2.2 Kg in soggetti che assumono anabolizzanti per un periodo di 3 -12 settimane. Se questo aumento di peso sia da attribuire ad un effettivo incremento della massa corporea od ad un aumento della ritenzione idrica non è stato completamente accertato. Benché studi radiografici e misure della densità corporea indicano un aumento dei muscoli e della massa questo aumento non sembra essere proporzionato all'aumento del Sodio e dell'Azoto. Tuttavia non é ancora stato chiarito se l'aumento del peso corporeo sia legato all'aumento dei muscoli normali, altri tessuti magri od all'aumento dei liquidi intracellulari.

GLI EFFETTI NEGATIVI
Benché i potenziali benefici derivanti dall'uso degli steroidi anabolizzanti rimangono discutibili l'effetto immediato ed a lungo termine é stato ben accertato. Gli steroidi anabolizzanti sono stati associati all'infarto del miocardio ed a malattie dell' emisfero cerebro-vascolare. Alcune affermazioni di atleti ritiratisi attività agonistica indirizzano l'abuso di steroidi anabolizzanti come causa della loro miocardiopatia. Altri comuni effetti dannosi coinvolgono il sistema epatico, endocrino, cardiovascolare, immunologico, riproduttivo e psicologico.
L'estensivo metabolismo degli steroidi anabolizzanti assunti in forma orale da origine a significativi effetti epatotossici. Le anomalie epatiche causate dall'uso di questi farmaci sono generalmente reversibili se gli stessi vengono somministrati in modo discontinuo. Gli steroidi assunti per via orale possono causare colestasi, itterizia e spesso una condizione associata esclusivamente all'uso di steroidi per via orale quale l' epatite peliosica. L' epatite peliosica è la formazione nel fegato di sacche piene di sangue la cui rottura può causare una fatale emorragia.
Gli steroidi anabolizzanti hanno effetti drammatici sul sistema riproduttivo dovuti alle loro caratteristiche androgeniche. Significative diminuzioni del testosterone sono state dimostrate in soggetti di sesso maschile che assumevano da 15 a 150 mgl/die di steroidi anabolizzanti. L'androgene esogeno causa atrofia testicolare che può essere irreversibile (castrazione chimica). Gli steroidi anabolizzanti esogeni sostituiscono il testosterone nel sistema di feed-back negativo relativo al sistema pituitario ed ipotalamico con il risultato di produrre una diminuzione delle gonadotropine. La riduzione delle concentrazioni dell'ormone pituitario cellulo-stimolante (ICSH) e dell'ormone follicolo stimolante {FSH) é la causa della diminuzione della produzione di testosterone da parte dei testicoli.
I cambiamenti fisici associati agli steroidi anabolizzanti ed al sistema riproduttivo includono un ingrossamento della prostata, diminuzione del 90% della produzione di spermatozoi, atrofia testicolare, impotenza e ginecomastia. Il numero di spermatozoi generalmente ritorna nella norma in caso di sospensione della somministrazione comunque la sterilità è stata registrata sino a 7 mesi dopo la cessazione dell'assunzione del farmaco. La ginecomastia è uno degli effetti meglio conosciuti degli steroidi anabolizzanti ed è caratterizzata da placche subareolari unilaterali o bilaterali, come bottoni, di tessuto. La ginecomastia è causata dagli estrogeni estradiolo ed estrone che vengono prodotti quando gli androgeni sono convertiti nel tessuto extraghiandolare. I livelli di estradiolo negli atleti che praticano l'assunzione di steroidi del tipo stacking possono superare di 7 volte quelli riscontrabili nella fase ovulatoria delle donne. I tentativi di utilizzo di estrogeni inibitori come la gonadotropina corionica umana o tamoxifen non hanno dato successi soddisfacenti. In casi estremi lo sviluppo di tessuto mammario non é totalmente reversibile e deve essere praticata la mastectomia.
E' stato inoltre messo in evidenza nell'abuso di queste sostanze un incremento della fragilità dei muscoli tendinei, derivante dalla riduzione della loro elasticità ed è stato accertato che l'incremento della forza muscolare associato ad una minore elasticità facilita l'evento di stiramenti o rotture. Nei giovani gli steroidi causano una prematura chiusura delle epifisi con una conseguente diminuzione dell'altezza da adulti.
L'uso degli steroidi anabolizzanti é stato messo in correlazione con una alterazione del metabolismo lipidico. L'aspetto più consistente degli effetti degli steroidi anabolizzanti consiste in un significativo aumento del colesterolo sierico ed in una diminuzione del colesterolo (circa il 50"%) ad alta densità (HDL). I ridotti livelli di HDL sono di tale entità che é stato suggerito di utilizzare tale indice come test di screenig essendo la determinazione urinaria molto costosa. Aumenta invece la produzione di lipoproteine LDL e dopo due mesi di trattamento con steroidi é stata evidenziata una triplicazione del rapporto LDL/HDL. Questo effetto potrebbe non essere irreversibile (ma non c’è certezza); infatti, le concentrazioni di HDL talvolta ritornano ai valori iniziali dopo 7 mesi dalla sospensione dei farmaci. Durante il periodo di non uso dei farmaci si riscontra un aumento dei livelli delle HDL ed una riduzione dei livelli delle LDL. benché gli studi abbiano dimostrato una relazione diretta tra i bassi livelli di HDL e i danni alle arterie coronariche gli effetti a lungo termine della somministrazione degli steroidi anabolizzanti sullo sviluppo di arteriosclerosi delle arterie coronariche non sono stati ancora ben determinati.
Gli aspetti psicologici che vengono alterati dalla somministrazione degli steroidi anabolizzanti comprendono euforia, aggressività, irritabilità, tensione nervosa, cambiamenti della libido, mania e psicosi. Fino all'80% dei soggetti che usano steroidi sono aggressivi e violenti durante il periodo del loro utilizzo. Altresì delusione, allucinazioni, anoressia, imperatività e megalomania sono stati correlati all'uso di steroidi anabolizzanti. Gli atleti potrebbero inoltre sviluppare depressione clinica durante il periodo di non somministrazione e questo fatto fa insorgere un ulteriore problema legato alla dipendenza farmacologica quando gli stessi vengano sottoposti a cicli discontinui di somministrazione.
La somministrazione di steroidi anabolizzanti è cominciata ad essere comune anche nelle donne e non sono stati documentati effetti diversi da quelli registrati nei soggetti di sesso maschile. Gli effetti riscontrati includevano, mascolinizzazione della voce, ingrossamento del clitoride, aumento della libidine, oligo od amenorrea, aumento dell'aggressività, acne, crescita dei peli del corpo e diminuzione dell'adipe. E' stato inoltre rilevato che l'ingrossamento del clitoride e la mascolinizzazione della voce rappresentano effetti irreversibili.

Diuretici (1D)
Appartengono a questa categoria le sostanze riportate qui sotto
• Acetazolamide
• Diclofenamide
• Acido Etacrinico
• Furosemide
• Amiloride
• Idroclorotiazide
• Bendroilumetazide
• Mannitolo
• Benzotiazide
• Mersalyl
• Canrenone
• Spironolattone
• Clomerodrin
• Torsemide
• Clortalidone
• Triamterene
I diuretici sono farmaci usati nella pratica clinica per il trattamento dell'ipertensione ed in diversi tipi di edemi. I diuretici aumentano l'escrezione renale di acqua ed elettroliti come conseguenza della loro azione di disturbo sul trasporto ionico nel nefione. Questa azione interferisce con il riasssorbimento tubulare del sodio e da origine ad un aumento della escrezione renale che é accompagnato dall'eliminazione di acqua. I diuretici possono essere classificati a seconda della loro struttura chimica, del loro meccanismo di azione, del loro sito primario di azione sul nefione, e della loro attività diuretica. Quelli con azione primaria sul tubulo prossimale includono gli inibitori dell'anidrasi carbonica come l'acetazolamide e la diclofenamide che sono derivati solfonammidici, la loro efficacia diuretica è bassa infatti provocano l'escrezione di meno del 5% del sodio filtrato. La massima efficacia (escrezione di più del 15% del sodio filtrato) é raggiunta con quei farmaci che esercitano la loro maggiore attività nel tratto ascendente dell'ansa di Henle attraverso l'inibizione del sistema elettrolitico sodio-potassio-cloro. A questo gruppo appartengono i derivati solfonammidici come la furosemide, bumetanide e piretanide, e gli acidi fenossiacetici come l'acido etacrinico. I diuretici benzotiazinici e relativi composti (clortalidone, indopamide) agiscono come sito primario di azione sulla prima porzione del tubulo distale, diminuendo il riassorbimento del cloruro di sodio e essi sono considerati di media efficacia in quanto l'escrezione del sodio risulta essere compresa tra il 5% ed il 10% del Sodio fltrato. Il più importante sito di azione dei diuretici denominati potassio-economizzatori (spironolattone, amiloride e triamterene) è il lato distale del tubulo e il dotto collettore dove viene inibito lo scambio del sodio con il potassio e lo ione idrogeno: questi farmaci hanno bassa efficacia diuretica e differiscono sia chimicamente che per il loro meccanismo di azione. C'è inoltre un altro gruppo di farmaci di bassa efficacia diuretica il cui meccanismo di azione è basato su principi osmotici (diuretici osmotici).
L'uso dei diuretici é stato proibito dalla Commissione Medica del CIO perché è stato dimostrato che essi vengono utilizzati nel doping per due ragioni: per abbassare il peso prima delle competizioni negli sport che implicano categorie di peso e per mascherare l'ingestione di altri agenti dopanti riducendo la loro concentrazione nelle urine. Questi scopi vengono realizzati attraverso l'aumento dell'escrezione urinaria ed attraverso l'aumento del pH dell'urina stessa (inibitori dell' anidrasi carbonica) che provoca una riduzione dell' escrezione delle sostanze dopanti con caratteristiche basiche.
La perdita di peso dovuta ai diuretici é stata descritta da diversi autori ed i valori oscillano tra il 2% ed il 4% a seconda della dose e del tipo di diuretico utilizzato. L'aumento del volume di urine può essere un indice indiretto della perdita di peso e può variare tra gli 800-1600 mL in 3 o 4 ore. L'effetto dei diuretici sull'escrezione di altri farmaci è stato altresì ben studiato. La somministrazione di acetazolamide riduce l'escrezione di agenti dopanti basici come la mefenteimina, fentermina, etilamfetamina ed amfetamina ed é dovuto, come precedentemente esposto, a1l'aumento del pH dell'urina. La concentrazione urinaria di questi composti può essere ridotta al di sotto dei limiti di sensibilità dei metodi utilizzati nei dei routinari test antidoping. Inoltre la lunga permanenza di queste sostanze nel corpo può produrre un aumento del metabolismo di alcuni composti per cui difficilmente possono essere individuati. Diuretici ad elevata efficacia come la furosemide e la bumetanide, agiscono solamente attraverso la diluizione delle urine senza effetti sulla escrezione dei farmaci.
Agli scopi del controllo doping deve essere presi nella giusta considerazione sia il metabolismo che l'escrezione urianaria dei diuretici tal quali. La maggior parte dei diuretici, infatti, sono escreti nelle urine tal quali con un range di eliminazione molto ampio che va da 99% per l'acetazolamide al 4%-12% per il triamterene. Perciò le procedure di screening per la rilevazione dei diuretici sono state sviluppate ed indirizzate per evidenziare il farmaco allo stato puro sebbene per alcuni composti come lo spironolattone, che viene facilmente e completamente metabolizzato ed escreto nelle urine come canrenone, ciò non sia possibile.

Peptidi, ormoni glicoproteici ed analoghi (1E)
Gonadotropine Corioniche(HCG)
E' molto ben conosciuto che la somministrazione ad uomini di HCG ed altri composti con relativa attività comporta un incremento della produzione di steroidi androgenici, questo fenomeno è considerato equivalente alla somministrazione di Testosterone.
Corticotropina (ACTH)
La Corticotropina è stata utilizzata per innalzare il livello ematico di corácosteroidi endogeni, è da notare che provoca una sensazione di euforia tipica di quest'ultimi. La somministrazione di corticotropina è considerata essere equivalente alla somministrazione orale, intramuscolare, endovenosa di corticosteroidi.
Ormone della crescita (Somatotropo - h-GH)
L'ormone umano (GH) della crescita appartiene alla famiglia delle proteine sintetizzate dall'ormone pituitario somatotropo anteriore il cui polipeptide é costituito da un monomero è di 22.000 u.m.a. e costituito da 191 amminoacidi. L' ormone della crescita é usato a scopi terapeutici per ripristinare il deficit dello stesso nelle patologie pediatriche.
La ghiandola pituitaria umana contiene tra 5 e 10 mg di GH con una produzione giornaliera di 0.4 - 1.0 mg negli uomini e con valori leggermente più alti negli adolescenti e nelle donne. I valori sierici sono variabili nell'arco della giornata a causa di un rilascio intermittente e pulsatile con una media di 0. 5 - 3.0 ug/ml e sono influenzati da un certo numero di fattori. L' emivita del GH oscilla tra i 15 ed i 45 minuti. La secrezione di GH é controllata attraverso un ciclo di feed-back che coinvolge l'ormone rilasciante il GH (GHRH) e l'ormone inibente il rilascio della somatotropina (SRIH). Il rilascio dell'ormone della crescita può essere influenzato da molteplici fattori incluso il sonno, l'esercizio, lo stress,l' ipoglicemia, gli agonisti alfa adrenergici, i livelli di GH e gli agonisti dopaminergici. L 'ormone della crescita aumenta in risposta all' ipoglicemia ed all'esercizio ed il più elevato flusso di GH si ha approssimativamente 60-90 minuti dopo l'inizio del sonno. Con il successivo rilascio di GH, la ghiandola pituitaria comincia a non rispondere, per alcune ore, alle più lontane stimolazioni dando origine così ad un ciclo di feedback negativo. Questa risposta si verifica sia nel caso di rilascio endogeno che nel caso di somministrazione esogena di GH. Il risultato di una somministrazione esogena è la sottoregolazione del rilascio endogeno di GH. La primaria fruizione del GH è il promuovere la crescita attraverso la generazione di somatomedina, specificamente chiamata (IGF-1) fattore di crescita insulino dipendente. La IGF-1 promuove l'anabolismo facilitando la crescita dei muscoli, della cartilagine e delle ossa. L'aumento del deposito delle proteine (effetto anabolico) è dovuto all'aumento delle sintesi proteica cellulare, con conseguente riduzione del catabolismo proteico. Il GH mediatore della crescita è differente dal GH che viene prodotto come risultato di un lavoro. L'ormone della crescita ha un potente effetto sul metabolismo dei carboidrati e dei lipidi e come conseguenza provoca una riduzione del metabolismo del glucosio e delle proteine in quanto indirizza il metabolismo ossidativo verso l'uso degli acidi grassi. I risultati della somministrazione del GH si manifestano in una diminuzione dei depositi periferici di grasso, in un aumento dei depositi di lipidi a livello epatico ed in un aumento nel plasma degli acidi grassi liberi. I suoi effetti lipolitici ed anabolizzanti che consentono di diminuire il grasso ed aumentare la massa magra del corpo hanno indotto molti praticanti del "culturismo" ad abusare di questa sostanza.
Il dosaggio terapeutico nei soggetti deficitari di GH va dai 0.06 mg/Kg a 0.01 mg/Kg per tre volte alla settimana a seconda delle specifiche richieste mediche. Il GH è attualmente disponibile sotto forma di ormone umano della crescita ricombinante (r-GH) ed é correntemente utilizzato per impedire l'insorgenza della malattia di Creuzfeldt-Jacob. Attualmente sono disponibili due forme di r-GH di cui una contiene l'intera naturale sequenza e l'altra contiene un residuo metioninico addizionale. Alcuni atleti hanno riferito di aver assunto quantità sino a 20 volte superiori la dose terapeutica nella speranza di ottenere alcuni degli effetti degli anabolizzanti senza essere individuati mentre tra altri é frequente l'assunzione di propanololo, vasopressina, clonidina e levodopa allo scopo di stimolare la secrezione endogena di GH.
L'osservazione, in individui acromegalici, dell'aumento della dimensione dei muscoli senza un concomitante aumento della forza ha indotto ad intraprendere uno studio per valutare gli effetti derivanti dalla somministrazione dell'ormone in soggetti sottoposti ad esercizio fisico. I risultati ottenuti non forniscono una risposta univoca ed esauriente sia per le difficoltá oggettive relative all'allestimento di un protocollo riproducibile sia per l'impossibilità di protrarre questo tipo di ricerca per lungo tempo.
Gli effetti collaterali che sono associati a somministrazione di elevate quantità di GH sono rappresentati da acromegalia con associata miopatia, neuropatie periferiche, intolleranza al glucosio, aumenti plasmatici del colesterolo e dei trigliceridi, malattie arterio coronariche e cardiomiopatie. Negli atleti in prepubertá, eccessive quantità di GH provocano il gigantismo. Gli effetti muscoloscheletrici e cardiaci associati alla somministrazione di GH possono essere irreversibili, spesso anche dopo la sospensione dell'ormone.
GH umano, GH sintetico, fattori rilascianti il GH sono tutte sostanze proibite dal CIO. L'elevato costo di questa sostanza ne limita la diffusione. Non esistono test al momento (ma alcuni studiosi sono molto vicini) per valutare una pregressa somministrazione di r-GH.

Eritropoietina
L' eritropoietina (EPO) é una glicoproteina prodotta dal rene che funziona come regolatore della sintesi dei globuli rossi. Ha un peso molecolare di 36.000 u.m.a. ed é composta da 166 aminoacidi, ha una emivita valutabile in 6-9 ore. Approssimativamente il 90% dell' eritropoietina é sintetizzata dalle cellule della corticale renale mentre il restante è sintetizzato in siti extrarenali e principalmente nel fegato. L'eritropoietina ricombinante (r-EPO) è comparsa in Europa nel 1987 e negli Stati Uniti nel 1989. L'EPO ricombinante é quasi identica all'EPO naturale, sia dal punto di vista biochimico che immunologico in quanto sussistono solo piccole differenze. Il processo per produrre la r-EPO commerciale utilizza si basa sull'uso, come ricombinante, dell'acido desossiribonucleico (DNA) ottenuto dalle cellule ovariche di criceto cinese.
L'eritropoietina e l'r-EPO sono utilizzate specificamente per aumentare la resistenza degli atleti in condizioni anaerobiche in quanto producono effetti similari a quelli ottenuti con il doping per trasfusione. L'eritropoietina é il fattore più importante per la stimolazione, proliferazione e maturazione delle cellule staminali del midollo spinale che trasformandosi aumentano il rapporto di produzione dei globuli rossi. L'ipossia, con la conseguente diminuzione del flusso sanguigno renale, o bassi livelli dell'emoglobina circolante stimolano la produzione di EPO attraverso questi siti. Nel midollo spinale normale, le cellule staminali, si differenziano con una maturazione ritardata in colonie eritroidi formate da BFU-E (burst-forming-units), queste replicano e si differenziano prima in colonie eritroidi CFU-E (colony-forming-units) e successivamente in globuli rossi maturi. Questo processo normalmente dura 7 giorni, nei primi due giorni non appaiono nuovi globuli rossi ma questi dal quinto giorno in poi raggiungono il picco di produzione. Nei pazienti con blocco renale l' EPO viene somministrata in dosi pari a 150 U/Kg per tre volte alla settimana con, se necessario, una modifica della posologia a seconda della risposta. L'emivita dell'r-EPO somministrata per via endovenosa é approssimativamente di 5-11 ore, mentre per via sottocutanea è di ca. 25 ore e dipendente dal dosaggio, con un picco di concentrazione dopo 15 ore dalla somministrazione.
I benefici ergogenici dell' EPO derivano dal rapido rilascio da parte del midollo di reticolociti, dalla stimolazione della megacariocitopoiesi, dall'aumento dell'emoglobina derivante dai precursori delle serie rossa, dalla proliferazione di BFU-E e dalla differenziazione delle CFU-E. Il risultante aumento dei globuli rossi aumenta la capacita di trasporto di ossigeno conseguentemente aumentando la disponibilità dello stesso nei tessuti. L'aumentata disponibilità di ossigeno nei tessuti é dimostrata dall'aumento della produzione di adenosintrifosfato (ATP) e dal miglioramento delle prestazioni aerobiche.
Somministrazioni di EPO pari a 600 U/lKg. per via endovenosa due volte alla settimana producono un aumento del volume dei globuli rossi del 41%, dell'ematocrito di oltre il 10%, dei limiti di resistenza di oltre il 17%, dell massimo consumo di ossigeno dell' 8% e della pressione sistolica sanguigna dell' 8%.
I DANNI
Gli effetti avversi derivanti dall'EPO o dall'r-EPO sono dovuti all'incremento della produzione dei globuli rossi e sono dose dipendenti. L'ipertensione e l'iperviscosità (ematrocrito al di sopra del 50%) del sangue sono due potenziali effetti avversi. Gli atleti infatti sono particolarmente sensibili sia agli effetti dell'iperviscositá sia agli effetti biologici derivanti dall'aumento dei globuli rossi che si protraggono per tutta la vita degli stessi (sino a 120 giorni): effetti che possono essere esacerbati durante attività agonistica poiché la disidratazione conseguente aumenta l'iperviscositá. I sintomi dell' iperviscosità inducono mal di testa, vertigini, cambiamenti della visione, angina, claudicazione. Gli atleti possono inoltre andare incontro ad eventi di ipossia tromboembolica a causa dell'ispessimento del sangue. Parecchi ciclisti europei sono misteriosamente scomparsi (spesso mentre stavano dormendo) tra il 1987 ed il 1990, anni che coincidono con la comparsa sul mercato europeo dell'r-EPO. E' stato ipotizzato che a questi atleti sia stata somministrata l'EPO e che la stessa abbia prodotto uno sludging vascolare che, amplificato dalla disidratazione, ha causato una occlusione delle arterie coronariche.
Il doping del sangue, di qualunque tipo sia (incluso l'uso dell'EPO) é proibito, dal CIO, dalla NCAA e dall'USOC. Sfortunatamente la determinazione della sostanza é particolarmente difficile sia perché l'EPO ricombinante mostra pochissime differenze dall'EPO naturale sia per perché tale sostanza viene rapidamente rimossa dall'organismo; forse successivi progressi tecnologici consentiranno di poterla differenziare. Uno dei parametri indiretti che possono aiutare ad evidenziare questo tipo di doping é la determinazione dell'età dei globuli rossi, infatti, gli atleti che utilizzano l'EPO presentano una quantità di globuli rossi giovani più elevata che nei soggetti normali.

FARMACI SOGGETTI A RESTRIZIONE D'USO
Alcool etilico(3A)
Nella maggior parte degli sport l'alcool non viene considerata sostanza proibita ma comunque il CIO può richiedere la sua determinazione su sangue o sull'alito. In caso di positività all'atleta potrebbero essere somministrate sanzioni disciplinari.
Mariuana (3B)
La mariuana, come l'etanolo, nella maggior parte degli eventi sportivi non viene considerata come sostanza proibita. Comunque in caso di positività alla ricerca dei cannabinoidi il CIO può emettere sanzioni disciplinari. La sostanza chimica attiva è il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) che espleta la sua azione con meccanismi biochimici ancora non ben conosciuti. Tra gli effetti indesiderati si riscontrano reazioni di panico, psicosi acute, allucinazioni visive, sedazione e compromissione del tempo di reazione.
Anestetici locali (3C)
Gli anestetici locali iniettabili sono consentiti sotto le seguenti condizioni:
1. Sono permessi la bupivacaina,la mepivacaina,la procaina etc.ma non é permessa la cocaina.
Farmaci vasocostrittori { ad esempio l'adrenalina} possono essere associati agli anestetici locali.
2. Sono consentite soltanto iniezioni locali od intrarticolari di questi farmaci e soltanto quando medicalmente necessario
3. Quando giustificato dal punto di vista medico,i dettagli clinici {inclusa la diagnosi,la dose di anestetico ed il tipo di somministrazione} debbono essere immediatamente inviati per iscritto ai preposti dalle Federazioni
Corticosteroidi (3D)
I corticosteroidi naturali e sintetici (cortisone, prednisone) sono per lo più utilizzati come farmaci antinfiammatori per ridurre il dolore. Se somministrati in modo sistemico essi influenzano la naturale produzione di corticosteroidi nel corpo. I corticosteroidi possono produrre cambiamenti d'umore come euforia od altri tipi di effetti. Il loro uso medico, ad eccezione del trattamento topico, richiede il controllo medico. L'uso dei cortcosteroidi é proibito ad eccezione dell'uso topico (orecchio, occhi e pelle), per inalazione (asma, allergia e riniti) e per via intrarticolare che comunque deve essere segnalato per iscritto dal medico curante ai responsabili delle Federazioni interessate. L'uso per via rettale é altresì proibito.

Beta bloccanti (3E)
I beta bloccanti appartengono alla categoria dei farmaci antiaritmici ad azione simpaticolitica ed inseriti nella seconda classe. Dal punto di vista della ricerca farmacologica questi farmaci sono in continua evoluzione vista la necessità clinica di pervenire a sostanze che espletino una azione antagonista pura sui recettori beta. Infatti farmaci quali il practololo, l’acebutolo, l’alprenololo, l’oxoprenololo ed il pindololo espletano anche una lieve azione simpaticomimetica; quest’ultima attività comunque è di grande aiuto in quanto rappresenta una caratteristica protettiva in caso di sovradosaggio e di intossicazione. Il loro meccanismo d’azione consiste nella formazione di un legame altamente specifico con i recettori beta. L’azione farmacologica e tossica di questi farmaci deriva dal blocco funzionale delle strutture che sono regolate da tali recettori . La tossicità di queste sostanze è estremamente variabile e si può manifestare, in soggetti ipersensibili già alle normali dosi terapeutiche mentre, in soggetti normali, si possono somministrare dosi assai elevate senza la comparsa di segni collaterali. In definitiva la tossicità di questi farmaci è legata più alla condizione del paziente che alla dose somministrata; gli effetti collaterali più consistenti sono associasti a patologie quali l’insufficienza cardiaca, il blocco atrio ventricolare parziale, l’asma, il broncospasmo, l’ipotiroidismo e l’ipoglicemia grave. Altresì è molto pericolosa l’associazione con i composti digitalici e simpaticomimetici alfa o beta stimolanti.
Gli effetti più gravi legati alla somministrazione eccessiva di questi farmaci comprendono la depressione dell’attività cardiaca e la broncocostrizione. Nelle intossicazioni acute si possono riscontrare anche convulsioni e coma sebbene non si possa ritenere che tali eventi siano associati alla neurotossicità di questi farmaci che, in alcuni casi, sono in grado di penetrare rapidamente nel Sistema Nervoso Centrale. In particolare gli effetti tossici si espletano per lo più a livello cardiaco e producono una forte diminuzione della frequenza cardiaca, della forza contrattile, della portata generale (e coronarica) e del lavoro cardiaco; altresì si rileva inoltre una riduzione della velocità di conduzione sia nel sistema specifico che intramiocardico. Tali effetti vengono amplificati qualora il soggetto sia sottoposto a notevole stress muscolare. Ulteriori effetti riscontrabili a dosi tossiche sono il blocco del metabolismo dei grassi e degli acidi grassi non esterificati, della secrezione di insulina e di renina.
Il propanololo può essere considerato il capostipite di questo tipo di farmaci che, diversi per alcune caratteristiche di specificità e d’azione, producono in caso di intossicazione gli stessi effetti. Tale sostanza viene assorbita dal tratto digerente e presenta un picco plasmatico in circa due ore, l’emivita è relativamente breve (2 – 4 ore); la somministrazione di quantitativi pari a 2gr da origine a conseguenze estremamente gravi: la dose letale è considerata essere pari a 5 – 6 gr. La Commissione Medica del CIO ha recensito le indicazioni terapeutiche per l’uso dei farmaci beta bloccanti e fatto notare che esistono attualmente una serie numerosa di farmaci alternativi per il controllo dell’ipertensione, delle aritmie cardiache e dell’angina pectoris. Dato il continuo abuso di bata bloccanti la Commissione Medica si è riservata il controllo di questi in alcuni sport. Gli sport implicanti nella ricerca di questi farmaci sono dissimili da quelli che prevedano eventi di resistenza per i quali sono necessari periodi di elevata frequenza cardiaca nonché comportino la formazione di grandi quantità di metaboliti, infatti, in questi casi i beta bloccanti potrebbero seriamente ridurre le performance agonistiche. La lista degli sport in cui i beta bloccanti vengono ricercati include, negli sport invernali, il Biathlon, il Bob, il salto dal trampolino; tra gli sport estivi il tiro con l’arco, gli sport equestri, la ginnastica, il penthatlon moderno, il nuoto sincronizzato, la scherma, la vela, il tiro.

I BETA BLOCCANTI
• Acebutololo
• Alprenololo
• Atenololo
• Betassololo
• Bisoprololo
• Bunololo • Labetalolo
• Metoprololo
• Nadololo
• Oxprenololo
• Propanololo
• Sotalolo
Sviluppi futuri
L'introduzione di verifiche al di fuori delle competizioni ha reso possibile un approccio più concreto del controllo del doping nella pratica sportiva malgrado tale prassi non sia a tutt'oggi praticata da tutte le Federazioni internazionali afferenti al CIO. Bisogna tener presente che molte delle sostanze proibite, in particolare gli anabolizzanti, vengono ingeriti qualche mese prima delle competizioni allo scopo di aumentare la forza e la massa muscolare. I controlli comunemente eseguiti nelle competizioni non riescono a rilevare questo tipo di doping in quanto la maggior parte di questi farmaci viene eliminata dal corpo molto tempo prima dei controlli. A riprova della diffusione di tale pratica è il fatto che ben il 43% dei test di controllo effettuati al di fuori delle competizioni ha dato esito positivo.
La determinazione dell'abuso di farmaci nello sport viene generalmente effettuata attraverso l'identificazione nelle urine del farmaco tal quale, dei suoi metaboliti o di ambedue. Questo approccio in futuro può essere integrato da altri metodi basati su differenti strategie analitiche e differenti materiali biologici. Le differenti possibilità sono basate sull'analisi di markers indiretti e sulle indagini effettuate su campioni biologici differenti dall'urina come il sangue. La prima alternativa é l'analisi dell'urina per evidenziare indiretti, ma specifici, markers. Un approccio relativamente semplice per determinare un precedente abuso di steroidi anabolizzanti é lo studio del profilo degli steroidi endogeni nelle urine. L'approccio è basato su una alterazione causata da un estensivo abuso di steroidi dell' asse ipotalamo-pituitario-testicolare {o adrenocorticale o una combinazione di questi). Notevoli dati relativi a profili normali e patologici sono già stati accumulati e potrebbero essere utilizzati come valori di riferimento. Gli analiti più adatti ad essere utilizzati per la definizione dei profili individuali sono il testosterone, l'epitestosterone, l'androsterone e l'etiocolanone. L'approccio comunque è abbastanza complesso poiché durante l'abuso di steroidi anabolizzanti diversi non si ottiene un unico profilo steroideo. La seconda alternativa è l'analisi degli agenti sospetti in un differente liquido biologico. Il sangue sembra la scelta migliore ma offre parecchi vantaggi e svantaggi. Il sangue infatti è stato utilizzato per evidenziare le trasfusioni allogeniche dalla Federazione Internazionale di Sci per parecchi anni. L'evidenziazione é basata sulla identificazione di antigeni non compatibili in relazione ai gruppi specifici di ogni singolo individuo. Questo tipo di analisi é stato effettuato per la prima volta nei Giochi Olimpici di Lillehammer nel 1994.
La determinazione del testosterone attraverso il rapporto testosterone/epitestosterone nelle urine é ancora una delle aree più problematiche nel controllo antidoping. Il rapporto T/E infatti è differente in posti differenti. Negli Asiatici per esempio, il rapporto é più basso che nei bianchi e aumenta molto meno con la somministrazione di testosterone. Talvolta sarebbe preferibile, per dirimere i casi dubbi, la determinazione delle sostanze somministrate (propionato, enantato, ed altri esteri del testosterone) in quanto rimangono nel sangue per lunghi periodi dopo la somministrazione. Questo approccio però è difficile, in quanto soltanto quantità in tracce di esteri non idrolizzati sono presenti nel sangue. Con metodi di derivatizzazione sensibili ed accurate estrazioni dei campioni, potrebbe essere possibile un serio approccio.
L' analisi del sangue per la determinazione degli ormoni peptidici è un' altra area di elevato interesse. Un promettente campo é la determinazione dell'eritropoietina ricombinante attraverso la misura delle lievi differenze di mobilitá elettroforetica comparando le isoforme multiple e l'EPO di origine naturale. I risultati preliminari indicano che il principio del metodo è utile benché ulteriori valutazioni sono necessarie prima di usarlo routinariamente.
La terza alternativa è la ricerca di markers indiretti dei farmaci in fluidi biologici o tessuti diversi dalle urine. Per la determinazione dell' abuso di steroidi anabolizzanti attraverso l' analisi del sangue, sono stati proposti numerosi markers. Tra questi, la determinazione della concentrazione dell' ormone luteinizzante (LH), del testosterone, del 17-idrossi-progesterone ed i rapporto tra questi appare il più promettente.
La possibilità di altri materiali, come saliva e capelli, sono interessanti e debbono essere usati. Alcune delle loro proprietà, come l'acquisizione non invasiva di campioni (saliva), o il lungo periodo di permanenza delle sostanze (capelli) possono essere di grande aiuto.
E' nostra opinione comunque che l'approccio alla soluzione del problema debba essere effettuato in modo indipendente. Infatti il problema della rilevazione farmacologica non può essere scisso dal problema riguardante gli aspetti patologici e/o le modificazioni plasmatiche indotte dall'abuso di queste sostanze.
L'ipotesi tecnica per una soluzione integrale del problema deve prevedere un laboratorio integrato ove vengano effettuate contemporaneamente sia le ricerche farmacologiche che gli accertamenti clinici plasmatici atti ad assicurare che le condizioni organiche dell'atleta rientrino nella norma o che comunque non abbiano subito variazioni significative rispetto ai livelli basali soggettivi. E' proprio questo il punto focale della lotta al doping: lo stretto monitoraggio dei parametri clinici dell'atleta. Tale monitoraggio deve essere frequente ed effettuato sia in tempi di attività agonistica che nei tempi di riposo o di allenamento.
Ma per ottenere un successo i parametri chimico-clinici da determinare debbono essere ben individuati e tali da poter essere considerati nel loro insieme come markers specifichi di doping, anche se esiste sempre la possibilità che l'alterazione degli stessi non sia prova documentata dell'assunzione dei farmaci vietati. Un intervento precoce potrebbe portare ad una sospensione cautelativa dell'atleta per motivi di salute e limitare i danni allo stesso nonché, tale soluzione, sarebbe un ott.imo deterrente all'eventuale prosecuzione nell'illecito sportivo.
In conclusione, il controllo del doping, comincia ad essere una ipotesi realizzabile che aiuta a determinare l' abuso di droga nello sport attraverso l' applicazione dello stato dell' arte scientifica.
La conoscenza degli aspetti biochimici e fisio-patologici collegati all'uso delle sostanze, integrata dalla buona pratica di laboratorio e dall'etica medica, qualora applicata ad un programma razionale di monitoraggio bioclinico potrebbe rappresentare un potente mezzo a tutela della salute degli atleti oggi altamente a rischio data la vastità che ha ormai raggiunto il fenomeno doping.

 

LE LEGGI

E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 294 del 18 dicembre 2000, la legge concernente "Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping".
Il provvedimento, che entra in vigore il 2 gennaio 2001, contiene disposizioni di particolare rilevanza, anche di carattere penale, per tutti coloro che praticano attività sportiva o che sono comunque coinvolti nella organizzazione della stessa (CONI, Federazioni sportive nazionali, Discipline sportive associate, Enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive, dirigenti, tecnici, medici e operatori sanitari...) introducendo profonde innovazioni sia alla disciplina che nei criteri e nella metodologia dei controlli antidoping finora vigenti in Italia.

 

Impegno comune contro il doping

L'Associazione Italiana Calciatori, la Lega Nazionale Professionisti, la Federazione Italiana Gioco Calcio, la Lega Professionisti di Serie C, l'Associazione Italiana Allenatori Calcio, l'Associazione Medici Sportivi, l'Associazione Italiana Preparatori Atletici si sono incontrati a Milano nella sede della LNP per esaminare la situazione doping nel calcio e per definire una strategia comune d'iniziative concrete contro tale pratica dannosa e pericolosissima per la salute degli atleti e contraria ai valori dello sport.
I punti salienti
· La preoccupazione è forte e doverosa a causa dell'incremento dei casi di positività accertata al doping che non può far ritenere ancora marginale il fenomeno.
· È stato confermato l'impegno pieno nella lotta al doping, utilizzando le conoscenze scientifiche e fornendo un codice di comportamento che impegni le società, i medici, i calciatori, gli allenatori ed i preparatori atletici.
· Nulla dovrà essere lasciato al caso, anche cogliendo le opportunità offerte dalla Legge n.376 del 14/12/2000. L'impegno, e non potrebbe essere diversamente, è quello di denunciare alle autorità competenti tutti i casi di sospetta commercializzazione e somministrazione di sostanze dopanti di cui si venga a conoscenza.
· Il calcio è un'attività con caratteristiche certamente d'impresa sempre più accentuate, ma mantiene anche una peculiarità sportiva rilevante ed ha un impatto comunicazionale ed emotivo elevatissimo. Da ciò se ne ricavano due imperativi: a) garantire la salute dei propri atleti; b)garantire il messaggio positivo verso i giovani. Per tutti questi motivi AIC, LNP, FIGC, LP Serie C, AIAC, AMS e AIPAC hanno deciso di intensificare ulteriormente la lotta al doping per intervenire da subito affinché il prossimo campionato (stagione sportiva 2001-2002) inizi con un quadro di riferimento rigoroso, netto ed incisivo.

Le proposte operative concordate

1. Formulare ed approvare entro il 30 giugno 2001 un codice di comportamento per calciatori, allenatori, medici sportivi, preparatori atletici e società di calcio. In detto codice dovranno essere previsti gli obblighi di conoscenza dei prodotti somministrati, la certificazione del consenso dei singoli calciatori, una scheda aggiornata dei prodotti somministrati giornalmente dal medico sociale che dovrà essere conservata in società dallo stesso medico.
2. L'attuale schieramento (FIGC, LNP, LP Serie C, AIC, AIAC, AMS, AIPAC) si trasforma in Commissione di consultazione permanente per mantenere un osservatorio continuo che consenta di intervenire tempestivamente, di proporre aggiornamenti delle norme nella lotta al doping alle autorità competenti. La Commissione potrà avvalersi di contributi d’alto valore scientifico che possano offrire un quadro certo e rigoroso della situazione attuale; possano garantire l'aggiornamento continuo dell'evolversi dei prodotti; possano essere di supporto alle strutture mediche delle società di calcio.
3. Le vicende che abbiamo di fronte richiedono al CONI ogni approfondimento scientifico, da iniziare immediatamente per valutare le problematiche che i casi emersi hanno evidenziato.
4. Definire un vademecum informativo e divulgativo su cosa sia il doping, quali siano i prodotti, quali i danni per l'organismo umano, quali i comportamenti da tenere. La pubblicazione sarà poi distribuita a tutti i calciatori da parte delle rispettive società. Sarà inoltre diffusa in tutti gli istituti scolastici di ogni grado, in accordo col Ministero competente. Il calcio ha una funzione di conoscenza e didattica che non intendiamo sottovalutare. La pubblicazione sarà redatta da un'autorità scientifica riconosciuta da tutte le parti e si proporrà che alla sua stesura e divulgazione partecipino i tre quotidiani sportivi italiani "La Gazzetta dello Sport", "Il Corriere dello Sport" e "Tuttosport". Saranno organizzate in ogni città sede di squadra di calcio incontri per illustrare il vademecum. L'educazione e la crescita culturale sono due componenti fondamentali della lotta al doping.

REGOLAMENTI AL 15 MARZO 1999
n.116 del 20/5/1999
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
Entrata in vigore del nuovo elenco di riferimento delle classi di sostanze farmacologiche e di metodi di doping vietati, emendamento adottato dal gruppo di vigilanza mediante una procedura di voto per corrispondenza il 1° marzo 1999, nel quadro della convenzione antidoping, aperta alla firma a Strasburgo il 16 novembre 1989 (la cui ratifica è stata autorizzata con legge 29 novembre 1995, n.522, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.287, supplemento ordinario, del 9 dicembre 1995).
EMENDAMENTO ALL’ALLEGATO¹ adottato dal Gruppo di monitoraggio mediante una procedura di voto per corrispondenza (1 marzo 1999)

NUOVO ELENCO DI CLASSI DI SOSTANZE FARAMACOLOGICHE VIETATE E DI METODI DOPING

DATA DI ENTRATA IN VIGORE: 15 MARZO 1999
I. CLASSI DI SOSTANZE VIETATE
• Stimolanti
• Narcotici
• Agenti anabolizzanti
• Diuretici
• Ormoni peptidici e glicoproteici e affini
II. METODI VIETATI
• Emotrasfusione illecita
• Manipolazione farmacologica, chimica o fisica
III. CLASSI DI SOSTANZE SOTTOPOSTE A DETERMINATE RESTRIZIONI
• Alcool
• Prodotti della canapa indiana
• Anestetici locali
• Corticosteroidi
• Beta bloccanti
¹Già emendato il 1 settembre 1990, 24 gennaio 1992, 1 agosto 1993, 1 luglio 1996, 1 luglio 1997 e 15 marzo 1998.
GAZZETTA UFFICIALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

n.116 del 20/5/1999
I. CLASSI DI SOSTANZE VIETATE
Le sostanze vietate sono suddivise nelle seguenti classi:
• Stimolanti
• Narcotici
• Agenti anabolizzanti
• Diuretici
• Ormoni peptidici e glicoproteici e affini
Nessuna delle materie appartenenti alle categorie vietate può essere utilizzata, anche se non è citata a titolo di esempio. Per tale motivo è menzionata l’espressione "e sostanze affini". Tale espressione indica sostanze affini alla classe in oggetto, in virtù dei loro effetti farmacologici e/o della loro struttura chimica.
A. Stimolanti
Le sostanze vietate appartenenti alla classe (A) comprendono i seguenti esempi:
amineptina, amifenazolo, anfetamine, bromantan, caffeina*, carfedone, cocaina, efedrina**, fencamfamina, mesocarb, pentetrazolo, pipadrolo, salbutamolo***, salmeterolo ***, terbutalina***, e sostanze affini.
*Per la caffeina, la definizione di risultato positivo è una concentrazione di caffeina nell’urina superiore a 12 microgrammi per millilitro.
**Per l’efedrina, la catina e la metilefedrina, la definizione di risultato positivo è una concentrazione nell’urina superiore a 5 microgrammi per millilitro. Per la fenilpropanolammina et la pseudoefedrina, una concentrazione nell’urina di oltre 10 microgrammi per millilitro è considerata come risultato positivo. Se più di una di queste sostanze è presente in misura inferiore alle rispettive soglie, le concentrazioni dovrebbero essere addizionate. Se il totale supera 10 microgrammi per millilitro, il campione sarà considerato positivo.
***Sostanza autorizzata per inalazione solo per prevenire e/o curare l’asma e l’asma indotta dall’esercizio fisico. L’uso per asma e/o asma indotta dall’esercizio fisico deve essere notificato per iscritto all’autorità medica competente da un medico di squadra o da uno pneumologo.
NOTA: Tutti i preparati derivati dall’imidazolo sono accettabili in applicazione locale, ad esempio l’ossimetazolina. I vasocostrittori (ad esempio l’adrenalina) possono essere somministrati con agenti anestetici locali. Sono autorizzati i preparati ad uso topico (ad esempio nasale, oftalmologico) di fenilefrina.
B. Narcotici
Le sostanze vietate appartenenti alla Classe (B) comprendono i seguenti esempi: buprenorfina, dextromoramide, diamorfina (eroina), metadone, morfina, pentazocina, petidina...... e sostanze affini.
NOTA. Sono autorizzate: codeina, dextrometorfano, dextroproposifene, diidrocodeina, difenossilato, etilmorfina, folcodina, proposifene e tramadol.
C. Agenti anabolizzanti
Le sostanze vietate appartenenti alla Classe (C) comprendono i seguenti esempi:
1. Steroidi anabolizzanti androgeni
a. clostebol, fluossimesterone, metandienone, metenolone, nandrolone, 19-norandrostenediol, 19-norandrostenedione, ossandrolone, stanozololo,....e sostanze affini.
b. androstenediol, androstenedione, deidroepiandrosterone (DHEA),
diidrotestosterone, testosterone*........, e sostanze affini.
Le prove ottenute da profili metabolici e/o misurazioni isotopiche possono essere utilizzate per ottenere conclusioni definitive.
*La presenza di un rapporto di testosterone (T)-epitestosterone(E) maggiore di sei (6) nell’urina di un concorrente costituisce reato, a meno che non vi sia la prova che tale rapporto è dovuto ad una condizione fisiologica o patologica, ad es. una bassa escrezione di epitestosterone, la produzione androgena di un tumore o una deficienza di enzimi.
Nel caso di un rapporto T/E maggiore di 6, è obbligatorio effettuare un esame medico sotto la direzione dell’autorità medica competente, prima di dichiarare che un campione è positivo. Dovrà essere elaborato un rapporto scritto completo, comprendente una valutazione di precedenti ed ulteriori analisi, ed i risultati di analisi endocrine. Se non sono disponibili le analisi precedenti, l’atleta sarà sottoposto ad un controllo senza preavviso almeno una volta al mese per tre mesi. Il risultato di questi esami sarà incluso nel rapporto. In mancanza di collaborazione agli esami, risulterà una dichiarazione di campione positivo.
2. Beta-2 agonisti
Se somministrati oralmente o per iniezione.
bambuterolo, clenbuterolo, fenoterolo, formoterolo, reproterolo, salbutamolo*, terbutalina*,... e sostanze affini.
*Consentiti per via inalatoria come descritto all’Articolo (I.A.).
D. Diuretici
Le sostanze vietate appartenenti alla classe (D) comprendono i seguenti esempi:
acetazolamide, bumetanide, clortalidone, acido etacrinico, furosemide, idroclorotiazide, mannitolo*, mersalil, spironolactone, triamterene, ..... e sostanze affini.
*sostanza vietata se somministrata con iniezione intravenosa.
E. Ormoni peptidici e glicoproteici e affini
Le sostanze vietate appartenenti alla classe (E) comprendono i seguenti esempi ed i loro affini:
1. Gonadotropina corionica (h.CG. – gonadotropina corionica umana)
2. Gonadotropine pituitaire e sintetiche (LH)
3. Corticotropina (ACTH, tetracosactide)
4. Ormone della crescita (hGH)
5. Fattore di crescita di tipo insulina (IGF-1)
Sono proibiti anche tutti i rispettivi fattori di liberazione e affini delle sostanze suddette.
6. Eritropoietina (EPO).
7. Insulina
Autorizzate solo per curare il diabete dipendente dall’insulina. E’ richiesta una dichiarazione scritta di diabete dipendente dall’insulina, da un endocrinologo o dal medico di squadra.
La presenza di un’abnorme concentrazione di un ormone endogeno o la sua rilevazione diagnostica nelle urine di un concorrente, costituisce reato salvo qualora sia documentato che ciò è dovuto unicamente ad una condizione fisiologica o patologica.

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II. METODI VIETATI
Sono proibiti i seguenti metodi:
Emotrasfusione illecita (doping del sangue)
L’emotrasfusione consiste nella somministrazione ad un atleta, di sangue, globuli rossi, veicoli di ossigeno artificiale o prodotti del sangue affini.
Manipolazione farmacologica, chimica o fisica
La manipolazione farmacologica, chimica o fisica consiste nell’uso di sostanze e di metodi che modificano, tentano di modificare o sono suscettibili di modificare l’integrità e la validità dei campioni di urina utilizzati per i controlli anti-doping, fra i quali figurano (senza che ciò sia limitativo) la somministrazione di diuretici, la cateterizzazione, la sostituzione o alterazione del campione, l’inibizione dell’escrezione renale, in modo particolare per mezzo del probenecid e suoi composti affini, e la modificazione delle misurazioni di testosterone e epitestosterone, in modo particolare con la somministrazione di epitestosterone* e di bromantan.
*una concentrazione di epitestosterone nell’urina superiore a 200 nanogrammi per millilitro dovrà essere oggetto di un esame come quello previsto all’articolo I.C.1.b) per il testosterone.
Il buon esito o il fallimento dell’uso di una sostanza vietata, o di un metodo vietato è irrilevante, in quanto il solo uso o tentativo di uso della predetta sostanza è considerato reato.

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n.116 del 20/5/1999
III. CLASSI DI SOSTANZE FARMACOLOGICHE SOGGETTE A DETERMINATE RESTRIZIONI D’USO
A. Alcool
Qualora stabilito dalle regole di un’autorità responsabile, potranno essere effettuati dei controlli per l’etanolo.
B. Prodotti della canapa indiana
Qualora stabilito dalle regole di un’autorità responsabile, potranno essere effettuati controlli per i componenti della canapa indiana (ad es. Marijuana, Hashish). Nei Giochi Olimpici, saranno effettuati dei controlli per i prodotti della canapa indiana. E’ vietata una concentrazione nelle urine di 11-nor-delta 9-tetraidrocannabinolo-9-acido carbossilico (carbossi-THC) eccedente 15 nanogrammi per millilitro.
C. Anestetici locali
L’uso di anestetici locali iniettabili è consentito alle seguenti condizioni:
a) possono essere utilizzate bupivacaina, lidocaina, mepivacaina, procaina, ecc. ma non la cocaina. Insieme agli anestetici locali, possono essere utilizzati agenti vasocostrittori (per es. adrenalina);
b) possono essere somministrate soltanto iniezioni locali o intra-articolari;
d) soltanto quando esista una giustificazione medica.
Qualora stabilito dalle regole di un’autorità responsabile, può essere necessaria una notifica della somministrazione.
D. Corticosteroidi
L’uso sistemico di corticosteroidi è proibito.
E’ autorizzato l’uso anale, otoiatrico, dermatologico, inalatorio nasale e oftalmologico (ma non rettale). Non sono autorizzate le iniezioni intra-articolari e locali di corticosteroidi.
Qualora stabilito dalle regole di un’autorità responsabile, può essere necessaria una notifica della somministrazione.
E. Beta-bloccanti
Alcuni esempi di beta-bloccanti sono i seguenti:
acebutololo, alprenololo, atenololo, labetalolo, metoprololo, nadololo, osprenololo, propanololo, sotalolo,... e sostanze affini.
In conformità al regolamento della Federazione internazionale di sport, saranno effettuati dei controlli per i beta-bloccanti.

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n.116 del 20/5/1999
LE REGOLE DEL C.I.O. PER LE SOSTANZE CHE NECESSITANO DI UNA NOTIFICA SCRITTA DA PARTE DI UN MEDICO

SOSTANZE
VIETATE
AUTORIZZATE CON NOTIFICA
AUTORIZZATE SENZA NOTIFICA

Alcuni beta-agonisti*
- Uso orale
- Iniezioni sistemiche
Inalazione

Corticosteroidi
- Uso orale
- Iniezioni sistemiche
- Uso rettale

- anale, otoiatrico, dermatologico,Inalatorio, nasale, oftalmologico
- iniezioni locali ed intra-articolari***

Anestetici locali**
- Iniezioni sistemiche

- Iniezioni locali ed intra-articolari***

* Salbutamolo, salmeterolo, terbutalina; tutti gli altri beta-agonisti sono vietati.
** Ad eccezione della cocaina, che è vietata.
***Qualora stabilito dalle regole di un’autorità responsabile, può essere necessaria una notifica.

LE CONCENTRAZIONI DI DETERMINATE SOSTANZE NELLE URINE CHE DEVONO ESSERE COMUNICATE DAI LABORATORI ABILITATI DAL C.I.O.
caffeina
> 12 microgrammi/millilitro
carbossi-THC
> 15 nanogrammi/millilitro
catina
> 5 microgrammi/millilitro
efedrina
> 5 microgrammi/millilitro
epitestosterone
> 200 nanogrammi/millilitro
metilefedrina
> 5 microgrammi/millilitro
morfina
> 1 microgrammo/millilitro
fenilpropanolammina
> 10 microgrammi/millilitro
pseudoefedrina
> 10 microgrammi/millilitro
rapporto T/E
> 6
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n.116 del 20/5/1999
LISTA DI ESEMPI DI SOSTANZE VIETATE
AVVERTENZA: Non si tratta di una lista esauriente di sostanze vietate. Numerose sostanze non repertoriate in questa lista sono considerate vietate in base alla denominazione "e sostanze affini".
Si raccomanda vivamente a tutti gli atleti di assumere solo medicine prescritte da un medico e di accertarsi che contengano unicamente sostanze non vietate dalla Commissione medica del C.I.O. o dalle autorità responsabili.
Se un atleta deve sottoporsi ad un controllo antidoping, è essenziale che tutte le medicine e prodotti assunti o somministrati durante i sette giorni precedenti, siano registrati nel processo-verbale ufficiale del controllo anti-doping.
STIMOLANTI
amineptina, amfepramone, amifenazolo, amfetamina, bambuterolo, bromantan, caffeina, carfedone, catina, cocaina, cropropamide, crotetamide, efedrina, etamivan, etilamfetamina, etilefrina, fencamfamina, fenetillina, fenfluramina, formoterolo, eptaminolo, mefenorex, mefentermina, mesocarb, metamfetamina, metossifenamina, metilenediossiamfetamina, metilefedrina, metilfenidato, niketamide, norfenfluramina, paraidrossiamfetamina, pemolina, pentetrazolo, fendimetrazina, fentermina, feniledrina, fenilpropanolammina, foledrina, pipradolo, prolintano, propilesedrina, pseudoefedrina, reproterolo, salbutamolo, salmeterolo, selegilina, stricnina, terbutalina.
NARCOTICI
Buprenorfina, dextromoramide, diamorfina (eroina), idrocodone, metadone, morfina, pentazocina, petidina.
AGENTI ANABOLIZZANTI
Androstenodiolo, androstenedione, bambuterolo, boldenone, clenbuterolo, clostebol, danazolo, de-idroclormetiltestosterone, deidro-epiandrosterone (DHEA), diidrotestosterone, drostanolone, fenoterolo, fluossimesterone, formebolone, formoterolo, gestrinone, mesterolone, metandienone, metenolone, metandriolo, metiltestosterone, mibolerone, nandrolone, 19-norandrostenediol, 19-norandrostenedione, noretandrolone, ossandrolone, ossimesterone, ossimetolone, reproterolo, salbutamolo, salmeterolo, stanozololo, terbutalina, testosterone, trenbolone.
DIURETICI
acetozolamide, bendroflumetiazide, bumetanide, canrenone, clortalidone, acido etacrinico, furosemide, idroclorotiazide, indapamide, mannitolo, mersalil, spironolactone, triamterene.
AGENTI SCHERMANTI
bromantan, diuretici (vedere sopra), epitestosterone, probenecid.
ORMONI PEPTIDICI, GLICOPROTEICI E AFFINI
ACTH, eritropoietina (EPO), hCG, hGH., insulina, LH
BETA-BLOCCANTI
acetobutololo, alprenolo, atenololo, betaxololo, bisoprololo, bunololo, labetalolo, metoprololo, nadodolo, ossiprenololo, propanololo, sotalolo

 

Legge 14 dicembre 2000, n. 376 – Didsciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping

Il Presidente della Repubblica
promulga
la seguente legge:

Articolo 1.
(Tutela sanitaria delle attività sportive. Divieto di doping).
1. L'attività sportiva è diretta alla promozione della salute individuale e collettiva e deve essere informata al rispetto dei principi etici e dei valori educativi richiamati dalla Convenzione contro il doping con appendice, fatta a Strasburgo il 16 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 29 novembre 1995, n. 522[1]. Ad essa si applicano i controlli previsti dalle vigenti normative in tema di tutela della salute e della regolarità delle gare e non può essere svolta con l'ausilio di tecniche, metodologie o sostanze di qualsiasi natura che possano mettere in pericolo integrità psicofisica degli atleti.
2. Costituiscono doping la somministrazione o l'assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l'adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psico-fisiche o biologiche dell'organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti.
3. Ai fini della presente legge sono equiparate al doping la somministrazione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l'adozione di pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche, finalizzate e comunque idonee a modificare i risultati dei controlli sull'uso dei farmaci, delle sostanze e delle pratiche indicati nel comma 2.
4. In presenza di condizioni patologiche dell'atleta documentate e certificate dal medico, all'atleta stesso può essere prescritto specifico trattamento purché sia attuato secondo le modalità indicate nel relativo e specifico decreto di registrazione europea o nazionale ed i dosaggi previsti dalle specifiche esigenze terapeutiche. In tal caso, l'atleta ha l'obbligo di tenere a disposizione delle autorità competenti la relativa documentazione e può partecipare a competizioni sportive, nel rispetto di regolamenti sportivi, purché ciò non metta in pericolo la sua integrità psicofisica.
Articolo 2.
(Classi delle sostanze dopanti).
1. I farmaci, le sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e pratiche mediche, il cui impiego è considerato doping a norma dell'articolo 1, sono ripartiti, anche nel rispetto delle disposizioni della Convenzione di Strasburgo, ratificata ai sensi della citata legge 29 novembre 1995, n.522, e delle indicazioni del Comitato internazionale olimpico (CIO) e degli organismi internazionali preposti al settore sportivo, in classi di farmaci, di sostanze o di pratiche mediche approvate con decreto del Ministero della sanità, d'intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali, su proposta della Commissione per la vigilanza e il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive di cui all'articolo 3.
2. La ripartizione in classi dei farmaci e delle sostanze biologicamente o farmacologicamente attive è determinata sulla base delle rispettive caratteristiche chimico - farmacologiche; la ripartizione in classi delle pratiche mediche è determinata sulla base dei rispettivi effetti fisiologici.
3. Le classi sono sottoposte a revisione periodica con cadenza non superiore a sei mesi e le relative variazioni sono apportate con le stesse modalità di cui al comma 1.

4. Il decreto di cui al comma 1 è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
Articolo 3.
(Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive).
1. E' istituita presso il Ministero della sanità la Commissione per la vigilanza e il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive, di seguito denominata "Commissione", che svolge le seguenti attività:
a) predispone le classi di cui all'articolo 2, comma 1, e procede alla revisione delle stesse, secondo le modalità di cui all'articolo 2, comma 3;
b) determina, anche in conformità alle indicazioni del CIO e di altri organismi ed istituzioni competenti, i casi, i criteri e le metodologie dei controlli anti-doping ed individua le competizioni e le attività sportive per le quali il controllo sanitario è effettuato dai laboratori di cui all'articolo 4, comma 1, tenuto conto delle caratteristiche delle competizioni e delle attività sportive stesse;
c) effettua, tramite i laboratori di cui all'articolo 4, anche avvalendosi di medici specialisti di medicina dello sport, i controlli antidoping e quelli di tutela della salute, in gara e fuori gara; predispone i programmi di ricerca sui farmaci, sulle sostanze e sulle pratiche mediche utilizzabili a fini di doping nelle attività sportive;
d) individua le forme di collaborazione in materia di controlli anti-doping con le strutture del Servizio sanitario nazionale;
e) mantiene i rapporti operativi con l'Unione europea e con gli organismi internazionali, garantendo la partecipazione a programmi di interventi contro il doping;
f) può promuovere campagne di informazione per la tutela della salute nelle attività sportive e di prevenzione del doping, in modo particolare presso tutte le scuole statali e non statali di ogni grado, in collaborazione con le amministrazioni pubbliche, il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), le federazioni sportive nazionali, le società affiliate, gli enti di promozione sportiva pubblici e privati, anche avvalendosi delle attività dei medici specialisti di medicina dello sport.
2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato con decreto del Ministero della sanità di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono stabilite le modalità di organizzazione e di funzionamento della Commissione.
3. La Commissione è composta da:
a) due rappresentanti del Ministero della sanità, uno dei quali con funzioni di presidente;
b) due rappresentanti del Ministero per i beni e le attività culturali;
c) due rappresentanti della Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome;
d) un rappresentante dell'Istituto superiore della sanità;
e) due rappresentanti del CONI;
f) un rappresentante dei preparatori tecnici e degli allenatori;
g) un rappresentante degli atleti;
h) un tossicologo forense;
i) due medici specialisti di medicina dello sport;
l) un pediatra;
m) un patologo clinico;
n) un biochimico clinico;
o) un farmacologo clinico;
p) un rappresentante degli enti di promozione sportiva;
q) un esperto in legislazione farmaceutica.

4. I componenti della Commissione di cui alle lettere f), g), e p) del comma 3 sono indicati dal Ministero per i beni e le attività culturali; i componenti di cui alle lettere h) e n) del comma 3 sono indicati dalla Federazione nazionale degli ordini dei chimici; i componenti di cui alle lettere i), l) ed m) del comma 3 sono indicati dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici e degli odontoiatri; i componenti di cui alle lettere o) e q) del comma 3 sono indicati dalla Federazione nazionale dell'ordine dei farmacisti.
5. I componenti della Commissione sono nominati con decreto del Ministero della sanità, di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, e restano in carica per un periodo di quattro anni non rinnovabile.
6. Il compenso dei componenti e le spese per il funzionamento e per l'attività della Commissione sono determinati, con il regolamento di cui al comma 2, entro il limite massimo di lire 2 miliardi annue
Articolo 4.
(Laboratori per il controllo sanitario sull'attività sportiva)
1. Il controllo sanitario sulle competizioni sportive e sulle attività individuate dalla Commissione, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b), è svolto da uno o più laboratori accreditati dal CIO o da altro organismo internazionale riconosciuto in base alle disposizioni dell'ordinamento internazionale vigente, sulla base di una convenzione stipulata con la Commissione. Gli oneri derivanti dalla convenzione non possono superare la misura massima di lire un miliardo annue. Le prestazioni rese dai laboratori accreditati non possono essere poste a carico del Servizio sanitario nazionale né del bilancio dello Stato. I laboratori di cui al presente articolo sono sottoposti alla vigilanza dell'Istituto superiore di sanità, secondo modalità definite con decreto del Ministero della sanità, sentito il direttore dell'Istituto, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. I laboratori di cui al comma 1 svolgono i seguenti compiti:
a) effettuano i controlli anti-doping, secondo le disposizioni adottate dalla Commissione ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b);
b) eseguono i programmi di ricerca sui farmaci, sulle sostanze e sulle pratiche mediche utilizzabili ai fini di doping nelle attività sportive;
c) collaborano con la Commissione ai fini della definizione dei requisiti di cui al comma 3 del presente articolo
3. I controlli sulle competizioni e sulle attività sportive diverse da quelle individuate ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b), sono svolti da laboratori i cui requisiti organizzativi e di funzionamento sono stabiliti con decreto del Ministero della sanità, sentita la Commissione, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4. A decorrere dalla data della stipulazione delle convenzioni di cui al comma 1, e comunque a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, cessano le attività del CONI in materia di controllo sul laboratorio di analisi operante presso il Comitato medesimo.
Articolo 5.
(Competenze delle regioni).
1. Le regioni, nell'ambito di piani sanitari regionali, programmano le attività di prevenzione e di tutela della salute nelle attività sportive, individuano i servizi competenti, avvalendosi dei dipartimenti di prevenzione e coordinano le attività dei laboratori di cui all'articolo 4, comma 3.
Articolo 6.
(Integrazione dei regolamenti degli enti sportivi)
1. Il CONI, le federazioni sportive, le società affiliate, le associazioni sportive, gli enti di promozione sportiva pubblici e privati sono tenuti ad adeguare i loro regolamenti alle disposizioni della presente legge, prevedendo in particolare le sanzioni e le procedure disciplinari nei confronti dei tesserati in caso di doping o di rifiuto di sottoporsi ai controlli.
2. Le federazioni sportive nazionali, nell'ambito dell'autonomia riconosciuta loro dalla legge, possono stabilire sanzioni disciplinari per la somministrazione o l'assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e per l'adozione o sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni biologiche dell'organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, anche nel caso in cui queste non siano ripartite nelle classi di cui all'articolo 2, a condizione che tali farmaci, sostanze o pratiche siano considerate dopanti nell'ambito dell'ordinamento internazionale vigente.
3. Gli enti di cui al comma 1 sono altresì tenuti a predisporre tutti gli atti necessari per il rispetto delle norme di tutela della salute di cui alla presente legge.
4. Gli atleti aderiscono ai regolamenti e dichiarano la propria conoscenza ed accettazione delle norme in essi contenute.
5. Il CONI, le federazioni sportive nazionali e gli enti di promozione dell'attività sportiva curano altresì l'aggiornamento e l'informazione dei dirigenti, dei tecnici, degli atleti e degli operatori sanitari sulle problematiche concernenti il doping. Le attività di cui al presente comma sono svolte senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 7.
(Farmaci contenenti sostanze dopanti)
1. I produttori, gli importatori e i distributori di farmaci appartenenti alle classi farmacologiche vietate dal CIO e di quelli ricompresi nelle classi di cui all'articolo 2, comma 1, sono tenuti a trasmettere annualmente al Ministero della sanità i dati relativi alle quantità prodotte, importate, distribuite e vendute alle farmacie, agli ospedali o alle altre strutture autorizzate di ogni singola specialità farmaceutica.
2. Le confezioni di farmaci di cui al comma 1 devono recare un apposito contrassegno il cui contenuto è stabilito dalla Commissione, sull'involucro e sul foglio illustrativo, unitamente ad esaurienti informazioni descritte nell'apposito paragrafo "Precauzioni per coloro che praticano attività sportiva". 3. Il Ministero della sanità controlla l'osservanza delle disposizioni di cui al comma 2 nelle confezioni dei farmaci all'atto della presentazione della domanda di registrazione nazionale, ovvero all'atto della richiesta di variazione o in sede di revisione quinquennale.
4. Le preparazioni galeniche, officinali o magistrali che contengono principi attivi o eccipienti appartenenti alle classi farmacologiche vietate indicate dal CIO e a quelle di cui all'articolo 2, comma 1, sono prescrivibili sono dietro presentazione di ricetta medica non ripetibile. Il farmacista è tenuto a conservare l'originale della ricetta per sei mesi.
Articolo 8.
(Relazione al Parlamento)
1. Il Ministero della sanità presenta annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, nonché sull'attività svolta dalla Commissione.
Articolo 9.
(Disposizioni penali)
1. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da lire 5 milioni a lire 100 milioni chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l'utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ricompresi nelle classi previste all'articolo 2, che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o sostanze.
2. La pena di cui al comma 1 si applica, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, a chi adotta o si sottopone alle pratiche mediche ricomprese nelle classi previste all'articolo 2, non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero siano dirette a modificare i risultati dei controlli sul ricorso a tali pratiche.
3. La pena di cui ai commi 1 e 1-bis è aumentata: a) se dal fatto deriva un danno per la salute; b) se il fatto è commesso nei confronti di un minorenne; c) se il fatto è commesso da un componente o da un dipendente del CONI ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un'associazione o di un ente riconosciuti dal CONI.
4. Se il fatto è commesso da chi esercita una professione sanitaria, alla condanna consegue l'interdizione temporanea dall'esercizio della professione.
5. Nel caso previsto dal comma 2, lettera c), alla condanna consegue l'interdizione permanente dagli uffici direttivi del CONI, delle federazioni sportive nazionali, società, associazioni ed enti di promozione riconosciuti dal CONI.
6. Con la sentenza di condanna è sempre ordinata la confisca dei farmaci, delle sostanze farmaceutiche e delle altre cose servite o destinate a commettere il reato.
7. Chiunque commercia i farmaci e le sostanze farmacologicamente o biologicamente attive ricomprese nelle classi di cui all'articolo 2, comma 1, attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico e dalle altre strutture che detengono farmaci direttamente destinati alla utilizzazione sul paziente è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire 10 milioni a lire 150 milioni.
Articolo 10
(Copertura finanziaria)
1. Gli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 3, valutati in lire 2 miliardi annue, e dell'articolo 4, valutati in lire un miliardo annue, a decorrere dall'anno 2000 sono posti a carico del CONI.
2. L'importo corrispondente ai predetti oneri è versato dal CONI all'entrata del bilancio dello Stato entro il 31 marzo di ciascun anno e, in sede di prima applicazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. L'importo acquisito all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi del comma 1 è riassegnato ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della sanità. 4. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Legge 28 novembre 2001, n. 426
"Misure contro la violenza nello sport e il doping. Istituzione del Museo dello sport italiano"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 287 del 11 dicembre 2001

Art. 1.
1. È autorizzata la spesa di lire 5,5 miliardi per l'anno 2002, per la realizzazione di progetti diretti alla informazione e sensibilizzazione in materia di contrasto alla violenza nello sport e al doping, nonchè all'istituzione del Museo dello sport italiano. Per le spese di funzionamento del Museo dello sport italiano è autorizzata la spesa nel limite massimo di lire 500 milioni annue a decorrere dal 2002. Con appositi regolamenti del Ministro per i beni e le attività culturali, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentiti i Ministri competenti, sono disciplinate le modalità di attuazione della presente legge nonché la ripartizione delle risorse necessarie.
2. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in lire 6 miliardi per l'anno 2002 e 500 milioni a decorrere dal 2003, si provvede quanto a lire 6 miliardi mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno finanziario 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero per i beni e le attività culturali, e quanto a lire 500 milioni mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno finanziario 2001, allo scopo utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
La Commissione per la vigilanza

Presso il Ministero della Salute opera la Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive, istituita in attuazione della legge 376 del 2000, alla quale sono stati affidati i seguenti compiti:
 predisposizione della lista di farmaci contenenti sostanze dopanti;
 determinazione dei casi, dei criteri e delle metodologie dei controlli antidoping;
 effettuazione dei controlli antidoping e quelli di tutela della salute, in gara e fuori gara;
 individuazione delle forme di collaborazione in materia di controlli antidoping con le strutture del Servizio Sanitario nazionale;
 intrattenimento dei rapporti operativi con l’Unione europea e con gli organismi internazionali, garantendo la partecipazione a programmi di interventi contro il doping;
 promozione di campagne informative per la tutela della salute nelle attività sportive e di prevenzione del doping.
La prima convocazione ufficiale della Commissione è avvenuta il 20 dicembre 2001 in coincidenza con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del regolamento inerente la sua organizzazione e il suo funzionamento.
Durante il primo anno di attività la Commissione ha predisposto la lista delle sostanze e pratiche dopanti, approvata con decreto firmato congiuntamente dal Ministro della Salute e dal Ministro delle Attività e dei beni culturali che è in via di pubblicazione.
La Commissione ha approvato anche le norme procedurali per l’effettuazione dei controlli antidoping e per la tutela della salute che sono state assunte dal Ministro della Salute sotto forma di decreto e pubblicate in Gazzetta Ufficiale in data 24 ottobre 2002, costituiranno punto di riferimento sia per l’autorità giudiziaria sia per gli atleti.
Inoltre, è stato predisposto per il 2002 il programma di ricerca sui farmaci, sulle sostanze e sulle pratiche mediche utilizzabili a fini di doping nelle attività sportive, intendendo così promuovere ricerche su specifiche tematiche del settore.
La commissione ha inoltre provveduto a stipulare con il laboratorio accreditato CIO, di proprietà della FMSI, la convenzione per l'effetuazione delle analisi relative ai controlli antidoping per il periodo settembre-dicembre 2002.
La Commissione ha competenze anche in materia di rapporti operativi con l’Unione europea e con gli altri organismi internazionali che svolgono attività istituzionale nella lotta al doping e in tale ottica l’Agenzia Mondiale antidoping è giunta all'approvazione del Codice Mondiale Antidoping, la cui entrata in vigore è prevista nel marzo 2003.
Per quanto riguarda inoltre la promozione di campagne di informazione per la tutela della salute nelle attività sportive e di prevenzione del doping, la Commissione ha predisposto uno schema di convenzione con l'ISS, avente ad oggetto i seguenti punti:
campagne informative/formative in collaborazione con le varie istituzioni universitarie e scolastiche, il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), le federazioni sportive nazionali, le società affiliate e gli enti di promozione sportiva; campagne informative e di formazione indirizzate a pediatri, a medici specialisti in medicina dello sport ed a medici prelevatori; campagne informative sull'intero territorio nazionale con la diffusione di apposito materiale utilizzando il circuito delle farmacie.
Il dottore (quello con la "d" minuscola, per distinguersi da quello più noto, famoso e costoso con la "D" maiuscola, indagato dalle Procure di mezza Italia) non fa ricette. Ti guarda, ti fa pedalare qualche minuto su uno strano attrezzo, ti pizzicotta qua e là sull’addome, sulle spalle, sulle gambe, ti dice se sei grasso o meno, ti fa qualche domanda. Ti suggerisce una tabella di allenamento. Niente medicine, la prima volta. A meno di non essere mandati da qualcuno davvero affidabile e amico. Cosa rarissima. "Ottantamila e passa la paura", raccontano. Ma dal dottore si va per ben altro. Lui ha fama di grande "preparatore"; da lui vanno professionisti di nome; ciclisti, soprattutto, ma anche atleti di varie discipline, dall’atletica al calcio, al nuoto, al triathlon e, da quando è riuscito con la farmacopea moderna, a "far camminare come un treno", come si dice in gergo, anche l’ultimo dei gregari, gode di fama da taumaturgo. Lo hanno ringraziato tanto anche davanti alla tv. E non c’è spot migliore che vedere un atleta di terza categoria vincere e ringraziare il proprio medico.
Solo dopo due o tre visite si arriva alla confidenza. E non sempre. Alla formula di rito: "Dottore, voglio andare forte", lui risponde con un contenuto "Quanto forte"?.
Poi ti chiede subito se per caso hai già preso "qualcosa", dove per qualcosa si intende qualche potente farmaco. Tutto dipende da quello che rispondi. "Dottore, il medico della mutua mi ha dato il testosterone. Ho già fatto una curetta, ma senza grossi vantaggi". Ecco il segnale preciso che c’è il terreno adatto. Il dottore ti mette in mano carta e penna: "Scrivi: una iniezione di Profasi una volta ogni due giorni…". Così può cominciare il viaggio della "speranza" dell’amatore degli sport di resistenza. Lo racconta A.N. un cicloamatore pentito, che, naturalmente, vuole mantenere l’anonimo. "Questa è una mafia – dice – mi hanno già minacciato".
E’ un sottobosco inquietante quello che emerge dal mondo degli amatori di varie discipline nel rapporto sport-doping-uso-abuso di farmaci. Un mondo dove ormai anche la farmacia illecita ha un peso e un ruolo insospettabile. Oltre che un mercato che dai semplici e consentiti integratori, ai vietatissimi steroidi anabolizzanti, ormoni, stimolanti ed eccitanti, costituisce una florida realtà per l’industria farmacologica.
"Con quella roba mi sono sentito fortissimo in poco tempo", racconta A. N., svelando tutta la potenza dei prodotti moderni, davvero in grado di "fare la differenza" e, molto di più dei prodotti del passato, di cambiare equilibri ed esiti sportivi. E sarà proprio lui, autentico spot di se stesso, ad essere il miglior veicolo di pubblicità.
E’ una delle follie del secolo questa corsa alla farmacia proibita nello sport amatoriale. Un fenomeno insospettabile solo qualche lustro fa ed ora di proporzioni mondiali. Un meccanismo tanto pubblicizzato dal dorato mondo dei professionisti, da dilagare sempre più in basso. Fra i giovani agonisti, ad esempio, come è capitato di constatare qualche tempo fa, quando 8 dilettanti sono stati fermati in Toscana dalla commissione medica della federcilismo perché avevano il sangue troppo denso, come Pantani a Madonna di Campiglio. Per non parlare della "casa delle bambole", una storiaccia di prodotti vietati trovati dai Nas di Firenze in casa della presidentessa di una squadra juniores toscana. Juniores, ovvero: ragazzi di 17 anni cui, presumibilmente veniva somministrato Gh, l’ormone della crescita. Con danni futuri certi, anche se tutti da definire per un fisico in formazione.
O dell’indagine del giudice Casson di Venezia, che in poche perquisizioni a casa di tecnici e atleti giovani e giovanissimi ha sequestrato di tutto. Medicinali a base di eritropoietina, l’ormone che ha sconvolto gli equilibri delle prestazioni di fondo e resistenza (ma anche quelle di forza e velocità). Stimola il midollo spinale a produrre globuli rossi, così il sangue trasporta più ossigeno ai muscoli, migliorando la performance. E, naturalmente, con il sangue che si addensa e circola male nei capillari, porta con sé anche una infinità di controindicazioni e problemi che vanno nel breve termine dalla trombosi, all’ictus; nel lungo dal diabete, al tumore del sangue. E poi corteccia surrenale (allontana la fatica), ormoni, stimolanti, analgesici e preparazioni omeopatiche di tutti i tipi. Prodotti pericolosissimi e anche costosi, che la dicono lunga su quello che ormai è un vero e proprio modello comportamentale. O così o niente sport: questo il ricatto della farmacopea moderna.
"Il vero mercato è qui - spiega un Sandro Donati, dirigente del Coni da sempre in prima linea nella lotta al doping – i giovani che hanno fallito l’approccio con lo sport agonistico maggiore e i meno giovani che rispondono all’esigenza di voler in qualche modo apparire. La nostra è una società dove esisti se appari; non si spiega altrimenti questa autentica follia. E’ un vero e proprio malessere psicologico che pervade queste persone: cercare in ogni modo di farsi notare, di apparire, in tono con la nostra che è una società dell’apparire e non dell’essere".
Le cifre, come riportiamo a parte, gli danno ragione. Ma c’è da chiedersi come mai proprio il mondo dello sport, che per tanti anni ha propagandato una realtà di valori assoluti e di lealtà, sia finito in questa autentica palude.
"Il mondo dello sport – continua Donati – non ha valutato a sufficienza le conseguenze derivanti dall’esaltazione esasperata del campionismo negli ultimi anni.
E’ stato fatto credere che la "vetrina" dei campioni fosse un elemento di grande propaganda e conquista di proseliti. A diversi lustri di distanza dall’inizio di questa politica si può dire, risultati alla mano, che il campionismo non ha fatto proseliti, tant’è che la crisi di tesserati nelle federazioni che più hanno spinto in questa direzione è sotto gli occhi di tutti. Il fatto è che altri si sono impossessati della figura del campione e lo hanno usato come mero veicolo pubblicitario, ma per ottenere altre cose. Pubblicizzare prodotti industriali, ad esempio: un’auto, un paio di scarpe, una linea di integratori alimentari, in via diretta; i prodotti più nefasti della farmacia proibita in via indiretta. E’ qui che va cercata la saldatura tra il desiderio di apparire degli amatori e il messaggio dei campioni di successo. Il tifoso-amatore ha finito per essere il primo a non credere dentro di sé nelle qualità tecnico-atletiche del proprio campione, quanto piuttosto negli additivi, in quel qualcosa di magico e taumaturgico che c’è da sempre nella medicina. E ha scelto di imitare".
"Quando vedi che uno che battevi sempre – spiega il nostro amatore pentito – d’improvviso ti stacca, pensi subito a quale medicina abbia preso, non a che tipo di allenamento abbia fatto". E, naturalmente, il tam-tam immediato dell’ambiente vale molto di più di tanti spot pubblicitari. Vedere il cambiamento radicale di persone dalle doti limitate, da un giorno all’altro è la migliore pubblicità per i prodotti.
E il problema del doping moderno sta proprio qui. Nella enorme capacità che ha la chimica attuale di trasformare la prestazione. Un "trattamento" non più occasionale, ma che dura nei mesi e negli anni (con conseguenze a lungo termine tutte la valutare). "Nessuno conosce oggi cosa possa determinare l’uso incrociato e protratto di prodotti come l’epo e il gh, l’ormone della crescita", dice il professor Pasquale Bellotti, segretario della commissione scientifica del Coni, uno dei pochi organismi nell’ente che ha impostato una vera campagna (battezzata "Io non rischio la salute" e basata su controlli su sangue e urina) contro il diffondersi della farmacia proibita. "Ma saranno comunque conseguenze preoccupanti, per via dei dosaggi abnormi. Questa roba accorcia la vita".
Il vero mercato del doping non è tanto, dunque, nella dorata vetrina dei campionissimi (poche centinaia), quanto molto più in basso e va ricercato nella quotidiana banalità del ragioniere che vuole fare meglio del collega di ufficio, magari arrivando 1200esimo nella maratona o 800esimo nella gran fondo cui partecipa. "C’è anche una sorta di rivalsa sulle frustrazioni quotidiane", dice la psicologa dello sport Marina Gerin.
Un mercato sempre più sofisticato, che fa ricorso spesso a prodotti "pesanti" e costosi, dalle enormi potenzialità. Costituito dai 3 milioni di praticanti la bici (tra ciclisti della domenica, patiti del fuoristrada, ovvero della mountain bike, delle gran fondo, la moda del momento e delle gare amatoriali). Poi c’è il milione dei praticanti jogging e atletica; i 6.000 del triathlon, fra tesserati alle federazioni sportive e gli utenti fai-da-te, sempre più numerosi secondo la tendenza attuale.
Le aziende produttrici di integratori (legali) dalle capacità taumaturgiche si sono moltiplicate negli ultimi anni. Basti pensare che la creatina, messa sotto accusa nel calcio, ha avuto un balzo di almeno il 15% sul mercato, dopo la denuncia di Zeman sugli abusi di farmaci nel pallone.
Tutto spinge verso il consumo. L’effetto sulla prestazione, innanzitutto: "Non senti la fatica – racconta il solito cicloamatore – e nessuno ti controlla. Da noi non ci sono neppure i test antidoping". La facilità nel reperire i prodotti, poi. "Epo e Gh arrivano sul mercato clandestino principalmente dagli ospedali", spiegano i Nas, impegnati da tempo in una difficilissima battaglia. La circolazione rapida del know-how: "Ora tutti anche il gregario più ignorante, sa come fare e cosa fare: dosi, antidoti, procedure per ingannare gli eventuali test", dice Santoni, manager della Cantina Tollo, una delle formazioni priofessionistiche ha preso parte all’ultimo Giro d’Italia.
Ma ci sono delle differenze.
"Nell’atletica amatoriale – dice il dottor Fischetto, responsabile della Fidal, la federazione d’atletica, per i controlli antidoping – non abbiamo la sensazione che il fenomeno doping sia molto diffuso. Quest’anno solo tre casi di positività. Ma debbo dire che nelle grandi maratone controlliamo solo gli atleti di vertice". L’impressione è che il settore sia piuttosto lasciato a se stesso. I test sono pochi (una quarantina l’anno contro le migliaia di praticanti) e basati solo sull’urina, cui sfuggono tutte le sostanze più potenti e quelle che consentono di manipolare il sangue.
Nel triathlon che è la quint’essenza delle specialità a base aerobica spesso non vengono effettuati neppure questi controlli. "Le tre gare di Coppa del mondo disputate in Italia – racconta Danilo Palmucci, ex campione italiano e sempre nel giro della nazionale azzurra – ad Anzio, Forte dei Marmi e Milano, non hanno avuto controlli. Questo vuol dire la possibilità che ci sia doping selvaggio per tutti dai livelli maggiori a quelli più bassi". Né i costi e le difficoltà di procurarsi certi prodotti possono costituire un freno. L’Epo non è difficile procurarsela attraverso canali clandestini (esce – come abbiamo visto - in gran parte dagli ospedali, dove è usata come farmaco salvavita per i dializzati) e ora anche prodotti d’avanguardia come l’emoglobina sintetica e il Pfc (perfluorocarburo), sostanze usate in rianimazione, che trasportano direttamente l’ossigeno, sono facili da reperire perfino su Internet. Sulla loro pericolosità basti osservare che alcune di esse non hanno ancora ricevuto il placet per uso terapeutico dalle autorità internazionali. Ma ci sono fabbriche clandestine (in Messico soprattutto) che sopperiscono alla bisogna. "Il target dell’atleta medio di triathlon – continua Palmucci – è quello del benestante. I soldi non sono un problema. Come si fa, altrimenti, a spendere 30 milioni l’anno per preparare un evento come il famoso Ironman delle Hawaii, il triathlon più famoso e conosciuto del mondo, per ricavarne magari solo 700 dollari di premio?".
I dottori sono tanti. Il nostro lavora non lontano da Roma. Ma come lui nella penisola ce ne sono altri in Toscana, Veneto, Lombardia. Medici o paramedici. "Si sono equamente divisi il mercato, badando bene a non pestarsi i piedi", fanno sapere i Nas. Il loro studio è sempre affollato. Oltre a servire i malati di sport, spesso sono anche medici mutua. Qualcuno ha anche avuto qualche guaio con la giustizia sportiva, una squalifica, ad esempio. Ma questo, lungi dal procurargli problemi, gli ha portato più fama, quindi più clientela. Il tam-tam dei malati di sport è velocissimo e fortissimo. "Arrivare all’altro – racconta il cicloamatore pentito - (quello con la D maiuscola, indagato da tre procure d’Italia per "somministrazione di farmaci dannosi per la salute", n.d.r) - per un amatore è quasi impossibile. E’ come se un operaio volesse acquistare da Bulgari.
Ma questi qui, sono come il Supermercato. Lavorano sulla quantità.
Entri, chiedi, acquisti e te ne vai".
"La Repubblica" del 25 Giugno 1999

SITI WEB

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www.ifbbmagazine.com

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Indirizzi pagine web che trattano il tema del doping
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www.centroscienza.it/
www.anti-doping.or.jp/

Fonte: http://s674f46e4388a92fa.jimcontent.com/download/version/0/module/5690823162/name/doping.doc

Sito web da visitare: http://s674f46e4388a92fa.jimcontent.com

Autore del testo: Mario Gori

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