Storia della comunicazione

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Storia della comunicazione

BREVE STORIA SOCIALE DELLA COMUNICAZIONE
Presentazione
1° Cap – Stampa e modernità


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Le premesse

 

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La carta, l’inchisostro e la stampa

Nel sec. XII si diffuse in Europa, con la mediazione degli Arabi, la fabbricazione della carta, inventata dai cinesi introno al I sec. D.c. Verso la metà del 200, la carta cominciò ad essere prodotta in Italia. I cartai italiani, presto introdussero importanti innovazioni come la collatura con gelatina animale che conferì alla carta carattere di conservabilità.
Introno al XIV sec. Prese avvio la tecnica della xilografia di origine cinese: immagini e scritti venivano incisi su tavolette di legno che poi venivano inchiostrate e impresse su carta.
Nel ‘400 J. Gutenberg mise a punto la lega di piombo, stagno e antimonio per fondere i caratteri, trovare il dosaggio giusto per l’inchiostro utile per la stampa per fabbricare i caratteri in serie e assemblarli in forma piana, poi adattare il torchio vinario alla stampa. Gutenberg intuì la possibilità di moltiplicare i testi mediante l’uso dei caratteri mobili. Si associò ad un ricco cittadino di Magonza: Fust, che gli prestò i capitali per la fabbricazione degli utensili e per l’acquisto della carta e dell’inchiostro.

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Nascita dell’industria tipografica. Un’industria cittadina nell’Europa del ‘500

Guttenberg in seguito a questo finanziamento, stampò 130 esemplari della Bibbia, ma in seguito ad una lite con Fust, quest’ultimo, si mise in società con un abile calligrafo: Schoeffer, con il quale diede vita ad una vera tipografia e pubblicò il primo libro a recare data di stampa e nome dei tipografi: Il Salterio. Intorno al 1470, la stampa era divenuta una realtà e in alcune città si avviavano delle industrie con manodopera specializzata. I primi tipografi si rivolgevano soprattutto al clero e alle università.
Molti tipografi non avevano capitali a disposizione e fu per questo motivo, che a partire dal XV° si fece strada la figura del mercante libraio. I tipografi di maggior fama, avevano anche una buona cultura umanistica, la quale favorì la stampa di opere fino ad allora sconosciuta ai più. Grazie alla stampa, diventava possibile anche ad un mercante o ad un laico eggere e comprendere opere che fino a quel momento erano un privilegio del clero o di pochi dotti.

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L’incontro tra la stampa e la riforma

Nelle città italiane e tedesche si sviluppò la stampa, ma ben presto la sua diffusione si estese e alimentò il movimento di idee che diede vita alla Riforma protestante  (il primo grande conflitto ideologico in cui il materiale stampato giocò un ruolo rilevante), non solo amplificando i dibattiti sul potere del papa e della Chiesa, ma contribuendo a sviluppare il pensiero critico e le prime forme di opinione pubblica. I primi protestanti, da Lutero (che considerava la stampa il più grande dono di Dio) in poi, utilizzarono la stampa per colpire la Chiesa di Roma, dando vita a quella che è stata definita la prima offensiva mediatica. I riformatori, miravano a comunicare con il popolo e per questo motivo, cominciarono a scrivere in volgare, contribuendo, così, alla nazionalizzazione della lingua. La riforma protestante contribuì all’alfabetizzazione dividendo l’Europa protestante del centro-nord, da quella cattolica del Sud.
I libri letti da pochi, influenzarono via via sempre più il grande pubblico, nacquero infatti, i primi leader locali che facevano opinione, tra questi vi erano anche gli stampatori che resero le loro botteghe luogo di ritrovo intellettuale. Se i protestanti combatterono la loro guerra contro la Chiesa a colpi di libro, la Chiesa rispose con le immagini che erano di più rapida presa e più larga comprensione anche da parte degli analfabeti.
La Chiesa cattolica pubblicò nel 1559 l’Indice dei libri proibiti. Fra i vari autori inclusi in questo indice che fu in seguito aggiornato,  vi erano: Machiavelli, Hobbes, Voltaire.

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La censura e i libri proibili

Anche i protestanti ricorsero alla censura. In Spagna, si delineò la figura del censore. Con la bolla Licet ab initio, Papa Paolo III istituì nel 1542, l’Inquisizione romana. In seguito alla pubblicazione dell’Indice dei libri proibiti, la produzione libraria di Venezia registrò un forte declino, ma nessuno riuscì ad interrompere il mercato del libro.
Proprio grazie alla natura industriale della stampa era avvenuta in Europa la saldatura fra libri e mercato, che è ciò che contraddistingue il ruolo della comunicazione dall’epoca moderna fino ai giorni nostri.

2° Cap – I nuovi generi e l’incontro tra stampa e politica


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Dalle gazette alle riviste culturali

Nell’Europa del ‘600, si colloca la nascita del giornalismo moderno. La casa commerciale Fugger dalla 2° metà del ‘500 pubblicò una gazzetta (nome derivato dalla moneta veneziana e venduto al prezzo di una gazzetta, ossia 2 soldi), con lo scopo di informare i propri corrispondenti e agenti sparsi in tutta Europa. Ad Amsterdam, nel ‘600 si pubblicò il primo giornale in francese La Gazzette d’Amsterdam. Le Gazzette, contenevano anche avvisi commerciali e veri avvisi pubblicitari.

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I pamphlet e le lotte religiose e politiche

Tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600 si diffuse in Europa la pubblicazione di pamphlet e volantini scandalistici, con i quali si prendevano di mira sovrani, pontefici ed istituzioni. La stampa divenne presto un mezzo di informazione e di mobilitazione politica. In Inghilterra in seguito all’abolizione dell’ultimo Licensing act nel 1965, che pose fine alla censura e al controllo preventivo dei librai, vennero pubblicati ben 19 giornali. La stampa non si poteva combattere che con la stampa e l’opinione pubblica era divenuta un potere di cui chi governava doveva tener conto.

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La nascita di un’opinine pubblica nel ‘700. Siti e luoghi del sapere

Le diverse forme di censura, non poterono arrestare la diffusione della stampa. Guillam Haas perfezionò il sistema di stampa ideato da Gutenberg. Nacquero le prime enciclopedie.
Il campo del sapere si allargava, come pure il raggio di circolazione delle idee. Sorsero nei primi del ‘700 le prime massonerie moderne (Isaac Newton) come luoghi di discussione.
Si fecero strada nuove forme di letteratura di evasione: narrativa, in Inghilterra il romanzo moderno, in Francia il romanzo epistolare. I nuovi luoghi di aggregazione sociale (caffè, salotti, club), diventarono bacini di formazione di un’opinione pubblica che divenne sinonimo di società civile.
Il simbolo del rapporto tra stampa, opinione pubblica e società civile fu il successo del giornale di Joseph Addison, The Spectator (1711 Londra). Era un giornale letto dalle élites, ma anche dai commercianti e dalle signore colte. La politica entrava ormai nella vita quotidiana di gran parte della popolazione e la lettura dei giornali nei caffè dava vita a vivaci dibattiti e scambi di opinione.
Anche nel corso del ‘700 proseguì l’azione repressiva dell’Inquisizione.

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Stampa politica e rivoluzioni

Negli USA i giornali furono i protagonisti di tutte le battaglie politiche nei singoli Stati, ma poi anche del più generale movimento per l’indipendenza.

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La rivoluzione francese e il giornalismo militante

Lo scrittore Thomas Paine fece da ponte ideologico fra la rivoluzione americane e quella francese, sostenendo il valore delle idee democratiche e repubblicane contro il sistema oligarchico inglese e la monarchia. La rivoluzione americana fu una rivoluzione per l’indipendenza e non innestò una spirale di guerra civile come in Francia. La popolazione francese venne influenzata soprattutto dai livres philosophique. Le svolte più cruente della rivoluzione, videro come protagonista Marat e il suo giornale l’ami du peuple. Il Palais Royale divenne il luogo di incontro preferito da artisti, intellettuali, scrittori e giornalisti.
Dopo la rivoluzione, con Napoleone si tornò alla censura e poi al controllo statale della stampa.

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Come nascono le rivoluzioni. Il rovesciamento del paradigma della rivoluzione

La più recente storiografia sulla rivoluzione francese, quella revisionista, ha rovesciato il paradigma elaborato dalla storiografia marxista che la spiegava come prodotto dell’ascesa della borghesia e ne vedeva le origini nella crisi economica. Robert Darnton ha intitolato un capitolo del suo saggio I libri provocano le rivoluzioni, quasi a rovesciare il paradigma interpretativo della rivoluzione e spingendosi fino a rivedere criticamente il concetto di sfera pubblica borghese, elaborato da Habermas. I libelli furono, secondo Darnton, il più potente strumento di delegittimazione dell’ancien regime, contribuendo a porre le premesse della mentalità rivoluzionaria. I libelli offrirono un commento agli avvenimenti politici e assimilarono nuovo materiale e nuove tecniche retoriche per creare un nucleo narrativo, una sorta di storia politica popolare, organizzata attorno ad un unico tema: la monarchia era degenerata in dispotismo. Napoleone affermò che 4 giornali ostili erano più pericolosi di 100 baionette e fece sopprimere tutte le testate giornalistiche tranne una decina, a lui favorevoli.

3° Cap – L’ottocento: un secolo in movimento


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La rivoluzione dei trasporti e delle comunicazioni: 2 rivoluzioni intrecciate

La 2° rivoluzione industriale, sospinta dal vapore e dall’elettricità, e la contemporanea rivoluzione delle comunicazioni, si intrecciarono e si cumularono come parti di uno stesso processo. Si modificò la percezione del tempo e dello spazio grazie anche all’apparire di nuovi media: telegrafo, fotografia, telefono, cinematografo e la radio. Tale periodo fu paragonato all’invenzione di Gutenberg. Il telegrafo si sviluppò quasi contemporaneamente alla ferrovia, per ovviarne i problemi di segnalazione e traffico che si erano andati creando. Prese il via un vero e proprio processo di globalizzazione che investì nell’800 ogni continente.

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La prima rete: Il telegrafo

Uno dei pionieri dell’invenzione del telegrafo fu Claude Chappe: Nel 1844 fu inaugurata la prima linea telegrafica con il sistema Morse (divenuto poi la base dell’informatica), che collegava Washington con Baltimora. La fortuna del telegrafo, si era intrecciata con quella della ferrovia e dei canali navigabili. Il telegrafo accelerò i tempi delle comunicazioni e ne ridusse i costi.

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La 2° rivoluzione della stampa: i giornali come locomotiva sociale

Nell’800 si assistette ad una nuova rivoluzione della stampa grazie all’evoluzione tecnologica e alla diversificazione dei prodotti (la carta viene fabbricata in continuo e si ricorse alla pasta di legno). I giornali furono definiti locomotiva sociale per il potere che esercitavano sugli orientamenti dell’opinione pubblica, e per il loro fare da traino ai processi tecnologici più innovativi. Gli editori erano spesso anche tipografi, ma ben presto, divennero dei veri imprenditori. La stampa periodica abbassando i costi, aumentò il numero dei lettori. In quegli anni ci fu anche il trionfo del romanzo. I giornali venivano letti nei club e nei caffè e ci si rese presto conto, che costituivano un vero e proprio potere.
La libertà di stampa venne considerata un diritto essenziale e la censura venne colpita dalle satire più graffianti, o aggirata dalla stampa clandestina (satire del Giusti). Giuseppe Mazzini, aveva capito l’importanza della comunicazione per creare un’opinione pubblica. Nacquero le prime agenzie di stampa e con queste anche la rete postale subì un grosso sviluppo. L’alfabetizzazione subì un grande incremento. Sorsero poi le macchine per scrivere e la Linotype per comporre testi.
Per sostenere i costi, i giornali cominciarono ad ospitare le prime pubblicità.

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Dal telefono al telegrafo senza fili: la rete universale

L’11 giugno 2002 il Congresso degli Stati Uniti ha approvato la risoluzione che riconosce ufficialmente ad Antonio Meucci il merito di aver inventato il telefono. L’invenzione del telefono è stata prima di allora, attribuita all’americano Alexander graham Bell. Meucci presentò un caveat per il suo telettrofono, ma non riuscì a pagarsi il brevetto definitivo, perché troppo costoso.
Per creare la rete telefonica bisognava costruire delle centrali di commutazione e le prime furono installate a New Haven e a Londra. Come il telegrafo anche il telefono aveva bisogno di cavi sottomarini per collegare i continenti. Solo nel 1915 NYC fu collegata a San Francisco. Nel 1920 in Italia si contavano poco più di centomila apparecchi, ma nel 2004 l’Italia ha vantato il primato mondiale con ben 50 milioni di telefonini.
Anche per il telefono, si può parlare di una rivoluzione sul costume, sulle relazioni sociale sulla cultura e in generale sulla società.
Nel 1895 Guglielmo Marconi inventò il primo radiotelegrafo. Allora non si pensava alla radio come medium di massa, lo stesso Marconi, pensava alla radio soprattutto come strumento militare. Nel 1909 Marconi ottenne il premio Nobel per la fisica.

4° Cap – Dalla fotografia al cinema: la lung marcia della comunicazione per immagini


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La fotografia

La comunicazione contemporanea è permeata di immagini. Già nel ‘700 si era diffusa in Europa la moda delle vedute ottiche, si trattava di macchine di legno in cui si inserivano fogli di vedute ottiche.
Una tappa fondamentale nella comunicazione per immagini fu l’invenzione della fotografia vero e proprio precursore del cinema e della televisione. Lo sperimentatore francese Niepce produsse con il metodo che chiamò éliografia la prima immagine fotografica e lo scienziato Daguerre, rese noto il nuovo procedimento per produrre immagini fotografiche (dagherrotipi). In Europa e in America si sviluppò quella che fu definita la “dagherromania”, e il numero degli amanti della fotografia crebbe a dismisura. In Italia la famiglia Alinari si dedicò in maniera professionale alla fotografia. Si scatenò tra i sovrani e i principi la corsa al ritratto fotografico e nelle capitali mondiali sorsero degli studi fotografici nelle vie più eleganti. Nel 1888 George Eastmann lanciò un nuovo apparecchio di piccole dimensioni: la Kodak, che divenne presto un nuovo prodotto industriale di massa.
Con l’avvento della fotografia si cominciò a tentare di risolvere il problema di stampare foto e testo nella stessa pagina e si affacciò la figura di un nuovo professionista: il fotoreporter. Foto sincere e foto bugiarde erano il segno che la fotografia non era sempre lo specchio della realtà, ma solo un’interpretazione e a volta una forzatura della realtà.

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Miti e società di massa

La rivoluzione che ha avuto luogo nell’800 è partita dall’incrocio tra la tecnologia dei sistemi di trasporto (ferrovie, vapore) e dei sistemi di comunicazione. Le ferrovie non si sarebbero potute sviluppare senza il telegrafo. La velocità dei trasporti e della comunicazione aveva reso possibile la riduzione dei limiti spazio-temporali.
Migliaia di persone si muovevano in giro per il mondo. Il tempo libero verso la fine dell’800, cominciò a diventare un’esigenza diffusa. Nascevano le classi intermedie che contribuirono alla nascita della società di massa, di cui Le Bon fu uno tra i primi studiosi. Si affacciarono nuovi bisogni e nuove esigenze culturali. Nacquero nuove forme di spettacolo popolare.
Il Wild West show di Buffalo Bill fece una tourné in Europa e, nonostante i prezzi, faceva sempre il tutto esaurito. La troupe fu anche ricevuta dal Papa Leone XIII°.
Invenzione del cinematografo da parte di Filoteo Alberini che mise a punto una macchina simile a quella dei Fratelli Lumiere.

Parte seconda
Dal 900 ai giorni nostri
5° Cap – Il giornale come primo media di massa. Fra intrattenimento e informazione


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Introduzione

Alla fine dell’800 e inizio del ‘900 si assiste al configurarsi di un campo della comunicazione definito di massa. Inizialmente i protagonisti di questo cambiamento furono i giornali e i periodici. Negli USA si gettarono le basi per l’industrializzazione del giornalismo. La penny press creò le premesse di questo cambiamento e decretò un aumento di pubblico e la nascita della nuova professione del giornalista. In Europa questo processo fu più lento.

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La Penny press

La Penny Press (così chiamata perché i giornali allora costavano un penny), fu un fenomeno che vide la trasformazione dei giornali in vere e proprie imprese commerciali volte a vendere sempre di più giornali e spazi pubblicitari. Questi giornali rivendicavano una propria autonomia finanziaria tramite gli abbonamenti e la vendita diretta per strada con gli strilloni. Il 1° penny paper fu The New York Sun (1833). Nel 1840 negli USA c’erano ben 138 quotidiani. La Penny Press, inventò il concetto di notizia. Oltre alle notizie di politica, venivano pubblicati articoli sulla polizia, le strade, i tribunali. La stampa rifletteva l’intera vita sociale.
I cambiamenti portati dal giornalismo negli USA erano collegati alla nascita della società democratica di mercato. La diffusione di un giornalismo popolare, fu possibile grazie al costituirsi di un pubblico di lettori che andava al di là delle élites politiche ed economiche.

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Una notizia per tutti

Oltre a rappresentare la realtà sociale, il giornalismo attirava l’interesse dei lettori su alcuni temi specifici e le questioni sociali divennero così oggetto di dibattiti pubblici. I fatti anche più insignificanti ..”possono essere gonfiati a questioni di grande attualità”…I fatti della vita quotidiana divengono newsworthiness acquisendo il valore di notiziabilità- Il giornalismo popolare fu criticato da parte di altri giornali, di involgarire l’informazione nel nome del sensazionalismo. I Penny paper replicarono che il vecchio giornalismo era dedicato solo alle élites.
Gli inviati dei giornali andavano direttamente sul posto per raccogliere notizie e interviste. All’inizio del ‘900 vi erano 2 tipi di giornalismo: popolare e di élite.
In Italia il giornalismo era molto meno diffuso e le testate giornalistiche più importanti erano: Il Corsera, La Stmpa e Il giornale d’Italia.
In USA un esempio di giornalismo dedicato all’intrattenimento definito yellow journalism (l’edizione domenicale era stampata su carta gialla) fu The New York World (di Pulitzer). Lo scopo di questi giornali era quello di impegnare la mente, perché il pubblico, a detta dello stesso Pulitzer, “ama più il divertimento che l’informazione”. Il New York Times era un giornale dai toni più moderati.
In GB un esempio di stampa popolare fu rappresentato dal Daily Mail. L’edizione domenicale era rivolta ad un pubblico femminile con consiglie e ricette.
Negli USA si diffusero i syndicates  agenzie che vendevano a più giornali, notizie ed editoriali.
In Francia: Le petit journal, Le Petit Parisien, Le Matin e il 1° giornale sportivo: Le vélo.

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L’esperienza critica durante la guerra

Lo scoppio della guerra segnò un’altra tappa nello sviluppo della comunicazione di massa. Quasi ogni paese belligerante, anche i più democratici, adottarono forme di censura preventiva e di controllo della stampa. La censura era in primis rivolta ad impedire la diffusione di notizie militari, in seguito a colpire le notizie che potevano turbare l’ordine pubblico e poi mediante la diffusione di notizie che potessero risollevare lo spirito pubblico. Ci furono Governi che predilessero la censura alla propaganda. Negli USA venne creata un’agenzia governativa per la produzione di materiale di propaganda, come il celebre manifesto dello Zio Sam Uncle Sam wants you. I governi capirono che una guerra non si vinceva solo militarmente, ma anche facendo ricorso a delle tecniche di comunicazione in grado di toccare l’emotività della gente.

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Realtà raccontata dal giornalismo e realtà provocata dal giornalismo

Il codice etico dell’associazione americana dei giornalisti affermò nel ’26 che il diritto al popolo a sapere era la missione prioritaria dei mass media.
Negli USA emerse con chiarezza il limite del giornalismo in rapporto con l’audience e fu proprio negli USA che negli anni ’20, presero il via le ricerche sociologiche della Scuola di Chicago animata da Robert Park. Questi studi, misero in luce gli sviluppi della comunicazione che erano accompagnati dall’ampliamento della democrazia rappresentativa, dall’espansione del mercato, dalla mobilità sociale e dall’incremento dei consumi. Nello stesso periodo si diffusero le scienze sociali quali: la psicanalisi, la psico sociale e il marketing che sottolinearono l’importanza delle dinamiche legate alla conoscenza e alle scelte individuali e collettive. Walter Lippman nel suo libro L’opinione pubblica del ’21, evidenziò l’importanza che i mass media potevano avere nello sviluppo della democrazia in una società il cui tratto distintivo era la mobilità e la stessa crescita sociale. Dal rapporto tra distribuzione delle notizie, creazione degli atteggiamenti e orientamenti dell’opinione pubblica, Lippman faceva derivare il problema della non automatica corrispondenza delle immagine che gli individui hanno nella loro mente alle realtà del mondo esterno. Emergeva la consapevolezza della centralità dell’informazione d’attualità quale principale fonte di conoscenza sul mondo sociale degli esseri umani.
I giornali contribuirono all’allargamento della scena pubblica ed erano nel contempo newspaper e usepaper. Convivevano insieme informazione e obiettività, spettacolarizzazione e intrattenimento.

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Nella morsa dei totalitarismi

Nei regimi totalitari il controllo sui media da parte dello Stato era totale. La propaganda e la censura segnarono prepotentemente i contesti da cui emersero il comunismo in Urss, il nazismo in Germania e il fascismo in Italia.
In URSS, in un contesto in cui le libertà anche minime non erano garantite, ai giornali era assegnata la funzione di strumenti di orientamento ed educazione delle masse alle regole comunismo sovietico. I giornali ammessi erano quelli legati al partito: Prava e il Soviet. Esisteva un’agenzia di stampa la TASS.
La Germania aveva un contesto economico industriale ben sviluppato. Con Hitler la libertà di stampa fu abolita. I nazisti organizzarono roghi di libri.
In Italia la dittatura fascista esercitò un controllo totale sui quotidiani. Mussolini diede vita ad un’organizzazione burocratica di controllo sui media, per ridurli a cassa di risonanza del regime. L’Ufficio stampa del Governo, diffondeva le veline  contenenti le notizie pubblicabili. Non potendo dare notizie di cronaca nera, i giornali ampliavano lo spazio dedicato alla cultura. Il fascismo controllava anche radio (ascolti pubblici di messaggi di propaganda) e il cinema che all’Unione cinematografica educativa LUCE, affidò la produzione di filmati informativi e cinegiornali.

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Nuove narrazioni tra tofogiornalismo e sviluppi tecnologici

A partire dagli anni 30 l’informazione su carta, si accompagnò a quella radiofonica e a quella dei cinegiornali, che combinavano il sonoro alle immagini. La stampa dovette pensare a nuove strategie per risultare concorrenziale e si sottolineò l’aspetto di riflessione e approfondimento che il giornale poteva offrire. Sui giornali apparsero gli opinion makers che offrivano il loro punto di vista sui temi più importanti del giorno. Nelle redazioni, venne affidata ai capiservizio la responsabilità dei diversi settori informativi: politica, cronaca, esteri etc. Con le macchine per stampare in rotocalco si potevano stampare foto su carta non patinata e avere un numero di tiratura molto elevato. Nel ’35 furono introdotte pellicole per diapositive.
Tra le riviste settimanali di più alto prestigio ci fu la Life e “vedere ed essere visti divenne il desiderio di metà del genere umano”. Nacque la figura del fotoreporter. La 2° guerra mondiale poté essere documentata anche dal fotogiornalismo.

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Nuove sfide e dilemmi nel giornalismo contemporaneo

Le guerre hanno sempre influito sui destini del giornalismo, mettendo a rischio la libertà di informazione. Il controllo messo in atto da Hitler e Mussolini, poteva avere luogo anche nei paesi più democratici. Negli USA i giornalisti avevano cmq acquisito una propria indipendenza. Anche la guerra del Vietnam fu documentata da foto e tv, ma spesso le rappresentazioni dei fatti, mostravano solo una parte di verità, si pensi alla foto del poliziotto di Saigon che uccide un ragazzo vietnamita (del quale non si sapeva che aveva ucciso una donna con i suoi figli). Il giornalismo assunse il ruolo di watch dog, che in nome dell’interesse pubblico, cercava di documentare gli orrori della guerra e di smascherare gli intrighi politico-finanziari. Si affermarono 2 processi informativi:

  • News magagement: controllo esercitato dai governi nei confronti delle diffusioni delle notizie, attraverso proprie agenzie
  • Advocacy journalism: giornalismo critico e di denuncia.

All’inizio degli anni ’80, la presenza dei primi pc nelle redazioni, preparò la rivoluzione digitale degli anni ’90 e il configurarsi di un giornalismo on line.
Le bombe medianiche  sono da B. definite quegli eventi traformati rapidamente in notizia.

6° Cap – Storie per immagini: il cinema


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Signore e signori, ecco il cinematografo

I fratelli Lumiere il 28 dec 1895 proposero al presso di un franco, la prima esibizione del cinematographe a 33 spettatori.
Il cinema divenne presto un intrattenimento di massa e negli USA sorsero ii nickelodeon  dei magazzini nei quali, per un nickel, si poteva assistere a delle rappresentazioni di cinema muto. In questi locali il pubblico era misto: classi superiori mischiate al popolo.
Furono introdotte le didascalie, dapprima descrittive, poi di riassunto del dialogo, poi, a partire dal 1914 di riproduzione fedele del dialogo.

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Il consolidamento di un’industria

In Italia la produzione cinematografica nacque dopo lo sviluppo dell’esercizio cinematografico. In Italia all’inizio, ci si limitò al solo esercizio. Filoteo alberini diede inizio all’attività di produzione nel 1905 e fondò una casa di produzione la Cines. Introno al 1909 la cinematografia mondiale subì una battuta di arresto. In questo periodo il sistema italiano di produzione era in forte sviluppo. Torino era la mecca del cinema. Il film storico all’italiana ebbe un grande successo, si pensi ai primi lungometraggi: La caduta di Troia, L’inferno, la Gerusalemme liberata.

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La nuova industria dell’intrattenimento tra aspirazioni culutrali e sbocchi commerciali

Tra il 1905 e il 1922 in America, si affermò lo Studio sistem che concentrava produzione e distribuzione filmica insieme, grazie agli interventi delle grandi banche. In Italia, invece, produzione, noleggio ed esercizio funzionavano separatamente l’uno dall’altro, ma nel 1919 nacque l’Unione Cinematografica Italiana UCI. L’UCI comprendeva le maggiori case di produzione italiane e sorse per bloccare la concorrenza USA, ma non disponeva delle risorse finanziarie per attuare piani produttivi a lunga scadenza. Dalla metà degli anni ’20 la cinematografia america introdusse nel cinema criteri di produzione industriale. Vennero studiate storie accattivanti con l’happy end e la distribuzione delle pellicole venne affidata anche alla pubblicità. L’attività cinematografica era concentrata attorno a 7 majors: Paramount, Fox, Universal, Warner Bros, MGM, United Artisti e la Columbia.

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Le vicissitudini italiane

Negli anni ’30 il governo fascista si adoperò per concedere aiuti economici al cinema e per porre le basi industriali sull’esempio delle majors americane. Dopo la caduta del fascismo ed in seguito alla 2° guerra mondiale, il cinema sembrava non potersi più riprendere, ma nel ’44 fu costituita l’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche ed Affini ANICA. In seguito nacquero: la Lux, la Titanus, la Cineriz e la Dear.  Nel ’54 con l’avvento della Tv il cinema andò ad occupare un posto subordinato.

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Dopo Holliwood, Cinecittà – ANNI 50-60

Dopo la 2° guerra mondiale si affacciarono nuove tecnologie: colore, cinemascope e nuovi processi sociali intervenivano sui processi culturali e artistici. Il neorealismo italiano aveva il compito di opporsi al cinema di massa all’americana, ma per essersi chiuso troppo nella sua dimensione ideologica, fu un insuccesso. Nel corso degli anni ’50 si diffuse il genere neorealismo popolare (Pane e amore, poveri ma belli…). La nascita di produzione media, passò attraverso lo sfruttamento non pianificato dei prodotti cinematografici, ma orientato unicamente all’estemporaneità della produzione e del consumo dei generi filmici. I generi nel loro succedersi italiano, seguirono un naturale processo di adattamento alle mode e alle modificazioni del tessuto sociale. I film che resero possibile la rinascita del cinema italiano negli anni ’48-58 furono: Don Cammillo, Ercole,  etc. Cinecittà divenne la Hollywood sul Tevere un punto di riferimento per le produzioni americane come il Quo Vadis della MGM. In quegli anni si affacciò una nuova figura di produttore, si pensi a Carlo Ponti e a De Laurentiis. La produzione è la parte finanziario-industriale del cinema. Il produttore può agire con capitali suoi o di altri, ma mantenendo nelle sue mani il controllo finanziario del film, oppure diviene producer, organizzatore per conto di altri, che hanno il controllo finanziario e mettono a disposizione, strutture e stabilimenti. Il producer può essere un semplice organizzatore o divenire imprenditore creativo. Molti produttori italiani, furono dei bravi producer per conto delle case americane realizzando dei film italiani di nome, ma americani di fatto.
Nel ’50 Ponti e De Laurentiis si misero in società, la quale si sciolse in seguito alla realizzazione del film Guerra e pace. I 2 produttori, in seguito, si cimentarono in superkolosssal di autore.
Nel ’57 ci fu la svolta con il film Le fatiche di Ercole di Francisci, che aveva scoperto la formula del kolossal a basso costo, genere facilmente esportabile. Il genere mitologico aveva successo soprattutto nelle 2 e 3 visioni.
Dal ’64 il peplum lasciò il posto al western all’italiana. Fu proprio il film a basso costo ad equilibrare la sfida con il cinema americano.

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Il confronto con le altre cinematografie

Verso la fine degli anni ’50 il cinema dovette far i conti con la TV. Negli USA le majors americane cominciarono a rendersi conto che il pubblico non sopportava più la ripetizione e che era indispensabile rinnovare il prodotto filmico.
In Francia ci fu la nouvelle vague, una nuova ondata espressiva.
In Italia il cinema non risentì troppo dell’avvento del nuovo media e passò a produrre altri generi di film quali: spaghetti-western, horror all’italiana, il politico-polizziesco. Tra gli anni ’60 e i ’70 furono prodotti in Italia ben 262 films che portarono i produttori a sostenere costi troppo elevati, fu per questo motivo che, in seguito, l’Italia si trovò a produrre films stranieri.

7° Cap – La radio music-box


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Introduzione

La radiofonia si diffuse negli USA, URSS, GER, FRA e GB, solo dopo la fine della 1° guerra mondiale, mentre in Italia, procedeva a passi più lenti. A partire dagli anni ’30 la radio rappresentò per almeno 20 anni il centro di gravità del sistema dei media elettronici. Da un punto di vista economico, le vendite delle radio fecero la fortuna dei produttori. La radio è stata il primo medium di massa la cui comunicazione sia stata organizzata come flusso strutturato di materiali eterogenei distribuiti sulla base del tempo di vita domestica.

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L’immaginazione che registra il suono

Nell’intenzione di Edison, il fonografo era una talking machine concepita per lo svolgimento di lavori di ufficio, la cui principale utilità era quella di scrivere lettere e dettare testi. Grazie a Emil Berliner nel 1888 il fonografo si trasformò in grammofono. La musica registrata andò presto a sostituire il pianoforte casalingo.

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verso la radio

Fu l’inventiva di Marconi a permettere l’ideazione di apparecchi acustici sempre più grandi, ma mai si sarebbe pensato di poter avere una radio nelle abitazioni. Fu l’invenzione della valvola termoionica da parte di Fleming a rendere possibile la nascita della radio. Nel 1906 Fessenden diede vita alla prima trasmissione radiofonica. La sua audience era composta dagli equipaggi e dai passeggeri di navi. I radioamatori s’ingegnarono in proprie produzioni economiche di radio al cristallo. Nel 1906 Lee De Forest appassionato di musica, inventò l’audion, poi gli interventi di Harold Arnold della American Telegraph and Telephon e di Irving Lamur della General electric promossero l’invenzione del tubo a vuoto che durava 1000 ore, contro le 50 dell’audion.  Il vacum tube rese più facile la trasmissione e grazie ad esso fu possibile trasmettere un concerto dalla Tour Eiffel e il concerto di Caruso dal New York Metropolitan Opera.
Le dimensioni degli apparecchi radio diminuì progressivamente e le radio furono utilizzate anche per scopi militari, durante la guerra. A ritardare lo sviluppo della radio furono le diatribe legali dei brevetti, queste, però, furono sospese negli USA per permettere la diffusione delle radio nelle zone di guerra.
David Sarnoff  ingegnere dell’American Marcony Company, seguì l’inabissamento del Titanic e rese possibile gli interventi di salvataggio. Sarnoff intravide la possibilità di rendere la radio uno strumento domestico per l’ascolto di musica e altro.

4

La svolta americana

Nel 1919 negli USA si costituì la Radio Corporation of America (RCA). La RCA tra i suoi soci registrava la General Electric (che nel frattempo aveva comprato le azioni dell’affiliata americana di Marconi), la ATT e la Westinghouse. Sarnoff divenne il primo responsabile commerciale della RCA, che oramai aveva scansato la concorrente Marcony Company.

5

La radio come music e information box

La Westinghouse rese possibile la radiodiffusione come emissione continua grazie anche ad un suo dipendente Frank Conrad che inventò apparecchi più potenti. Conrad cominciò a trasmettere in ore serali e le sue trasmissioni vennero captate da alcuni radioamatori, i quali cominciarono a richiedere trasmissioni ad orario continuato. Conrad si ingegnò e utilizzando la musica del proprio fonografo, cominciò a proporre selezioni musicali effettuate da un amico rivenditore di dischi. La Westinghouse lavorò alla costruzione di un trasmettitore più potente e progettò una prima radio commerciale rivolta al grande pubblico la radio music box. Il 2 nov 1920 fu fondata a Pittsburgh la stazione kdka che trasmise il primo programma radiofonico. Fu annunciato via radio che sarebbero stati trasmessi i risultati delle elezioni presidenziali via radio. In pochi anni le stazioni radio si diffusero a macchia d’olio. Tutte le aziende produttrici di apparecchi erano coinvolte nella proprietà di stazioni.
La ATT fu la prima ad introdurre la pubblicità, come sistema risorsa economica. Inizialmente vennero utilizzate forme di pubblicità indiretta, es. nome dell’azienda prima dell’inizio del programma. Poi si passò alla pubblicità diretta, anticipata da un jingle.
Presto comparvero le prime commedie e soap operas a puntate.
Alcune stazioni collocate nelle varie città si unirono e diedero vita alle prime syndacations radiofoniche che attraverso il sistema di interconnessione telefonica, mandavano in onda gli stessi programmi. Nel 1926 nacque il primo network radiofonico la nbc che collegava tutte le stazioni affiliate alla rca. L’anno seguente nacque la concorrente CBS
Nel 1927 fu emanato un altro Radio act, che aveva lo scopo di regolare le emissioni radio e venne istituita la federal radio commission frc che doveva disciplinare il rilascio delle licenze. Nel 1934 fu promulgato il Federal communication act che divenne strumento legislativo in ambito radiofonico, fino al 1970.

6

Oltre la Grande depressione

Nonostante la crisi del ’29, fu proprio alla fine degli anni ’20 che la radio visse i suoi giorni più gloriosi: i radio days. La radio divenne presto un medium di massa. La soap opera, insieme al notiziario, era il genere più seguito. Nel 1938 Orson Welles, trasmise il racconto a puntate La guerra dei mondi (tratto dal romanzo di Gorge Herbert Wells) che fu molto verosimile, tanto da seminare il panico tra il pubblico. Nel 1940 Edwin Howard Armstrong presentò la radio a modulazione di frequenza onde fm. Si determinò presto la complementarietà di media che inizialmente sembravano concorrenti: la radio faceva pubblicità ai dischi i quali davano la possibilità di riempire di contenuti musicali le stesse trasmissioni radiofoniche.

7

Lo sviluppo della radio in Europa

Si profilarono 2 modelli: quello Europeo basato sul monopolio e sul controllo statale della radio e quello USA basato sull’iniziativa privata.

  • L’Olanda fu la prima nel 1919 a fornire trasmissioni regolari.
  • In GB le trasmissioni iniziarono nel 1920

Ma per le circostanze storico politiche e sociali, era sullo Stato che il sistema radiofonico europeo si doveva appoggiare per tentare di affermarsi. Nella dimensione europea, la radio era considerata un bene pubblico che offriva un servizio alla collettività.
In GB fu creata la BBC nella quale si riunirono 6 aziende produttrici e venditrici di radio. La BBC non veniva finanziata dalla pubblicità, ma dal pagamento di un canone. Dopo la crisi del mercato radiofonico britannico, nel ’27 la BBC cambiò nome in Britsh Broadcasting corporation e lo Stato ne acquistò gran parte, per farne una proprietà pubblica. La BBC non poteva fare pubblicità, nonostante W Churchill si oppose perché favorevole a un sistema di radiofonia privata e commerciale. I principi guida della BBC erano: istruzione, informazione e intrattenimento, ma con indirizzo pedagogico. Cmq la BBC riuscì a conquistarsi un discreto margine di libertà.
In Italia e Germania i regimi totalitari puntarono sulle potenzialità propagandistiche che la radio poteva realizzare.
Negli USA Roosvelt inaugurò le fireside chats trasmesse alla radio, nelle quali i Presidenti si rivolgevano direttamente al pubblico.

8

La radio in Italia

Le trasmissioni radiofoniche in Italia si svilupparono solo a partire dagli ’20. L’avvio e il successivo sviluppo della radio furono accompagnati dall’instaurarsi del regime nazista. L’inizio ufficiale ebbe luogo nel 1924, quando il diritto di radiodiffusione fu concesso in esclusiva all’Unione Radiofonica Italiana URI. Nel 1927 l’URI divenne EIAR (Ente italiano audizioni radiofoniche). Era previsto un abbonamento e all’inizio, per ragioni di maggior benessere, la radio si diffuse soprattutto nel Nord Italia. Inizialmente il regime organizzò un progetto pubblico orientato a diffondere la radio nelle scuole di campagna come ascolto collettivo: la radio rurale.
Nel ’37 l’abbassamento dei prezzi determinò il lancio sul mercato della Radio Balilla. Si svilupparono rubriche radiofoniche, commedie musicali, riviste etc. La pubblicità cominciò a divenire una risorsa fondamentale per la radio. Presto il regime intuì nella radio la possibilità di uno strumento di propaganda, ma ciononostante, la propaganda fascista mancò di una vera strategia.

9

Il confronto con la TV

Quando apparve la Tv, il mercato radiofonico sembrava destinato al declino, ma con l’invenzione dei transistor, che permettevano di realizzare delle radio di modeste dimensioni, questo pericolo fu scongiurato. In Europa si cominciarono a diffondere le prime radio pirata. Negli anni ’80 venne inventato il walkman. Nel 1944 l’EIAR divenne RAI. Nacquero molte radio pirata e successivamente delle radio private che, potevano trasmettere a livello locale. La radio risalì la china nelle preferenze degli italiani, soprattutto negli anni ’70, con le nuove emittenti private.
Nel ’76 vennero legalizzate le radio private e radio 105 divenne la prima stazione radio a diffusione nazionale.

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a nuova vita

Autoradio e ascolto radio tramite Internet grazie al DAB (digital audio broadcast) che consente di trasmettere oltre al sonoro, anche immagini e parole.

8° Cap – La televisione, seconda rivoluzine inavvertita


1

Il media più popolare

La tv è senza dubbio il media più democratico (non è richiesta alfabetizzazione come per il giornale). Proprio per la sua larga accessibilità, la tv si è diffusa come mezzo di comunicazione di massa in grado di raggiungere grandi pubblici. La Tv si è venuta identificando con l’ambiente domestico. Un consumo che dalla visione collettiva è divenuto prettamente a consumo individuale. Recentemente si è sviluppato il narrowcasting con Tv a tema.

2

Figlia sperimentale della radio

Nel ’35 la Ger diede il via al primo programma televisivo del mondo, trasmesso per 4 ore e mezza alla settimana. Nello stesso anno furono trasmesse le Olimpiadi di Berlino.
Nel ’36 la GB avviò con la prima emittente pubblica la BBC una programmazione quotidiana, anche se solo di 2 ore e limitata a Londra e dintorni.
Negli USA lo sviluppo della tv si concretizzò intorno al ’39, quando la RCA usò una telecamera per diffondere il discorso inaugurale del Presidente Roosvelt. Come per la radio, Sarnoff intuì le potenzialità del nuovo media.
Nel ’53, vennero prodotti i primi televisori a colori e nel ’56 fu predisposta la videoregistrazione.

3

L’onda lunga

La diffusione della Tv divenne significativa a partire dagli anni ’50. A soffrire della diffusione della TV, fu soprattutto il cinema. La Tv divenne la 3° attività giornaliera dopo il lavoro e il sonno. La prima pubblicità fu quella della Bulova nel ’41. La pubblicità televisiva venne ridimensionata, in seguito allo scandalo payola (bustarella), emerso nell’ambito di quiz il Twenty-One, nel quale si facevano vincere i telespettatori più telegenici che assicuravano più alti indici di ascolto. Si optò poi per lo spot.
La tv adottò palinsesti generati dall’esperienza radio e propose un tipo di offerta detta “generalista” con l’obiettivo di attrarre il maggior numero di spettatori.
I networks televisivi cominciarono ad offrire i loro programmi a stazioni locali affiliate in un secondo momento, queste stazioni si raggrupparono in syndacations, ovvero circuiti televisivi presentavano offerte televisive in comune. La tv accolse i telefilm, che prevedevano l’interruzione pubblicitaria a un certo punto della storia. Altri spettacoli introdotti furono: game show, telegiornali.
In seguito fu introdotto il VHS e il DVD.

4

La tv via cavo: primo esempio di narrow casting

Alla fine dei ’40, in USA cominciarono a diffondersi i cable operator systems che attraverso linee via cavo trasportavano il segnale televisivo nelle case di chi voleva usufruirne. Tale sistema produceva immagini più nitide. Questa possibilità convinse le società ad offrire dei canali a pagamento.
Il 1° tentativo di pay tv via cavo fu quello della Subscription tv del 1964 in Califoria, ma venne ostacolato dai grandi networks. La Corte suprema si espresse in senso favorevole alle pay, impedendo però la diffusione di alcuni eventi (es. sport).
Nel 1972 il gruppo Time lanciò una TV a pagamento che trasmetteva cinema e sport: l’Home box office HBO.
Agli inizi degli anni ’70, una legislazione più snella e gli sviluppi della tecnologia satellitare, favorirono il diffondersi della tv via cavo. Durante l’amministrazione Kennedy, la NASA lanciò il 1° satellite intercontinentale.
Il primo evento internazionale trasmesso via satellite, fu le olimpiadi di Tokio, inoltre, nel ’69 fu trasmesso lo sbarco sulla luna.
L’HBO optò per una modalità di trasmissione che metteva in comunicazione satellite e cavo, raggiungendo così una copertura nazionale. Nel 1976, Ted Turner, diede vita alla CNN.
Negli anni ’90 la rivoluzione digitale rese possibile la distribuzione culturale al posto della produzione culturale.

5

La via italiana alla tv, passando per gli stati uniti

La tv opera nella convivenza di 2 sistemi produttivi:

  • Quello statunitense, improntato a una visione commerciale
  • Quello della maggior parte dei paesi europei, orientato al broadcasting pubblico di proprietà statale.

In Europa accanto ai monopoli pubblici verso gli anni ’70, si affiancarono le tv private e commerciali
In ITA il sistema TV si configurò prima come monopolio dei partiti, poi con l’avvento delle reti Fininvest, come duopolio. La tv Italiana nel 2004 ha compiuto 50 anni e fu proprio nel ’54 che la RAI divenne da Radio audizioni Italia a Radiotelevisione italiana, proprio per legittimare la comparsa del nuovo media. Il finanziamento avveniva con il pagamento del canone, affiancato dalla pubblicità. La tv che inizialmente si guardava nei locali pubblici, a causa del suo alto costo, conquistò subito il pubblico italiano. Da un punto di vista sociale, la TV innescò un processo di alfabetizzazione e fu strumento di aggregazione. Anche la Chiesa cattolica, superate le iniziali diffidenze, individuò nella Tv uno strumento dalle grandi potenzialità per una potente forma di integrazione e controllo sociale. La Rai divenne la più importante industria culturale, ma non senza ostilità di gran parte del ceto intellettuale e politico. Non a caso, infatti, nel ’54 (anno di nascita della tv italiana), la Einaudi pubblico Minima moralia  di Adorno (Scuola di Francoforte), nel quale criticava fortemente la tv.

6

L’originalità italiana

In ITA la diffusione della TV giocò un importante ruolo sociale, in una realtà che stava vivendo un’importante trasformazione economica e politica e che in pochi anni trasformò il paese da agricolo a industriale. Processi che la TV italiana spesso riuscì a rappresentare, presentando tante italie. Come per il cine, la tv svolse una funzione di coesione culturale e identitaria della collettività nazionale. La tv italiana più che modificare la società italiana, l’ha accompagnata in un momento di grande trasformazione culturale, politica e sociale.

7

Uno srumento di ineguagliabile unificazione nazionale

L’avvento della Tv ha coinciso con i grandi mutamenti dovuti ai processi di modernizzazione che in Italia sono avvenuti molto rapidamente. In Ita la TV ha preceduto i processi di scolarizzazione di massa, modificò i rapporti spazio-temporali allargando i confini di una mobilitazione sociale e culturale diffusa in gran parte della popolazione italiana.
I primi 20 anni della Tv italiana, furono contrassegnati dal monopolio pubblico RAI e dalla direzione generale (60-74) di Ettore Bernabei. La TV divenne in breve tempo il primo medium di massa, capace di competere con qualsiasi altra forma di intrattenimento. Inizialmente l’offerta di trasmissioni televisive era di poche ore al giorno e suddivisa in 3 generi: spettacolo, cultura, informazione (ricalcando il modello GB della BBC). Inizialmente c’era una fascia oraria dedicata ai ragazzi (17.30-19) e una per gli adulti (20.45-23.00) preceduta dal telegiornale. Per indurre facilmente gli spettatori all’appuntamento serale, si suddivisero i giorni della settimana a seconda della tipologia del programma:

  • Lunedì: film
  • Martedì: rivista e canzonetta abbinato alla lotteria (Canzonissima fino al ’75)
  • giovedì: quiz
  • Sabato: varietà televisivo

Inoltre, un altro appuntamento storico fu Sanremo che ebbe la sua prima edizione radiofonica nel ’51 e nel ’54 per la Tv. Fin dal ’54 un genere molto seguito fu lo sceneggiato: I promessi sposi ’67, L’odissea ’68.
Nel ’57 la pubblicità conquistò uno spazio televisivo con Carosello (che aveva regole ben precise), che durò fino al ’77. Dal ’60 le trasmissioni RAI non furono più solo in diretta.
Nel ’61 nacque un 2° canale.

8

Un turbolent environment

Già alla fine degli anni ’60 il modello monopolistico RAI, cominciava a scricchiolare. Il pubblico sempre più numeroso e acculturato, non si accontentava più della scarsa programmazione RAI, anche in considerazione del rapporto con le reti straniere che si riuscivano a captare anche in alcune zone dell’Italia: Radio Capodistria e Tele Montecarlo. Nel ’71 nacque a Biella la prima TV privata che cominciò a trasmettere via cavo e che fu seguita da altre emittenti come Telemilano fondata nel ’74 da Berlusconi. Nel ’74 a Corte costituzionale sancì il diritto alla diffusione via etere dei programmi provenienti dall’estero e a quella via cavo dei programmi Tv.

9

La svolta televisiva

Nel ’75 venne varata la legge di riforma RAI che stabiliva il passaggio del suo controllo dallo Stato al Parlamento, la divisione in 3 reti e il decentramento regionale con la partecipazione attiva di tutti i partiti nella gestione dell’ente, e della gestione delle nomine dei dirigenti RAI. Questa pratica degenerò nella lottizzazione.
Nel ’76 una sentenza della Corte costituzionale, sancì la fine del monopolio RAI e autorizzava radio e TV private a trasmettere via etere, anche se solo in ambito locale. La RAI fu stimolata  a produrre un rinnovamento della propria offerta che nel ’77 fu accresciuta a 18 ore. In quell’anno si passò alla TV a colori.
Nacquero i primi networks Prima rete (poi naufragata dopo lo scandalo p2), Rete 4 (Mondadori, Caracciolo e Formenton), Italia 1 (Rusconi editore).
Berlusconi seppe dare vita ad un’impresa di grandi dimensioni che propose, sin dall’inizio una vasta offerta televisiva: i quiz di M Buongiorno, films etc. Costituì la società Rete Italia (per l’acquisto dei diritti tv) e la Publitalia (per la gestione della pubblicità. Nel ’80 Telemilano passo alla rete network che diede vita a Canale 5.
La trasmissione del serial Dallas, inizialmente trasmessa da RAI 1 e poi da Canale 5, fu il primo passo di una guerra dei ascolti tra reti televisive.
Nell’83-84 l’acquisto di Rete 4 e Italia 1 dalla Finivest, determinò l’antagonismo tra RAI e Fininvest. Si cercò di aumentare il palinsesto organizzando anche la programmazione di fasce mattutine e notturne.
Nell’80 la legge Mammì, riconosceva il duopolio RAI-Fininvest, le pay tv e concedeva ai networks privati l’accesso alla diretta e l’obbligo di trasmettere un telegiornale.

9° Cap – Da Internet alla convergenza multimediale nei tempi della globalizzazione


1

Per colpa dello Sputnik. Verso la nascita di Internet

Il 4 ott ’57 l’Unione Sovietica inviò nello spazio il primo satellite artificiale lo Sputnik. Questo evento, avvenuto in piena guerra fredda, fu letto dagli Usa come una sconfitta che, quindi subito si adoperarono per un riscatto. Nacque l’ARPA che dopo pochi mesi trasferì i suoi programmi spaziali direttamente alla NASA. che si rivolgeva ad un nuovo filone di ricerche legate al problema delle interfacce tra uomo e pc.
Alla Rand Corporation, si cominciò a pensare come poter far fronte ad un eventuale attacco nucleare da parte dell’URSS. A dare il via al programma USA fu Paul Baran assunto dalla Rand Corporation, il quale, si rese conto della necessità di comunicare in tempo reale tramite macchine digitali, ma inizialmente la sua intuizione non fu presa in considerazione. Intanto, in GB fu elaborato il NPL Data Network ’67. All’IBM venne realizzato il primo pc, utilizzando una piattaforma hardware e software aperta che poteva essere utilizzata dalle piccole aziende per le ricerche di mercato. Nello stesso periodo nacque la prima rete Arpanet, la rete dell’Arpa. Un dirigente dell’Arpa si fece portavoce della necessità di uno scambio di risorse tra PC, così Arpanet che iniziò a funzionare nel giorno del Labour day del ’69 permise ai vari poli universitari di essere collegati e di potersi scambiare informazioni.

2

Quella magica @. La nascita della e-mail

Con il riconoscimento dell’utilità della rete Arpanet, nel ’72 si fece strada l’idea della posta elettronica. Ray Tomlison un ingegnere del dipartimento della difesa USA, realizzò un sistema di messaggistica elaborato per un minicomputer per più utenti. Nel ’78 prese il via un protocollo separato in 2 parti:

  1. TCP che doveva creare i pacchetti e gestire il loro controllo.
  2. IP Internet protocol che gestiva l’instradamento dei dati.

Il protocollo adottato dalla rete Arpanet gettò le basi per l’avvio di Internet.
In seguito Arpanet chiuse il settore militare defense Data Network e nacque Internet Activities Board IAB.
Sul finire degli anni ’80 gli hosts aumentarono a dismisura. Si sviluppo l’Internet Relay Chat e di lì a poco Fido Net.Nel 1989 debutta il World Wide Web: www. A partire dal ’93 si diffuse molto rapidamente l’uso di Intenet. Internet è una ragnatela di indirizzi, mentre il Web è una rete di contenuti e la sua complessità va oltre Internet.
Accanto al pc sono nati i telefonini con i relativi sms, mms e umts.

3

New media e società

Da una ricerca del 2004 è emerso che se la maggior parte degli italiani ammette di voler comprare un telefonino di 3° generazione, solo una minima parte conosce bene la nuova tecnologia UMTS. Lo stesso dicasi per l’uso di Internet che è ancora percepito come difficile da molte persone. Il sociologo Manuel Castells afferma che Internet e le nuove tecnologie di comunicazione sono globali nella loro portata, ma territorialmente irregolari nella loro disposizione e fruizione. Si va dunque definendo un Digital Divide che indica le disuguaglianze nelle dotazioni e nell’accesso ai nuovi media tra i paesi più sviluppati e quelli del Sud del mondo. La dotazione e l’accesso alle nuove tecnologie, segna un discrimine per poter usufruire e accedere ai nuovi rapporti di inclusione o esclusione sociali indotti dai processi di globalizzazione politica ed economica, per questi motivi la proposta di rimedi al divario digitale è una priorità dei principali summit tra i quali il : World Summit on The information society, organizzato dalle Nazioni Unite. L’agenzia ONU ha predisposto un indice (Digital acces index che tiene conto anche delle possibilità complessive degli individui di disporre e usare le nuove tecnologie. La classifica globale del digital divide prevede 4 categorie:

  • Low access: Africa sub sahariana
  • Medium access: India
  • Upper acces: Seychelles, Mauritius
  • High acces: ITA JAB

Per riequilibrare il Digital Divide occorre orientare gli sfori soprattutto verso la dimensione culturale relativa a una nuova distribuzione della conoscenza.
Il filosofo tedesco Enzenberberger ha provato ad elencare le trasformazioni sociali indotte dalle nuove tecnologie dei mezzi di comunicazione, sottolineando il fatto che da tempo sono subentrati meccanismi culturali di inclusione ed esclusione di tipo nuovo. Si sono ormai costituite nuove classi, in base al possesso di informazione. Ora al vertice sociale ci sono coloro che possiedono il know how.
Peter Drucker sociologo americano, ha proposto la divisione di 2 classi sociali: 1) quella dei liberi lavoratori indipendenti padroni dei sistemi di comunicazione, 2) quella dei lavoratori dipendenti esecutori e produttori di servizi.
I media hanno contribuito alla trasformazione della società rendendola più complessa. Il capitalismo digitale ha creato nuovi processi di emarginazione sociale da qui la presenza di grandi flussi migratori. Ormai le grandi aziende non si identificano più con una nazione e se la rivoluzione Gutenberg ha favorito la nascita di nuovi Stati, lo sviluppo della comunicazione globale (rete) ha contribuito alla crisi dei sistemi nazionali.

4

La censura nel tempo della rete

I mezzi di comunicazione di massa contribuiscono alla circolazione delle idee, per questo tutte le forme di potere hanno sempre cercato di controllarne l’uso e di ridurne le potenzialità. La storia dei regimi totalitari: fascismo, comunismo etc. sono pieni di esempi in questo senso. Ma l’isolamento, in un contesto di comunicazioni crescenti, crea le premesse della crisi dei sistemi chiusi. Le authority garantiscono l’impedimento di monopoli nel campo della comunicazione. In Cina e in molti paesi islamici c’è una forte censura. In Cina, il Governo promuove l’utilizzo di Internet per l’economia, ma al contempo riesce ad esercitare il controllo dei contenuti della rete che reputa pericolosi.
Spetta anche ai cittadini avere a cuore la democrazia e calare i mezzi di comunicazione nella storia e coglierne i significati sociali, economici e politici. La globalizzazione può indurre la costituzione dei movimenti no global che tendono ad un antagonismo sociale che giudica le dinamiche della globalizzaizone unicamente dal punto di vista economico.

5

Dopo L’11 settembre 01

L’evoluzione del lerning process innescato dopo gli attentati dell’11 settembre, spinge l’umanità a muoversi verso una comunicazione convergente, antidoto della comunicazione disturbata. La realtà reale ci è sempre più sconosciuta, poiché i media non riescono più a raccontarla. Gli scoop e le bombe medianiche minano l’informazione. Occorre una svolta comunicativa per fronteggiare la nuova e crescente opacità sociale.

 

Fonte: http://www.controcampus.it/wp-content/uploads/2012/06/Breve-storia-sociale-della-comunicazione1.doc

Sito web da visitare: http://www.controcampus.it

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