Pescare

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Pescare

Caccia e pesca costituirono l’attività prevalente, se non esclusiva dell’uomo nell’età preistorica. Non si hanno però notizie di attrezzi da pesca adoperati nelle età più antiche e tutto fa presumere che l’uomo sia stato cacciatore prima che pescatore. I più antichi ami conosciuti infatti appartengono all’età della pietra e a quelle successive. Fino a pochi anni or sono, la pesca di mestiere, che possiamo designare anche pesca industriale, si esercitava quasi esclusivamente sulle coste, per mezzo di velieri che, ora, sono stati completamente sostituiti da motopescherecci, capaci di azionare reti atte a grandi e numerose catture. Nel naviglio da pesca l’iniziativa privata fa ogni sforzo per attrezzarsi sempre meglio e si va dalle barche pescherecce a vela e a remi, ai motopescherecci, alle navi di grande autonomia per la pesca oceanica, coadiuvate da navi officina per la lavorazione della carne, estrazione dell’olio e altre lavorazioni, capaci quindi di pescare e lavorare a bordo il prodotto di una intera campagna di pesca. Per prima si sviluppò la Pesca Fluviale. Oggi nelle acque dolci di alcuni paesi si pratica con tale intensità che minaccia la scomparsa delle specie e per ciò si è provveduto con la piscicoltura. Laghi e fiumi dunque offrono la possibilità di sfruttamento ittico, in particolare i primi i quali, se profondi, hanno pure una vera e propria fauna abissale; i fiumi servono alle migrazioni stagionali di alcune specie che va a deporre le loro uova in mare (salmoni, storioni, anguille). La Pesca Lacuale ha valore solamente locale, più interessante invece è l’allevamento della carpa in risaia (Cina, Indocina) che offre il vantaggio di tenere mondate le risaie per opera dei pesci e di trarre da loro un ottimo alimento. Per la Pesca Lagunare un momento storico, forse il più importante nella cultura marinara italiana, è quello dato dalle reti e dagli attrezzi in uso nella laguna veneta. Importanti appaiono anche nella storia della pesca universale, le normative che nei secoli si sono seguite l’una dopo l’altra dal 1599 al Regolamento del Provveditore Dandolo per l’Adriatico orientale del 1809. Ancora oggi, dunque, esistono come quei tempi antichi mestieri ancestrali ed i natanti caratteristici di un mondo che sta scomparendo per l’inevitabile progredire del tempo. Le reti a strascico, solitamente come quasi tutti gli attrezzi di piccole dimensioni, sono chiamate paranzelle lagunari. Le varie parti che compongono questi arnesi hanno particolari nomi, quali ad esempio il cogollo che è parte di una rete trainata, la cogolaria il cui sacco terminale ha nell’interno dei cerchi di legno che facilitano l’ingresso del pesce. Di queste arti vi sono vari adattamenti che prendono allora nomi diversi: tartanella granzera, bragagna, schiler, traturo da strazzin, strazzin de porto. A fianco a queste reti che comportavano un numero di natanti e in ogni modo molti uomini a terra o in mare, vi sono i mestieri individuali o familiari che il singolo esercitava in laguna d’estate come d’inverno. La baicolera, rete semicircuita per i piccoli branzini e per cefali; l’ostregher de laguna è minore di quella usata in mare, si pesca prevalentemente i canestrelli e le capesante. La seragia grande è una rete da posta; il saltarello è una particolare rete per il cefalame; i cogoleti da buranelli o cogoleti da bisati oppure ancora le tresse. I traturi de anguelle, rappresentano ancora delle variazioni della pesca lagunare, come del resto un’altra infinità di composizioni tra reti fisse e cogolli, servono per pescare i latterini che attraversano i ghebbi, le velme e le barene. La Pesca Marittima ha prevalentemente carattere industriale e si pratica in massima parte con reti. E’ bene chiarire la distinzione esistente tra pesca meccanica e pesca motorizzata: la prima è costituita dall’attività dei motopescherecci, che sono quei natanti nei quali il motore partecipa direttamente alla produzione ittica, poichè la sua potenza può rimorchiare la rete a strascico che è l’organo di cattura del prodotto, mentre nella pesca motorizzata il motore, di potenza modesta, serve solo a portare il natante sul luogo di pesca rendendolo indipendente dal capriccio del vento e risparmiandolo dalla fatica del remare (reti da posta, nasse, palangari). Ad ogni modo, in passato, la quantità di pescherecci meccanici in Italia non era così consistente da creare delle preoccupazioni in fatto di sovrasfruttamento delle risorse ittiche; l’introduzione del motore  a combustione interna era visto come valido strumento per assicurare una intensità di rendimento costante nel tempo; come possibilità per spingere le imbarcazioni, in zone di pesca sempre più lontane; come garanzia, entro certi limiti, delle avversità atmosferiche; infine come strumento per assicurare ai mercati di vendita una maggiore freschezza dei del pesce catturato. Tale complesso di caratteristiche portava ad affermare, nel 1940, che un peschereccio meccanico pescava, in media, circa cinque volte in più di una coppia delle antiche paranze a vela. In quegli anni, la flotta da pesca, dava all’Italia il primato della pesca meccanica in Mediterraneo. Fu però solo dopo la prima guerra mondiale, che la pesca meccanica cominciò a prendere sviluppo sempre maggiore, in relazione forse con la necessità di rinnovamento di buona parte della flotta peschereccia rimasta inattiva durante i quattro anni di conflitto. Riguardo all’evoluzione della potenza dei motori installati si ha un primo periodo che vede aumentare notevolmente sia il numero di battelli che la potenza installata; un secondo periodo in cui si affermano decisamente i motori a combustione interna, gran parte dei quali ha potenza modesta; infine, un terzo periodo, in cui si ha l’abbandono quasi totale della pesca a strascico a coppia, l’aumento della profondità delle zone di pesca e della velocità di trasferimento e quindi un incremento continuo della potenza dei motori installati. Così attrezzata, la marineria da pesca si è spinta verso aree di pesca sempre più vaste e più lontane, sia nazionali sia internazionali. I primi tentativi di meccanizzazione furono fatti in alcuni dei maggiori porti tradizionalmente pescherecci della penisola perché quivi si trovavano disponibili gli scafi sui quali applicare il motore: tra i primissimi vi furono molti porti adriatici. E’ interessante notare che mentre in un primo tempo ci si limitò ad impiantare il motore su battelli a vela, in un secondo tempo si cominciò a costruire nuovi motopescherecci, apportando contemporaneamente delle modifiche all’attrezzatura di pesca mediante l’introduzione dei divergenti. Alla fine della seconda guerra mondiale, il traino a coppia è stato abbandonato giacché la forza meccanica consentiva ai divergenti di aprire l’apertura della bocca della rete. Nel 1955, nel mare Adriatico è apparso il “rapido”, che ha sostituito in gran parte il capasfoglie, attrezzo a forma di gabbia, con lame all’imboccatura, trainato da un solo peschereccio per la cattura delle sogliole. Nello stesso periodo hanno cominciato ad operare pescherecci con rete a circuizione, i “ciancioli”; nel 1960 sono apparsi in Italia diversi ciancioli per la cattura del tonno. Agli inizi degli anni ’60, in alternativa alla rete a circuizione, è apparsa la rete a “volante”, trainata a mezz’acqua da due pescherecci di caratteristiche pressoché simili e utilizzata per la cattura del pesce pelagico, più comunemente noto come pesce azzurro. Accanto a queste tipologie meritano di essere ricordate le imbarcazioni da pesca con reti derivanti, con palangari o con reti da posta. Dal dopoguerra in poi si è assistito ad uno sviluppo della flotta peschereccia italiana piuttosto sensibile; dagli anni ’60 agli inizi degli ’80 la flotta continua a salire; questo sviluppo è stato incoraggiato da una serie di incentivazioni attuate dal Governo (premi e agevolazioni fiscali), l’istituzione del credito peschereccio, l’erogazione di contributi a fondo perduto e finanziamenti a tassi agevolati. Oggi questa evoluzione del naviglio da pesca, ha portato ad un rapido sovrasfruttamento delle risorse ittiche, è mancata una pianificazione legata alla disponibilità delle risorse ittiche e del sistema pesca. Si cerca di arginare questo problema con un fermo biologico obbligatorio di 45 giorni che viene effettuato in tutta Italia, in forma alternata, prima nell’Adriatico, poi nel Tirreno, e con barriere artificiali poste sui fondali marini, che servono per la protezione del mare e l’incremento delle risorse naturali. L’Italia è l’unico paese totalmente mediterraneo inseribile dignitosamente nelle graduatorie mondiali di pescato.

Nell’antichità il pesce era un prodotto povero, a partire dagli anni ’60 un profondo mutamento del nostro regime alimentare, lo ha fatto divenire un alimento di lusso e un alimento proteico quasi privo di grassi. Il pesce oggi è più consumato grazie ad una serie di campagne promozionali tese ad espandere soprattutto il cosiddetto pesce azzurro (acciughe, sardine, sgombri, aguglie), che abbondano nei nostri mari. In Italia coesistono tipi di pesca differenti; quello che ha più legami con le tradizioni marinare italiane, è la Pesca Costiera Locale. Può essere effettuata anche dove non esistono grandi porti pescherecci, avendo bisogno soltanto di piccole baie per il ricovero delle barche e di ridotte attrezzature a terra per la manutenzione. Ciò ha determinato nel passato la nascita dei borghi pescherecci più caratteristici. Viene effettuata entro le tre miglia dalla costa con motobarche dotate di un equipaggio di 2 o 3 persone, solitamente tra familiari. La gran parte di queste imbarcazioni non ha ghiacciaia. Le uscite sono normalmente giornaliere. E’ il tipo di pesca che ha subito negli ultimi anni la più forte crisi, a causa dell’inquinamento lungo le coste e della concorrenza della pesca costiera a strascico. Il pescato è utilizzato per il fabbisogno del luogo. La cosiddetta pesca costiera a strascico, o più propriamente, Pesca Costiera Ravvicinata, si differenzia dalla prima perché è praticata normalmente entro 20 miglia dalla costa, ma fuori dalle tre miglia. Le barche utilizzate sono dei motopescherecci di10-100 tsl, normalmente dotati di radio, ecoscandaglio, gps, computer di bordo, cellulare, radar, e di ghiacciaie per la conservazione del pescato. Le uscite durano 24-48 ore e l’equipaggio è composto di 4-6 persone, di cui gran parte familiari. Le reti che vengono utilizzate per questa pesca sono a strascico o pelagiche. Il pescato prende la via dell’Italia e dell’Europa. La Pesca d’Altura è quella effettuata con le barche più moderne ed ha bisogno di cospicue attrezzature a terra per la manutenzione e rimessaggio. Si effettua tutto l’anno con cicli di pesca che durano 30-40 giorni, mediante motopescherecci di oltre 160 tsl, il cui equipaggio è formato di circa una dozzina di persone. Questo tipo di pesca richiede un' attrezzatura sia per la lavorazione del pesce catturato sia per il mantenimento e conservazione. Poiché essa viene effettuata dalle barche italiane nel Mediterraneo, al largo delle coste, spesso si sono avuti contrasti con i paesi rivieraschi (Nord Africa, ex Jugoslavia). E’ in tipo di pesca che richiede lavoro faticoso, lunghe permanenze in mare e si ricorre spesso a mano d’opera proveniente dai paesi africani. Altri tipi di pesca caratteristici sono: quelle del Pesce Spada e del Tonno che sono praticate lungo le coste sicule e calabre. La pesca del pesce spada era prevalentemente effettuata con mezzi tipici quali, le palafittare, i planassero, i coni, l’arpione nei mesi aprile giugno. Oggi si effettua con lunghissime reti pelagiche; capita di catturare insieme ai pesci spada, delfini, tartarughe ed altre specie protette. La pesca al tonno è una delle pesche più antiche tra quelle effettuate in Italia.  Le tonnare, e cioè l’insieme dei magazzini a terra per il ricovero delle barche e degli attrezzi di pesca, hanno a disposizione per il periodo di pesca una porzione di arenile. L’insieme delle barche utilizzate nella tonnara (circa una dozzina) costituisce il barcareccio, mentre l’insieme degli uomini che effettuano la pesca forma la ciurma, solitamente è ingaggiata per cento giorni. Di questi solo 40 sono dedicati alla pesca vera e propria. Negli anni ’70 si contavano in Italia circa 24-25 tonnare in funzione. Negli anni successivi molte sono state convertite in insediamenti residenziali e turistici. Attualmente la pesca del tonno con il metodo tradizionale è quasi scomparsa, sostituita con forme di pesca a più alto contenuto tecnologico. In Italia la cattura del pesce avviene principalmente con le reti; fino a pochi anni or sono erano di canapa o di altre fibre vegetali; oggi sono fabbricate in massima parte in nailon, che ha la proprietà di non assorbire acqua ed esclude la necessità di asciugare le reti dopo la pesca. Le reti sono strumenti costituite da filati di qualsiasi natura, intrecciati a maglie di varia grandezza, si dividono in relazione al loro impiego nei seguenti tipi: reti da circuizione, reti da traino, reti da posta, reti da lancio e reti da raccolta.
Reti da circuizione:
Le reti da circuizione distese in banchina o viste nel loro piano costruttivo si presentano come enormi reti rettangolari che possono essere formate o no da varie pezze, esse pure rettangolari, diverse per la dimensione di maglia o il titolo del filo con cui le pezze stesse sono costruite. Le reti a circuizione possono essere a chiusura se tramite un cavo è possibile chiudere la rete sulla lima dei piombi portando contemporaneamente la stessa a bordo, o senza chiusura.  La pesca si effettua chiudendo le reti al fondo, mentre il galleggiamento della parte superiore è garantito dalla lima dei galleggianti. La lima dei piombi costituisce la zavorra che permette l’affondamento della rete stessa. Le reti da circuizione possono essere calate in mare da una o da due imbarcazioni. Nel primo caso il motopesca percorre un cerchio completo per circondare il pesce. Una volta individuato il banco, la rete è calata e fissata ad un natante chiamato stazza, che rimane fermo. Il motopesca ha invece il compito di stendere completamente la rete, per poi chiudere il cerchio ricongiungendosi alla stazza. Nel secondo caso due barche simili della stessa potenza percorrono un semicerchio ciascuno. Per quanto riguarda le specie catturate si possono dividere in due categorie: reti da circuizione abbinate alla attrazione luminosa del pesce che sono usate per la cattura del pesce azzurro (acciughe e sarde) e reti da circuizione per la cattura di pesce di grossa taglia, tonni o più in generale sgombriformi. Per la cattura di alici e sarde le reti sono chiamate dai pescatori lampare, ciancioli e saccoleve. Per la cattura dei tonni e sgombri è nota come tonnara volante. Questa pesca pelagica è effettuata da imbarcazioni di media grandezza da 20-120 tsl, con potenza motore superiore i 400 cavalli.
Tra le reti a circuizione troviamo:
Sciabica:
La Sciabica è un antichissimo tipo di rete da pesca usato in passato in tutte le marinerie. E' utilizzata in modo completamente manuale da un elevato numero di persone (una dozzina). La sciabica è formata da varie pezze di rete di forma e dimensioni di maglie diverse. Sulle braccia si hanno maglie abbastanza grandi che diminuiscono gradatamente verso il centro della rete. Le braccia sono molto lunghe se paragonate al corpo della rete e al sacco. Questi ultimi in alcuni casi sono così ridotti da essere semplicemente un prolungamento delle braccia. L’apertura verticale di bocca è assicurata dai galleggianti sulla lima dei sugheri e dai piombi sulla lima dei piombi: mentre l’apertura orizzontale è ottenuta con il particolare metodo di calo e di tiro.
Circuizione per Tonno:
Il mestiere della circuizione permette la cattura di banchi di pesce molto numerosi; il metodo di pesca comporta che la rete sia calata in modo da circondare completamente il pesce in mare ed impedirne, di fatto, la fuga. Le reti sono formate da varie pezze di forma rettangolare che presentano maglie e filo di dimensioni diverse. La pesca si effettua chiudendo le reti al fondo, mentre il galleggiamento della parte superiore è al solito garantito dalla lima dei galleggianti. La parte sommersa della rete presenta un cavo di chiusura presso la lima dei piombi, che costituisce, appunto la zavorra che permette l’affondamento della rete stessa. La chiusura del cavo fa assumere alla rete la forma di un sacco in cui il pesce resta imprigionato. Le reti a circuizione possono essere calate in mare da una o due barche. Nel primo caso l’imbarcazione percorre un cerchio completo per circondare il banco di pesce. Una volta individuato il banco, la rete è calata e fissata ad un natante chiamato stazza, che rimane fermo. Il motopesca ha invece il compito di stendere completamente la rete, superando i tonni in velocità, per poi chiudere il cerchio ricongiungendosi alla stazza. Nel secondo caso, le due barche percorrono un semicerchio ciascuno. Questa pesca è effettuata da imbarcazioni superiori le 200 tsl.
Circuizione per Alici e Sardine:
Le reti a cianciolo dei pescatori italiani per la pesca delle acciughe e sardine sono tra i 30-100 metri; le barche che fanno questa pesca vanno dalle 50-120 tsl, con potenza motore oltre 400 cavalli. Molto redditizia è la pesca con fonti luminose, le quali permettono di richiamare vicino l’imbarcazione i banchi di pesce. In questo caso due o tre barche sono da appoggio al motopesca. Principalmente la rete è manovrata dai pescatori in modo da accerchiare rapidamente il pesce, per poi tirare con tempestività il cavo di chiusura della rete. Il metodo di pesca comporta che la rete sia calata in modo da circondare completamente il pesce ed impedirne la fuga. Le reti sono formate da varie pezze di forme rettangolari. Nel caso di rete per alici e sardine, la maglia delle varie parti della rete ha sempre la medesima apertura, cambia il diametro del filo. La pesca si effettua chiudendo le reti dal fondo, mentre il galleggiamento della parte superiore è garantito alla lima dei galleggianti. Una volta imprigionate le alici e sardine si recupera gran parte del pescato con i coppi e le volighe meccanizzate per un più rapido e sicuro lavoro, e la rete con il verricello o salparete. Le reti per alici e sardine sono calate da una sola imbarcazione. Una piccola imbarcazione, detta stazza, rimane ferma tenendo un cavo della rete; il motopesca, quindi, percorre un cerchio completo per circondare il pesce. Si pescano alici, sardine, sgombri e suri.
Reti da traino:
Le reti da traino oggi sono gli attrezzi più usati nel mondo a livello di pesca industriale. Questa predominanza è dovuta alla introduzione sui pescherecci, in quest' ultimo mezzo secolo, di motori sempre più potenti. Le reti a traino sono reti attive, reti cioè che sono portate incontro al pesce che viene catturato per il loro progressivo avanzamento. Le reti da traino sono formate da molte pezze di rete diverse come dimensione del filo e dimensione di maglia. Le pezze di rete che compongono le rete da traino sono cucite tra loro in modo da formare durante il traino un tronco di cono o un tronco di piramide. Sulla base maggiore sono montate le braccia e le lime, o la struttura rigida nel caso di reti a bocca fissa. Sulla parte terminale della rete, sul sacco, vi è un sistema di chiusura formato da una cimetta che permette facilmente di riaprire il sacco quando la saccata è issata a bordo. Per la legge italiana, le reti da traino non possono essere usate entro le tre miglia dalla costa Si possono dividere in Strascico, Volante, Rapido e Sfogliara.
Lo Strascico è la pesca più praticata in Italia e nel Mondo per la cattura del pesce di fondo, quello più pregiato e più richiesto. Vi sono molti tipi di rete, praticamente uno per ogni paese in cui vi è una fiorente pesca. In Italia la rete a strascico più nota ed usata è la rete mediterranea o rete italiana. La rete è collegata all’imbarcazione per mezzo di cavi d’acciaio e calamenti fissati a loro volta a due mazzette (estremità della rete). Il sacco è tenuto aperto verso l’alto dalla lima dei sugheri e poggia sul fondo con la lima dei piombi., a volte zavorrata con catene. La rete può essere trainata da una o due imbarcazioni. Il traino a coppia alla fine della II guerra mondiale è stato abbandonato poiché la propulsione meccanica consentiva ai divergenti di sviluppare dalle forze idrodinamiche tali da provocare l’apertura della bocca della rete. La rete a strascico presenta diverse lunghezze nelle lime. Quella dei piombi è più lunga di quella dei sugheri per evitare che, quando questa muove il pesce dal fondo, esso non sfugga verso l’alto. Molto utilizzata nell’Adriatico per la pesca dei merluzzi, triglie, sogliole, scampi, gamberi, pannocchie, rospi, seppie e calamari. Esiste anche lo strascico a coppia.
La Volante è un tipo di pesca in cui le reti sono trainate a mezz’acqua o quasi vicino al fondo. Queste reti sono state introdotte dai pescatori del nord Adriatico e sono usate nei mari del nord. Le reti da traino pelagico si distinguono in reti trainate da un solo natante (volanti) e reti trainate da due natanti (volanti a coppia). Le reti non vengono a contatto con il fondo; nei singoli natanti l’apertura orizzontale della rete è assicurata da divergenti mentre nella coppia l’apertura è assicurata dalla distanza delle due imbarcazioni. In Italia la rete volante è usata solo a coppia. La rete è costituita da molte pezze a maglie diverse la cui apertura diminuisce dalle braccia fino al sacco che può essere dotato di maglie molto piccole secondo la pesca da effettuare. L’uso di una maglia piccola è imposto dalla necessità di evitare l’imbrocco anche alla più piccola delle specie pelagiche; l’imbrocco impedirebbe lo scarico dell’acqua da parte della rete, e la rottura della rete stessa. La pesca è praticata da due pescherecci pressoché uguali che trainano ognuno con due cavi la rete. Un cavo va alla mazzetta superiore, l’altro alla mazzetta inferiore. La rete volante infatti, ha quattro mazzette e quattro lime: lima da sugheri, lima da piombi e due lime laterali. La rete può essere trainata, in funzione del cavo filato a mezz’acqua a varie profondità, da cui il nome di volante, o in prossimità del fondo, operando in quest’ultimo caso come rete semipelagica. La rete volante è usata spesso come rete semipelagica perché nei nostri mari e soprattutto di giorno il pesce staziona sul fondo. La pesca semipelagica è più sicura sia perché   il pesce ha una possibilità di fuga in meno (da sotto la rete) sia perché, non disponendo i pescherecci di strumenti di controllo della rete (net sode), è più facile lavorare con la lima da piombi sul fondo.  A mezz’ acqua, non si ha la certezza di esplorare la zona in cui lo scandaglio ha evidenziato il pesce e quindi la cattura è più aleatoria. Tra le reti da traino pelagiche a coppia oltre a quella per la pesca di alici e sardine, va ricordata l’Agugliara. Si tratta di una rete di superficie trainata con la lima dei sugheri fuori dall’acqua per evitare che le aguglie, con i loro balzi, possano sfuggire alla cattura; si possono catturare anche i cefali. L’agugliara è formata da due sole parti simmetriche ed è trainata con un solo cavo per ciascun natante.
Il Rapido è un attrezzo caratterizzato da una rigida intelaiatura in metallo su cui sono montati dei denti arcuati che penetrano nel fondo marino. Il termine rapido deriva dal fatto che più velocemente è tirato, più aumenta la sua aderenza al fondo. E' usato principalmente per la cattura delle sogliole. Le dimensioni variano a seconda la potenza del motore dell’imbarcazione ma generalmente non superano i quattro metri. Ogni imbarcazione può tirarne da 2 a 6. E’ molto usato in Adriatico, e ci si cattura: sogliole, seppie, pannocchie, rombi, passere, ghiozzo.
La Sfogliara è un attrezzo da traino a bocca fissa, formata da un’asta nella parte superiore che la tiene aperta, fissata a due slitte che ne permettono lo scivolamento sul fondo. Queste ultime sono dotate di un cavo piombato che ne costituisce la zavorra. Ogni imbarcazione può tirarne due, ma contrariamente al rapido, la velocità non è consigliata poichè l’attrezzo si alza dal fondo. Attualmente è poco usata in Italia sostituita dal rapido più redditizio.
Reti da posta:
Le reti da posta sono reti passive, destinate a recingere o sbarrare spazi acquei allo scopo di ammagliare: pesci, molluschi e crostacei che vi incappano. Una prima suddivisione di questa si ha quando sono nude o tramagliate: nel primo caso il pesce penetra con la testa e vi rimane impigliato, come ad esempio nella sardellara; nel secondo caso invece oltre la rete nuda vi sono altre due pareti a maglie più larghe così da consentire, sotto la spinta del pesce il formarsi di un sacco. Da qui un’altra versione per il riconoscimento di queste reti da posta, quella della sua destinazione: da imbrocco o da insacco. A loro volta si suddividono ulteriormente in reti fisse e reti derivanti: le prime sono ancorate al fondo marino e le seconde invece sono lasciate all’azione dei venti e delle correnti. Le reti da posta sono le reti da pesca più note, più ingegnose e di più antico uso. Sono reti formate da fili moto sottili e flessibili in quanto debbono essere il meno visibili al pesce perché non si spaventi e scappi. Questo tipo di pesca è effettuata da motopescherecci da 20-30 tsl. Si possono individuare alcuni tipi di rete usate dai pescatori.
Tremaglio:
E’ la più nota tra le reti da posta, ed è formata da tre pezze di rete sovrapposte ed armate con diverso rapporto di armamento sulle stesse due lime da sughero e da piombi. Le due pezze esternamente identiche e formate da maglie molto grandi sono armate sulle lime con un rapporto di armamento abbastanza alto (0,6-0,7), mentre la pezza intermedia ha maglie piccole e rapporto di armamento basso (0,4-0,5). Ciò permette una sovrabbondanza di rete nella pezza a maglia piccola. Il pesce quindi incontra nel suo cammino la rete e cerca di superarla; da qualunque parte provenga, supera abbastanza agevolmente la maglia grande della pezza esterna (il maglione) e preme sulla pezza a maglia piccola che essendo sovrabbondante fa una sacca delimitata dalla maglia grande della terza parte di rete. In questa sacca il pesce resta imprigionato senza nessuna possibilità di fuga; da qui verrà prelevato dal pescatore quando salpa la rete. Il tremaglio è generalmente calato sul fondo per la cattura di specie pregiate. Le dimensioni delle maglie e dei maglioni variano da zona a zona.
Rete ad imbrocco:
E’ formata da un’unica pezza di rete. La rete ha in sostanza una cattura monospecifica e monotaglia. Ciò dipende dalla misura della maglia con cui è armata. Il pesce non resta prigioniero in una sacca come nel tremaglio, ma generalmente penetra con la testa nella maglia e vi resta imprigionato, senza poter andare avanti e indietro. Nella pesca professionale si hanno casi di rete da posta contemporaneamente tremaglio e ad imbrocco; nella parte inferiore, due o tre metri di altezza, sono armate a tremaglio per la cattura del pesce di fondo, mentre nella parte superiore sono armate ad imbrocco per la cattura del pesce di volo. Questa rete permette contemporaneamente la cattura sia pelagica sia bentonica.
Reti da posta fisse:
Le reti da posta fisse vengono calate sul fondo marino, o in prossimità di esso o anche a mezz’acqua, ma sono in ogni caso ancorate ad intervalli al fondo marino stesso. In superficie sono segnalate da galleggianti che hanno lo scopo di permetterne il recupero. Le reti da posta fisse, vengono calate ed abbandonate in mare lasciando sul posto un galleggiante ad esse collegato. Quando passato il tempo di cala, variabile da zona a zona, e da pescatore a pescatore, le si vuole salpare, ci si dirige sul galleggiante, si recupera manualmente e con esso la rete con il pesce ammagliato.
Reti da posta derivanti:
In alcuni casi non è conveniente ancorare la rete al fondo. Questo avviene soprattutto quando si vuole operare in prossimità della superficie e il fondale è molto profondo. La rete è calata e lasciata in balia delle correnti marine. Ad un’estremità della rete, più propriamente dell’ultima rete calata dato che uno stesso natante cala normalmente molte reti una di seguito all’altra, resta collegato il natante in attesa di salpare. Le reti derivanti non sono quindi abbandonate a sé stesse ma tenute sotto costante controllo. Inoltre poichè spesso operano molto vicino alla superficie e sono molto lunghe è necessario, per evitare incidenti alla navigazione, segnalarle ad intervalli regolari. Generalmente le reti derivanti sono ad imbrocco non a tramaglio.
Reti da lancio:
Le reti da lancio sono quelle costituite da un telo di rete, destinate con moto dalla superficie al fondo a catturare i pesci. Sono reti poco usate professionalmente per lo scarso reddito che possono dare e per la fatica che richiedono.
Reti da raccolta:
Le reti da raccolta sono quelle costituite da un telo di rete di varia grandezza e forma, con o senza intelaiatura di sostegno, destinate, col moto dal fondo alla superficie, a catturare animali marini. Sono reti poco usate perché poco redditizie. Sono reti usate soprattutto sotto costa. Hanno maglie di dimensioni diverse a secondo la specie che si vuole pescare. Troviamo la
Quadra:
E’ la più grande delle reti da raccolta. Si tratta di un impianto fisso in cui la rete, l’attrezzo da pesca, è la parte minore. Generalmente consiste di una capanna (sulla terra ferma) da cui si manovra la rete. La rete è calata e salpata con argani manuali o meccanici che tramite rinvii agendo sui quattro pali che ne assicurano l’apertura, permettono di alzarla a di abbassarla. Il pesce catturato è generalmente prelevato con il coppo o con altri attrezzi.
Bilancia:
La Bilancia è più piccola della quadra ed è la versione portatile di questa. L’apertura sul piano orizzontale, è assicurata da due pertiche (in legno o acciaio) a croce che vanno ai quattro angoli della rete che è quadrata. Per calarla e salparla si agisce sull’incrocio tra le due pertiche. In qualche caso la bilancia può essere tenuta aperta anziché dalle pertiche da un’intelaiatura rigida (e smontabile) armata sui bordi della pezza quadrata. La bilancia può essere usata a terra o da bordo di natanti. In pratica è usata solo a livello sportivo.
Coppo:
Il Coppo può essere considerato anch’esso una rete da raccolta anche se le sue dimensioni sono molto piccole. Come attrezzo da pesca è poco usato, mentre il suo uso è frequente come ausilio per il recupero del pesce catturato con altri attrezzi da pesca (rete a circuizione). Il coppo ha svariate forme. La più nota è quella formata da un cerchio, da una rete che forma un sacco e da un manico che serve per manovrarlo.
Reti da Lancio:
E’ un tipo di rete ormai quasi scomparso nella pesca professionale; è usata nei paesi poveri.
La rete era lanciata su un branco di pesci individuato ad occhio. Per azione idrodinamica la rete si apriva mentre scendeva sul fondo trascinatavi dalla gravità. Lentamente poi iniziava il recupero facendo in modo che il pesce trattenuto sotto la rete restasse impigliato nei risvolti che la rete stessa determinava quando era salpata.

Altri tipi di catture usate dai pescatori sono:
Le Trappole:
L’uomo nella sua storia ha inventato innumerevoli tipi di trappole per catturare le prede di cui aveva bisogno per nutrirsi. Le trappole per la cattura del pesce sono quanto di più ingegnoso si può trovare, sia come concezione della trappola, di metodi cioè adottati per invogliare l’ingresso ed impedire l’uscita, sia come materiali utilizzati nella costruzione della trappola, sia infine come esche per attirare il pesce. In ogni zona vi sono tipi particolari di trappole diverse sia in funzione della specie e dei fondali in cui si opera sia in funzione dei materiali sia in natura sono abbondanti in quella zona. Possiamo fare una distinzione di trappole: reti a postazione fissa e nasse.
Reti a postazione fissa:
Le reti a postazione fissa sono calate in un punto scelto sulla base della esperienza ed ivi lasciate per tutta la stagione di pesca. Il calo in ogni modo è un’operazione piuttosto delicata e laboriosa. E’ necessario un sistema di ancoraggio sicuro cui fissare le varie parti della rete, è necessario conoscere le correnti prevalenti nella zona in cui si opera, è necessario conoscere la normale direzione dei pesci che si vogliono catturare in modo da disporre il braccio di incanalamento nella giusta posizione cioè in posizione che convogli il pesce verso l’attrezzo e non viceversa. Nelle reti a postazione fissa, l’ingresso deve essere facile ed invitante, l’uscita in pratica impossibile. Per questo molto spesso si hanno vari ingressi consecutivi sempre più sicuri da cui è impossibile e difficile uscire. L’ultima camera dell’attrezzo è la camera della morte, dove il pesce resta fino che il pescatore salpi la rete e lo prelevi. Le reti a postazione fissa normalmente non sono innescate, sfruttano solo le abitudini o le migrazioni dei pesci, note per la lunga esperienza ai pescatori.
La tonnara:
Non è certo possibile confondere la tonnara con un altro attrezzo da pesca. Le stesse dimensioni sono tali da non lasciare dubbi. Gli impianti fissi per la cattura del tonno sono chiamati tonnare per mattanza. E’ la maggiore fra tutte le reti da posta fissa. Le zone poi dove sono calate le tonnare sono molto note da lungo tempo ormai. La cosa più difficile oggi è trovare la tonnara. Questo attrezzo da pesca ormai è ridotto a poche unità. E’ costituito da un’isola formata da camere e da una coda capace di incanalare i tonni che la incontrano durante i loro movimenti, orientandoli verso l’isola stessa che ha, a sua volta, capacità di trattenerli e di mantenerli in una trappola. La cattura si svolge in diversi momenti tutti collegati fra loro ma distinti. I tonni oggi si catturano con la tonnara volante.
Le Nasse:
Le Nasse sono piccole trappole che sono salpate ogni volta che si preleva il pesce e calate sullo stesso posto. Le nasse possono essere costruite con vimini, con rete montata su intelaiatura rigida in legno e ferro; oggi sono costruite in serie in materiale plastico. Le bocche d’ingresso sono generalmente fatte a mano, a forma di imbuto o in rete o in filo di ferro.
La pesca delle nasse è effettuata con imbarcazioni a remi o con piccolo motore. Quando la calata delle nasse è numerosa, queste sono unite tutte quante a distanza conveniente ad una corda chiamata come per il palangaro madre o trave. Naturalmente il salpamento non è più manuale ma con verricello. L’esca utilizzata è formata da pesci di poco valore e per le seppie le foglie di lauro.
Il Cogollo:
Il Cogollo si presenta come una rete con inserite alcune intelaiature fisse. Sulla intelaiatura è montata sia la rete esterna che forma le pareti della camera, sia la rete che, tenendo il cogollo, formerà l’ingresso ad inganno. In mare il cogollo è generalmente calato in prossimità della riva; a volte la parte superiore dell’attrezzo è ben visibile a pelo d’acqua. In ogni caso la sagoma permette di evidenziare il braccio (o i bracci) di incanalamento, la prima bocca d’ingresso e il corpo dell’attrezzo. Il sacco è segnalato da un galleggiante per permettere il periodico prelievo del pescato.

La Menaica:

Lungo le coste cilentane, la pesca più tradizionale quella delle alici, che cadono in una particolare rete, la menaica. Si tratta di un antichissimo sistema, quasi completamente scomparso: le alici vengono catturate rimanendo impigliate con la testa nelle maglie della rete. La cattura avviene solo in determinate condizioni atmosferiche: giocano un ruolo fondamentale la direzione e la velocità del vento, la luce lunare in situazioni di cielo sereno, le maree e la temperatura dell’acqua. La tecnica determina una selezione del pescato: le piccole attraversano indenni la menaica e quelle grandi non riescono a passare. Quelle dalle dimensioni “giuste” restano intrappolate nella rete che determina il loro dissanguamento in acqua, conferendo alle carni una particolare colorazione rosata. Le alici vengono poi tolte dalla rete una a una e pur essendo ottime da mangiare fresche, cotte o anche crude, lasciandole marinare nel succo di limone e condendole con olio, aglio e prezzemolo, le alici di menaica più pregiate sono quelle conservate sotto sale. La tecnica di conservazione è lunga e laboriosa e richiede particolare abilità nella preparazione. La produzione di questa specialità è concentrata nei paesi di Pisciotta e Pollica (Sa). Complessivamente, a secondo degli anni, si arriva a una produzione di circa 8-10 q l’anno di alici conservate, rendendo così un prodotto di “nicchia estrema”.

Tra altri tipi di cattura troviamo gli ami.
Gli Ami:
Gli ami sono noti sin dall’antichità come strumenti per la cattura dei singoli pesci anche di grossa taglia. Vengono generalmente innescati o muniti di un sistema di attrazione per favorire l’abboccamento del pesce: i pesci infatti, accorrono per mangiare l’esca, restano appesi all’amo e possono quindi essere catturati. Naturalmente le dimensioni dell’amo dipendono dalle dimensioni del pesce che si vuole catturare. Le dimensioni sono oggi circa standardizzate in una certa gamma: ad ogni amo corrisponde un numero. La forma degli ami infine è variabile da costruttore a costruttore a seconda dei luoghi e delle tradizioni, così si hanno ami con o senza barba (o ordiglione), a paletta o ad occhiello. Dritti o storti, a gambo lungo o a gambo corto. Nella pesca professionale gli ami sono usati per la formazione dei palangari o delle lenze.
Il Palangaro:
Il Palangaro è un attrezzo da pesca che impiega molti ami. E’ costituito da un cavo principale chiamato trave, lungo anche diversi chilometri. I braccioli con gli ami sono fissati al trave a distanza regolare; la distanza è normalmente poco superiore al doppio della lunghezza dei braccioli. Gli ami hanno diverse forme e dimensioni in relazione alla specie da catturare. I palangari possono essere calati in prossimità del fondo e qui ancorati (palangari fissi) per la cattura del pesce di fondo (naselli, gronchi, corvine, rombi, palombi, saraghi) oppure possono essere calati a mezz’acqua o in superficie per la cattura dei grossi pesci pelagici (tonnidi e pesce spada). In quest’ultimo caso sono lasciati alla deriva in balia delle correnti e dei venti. Nella pesca professionale per ottenere una cattura che ricompensi del lavoro sono necessari moltissimi ami; si calano quindi carie ceste di ami. La ceste è in pratica la unità di palangaro. Il recupero è manuale, quindi lungo, faticoso e pericoloso. Oggi sono stati introdotti strumenti atti a ridurre la fatica e i tempi di lavoro in modo che si possano calare più ami e quindi si possa avere un rendimento superiore. Si hanno infatti, strumenti per l’innescamento automatico mentre si cala con continuità e strumenti che permettono il recupero più o meno automatico (salpapalangari).  In generale la pesca con il palangaro, è una pesca che si effettua con limitati consumi energetici ed è molto rispettosa delle risorse che si stanno sfruttando. E’ infatti, un metodo di pesca fortemente selettivo.
Le Lenze:
Le Lenze sono meno usate professionalmente dei palangari, ma in alcuni casi possono portare delle buone catture. Le lenze, a differenza dei palangari, sono calate e tenute sotto controllo continuo da parte del pescatore. Appena un pesce abbocca si inizia il recupero, agendo in modo da garantire che il pesce non possa liberarsi. Le lenze possono essere direttamente con la mano o tramite una canna da pesca, possono essere lasciate ferme nell' attesa che un pesce vi abbocchi, o possono essere mosse o trainate a velocità conveniente per invogliare i predatori ad inseguire l’esca, dato che in natura le prede generalmente si muovono e guizzano per sfuggire ai predatori.Per la pesca in generale dei molluschi si usano invece le draghe e gli attrezzi da traino.
Draghe:
Le Draghe sono attrezzi molto noti e molto usati per la pesca dei molluschi. L’attrezzo deve strappare e o raccogliere molluschi sessili o che si annidano nel substrato. In questa operazione naturalmente si raccoglie anche altro materiale non voluto. Da qui la nascita e l'evoluzione di vari attrezzi diversi, che con vari metodi riescono a trattenere i molluschi e a perdere il materiale di fondo. In alcuni casi si usano nei sacchi di raccolta, maglie molto grandi e fenditure nella parte superiore del sacco stesso e ciò è sufficiente a perdere buona parte dello sporco, in altri casi quando l’attrezzo penetra molto si pompa nell’attrezzo stesso acqua in modo che si abbia la perdita della sabbia e del fango. Generalmente questi attrezzi vegono usati in prossimità della costa soprattutto su fondali sabbiosi da pescherecci di limitata potenza che effettuano uscite giornaliere. Le catture sono generalmente abbastanza consistenti e ciò spiega l’elevato numero di natanti che soprattutto in Adriatico operano con tali attrezzi. Come già in precedenza accennato, le draghe idrauliche sono esse stesse attrezzi per molluschi. E’ bene comunque distinguere tra draghe idrauliche ed attrezzi da traino per molluschi. Anche la draga è tirata, ma molto lentamente. Il peschereccio tramite verricello recupera lentamente l’ancora che ha prima lasciato a congrua distanza. L’attrezzo da traino per molluschi invece è sì trainato a velocità abbastanza bassa, ma il traino avviene, come per le reti da traino, con l’elica stessa del motopeschereccio. Tra le draghe in generale troviamo:
Vongolara:
E’ l’attrezzo usato per la cattura delle vongole. In passato si usava la vongolara a mano che consisteva in un grosso rastrello con un lunghissimo manico. La vongolara era tirata lentamente recuperando l’ancora e con il manico si cercava di agitare il rastrello in modo che si scaricasse la maggior quantità possibile di sabbia. Ora si usa la vongolara con getto d’acqua all’interno dell’attrezzo. Le dimensioni dell’attrezzo sono aumentate, il manico è scomparso, il salpamento è meccanico: in generale le catture sono molto più alte e con minor fatica.
Cannellara:
La Cannellara è molto simile alla vongolara, ha però un potere di penetrazione nel fondo marino superiore. Ciò è necessario per catturare convenientemente i cannelli.
Gli Attrezzi da Traino:
Gli Attrezzi da Traino per molluschi possono essere confusi solamente con le reti da traino a bocca fissa, rapido o sfogliara. I pescatori hanno creato un attrezzo che stacchi e raccolga le ostriche. Sono attrezzi a bocca fissa simili ai rapidi, ma da questi nettamente distinti per dimensioni, maglie e forme della rete. La bocca dell’attrezzo è sempre rigida, fissa e dietro la rete che non è altro un piccolo sacco di raccolta chiuso, lungo uno o due metri che permette il recupero delle saccate solo rovesciando l'attrezzo.

Attrezzi Vari:
Innumerevoli sono i metodi di pesca che non rientrano tra quelli fino ora descritti e che i pescatori hanno usato ed usano ancora. Basti pensare alla pesca senza strumenti, direttamente a mano, alla pesca con l’ausilio di animali. Tra gli strumenti più noti troviamo:
Arpioni e Fiocine:
La pesca con arpioni e fiocine, strumenti che feriscono od uccidono il pesce che si vuole catturare, molto nota in passato oggi è fortemente ridimensionata e limitata alla cattura di poche specie. Per quanto riguarda gli arpioni, la specie che più frequentemente viene catturata nei nostri mari con tali strumenti, è il pesce spada.. La cattura del pesce spada infatti, avviene con il palangaro derivante (o le reti da posta derivanti calata principalmente per la cattura di tonnidi, alalonghe) o con l’arpione con le tradizionali barche caratteristiche per la presenza di un altissimo albero con “coffa” e di un lungo ponte prodiero. Il pesce è avvistato da un marinaio (che esplora il mare in cima all’albero e guida poi l’inseguimento) e viene arpionato da un altro pescatore che lancia l’arpione dalla estremità del ponte. Con tale metodo di pesca si catturano solo pesci spada adulti, a differenza del palangaro che cattura anche i giovani. La pesca avviene con mare molto calmo soprattutto durante il periodo della riproduzione. La fiocina invece è un attrezzo usato dal singolo pescatore per la cattura di pesci, anguille, molluschi, cefalopodi, spugne. La cattura avviene con un colpo rapido della fiocina che si infilza con i suoi denti nell’animale che si vuole catturare. I denti della fiocina sono tali che trattengono il pesce catturato e ne permettono il recupero. La Cattura delle Spugne (praticata con la fiocina o della gangava o del tuffatore) nell’Egeo, presso l’isola di Lampedusa e le coste della Libia.
Pesca con picconi e martelli:
Spesso si hanno organismi marini che o vivono all’interno di massi sul fondo marino o che sono a questi ultimi ben fissati da rendere necessario per staccarli, l’uso di picconi e martelli. Si tratta naturalmente di pesche effettuate da palombari su specie che hanno un alto valore economico se si tratta di professionisti. I martelli e i picconi sono usati ad esempio per il prelievo del corallo, quando si adopera con il palombaro; la Pesca del Corallo viene effettuata soprattutto nei mari caldi del basso Mediterraneo e del Mar Rosso. Questa pesca distrugge e cambia il fondo marino.
Ingegno:
Per la cattura industriale del corallo è spesso usato l’ingegno. Si tratta di un attrezzo da traino che, tirato a velocità opportuna, rompe il corallo e i rami staccati, almeno in parte restano impigliati sugli sfilacci o nei pezzi di rete che sono trascinati sul fondo appesi alla parte rigida dell’ingegno stesso. L’ingegno può essere formato da due sbarre di legno duro e zavorrato unite tra loro a croce di S.Andrea a cui sono attaccati i vari pezzi di materiale tessile su cui si impigliano i rami di corallo staccati dai bracci della croce.
Lavoriero:
Il lavoriero è il metodo più ingegnoso e più noto con cui si catturano le anguille, quando attratte dall’acqua salata che entra dai canali nelle valli, cercano di guadagnare il mare per la riproduzione dopo il periodo di crescita ed ingrasso in valle. Il lavoriero è una costruzione complessa e delicata a forma di doppio cuneo e può essere considerato una grande trappola. Principalmente viene usato perla cattura delle anguille anche se in camere separate vi restano imprigionati altre specie di pesce quali i cefali. Un altro modo di pescare è di recente la Pesca o Caccia Subacquea nella quale il pescatore subacqueo o sub, munito di pinne di gomma ai piedi e di fucile subacqueo, si immerge per la cattura dei pesci. L’attrezzatura del sub comprende in genere un paio di occhialini a tenuta stagna e un fucile (a molla o a elastico o a cartucce), che lancia un piccolo arpione; vi sono maschere di gomma cui è applicato un tubo sporgente dall’acqua per la respirazione, mentre chi vuole esplorare a lungo il fondo marino si serve di tute di gomma (muta) e di autorespiratori provvisti di bombole di ossigeno.
Pesca con fonti luminose:
La luce è stata ed è utilizzata frequentemente per la cattura di organismi marini. Basti pensare alla rete a circuizione chiamata anche “lampara” . Come principio è sfruttato il potere di attrazione che la luce ha su alcune specie. La luce è prodotta da lampade che attingono energia da generatori elettrici azionati da motori Diesel o da lampade a gas liquido o a petrolio. Generalmente le lampade vengono tenute fuori dall’acqua, ma non mancano casi di lampade immerse per poter attirare pesce da profondità superiori. Questa pesca è effettuata solo di notte, soprattutto nelle notti senza luna quando è più facile la raccolta sotto le lampade. Si cattura principalmente pesce azzurro e celopodi.
Pesca con l’elettricità:
E’ un metodo di cattura del pesce che sfrutta il particolare comportamento degli organismi acquatici alla presenza di un campo elettrico. In Italia la legge ne vieta l’uso per la tutela delle risorse biologiche e dell’attività di pesca. La pesca con fonti elettriche si effettua mediante l’impiego diretto e quello indiretto. Il primo metodo è quando l’organismo è attratto e paralizzato dall’anodo, un fenomeno conosciuto col nome di galvanonarcosi e con una pompa immersa nel mare è trasportato a bordo. Il secondo invece è quando si immette la corrente elettrica in uno degli attrezzi già conosciuti ed appositamnete modificato. Così si può avere dal campo elettrico l'attrazione verso l'amo del palangare; oppure da una barca generare la corrente verso i due poli immersi a prua e a poppa in mare, mentre una rete circuisce il branco di pesci; infine si può provocare agli elettrodi un campo energetico davanti alla bocca della rete a strascico, così da convogliare i pesci all’interno ed impedire la eventuale fuga agli altri.
Specie di pesca più caratteristica è la pesca con il Cormorano; dell’Ostrica Perlifera nelle acque tropicali di Ceylon, del golfo Persico, del Mar Rosso; della Tartaruga marina nell’Oceano Indiano.
I sistemi di cattura dei pesci nei mari italiani e nel Mediterraneo hanno subito una costante evoluzione, specialmente in questi ultimi decenni; altri invece professionalmente e commercialmente non rappresentano più che un fatto puramente storico e folcloristico, privo di una reale applicazione in mare.
(Cenni presi dal libro: Inventario degli attrezzi da pesca, a cura di Mario Ferretti)

 

Fonte: http://www.conpesca.it/mestieri.doc

Sito web da visitare: http://www.conpesca.it

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