Educazione fisica capacità coordinative e condizionali

Educazione fisica capacità coordinative e condizionali

 

 

 

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Educazione fisica capacità coordinative e condizionali

LE SCIENZE CHE DANNO BASE SCIENTIFICA
ALL’EDUCAZIONE FISICA

Gli studi e le ricerche  condotti da numerosi scienziati che si occupano dell’uomo nei suoi diversi aspetti hanno permesso all’educazione fisica di acquisire un quadro culturale di riferimento ampio e definito.
La filosofia, per aver messo in evidenza l’importanza delle profonde interrelazioni esistenti tra il corpo e la mente, è stata la scienza che ha permesso i più importanti cambiamenti: essa ha restituito dignità al corpo riscattandolo dal ruolo dipendente dalla mente e ne ha fatto una componente essenziale della persona vista finalmente nella sua globalità, costituita dalle sue pulsioni interiori, dalle sue capacità cognitive ed espressive corporee.
Questa profonda evoluzione filosofica ha fatto sì che il concetto di unità della persona diventasse importante nel  campo educativo soprattutto nell’evoluzione del bambino dalla nascita all’età adulta.
La fisiologia ha approfondito la conoscenza della funzionalità dei diversi apparati corporei; il dosaggio del lavoro, l’influenza dell’allenamento sui diversi apparati ha consentito una programmazione sempre più precisa.
La neurofisiologia ha consentito di comprendere come la persona associa elabora ed organizza le informazioni che riceve attraverso la percezione, per adattare la propria azione all’ambiente. La comprensione di come agiscono le cellule nervose, di come avvengono i collegamenti e la gestione delle numerose informazioni che influenzano il rapporto tra la persona e l’ambiente, ha permesso di comprendere la complessità dell’azione motoria e quindi di definire meglio le metodologie di apprendimento che favoriscono lo sviluppo delle potenzialità umane.
La psicologia ha posto l’attenzione sull’evoluzione del pensiero nel bambino, in che modo affronta, risolve e vive le diverse situazioni della vita. Ha riconosciuto l’importanza, nei processi di apprendimento, della relazione con gli altri, con l’ambiente e con se stesso e di stabilire il rapporto tra apprendimento ed età mentale sottolineando le relazioni esistenti tra le diverse aree che compongono la persona: cognitiva, affettive e motoria.
Da qui la constatazione di quanta importanza abbia l’azione corporea nello sviluppo dell’intelligenza del bambino e nello sviluppo equilibrato della sua personalità.
La pedagogia, infine, ha messo a fuoco le modalità che permettono di realizzare un corretto intervento educativo; ha definito strategie, tipi di apprendimento, sistemi di lavoro, per rendere l’azione didattica sempre più efficace.
L’importanza dell’esperienza, il coinvolgimento percettivo cosciente, la forma ludica dell’apprendimento, la multilateralità che consente di arrivare ad apprendimenti più complessi, sono alcuni esempi delle sperimentazioni più utilizzate in campo didattico.

Nonostante le tre aree abbiano una loro connotazione precisa e sia possibile identificarle in termini anatomici e comportamentali, è essenziale ricordare che hanno pari dignità e che la  persona agisce sempre globalmente utilizzandole in modo complementare.
Per questo motivo è fondamentale che lo sviluppo delle tre aree sia equilibrato ed armonico senza che  si determinino delle dominanze che creerebbero sicuro disagio.

LE AREE DELLA PERSONALITA’

Analizziamole brevemente:

  • L’area affettiva rappresenta la capacità di provare emozioni. Interviene direttamente sulle azioni e sul modo di affrontare le situazioni: interesse, piacere, paura, ansia, gioia sono alcuni aspetti dell’emotività che coinvolge tutta la persona ed influisce in modo determinante sul suo comportamento.
  • L’area motoria è la parte funzionale della persona, il suo corpo, attraverso il quale passano tutte le informazioni e per mezzo del  quale crea relazioni, agisce ed organizza la sua vita.
  • L’area cognitiva rappresenta la capacità della persona di pensare. Tutto il complesso sistema che consente di ricevere, memorizzare, analizzare, elaborare, esprimere informazioni, fissare l’attenzione, prendere coscienza, adattarsi all’ambiente, è reso possibile dalla capacità di pensare e di rielaborare in forma astratta le informazioni.

Durante un processo educativo e didattico bisogna sempre sapere in quale direzione ci si muove, se si vuole arricchire un’area piuttosto che un’altra, tenendo conto della reciproca influenza e della loro rilevanza sullo sviluppo della persona nella sua globalità. Questo è ancora più importante quando esiste la carenza di un’area che genera squilibri nello sviluppo della personalità e che richiede scelte operative specifiche per riequilibrare l’evoluzione e la crescita dell’individuo

L’educazione fisica agisce contemporaneamente a livello delle tre aree ma con differenti priorità: prevalente è lo sviluppo, l’affinamento e l’ampliamento dell’area motoria (nessun’altra disciplina se ne occupa!) ma il riconoscimento delle proprie capacità, la relazione con gli oggetti (sviluppo della manualità), con l’ambiente (coordinazione spazio-temporale, orientamento ecc.) con gli altri (collaborazione, agonismo, sostegno) arricchiscono in modo determinante l’area affettiva.
Quando si portano gli allievi a prendere coscienza di ciò che fanno, a conoscere e controllare le informazioni acquisite attraverso il corpo, a gestire le diverse funzioni corporee, a conseguire una cultura motoria e sportiva, si opera prevalentemente a livello dell’area cognitiva.
Risulta quindi evidente che il compito dell’educazione fisica è quello di stimolare lo sviluppo dell’area motoria in perfetta sintonia, accordo ed organizzazione con le aree affettiva e cognitiva.

 

LA PROMOZIONE DELL’ATTIVITA’ MOTORIO – SPORTIVA

Non ci sono più dubbi sul fatto che l’attività motoria sia un fattore di prevenzione indispensabile per raggiungere e mantenere buoni livelli di salute e benessere.
Andrebbe proposta fin dai primi anni di vita ma obbligatoriamente dall’inizio del percorso scolastico per compensare tutte le ore di blocco forzato tra i banchi di scuola.  
Noi ci focalizzeremo sulla fascia d’età 11 - 16 anni, caratterizzata da tutti i processi fisiologici e psicologici legati alla pubertà e post-pubertà ed alle modificazioni da essa indotte sull’organismo, tenendo sempre presente che la formazione della persona nel suo complesso è la finalità principale del nostro lavoro nei diversi ambiti in cui si esplica (scolastico, sportivo, rieducativo, ecc.).
Attraverso l’applicazione delle conoscenze e delle esperienze attualmente maturate nel campo delle scienze motorie potremo avere la massima valorizzazione del nostro lavoro. E’ utile sapere che:

L'auxologia è una scienza medica (dottrina della crescenza) che studia e cura la crescita fisica della persona nell' età evolutiva.

La pubertà è il periodo di maggiori cambiamenti fisici attraverso i quali il corpo di un bambino diviene un corpo adulto capace di riproduzione. Le differenze tra bambini e bambine prima della pubertà sono limitate. Durante la pubertà, si sviluppano notevoli differenze di dimensioni, forma, composizione e funzione di varie strutture e apparati del corpo. Oltre allo sviluppo dei fattori tipicamente sessuali, c’è l’aumento delle ghiandole sudoripare, della lunghezza delle corde vocali, la diversa proporzione tra massa muscolare, massa ossea e tessuto adiposo.
L’inizio della pubertà può essere ritardato da una intensa attività sportiva, specie se associata ad un basso peso corporeo o a disturbi alimentari ed è influenzata da fattori genetici ed ambientali che rendono molto soggettivo il suo inizio.
La pre-adolescenza e l’adolescenza sono il periodo di transizione psicologica e sociale tra l'infanzia e l'età adulta. L'adolescenza si sovrappone in larga parte al periodo della pubertà ma i suoi confini sono definiti in modo molto vago, e si riferisce tanto alle caratteristiche psicosociali e culturali dello sviluppo, quanto ai cambiamenti fisici della post-pubertà.
LE FASI DELLO SVILUPPO PSICO-FISICO
Le teorie dell’accrescimento definiscono fase di turgor quella in cui avviene un aumento della massa e del peso corporeo e fase di proceritas quella in cui avviene uno sviluppo e un aumento in altezza.

 

CARATTERISTICHE DELL’ETÀ’  0-4 ANNI

  • Caratteristiche Auxologiche: fase di Turgor I . La specie umana acquisisce molte delle sue caratteristiche psicofisiche dopo la nascita, poiché il cervello non completa il proprio sviluppo durante la gestazione bensì dopo. Intorno ai 6 anni il peso del cervello del bambino è il triplo di quello della nascita.
  • Caratteristiche Fisiologiche: La crescita è in costante e continuo aumento perciò i cambiamenti fisici e gli aggiustamenti posturali sono continui. L'infanzia è una fase di grande plasticità biologica che favorisce la progressiva acquisizione di competenze psicomotorie, emozionali e cognitive, competenze che sono anche influenzate dall'ambiente in cui il bambino cresce.
  • Caratteristiche Psicomotorie: Durante la crescita il bambino modifica il proprio comportamento sulla base dell'esperienza mentre si consolidano e si perfezionano le capacità percettive. L’acquisizione della postura eretta, la capacità di camminare, la capacità di comunicare sviluppano la possibilità di relazionarsi con l’ambiente e con gli altri. Fino ai 4 anni si deve lavorare a livello propriocettivo e si cominciano a sollecitare gli schemi motori di base (correre, saltare, strisciare, arrampicarsi, ecc.). Il gioco dovrebbe essere di puro divertimento, non competitivo. L’invenzione, la fantasia nel giocare passa dal gioco singolo al gioco con gli altri. L’adulto dovrebbe dare spunti ma non interferire, lasciare che siano i bambini a creare il loro gioco adatto al mondo fantastico in cui si trovano e di cui l’adulto non fa parte.
  • Caratteristiche Psicologiche: cogliendo solo l’aspetto più esteriore, è molto facile etichettare un bambino con giudizi (“è pigro, è timido, è scatenato”, ecc…)  che rischiano di immobilizzarlo in stereotipi; è invece opportuno cercare di capire cosa lo spinge a comportarsi in quel modo. La timidezza può derivare da un bisogno di sicurezza e di stima. L’aggressività può scaturire da una scarsa conoscenza e controllo della propria energia che trasforma i gesti in azioni eccessive. Il bambino oppositivo spesso è un iper-emotivo e un insicuro che pone una barriera difensiva tra sé e gli altri con i suoi “no”.

 

CARATTERISTICHE DELL’ETÀ’  5-6 ANNI:

  • Caratteristiche Auxologiche: fase di proceritas I, l’accrescimento staturale supera quello ponderale provocando magrezza, torace stretto e forza muscolare inadeguata all’allungamento scheletrico. Fra il quinto e sesto anno il bambino raggiunge il 60% della sua statura globale e si assiste al primo allungamento della figura, mentre la dimensione del suo cervello è già al 90% rispetto a quello adulto.
  • Caratteristiche Fisiologiche: la maturazione degli apparati cardio-respiratorio consente un progressivo miglioramento del VO2max (massimo consumo di ossigeno); la minore gittata sistolica è compensata dalla più elevata frequenza cardiaca massima che può arrivare anche ai 210/220 batt/min. La ventilazione meno profonda è compensata da una frequenza degli atti respiratori più elevata (anche 60 respirazioni al minuto).
  • Caratteristiche Psicomotorie: Avendo una minore attività degli enzimi legati al meccanismo anaerobico, a questa età i bambini sono più adatti al lavoro aerobico. Hanno un discreto equilibrio statico ma sono carenti in quello dinamico così come è scarsa la coordinazione oculo-manuale. Ama i giochi di imitazione ed esplorazione.
  • Caratteristiche Psicologiche: a questa età risente ancora del processo di identificazione col genitore dello stesso sesso da cui dipende per la strutturazione della sua personalità. La sua naturale curiosità lo porta a fare domande ed insieme alle risposte gli si possono dare piccoli compiti che lo responsabilizzino e che aumentino la sua autostima. E’ desideroso di approvazioni ma è ancora piuttosto egocentrico quindi ha scarso senso sociale e di collaborazione. La memoria sta migliorando così come la sua capacità di attenzione; comprende la differenza tra bene/male ma va aiutato a prendersi la responsabilità dei suoi comportamenti. E’ sensibile alle sollecitazioni, ai rimproveri ed alle gratificazioni, se contrariato si ritira e si chiude in se stesso.

CARATTERISTICHE DELL’ETÀ’    7-8 ANNI

    • Caratteristiche Auxologiche: il bambino si trova alla fine della Proceritas I o all’inizio del Turgor II con un incremento ponderale  e un primo sviluppo della forza muscolare.
    • Caratteristiche Fisiologiche: La frequenza cardiaca a riposo scende a circa 85/90 batt/minuto, 
    • Caratteristiche Psicomotorie: Lo schema corporeo (conoscenza di sè) benché ancora carente, è in fase di organizzazione. Gli schemi già appresi precedentemente possono essere ripresi nei loro particolari per giungere ad una esecuzione più fine ed armoniosa dei movimenti. La motricità di questo periodo è caratterizzata da agilità, rapidità e scioltezza.
    • Caratteristiche Psicologiche: a questa età ha un grande interesse per il proprio corpo; è ora più cosciente della propria posizione sociale e tende a perdere il suo naturale egocentrismo. Il bisogno di realizzarsi si fa sentire per diventare evidente verso gli otto anni. Il gusto della creatività si accentua in relazione anche ai modelli che l’adulto saprà dargli. In questa fase evolutiva vi è uno spiccato senso di industriosità. A 7 anni il bambino entra in un mondo di paure perché è in grado di valutare e giudicare se stesso,  fa i confronti tra se e gli altri, e vede dove gli altri fanno meglio di lui. Si è passati da un’autostima alta ma fragile (6 anni) ad un’autostima bassa per eccesso di autocritica.

CARATTERISTICHE DELL’ETÀ’     9-10 ANNI

  • Caratteristiche Auxologiche: il bambino si trova al termine della fase di Turgor II o, per alcune femmine, all’inizio della pubertà. La lordosi lombare è definitiva e la statura ha raggiunto il 75% di quella globale. I muscoli flessori sono più sviluppati di quelli estensori tanto che, in questo periodo, è abbastanza frequente nei bambini l’atteggiamento cifotico.
  • Caratteristiche Fisiologiche: in questa età ci potrebbero essere individui in fase di pubertà anticipata in cui si presentano già i caratteri sessuali secondari. Se nell’organismo vengono accelerati anzitempo i meccanismi di crescita si verificano enormi cambiamenti che causano notevoli sconvolgimenti, fisici e psicologici nel bambino.
  • Caratteristiche Psicomotorie: è notevole la capacità di acquisire nuove esperienze motorie e di sostenere agevolmente un’attività fisica anche protratta nel tempo. Il bambino è pronto ad assimilare le proposte dell’insegnante ed a trarne  il massimo profitto: è un’età d’oro per l’apprendimento motorio. Entrambi i sessi posseggono lo stesso grado di forza e riescono ad eseguire gli stessi esercizi con pari abilità.
  • Caratteristiche Psicologiche: è questa la fase delle operazioni concrete; il bambino inizia a mettere in relazione il proprio comportamento con le conseguenze che ne derivano, comprendendo il concetto causa/effetto. Il mondo sociale acquista una maggiore importanza, i modelli da imitare non sono più solo i genitori ma anche gli altri adulti e i compagni. Con la formazione del super-Io il bambino si avvia ad agire sulla base di regole, prima interne e poi del gruppo; ciò implica anche il controllo dell’emotività e dell’impulsività.

CARATTERISTICHE DELL’ETÀ’    11 - 14 ANNI:

  • Caratteristiche Auxologiche:  i bambini si trovano nella fase di Proceritas II, ed iniziano la fase della pubertà, mentre le bambine a 13/14 anni sono generalmente già al termine del periodo puberale. L’attività sportiva può anticipare l’arrivo della maturazione sessuale. E’questa la fase più critica del processo evolutivo. La statura raggiunge, in questo periodo, circa l’80%  del globale e il battito cardiaco può scendere sotto gli 80 battiti al minuto. L’accelerazione dell’allungamento è enorme e la forza muscolare subisce un buon incremento
  • Caratteristiche Fisiologiche: vi è la massima funzionalità del sistema endocrino, l’aumento ponderale e morfologico di tutti gli organi interni e degli apparati, anche se non correlati da eguale sviluppo funzionale. L’allungamento muscolare è in sintonia con quello osseo.
  • Caratteristiche Psicomotorie: l’allungamento osseo e il conseguente stiramento muscolare provocano il regresso dello schema corporeo che si era completamente strutturato; i movimenti divengono più scoordinati, la goffaggine è diffusa, vi è una diminuzione dell'equilibrio, mentre la buona disposizione alla mobilità articolare del primo periodo si riduce con lo sviluppo della forza. A questa età si acquisisce l’amore per l’attività motoria e per gli sport codificati.
  • Caratteristiche Psicologiche: si assiste ad instabilità emotiva, insicurezza alternanza di rendimento, labilità dell’attenzione e concentrazione causati dalle enormi modificazioni a cui il ragazzo è sottoposto. Iniziano i problemi con le istituzioni-autorità, la fase della trasgressione, e la ricerca di un leader. Si consolida l’attività collaborativa coi compagni, ed è in grado di assumersi responsabilità e di accettare ruoli all’interno del gruppo.

CARATTERISTICHE DELL’ETÀ  15 – 18 ANNI:

  • Caratteristiche Auxologiche: in questa età ci sono molte differenze tra maschi e femmine. Queste ultime sono ormai in fase post-puberale di Turgor III mentre i maschi sono ancora alla fine della Proceritas II o inizio del  Turgor III. Per questo, generalmente, i maschi raggiungono una statura maggiore che comunque, in questo secolo, termina definitivamente verso i 17/18 anni.
  • Caratteristiche Fisiologiche: migliorano tutti i parametri funzionali: il trofismo funzionale è buono o più che buono; il cuore aumenta il suo volume e la sua forza contrattile e aumenta anche il calibro dei vasi sanguigni; gli scambi gassosi divengono più favorevoli.
  • Caratteristiche Psicomotorie: l’arresto della crescita in altezza porta ad una armonizzazione delle proporzioni con conseguente miglioramento delle  capacità coordinative. E’ un periodo favorevole per l’apprendimento e l’assimilazione di complessi schemi motori; migliora la produzione motoria tecnica anche di alto livello. E’ la seconda età d’oro dell’apprendimento motorio. E anche il periodo della scelta, spesso definitiva, di una specifica attività sportiva che può influenzare lo sviluppo globale della personalità.
  • Caratteristiche Psicologiche: migliora l’equilibrio emozionale in seguito alla stabilizzazione e alla regolazione ormonale. La capacità di applicazione allo studio e all’esercizio fisico aumentano sorretti dalla motivazione. Si realizza il comportamento ipotetico-deduttivo, la ricerca della norma come riferimento applicativo e la ricerca di un’attività sportiva come modello di comportamento. Vi è una buona capacità critica e di autocontrollo.

 

A questo punto è doveroso sottolineare che le varie fasi di proceritas e turgor (secondo le leggi di Stratz, Godin e Viola) non avvengono puntualmente e non seguono l’età anagrafica bensì sono legate a fattori personali, per cui individui della stessa età possono essere in due fasi differenti.

(Da: Bin, Tosi “Perché, Come, Quando Tappe dello sviluppo auxologico, psicomotorio, fisiologico, psicologico dei ragazzi da 9 a 16 anni” S.S.S., Roma 1984.)

 

GLI ELEMENTI DELLA PROGRAMMAZIONE MODERNA

La programmazione di un’attività motoria (a seconda dei contesti lavorativi) consiste nella progettazione degli interventi didattici e metodologici che tengano conto dell’età e dei livelli di partenza degli allievi, delle finalità e degli obiettivi da perseguire, nonché dei mezzi e degli strumenti a disposizione .
Iniziando la riflessione dalle finalità generalipreviste dal progetto, bisogna definire gli obiettivi, scegliere le attività più adatte (contenuti) fra le innumerevoli possibili, per poi organizzarle nel rispetto della teoria dell’allenamento, che asseconda il naturale sviluppo delle funzioni psico-fisiche.
Ad esempio i corsi scolastici in orario curriculare, quelli in orario extracurriculare, quelli organizzati dalle società di avviamento alla pratica sportiva, i corsi sportivi ad indirizzo specifico, hanno ognuno finalità proprie, da cui si deve partire per impostare la programmazione.

LE FINALITA’, GLI OBIETTIVI, I CONTENUTI

Per FINALITA’ s’intendono le intenzioni educative, formative e preventive realizzabili attraverso la specificità della disciplina (Attività Motoria, Educazione Fisica o Sportiva).
EDUCARE significa portar fuori ciò che sta dentro, rendere palese una predisposizione, far scaturire le potenzialità esistenti nella persona da educare (dal latino educere =trarre fuori). E’ il processo che tende allo sviluppo di facoltà mentali, fisiche e relazionali nell’individuo. Avviene attraverso l’istruzione (trasmissione di concetti e informazioni) e l’insegnamento (relazione empatica che favorisce l’apprendimento).
Avviene in differenti contesti (famiglia, scuola, amici, società sportiva, oratorio, circoli culturali, ecc.)   tramite diversi attori (genitori, insegnanti, istruttori, gruppo dei pari, mass-media) e attraverso la didattica (o pratica dell’educare) che si fonda sulla conoscenza di metodi e contenuti.

FORMARE significa favorire la conoscenza e la coscienza di sé per realizzare un percorso di autonomia che consenta, prima, di riconoscere le proprie attitudini e aspirazioni, poi di saperle sviluppare, consolidare e controllare.

PREVENIRE significa conoscere il rapporto tra attività motoria e miglioramento o mantenimento della salute dinamica.
Consiste :

  • nel miglioramento della funzionalità di organi ed apparati, con particolare attenzione allo sviluppo plastico dell’apparato neuro-muscolare per migliorare l’adattamento alle situazioni della vita quotidiana;
  • allo sviluppo dei fattori di buona salute (capacità condizionali);
  • al mantenimento dell’equilibrio tra energia introdotta e spesa (rapporto tra massa magra e tessuto adiposo) al fine di ridurre i rischi di patologie.

Tutto ciò al fine di mantenere un equilibrio fisico, mentale e sociale che consenta la realizzazione quotidiana delle proprie risorse e aspirazioni.

Mentre le finalità rappresentano un punto di riferimento molto ampio, stabiliscono ciò che la disciplina vuole ottenere nel lungo termine e rappresentano un traguardo finale, GLI OBIETTIVI  sono dati da prestazioni, comportamenti, “saper fare”, che devono essere riconoscibili, verificabili e misurabili. Sono direttamente collegati con le finalità sopraelencate e con le basi scientifiche del movimento. Quindi, se le finalità che si vogliono raggiungere sono il miglioramento delle tre aree della personalità, dovranno essere identificati obiettivi specifici di carattere fisico (es. gestire la frequenza cardio-respiratoria, sviluppare la mobilità), relazionale (es. relazionarsi con gli altri collaborando positivamente) e culturale (capacità critica di un evento sportivo, autonomia nel mantenimento della salute).
Per CONTENUTI si intendono le attività, gli esercizi le situazioni che vengono proposte agli alunni per il raggiungimento degli obiettivi, cioè per l’acquisizione delle abilità. Le attività di gioco, con piccoli e grandi attrezzi, le attività di presa di coscienza del corpo, la percezione spazio-temporale, le attività fatte per scoprire la varietà di utilizzo e vari attrezzi, gli esercizi a coppie o in gruppo, le riflessioni sull’attività svolta ecc… sono i contenuti dell’educazione fisica.
Un contenuto rappresenta sempre un’azione globale, quindi può servire a raggiungere diversi obiettivi, ma stimolando l’apprendimento, forma un’esperienza significativa per la conquista di abilità specifiche (non trasferibili) o anche trasferibili in altri ambiti.
I contenuti devono avere i seguenti requisiti:

  • adeguatezza all’età degli alunni (sviluppo somatico e del pensiero)
  • interesse
  • sintonia con il metodo
  • significatività (più adeguati all’obiettivo da raggiungere)
  • adeguato al livello di apprendimento
  • adeguato all’ambiente ed ai mezzi disponibili

LA SOCIALIZZAZIONE

La socializzazione è il processo attraverso il quale gli individui sviluppano, attraverso linterazione sociale, un grado di competenze comunicative e di abilità all’interno di una determinata cultura, adottando i modelli di comportamento, le norme e i valori della propria società.

Per Rubin e colleghi (Peer interactions, friendships and groups. In Handbook of Child Psychology, 1998) la competenza sociale è la capacità di raggiungere i propri obiettivi nelle interazioni sociali mantenendo simultaneamente buone relazioni con gli altri nel tempo e in situazioni diverse.

Il requisito fondamentale per l’inserimento di un individuo nella società è prima di tutto la percezione di se stesso e dei propri bisogni, la capacità di riconoscere e condividere gli stati emozionali, di comprendere il rapporto con gli altri e la capacità di interazione tra il linguaggio verbale e non verbale.

Dopo la socializzazione primaria, che avviene in famiglia, la scuola diviene la prima istituzione sociale extradomestica con la quale l’individuo entra in rapporto, quindi la scuola è un’agente formativo che funge da tramite tra la famiglia e la società preparando il bambino al suo futuro ruolo di adulto.
Il rapporto con i coetanei è ritenuto essenziale per lo sviluppo cognitivo e sociale del bambino; per  questo hanno grande importanza tutte le attività tra pari che consentano di sentirsi “empaticamente” vicino all’altro e di sviluppare i concetti di condivisione e collaborazione.
L’attività motoria e lo sport costituiscono un’occasione veramente privilegiata per favorire e facilitare la socializzazione, in quanto permettono al ragazzo di relazionare, interagire e confrontarsi in una attività di divertimento, quindi in un momento di per sé piacevole. In una situazione di ludicità, e perciò di benessere, l’individuo  è più disponibile ed aperto al confronto, alla collaborazione e al rispetto per l’altro.

Il corpo è lo “strumento” con cui entriamo in relazione con l’ambiente e con gli altri; spesso, più che nascondere, rivela i nostri pensieri e le nostre emozioni in modo più sincero e difficile da controllare rispetto alle parole. Il linguaggio del corpo dà espressione ai nostri sentimenti, all’aggressività o all’attrazione verso le persone. E importante  essere consapevoli di quanto il nostro corpo è capace di raccontare perché questo ci consente di raccontarci e capire meglio noi stessi e le persone che ci stanno vicine.
Per una comunicazione efficace i parametri da considerare non sono solo quelli verbali ma anche i non verbali quali: la vicinanza/lontananza dei corpi, la postura, la voce, la  gestualità, la respirazione, l’espressione del viso.
Il corpo può essere allenato per delle prestazioni sportive ma può essere anche “allenato” a raccontare un testo o una musica o una danza, traducendo le emozioni in espressioni, atteggiamenti e movimenti
Il docente è deputato a promuovere uno “spazio d’azione” in cui si verificano interazioni e scambi tra allievi, oggetti del sapere e insegnanti, e gli allievi abbiano modo di fare esperienze significative sul piano cognitivo, affettivo/emotivo, interpersonale/sociale.
Affinché questo avvenga al meglio è importantissimo il “clima di classe”in cui non deve prevalere un apprendimento individualistico o competitivo bensì un apprendimento cooperativo focalizzato sull’apprendere insieme, l’uno con l’altro, l’uno dall’altro, l’uno per l’altro.
Attraverso la realizzazione del clima cooperativo, gli studenti cercano di raggiungere insieme un obiettivo, vengono valutati secondo dei criteri condivisi, sia per quanto hanno fatto (obiettivo cognitivo), che per come lo hanno fatto (obiettivo sociale). Imparano a dare più che a ricevere, a sentirsi interdipendenti, legati l’uno all’altro nel raggiungere un obiettivo comune.
Questo permette una forte integrazione sociale e lo sviluppo di un senso di identità, dove ciascuno si sente importante, utile a se stesso e agli altri. Esiste, così una correlazione positiva tra persone e obiettivi: l’obiettivo non può essere raggiunto se manca qualcuno o se uno non ha dato il suo contributo. Più ciascuno lavora e più apprende e fa progredire tutto il gruppo. In tale contesto di apprendimento, risulta necessaria una professionalità docente le cui peculiarità si configurano nella mediazione dei contenuti di apprendimento (il come apprendere piuttosto che il che cosa apprendere), nelle modalità di relazione con gli alunni considerati come soggetti attivi del proprio apprendimento, nella capacità di guidare costruttivi e produttivi rapporti sociali e relazionali all’interno del gruppo di apprendimento (Gardin, Azzini, Verri, 1997).
Non bisogna dimenticare inoltre che un buon clima di classe è elemento essenziale perché passi ogni tipo di messaggio/apprendimento quindi non si può programmare nessun tipo di percorso formativo/educativo senza partire dalla creazione di un ambiente sereno, gioioso, privo di conflitti ed individualismi esagerati.
La capacità di interagire produttivamente con gli altri si apprende con l’esperienza e presuppone che le abilità sociali di ogni membro del gruppo siano adeguate al compito.
E’ competenza dell’adulto/insegnante predisporre, favorire, facilitare tutto quanto è necessario per far acquisire ai propri utenti le competenze e abilità sociali indispensabili allo svolgimento del lavoro comune.
L’interesse per la persona che si ha di fronte, prima che per l’allievo, qualunque sia la sua nazionalità, il suo passato, la sua situazione famigliare, è esercitare un’umana comprensione che può diventare scintilla in grado di suscitare entusiasmo, partecipazione e motivazione nei discenti. Liberare le potenzialità dei propri studenti, assecondarle, supportarle, si lega anche alla capacità di ascoltare, di dialogare, stimolando chi è restio, creando un rapporto costruttivo e veritiero che potrà lasciare nei ragazzi un ricordo ed un modello a cui attingere nel personale percorso di vita.

 

L’ORGANIZZAZIONE DI UN PROGRAMMA A CARATTERE POLIVALENTE, MULTILATERALE E POLISPORTIVO
(da.P. Sotgiu, F.Pellegrini: “Attività Motorie e Processo Educativo” SSS Roma)

Affinché la programmazione dell’attività motoria sia significativa ai fini di un corretto apprendimento ed ampio sviluppo, si deve far si che ci sia una significativa sollecitazione motoria, superiore al carico insito nei gesti comuni della vita quotidiana.
La quantità e qualità degli esercizi da proporre devono seguire i seguenti principi:
- Principio della polivalenza: fa riferimento alla significatività delle attività motorie sul piano degli aspetti metodologici con cui vengono proposte e agli esiti programmati, per determinare capacità ed abilità la cui fruibilità, trasferibilità, valenza e validità sia molteplice.
Per esempio,devono essere predisposti interventi che mirino a favorire:
lo sviluppo degli schemi motori e posturali,
lo sviluppo dell’area motoria e delle sue funzioni (cap. condizionali e coordinative)
l’acquisizione di nuove abilità motorie
l’integrazione delle funzioni dell’area motoria con quelle delle altre aree della personalità (cognitiva e affettivo-relazionale).

Dal punto di vista metodologico, per raggiungere i suddetti obiettivi si può usare:

  • il metodo deduttivotramite dimostrazione ed esecuzione prestabilita dall’insegnante, oppure
  • il metodo induttivo (libera scoperta)che favorisce la creatività e la ricerca di soluzioni personali.

In pratica la Polivalenza fa riferimento alla capacità dell’educatore di variare continuamente sia i contenuti che il metodo attraverso cui proporre determinate esercitazioni, per favorire l’acquisizione di tutte le capacità, senza dimenticare l’indispensabile attenzione alla spinta della motivazione .

- Principio della multilateralità: fa riferimento oltre che al miglioramento di tutte le qualità fisiche, anche agli aspetti didattici, cioè ai contenuti, ai mezzi ed alla loro organizzazione, che possono essere:
Giochi: individuali, collettivi,di gruppo, di squadra, sportivi; con o senza attrezzi, di regole, tradizionali, di territorio, di punteggio, espressivi.
Percorsi: singoli, multipli,paralleli, differenziati, a staffetta, a gara, individuali, di
squadra; con o senza attrezzi, con schemi semplici o complessi, ripetizioni, variabili.
Circuiti: singoli, differenziati, individuali, multilpi, a staffetta, gara; come i percorsi, cura all'organizzazione e numero stazioni in funzione degli obiettivi;
Prove multiple: i fondamentali delle singole discipline sportive; situazioni facilitate, normali, precarie, inusuali, codificate.
In pratica fa riferimento alla capacità dell’educatore di variare i contenuti proposti per il raggiungimento di uno stesso obiettivo.
Esempio:
per sviluppare la componente esplosiva della capacità di forza, posso utilizzare balzi, partenze, ma anche azioni tratte dai giochi sportivi come entrate a canestro, schiacciate di pallavolo, colpi di testa del calcio, tiri in porta di pallamano, etc. sempre con lo scopo di favorire la motivazione .

- Principio della polisportività: fa riferimento alla pratica di molteplici e svariate discipline sportive o di azioni di gioco tratte dalle stesse, nell’avviamento alla pratica sportiva di carattere generale, come anche nella preparazione agonistica di una specifica disciplina sportiva.

LA METODOLOGIA

S’intende indicare l’insieme di operazioni che permettono di organizzare il lavoro e strutturare tutti i contenuti, per arrivare al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
La scelta del metodo deve essere adeguato agli obiettivi da raggiungere, alle caratteristiche degli allievi, all’ambiente e agli attrezzi disponibili.

ELEMENTI ESSENZIALI DEL METODO:

  • ruolo operativo dell’insegnante, vale a dire: il suo atteggiamento, la gestualità, il linguaggio usato, la gestione della voce, la relazione insegnante- allievi.
  • Relazione stimolata tra gli allievi, vale a dire: favorire la socializzazione, l’amicizia, la collaborazione, la comunicazione, il rispetto delle persone, controllare lo spirito agonistico, l’affermazione di sé a scapito dei compagni, controllare le critiche negative e distruttive.
  • Tipo di apprendimento utilizzato: sostanzialmente sono: il metodo induttivo e deduttivo. Per deduttivo s’intende il metodo che privilegia percorsi già preordinati, per induttivo quello che sfrutta maggiormente l’azione partecipativa e creativa degli allievi. Esiste un rigoroso rapporto tra il tipo di apprendimento e l’obiettivo da raggiungere perché le aree della persona interessate e le relative funzioni vengono coinvolte in modo diverso. Altrettanto diversa è la partecipazione dell’alunno e di conseguenza anche  la sua motivazione ad apprendere. Per questo si raggiungono risultati diversi a seconda del metodo utilizzato.

L’insegnante non è chiamato a scegliere un metodo piuttosto che un altro ma ad operare tante scelte, funzionali al suo lavoro didattico, anche all’interno della stessa ora.
(Vedi schema di pag.167/168 da Sotgiu Pellegrini “Attività Motorie e Processo Educativo”o TAB.1 e 2 allegate)

CRITERI PER LA SCELTA DEL METODO

In sintesi, un metodo per risultare efficace dovrebbe:

  • essere adeguato agli obiettivi
  • stimolare la motivazione rispondendo ai bisogni degli alunni
  • favorire l’associazione delle nuove conoscenze e abilità a quelle già acquisite
  • sviluppare l’azione ideativa e creativa degli allievi
  • promuovere l’apprendimento di abilità il più possibile trasferibili
  • essere sempre sotto il controllo dell’insegnante, che deve avere la possibilità di modificarlo in qualunque momento, in funzione delle risposte del gruppo.

Qualsiasi metodo venga scelto, esso dovrà produrre modificazioni strutturali positive nel sistema nervoso dell’allievo, promuovendo la plasticità che è condizione indispensabile per lo sviluppo della capacità di adattamento all’ambiente che consente alla persona di agire e intervenire in esso in modo critico e consapevole senza esserne condizionato.
Con questi presupposti anche gli automatismi  che si raggiungeranno non saranno rigidi (ripetizione meccanica alla base dell’addestramento) ma “mobili” cioè adattabili e trasferibile a diverse situazioni.

Se leggiamo i Programmi ministeriali si evince che, nella scuola media e nella scuola superiore, le finalità dell’E.F. sono:

  • favorire la conoscenza e la coscienza di sé
  • favorire l’acquisizione del controllo di sé
  • migliorare e potenziare la funzionalità degli organi e degli apparati umani
  • favorire l’acquisizione di una cultura motoria e sportiva
  • far emergere le attitudini personali

Perseguire queste finalità significa sviluppare l’intera personalità dell’individuo
Lo schema della pagina successiva mette in evidenza le correlazioni tra le aree della persona con le finalità dell’E.F.

(Vedi schema 7-1 da B. Mantovani “Educazione fisica anni ‘90”o TAB. 3 allegata)

L’APPRENDIMENTO

Apprendere è un processo fondamentale che avviene durante la vita dell’uomo; consiste nell’acquisizione ex novo o nello sviluppo di precedenti forme di comportamento o di prestazioni, e si manifesta attraverso la relazione dell’individuo con l’ambiente.
Per apprendimento motorio s’intende specificatamente l’acquisizione o il perfezionamento di conoscenze e di capacità motorie che complessivamente sviluppano l’intera personalità dell’individuo.
L’apprendimento di un’abilità motoria (un gesto tecnico, una prestazione sportiva, ecc) avviene attraverso l’acquisizione, il perfezionamento, la stabilizzazione e l’utilizzazione di quella specifica abilità in contesti differenti (trasferibilità).
L’attività dell’ apprendere è legata alla ricezione, elaborazione e trasmissione delle informazioni di natura verbale e senso-motoria, quindi anche allo sviluppo del linguaggio e del pensiero.
L’attività di regolazione del movimento migliora se le sensazioni cinestesiche possono divenire coscienti, se l’atleta è in grado si dare un nome alle sensazioni e ai movimenti vale a dire arrivare alla rappresentazione mentale dei movimenti imparati. L’atleta migliora rapidamente se le sensazioni cinestesiche possono essere trasformate in contenuti coscienti, se l’atleta è in grado di verbalizzare certe fasi dell’esecuzione di un movimento e di disporre dei concetti che corrispondono ai gesti motori. Concetti, definizioni, spiegazioni precise, se usate in modo appropriato possono accelerare il processo di apprendimento
Il linguaggio svolge una funzione essenziale nella costruzione della memoria motoria e nel suo arricchimento. Per questo il docente deve possedere un linguaggio tecnico estremamente chiaro, semplice ma preciso.
Perché l’allievo capisca cosa esattamente deve fare, la richiesta deve essere ragionevole, comprensibile e concreta; nell’infanzia se si vuole insegnare a saltare, l’ostacolo deve essere reale. Solo con la crescente maturazione intellettuale e con la somma delle esperienze motorie si sviluppa la comprensione astratta del movimento fino ad utilizzare l’allenamento ideomotorio (solo negli atleti evoluti).

Un altro presupposto indispensabile per il processo di apprendimento è la capacità di utilizzare le informazioni di ritorno sull’attività svolta (feed-back).
L’apprendimento e il giusto controllo di un movimento sono legati alle informazioni sensoriali e alle informazioni di ritorno che si possono ottenere solo eseguendolo; il processo che alcuni autori chiamiamo “Circuito retroattivo” si compone delle seguenti fasi:

  • comprensione del compito da svolgere (collegamento tra linguaggio e concetto)
  • elaborazione di un 1° modello motorio
  • ricezione delle informazioni durante l’esecuzione del movimento programmato (feedback di ritorno)
  • analisi delle informazioni e confronto tra la realizzazione e il gesto motorio programmato
  • ricezione degli errori commessi
  • riprogrammazione di un 2° modello motorio che porti a rispettare la consegna ricevuta (il compito da svolgere)

L’informazione sulle particolarità del movimento eseguito è necessaria per poter procedere alla correzione Se l’allievo non ha “sentito” cos’ha fatto come può modificare il suo gesto? Come può farne uno più corretto ed efficace?
Le informazioni esterocettive e propriocettive che arrivano ai centri nervosi durante l’esecuzione di un gesto motorio, garantiscono l’azione di feedback che consente, entro certi limiti, di controllare e aggiustare il movimento durante la sua attuazione. Lo stesso procedimento di retroazione s’innesca al termine dell’azione motoria, comparando l’esito finale con il primo modello programmato.
Tale funzione è intimamente legata al livello di coscienza- percezione del proprio corpo, quindi è in stretta dipendenza dallo sviluppo e dall’organizzazione dello Schema Corporeo

Presupposto dell’apprendimento non è solo averne le capacità ma anche la disponibilità, l’atteggiamento motivazionale. La scala dei motivi può essere molto ampia: va dalla soddisfazione di bisogni o ambizioni personali, alla realizzazione di scopi collettivi (del gruppo dei pari). Grande importanza hanno anche le capacità volitive che si fondano sulle caratteristiche del temperamento individuale. E’ facile capire quale sia il ruolo dell’attenzione, della perseveranza, dell’ambizione, dell’autocontrollo,  nello sviluppare e mantenere un’elevata attività di apprendimento.
Sia l’apprendimento che la motivazione vengono rafforzate dall’esperienza della “riuscita, del successo”, che avvengono se la richiesta è stata adeguata alle possibilità e alle condizioni di partenza dell’allievo.

Anche il docente, nel suo lavoro, deve utilizzare lo stesso processo del circuito retroattivo per programmare la sua azione educativa, assegnare il compito adeguato ai prerequisiti degli allievi, osservare la realizzazione motoria, cogliere gli errori, fornire informazioni individualizzate, utilizzare le informazioni di ritorno dal gruppo per aggiustare e riformulare una nuova proposta motoria.

Bisogna avere idee molto chiare sugli obiettivi da raggiungere, che devono essere esplicitati chiaramente. Conseguentemente i contenuti proposti devono essere frutto di una attenta considerazione degli ELEMENTI FONDAMENTALI DELLA PROGRAMMAZIONE (finalita’, obiettivi, contenuti, mezzi e metodi).
Risulta evidente da tutto questo l’importanza che la programmazione ed il metodo di lavoro assumono nel determinare la qualità dell’esperienza vissuta dagli allievi.

LA SODDISFAZIONE DEI BISOGNI ATTRAVERSO L’ATTIVITA’ MOTORIO-SPORTIVA

Nell’attività motorio-sportiva la soddisfazione dei bisogni dell’individuo può avvenire attraverso diversi fattori.
a) Attrazione esercitata dai membri del gruppo:
si scelgono inizialmente anche le attività dove si possono incontrare le persone con cui si hanno affinità;
b) attrazione esercitata dalle attività scelte dal gruppo:
in età evolutiva la formazione fisico motoria attraverso il gioco è un elemento importantissimo, anche se non esclusivo, per questo l’educatore deve avere una vasta conoscenza di contenuti e saperli adeguare alla soddisfazione dei bisogni dei soggetti a lui affidati;
c) attrazione esercitata dagli scopi che il gruppo si prefigge.
Gli apprendimenti che avvengono attraverso le attività ludiche sono più veloci e stabili in quanto sostenuti dalla motivazione. Gli argomenti risultano più interessanti, piacevoli e contengono la soddisfazione della sfera emotiva quindi gratificano l’individuo e il gruppo. Tuttavia anche il gioco deve avere uno o più obiettivi precisi, essere adeguato all’età ed essere gradualmente modificabile nella sua intensità e complessità.

DIFFERENZA TRA LEZIONE E ALLENAMENTO

Il concetto di apprendimento si riferisce al cambiamento del comportamento di un soggetto di fronte a una situazione stimolante, che viene sperimentata ripetutamente e rinforzata positivamente..

La metodologia dell’insegnamento segue la concezione cognitivista, cioè trasmettere e stimolare il Sapere, per far acquisire conoscenze, abilità e competenze attraverso l’attività motoria cioè tramite le esperienze che passano attraverso il corpo.

La metodologia dell’allenamento segue la concezione funzionalista, vale a dire incrementare la funzionalità organica e sviluppare le capacità motorie che sono i prerequisiti essenziali di quella attività sportiva.

Pertanto la Programmazione sarà molto diversa nei due casi e la possiamo sintetizzare con un breve schema:

LA LEZIONE                                                    L’ALLENAMENTO

RISCALDAMENTO                                           RISCALDAMENTO

APPRENDIMENTO NUOVO O                          POTENZIAMENTO DELLE
MIGLIORAMENTO DI UN’ABILITA’ O           CAPACITA’CONDIZIONALI
RINFORZO DELLA TRASFERIBILITA’

FASE LUDICA                                                   CONTENUTI TECNICI E TATTICI

                                                                            PROVE DI GARA (PARTITE)

DEFATICAMENTO                                           DEFATICAMENTO

 

IL RISCALDAMENTO

detto anche CONDIZIONAMENTO serve a mettere gli allievi in condizione di svolgere le attività programmate.
Ha due scopi fondamentali:

  • ridurre il rischio di infortuni muscolari (contratture, stiramenti, strappi) ed articolari (microtraumi, distorsioni)
  • preparare l’organismo ad affrontare al meglio l’impegno successivo.

 
Gli effetti del riscaldamento sono i seguenti:

  • aumenta la temperatura corporea, rendendo più facili le reazioni biochimiche a livello cellulare,  riducendo gli attriti muscolari ed articolari ed aumentando così la reattività e la coordinazione.
  • incrementa sia la frequenza respiratoria che quella cardiaca, con conseguente aumento del volume di aria inspirata e della quantità di ossigeno presente nel sangue, in modo da far fronte alle successive maggiori richieste.
  • prepara mentalmente al compito da svolgere favorendo il miglioramento della coordinazione. Se infatti non si è concentrati su ciò che si deve fare, le conseguenze possono essere diverse e tutte negative: un lavoro fisico inefficace o tecnicamente sbagliato o un maggior rischio di traumi personali o della quadra.

Il riscaldamento può essere suddiviso in tre fasi:

  • fase di preparazione cardio-respiratoria: sollecita i grandi apparati attraverso attività prevalentemente aerobiche come la corsa lenta e le andature della corsa (skip a ginocchia alte o calciato dietro, galoppi e saltelli di tutti i tipi e in tutte le direzioni, corsa laterale a passi incrociati o accostati, passo saltellato, balzi, doppio impulso, ecc.) eseguite a ritmo blando.
  • fase di preparazione articolare e muscolare: ricerca innanzi tutto l’attivazione delle principali articolazioni attraverso semplici esercizi di mobilità articolare (slanci, circonduzioni, flessioni, torsioni, ecc., che interessino tutti i distretti corporei) eseguiti camminando o da fermi. Utilizza poi lo stretching ed alcuni esercizi di tonificazione a carico degli addominali e delle braccia per terminare la preparazione muscolare.
  • fase di preparazione specifica: varia a seconda dell’attività che si deve svolgere e prevede esercitazioni che ne riprendono le caratteristiche e ne simulano situazioni e gesti. Se ad esempio il riscaldamento deve preparare ad una partita di pallavolo, questa fase sarà costituita da esercizi con la palla, prove di battuta, schiacciata e muro, ecc. Se invece ci si sta scaldando per una gara di corsa di velocità dovrà prevedere alcuni allunghi (si corre al 70, 80 % della propria velocità massima per 40, 50 m, recuperando tornando di passo al punto di partenza), alcuni progressivi (si corre per 40, 50 m aumentando progressivamente la velocità fino a raggiungere la massima nell’ultimo tratto) ed alcuni scatti, anche partendo dai blocchi.

LA FASE CENTRALE comprende tutte le attività educative o addestrative preventivate a seconda delle finalità e degli obiettivi. Ha una durata diversificata in rapporto alla quantità dei contenuti e alla durata della lezione.

IL DEFATICAMENTO è rapportato all’intensità della fase centrale della lezione; dovrà riportare i parametri fisiologici a valori di normalità attraverso esercizi blandi di recupero e rilassamento. Non sarà necessario se la lezione ha mantenuto livelli di bassa intensità.

I FATTORI DI BUONA SALUTE 
Sono così definiti perché in stretta relazione con la qualità della vita delle persone, sia sotto l’aspetto preventivo che della piena espressione delle potenzialità psico-fisiche, soprattutto se la finalità del lavoro è agonistica.
Questo significa che vanno inserititi in ogni programmazione e perseguiti con attenzione tramite costante verifica delle capacità raggiunte dagli allievi al loro riguardo.
I fondamentali fattori di buona salute sono:
-efficienza cardio-vascolare e respiratoria,
-forza e tono dei muscoli, soprattutto della parete addominale,
-flessibilità lombo-sacrale e degli arti,
-composizione corporea nel rapporto fra massa magra e tessuto adiposo (legame con l’educazione alimentare).

Sia nell’allenamento che nell’attività motoria, questi fattori vanno tenuti in considerazione e attentamente perseguiti, sia con finalità preventive (per esempio dei paramorfismi o delle malattie cardio-vascolari) che di miglioramento dell’efficienza generale dell’individuo.

 

IL CONCETTO DI CARICO

Con il termine carico motorio s’intende identificare il complesso delle attività motorie svolte, in ambito scolastico o extrascolastico, sia in situazioni casuali che intenzionali. Si riferisce alla quantità, qualità e significatività delle attività motorie intenzionalmente ed istituzionalmente programmate” (da:Sotgiu-Pellegrini: “Attività motorie e processo educativo” SSS. Roma). Si caratterizza come un intervento intenzionalmente programmato e controllato, indirizzato allo sviluppo delle abilità motorie con valenza e validità diverse: valenza globale rispetto a tutte le aree della personalità e validità specifica nei confronti di tutte le funzioni dell’area motoria.
Questo avviene se nella nostra programmazione inseriamo tutti i seguenti obiettivi:

  • sviluppo degli schemi e delle abilità motorie
  • sviluppo delle capacità senso-percettive
  • sviluppo delle capacità condizionali
  • sviluppo delle capacità coordinative

 

GLI SCHEMI  E LE ABILITA’ MOTORIE

Lo sviluppo degli schemi motori, la loro combinazione e quindi lo sviluppo delle capacità motorie, implicano il contemporaneo incremento delle capacità percettive, condizionali e coordinative.

LE CAPACITA’ SENSO-PERCETTIVE

I processi che conducono alla corretta gestione del movimento possono essere così sintetizzati:

  • percezione delle informazioni che passano attraverso il corpo
  • organizzazione e/o associazione delle informazioni secondo le categorie del tempo e dello spazio
  • progettazione del movimento utile a raggiungere lo scopo prefissato
  • esecuzione (utilizzando gli elementi precedenti) di un movimento coordinato, efficace, economico, adeguato al raggiungimento dell’obiettivo.

Credo che sia innegabile quanta poca importanza è stata data, in passato, alla funzione di percezione, come sia stata poco allenata e quanto sia ancora estranea a molti docenti. Per questo credo che sia necessario un approfondimento sui canali percettivi.

La percezione è la capacità che ci consente di raccogliere le informazioni che provengono dall’esterno (esterocettive) del nostro corpo e dall’interno (propriocettive).
La percezione esterocettiva avviene attraverso i 5 apparati sensoriali (vista, udito, tatto, gusto, odorato),
La percezione propriocettiva avviene attraverso l’apparato vestibolare (per l’equilibrio) e cinestesico (informa sulle posizioni e sul livello di tensione di muscoli, tendini e articolazioni).
La percezione dipende dall’integrità dei recettori periferici e del cervello, che deve elaborare tutte le informazioni che gli arrivano, ma è condizionata moltissimo dall’emotività che può condizionare, oltre che la percezione di se stessi e di quello che si sta facendo, anche la capacità di agire velocemente o efficacemente.
Ogni persona, attraverso la sua capacità di percepire, pone l’attenzione su quelle informazioni che ritiene significative e necessarie per una determinata azione. Attraverso le sue capacità cognitive, poi, seleziona, comprende ed elabora tutte le informazioni raccolte dai canali percettivi e utilizzando le sue capacità mnemoniche, le riordina e immagazzina.
La capacità coordinativa infine, elabora ed associa tutti gli elementi necessari per progettare e realizzare l’azione idonea al raggiungimento del risultato prefissato.
Sensibilizzare e affinare le capacità percettive è di grande importanza in quanto permette agli allievi di selezionare le informazioni necessarie per attuare qualsiasi attività motoria. Se non riusciranno ad essere coscienti delle informazioni che arrivano (sia dall’interno che dall’esterno) incontreranno ostacoli nel progettare e realizzare qualsiasi risposta efficace per un problema motorio ed anche nel quotidiano.
I propriocettori sono terminazioni nervose che inviano informazioni al sistema nervoso; gli stimoli sono avvertiti da particolari recettori posti nei muscoli, nei tendini e nelle capsule articolari. Queste terminazioni generano impulsi nervosi che sono trasmessi al midollo spinale e dove possono rimanere per la determinazione dei movimenti riflessi, oppure raggiungere altre zone del midollo spinale e del cervello, per la determinazione di funzioni specifiche.
I propriocettori hanno una funzione importante nel controllo della contrazione dei muscoli scheletrici e tale controllo è realizzato per mezzo di due tipi di recettori distinti:

  • i fusi neuromuscolari , distribuiti nel corpo muscolare
  • gli organi tendinei del Golgi posti nei tendini

I fusi neuro-muscolari
Sovrintendono il riflesso da stiramento: se un muscolo è improvvisamente allungato, la parte mediana del fuso neuro-muscolare è stirata e ciò provoca l'immediato invio di segnali al midollo spinale. Questi segnali eccitano le cellule nervose motrici che controllano le fibre muscolari scheletriche immediatamente circostanti il fuso. Pertanto, l'improvviso stiramento del muscolo determina la “contrazione miotattica diretta” del muscolo che si vorrebbe allungare, opponendosi automaticamente allo stiramento. Questa funzione serve a "smorzare" le variazioni di lunghezza del muscolo, cioè ad impedire che la lunghezza del muscolo cambi troppo rapidamente.
Gli organi del Golgi
Sovrintendono il riflesso tendineo, o di stiramento miotattico inverso, che rileva l'entità della sua tensione ed invia tale informazione al cervello. L'informazione è utilizzata per rilassare il muscolo eccessivamente contratto e per regolare la tensione muscolare in rapporto alle necessità funzionali.
Presiedono poi a tale controllo anche i corpuscoli del Ruffini e quelli del Pacini (recettori cinestesici), situati nelle capsule articolari, che informano sul grado d'angolazione delle articolazioni e la velocità con la quale tale grado si modifica.
Conoscere il funzionamento dei recettori cinestesici è di fondamentale importanza nell’insegnamento dello stretching.

LO STRETCHING

 

Lo stretching è una metodica di allungamento muscolare che consiste nel raggiungere e mantenere determinate posizioni del corpo allo scopo di migliorare la mobilità e l’elasticità della muscolatura. Viene utilizzato per migliorare la mobilità articolare ma è anche particolarmente indicato, nelle sedute di potenziamento muscolare perché produce i seguenti benefici:

  • riduce lo stato di contrazione muscolare,
  • migliora la circolazione sanguigna e quindi aumenta la capacità di smaltire l’eventuale acido lattico accumulatosi tra le fibre,
  • favorisce il ripristino delle sostanze energetiche, nutritive e rigeneratrici,
  • produce una piacevole sensazione di rilassamento

In passato la mobilità veniva allenata attraverso esercizi prevalentemente di slancio che attivavano però il cosiddetto “riflesso da stiramento”. Questo è un meccanismo istintivo che fa contrarre le fibre del muscolo allungato, allo scopo di proteggerlo da allungamenti dannosi se repentini ed eccessivi. Infatti gli allungamenti che arrivano alla soglia del dolore possono procurare microtraumi alle miofibrille che, cicatrizzando rendono il muscolo più rigido; tale rischio aumenta se la temperatura è bassa.

Ogni esercizio di stretching si compone di tre fasi:

  • eseguire una trazione lenta del muscolo, allontanando i suoi capi articolari, per raggiungere una posizione in cui si percepisce una moderata tensione che non deve essere mai dolorosa.
  • mantenere questa posizione per alcuni secondi (circa 20/30)
  • ritornare lentamente alla posizione iniziale.

Oltre a questa tecnica di allungamento tradizionale, esiste un altro metodo che viene utilizzato per migliorare la mobilità articolare, ma che porta grandi benefici anche negli allenamenti di potenziamento muscolare:

il metodo della PNF (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation):

dopo aver esteso il più possibile l’arto passivamente, mantenendo rilassato il gruppo muscolare che si desidera allungare, si deve contrarre quello stesso muscolo per circa 10 secondi mentre una forza esterna (preferibilmente un compagno) blocca qualsiasi movimento dell’articolazione. Successivamente si rilassa il muscolo per 2/3 secondi quindi si applica un ulteriore pressione di allungamento passivo.
Quando si raggiunge lentamente la posizione di allungamento si evita la sollecitazione del fuso neuromuscolare che produrrebbe la contrazione di quel muscolo. Durante la contrazione statica del muscolo interessato si va a produrre una grande tensione a livello tendineo dove stanno i corpuscoli del Golgi. La sollecitazione di questi neurotrasmettitori genera il riflesso mio tattico inverso cioè  producono il rilassamento dello stesso muscolo e dei sinergici su cui si andrà immediatamente ad agire con un allungamento attivo, lento e progressivo
Questo ciclo di allungamento-contrazione-rilassamento-allungamento può essere ripetuto più volte. La PNF è il metodo che consente di ottenere i risultati più significativi, ma richiede una grande concentrazione per favorire la massima percezione di quello che si sta facendo. Inoltre dovendo avvalersi di un aiuto esterno, non è facile praticarlo da soli, per questo viene spesso utilizzato dalla fisioterapia riabilitativa.

LE CAPACITA’ MOTORIE

Possiamo definire la capacità come una possibilità di fare qualcosa, un’abilità o attitudine relativa a diversi ambiti:  motorio, artistico, di pensiero, nel lavoro.
La capacità motorie sono il presupposto indispensabile per la realizzazione sociale e l’apprendimento sportivo perché l’individuo sviluppa la sua personalità nel processo di confronto con l’ambiente ma partendo dalle sue potenzialità
In campo sportivo l’individuo è in grado di esprimere un’attività motoria efficace e complessa, in proporzione allo sviluppo delle sue capacità motorie, dei fattori cognitivi e della motivazione.
Le capacità motorie, elementi fondamentali della prestazione sportiva e dell’apprendimento motorio, sono sostanzialmente due: le capacità condizionali e le capacità coordinative tra loro strettamente interdipendenti. Questo significa che il livello della coordinazione determina la capacità di utilizzazione delle condizionali e lo sviluppo di queste ultime esaltano l’applicazione delle prime.
La fase sensibile delle coordinative va dai 6 ai 12 anni ma dato che sono correlate alle capacità condizionali la cui fase sensibile è (per alcune di loro) successiva, dai 12 ai 17/18 anni, ne deriva che questa capacità motorie vanno continuamente stimolate e migliorate.
LE CAPACITA’ CONDIZIONALI

Sono: resistenza, velocità, forza e (non per tutti gli autori) mobilità articolare . Molto sinteticamente le possiamo così definire:

1 - LA RESISTENZA

Definizione: la resistenza è la capacità condizionale che permette di prolungare nel tempo un lavoro muscolare mantenendo costante la quantità.  
Dipende:
dal meccanismo di produzione dell’energetica a livello muscolare tramite i meccanismi aerobici ed anaerobici.
E’ importante perché:

  • permette di affrontare senza eccessivo affaticamento qualsiasi attività;
  • diminuisce il tempo necessario per recuperare la condizione normale dopo uno sforzo;
  • migliora l’efficienza del sistema cardiocircolatorio ma in età precoce non si deve tendere alle modificazioni cardio-circolatorie tipiche dell’allenamento sistematico alla resistenza (riduzione della frequenza cardiaca, ipertrofia muscolare,ecc..)

La capacità anaerobica lattacida  può essere occasionalmente proposta senza alcuna controindicazione,  purché seguita da adeguate pause di recupero.
La resistenza aerobica invece può essere proposta più frequentemente perché migliora globalmente il funzionamento del sistema cardiocircolatorio, abbassando progressivamente la frequenza cardiaca a riposo ed il tempo di recupero.
L’intensità che permette ad un esercizio di stimolare effettivamente la resistenza aerobica corrisponde ad una frequenza cardiaca compresa tra i 120 e i 140/150 battiti al minuto: al di fuori di questa fascia il lavoro fisico può essere inutile se troppo blando, o produrre acido lattico se troppo intenso. Però, tenendo conto delle differenze individuali, si può anche dire che, se la frequenza cardiaca del soggetto a riposo è alta (75 o 80 battiti al minuto), egli dovrà lavorare ad un’intensità che porti il cuore a battere attorno al doppio di tale valore per poter fare un’attività allenante.
La resistenza aerobica si allena prevalentemente con il metodo del lavoro continuo (o di durata), che consiste nel percorrere lunghe distanze a ritmo continuo ed uniforme. Questo è il sistema migliore per i principianti, che non devono dimenticare che la cosa più importante per la salute è riuscire a correre a lungo. Chi inizia a correre può dosare l’intensità dello sforzo basandosi sulla frequenza respiratoria durante il lavoro (il ritmo del respiro deve aumentare, ma rimanere regolare: bisogna avere “fiato” sufficiente sia per correre che per parlare) e su quella cardiaca al termine dello stesso (l’esercizio è aerobico se i battiti cardiaci rimangono attorno ai 140 al minuto). Se, mentre si corre, ci si accorge di essere troppo affaticati bisogna cercare di recuperare senza fermarsi, rallentando l’andatura e prolungando la fase espiratoria. Concentrandosi sulla respirazione, infatti, si distoglie l’attenzione dal senso di fatica e si favorisce il recupero aumentando l’eliminazione di anidride carbonica. Col progredire dell’allenamento è possibile aumentare la durata dello sforzo (per esempio, si possono percorrere, sempre a ritmo blando, un numero maggiore di chilometri), o incrementare la velocità (percorrendo la stessa distanza in meno tempo). Un tipo particolare di lavoro continuo è il così detto “fartlek”, che significa “gioco di andature” e che consiste in un lavoro di durata in cui si eseguono tratti a velocità sostenuta alternati ad altri nei quali si recupera lo sforzo continuando a correre a ritmo lento;
I metodi di lavoro detti intervallati, sviluppano invece la capacità di continuare a lavorare in presenza di acido lattico (infatti utilizzano anche il meccanismo anaerobico). Esempi di questi metodi sono:” l’interval training”, in cui si alternano tratti di corsa a velocità sostenuta con pause di recupero di passo, e il “circuit training”, che prevede circuiti con varie stazioni in cui si eseguono diversi esercizi e che permette di allenare altre capacità oltre la resistenza .

2 - LA VELOCITA’
La velocità è la capacità motoria condizionale che permette di effettuare azioni motorie nel minor tempo possibile. E’ una capacità molto complessa strettamente collegata con lo sviluppo delle capacità coordinative (in particolare del ritmo) e la possiamo dividere in :

  • Rapidità, per indicare la capacità di realizzare un determinato gesto nel più breve tempo possibile; è tipica dei giochi sportivi e degli sport da combattimento;
  • Velocità, per indicare la capacità di percorrere un certo spazio nel più breve tempo possibile; è una caratteristica tipica delle gare di sprint dell’atletica leggera, del ciclismo o del nuoto.

Da cosa dipende la velocità. La velocità dipende sia da fattori costituzionali che da altre qualità motorie come la coordinazione, la forza, la mobilità articolare.
Ogni muscolo del nostro corpo è costituito da fibre che sono principalmente di due tipi: bianche e rosse. Le prime si contraggono più velocemente, le seconde più lentamente. La percentuale di tali fibre nei muscoli di un individuo è stabilita dal suo patrimonio genetico ed è difficilmente modificabile.

La velocità inoltre è condizionata dalla funzionalità e dall’efficienza del sistema nervoso e del sistema muscolare. Essendo strettamente collegata alla costituzione di ogni individuo, rispetto alle altre qualità fisiche è meno facilmente allenabile e i risultati migliori si ottengono nel periodo tra i sette e i tredici anni.
Si può inoltre dire che la velocità è in rapporto con:

  • la capacità del sistema nervoso di rispondere a uno stimolo
  • la velocità di reazione del sistema muscolare, che dipende, come già detto, dalla composizione del muscolo( più fibre bianche contiene, più rapido sarà nella contrazione).

Gli elementi che caratterizzano la velocità perciò saranno:
la velocità di reazione: è il tempo che intercorre tra il momento in cui viene dato un segnale e la reazione a questo. E’ classificata come semplice quando ad un segnale previsto corrisponde un’unica azione (per esempio quando nella corsa allo sparo dello starter segue la partenza), complessa quando il segnale non è prevedibile e la reazione deve essere scelta tra tante possibili (per esempio quando un portiere deve parare);
la rapidità dei singoli movimenti: è la capacità di eseguire un gesto nel minor tempo possibile. Può essere un gesto che si ripete ciclicamente (esempio: corsa, nuoto, ciclismo) oppure in modo aciclico (esempio: la battuta nel tennis o il lancio di un attrezzo);
la frequenza dei movimenti: è la capacità di eseguire uno stesso gesto il maggior numero di volte nell’unità di tempo. E’ tipica delle attività sportive cicliche (appunto la corsa, il nuoto, il ciclismo, ecc.) e dipende sia dai fattori nervosi e muscolari che dalla perfezione tecnica del gesto. E’ perciò più facilmente migliorabile dei due precedenti fattori.
Come allenare la velocità. I metodi per allenare la velocità devono tener presenti le diverse caratteristiche con cui essa si manifesta e quindi sollecitarne i diversi aspetti:

  • la rapida percezione ed elaborazione degli stimoli, fondamentale per la velocità di reazione, va allenata con esercizi in cui sia necessario rispondere a stimoli diversi (sonori, visivi, tattili) con un movimento;
  • la rapida esecuzione di singoli movimenti, va stimolata con esercizi a carico medio-elevato ripetuti poche volte alla massima velocità, in gesti simili a quelli dello sport praticato;
  • la frequenza dei movimenti ripetuti, va incrementata con esercizi eseguiti in condizioni facilitanti (per esempio correre in discesa o facendosi trainare).

3 - LA FORZA
è la capacità motoria condizionale che consente ai muscoli di esprimere un lavoro per superare una resistenza esterna o per opporsi ad essa.
Quando un muscolo si contrae, infatti, si accorcia sviluppando un certo grado di tensione che viene trasmessa attraverso i tendini alle estremità delle ossa (capi articolari) determinando così un movimento. Questo movimento può vincere o contrastare una resistenza esterna che può essere costituita da un peso di qualsiasi tipo o anche dal corpo stesso (carico naturale).

Da cosa dipende la forza.

I fattori da cui dipende il grado di forza che può esprimere un organismo sono numerosi e non tutti completamente chiariti. I principali sono:

  • La velocità di accorciamento delle fibre muscolari. Ogni muscolo del nostro corpo è costituito da fibre che sono principalmente di due tipi: bianche e rosse. Le prime si contraggono più velocemente, le seconde più lentamente ma per più tempo; tra due muscoli con un numero di fibre uguali, sviluppa più forza quello che ha più fibre bianche.
  • La frequenza degli impulsi motori. I muscoli vengono attivati dagli impulsi trasmessi loro dal SNC (impulsi motori). Maggiore è la frequenza degli impulsi, maggiore è la forza che un muscolo può sviluppare.
  • Il numero di fibre che si attivano. L’insieme formato da un neurone motore e dalle fibre di un muscolo attivate da un suo impulso si chiama unità motoria. Per ogni muscolo, quante più unità motorie vengono coinvolte nella contrazione, tanto maggiore è la forza sviluppata. I soggetti non allenati riescono ad utilizzare il 30-40% delle loro unità motorie, mentre i soggetti allenati riescono ad utilizzarle quasi tutte.
  • La coordinazione tra muscoli sinergici (cioè tra tutti i muscoli che intervengono per permettere un movimento). Per sviluppare la maggior forza possibile questi muscoli devono agire in modo coordinato; inoltre  i muscoli antagonisti (quelli che si oppongono al movimento) non devono essere eccessivamente contratti.
  • La sezione trasversa del muscolo. Più grosso è il muscolo, maggiore è la forza che può sviluppare.
  • La corretta esecuzione tecnica del gesto. La corretta esecuzione di un gesto che richieda l’impiego di forza è importante perché permette di evitare di disperderla in contrazioni inutili.

Lo sviluppo della forza è legato all’età e al sesso.
Lo sviluppo della forza, in particolare quello della forza massimale, è legato all’età e, anche se con valori di crescita diversi, procede in modo parallelo per entrambi i sessi fino agli 11-12 anni. Dopo di che nei maschi i valori continuano a crescere fino a 18-20 anni, mentre nelle femmine l’incremento si arresta prima e i valori rimangono più bassi.
Tre diversi tipi di forza.
Dal punto di vista fisiologico la forza può essere ricondotta a tre tipologie fondamentali:

  • La forza massimale: è la forza più elevata che il sistema neuro-muscolare è in grado di esprimere.
  • La forza veloce: è la capacità del sistema neuro-muscolare di superare resistenze esterne attraverso una elevata velocità di contrazione.
  • La forza resistente:  è la capacità del sistema neuro-muscolare di superare resistenze esterne per lunghi periodi di tempo.
I metodi per l’allenamento della forza.

Soprattutto durante l’età evolutiva, l’allenamento della forza deve essere il più generale possibile, al fine di favorire uno sviluppo armonico ed evitare danni all’apparato scheletrico o disturbi nella crescita. In questo periodo si utilizzano prevalentemente i metodi a carico naturale, cioè quelli che prevedono l’utilizzo e il superamento del peso del proprio corpo, oppure esercitazioni a coppie e ai piccoli e grandi attrezzi.
Per uno sviluppo più specifico della forza si utilizzano metodi diversi in relazione al tipo di capacità che si intende allenare:

  • metodi di allenamento per la forza massimale: si basano sulla distribuzione variata dei carichi e i più noti sono: il metodo piramidale, che prevede un aumento graduale dei pesi da sollevare fino ad arrivare al massimale, con una progressiva e parallela diminuzione del numero delle prove; il metodo delle ripetizioni, che consiste in poche ripetizioni, ma tutte con carico massimale.
  • metodi di allenamento per la forza veloce: ricercano le condizioni che consentono l’espressione rapida della forza, evitando quindi l’affaticamento e prevedendo un numero di ripetizioni non elevato, con ampi tempi di recupero. Utilizzano carichi leggermente più leggeri o pesanti delle normali condizioni di espressione della forza (ad esempio attrezzi leggermente più leggeri o leggermente più pesanti di quelli che un lanciatore usa in gara).
  • metodi di allenamento per la forza resistente: si basano sull’utilizzo di carichi medio-elevati in condizioni di espressione prolungata della forza (ad esempio situazione di gara prolungata nel tempo o elevato numero di ripetizioni di un esercizio specifico).

I parametri che determinano l’intensità dell’esercizio di potenziamento muscolare sono:

  • il numero delle ripetizioni e delle serie (es:12x4)
  • il carico, cioè il quantitativo dei Kg. da sollevare
  • la velocità d’esecuzione degli esercizi
  • i tempi di recupero tra le serie

Per un corretto allenamento della forza è opportuno ricordare i seguenti suggerimenti:

    • fare un buon riscaldamento, prima generale poi specifico;
    • fare sedute più brevi ma intense, piuttosto che poche e prolungate;
    • fare attenzione alla respirazione, ai sintomi dell’affaticamento, alla postura corretta, specie durante le esercitazioni con sovraccarichi;
    • utilizzare l’allenamento “centrifugo” cioè potenziare prima i muscoli vicino al baricentro (addominali, dorsali, pettorali) poi quelli degli arti;
    • all’inizio utilizzare carichi bassi per favorire l’adattamento del muscolo, dei tendini e delle articolazioni;
    • prima di utilizzare carichi elevati, essere certi di avere ben assimilato la tecnica esecutiva degli esercizi perché si possono avere seri danni.

4 - LA MOBILITA’ ARTICOLARE
è la capacità motoria condizionale che permette di eseguire movimenti ampi sfruttando al massimo le possibilità di movimento delle articolazioni.
E’ detta articolare proprio per indicare che è legata in modo particolare all’efficienza delle articolazioni.

La mobilità articolare è particolarmente condizionata da tre fattori:

  • il grado di efficienza delle articolazioni: le articolazioni sono quelle strutture che mettono a contatto due segmenti ossei. Alcune saldano semplicemente ossa deputate alla protezione di parti delicate dell’organismo (es.:suture delle ossa craniche), mentre altre sono delicati “snodi” che permettono i movimenti di flessione, estensione e, in alcuni casi di rotazione dei segmenti del nostro corpo. Esse possono essere poco efficienti in seguito a qualche malattia specifica (artrite, artrosi, ecc.), ma anche in condizioni normali hanno bisogno di essere costantemente stimolate per riuscire a raggiungere la loro massima possibilità di movimento (massima escursione articolare).
  • l’elasticità e l’estensibilità di muscoli, tendini, legamenti: i tendini sono fasci di fibre connettive molto resistenti che collegano i muscoli alle ossa trasmettendo la trazione originata dalla contrazione muscolare. I legamenti invece uniscono saldamente i capi articolari per rendere più stabili e sicuri i movimenti delle articolazioni. Elasticità ed estensibilità indicano due caratteristiche molto diverse: l’elasticità è la capacità del tessuto muscolare di riprendere rapidamente la sua lunghezza originaria dopo un allungamento. Quanto più velocemente il muscolo recupera la sua lunghezza originaria al termine dello stimolo, tanto maggiore è la sua elasticità. L’estensibilità, invece, definisce la proprietà di muscoli, tendini e legamenti di distendersi ed allungarsi quando sono sottoposti ad uno stimolo adeguato, indipendentemente dal tempo necessario perché riprendano la lunghezza originaria.
  • la coordinazione dei movimenti: per eseguire con scioltezza un movimento è necessario anche saper coordinare tra loro le azioni motorie dei vari distretti corporei. Un’ampia escursione articolare è il presupposto per un’esecuzione qualitativamente e quantitativamente migliore.
I muscoli e la mobilità
Tutti i muscoli del corpo durante il movimento lavorano in gruppi opposti e complementari: quando un qualsiasi gruppo muscolare si contrae, un altro gruppo viene allungato. Per questo motivo, a seconda dell’azione che sono chiamati a svolgere, i muscoli vengono di volta in volta detti agonisti e antagonisti. Quando un muscolo si contrae per produrre un movimento è detto agonista; la sua azione è in parte frenata e controbilanciata da un altro muscolo, situato in posizione opposta alla sua, che si allunga assumendo la funzione di antagonista. L’elasticità e l’estensibilità dei muscoli antagonisti condiziona la mobilità. Inoltre, il perfetto sincronismo tra la contrazione dei muscoli agonisti e l’allungamento dei muscoli antagonisti determina la qualità del movimento e previene le lesioni muscolari.

La mobilità nell’età evolutiva.
La mobilità è una delle capacità motorie più facilmente migliorabili. Deve però essere costantemente esercitata perché regredisce facilmente e uno sviluppo incompleto della mobilità, oltre a rendere difficile l’apprendimento, il perfezionamento e l’efficacia delle azioni motorie, può favorire il verificarsi di infortuni.
Inoltre, la mobilità tende a diminuire con l’aumentare dell’età (quando sviluppa la forza muscolare). Infatti, l’elasticità e l’estensibilità, per esempio, sono qualità innate nel bambino, ma devono essere allenate fin dall’infanzia per essere mantenute a buoni livelli. L’età più favorevole per l’incremento della mobilità, comunque, è quella compresa tra i 10 e i 14 anni e va notato che le ragazze presentano generalmente una mobilità maggiore rispetto ai maschi anche dopo la pubertà.
I metodi per allenare la mobilità
Per migliorare o mantenere, un buon livello di scioltezza articolare si possono usare tre metodi:

  • mobilizzazione attiva (dinamica): avviene attraverso esercizi di slancio, oscillazioni, molleggi, ecc. Questi esercizi stimolano alcuni muscoli (agonisti)  ma più che aumentare la mobilità articolare favoriscono la tonificazione muscolare e possono essere utili durante il riscaldamento.
  • stretching (attivo o passivo): avviene attraverso l’azione muscolare o l’uso di una forza (la forza di gravità, le mani che spingono sulle gambe o l’aiuto di un compagno) che agisce per portare il muscolo alla massima lunghezza. La posizione di allungamento va raggiunta lentamente e con grande concentrazione perché è importante riuscire a fermarsi al limite della soglia del dolore, altrimenti i muscoli reagirebbero per difendersi da esso, accorciandosi e non allungandosi (stimolazione del fuso neuro-muscolare). La posizione va mantenuta per un tempo medio di circa 20 secondi che può variare da persona a persona e, infine, va abbandonata sempre molto lentamente.
  • metodo PNF (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation): fa precedere alla fase di allungamento, una fase di contrazione isometrica che allungando il tendine stimola l’apparato del Golgi e favorisce il rilassamento del corpo muscolare che successivamente sarà allungato passivamente. Questo ciclo di allungamento-contrazione-rilassamento-allungamento può essere ripetuto più volte per aumentare il grado di escursione articolare.

LE CAPACITA’ COORDINATIVE

èla funzione che ordina e collega tutti gli elementi che concorrono alla progettazione e alla realizzazione di un’azione motoria necessaria per raggiungere un determinato scopo;  E’ una competenza del Sistema Nervoso Centrale e può essere.

  • riflessa,
  • automatica
  • volontaria

La coordinazione riflessa è la funzione che interviene per prima in caso di bisogno; sono movimenti organizzati dal sistema nervoso a livello midollare e l’individuo ne diviene cosciente solo dopo la realizzazione perché al sistema nervoso centrale giungono solo gli effetti di ciò che è avvenuto.(Es. spostare la mano se inavvertitamente tocca una fiamma)
La coordinazione automatica è la capacità di compiere uno o più movimenti complessi anche in successione e per tempi lunghi. Sono gesti che ogni persona impara attraverso una loro continua ripetizione, finché il corpo li realizza in modo automatico, cioè senza pensarci. (per es. andare in bicicletta; il controllo avviene da parte dei centri sottocorticali)
La coordinazione volontaria è la forma più complessa di gestione del movimento; è deputata ad affrontare situazioni nuove alle quali bisogna trovare soluzioni originali, efficaci e adattate allo scopo da raggiungere.

Si distingue in:

  • CAPACITA’ COORDINATIVE GENERALI (secondo Meinel) sono
  • Capacità di apprendimento motorio è l’acquisizione di gesti motori precedentemente non posseduti; è la condizione necessaria per l’assimilazione di svariati processi motori. E’ la fonte di mappe che arricchiscono la memoria motoria e  che saranno la base per tutti i successivi miglioramenti coordinativi.
  • Capacità di controllo motorio è la capacità di controllare l’esecuzione di un movimento, garantendo il raggiungimento dello scopo previsto.
  • Capacità di adattamento o trasformazione è la capcità di modificare un movimento, adattarlo o trasformarlo in funzione di una variazione, più o meno improvvisa della situazione, senza mancare il risultato previsto.

Il livello delle capacità coordinative è rapportato al costante accrescimento somatico e alle variazioni delle proporzioni corporee, per questo va continuamente sollecitato e migliorato. Questo compito non è gravoso se è supportato dallo sviluppo  delle  capacità condizionali e dalla regolare attività fisica. Ma non sempre è così e l’individuo sembra perdere la sua coordinazione (diventa goffo e impacciato). Questo momento critico solitamente coincide con l’inizio della pubertà ma è una condizione transitoria e tende a scomparire se l’educazione motoria di quel periodo si concentra proprio sullo sviluppo delle capacità coordinative e condizionali.

 

  • CAPACITA’ COORDINATIVE SPECIALI

(Vedi pag 128 da Sotgiu Pellegrini “Attività Motorie e Processo Educativo” o TAB.4 allegata)

Per comodità operativa molti autori hanno differenziato e definito una serie di capacità coordinative definendole speciali (confronta: Meinel, Blume, Hirtz) ma che non sono altro che aspetti particolari della coordinazione generale, con una loro fase sensibile di sviluppo da tenere presente nella programmazione. Difficilmente sono isolabili o utilizzabili separatamente, in quanto compenetrano una nell’altra senza avere confini precisi anzi,  possono essere affini e difficilmente si potranno allenare separatamente; tutte concorrono al raggiungimento della coordinazione “fine”.
Le tabelle che si incontrano più frequentemente prevedono:

  • capacità di equilibrio
  • capacità di combinazione
  • capacità di orientamento
  • capacità di ritmo
  • capacità di differenziazione dinamica
  • capacità di anticipazione e fantasia motoria
  • capacità di trasformazione

Qualsiasi libro di testo, a cui si rimanda lo studente, riporta dettagliatamente le caratteristiche di ognuna di queste capacità e la relativa modalità di allenamento.

Non va infine dimenticato che nella prima fase dell’apprendimento di ciascuna abilità motoria, il livello di coordinazione è definito “grezzo” vale a dire che il movimento è globale, impreciso e dispendioso. Anche per questo livello è tuttavia necessaria la capacità di anticipazione, cioè l’alunno deve comprendere il compito assegnatogli ed essere in grado di anticipare il modello motorio utile per arrivare a quello scopo.
Successivamente attraverso la ripetizione dei gesti viene provocata un’analisi ed una sintesi più precisa delle informazioni afferenti (feedback) e la memoria unitamente alle capacità cognitive e alle spiegazioni dell’insegnante (informazioni verbali) portano ad una migliore rappresentazione mentale del gesto motorio. Il tutto sfocia quindi nella fase della coordinazione fine in cui il movimento è fluido, preciso, economico ed armonico.
La terza fase, della disponibilità variabile o trasferibilità,  riguarda quel processo di apprendimento delle abilità motorie che dallo stadio della coordinazione fine, cioè dal controllo e consolidamento delle abilità motorie di base conduce alla loro disponibilità, trasferibilità e fruibilità nelle più svariate situazioni e condizioni.

L’APPRENDIMENTO NELLE FASI DI SVILUPPO

La caratteristica principale della programmazione moderna è aver spostato l’attenzione dai contenuti ai soggetti dell’azione educativa: le persone, introducendo il concetto di sviluppo della competenza come espressione del miglioramento delle tre aree della personalità (cognitiva, motoria, emotiva) che si manifesta con il raggiungimento delle seguenti finalità: sapere, saper fare, saper essere.

E’ già stato detto che l’insegnamento dell’ E.F deve sempre tener presente:

  • L’evoluzione psico-morfologica dell’individuo nelle varie tappe evolutive
  • Lo sviluppo delle capacità cognitive che condizionano l’apprendimento motorio

Nella fase pre-puberale e puberale ci sono profondi cambiamenti morfologici che riducono la capacità di controllo acquisita in passato. L’accrescimento e la diversa disponibilità di resistenza, velocità e forza mettono un po’ in crisi il bambino che ha bisogno di aggiustare tutti i  suoi schemi motori e di adeguarli al nuovo individuo che sta diventando.
Per fortuna in questa età c’è una grande disponibilità all’apprendimento motorio e all’impegno quindi si può lavorare molto sulla ristrutturazione delle capacità motorie e sulla coordinazione.
Questa è ancora un’età in cui si possono ottenere, con l’esercizio, grandi miglioramenti di tutte le capacità motorie tranne la forza, la cui fase sensibile sarà dopo lo sviluppo, dai 14/16 anni in poi.
Pertanto nel periodo della scuola media, gli obiettivi principali saranno: la verifica dell’apprendimento degli schemi motori di base e la loro riorganizzazione nello spazio, nel tempo, nonché lo sviluppo delle capacità motorie generali.

Nel periodo delle scuole superiori gli obiettivi riguarderanno, oltre al miglioramento delle capacità condizionali e coordinative, lo sviluppo della creatività, il raggiungimento della stabilizzazione e padronanza del comportamento motorio che a volte si esprime con la destrezza, ma soprattutto con il raggiungimento della capacità di trasferire e trasformare gli apprendimenti a seconda delle necessità sia sportive che sociali.
Le differenze specifiche tra i due sessi nel controllo dei movimenti cominciano già con la fase puberale ma diventano evidenti solo nell’adolescenza. Le caratteristiche di forza e velocità si sviluppano notevolmente solo nei maschi mentre nelle femmine il progresso è scarso. I ragazzi però hanno movimenti poco ampi e sobri mentre nelle ragazze essi sono più ampi, morbidi e più ritmici e fluidi.

Per tutte queste diversità sopracitate,è indispensabile un’attenta differenziazione dei carichi di lavoro e, in alcuni casi, direi quasi che è necessario un programma individualizzato, almeno tenendo presente le differenze di genere.
In questa fase si deve tener conto anche del bisogno di indipendenza, della labilità del comportamento ma anche della crescente facoltà di riflessione e giudizio. Quindi si darà maggior spazio alla partecipazione consapevole, all’autonomia, all’autovalutazione prevalentemente per far conoscere all’alunno i progressi che hanno compiuto e rafforzare così la motivazione allo sport.

CARATTERISTICHE DEL BUON EDUCATORE

Per concludere gli educatori (anche quelli sportivi) dovrebbero possedere:
CONOSCENZE
Anatomia e fisiologia del corpo umano
Leggi dell’accrescimento e dello sviluppo del corpo umano,
teoria dello sviluppo della personalità
teorie della psicomotricità
teoria del movimento e dell’apprendimento motorio
i principi della programmazione
conoscenze didattico-metodologiche
conoscenze tecniche e tattiche dei vari sport

COMPETENZE
Essere un buon modello etico
Essere in grado di valutare correttamente e con giustizia
Essere in grado di entrare in rapporto empatico
Essere sensibile  e comprensivo
Essere capace di trasmette l’amore per la propria disciplina

CAPACITA’
Di parlare con un linguaggio preciso e adeguato
Di semplificare e spiegare con chiarezza
Di cogliere gli errori e correggerli
Di motivare gli alunni

Forse si potrebbe aggiungere ancora qualcosa d’altro ma anche così serviranno tanti anni di forte impegno e grande interesse per questo nostro splendido lavoro.
Perciò a tutti coraggio e… tanto studio!
Prof. Lorena Marani


BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

  • M. PIERON, “METODOLOGIA DELL’INSEGNAMENTO DELL’E.F.e DELL’ATTIVITA’ SPORTIVA”, SSS. Roma 89
  • P. SOTGIU,F .PELLEGRINI “ATTIVITA’MOTORIE E PROCESSO EDUCATIVO, SSS. Roma 89
  • DE TONI “LO SPORT NELL’ETA’ EVOLUTIVA”
  • B. MANTOVANI “EDUCAZIONE FISICA ANNI 90” EDI-ERMES Milano 91
  • BIN, TOSI “PERCHE, COME, QUANDO” SSS. Roma 84
  • R .BOTTURI - B. MANTOVANI “EDUCARE IL MOVIMENTO” EDI-ERMES Milano 92
  • F. CASOLO “LINEAMENTI DI TEORIA E METODOLOGIA DEL MOVIMENTO” VITA E PENSIERO 2004
  • K. MEINEL “TEORIA DEL MOVIMENTO” SSS.Roma 92
  • R.TOSI, A.CECILIANI, M.R.MANFERRARI, G.RICCI “SCIENZA E MOTRICITA” ESCULAPIO EDITORE. 95
  • J. LE BOULCH “VERSO UNA SCIENZA DEL MOVIMENTO UMANO” ED. ARMANDO Roma 75
  • J. LE BOULCH “EDUCARE CON IL MOVIMENTO” ED. ARMANDO Roma 82
  • R. MANNO “FONDAMENTI DELL’ALLENAMENTO SPORTIVO” ZANICHELLI, Bologna
  • L. S. VYGOTSKIJ “IL PROCESSO COGNITIVO” Universale Scientifica Boringhieri, torino, 87
  • P HIRTZ “LO SVILUPPO DELLE CAPACITA’ COORDINATIVE NELL’ETA’ SCOLARE E LORO MIGLIORAMENTO in: Didattica del Movimento, Roma SSS. N. 51-52 Luglio-ottobre 87

Fonte: http://www.unife.it/medicina/scienzemotorie/minisiti-LT/ttd-attivita-motoria-eta-evolutiva-adulta-e-anziana/dispense-prof.ssa-marani/dispense-marani-samaritani/dispensa%20Marani

Sito web da visitare: http://www.unife.it/

Autore del testo: L.MARANI

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